MINORI A RISCHIO OGGI: RICONOSCIMENTO E IPOTESI DI PREVENZIONE NEI CONTESTI EDUCATIVO SCOLASTICI - Liceo Marconi Conegliano

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MINORI A RISCHIO OGGI: RICONOSCIMENTO E IPOTESI DI PREVENZIONE NEI CONTESTI EDUCATIVO SCOLASTICI - Liceo Marconi Conegliano
MINORI A RISCHIO OGGI:

          RICONOSCIMENTO
      E IPOTESI DI PREVENZIONE
 NEI CONTESTI EDUCATIVO SCOLASTICI

         a cura di Michela Possamai
Dirigente Scolastico MIUR - USR per il Veneto
Docente IUSVe Psicologia Educativa e Clinica

   michela.possamai@istruzioneveneto.it
           m.possamai@iusve.it
MINORI A RISCHIO OGGI: RICONOSCIMENTO E IPOTESI DI PREVENZIONE NEI CONTESTI EDUCATIVO SCOLASTICI - Liceo Marconi Conegliano
MINORI A RISCHIO OGGI: RICONOSCIMENTO E IPOTESI DI PREVENZIONE NEI CONTESTI EDUCATIVO SCOLASTICI - Liceo Marconi Conegliano
1. APPROCCIO E CONTESTO

2. FENOMENI E DEFINIZIONI

3. RUOLO E RESPONSABILITA’ DELLA
   SCUOLA

4. ALCUNI FOCUS E MATERIALI
APPROCCIO E CONTESTO:
punto di vista, vecchie e nuove emergenze
Prevenzione
                           e promozione del benessere
                                        e della salute

Percorso di formazione personale connotato da
  due cifre:
   “educativo e clinico”

Percorso professionale in ambito     educativo,
  scolastico ed amministrativo
                                              Campanon, Wensell
UNA QUESTIONE DI DIRITTI
                   Art. 3 e 31 Costituzione Italiana
Circa 10 mln di persone minori di età
Circa 2 mln sono in situazione di povertà
Di questi, 800 mila non hanno accesso ai diritti fondamentali (salute, casa,
istruzione…)
Circa 500 mila adolescenti non hanno mai letto un libro, non hanno accesso a
Internet…
Nel Veneto, circa 90 mila minori (e famiglie) con CNI sui banchi di scuola:
figli di stranieri di ormai 3 Generazione, 2,5 Generazione e 2 G e 1,75 e 1,50…
di cui nati in Italia (NAI) quasi la metà con 150 cittadinanze diverse; minori
stranieri non accompagnati. Adozioni internazionali in aumento
Molti “dis – persi“, nè studio nè lavoro (NEET, tra i 15 ed i 29 anni) anche tra i
minori di età

    Assenza di garanzia della pienezza dei diritti previsti
             Presenza di dis–eguaglianze e dis-parità
MINORI E NON DIRITTI
             Per rimuovere le diseguaglianze sociali

 Più fattori incidono sulle disuguaglianze sociali: famiglia di origine,
  famiglia di deriva e famiglie di derivazione, educazione, livelli di
  scolarizzazione, titolo di studio e professione dei genitori, reddito e
  patrimonio, estrazione sociale, territorio, ambiente di vita…

 Relazione tra fattori di diseguaglianze sociali e: successo formativo,
  mobilità sociale, qualità di vita

 Arretramento culturale e materiale rispetto agli anni Novanta

 Rivoluzione tecnologica e gap tra generazioni

                   Diseguaglianza crea disequità

       Disequita‘ genera esclusione sociale = RISCHIO
Emergenza: GENERAZIONI (S)CONNESSE?

Oltre il 90% degli adolescenti in Italia utente di Internet
Il 98% di questi dichiara di avere almeno un profilo social
network (Facebook, Twitter…)
Nel Web Nordest il 43% dei giovani tra i 15 ed i 24 anni è
Internauta (era il 4% nel 2000)
Il 48% considera l‘accesso ad Internet un diritto, il 42%
possiede uno smartphone o simili

Il 41% non può più vivere senza uno smartphone, 1 su 3
cambia luogo se non è connesso, il 27% non sospende le
chiacchere online in favore di quelle offline

                                      (Fonte Demos, Osservatorio Nord est)
Servizio di social networks (Wikipedia):
Secondo la definizione data dagli studiosi Boyd-Ellison (…) quei
servizi web che permettono:
la creazione di un profilo pubblico o semi-pubblico all‘interno
di un sistema vincolato;
l‘articolazione di una lista di contatti;
La possibilità di scorrere la lista di amici dai propri contatti.

I ragazzi definiscono in vari modi il mondo dei social
networks:

 una sorta di seconda vita
 un modo di presentarsi al mondo (foto e video)
 l‘espressione di ciò che pensano (post)
FACEBOOK (Osservatorio Facebook)

Boom in Italia nel 2008, incremento del 135% al trimestre
Oltre 1 miliardo e 200 mln di profili iscritti che parlano tutte le
lingue del pianeta nel 2014
Due film in due anni: Feisbum (maggio 2009) e The social
Network (novembre 2010)
A luglio 2013 ha raggiunto i 1,15 miliardi di utenti di cui 699
mln si connettono ogni giorno
Ogni mese vengono creati 3,5 mln di eventi, caricate più di 3
miliardi di foto
Ogni settimana vengono condividi più di 5 miliardi di contenuti
(link, notizie, nore, post del blog…)
Il 50% degli utenti effettua il login almeno tre volte al giorno
WHATTASP (Wikipedia)

Ha cambiato RADICALMENTE il modo di comunicare attraverso
il telefonino
Non più di 160 i caratteri degli sms
Invio illimitato di foto, filmati
Numero illimitato di conversazioni
Nessuna necessità di conoscere il gestore opposto

Facebook lo acquista per un valore di 18 miliardi di dollari
Con esso, acquisisce i 450 mln di utenti presenti in questa App
per smartphone
Ask.fm

E‘una community particolare non assimilabile ai vari social,
anti Facebook
Anonimato degli utenti
60 mln di utenti, più di 13 mln quotidianamente, in Italia la
maggior partecipazione
Nato in Lettonia con lo scopo di mettere in contatto
adolescenti giovani e un pò timidi tramite il meccanismo della
domanda.
Motto e regola di utilizzo: Divertirsi!
 Solo per rispondere è necessario registrarsi
Ingresso vietato ai minori di anni 13

12 febbraio 2015: approvazione ddl sul cyberbullismo e
proposta chiusura Ask.fm
Emergenza: VITE INTER - ROTTE

Ragazza di 14 anni spinta a uccidersi dagli insulti su
Ask.fm
Nadia, 12 febbraio 2014, si è gettata dal tetto dell’ex
hotel Palace di Cittadella PD.
Era stata presa di mira sul social network più volte
accusato di favorire il cyberbullismo:
«Sucidati», «Sei strana, meriti di stare sola».
La Procura indaga.

