Nel pericolo la forza da vivi Misteri: da Caravaggio, dalla storia, da Carnelutti a Capograssi - Pensare il Diritto

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Nel pericolo la forza da vivi Misteri: da Caravaggio, dalla storia, da Carnelutti a Capograssi - Pensare il Diritto
Nel pericolo la forza da vivi Misteri: da Caravaggio, dalla
storia, da Carnelutti a Capograssi
In questo tempo di confusione è difficile trovare dei fari con i quali illuminare la propria vita, difficile
trovare una luce calda che non ci lasci soli nella tempesta… L’arte può aiutare. Il grande artista Caravaggio,
in due celebri dipinti, suggerisce la potenza di uno strumento spesso lasciato ai soli devoti.

Nel Ritratto di cavaliere di Malta, dipinto presente nella collezione della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a
Firenze, Caravaggio mostra le armi del cavaliere. La sua mano sinistra sfiora l'elsa di una spada. La sfiora e
qui possiamo ricordare il celebre Giudizio di Salomone quando un re sapiente fa vibrare nell’aria un ordine
che atterisce: ”Portatemi una spada”. Nel celebre racconto (Libro dei Re 3,16-28) viene infatti posto al re
Salomone un problema insolubile: attribuire la maternità di un bambino ad una delle due pretese madri, due
prostitute che lo reclamano come figlio. Entrambe avevano un figlio ma uno dei due era morto soffocato per
errore. Re
Salomone dopo
aver riflettuto
dichiara:
“Portatemi una
spada”. A quel
punto una delle
due donne
rinuncia al
proprio diritto
sul figlio per
salvare il
bambino, e
allora, solo in
quel momento, è
evidente chi sia
la vera madre.
La forza del
diritto si esercita
al meglio se viene mostrata senza essere utilizzata.
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Nell'altra mano del cavaliere passa
una cordicella che è quasi invisibile
nella visione oscura e complessiva del
quadro.

Si tratta di un'arma particolare che per identificarla bisogna guardare ad altri
dipinti di Caravaggio. Qui un
particolare tratto da un dipinto sacro
mostra la stessa cordicella: la
Madonna del Rosario.

L’arma è, appunto, il rosario. Nel
quadro della Madonna del rosario
Caravaggio raffigura un frate che,
secondo le indicazioni di Maria, dà il
rosario a chi con umiltà e grande
desiderio porge le mani per
riceverlo. Ritornando quindi a
meglio osservare meglio il dipinto
del Cavaliere di Malta si nota anche la sua bocca socchiusa e ci si accorge che probabilmente sta
pregando… Dai restauratori del quadro vi è autorevole conferma degli elementi che fanno propendere per
questa suggestiva ipotesi.

Caravaggio mostra dunque nel Cavaliere di Malta sia la forza (la spada) sia la fede nel mistero (il rosario).
Con riferimento alla preghiera si dirà che sono cose del passato, che il mondo è cambiato, che non si ha
tempo per recitare il rosario. Ma la resistenza e l'efficacia di questa preghiera sfida i secoli. Si dirà che è il
rosario è ripetitivo, certamente lo è come molte preghiere orientali, ma la ripetizione, presa con il giusto
spirito, delimita il luogo in cui l'anima può sentirsi custodita. Per questo può essere recitato in modo meno
meccanico, comprendendo l'importanza di quelle parole in cui molte persone hanno trovato conforto. Anche
Caravaggio aveva buoni motivi per porre il rosario nelle mani del cavaliere di Malta: protagonista di una vita
inquieta Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, dopo aver ricevuto l'investitura di cavaliere di Malta, in
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una rissa aveva colposamente ucciso un uomo. Così nei dipinti che riflettono i suoi drammi sembra cercare e
invocare, nei contenuti e in piccoli particolari, una via di salvezza per lui stesso, anche quale omicida
colposoo preterintenzionale. .

