N 2057 BIOINGEGNERIA DELL'ESERCIZIO FISICO E DELLO SPORT TEORIA ESERCIZI TEMI ESAME - 2017-18 DI FRANCIA SABRINA - Appunti Universitari Online

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       BIOINGEGNERIA DELL'ESERCIZIO FISICO
       E DELLO SPORT
       TEORIA ESERCIZI TEMI ESAME
       2017-18

       DI FRANCIA SABRINA

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       9 ottobre 2017

       La prima cosa da fare per risolvere un problema di biomeccanica è identificare e disegnare un diagramma di
       corpo libero che richiede due competenze: capire qual è il sistema che dobbiamo analizzare (a quali corpi si
       estende l’analisi da modellizzare attraverso il diagramma) e quali sono le forze significative che entrano in
       gioco nell’esercizio specifico che andiamo a studiare (in alcuni casi la forza resistente dell’aria è da inserire
       mentre a volte è trascurabile).

       Un diagramma di corpo libero si disegna come un insieme di segmenti collegati tra loro e indicando le forze
       che agiscono su questi. Quello che rappresentiamo nel diagramma attraverso i segmenti è l’oggetto di
       analisi.
       A livello di diagramma di corpo libero è importante andare a rappresentare solo ed esclusivamente le forze
       che agiscono all’esterno del sistema mentre quelle che agiscono internamente non vanno rappresentate.
       Questo ha conseguenze importanti: la più evidente è che se, per esempio, vogliamo studiare la forza
       muscolare del quadricipite che agisce sull’articolazione di ginocchio, come sistema da analizzare non
       possiamo considerare il corpo nel complesso dell’atleta perché la forza del quadricipite sarebbe interna e
       non potremmo né rappresentarla né risolverla; per risolverlo dovremmo considerare come
       sistema di analisi un sottosistema.

       Si disegnano più segmenti solo per comprendere meglio l’oggetto che si sta studiando ma,
       essendo tutti i segmenti rigidi gli uni rispetto agli altri, potremmo disegnarne uno unico.

       A noi interessa stimare la forza muscolare quindi dobbiamo identificare meglio il sistema. Il
       sistema che andiamo a considerare si identifica sulla base della forza che si vuole misurare o
       calcolare.
       Per fare in modo che la forza sia esterna dobbiamo tagliare il sistema in corrispondenza dell’articolazione: il
       modo più semplice è considerare solo i segmenti gamba + piede perché a questo punto il sistema si
       interfaccerebbe con un sistema esterno (muscolo e segmento coscia) e il muscolo genererebbe una forza
       applicata al segmento gamba tramite un tendine. La forza di estensione generata dal muscolo diventa
       esterna perché il motore è diventato un elemento esterno al sistema gamba + piede.

       Valutazione della reazione vincolare durante la corsa
       La forza di reazione del terreno è la forza che interagisce tra il piede e il piano di appoggio. Vogliamo
       calcolare modulo e direzione di tale forza. La prima cosa da fare è disegnare il diagramma di corpo libero.

                                             La forza di reazione vincolare deve essere una forza esterna al sistema
                                             considerato quindi non possiamo considerare il sistema terra e corridore
                                             (caso estremizzato) come sistema di analisi in quanto in tal caso la forza di
                                             reazione sarebbe interna. Possiamo però considerare il corridore nel suo
                                             complesso e andare a sfruttare tutte le conoscenze riguardo alle forze che
                                             andiamo ad inserire.

       Oltre alla forza di reazione vincolare Fg (reagisce al peso del soggetto e alle coppie generate alle varie
       articolazioni) che ha verso entrante e direzione non necessariamente perpendicolare al terreno (ci poniamo
       nella situazione più generica, ha una componente orizzontale e una verticale), dobbiamo aggiungere le
       forze esterne che agiscono sul sistema stesso. Possiamo disegnare la Fg come un unico vettore con una
       certa direzione generica oppure nelle sue due componenti Fgh e Fgv, rispettivamente orizzontale e
       verticale. Aggiungiamo la forza peso esterna Fw dovuta alla gravità, la applichiamo nel centro di massa con
       direzione perpendicolare al terreno e verso che va dal centro di massa verso il terreno. Aggiungiamo poi la

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       resistenza dell’aria Fa che ha verso opposto alla direzione di percorrenza del corridore, è perpendicolare al
       piano frontale del corridore ed è applicata al centro di pressione.
       Nel caso considerato dobbiamo misurare le forze di interesse mediante delle simulazioni o con degli
       strumenti opportuni. La forza peso viene fornita da una qualsiasi bilancia mentre la forza dovuta alla
       reazione dell’aria è fornita da tabelle specifiche in funzione della dimensione trasversa del soggetto nel
       fluido e della velocità di movimento del fluido stesso (occorre quindi misurare la sezione frontale del
       soggetto, ovvero l’area che si espone, e la velocità).