Amanda Todd, 16 anni, 10 ottobre 2012, dopo anni di
sofferenze e di tormenti per mano dei bulli, si è impiccata
nella sua casa di Port Coquitlam, nella British Columbia in
Canada.
Per Ilja Terebin, il fondatore di Ask.fm:

"La verità - ha spiegato in un'intervista - è che i genitori non
sanno come i figli socializzano.
Essi pensano che quando vanno a scuola, per esempio, tutto
quello che fanno è risolvere i problemi di matematica.
Se sapessero ciò di cui i ragazzi in realtà parlano, sarebbero
molto più spaventati.
Su Ask.fm possono vederlo.
Ma certe cose accadono ovunque, sia online che offline".
STEVE JOBS: “I MIEI FIGLI NON CONOSCONO IPHONE E IPAD”

         Il “padre” di Apple contro le tecno-dipendenze

Parlando dei gadget che lui stesso aveva contribuito a
progettare, Steve Jobs rivelò a un giornalista del New York
Times:

“I miei figli non li conoscono (riferendosi ai dispositivi Apple e
più in generale a tutti gli altri dispositivi tecnologici, ndr). Noi
abbiamo la necessità di limitare l’uso della tecnologia all’interno
delle nostre case da parte dei nostri figli”.
Nuove patologie civili: CONNESSIONE O OSSESSIONE?

NOMOFOBIA (neologismo, no mobile, 2008) ovvero la paura di
rimanere sconnessi dalla Rete:

Due persone su 3 provano paura, ansia, stress all‘idea di
perdere, rimanere senza cellulare/batteria/connessione/credito
Uno su due possiede almeno 2 cellulari in modo da poter
essere sempre connessi (i maschi più delle femmine)
I minori, i giovani e gli adulti non spengono mai il cellulare
 Privacy: uno su due teme che il proprio partner controlli il
proprio telefonino; il 40% ultiizza il classico PIN di accesso, il
10% una seconda password
Continuous    partial   attention   ovvero   attenzioni   parziali
continuative

                                         (Fonte: www.bertraining.it)
Nuove forme di relazione: i «contatti» e il digitale

«La nostra vita (e ancor più quella delle giovani generazioni) è
scissa tra due universi, online e offline, e irrimediabilmente
bipolare. Poiché ognuno di questi due universi ha un proprio
contenuto concreto e proprie regole procedurali, quando
passiamo da una parte all’altra tendiamo a utilizzare lo stesso
materiale linguistico, senza renderci conto del cambiamento di
campo semantico che avviene ogni volta che varchiamo il
confine.
Perciò non c’è modo di evitare una compenetrazione tra quegli
universi: l’esperienza di uno di essi non può che ri-formare
l’assiologia su cui si basa la valutazione dell’altro.
Non si può descrivere correttamente la parte di vita che
trascorriamo in uno dei due universi, non se ne può afferrare il
significato né se ne può comprendere la logica e la dinamica,
senza guardare alla vita avuta dal secondo universo nella sua
costituzione.
Si può dire che virtualmente qualsiasi nozione collegata agli
attuali processi di vita rechi inevitabilmente il segno di questa
bipolarità.»
                                            (Bauman Z., Lyon D., 2014)
FENOMENI E DEFINIZIONI:
focus, fattori di rischio e di protezione
ALCUNI INDICATORI EDUCATIVI di RISCHIO

Alunni con comportamenti aggressivi e/o poco adeguati alla
socialità, come bambini che si picchiano tra loro o ragazzi che
non rispettano le regole del vivere comune
Difficile gestione delle ore di lezione a causa dell‘estrema
incontenibilità di alcuni alunni (che non stanno seduti, non
ascoltano, entrano ed escono…)
Presenza di relazioni conflittuali nel gruppo classe come
isolamenti, chiusure, esclusioni
Alunni emarginati, spesso portatori di malessere psico fisico,
aumento fobie scolastiche, disturbi d‘ansia e oppositivo-
provocatorio
Alunni e/o gruppetti prepotenti o soverchianti,         alunni
prevaricatori che intimidiscono, sbeffeggiano, vessano
Alunni e/o gruppetti che rubano merende, soldi, oggetti…
oppure se li fanno consegnare attraverso intimidazioni
Conflitti con docenti che vengono derisi o vessati anche
violentemente, sfidati, danneggiando luoghi e oggetti
ALCUNI INDICATORI EDUCATIVI di RISCHIO nel web

Internet Addiction Disorder (DSMV?) come una nuova forma di
dipendenza? Internet –patia e retomania da Web: chi chatta non
arrossisce più (Tonioni, 2014)
Generazione app: possono ipotecare il senso di identità,
incoraggiare relazioni superficiali, ostacolare l‘immaginazione
(Davies K., Gardner H., 2014)

La devozione alla Rete è e sarà materia di interesse delle
nuove generazioni
Smartphone e simili diventano e diventeranno sempre più
parte della persona, un‘estensione dell‘io che contiene la
memoria degli individui
La tecnologia rappresenta e rappresenterà la quotidianità
come parte integrante dell‘esistenza (Legrenzi, 2014)
NUOVI INTERVENTI CLINICI E SUPPORTI: CENTRO PEDIATRICO
INTERDIPARTIMENTALE PER LA PSICOPATOLOGIA DA WEB

Nato grazie alla collaborazione del Policlinico Gemelli di Roma
e l’Università Cattolica (Federico Tonioni, responsabile dell´Area
delle   Dipendenze      da    Sostanze    e    delle  Dipendenze
Comportamentali)
 Per la presa incarico di un numero crescente di patologie
legate alla grande diffusione di internet e delle applicazioni
digitali
Depressione e problemi di apprendimento, principali disturbi
da web dipendenza
A rischio: lo sviluppo cognitivo, la salute psichica, ma anche
disturbi del comportamento
 Distorsioni nei processi      di   costruzione   dell’identità   e
dell’immagine personale
 Disturbi e disfunzioni più strettamente legati alla salute fisica,
come problemi ortopedici e di vista
CORRELAZIONI DA NON SOTTOVALUTARE:

Fattori di rischio suicidario negli adolescenti:
Difficoltà di relazione tra pari
Problematiche di tipo patologico (disturbi              dell‘umore,
dell‘alimentazione, disturbi di personalità…)
Presenza di uno specifico affetto, la vergogna

Fattori di rischio navigazione su Internet         (Wood e Associazione
Americana di Pediatria, 2013):

 …gli stessi!
Basso livello di spirito critico
Legame con il sexting ovvero l‘essere attrattivi
Istigazione o aiuto al suicidio
DEFINIZIONE DI RISCHIO:
Il termine rischio è parola relativamente recente nel vocabolario
dell’occidente.
Nelle lingue spagnola e portoghese, nei secoli XVI e XVII, indica
la navigazione in acque ignote.
Si diffonde ad altri ambiti, per esempio quello bancario oppure
in ambito commerciale.
Successivamente la valutazione dei “rischi” passa dall'ambito
finanziario a quello epidemiologico, con una variazione
semantica: invece di riferirsi alla possibilità, la medicina usa il
termine ‘probabilità’ di perdita della salute e anziché fare
riferimento al concetto di pericolo si parla di ‘rischio’ come
predisposizione alla malattia.