Trova conforto nel recitare l’Ave Maria anche il giurista Francesco
Carnelutti, grande processualista, membro molto attivo e Presidente
dell’Unione dei giuristi cattolici. Sul tema ha addirittura scritto un
piccolo libro: Meditazione sull'Ave Maria. Sin dal primo capitolo
Carnelutti mostra come nel pericolo, quando soluzioni semplicemente
umane non sono sufficienti, si può ricorrere alla preghiera, alla domanda
di un bambino verso la Madre, verso una famiglia trascendente che
diventa l'unica prospettiva definitiva. Il grande giurista rievoca momenti
drammatici: "In fuga dalla patria a pochi passi dalla rete, per salvarci da
un pericolo improvviso rimanemmo più ore immobili, inchiodati alla
roccia, senza fiato... la pioggia e il freddo ci avvolsero... Allora il saluto
dell'angelo m'è salito alle labbra, Maria! ho pregato offrendo a Dio
quell'angoscia e le altre più gravi che recavo nel cuore... Ho pregato nella virtù della preghiera che solo può
disconoscere chi non conosce la forza dell'amore. Sarà un caso che, finito di pregare, la pace mi sia scesa
nell'anima...?"(qui il link al libro di Carnelutti Meditazione sull'Ave Maria)

Anche la storia mostra la forza significativa della preghiera mariana. Nella battaglia navale di Lepanto del 7
ottobre 1571 sull'albero maestro della nave capitana dei cristiani è appeso il quadro della Madonna con
l’invocazione «S. Maria succurre miseris» e ispira la vittoria dei veneziani sui turchi. A ricordo di quella
vittoria da allora si festeggia il 7 ottobre la Madonna del Rosario.

Per questo, seguendo le resistenti indicazioni di Caravaggio e Carnelutti e certi eventi della storia
l'invocazione ripetuta alla Madre può ancora indicarci la via del perdono e della salvezza. Cristina Campo,
la grande scrittrice e poetessa italiana capace di dare un volto all'inesprimibile, coglie con parole immortali la
potenza di utilizzo dell'antica preghiera che può transitare nella vita di chi vi ricorre: “ iscrivere… i piccoli
misteri crudeli della nostra vita nel cerchio cosmico e divino dei Misteri assoluti. Quando riesce è il soccorso
più miracoloso”(Cristina Campo all'amica Mita, 22 settembre 1973).

La vera preghiera.

L’esempio incancellabile mostrato nel vero cavaliere da Caravaggio e la testimonianza di Carnelutti ci
aiutano, il rito e il mistero ci accompagnano. Ma, pur restando nella ammirazione anche di quanti si sono
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affidati alla preghiera mariana, anche per affrontare i turchi, come riuscire a ripetere nello stesso spirito,
nella profondità, questa preghiera?

Il grande filosofo del diritto Giuseppe
Capograssi, tra i fondatori dell’Unione
dei giuristi cattolici, invitava a percepire
la propria fragilità e la propria debolezza
come occasioni per superare il proprio
angusto orizzonte utilitaristico, in questo
contesto la preghiera è espressa al
meglio. Non si prega poco e
formalisticamente perché si ha altro da fare e serve l’ultima mano di vernice su una situazione già a posto . Si
può pregare perché si è esposti, perché quello che si ha da fare è difficile, complesso e pericoloso.
Addirittura il pericolo inevitabile può essere una forza che libera dalla superficialità e apre alla vera
preghiera, relazione con un messaggio che è trascendente. "Solo il pericolo sveglia l'individuo dal suo
sonno dogmatico, sensuale, utilitario, terrestre e induce a quell'atto di riflessione segreta sulla sua vita,
sul significato della vita e il suo vero fine che è vero segreto supremo, atto di libertà nel quale l'individuo
ritrova sè stesso" (G. Capograssi in La vita etica). La libertà nella fragilità è molto importante, perché ci
ricorda ancora Capograssi “l’uomo è niente ma un niente libero”. Il prossimo santo canonizzato, il cardinale
John Henry Newman, ci aiuta anche lui ad accogliere questa situazione sgradevole. Newman addirittura
affermava il problema dell’assenza di inquietudine: “essere tranquilli è essere in pericolo”. Si veda anche qui
il tema del pericolo: http://www.agendagiusta.it/lidea-penetrante-di-bernardo-di-chiaravalle-i-4-gradi-
dellamore/