       Ci sono più soluzioni possibili per risolvere questo sistema, tutte ugualmente valide; scegliamo quella in
       funzione alle grandezze che possiamo misurare.

       Supponiamo ora di tagliare il sistema atleta in corrispondenza dell’articolazione dell’anca.
                                          Essendo Fg una forza esterna, il sistema scelto soddisferà il primo requisito
                     Fm                   quindi potrà essere utilizzato per la risoluzione.
           Fj                             In questo caso la forza peso Fw non sarà quella del soggetto ma solo del
                                          sistema coscia-gamba-piede e di conseguenza sarà applicata nel centro di
              Fw               Fa
                                          massa di quest’ultimo. Il valore di questa forza può essere stimato con
                                          tabelle che, in base al peso del soggetto, forniscono una percentuale di
                                          peso per quanto riguarda il sistema coscia-gamba-piede (indicativamente la
                         Fg
                                          coscia è circa il 20% del peso complessivo, il piede il 3% e la gamba il 15%, la
                                          somma è circa il 48% del peso).
       La forza di resistenza dell’aria si applica alla sezione trasversa sul piano frontale dei segmenti coscia-gamba-
       piede e la si misura con le stesse difficoltà di quelle che si avevano nel piano complessivo.
       Introduciamo poi la forza di reazione vincolare dell’anca Fj: la testa del femore interagisce con il bacino e
       per un effetto di azione e reazione abbiamo delle forze tra i due segmenti corporei. Non è affatto facile da
       misurare perché è una forza interna al sistema, bisogna usare delle celle di carico e dei sensori di pressione
       posti in modo invasivo tra i due segmenti.
       La forza di reazione del terreno è determinata dalla forza muscolare (estensori e flessori dell’anca che
       agiscono in modo diverso in base alla fase del movimento) che si applica in un certo punto del femore e che
       agisce in una direzione non nota a priori ma da stimare e con un modulo non noto e difficilmente
       misurabile, anch’esso da stimare. L’unica certezza che abbiamo è il verso uscente dal segmento perché il
       muscolo può solo contrarsi.

       Siamo più comodi a scegliere il primo modello descritto perché il secondo, nonostante fornisca lo stesso
       risultato, introduce due forze in più che risultano solo stimabili e non misurabili. L’obiettivo è avere un
       sistema che sia il più semplice possibile per la domanda posta. Il secondo modello proposto può essere
       sfruttato quando viene chiesto di stimare forze interne e quindi forze muscolari oppure forze di reazione
       vincolare all’articolazione.
       In questo caso occorrerebbe tagliare il sistema sull’articolazione in corrispondenza della quale si ha il
       muscolo e bisognerebbe determinare l’effetto della forza muscolare sui segmenti, che è duplice: forza
       muscolare netta che porta alla generazione della coppia che genera la rotazione tra i due segmenti e forza
       di reazione vincolare.
       Se fossimo invece interessati ai muscoli estensori della gamba, taglieremmo a livello
       dell’articolazione di ginocchio, dove agiscono questi muscoli. Avremmo una forza Fg in
       compressione ma in direzione non nota, una reazione vincolare Fj sul ginocchio e la forza dei
       muscoli estensori di cui non conosciamo la direzione ma il verso è sicuramente uscente in
       quanto questi devono dare una rotazione antioraria.
       Infine avremo la forza peso.

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       Un altro esempio di diagramma è quello in cui tagliamo in corrispondenza del ginocchio e della caviglia
       (segmento rigido che permette di calcolare la forza muscolare degli estensori della gamba) ma ci si
       complica la vita perché si introducono Fj, Fm, Fw del solo segmento gamba, ma tagliando nell’articolazione
       della caviglia avremo un’altra Fj e un’altra Fm di dorsiflessione.