Più precisamente, il termine “sta a designare la potenzialità di
incorrere in una patologia fisica e psichica, semplice o
complessa, a causa di determinati agenti patogeni” (Donati, 1992,
160).
COMPORTAMENTI GIOVANILI A RISCHIO: COSA SONO?

Sono   definiti    comportamenti      giovanili   a    rischio quei
comportamenti che mettono in pericolo sia a breve che a lungo
termine la sfera fisica, psicologica e sociale dell’individuo:

comportamenti devianti di trasgressione sociale

comportamenti alimentari disfunzionali

uso dell’ecstasy, degli spinelli e dell’alcol, un modo per sentirsi
in sintonia con il contesto culturale del gruppo di riferimento
lo spaccio ed il consumo di droghe
i furti
il vandalismo
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO

Gli adolescenti “...non sempre conoscono cosa siano le sostanze
che consumano per sballarsi, per evadere o per trovare un modo
alternativo di affrontare e risolvere le difficoltà che incontrano,
né quali siano in primo luogo le dirette conseguenze psicofisiche
ed in secondo luogo quelle legali.” (Paola Izzo, 2009)

“Gli adolescenti sono generalmente ben informati sui diversi tipi
di rischio, spesso però sottovalutano le conseguenze di certi
comportamenti, non per carenze cognitive, ma per una diversa
rappresentazione e percezione della pericolosità dei vari eventi
e comportamenti.” (Cicognani, Zani, 1999)
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO per gli adolescenti

ottimismo irrealistico che porta a sottovalutare l’entità del rischio
personale rispetto al rischio attribuito ad un coetaneo.
risulta molto più semplice vivere in modo tangibile la propria
identità, presentandola al gruppo per ottenere riconoscimento,
popolarità, ecc..
messi in atto con lo scopo di “saggiare” le reazioni degli adulti
(genitori ed insegnanti), i limiti ed i divieti
per osservare quanto l’adulto sia effettivamente interessato e
attento al comportamento del ragazzo.
Le caratteristiche individuali di questi minori sono:

il conflitto, o forte ambivalenza con le figure genitoriali, da cui
però    non     vogliono  separarsi  quando     gli si    propone
l’allontanamento,
difficoltà di proiettarsi nel futuro e di fare investimenti a lungo
termine;
l’immaturità;
la scarsa capacità di riflettere su se stessi e sulle conseguenze
delle proprie azioni;
la scarsa tolleranza alle frustrazioni che porta a una facilità di
passaggio all’atto in ogni situazione minimamente frustrante;
un uso precoce, non sistematico, ma frequente, di sostanze
psicotrope con la possibilità di contatto con droghe pesanti.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79.

                         NORMALITÀ, DISAGIO, RISCHIO, DEVIANZA

        “L’adolescenza rappresenta la fase del ciclo di vita in cui il
        bisogno di rischiare, inteso come assunzione di rischi in termini
        comportamentali, si esprime con particolare intensità.
        Esso si manifesta tramite numerosi comportamenti                                                                                            di
        sperimentazione che fanno parte dei normali processi                                                                                        di
        sviluppo.
        Si tratta di condotte che consentono all’adolescente di mettere
        alla prova le proprie abilità e competenze, di concretizzare i
        livelli di autonomia e di controllo via via raggiunti e di
        sperimentare nuovi e diversificati stili di comportamento. […].

        Tuttavia, tale assunzione di rischio può portare l’adolescente a
        mettere in atto comportamenti estremamente dannosi per la
        propria ed altrui salute”
                                                                                                       (Malagoli Togliatti, Montinari, a cura di, 2004)
Le funzioni evolutive tipiche    adolescenziali insite a tali
comportamenti riguardano lo      sviluppo dell’identità e la
partecipazione sociale:

mentre alcuni adolescenti assumono comportamenti “normali”
per raggiungere tali obiettivi, altri manifestano invece
comportamenti cosiddetti di “rischio”.

Le forme di violenza insite in tali comportamenti hanno, quasi
nella totalità dei casi, come scopo principale quella di
manifestare un disagio ovvero di esprimere il proprio malessere
nel riconoscersi ed integrarsi nel contesto.
Dipartimento di Giustizia Minorile, 2001, p. 39.

       Un’ulteriore ipotesi, negli ultimi anni divenuta molto nota, è
       quella della forbice che si creerebbe tra competenze
       intellettive di vario tipo dei ragazzi e competenze sociali ed
       emotive.

       Ci si è accorti, infatti, che abbiamo costruito dei ‘mostri
       intelligenti’, capaci di usare tecnologie, che ricevono
       un'infinità di informazioni, molto di più che nel passato,

       ma sempre più fragili dal punto di vista emotivo e sociale,
       in termini di

       comunicazione sociale,
       di abilità di stare con gli altri,
       di accorgersi delle proprie emozioni,
       di avere empatia.

                                                   (Dipartimento di Giustizia Minorile, 2001, p. 39)
TRE LIVELLI DI DISAGIO
Il termine disagio comprende in sé una vasta gamma di
condizioni, poste su tre diversi livelli di categorie:

un disagio evolutivo endogeno, legato alla crisi di transizione
dell’età adolescenziale. Riguarda la totalità dei giovani e fa
parte del naturale processo di crescita dell’individuo.
 un disagio socioculturale esogeno, legato ai condizionamenti
della società. Riguarda i giovani che vivono in sistemi sociali
come il nostro.
 un disagio cronicizzato, legato all’interazione di fattori a
rischio individuali e locali con le precedenti forme di disagio.
Riguarda una minoranza di giovani e specifiche aree ambientali,
caratterizzate   da     povertà,   emarginazione,   isolamento,
esclusione...

         STUDIO DI CASO: ALEX NON VA A SCUOLA…
FATTORI DI RISCHIO

sono comportamenti sulla cui base la previsione di devianza può
essere operazionalizzata.

I fattori di rischio possono essere individuati nella prima
adolescenza: l’inserimento nella scuola media di soggetti che
più di altri saranno portati a deviare è caratterizzato da
difficoltà di apprendimento, scarsa motivazione, problemi di
tipo disciplinare, bullismo.
Il vuoto sociale ed istituzionale
Le situazioni nelle famiglie di origine sono gravemente carenti
sul piano educativo; non sono ben chiare le regole di
convivenza, confusione nei rapporti
Il tempo trascorso fuori casa si dilata progressivamente senza
controllo parentale
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79.

                                      FATTORI PREDITTIVI E CAUSE SCATENANTI

       Il disagio evolutivo di per sé non va classificato come
       “devianza” o “patologia”, ma semplicemente come una normale
       difficoltà di adattamento che qualunque essere umano incontra
       nel suo sviluppo.

       Il discorso si fa diverso nel caso in cui la situazione di disagio
       diventa permanente e problematico, ovvero fisso e persistente,
       per la concomitanza di una situazione oggettivamente difficile e
       soggettivamente compromessa da un uso inadeguato delle
       risorse interne, delle abilità di tipo sociale (life skills), per
       l’impossibilità di rifarsi ad esperienze positive.

