MINORI A RISCHIO OGGI: RICONOSCIMENTO E IPOTESI DI PREVENZIONE NEI CONTESTI EDUCATIVO SCOLASTICI - Liceo Marconi Conegliano
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MINORI A RISCHIO OGGI: RICONOSCIMENTO E IPOTESI DI PREVENZIONE NEI CONTESTI EDUCATIVO SCOLASTICI a cura di Michela Possamai Dirigente Scolastico MIUR - USR per il Veneto Docente IUSVe Psicologia Educativa e Clinica michela.possamai@istruzioneveneto.it m.possamai@iusve.it
1. APPROCCIO E CONTESTO 2. FENOMENI E DEFINIZIONI 3. RUOLO E RESPONSABILITA’ DELLA SCUOLA 4. ALCUNI FOCUS E MATERIALI
APPROCCIO E CONTESTO: punto di vista, vecchie e nuove emergenze
Prevenzione e promozione del benessere e della salute Percorso di formazione personale connotato da due cifre: “educativo e clinico” Percorso professionale in ambito educativo, scolastico ed amministrativo Campanon, Wensell
UNA QUESTIONE DI DIRITTI Art. 3 e 31 Costituzione Italiana Circa 10 mln di persone minori di età Circa 2 mln sono in situazione di povertà Di questi, 800 mila non hanno accesso ai diritti fondamentali (salute, casa, istruzione…) Circa 500 mila adolescenti non hanno mai letto un libro, non hanno accesso a Internet… Nel Veneto, circa 90 mila minori (e famiglie) con CNI sui banchi di scuola: figli di stranieri di ormai 3 Generazione, 2,5 Generazione e 2 G e 1,75 e 1,50… di cui nati in Italia (NAI) quasi la metà con 150 cittadinanze diverse; minori stranieri non accompagnati. Adozioni internazionali in aumento Molti “dis – persi“, nè studio nè lavoro (NEET, tra i 15 ed i 29 anni) anche tra i minori di età Assenza di garanzia della pienezza dei diritti previsti Presenza di dis–eguaglianze e dis-parità
MINORI E NON DIRITTI Per rimuovere le diseguaglianze sociali Più fattori incidono sulle disuguaglianze sociali: famiglia di origine, famiglia di deriva e famiglie di derivazione, educazione, livelli di scolarizzazione, titolo di studio e professione dei genitori, reddito e patrimonio, estrazione sociale, territorio, ambiente di vita… Relazione tra fattori di diseguaglianze sociali e: successo formativo, mobilità sociale, qualità di vita Arretramento culturale e materiale rispetto agli anni Novanta Rivoluzione tecnologica e gap tra generazioni Diseguaglianza crea disequità Disequita‘ genera esclusione sociale = RISCHIO
Emergenza: GENERAZIONI (S)CONNESSE? Oltre il 90% degli adolescenti in Italia utente di Internet Il 98% di questi dichiara di avere almeno un profilo social network (Facebook, Twitter…) Nel Web Nordest il 43% dei giovani tra i 15 ed i 24 anni è Internauta (era il 4% nel 2000) Il 48% considera l‘accesso ad Internet un diritto, il 42% possiede uno smartphone o simili Il 41% non può più vivere senza uno smartphone, 1 su 3 cambia luogo se non è connesso, il 27% non sospende le chiacchere online in favore di quelle offline (Fonte Demos, Osservatorio Nord est)
Servizio di social networks (Wikipedia): Secondo la definizione data dagli studiosi Boyd-Ellison (…) quei servizi web che permettono: la creazione di un profilo pubblico o semi-pubblico all‘interno di un sistema vincolato; l‘articolazione di una lista di contatti; La possibilità di scorrere la lista di amici dai propri contatti. I ragazzi definiscono in vari modi il mondo dei social networks: una sorta di seconda vita un modo di presentarsi al mondo (foto e video) l‘espressione di ciò che pensano (post)