       Valutazione delle forze dei muscoli dorsali per sollevare un bilanciere
       Anche in questo caso occorre decidere quale sistema considerare e poi aggiungere le diverse forze, tra
       queste ultime ci interessano quelle dei muscoli lombari che permettono di alzare il peso. Risulta ottimale
       tagliare in corrispondenza dell’articolazione di anca in modo che la forza dei muscoli lombari risulti esterna.

       Consideriamo ora il sistema superiore: tronco, testa e braccio. Le forze in gioco sono
       il peso del bilanciere che viene applicato alla mano con direzione perpendicolare al
       terreno e verso il terreno, la forza peso Fw (di tronco, testa, mani, avambracci e                            Fm
                                                                                                      Fb
       braccia) applicata al centro di massa del sistema considerato e con direzione
       perpendicolare al terreno e verso il basso, la reazione vincolare all’articolazione                      Fj
                                                                                                                           Fj
       (evitare di disegnarla in direzioni particolari bensì in un caso generico) sempre in
       compressione come verso e con modulo e direzione non note a priori, la forza                                       Fm
       muscolare che si applica nel punto in cui i tendini del muscolo si inseriscono nella
       struttura scheletrica (muscoli estensori che si inseriscono sulla parte lombare del                 Fw
       tronco) con direzione sempre legata al fatto che il muscolo può solo contrarsi quindi                         Fg
       sempre verso l’esterno. In questo caso la forza dell’aria è trascurabile.

       Scegliendo, invece, di lavorare sulla parte bassa del soggetto, avremo la forza peso dei segmenti considerati
       (coscia, gamba e piede dx e sx) perpendicolare al terreno e diretta verso il basso, la reazione vincolare al
       terreno Fg, la forza di reazione all’articolazione Fj esattamente analoga al caso precedente ma con verso
       opposto ed Fm che è la forza muscolare analoga a prima ma trasmessa al segmento del femore.

       Nonostante la forza muscolare sia esattamente la stessa nei due casi, risulta più conveniente il primo
       sistema considerato perché è sufficiente calcolare la forza peso del bilanciere che è sostanzialmente nota;
       nel secondo caso occorre stimare un numero di forze maggiore, tra cui la reazione vincolare al terreno.

       Valutazione delle forze dei muscoli di un bicipite per sollevare un bilanciere
                                           Nel caso di bicipite brachiale si ha il muscolo con un tendine che lo
                             Fj
                                           collega all’omero e uno che lo collega al segmento distale. I due segmenti
                                           di braccio e avambraccio risultano uniti in corrispondenza
                                  Fm       dell’articolazione del gomito. Supponendo di separare il segmento
                                           braccio da quello di avambraccio, la forza muscolare che agisce su
                                           quest’ultimo è quella che ha come punto di applicazione il punto di
                Fj
                                           inserzione del tendine all’avambraccio stesso (si conosce il punto medio
                          Fm
                                           di inserzione) e si inserisce con un angolo, definito di inserzione (angolo
                                           che il vettore forma con la struttura scheletrica, nota che varia con la
       geometria). La forza muscolare Fm è quella sviluppata dal bicipite che si trasferisce a entrambi i segmenti,
       uno fisso e uno in movimento.
       Fj è la stessa, uguale in modulo e in direzione e opposta per quanto riguarda il verso, è la forza che deriva
       dall’interazione dei due segmenti a livello dell’articolazione gomito ed è in compressione sui punti di
       inserzione dell’avambraccio.

       Valutazione delle forze dei muscoli lombari
       A livello dei muscoli lombari le cose non cambiano in quanto abbiamo il segmento tronco (rigido per
       semplicità anche se ci sono le articolazioni vertebrali) e il segmento coscia e femore; i muscoli lombari
       hanno due inserzioni tendinee. La forza generata dai muscoli è Fm ma in un caso è applicata sul segmento

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       femore in un certo punto di inserzione e con un certo angolo di inserzione e in un altro in un punto di
       inserzione del tronco con un altro angolo.

       Considerazioni aggiuntive
       Quando disegniamo il diagramma di corpo libero dobbiamo semplificarci la vita. Nei casi proposti, tutti i
       movimenti sono risultati simmetrici quindi è stato possibile semplificare il diagramma di corpo libero sul
       piano sagittale; ad esempio nel considerare il segmento tronco, un segmento unico per braccio,
       avambraccio e mano destro e sinistro. Nel caso in cui ci fosse il sollevamento di due bilancieri diversi con i
       due arti, dovremmo considerare questi ultimi separatamente.