       La devianza, considerata dal punto di vista psicopedagogico,
       non dipende solo da colui che mette in atto un comportamento
       errato (disfunzionale, normativamente illegittimo), ma è anche
       denuncia dell’inadeguatezza della società a rispondere ai
       bisogni di tutti i suoi membri.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79.

        Un esempio:
        la dispersione scolastica è il sintomo di una situazione
        complessiva di disagio e disadattamento che, laddove
        l’insuccesso scolastico si correla, a seconda dei contesti
        territoriali, ad altre cause di natura socio-economica-culturale,
        può condurre a fenomeni di rischio, marginalità e devianza.

        E’ un fenomeno complesso, sia per la sua fenomenologia
        (mancati ingressi, evasione dall’obbligo, abbandoni, ripetenze,
        bocciature, frequenze irregolari… NEET) che per la pluralità di
        cause, interne ed esterne alla scuola, che lo determinano e lo
        amplificano.

        Un attuale ambito di ricerca, è quello del bullismo,
        cyberbullismo e delle prepotenze nelle istituzioni scolastiche.
        Come dichiarato negli “Orientamenti per la comunicazione tra
        scuola, servizi sociali e sociosanitari per la protezione e tutela
        dei diritti dei bambini e dei ragazzi nel contesto scolastico” della
        Regione Veneto elaborati nel 2008, gli insegnanti sono
        un'antenna sensibile ai segnali di disagio espressi dall'alunno e
        per tale motivo vanno sostenuti mediante un lavoro cooperativo
        tra docenti, dirigente scolastico, le famiglie e i servizi
        territoriali.
RISCHIO SOCIALE E MARGINALITÀ

Il primo indica la scarsità sul territorio di opportunità per la
realizzazione di sè: disgregazione del territorio, difficile accessibilità
all’istruzione, difficoltà nel reperimento del lavoro, povertà, scarse
opportunità di aggregazione e di strutture di tempo libero
organizzato o “ricco”, disgregazione familiare, conflitti relazionali,
contatto con culture di carattere individualista, violento, consumista,
deviante, ecc.

Tali elementi potrebbero essere configurati come situazioni
semplicemente di disagio, di marginalità, più spesso fattori di rischio
che possono condurre anche a soluzioni devianti.

E dove non c’è un adulto presente, contenitivo, accogliente,
assertivo, autorevole, tale assenza educativa di base provoca,
spesso, la rinuncia a raggiungere la propria maturità attraverso
mezzi normali e legali.

Certe forme di disadattamento, quali esperienze sfavorevoli infantili,
possono dar luogo a disagio, sia personale che sociale, e certi
comportamenti di rischio possono costituire dei tentativi, attraverso
prove ed errori, di cercare una risposta al disagio, funzionale ai
bisogni interni e alla nuova situazione.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79.

                                                             GENITORIALITA’ A RISCHIO?

        Per genitorialità intendiamo qualcosa di non riducibile alle
        qualità personali del singolo genitore, ma che comprende anche
        un’adeguata capacità relazionale e sociale.

        Questa competenza implica saper interagire con il bambino in
        modo protettivo, rassicurante, rispettando però le sue esigenze.

        Si riconduce, pertanto, la possibilità che si sviluppino percorsi
        delinquenziali connessi alla qualità dell’attaccamento.

        Un attaccamento sicuro con il caregiver faciliterebbe
        l’acquisizione della moralità, la capacità metacognitiva di
        comprendere il punto di vista dell’altro e la funzione riflessiva.

        Diventa quindi essenziale lavorare sul potenziamento delle
        abilità metacognitive e su risposte adeguate nell’interazione con
        i minori durante i percorsi psicologici rivolti ai genitori anche
        quando i contatti sono sporadici.
QUALE APPROCCIO EDUCATIVO?
         ASSUNTI DI ORDINE METODOLOGICO

1. Negli ultimi anni le ricerche svolte in campo medico e
   psicologico hanno evidenziato che gli eventi di vita
   particolarmente difficili, come l’abuso o il trauma
   emozionale, vissuti in giovane età, possono provocare
   delle conseguenze a lungo termine sia sull’insorgenza di
   malattie mentali, sia sull’adozione di comportamenti a
   rischio da parte degli individui.

2. Poiché i traumi interpersonali di ordine relazionale,
   familiare o di comunità si inseriscono sempre in contesti
   molto più grandi rispetto a quelli che inquadrano la
   singola patologia, ecco che la prevenzione, secondo le
   direttive dell’OMS, deve richiamarsi al modello ecologico
   (OMS, 2010) al fine di prendere in considerazione tutti i
   fattori incidenti lo sviluppo, ossia famiglia, scuola,
   comunità e molti altri ancora, dove la persona si
   situaziona e cresce.
ESPERIENZE SFAVOREVOLI INFANTILI (ESI)

Possono essere classificate come tali le seguenti esperienze
vissute all’interno del contesto familiare prima dei 18 anni di
età:

Abuso fisico ricorrente
Abuso psicologico ricorrente
Abuso sessuale

Presenza all’interno del nucleo familiare di una persona
dipendente da alcol o da sostanze
Presenza all’interno della famiglia di una persona
incriminata per un reato

Un membro della famiglia gravemente depresso, con
disturbi mentali conclamati, istituzionalizzato o suicidario

Presenza di una madre trattata in modo violento
Presenza di un solo o di nessun genitore

Trascuratezza fisica
Trascuratezza emozionale.
CONDOTTE CHE POSSONO PORTARE ALL’ATTUAZIONE
                 DI COMPORTAMENTI A RISCHIO

ADULTITA’: assunzione anticipata di comportamenti considerati
normali negli adulti
ACQUISIZIONE E AFFERMAZIONE DI AUTONOMIA: necessità di
svincolarsi dalla condizione di dipendenza dai genitori per
costruirsi un’identità di adulto (es.: accettazione di nuove
regole, sostenere le proprie opinioni, prendere decisioni circa il
proprio futuro, intraprendere azioni devianti) [Silbereisen & Kastner,
1986]

IDENTIFICAZIONE       E    DIFFERENZIAZIONE:          necessità  di
differenziarsi dagli adulti significativi, identificandosi come un
individuo dotato di particolari caratteristiche
AFFERMAZIONE E SPERIMENTAZIONE DI SÉ: adozione di nuovi
comportamenti per mettersi alla prova
TRASGRESSIONE E SUPERAMENTO DEI LIMITI: trasgredire
alle regole del mondo adulto per aderire a regole più consone
alle proprie esigenze, per dimostrare la propria capacità di
decisione

ESPLORAZIONE DI SENSAZIONI: esigenza particolarmente
diffusa nella cultura occidentale e digitale, dove si esalta ogni
sperimentazione del nuovo e del consumo

PERCEZIONE DI CONTROLLO: necessità di superare il limite
per dimostrare a se stessi e agli altri, che la novità non
spaventa e che si è in grado di controllare le proprie azioni
senza il bisogno dell’adulto, senza lasciarsi travolgere

COPING E FUGA: messa in atto di strategie che consentono di
far fronte in modo più o meno adattivo alle difficoltà e a
problemi personali e relazionali.
L’INFLUENZA DEI PARI?
Studi condotti da Dishion, Andrews e Patterson hanno
individuato alcuni atteggiamenti che possono portare allo
sviluppo di comportamenti antisociali, che interferiscono sulla
positività dell’instaurarsi di relazioni positive.
In un gruppo dove è elevato il numero dei bambini che hanno
problemi comportamentali, aumentano le condotte aggressive,
mentre un ragazzo rifiutato dal gruppo si unirà con coloro che
hanno comportamenti simili al suo aumentando lo sviluppo di
condotte devianti e di comportamenti negativi.