FACEBOOK (Osservatorio Facebook) Boom in Italia nel 2008, incremento del 135% al trimestre Oltre 1 miliardo e 200 mln di profili iscritti che parlano tutte le lingue del pianeta nel 2014 Due film in due anni: Feisbum (maggio 2009) e The social Network (novembre 2010) A luglio 2013 ha raggiunto i 1,15 miliardi di utenti di cui 699 mln si connettono ogni giorno Ogni mese vengono creati 3,5 mln di eventi, caricate più di 3 miliardi di foto Ogni settimana vengono condividi più di 5 miliardi di contenuti (link, notizie, nore, post del blog…) Il 50% degli utenti effettua il login almeno tre volte al giorno
WHATTASP (Wikipedia) Ha cambiato RADICALMENTE il modo di comunicare attraverso il telefonino Non più di 160 i caratteri degli sms Invio illimitato di foto, filmati Numero illimitato di conversazioni Nessuna necessità di conoscere il gestore opposto Facebook lo acquista per un valore di 18 miliardi di dollari Con esso, acquisisce i 450 mln di utenti presenti in questa App per smartphone
Ask.fm E‘una community particolare non assimilabile ai vari social, anti Facebook Anonimato degli utenti 60 mln di utenti, più di 13 mln quotidianamente, in Italia la maggior partecipazione Nato in Lettonia con lo scopo di mettere in contatto adolescenti giovani e un pò timidi tramite il meccanismo della domanda. Motto e regola di utilizzo: Divertirsi! Solo per rispondere è necessario registrarsi Ingresso vietato ai minori di anni 13 12 febbraio 2015: approvazione ddl sul cyberbullismo e proposta chiusura Ask.fm
Emergenza: VITE INTER - ROTTE Ragazza di 14 anni spinta a uccidersi dagli insulti su Ask.fm Nadia, 12 febbraio 2014, si è gettata dal tetto dell’ex hotel Palace di Cittadella PD. Era stata presa di mira sul social network più volte accusato di favorire il cyberbullismo: «Sucidati», «Sei strana, meriti di stare sola». La Procura indaga. Amanda Todd, 16 anni, 10 ottobre 2012, dopo anni di sofferenze e di tormenti per mano dei bulli, si è impiccata nella sua casa di Port Coquitlam, nella British Columbia in Canada.
Per Ilja Terebin, il fondatore di Ask.fm: "La verità - ha spiegato in un'intervista - è che i genitori non sanno come i figli socializzano. Essi pensano che quando vanno a scuola, per esempio, tutto quello che fanno è risolvere i problemi di matematica. Se sapessero ciò di cui i ragazzi in realtà parlano, sarebbero molto più spaventati. Su Ask.fm possono vederlo. Ma certe cose accadono ovunque, sia online che offline".
STEVE JOBS: “I MIEI FIGLI NON CONOSCONO IPHONE E IPAD” Il “padre” di Apple contro le tecno-dipendenze Parlando dei gadget che lui stesso aveva contribuito a progettare, Steve Jobs rivelò a un giornalista del New York Times: “I miei figli non li conoscono (riferendosi ai dispositivi Apple e più in generale a tutti gli altri dispositivi tecnologici, ndr). Noi abbiamo la necessità di limitare l’uso della tecnologia all’interno delle nostre case da parte dei nostri figli”.