       Le forze muscolari agiscono su un punto di inserzione quindi hanno un braccio di applicazione da
       considerare quando bisogna calcolare la coppia generata rispetto all’articolazione; a seconda della
       convenienza disegniamo la forza muscolare con il relativo braccio o direttamente la coppia.
       Dal momento che il nostro sistema corpo umano è costituito da segmenti in prima approssimazione rigidi,
       collegati mediante articolazioni, generalmente ci interessa stimare le coppie piuttosto che le forze.

       13 ottobre 2017
       Terminologia di riferimento standard
       Quando occorre definire la postura di un soggetto e il suo movimento, bisogna fare riferimento ad una
       terminologia standard che però non esiste in modo universale ma si differenzia in base alla figura
       professionale con cui abbiamo a che fare; si notano pertanto discrepanze tra la terminologia utilizzata da
       un fisioterapista piuttosto che da un fisiatra ecc.

       Quando definiamo un movimento, lo facciamo rispetto alla posizione di riferimento standard del soggetto
       uomo definita come un soggetto in piedi, con gli arti allineati e quelli superiori rilassati con il palmo delle
       mani rivolto in avanti. Da questa posizione si possono definire gli angoli di flessione, di abduzione e
       adduzione ecc.

       Termini direzionali
       In base alle considerazioni che facciamo di un segmento rispetto ad un altro dovremo utilizzare i seguenti
       termini:
            Superiore
            Inferiore
            Anteriore
            Posteriore
            Mediale
            Laterale
            Prossimale
            Distale
            Superficiale
            Profondo

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       Occorre avere uno standard di riferimento anche per i movimenti che vengono definiti rispetto ai piani o
       agli assi di rotazione. I piani rispetto ai quali si definisce un movimento sono:
            - Piano frontale: divide il corpo umano in parte anteriore e
                 posteriore
            - Piano sagittale: divide il corpo in lato sinistro e lato destro
            - Piano trasverso: divide il corpo in parte superiore e posteriore
       Tutti i piani passano per il centro di massa del soggetto.
       Per esempio, il sollevatore di pesi svolge un gesto atletico che si
       sviluppa sostanzialmente nel piano sagittale mentre in quello frontale è
       simmetrico.

       Gli assi vengono definiti sulla base dell’intersezione dei piani o, in altre
       parole, una coppia di piani definisce un asse e servono per definire i
       movimenti di rotazione attorno ad un’articolazione.
       L’asse longitudinale è quello che deriva dall’intersezione del piano
       sagittale con quello frontale, l’asse mediolaterale (o frontale) si ottiene
       dall’intersezione tra piano frontale e il piano trasverso, l’asse
       anteroposteriore (o sagittale) deriva dall’intersezione del piano
       sagittale e con quello trasverso.

       Movimenti nel piano sagittale
       Per definizione, nella posizione anatomica di riferimento tutti i segmenti vengono considerati posizionati ad
       un angolo nullo. Quindi il nostro angolo di abduzione del braccio in posizione anatomica è pari a zero e, allo
       stesso modo, l’angolo di flessione dell’avambraccio rispetto al braccio è nullo.
       Nell’immagine vediamo i movimenti di flessione, estensione e iperestensione del braccio, che avvengono
       nel piano sagittale.

       Potremmo fare analoghe considerazioni sull’avambraccio.
       Troveremo due terminologie diverse: flessione dell’avambraccio piuttosto che flessione del gomito in
       quanto possiamo riferirci al segmento distale rispetto all’articolazione oppure all’articolazione stessa.
       Per il braccio possiamo parlare di flessione del braccio oppure della spalla.

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       Movimenti nel piano frontale
       Movimenti sul piano frontale sono quelli di abduzione (allontanamento del segmento distale da quello
       prossimale) e adduzione (avvicinamento). Nell’immagine ne vediamo un esempio.

       Articolazioni come il ginocchio e il gomito non possono avere movimenti di adduzione e abduzione.