L’INFLUENZA DELL’AMBIENTE?
Un ambiente privo di risorse e potenzialità aumenta lo sviluppo
di comportamenti antisociali.
Anche un ambiente povero di infrastrutture, con pochi spazi
dove  giocare,  e   poche risorse    sociali  incrementa  i
comportamenti devianti.
Un’alta concentrazione di situazioni problematiche, di povertà.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79.

                                                                   FATTORI DI PROTEZIONE

        1. Il singolo studente, il suo percorso evolutivo scandito dalla
           padronanza delle competenze chiave di cittadinanza e
           dall’esercizio consapevole di abilità sociali.
        2. E parimenti, il fattore più potente di prevenzione del disagio
           e della patologia è lo studente stesso con la propria capacità
           di riconoscere e gestire le situazioni, specie se a rischio, nel
           modo più efficace, non solo nel proprio interesse di salute,
           ma anche in quello dei pari, dei gruppi allargati e della
           comunità più ampia, rispetto al contesto di vita in cui egli
           vive, cresce, si relaziona.

        “La scuola può quindi essere un contesto positivo di crescita e
           di promozione del benessere, sia a livello psico-sociale sia
           relativamente ai comportamenti legati alla salute.
        La percezione di un contesto scolastico positivo favorisce infatti
           una minor frequentazione di pari devianti ed è in grado di
           moderare gli effetti negativi di condizioni socio-familiari
           sfavorevoli”.
                                                                                                                     Cf. Indagine HBSC, 2013, p. 42
FATTORI PERSONALI DI PROTEZIONE

Abilità cognitive: sono il risultato di un’interazione che
comprende lo sviluppo di una serie di convinzioni su se stessi,
sulle proprie relazioni e le interazioni con l’ambiente; la capacità
di un individuo di lottare per superare o padroneggiare le
difficoltà è influenzata dalla considerazione di sé come essere
socialmente efficace.
Il successo scolastico: l’esperienza positiva della carriera
scolastica allontana il bambino o il ragazzo dal mettere in atto
condotte devianti, in quanto tale successo accresce la propria
autostima.
L’autoefficacia: Bandura indica nell’autoefficacia la capacità di
ogni individuo ad affrontare i cambiamenti o gli avvenimenti
stressanti.
Un buon livello di autoefficacia funge da fattore protettivo, in
quanto permette all’individuo di affrontare le difficoltà.
FATTORI FAMILIARI DI PROTEZIONE

La capacità dei genitori di supervisione ed avere informazione
su dove e con chi vanno i figli, riduce di molto il rischio di
sviluppare condotte devianti.
Le modalità educative si devono adattare ai ritmi di crescita dei
figli e le stesse devono permettere all’individuo di diventare un
soggetto partecipe ed indipendente nei diversi contesti sociali.

            FATTORI AMBIENTALI DI PROTEZIONE

Di fondamentale importanza è il contesto scolastico del ragazzo
problematico, in quanto in questo ambito possono essere attuati
programmi di prevenzione a comportamenti devianti.
IN PARTICOLARE: LA RESILIENZA

Alcuni studi hanno rivelato le differenze individuali nel
rispondere a situazioni particolarmente sfavorevoli o stressanti.
La resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli
eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita
dinanzi alle difficoltà.

Troviamo capacità resilienti di diverso tipo:
Istintivo: caratteristico dei primi anni di vita quando i
meccanismi mentali sono dominati da egocentrismo e
onnipotenza
Affettivo: che rispecchia la maturazione affettiva, il senso dei
valori, il senso di sé e la socializzazione
Cognitivo: quando il soggetto        può utilizzare le   capacità
intellettive, simbolico razionali.
RUOLO E RESPONSABILITA’ DELLA SCUOLA:
 compiti, obblighi, segnalazione, denuncia
I MINORI A RISCHIO: RICONOSCIMENTO E DISTINGUO
                    EDUCATIVO – GIURIDICI
Minori in situazioni di «disagio» riconducibili alla violazione
di doveri o all’abuso dei poteri da parte dei genitori o a loro
comportamenti omissivi (incapacità di prendere essi stessi le
misure necessarie per affrontare il problema del figlio):

 Maltrattamenti o abusi intrafamiliari
 Gravi trascuratezze genitoriali
 Grave conflittualità genitoriale tale da provocare disagi
evolutivi ai figli

Minori in situazioni di difficoltà anche non necessariamente
  riconducibile alla violazione di doveri o all’abuso dei poteri
  da parte dei genitori o a loro comportamenti omissivi.
 «Disturbi»     di    vario    genere     (nell'apprendimento,
  nell'adattamento a scuola, nei rapporti con i coetanei…)
 Situazioni di grave pericolo per il minore, il cui
  comportamento lo porta a situazioni pregiudizievoli per la
  sua    salute     psicofisica    (prostituzione,    alcolismo,
  tossicodipendenza, fughe da casa, ecc.);
 Minori che commettono reati (furti, rapine, violenze
  sessuali di gruppo...) o comunque autori di comportamenti
  predevianti (teppismo, forme di bullismo o cyberbullismo).
Bullismo: un atteggiamento di prepotenza tra pari in un contesto di
gruppo. Una manifestazione di prevaricazione da parte di un soggetto
(bambino, ragazzo preadolescente, adolescente) nei confronti di un
altro, più debole (per condizione fisica, sociale, psicologica…) che, il
più delle volte, si attua nell'ambito di rapporti tra soggetti
appartenenti al medesimo contesto relazionale (come nel caso di
compagni di scuola, all'interno di amicizie di quartiere o fra membri
della stessa squadra sportiva)

Cyberbullismo: "qualsiasi forma di pressione, aggressione, molestia,
ricatto,  ingiuria,   denigrazione,    diffamazione,    furto d'identità,
alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di
dati personali di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la
diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più
componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e
predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori
ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in
ridicolo» (art. 1, comma 2°, Legge 29 maggio 2017, n. 71)

Fra soggetti minorenni, comportamenti integranti fattispecie di reato
(reati di diffamazione on line, stalking, molestie, sostituzione di
persona, alterazione di sistemi informatici fino alla istigazione al
suicidio o alla morte come conseguenza di altro delitto), forme di
prevaricazione e di prepotenza gravi ma non tali da integrare illeciti
penali (es. scherzi pesanti, prese in giro …)
QUALI SONO GLI OSSERVATORI PRIVILEGIATI                      DELLE
SITUAZIONI DI DISAGIO DEI MINORI?