Nuove patologie civili: CONNESSIONE O OSSESSIONE? NOMOFOBIA (neologismo, no mobile, 2008) ovvero la paura di rimanere sconnessi dalla Rete: Due persone su 3 provano paura, ansia, stress all‘idea di perdere, rimanere senza cellulare/batteria/connessione/credito Uno su due possiede almeno 2 cellulari in modo da poter essere sempre connessi (i maschi più delle femmine) I minori, i giovani e gli adulti non spengono mai il cellulare Privacy: uno su due teme che il proprio partner controlli il proprio telefonino; il 40% ultiizza il classico PIN di accesso, il 10% una seconda password Continuous partial attention ovvero attenzioni parziali continuative (Fonte: www.bertraining.it)
Nuove forme di relazione: i «contatti» e il digitale «La nostra vita (e ancor più quella delle giovani generazioni) è scissa tra due universi, online e offline, e irrimediabilmente bipolare. Poiché ognuno di questi due universi ha un proprio contenuto concreto e proprie regole procedurali, quando passiamo da una parte all’altra tendiamo a utilizzare lo stesso materiale linguistico, senza renderci conto del cambiamento di campo semantico che avviene ogni volta che varchiamo il confine. Perciò non c’è modo di evitare una compenetrazione tra quegli universi: l’esperienza di uno di essi non può che ri-formare l’assiologia su cui si basa la valutazione dell’altro. Non si può descrivere correttamente la parte di vita che trascorriamo in uno dei due universi, non se ne può afferrare il significato né se ne può comprendere la logica e la dinamica, senza guardare alla vita avuta dal secondo universo nella sua costituzione. Si può dire che virtualmente qualsiasi nozione collegata agli attuali processi di vita rechi inevitabilmente il segno di questa bipolarità.» (Bauman Z., Lyon D., 2014)
FENOMENI E DEFINIZIONI: focus, fattori di rischio e di protezione
ALCUNI INDICATORI EDUCATIVI di RISCHIO Alunni con comportamenti aggressivi e/o poco adeguati alla socialità, come bambini che si picchiano tra loro o ragazzi che non rispettano le regole del vivere comune Difficile gestione delle ore di lezione a causa dell‘estrema incontenibilità di alcuni alunni (che non stanno seduti, non ascoltano, entrano ed escono…) Presenza di relazioni conflittuali nel gruppo classe come isolamenti, chiusure, esclusioni Alunni emarginati, spesso portatori di malessere psico fisico, aumento fobie scolastiche, disturbi d‘ansia e oppositivo- provocatorio Alunni e/o gruppetti prepotenti o soverchianti, alunni prevaricatori che intimidiscono, sbeffeggiano, vessano Alunni e/o gruppetti che rubano merende, soldi, oggetti… oppure se li fanno consegnare attraverso intimidazioni Conflitti con docenti che vengono derisi o vessati anche violentemente, sfidati, danneggiando luoghi e oggetti
ALCUNI INDICATORI EDUCATIVI di RISCHIO nel web Internet Addiction Disorder (DSMV?) come una nuova forma di dipendenza? Internet –patia e retomania da Web: chi chatta non arrossisce più (Tonioni, 2014) Generazione app: possono ipotecare il senso di identità, incoraggiare relazioni superficiali, ostacolare l‘immaginazione (Davies K., Gardner H., 2014) La devozione alla Rete è e sarà materia di interesse delle nuove generazioni Smartphone e simili diventano e diventeranno sempre più parte della persona, un‘estensione dell‘io che contiene la memoria degli individui La tecnologia rappresenta e rappresenterà la quotidianità come parte integrante dell‘esistenza (Legrenzi, 2014)
NUOVI INTERVENTI CLINICI E SUPPORTI: CENTRO PEDIATRICO INTERDIPARTIMENTALE PER LA PSICOPATOLOGIA DA WEB Nato grazie alla collaborazione del Policlinico Gemelli di Roma e l’Università Cattolica (Federico Tonioni, responsabile dell´Area delle Dipendenze da Sostanze e delle Dipendenze Comportamentali) Per la presa incarico di un numero crescente di patologie legate alla grande diffusione di internet e delle applicazioni digitali Depressione e problemi di apprendimento, principali disturbi da web dipendenza A rischio: lo sviluppo cognitivo, la salute psichica, ma anche disturbi del comportamento Distorsioni nei processi di costruzione dell’identità e dell’immagine personale Disturbi e disfunzioni più strettamente legati alla salute fisica, come problemi ortopedici e di vista
CORRELAZIONI DA NON SOTTOVALUTARE: Fattori di rischio suicidario negli adolescenti: Difficoltà di relazione tra pari Problematiche di tipo patologico (disturbi dell‘umore, dell‘alimentazione, disturbi di personalità…) Presenza di uno specifico affetto, la vergogna Fattori di rischio navigazione su Internet (Wood e Associazione Americana di Pediatria, 2013): …gli stessi! Basso livello di spirito critico Legame con il sexting ovvero l‘essere attrattivi Istigazione o aiuto al suicidio
DEFINIZIONE DI RISCHIO: Il termine rischio è parola relativamente recente nel vocabolario dell’occidente. Nelle lingue spagnola e portoghese, nei secoli XVI e XVII, indica la navigazione in acque ignote. Si diffonde ad altri ambiti, per esempio quello bancario oppure in ambito commerciale. Successivamente la valutazione dei “rischi” passa dall'ambito finanziario a quello epidemiologico, con una variazione semantica: invece di riferirsi alla possibilità, la medicina usa il termine ‘probabilità’ di perdita della salute e anziché fare riferimento al concetto di pericolo si parla di ‘rischio’ come predisposizione alla malattia. Più precisamente, il termine “sta a designare la potenzialità di incorrere in una patologia fisica e psichica, semplice o complessa, a causa di determinati agenti patogeni” (Donati, 1992, 160).