Solo nel pericolo e dentro i dilemmi della nostra storia si può riconoscere una presenza trascendente
che ci accompagna e di cui spesso non siamo consapevoli.. Nella fiduciosa attesa può riemergere come una
vena sotterranea carsica, quel fiume d’acqua viva di cui parla Gesù (Gv. 7,38). Allora il regno di Dio può
essere in mezzo a noi (Gv 17,21). Talvolta, proprio là dove non pensiamo, anche nel cuore dell’esperienza
giuridica, si possono trovare tracce di vita vera, “preziosi rottami”(l’espressione è usata da Antonio Rosmini
per indicare gli elementi vitali, fondamentali e giusti dentro il sistema imperfetto delle norme), espressioni di
verità e di una via che, in misura spesso imperfetta, è comunque l’indizio di una dinamica che salva la nostra
vita dall’assenza di significato. Questa presenza indiziaria, per ricostruire la quale serve attenzione e la
capacità (ex post) "di unire i puntini"1 , diventa la risposta alle domande fondamentali dentro la nostra

1 L’espressione è di Steve Jobs. nel celebre discorso a Stanford: https://www.focus.it/scienza/scienze/steve-jobs-1956-
2011-siate-affamati-siate-folli. Qui il video https://www.youtube.com/watch?v=oObxNDYyZPs
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esperienza: chi sono, da dove vengo e dove vado. Quelle domande sembrano rimaste solamente, attaccate
come cozze ad uno scoglio, solo nei grandi film di fantascienza (es. Blade Runner, Interstellar…) o nei
momenti di crisi personale. Ma, se si si mantiene viva la fede in “Colui che era, che è e che viene”(Ap. 1,8) 2,
ci possiamo lasciar attraversare da un resistente significato, anche dentro la sofferenza e il disagio. C’è in

queste situazioni una presenza resistente che ci sostiene, Franz Kafka diceva che “i n teoria vi è una

perfetta possibilità di felicità: credere all'indistruttibile in noi e non aspirare a
raggiungerlo"(Aforismi di Zurau). Possiamo trovare qualcosa che dentro di noi, che ci anima rilevabile dai
nostri principi ed esperienze spirituali e allo stesso tempo è anche fuori di noi, anche nelle nostre esperienze
giuridiche. Si creano ponti perché le due dinamiche giuridiche e spirituali hanno uno stesso fine ed uno
stesso linguaggio. Sul piano del fine tendono entrambe a salvare l'uomo nella sua integrità (D’Agostino). Sul
piano del linguaggio scandiscono momenti e e figure della storia della salvezza che possono portare con la
stessa terminologia: l’Hostia cioè la vittima da difendere, lo Spirito Paraclito che può identificarsi del
difensore, Satana cioè l’accusatore menzognero, il martire, parola greca che vuol dire testimone. La
differenza evangelica è non solo il supplemento di conoscenza che comporta ma anche la cura delle vittime
che implica, credendo comunque ad un fine propositivo, anche quando non si riesce a percepirlo. Anche
sulla base di queste convergenze la nostra fede può essere rinnovata e rinforzata 3

Nel suo linguaggio misterioso possiamo dire che Ķafka misurava la felicità nel contatto con il significato
delle vicende umane e potremmo interpretare quel “Non aspirare a raggiungerlo” anche nel senso di non
morire ma restare vivi grazie a quel significato indistruttibile che viene immesso come lievito nella pasta
delle nostre esperienze. E ci sono modelli autorevoli di giuristi che hanno saputo trovare quel significato
che la loro fede ha meglio qualificato, e lo possono trasmettere a noi tramite le loro opere, la loro
testimonianza di vita e la nostra volontá di diventare anche noi portavoce di quel messaggio. Per i giuristi
cattolici ci sono i grandi esempi del Novecento come Cotta, Capograssi, Carnelutti Santoro-Passarelli,
Mengoni, Satta. Ognuno ha un suo contributo da darci per rilevare dentro l'esperienza giuridica una presenza
che l'accompagna. Dentro le difficoltà dell’esperienza giuridica, dentro il nostro sogno propositivo e
benevolente, dentro i desideri di ognuno. Dentro la tempesta una figura multiforme, anche attraverso i frutti
di questi grandi giuristi, ci viene incontro. E i frutti delle loro opere, anche i loro libri, riguardano anche la
filosofia (Cotta e Capograssi) le Scritture (Carnelutti) o la creazione di romanzi (Satta). Se questi frutti
vengono da noi metabolizzati, e accade quando siamo in difficoltà ma cerchiamo qualcuno che possa aiutarci