       Movimenti nel piano trasverso
       I movimenti nel piano trasverso sono quelli di intra-rotazione ed extra-rotazione.
       Sinonimo di intra-rotazione è rotazione mediale, mentre sinonimo di extra-rotazione è rotazione laterale.
       Per alcuni segmenti non si parla di flessione ed estensione ma di plantaflessione (abbassamento) o
       dorsiflessione (alzamento).

       Muscoli agonisti, antagonisti, stabilizzatori e sinergici
       Possiamo distinguere i muscoli in:
           - Agonisti: partecipano al movimento.
              Per esempio il bicipite brachiale è agonista della flessione del gomito
           - Antagonisti: svolgono un’azione contraria al movimento.
              Per esempio l’antagonista della flessione del gomito è il tricipite che si contrae e si oppone al
              movimento di flessione stesso.

       Il fatto che un muscolo sia agonista o antagonista dipende dal movimento che si considera: rispetto agli
       esempi proposti, se consideriamo l’estensione dell’avambraccio l’agonista è il tricipite e l’antagonista è il
       bicipite.
       Per quanto riguarda un movimento non esiste un solo agonista e un solo antagonista: il sistema muscolare
       è ridondante e quindi più muscoli sono agonisti di un movimento.

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       Per esempio nella flessione del braccio agonisti sono il bicipite (capolungo e capobreve), il brachioradiale
       (avambraccio che lavora sull’articolazione di gomito) e il brachiale (interno).

            -    Stabilizzatori: intervengono per fissare un’articolazione durante un movimento in modo da
                 eliminare la possibilità di avere movimenti non desiderati di segmenti corporei.
                 Per esempio se consideriamo la flessione della spalla, i muscoli flessori sono il deltoide anteriore e il
                 capobreve del bicipite brachiale, siccome la spalla è molto complessa come articolazione se non
                 avessimo gli stabilizzatori avremmo dei movimenti disarticolati: intervengono il trapezio superiore e
                 l’elevatore della scapola, sono muscoli che agiscono su strutture scheletriche interessate al
                 movimento per garantirne stabilità.
            -    Sinergigi: simili agli stabilizzatori, hanno una funzione opposta a quella del movimento generato
                 dall’agonista e servono per evitare movimenti indesiderati.
                 Per esempio se eseguiamo un’estensione del polso e vogliamo mantenere la mano con le dita
                 estese verso l’alto, attiviamo gli estensori del polso ma dobbiamo attivare anche gli estensori delle
                 dita, in caso contrario, per l’accoppiamento meccanico dei tendini, le dita andrebbero a flettersi.

       Alcuni muscoli hanno più di una funzione. Per esempio il bicipite capobreve e quello capolungo si
       inseriscono entrambi sul segmento osseo avambraccio ma prossimalmente hanno due inserzioni diverse; a
       seconda di dov’è l’inserzione il capolungo ha solo una flessione mentre quello breve ha due azioni ovvero
       flessione dell’avambraccio e flessione del braccio. Un altro esempio è il retto femorale (muscolo della
       coscia) che svolge due azioni: l’estensione della gamba (ginocchio) e la flessione dell’anca (per capire il
       movimento pensare allo skip).

       Relazione lunghezza-tensione nei muscoli

       Il muscolo è un organo in grado di generare forza contrattile, ma questa forza non è sempre costante. La
       forza generata non è indipendente dalla lunghezza del muscolo ma presenta una curva di generazione che
       dipende dal livello di accorciamento del muscolo legato alla sovrapposizione di actina e miosina.
       Il muscolo è in grado di generare una forza massima quando è alla sua lunghezza di riposo (né contratto né
       stirato) e avrà man mano la capacità di sviluppare forze inferiori quanto più è contratto ed esteso.
       Indipendemente da altri fattori, ciò che influenza la generazione della forza è il braccio di applicazione della
       forza stessa (parliamo di forza e non di coppia per ora). Quindi se vogliamo misurare la forza massimale di
       uno specifico muscolo, dobbiamo effettuare le misurazioni in posizioni specifiche in cui il muscolo è a
       riposto (isometrico).

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       Noi consideriamo il sistema uomo come fatto da segmenti scheletrici rigidi che vengono mossi dai muscoli
       collegati sia al segmento prossimale che a quello distale. Nell’anatomia possiamo trovare diverse
       configurazioni di inserzione dei muscoli riconducibili alle leve.
       Meccanicamente, ogni osso è una leva e ogni unione è un fulcro. I muscoli forniscono una forza applicata
       (AF) necessaria a vincere una resistenza (R).