COMPORTAMENTI GIOVANILI A RISCHIO: COSA SONO? Sono definiti comportamenti giovanili a rischio quei comportamenti che mettono in pericolo sia a breve che a lungo termine la sfera fisica, psicologica e sociale dell’individuo: comportamenti devianti di trasgressione sociale comportamenti alimentari disfunzionali uso dell’ecstasy, degli spinelli e dell’alcol, un modo per sentirsi in sintonia con il contesto culturale del gruppo di riferimento lo spaccio ed il consumo di droghe i furti il vandalismo
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO Gli adolescenti “...non sempre conoscono cosa siano le sostanze che consumano per sballarsi, per evadere o per trovare un modo alternativo di affrontare e risolvere le difficoltà che incontrano, né quali siano in primo luogo le dirette conseguenze psicofisiche ed in secondo luogo quelle legali.” (Paola Izzo, 2009) “Gli adolescenti sono generalmente ben informati sui diversi tipi di rischio, spesso però sottovalutano le conseguenze di certi comportamenti, non per carenze cognitive, ma per una diversa rappresentazione e percezione della pericolosità dei vari eventi e comportamenti.” (Cicognani, Zani, 1999)
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO per gli adolescenti ottimismo irrealistico che porta a sottovalutare l’entità del rischio personale rispetto al rischio attribuito ad un coetaneo. risulta molto più semplice vivere in modo tangibile la propria identità, presentandola al gruppo per ottenere riconoscimento, popolarità, ecc.. messi in atto con lo scopo di “saggiare” le reazioni degli adulti (genitori ed insegnanti), i limiti ed i divieti per osservare quanto l’adulto sia effettivamente interessato e attento al comportamento del ragazzo.
Le caratteristiche individuali di questi minori sono: il conflitto, o forte ambivalenza con le figure genitoriali, da cui però non vogliono separarsi quando gli si propone l’allontanamento, difficoltà di proiettarsi nel futuro e di fare investimenti a lungo termine; l’immaturità; la scarsa capacità di riflettere su se stessi e sulle conseguenze delle proprie azioni; la scarsa tolleranza alle frustrazioni che porta a una facilità di passaggio all’atto in ogni situazione minimamente frustrante; un uso precoce, non sistematico, ma frequente, di sostanze psicotrope con la possibilità di contatto con droghe pesanti.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79. NORMALITÀ, DISAGIO, RISCHIO, DEVIANZA “L’adolescenza rappresenta la fase del ciclo di vita in cui il bisogno di rischiare, inteso come assunzione di rischi in termini comportamentali, si esprime con particolare intensità. Esso si manifesta tramite numerosi comportamenti di sperimentazione che fanno parte dei normali processi di sviluppo. Si tratta di condotte che consentono all’adolescente di mettere alla prova le proprie abilità e competenze, di concretizzare i livelli di autonomia e di controllo via via raggiunti e di sperimentare nuovi e diversificati stili di comportamento. […]. Tuttavia, tale assunzione di rischio può portare l’adolescente a mettere in atto comportamenti estremamente dannosi per la propria ed altrui salute” (Malagoli Togliatti, Montinari, a cura di, 2004)
Le funzioni evolutive tipiche adolescenziali insite a tali comportamenti riguardano lo sviluppo dell’identità e la partecipazione sociale: mentre alcuni adolescenti assumono comportamenti “normali” per raggiungere tali obiettivi, altri manifestano invece comportamenti cosiddetti di “rischio”. Le forme di violenza insite in tali comportamenti hanno, quasi nella totalità dei casi, come scopo principale quella di manifestare un disagio ovvero di esprimere il proprio malessere nel riconoscersi ed integrarsi nel contesto.