        Pediatra o medici del Reparto Pediatrico

                                               I genitori o l’altro
                                               genitore di fronte
                                               a possibili
  L’Insegnante                                 condotte lesive
                                               perpetuate
                                               dall’altro
 E l’Autorità Giudiziaria?
 Riceve una fotografia del
 disagio in via indiretta            Forze dell’ordine : poliziotti,
 attraverso tali                     vigli, carabinieri
 osservatori, salva
 l’ipotesi in cui nel corso          O Assistenti Sociali
 di un procedimento
 penale o di separazione             a cui spesso si rivolgono
 tra genitori, riveli essa           anche i privati cittadini per
 stessa la problematicità            segnalare situazioni critiche
 comparsa in primo piano             di cui sono venuti a
 o nello sfondo di quel              conoscenza
 procedimento giudiziario
QUALI SONO LE INIZIATIVE CHE POSSONO/DEVONO
ESSERE INTRAPRESE DAGLI INSEGNANTI DI FRONTE A CASI
DI DISAGIO DI CUI SONO VENUTI A CONOSCENZA?

Per rispondere al quesito è necessario:

1) Qualificare il ruolo che tali soggetti hanno in punto di protezione
   dell’infanzia e della gioventù
2) Distinguere le situazioni di criticità di cui gli insegnanti sono
   venuti a conoscenza.

                         In particolare tra:

Situazioni che presentano risvolti penali in quanto configuranti
ipotesi di reato procedibile d’ufficio

Situazioni conosciute che non richiamano una fattispecie di reato
procedibile d’ufficio
LA SCUOLA TITOLARE DI UN OBBLIGO DI COLLABORAZIONE
NEI CONFRONTI DELLO STATO NELLA PROTEZIONE DEI
SOGGETTI VULNERABILI EX ART. 31, comma 2°, Cost.

 è un servizio essenziale nella prevenzione e nella rilevazione del
maltrattamento e dell’abuso all’infanzia.

 è l’ambiente esterno alla famiglia che consente meglio di
osservare la condizione globale del bambino essendo l’unica
istituzione da cui passano tutti bambini e nella quale vi rimangono
per molte ore al giorno e per diversi anni.

 gli insegnanti possono conoscere i minori nella loro quotidianità
ovvero nei loro comportamenti più differenziati e autentici (le
diversità individuali, le difficoltà e le sofferenze, i problemi che
magari fino ad allora erano rimasti circoscritti all’interno del nucleo
familiare).

 l’insegnante ha il compito di farsi tramite e interprete dei segnali
di disagio dei bambini e dei ragazzi che possono funzionare come
campanelli d’allarme fatti suonare per tempo prima che la
sofferenza diventi così grave da rendere ancora più complicata la
tutela del minore.

                        (Malizia Nicola, Abusi, violenze, maltrattamenti a scuola.
                 quando i bambini subiscono in silenzio, Giapichelli editore, 2016)
INSEGNANTE

nello svolgimento delle sue funzioni, riveste la qualifica di

PUBBLICO UFFICIALE AI SENSI DELL’ART. 357 C.P.

Quanto all’estensione di tale funzioni, si è precisato che il loro
esercizio non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si amplia alle
connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi
gli incontri con i genitori degli allievi, al fine di renderli edotti
sull’andamento dell’iter scolastico e di fornire loro gli opportuni
suggerimenti, allo scopo di una fattiva collaborazione tra scuola e
famiglia.

Tale obbligo pertanto non è limitato alle notizie di reato apprese
durante lo svolgimento delle lezioni, ma si esplica anche nel corso di
tutte le attività prodromiche e successive, nonché in ambienti diversi
dal plesso scolastico, laddove vi sia connessione tra la notizia appresa
e il ruolo rivestito (come nell’ipotesi in cui, al di fuori dell’orario di
lavoro, l’insegnante viene avvicinato da una persona che gli riferisce
che una sua studentessa è maltrattata dal contesto familiare di
appartenenza).
L’insegnante in quanto Pubblico Ufficiale ha, ai sensi dell’art. 331
c.p.p.

UN OBBLIGO DI DENUNCIARE PER ISCRITTO TUTTI I REATI
PROCEDIBILI D’UFFICIO, CONOSCIUTI NELL’ESERCIZIO O A CAUSA
DELLE SUE FUNZIONI, ANCHE QUANDO NON SIA INDIVIDUATA LA
PERSONA ALLA QUALE IL REATO È ATTRIBUITO

L’omissione di tale obbligo è sanzionata penalmente ai sensi dell’art.
361 c.p.

Articolo 361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale
Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità
giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne,
un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue
funzioni, è punito con la multa da euro 30 a euro 516. (…)

Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto
punibile a querela della persona offesa.
INSEGNANTE TRA COMPITI ED OBBLIGHI!!!

L’intervento da parte della scuola per garantire la protezione del
minore non può restare affidato alla sensibilità e alla buona volontà di
alcuni insegnanti.

Non è neppure auspicabile che un singolo insegnante si faccia carico
della situazione problematica del minore, senza quel confronto e quel
sostegno che risultano necessari per una risposta di aiuto autentica.

Agendo singolarmente rischia di andare incontro ad oscillazioni tra
slanci di onnipotenza e reazioni di delusioni, di impotenza e
di indifferenza nei confronti dello stesso minore.

        L’insegnante può svolgere un ruolo particolarmente
        importante nell’intervento di prevenzione primaria,
        secondaria e terziaria del minore in difficoltà, non
        basandosi quindi su una logica di autosufficienza ma su
        un atteggiamento di collaborazione/collegamento con
        la rete di operatori delle varie agenzie sociali ed
        educative, capaci di svolgere in modo differenziato
        compiti di aiuto e protezione del minore a rischio.
INTERVENTI PREVENTIVI : SI PUO’!!!

Prevenzione primaria: si rivolge alla popolazione scolastica e
compito dell’insegnante è creare un clima relazionale ed
educativo all’interno del gruppo classe, che sia in grado di
accogliere e di stimolare la messa in parola del disagio e
l’elaborazione di alcuni problemi che interferiscono sullo
sviluppo armonico dei minori.

Prevenzione secondaria: mira ad impedire che il disagio si
trasforma in grave sofferenza e maltrattamento. L’insegnante
potrà quindi individuare segnali sul piano fisico, psichico e
comportamentali che potranno essere, qualora fosse possibile,
adeguatamente comunicati alla famiglia.

Prevenzione terziaria: mira ad impedire la reiterazione di una
violenza già avvenuta. L’insegnante può raccogliere importanti
informazioni che potranno portare ad una rivelazione precoce e
ad una segnalazione, oppure potranno essere utilizzate
all’interno dell’intervento istituzionale della «rete» degli
operatori responsabili del caso.
Obbligo di denuncia per i reati procedibili d’ufficio

Nell’ambito dei reati procedibili d’ufficio, per il tema che ci occupa
interessano particolarmente:

 Abuso dei mezzi di correzione e disciplina (571 c.p.); Maltrattamenti
(570 c.p.); Prostituzione minorile (art. 600 bis c.p.); Pornografia
minorile (art. 600 ter c.p.); Violenza sessuale (609 bis c.p.) anche di
gruppo (art. 609 quater c.p.), Atti sessuali con minorenne (609 quater
c.p.);

 Nell’ambito della criminalità minorile, anche tornando al tema del
bullismo e del syberbullismo: Stalking (612 bis c.p. in quanto per
questo reato si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti
di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con
altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio); molestie ex art.
660 c.p., pornografia minorile (con particolare riferimento all’art. 600
ter, comma 4°, c.p.) fino ad arrivare a casi più gravi di istigazione al
suicidio e di morte come conseguenza di altro delitto.
COME?