       In base alla relazione tra fulcro, forza motrice e forza resistente possiamo fare la seguente distinzione:
            1. Leva di primo genere (o interfulcro): il fulcro su cui avviene il movimento si trova tra la forza
                applicata e la forza resistente.
                Per quanto riguarda l’anatomia umana, una leva di questo tipo è riconducibile al caso
                dell’estensione del capo: il fulcro è la vertebra cervicale, la forza resistente è data dal peso della
                testa in direzione anteriore e la forza motrice è data dai muscoli estensori del capo che si trovano
                in zona posteriore.

             2. Leva di secondo genere (o interresistente): la forza resistente si trova tra il fulcro e la forza
                applicata.
                Per quanto riguarda il sistema muscolo-scheletrico, possiamo considerare come fulcro il centro di
                pressione del piede sul terreno di appoggio, il vettore della forza resistente si applica al centro di
                massa del soggetto ed è diretto verso il basso e la forza muscolare è quella del gastrocnemio sulla
                punta dei piedi che lavora con un braccio di applicazione rispetto al fulcro maggiore rispetto al
                braccio di applicazione della forza resistente.
                Si tratta di un vantaggio del muscolo rispetto alla forza resistente e si parla infatti di leva
                vantaggiosa in quanto è necessario svolgere una forza minore rispetto al peso.

             3. Leva di terzo genere (o intepotente): la forza resistente e quella applicata sono dalla stessa parte
                del fulcro ma il braccio di applicazione della forza resistente è maggiore.
                Un esempio è il bicipite che agisce sull’articolazione del gomito, si inserisce a circa 1.5-2 cm
                dall’articolazione del gomito sull’avambraccio.

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                  Dal punto di vista della forza ci troviamo in una situazione sfavorevole in quanto c’è uno svantaggio
                  meccanico. Tuttavia questa situazione presenta un notevole vantaggio a livello del range of motion
                  e per quanto riguarda la velocità di movimento (velocità di rotazione dell’effettore molto maggiore
                  di quella di accorciamento del muscolo).

       Leve nel sistema muscolo-scheletrico
       La forza del muscolo viene sviluppata lungo l’asse longitudinale del muscolo stesso
       (freccia rossa). Scomponendola avremo un contributo verticale che sostiene il
       peso, maggiore di quest’ultimo, e un contributo orizzontale che non regge il peso
       ma fornisce una reazione vincolare Fj.

       Si tratta di una leva sfavorevole.

       Origine del muscolo: punto in cui il tendine del muscolo si inserisce sul segmento scheletrico fisso.
       Inserzione del muscolo: punto in cui il muscolo si collega tramite il tendine al segmento che si muove.
       In generale l’origine è sul segmento più prossimale e l’inserzione su quello più distale.

       Per quanto riguarda la flessione del gomito, il bicipite capolungo ha origine sull’omero dove si inserisce il
       tendine prossimale mentre l’inserzione è sul segmento distale ovvero sull’avambraccio.
       Se consideriamo l’estensione della gamba, i muscoli che contribuiscono al movimento sono almeno tre,
       ovvero retto femorale, vastomediale e vastolaterale; questi hanno origine sul femore e inserzione sulla tibia
       distale che viene mossa.

       Muscoli che muovono la coscia

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       Muscoli che muovono la gamba
       Per l’estensione della gamba lavorano il retto femorale, il vasto laterale, mediale e quello intermedio.

       Il muscolo che lavora sull’articolazione del ginocchio è un estensore ed è un muscolo biarticolare perché
       attraversa due articolazioni (muscolo retto-femorale). Questo muscolo ha una duplice reazione: estensione
       della gamba come gli altri due vasti ma anche la flessione dell’anca.

       Un altro esempio di muscolo biarticolare è il muscolo sartorio che ha origine sulle cresta iliaca inferiore e
       inserzione sulla tibia. È un muscolo che agisce come adduttore della gamba spostandola dal’esterno verso
       la posizione mediale, ma ha anche un’attività sulla flessione dell’anca.
       (muscolo sartorio: parte dall’inguine in alto esternamente e arriva all’interno del ginocchio, “attraversa la
       coscia in obliquo”).

       Muscoli che muovono il piede e la caviglia

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