Dipartimento di Giustizia Minorile, 2001, p. 39. Un’ulteriore ipotesi, negli ultimi anni divenuta molto nota, è quella della forbice che si creerebbe tra competenze intellettive di vario tipo dei ragazzi e competenze sociali ed emotive. Ci si è accorti, infatti, che abbiamo costruito dei ‘mostri intelligenti’, capaci di usare tecnologie, che ricevono un'infinità di informazioni, molto di più che nel passato, ma sempre più fragili dal punto di vista emotivo e sociale, in termini di comunicazione sociale, di abilità di stare con gli altri, di accorgersi delle proprie emozioni, di avere empatia. (Dipartimento di Giustizia Minorile, 2001, p. 39)
TRE LIVELLI DI DISAGIO Il termine disagio comprende in sé una vasta gamma di condizioni, poste su tre diversi livelli di categorie: un disagio evolutivo endogeno, legato alla crisi di transizione dell’età adolescenziale. Riguarda la totalità dei giovani e fa parte del naturale processo di crescita dell’individuo. un disagio socioculturale esogeno, legato ai condizionamenti della società. Riguarda i giovani che vivono in sistemi sociali come il nostro. un disagio cronicizzato, legato all’interazione di fattori a rischio individuali e locali con le precedenti forme di disagio. Riguarda una minoranza di giovani e specifiche aree ambientali, caratterizzate da povertà, emarginazione, isolamento, esclusione... STUDIO DI CASO: ALEX NON VA A SCUOLA…
FATTORI DI RISCHIO sono comportamenti sulla cui base la previsione di devianza può essere operazionalizzata. I fattori di rischio possono essere individuati nella prima adolescenza: l’inserimento nella scuola media di soggetti che più di altri saranno portati a deviare è caratterizzato da difficoltà di apprendimento, scarsa motivazione, problemi di tipo disciplinare, bullismo. Il vuoto sociale ed istituzionale Le situazioni nelle famiglie di origine sono gravemente carenti sul piano educativo; non sono ben chiare le regole di convivenza, confusione nei rapporti Il tempo trascorso fuori casa si dilata progressivamente senza controllo parentale
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79. FATTORI PREDITTIVI E CAUSE SCATENANTI Il disagio evolutivo di per sé non va classificato come “devianza” o “patologia”, ma semplicemente come una normale difficoltà di adattamento che qualunque essere umano incontra nel suo sviluppo. Il discorso si fa diverso nel caso in cui la situazione di disagio diventa permanente e problematico, ovvero fisso e persistente, per la concomitanza di una situazione oggettivamente difficile e soggettivamente compromessa da un uso inadeguato delle risorse interne, delle abilità di tipo sociale (life skills), per l’impossibilità di rifarsi ad esperienze positive. La devianza, considerata dal punto di vista psicopedagogico, non dipende solo da colui che mette in atto un comportamento errato (disfunzionale, normativamente illegittimo), ma è anche denuncia dell’inadeguatezza della società a rispondere ai bisogni di tutti i suoi membri.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79. Un esempio: la dispersione scolastica è il sintomo di una situazione complessiva di disagio e disadattamento che, laddove l’insuccesso scolastico si correla, a seconda dei contesti territoriali, ad altre cause di natura socio-economica-culturale, può condurre a fenomeni di rischio, marginalità e devianza. E’ un fenomeno complesso, sia per la sua fenomenologia (mancati ingressi, evasione dall’obbligo, abbandoni, ripetenze, bocciature, frequenze irregolari… NEET) che per la pluralità di cause, interne ed esterne alla scuola, che lo determinano e lo amplificano. Un attuale ambito di ricerca, è quello del bullismo, cyberbullismo e delle prepotenze nelle istituzioni scolastiche. Come dichiarato negli “Orientamenti per la comunicazione tra scuola, servizi sociali e sociosanitari per la protezione e tutela dei diritti dei bambini e dei ragazzi nel contesto scolastico” della Regione Veneto elaborati nel 2008, gli insegnanti sono un'antenna sensibile ai segnali di disagio espressi dall'alunno e per tale motivo vanno sostenuti mediante un lavoro cooperativo tra docenti, dirigente scolastico, le famiglie e i servizi territoriali.