2”Noi non ci salviamo da soli, ma da noi può partire un grido di aiuto”Signore salvami, Signore insegnami la
strada…."(Papa Francesco, Le dieci parole)

3“La fede e la ragione sono le due ali con le quali lo spirito si innalza per contemplare la verità” (Giovanni Paolo II in
Fides et ratio)
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con qualche parola. diventano il seme per altre opere, pratiche o teoriche. Si rende anche così viva la
presenza di Cristo, il Logos, e si fa sorprendentemente presente come luce nelle tenebre. Ed eleva la nostra
coscienza, mostrandoci anche il pericolo più tremendo, quello di compiere noi il male: ci fa vedere la
vittima. Si riscopre la vera preghiera che non è superstizione, non è una rassicurazione perché non si sa mai
ed è bene mettere le mani avanti... ma è piuttosto una invocazione dentro il pericolo, dentro la croce che
può essere la propria, oppure, nella sensibilità cristiana verso le vittime, ascolto del prossimo appeso ad una
croce. La vera preghiera, invocazione nel pericolo, può riconoscere e sentire la chiamata verso di noi,
l'invocazione di un uomo perseguitato (come è successo a Paolo Di Tarso) e poi diventa rinnovata, inattesa
vocazione dentro l’esperienza giuridica.

                                           Il san Girolamo ritratto da Leonardo ricorda la lotta incessante
                                           contro le sue tentazioni e il male. Come è successo anche a
                                           Francesco Carnelutti davanti all'oggettivo pericolo nell'episodio
                                           storico sopra ricordato. Ma, come fa Leonardo, bisogna
                                           riconoscere il dramma, la comunione dei Santi, viverla
                                           comunque con una resistente gratitudine perché i santi ci sono e
                                           restano anche a noi, pur in altre circostanze, gli stessi mezzi che
                                           avevano i santi. E con questi mezzi possiamo vivere meglio, anche
                                           l’esperienza giuridica.

                                           Perchè come scriveva Giuseppe Capograssi "oltre il dolore c'è
                                           l'amore, c'è la vita, c'è il sole, c'è il pensiero, c'è la preghiera, c'è
                                           tutto" (9 marzo 1921)

Applicazione nell'esperienza giuridica:

in generale l'utilizzo meditato della preghiera del Rosario porta ad avere una visione complessiva dei
Misteri sacri con la possibilità di applicarne valori e principi nella concreta vita personale. Per ogni
persona alcune battaglie sono inevitabili ma la meditazione sui misteri può aiutare a vederle come uno
strumento, non il fine di una storia che può essere più alta e più grande, attraversata da sorgenti di
significato. In particolare il rosario può ispirare anche l'esperienza giuridica, aiutando sia l'atteggiamento sia
l'azione del giurista.

Sul piano dell'atteggiamento la contemplazione ordinata nel rosario può essere una pausa che rinfranca ma è
anche un modo per comprendere che certe situazioni difficili hanno accomunato le sorti degli uomini e che
attraversare non evitabili eventi rischiosi o dolorosi (come ad esempio accade nell'Annunciazione, nella
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Visitazione o nella flagellazione) può essere un momento di relazione e di crescita, con la possibilità per i
credenti di viverli nella comunione con i protagonisti di una storia che ha segnato il tempo e la vita
dell'umanità. La recita del rosario può essere per questo lievemente personalizzata magari affiancando al
mistero un aggettivo qualificativo che ricorda l'azione sempre in atto del Figlio e dello Spirito di Dio: se si
medita il mistero dell'annunciazione si potrà dire "Benedetto il frutto del tuo seno Gesù, concepito per opera
dello Spirito Santo" come avviene nel cosiddetto rosario della Madonna di Pompei. In questo modo è
possibile meditare maggiormente sul mistero e considerarne la portata ancora performativa.