La denuncia, ex artt. 331 e 332 c.p.p., deve essere fatta:

- per iscritto, con l’esposizione degli elementi essenziali del
fatto, l’indicazione del giorno dell’acquisizione della notizia e le
fonti di prova note;

- contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio
e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale
il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in
grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei
fatti;

-anche quando non sia individuabile la persona alla quale il reato
è attribuito;

- presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero od
ad un ufficiale di polizia giudiziaria;
IL CONTENUTO: NOTA BENE!

In materia di abuso all’infanzia sia i dati comunicativi (le
dichiarazioni del minore non appaiono quasi mai complete ed è
comunque raro che venga fornita in un solo momento l’intera
rappresentazione dei fatti) che il linguaggio non verbale (gesti,
posizioni, sguardi) non sono pressoché mai integralmente
probanti, oltre il ragionevole dubbio, la notitia criminis.

Non è tuttavia in alcun modo richiesto che l’insegnante, all’atto
della denuncia, fornisca la prova certa della verificazione dei fatti
rilevati.

L’insegnante ha solo l’obbligo di riferire il fatto appreso qualora
sia riconducibile ad una fattispecie illecita procedibile d’ufficio,
nella sua oggettività (data e luogo del commesso reato, condotta
e mezzi usati, quale base conoscitiva oggettiva da offrire
all’Autorità scevra da giudizi di valore del docente),

all’esito della propria diretta osservazione o riferito da altre
persone.
A CHI SI PRESENTA?

Se l’autore del reato è persona maggiore d’età:

- ad un ufficiale della Polizia di Stato o ai Carabinieri (quali referenti
più comuni per il tema che ci occupa);

- alla Procura presso il Tribunale Ordinario

Se l’autore del reato è persona minore d’età:

-ad un ufficiale della Polizia di Stato o ai Carabinieri (quali referenti più
comuni per il tema che ci occupa);

- alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni

Ad essi l’insegnante potrà rivolgersi personalmente con la denuncia
scritta già predisposta ai fini del deposito o per redigere e firmare l’atto
con l’ausilio della polizia giudiziaria presso i relativi uffici dislocati sul
territorio.

In caso di dubbio da parte dell’insegnante in merito all’età del soggetto
al quale il fatto è attribuito, si consiglia di far pervenire la denuncia ad
un ufficiale di polizia giudiziaria. Il dirigente dell’ufficio avrà infatti poi
l’obbligo di trasmetterla al Pubblico Ministero competente ai sensi
dell’art. 347 c.p.p.
SINTESI
In ragione dei ruoli rivestiti, gli insegnanti di fronte alle situazioni di
disagio hanno:

                         UN OBBLIGO DI DENUNCIA

1) quando si ha notizia di un minore in situazione di abbandono ai sensi
   dell’art. 9 della legge 4 maggio 1983 n. 184;

2) quando viene a conoscenza del rischio di coinvolgimento dei minori in
   attività criminose (art. 1, co. 2, l. 216/1991);

3) quando si abbia notizia di minori che esercitano la prostituzione (art.
   25 bis, co. 1, R.D.L. 1404/34);

4) quando si venga a conoscenza di minori stranieri, privi di assistenza in
   Italia, che siano vittime dei reati di prostituzione e pornografia
   minorile o di tratta e commercio (art. 25 bis, co. 2, R.D.L. 1404/34);

5) quando si abbia notizia dell’ingresso o della presenza sul territorio
   dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato (art. 5,
   D.P.C.M. 535/1999).
UN OBBLIGO DI PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA
         CON ATTIVAZIONE DI UN PROGETTO DI ASSISTENZA
            CON EVENTUALE SUCCESSIVA SEGNALAZIONE
                   ALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA

L’insegnante cercherà un dialogo con la famiglia o si rivolgerà
all’assistente sociale o direttamente all’Autorità Giudiziaria. In generale
può dirsi che, il primo tavolo delle decisioni sarà quello dell’Assistenza
dell’Ente Locale che cercherà di risolvere il problema attraverso un
PROGETTO DI INTERVENTO che dovrebbe riguardare non solo il minore
in difficoltà, ma l’intera famiglia ed anche eventualmente il contesto
sociale complessivo in cui vive.
Si riduce al massimo l’intervento dello Stato, affidando la c.d. «presa in
carico» agli enti locali attuandosi così la regola per cui ai bambini e ai
ragazzi di ogni collettività deve pensare la collettività stessa.

In questa logica si accentua anche la ricerca del consenso, dei genitori
e dei minorenni, alla attuazione di un programma di assistenza, di
preferenza negoziato e accettato su base volontaria, si da ridurre
l’intervento  dell’Autorità   Giudiziaria   (che   concettualmente    è
imposizione di un programma).
NOTA BENE! CAUTELE A TUTELA DEL MINORE

L’insegnante non deve svolgere alcuna autonoma attività di indagine
prima di formulare la denuncia in quanto:

-non lo prevede la fattispecie incriminatrice contemplante l’obbligo di
denuncia che richiede in capo all’insegnante solo l’obbligo di riferire il
fatto appreso, nella sua oggettività, all’esito della propria diretta
osservazione o riferito da altre persone;
-i giudizi di valore complementari al “fatto tipico” (cioè antigiuridicità
e dolo) competono in via esclusiva all’autorità giudiziaria;
-l’iniziativa investigativa dell’insegnante, eventualmente svolta
attraverso la formulazione di una serie di domande al minore, o ai
familiari, ad ottenere la prova del maltrattamento o abuso patito,
aumenta il rischio di inquinamento probatorio con gravi ricadute in
sede giudiziale in punto di corretta comprensione di quanto accaduto e
di consequenziale andamento e conclusione del processo.

NO ALLE c.d. suggestioni eteroindotte, quali quelle, sia pure
involontariamente, provocate dai quesiti inducenti posti dal docente
che portano il bambino a conformarsi alle aspettative del suo
interlocutore.
LA SEGNALAZIONE DIFFERISCE DALLA DENUNCIA

IN QUANTO LA PRIMA NON PRESUPPONE NECESSARIAMENTE UN
FATTO DI REATO.

Si pone, quindi, come un valido strumento a disposizione
dell’insegnante per rispondere alle situazioni che si collocano in
quella “zona grigia” di incertezza del proprio operato, laddove
l’operatore scolastico non ravvisi la sussistenza di fattispecie
incriminatrici procedibili d’ufficio ma ha il fondato timore che il
minore sia esposto a fattori di rischio per la propria incolumità
fisio/psichica.