RISCHIO SOCIALE E MARGINALITÀ Il primo indica la scarsità sul territorio di opportunità per la realizzazione di sè: disgregazione del territorio, difficile accessibilità all’istruzione, difficoltà nel reperimento del lavoro, povertà, scarse opportunità di aggregazione e di strutture di tempo libero organizzato o “ricco”, disgregazione familiare, conflitti relazionali, contatto con culture di carattere individualista, violento, consumista, deviante, ecc. Tali elementi potrebbero essere configurati come situazioni semplicemente di disagio, di marginalità, più spesso fattori di rischio che possono condurre anche a soluzioni devianti. E dove non c’è un adulto presente, contenitivo, accogliente, assertivo, autorevole, tale assenza educativa di base provoca, spesso, la rinuncia a raggiungere la propria maturità attraverso mezzi normali e legali. Certe forme di disadattamento, quali esperienze sfavorevoli infantili, possono dar luogo a disagio, sia personale che sociale, e certi comportamenti di rischio possono costituire dei tentativi, attraverso prove ed errori, di cercare una risposta al disagio, funzionale ai bisogni interni e alla nuova situazione.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79. GENITORIALITA’ A RISCHIO? Per genitorialità intendiamo qualcosa di non riducibile alle qualità personali del singolo genitore, ma che comprende anche un’adeguata capacità relazionale e sociale. Questa competenza implica saper interagire con il bambino in modo protettivo, rassicurante, rispettando però le sue esigenze. Si riconduce, pertanto, la possibilità che si sviluppino percorsi delinquenziali connessi alla qualità dell’attaccamento. Un attaccamento sicuro con il caregiver faciliterebbe l’acquisizione della moralità, la capacità metacognitiva di comprendere il punto di vista dell’altro e la funzione riflessiva. Diventa quindi essenziale lavorare sul potenziamento delle abilità metacognitive e su risposte adeguate nell’interazione con i minori durante i percorsi psicologici rivolti ai genitori anche quando i contatti sono sporadici.
QUALE APPROCCIO EDUCATIVO? ASSUNTI DI ORDINE METODOLOGICO 1. Negli ultimi anni le ricerche svolte in campo medico e psicologico hanno evidenziato che gli eventi di vita particolarmente difficili, come l’abuso o il trauma emozionale, vissuti in giovane età, possono provocare delle conseguenze a lungo termine sia sull’insorgenza di malattie mentali, sia sull’adozione di comportamenti a rischio da parte degli individui. 2. Poiché i traumi interpersonali di ordine relazionale, familiare o di comunità si inseriscono sempre in contesti molto più grandi rispetto a quelli che inquadrano la singola patologia, ecco che la prevenzione, secondo le direttive dell’OMS, deve richiamarsi al modello ecologico (OMS, 2010) al fine di prendere in considerazione tutti i fattori incidenti lo sviluppo, ossia famiglia, scuola, comunità e molti altri ancora, dove la persona si situaziona e cresce.
ESPERIENZE SFAVOREVOLI INFANTILI (ESI) Possono essere classificate come tali le seguenti esperienze vissute all’interno del contesto familiare prima dei 18 anni di età: Abuso fisico ricorrente Abuso psicologico ricorrente Abuso sessuale Presenza all’interno del nucleo familiare di una persona dipendente da alcol o da sostanze Presenza all’interno della famiglia di una persona incriminata per un reato Un membro della famiglia gravemente depresso, con disturbi mentali conclamati, istituzionalizzato o suicidario Presenza di una madre trattata in modo violento Presenza di un solo o di nessun genitore Trascuratezza fisica Trascuratezza emozionale.