Sul piano dell'azione la dinamica del rosario può aiutarci nell'affrontare una fattispecie tenendo conto di una
visione complessiva e dei suoi principi. Possiamo ricordare e ripetere il quadro generale dei fatti e del
sistema normativo nella sua dinamica sostanziale e processuale avendo memoria dei principi generali (ad
esempio nel diritto civile, nelle successioni la complessa dinamica di tutela del legittimario leso con azioni di
riduzione e spesso di collazione e nullità). Così si potrà applicare successivamente le riconosciute specifiche
dinamiche del diritto alle situazioni concrete consapevoli degli effetti, anche dirompenti di certi atti.

Dentro la forte complessità e ambiguità presenti in molte situazioni della vita, anche giuridiche la
contemplazione dei Misteri può dare anche al giurista la sensibilità e il discernimento per decidere. Sul piano
dei rapporti tra sfera spirituale e strettamente giuridica i Misteri assoluti potranno aiutarci ad accettare il
combattimento interiore che implicano certe situazioni giuridiche (nei rapporti triangolari difficili da gestire,
con assistito, controparte ed eventualmente il giudice) per poi, alla fine, essere guidati dentro i misteri
relativi e specifici che dobbiamo affrontare ogni giorno. Ad esempio per il giurista e l’assistito potranno fare
questa valutazione: in rapporto allo sfacelo già presente nei rapporti parentali nelle divisioni ereditarie fino a
che punto i rapporti patrimoniali siano tutelabili nell'interesse del legittimario leso. Anche in questo modo si
attua quello che il card Attilio Nicora chiamava “fecondità reciproca”tra fede e diritto.

PS Dopo aver scritto questo post nella sua forma originaria ritrovo il giorno dopo, inaspettatamente, la
Madonna del Rosario di Caravaggio nella maglia di un giovane imprenditore da me assistito, un segno che
comunque il Sacro è sempre misteriosamente presente in immagini le persone che abbiano ricevuto in dono
la capacità di cogliere le forze ri-creative emergenti.
Non so se sono questi i casi nei quali, come direbbe lo scrittore cattolico Vittorio Messori, il Cielo ci fa
segno...

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Il post è dell'avv. Mirko Ruffoni, anche quale Presidente dell'associazione Unione giuristi cattolici della Sezione di Vicenza, preoccupato del distacco
tra:

da una parte il diritto secolarizzato spesso privo anche di una cultura profonda e resistente (quindi mero succube del mercato),

e dall'altra parte le grandi risorse nella fede, comunque presenti nel reale, anche con la mediazione e l'esempio dei grandi giuristi del Novecento, ma
non riconosciute (quindi noti solo a happy few). Per questo si cerca, in modo esplorativo e sperimentale, dei ponti tra le due parti nella moderna
antropologia (la teoria mimetica dell’antropologo Renè Girard e la teoria estatico mediatoria del filosofo Giuseppe Fornari) e in una rivisitazione
del nostro tradizionale patrimonio culturale e spirituale con uno sguardo anche a quanto oggi muove il reale. Per cercare una rinnovata tra(di)zione
da "cose nuove e antiche" (cfr Mt 13,52), nel giusto, nel gusto. Per chi volesse scrivergli con opinioni e commenti che possono migliorare la sua
esplorazione: studio.ruffoni@gmail.com

il sito in cui sono raccolti i post di questo genere è:

http://www.agendagiusta.it/

il post nella sua prima ridotta versione è qui:

http://www.agendagiusta.it/nel-pericolo-la-forza-del-mistero-assoluto-per-il-cavaliere-di-caravaggio-e-per-il-giurista-francesco-carnelutti-in-fuga/

Su Facebook c’è anche un profilo dedicato alle lettere che Giuseppe Capograssi inviava alla fidanzata Giulia Ravaglia:
https://www.facebook.com/PensieriAGiulia/
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