            LA SCHEDA DI SEGNALAZIONE: UN MODELLO
CONTENUTO DELLA SEGNALAZIONE

dovrebbe contenere ogni elemento che l’insegnante ritenga utile per la
“messa in sicurezza” del soggetto minore:
nome e cognome del minore, generalità e indirizzi dei genitori e degli
eventuali ulteriori soggetti coinvolti;
tutti gli elementi informativi in possesso in merito alla situazione di
difficoltà vissuta dal minore e/o sulla condotta violativa dei doveri
genitoriali lesiva degli interessi e delle necessità della prole.

Tale comunicazione non richiede necessariamente il previo consenso
del minore o dei genitori, pena il possibile depotenziamento
dell’efficacia dell’intervento avviato, e va inoltrata alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni.

In seguito alla segnalazione, il Pubblico Ministero – potrà decidere di
svolgere ulteriori accertamenti avvalendosi dell’operato anche dei
Servizi Sociali e socio sanitari che, in base alle specificazioni contenute
nel mandato ricevuto dalla Procura minorile, potranno rapportarsi
anche alla scuola per ricevere ulteriori informazioni sulle condizioni in
cui versa il minore.

All’esito sarà la Procura Minorile che deciderà o meno di ricorrere al
Tribunale per i Minorenni per ottenere una misura di protezione sub
specie di pronuncia di decadenza/sospensione della responsabilità
genitoriale ex art. 330/333 c.c.
RESISTENZE A SEGNALARE

Ragioni psicologiche delle possibili resistenze:

1) Insicurezza circa le proprie percezioni
2) Timore di mettere in pericolo il bambino con la segnalazione
3) Preoccupazione di mancanza di lealtà nei confronti del bambino
   che ha rilevato un segreto
4) Paura del conflitto e della solitudine
5) Atteggiamenti che evidenziano una tendenza al distacco emotivo:
   quali la percezione del disagio e il ricorso a svariati meccanismi di
   difesa quali la rimozione, la razionalizzazione e la negazione

                                  PRENDERSI CURA DI SE’

                    POSSEDERE LE CONOSCENZE PER AGIRE

                       CONFRONTARSI CON GLI OPERATORI

           PICCOLO VADEMECUM1 PER I PRIMI OPERATORI DELL'ASCOLTO:
               COSA FARE NEI CASI DI SOSPETTO ABUSO SUI MINORI?

               Possamai M. , Parole proibite e parole di cura. Ascolto, tutela e prevenzione del disagio da abuso e
    maltrattamento sui minori, Tesi di laurea specialistica in Psicologia Educativa e Clinica, a.a. 2009-10, Venezia –
                                                                           Mestre, UPS – SISF, febbraio 2010, p. 112.
La Collaborazione scuola – famiglia per prevenire o impedire la
reiterazione di atti di bullismo e cyberbullismo

1) Bullismo: MIUR, Linee di orientamento per azioni di prevenzione e
   di contrasto al bullismo e al cyberbullismo , 2015

2) Cyberbullismo: Legge 29 maggio 2017, n. 71

La citata normativa, oltre a prevedere l’oscuramento, la rimozione o
  il blocco di qualsiasi dato personale del minore diffuso nella rete
  internet (art. 2) nonché l’ammonimento da parte del Questore nei
  confronti dei soggetti ultraquattordicenni resisi autori di simili
  condotte a danno di altri minorenni (art. 7), attribuisce alla scuola
  un importante ruolo di contrasto preventivo al cyberbullismo.
Ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, è
  chiamato ad individuare fra i docenti un referente con il compito di
  coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del
  fenomeno, anche avvalendosi della collaborazione delle Forze di
  Polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione
  giovanile presenti sul territorio (art. 4).
Di particolare rilievo, è quanto disposto dall’art. 5 della nuova
  normativa. Si prevede infatti l’obbligo del dirigente scolastico che
  venga a conoscenza di atti di cyberbullismo (salvo che il fatto
  costituisca reato) di informare tempestivamente i soggetti
  esercenti la responsabilità genitoriale ovvero i tutori dei minori
  coinvolti attivando adeguate azioni di carattere educativo.
PREVENIRE LA DEVIANZA: SAPER MUOVERE I PRIMI PASSI…

La scuola, attraverso la comunicazione alla famiglia, diviene così
parte attiva nel processo di contrasto di condotte lesive che pur non
costituendo illeciti penali, possono già considerarsi indicative di un
pericolo di futura devianza.

In tale sede si ritiene utile che l’autorità scolastica possa esplicitare
ai   genitori   anche     i   contenuti    delle   misure    predisposte
dall’ordinamento (sub specie di misure amministrative ex R.D.L.
1404/1934), ai fini di portare la famiglia a non sottovalutare i
comportamenti dei figli rappresentando le conseguenze che il
perdurare di tali condotte possono comportare sulla vita del ragazzo.
PER I PASSI SUCCESSIVI…

È la segnalazione alla Magistratura che spezza la catena dell’abuso
sul bambino.

La scuola si colloca nelle prime e più importanti fase di intervento
per il lavoro che si svolgerà in seguito:

- Quando il Giudice valuterà il provvedimento da attuare

- Quando l’assistente sociale contatterà la scuola per approfondire la
condizione di quel minore su mandato dell’Autorità Giudiziaria nel
corso di un procedimento civile ex art. 337 ter c.c e/o 330, 333 c.c./
art. 25 R.D.L. 1404/1934

- Quando si comincerà la valutazione familiare per comprendere se i
genitori potranno recuperare la relazione con i figli o mantenerla con
un monitoraggio da parte degli Assistenti Sociali attraverso un
temporaneo affidamento a quest’ultimi (anche nell’ipotesi di grave
conflittualità tra genitori separati)

La segnalazione/denuncia rappresenta dunque         un momento di
CONCRETA PRESA IN CARICO DELLA SOFFERENZA DELL’ ALLIEVO A
RISCHIO e risponde al principio in base a cui, ciascuno, deve fare il
proprio dovere in nome di un reale (e non figurativo) superiore
interesse del minore.
ALCUNI FOCUS E MATERIALI:
  riferimenti bibliografici,
        approfondimenti
INDICAZIONI OPERATIVE

nei contesti educativi scolastici:
compiti educativi, complementari e
strumentali

1. Conoscere i segnali di uno sviluppo evolutivo
   sano

2. Individuare i segnali di uno sviluppo evolutivo
   a rischio

3. Riferire i segnali di uno sviluppo evolutivo
   patologico
Come    riconoscere   la   normalità   dalla   patologia?

Segnali fisici, segnali comportamentali, segnali emotivi.

Persistenza: segnali di disagio che non scompaiono nei
momenti di graduali passaggi delle normali fasi
evolutive dello sviluppo umano

Fissità: segnali di disagio che si strutturano in modo
rigido, senza possibilità di risoluzione e di remissione
spontanei

Resistenza nel tempo: segnali di disagio che
permangono in modo irreversibile, tali da richiedere
attenzione specifica ed eventuali interventi.
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