CONDOTTE CHE POSSONO PORTARE ALL’ATTUAZIONE DI COMPORTAMENTI A RISCHIO ADULTITA’: assunzione anticipata di comportamenti considerati normali negli adulti ACQUISIZIONE E AFFERMAZIONE DI AUTONOMIA: necessità di svincolarsi dalla condizione di dipendenza dai genitori per costruirsi un’identità di adulto (es.: accettazione di nuove regole, sostenere le proprie opinioni, prendere decisioni circa il proprio futuro, intraprendere azioni devianti) [Silbereisen & Kastner, 1986] IDENTIFICAZIONE E DIFFERENZIAZIONE: necessità di differenziarsi dagli adulti significativi, identificandosi come un individuo dotato di particolari caratteristiche AFFERMAZIONE E SPERIMENTAZIONE DI SÉ: adozione di nuovi comportamenti per mettersi alla prova
TRASGRESSIONE E SUPERAMENTO DEI LIMITI: trasgredire alle regole del mondo adulto per aderire a regole più consone alle proprie esigenze, per dimostrare la propria capacità di decisione ESPLORAZIONE DI SENSAZIONI: esigenza particolarmente diffusa nella cultura occidentale e digitale, dove si esalta ogni sperimentazione del nuovo e del consumo PERCEZIONE DI CONTROLLO: necessità di superare il limite per dimostrare a se stessi e agli altri, che la novità non spaventa e che si è in grado di controllare le proprie azioni senza il bisogno dell’adulto, senza lasciarsi travolgere COPING E FUGA: messa in atto di strategie che consentono di far fronte in modo più o meno adattivo alle difficoltà e a problemi personali e relazionali.
L’INFLUENZA DEI PARI? Studi condotti da Dishion, Andrews e Patterson hanno individuato alcuni atteggiamenti che possono portare allo sviluppo di comportamenti antisociali, che interferiscono sulla positività dell’instaurarsi di relazioni positive. In un gruppo dove è elevato il numero dei bambini che hanno problemi comportamentali, aumentano le condotte aggressive, mentre un ragazzo rifiutato dal gruppo si unirà con coloro che hanno comportamenti simili al suo aumentando lo sviluppo di condotte devianti e di comportamenti negativi. L’INFLUENZA DELL’AMBIENTE? Un ambiente privo di risorse e potenzialità aumenta lo sviluppo di comportamenti antisociali. Anche un ambiente povero di infrastrutture, con pochi spazi dove giocare, e poche risorse sociali incrementa i comportamenti devianti. Un’alta concentrazione di situazioni problematiche, di povertà.
di), Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 79. FATTORI DI PROTEZIONE 1. Il singolo studente, il suo percorso evolutivo scandito dalla padronanza delle competenze chiave di cittadinanza e dall’esercizio consapevole di abilità sociali. 2. E parimenti, il fattore più potente di prevenzione del disagio e della patologia è lo studente stesso con la propria capacità di riconoscere e gestire le situazioni, specie se a rischio, nel modo più efficace, non solo nel proprio interesse di salute, ma anche in quello dei pari, dei gruppi allargati e della comunità più ampia, rispetto al contesto di vita in cui egli vive, cresce, si relaziona. “La scuola può quindi essere un contesto positivo di crescita e di promozione del benessere, sia a livello psico-sociale sia relativamente ai comportamenti legati alla salute. La percezione di un contesto scolastico positivo favorisce infatti una minor frequentazione di pari devianti ed è in grado di moderare gli effetti negativi di condizioni socio-familiari sfavorevoli”. Cf. Indagine HBSC, 2013, p. 42
FATTORI PERSONALI DI PROTEZIONE Abilità cognitive: sono il risultato di un’interazione che comprende lo sviluppo di una serie di convinzioni su se stessi, sulle proprie relazioni e le interazioni con l’ambiente; la capacità di un individuo di lottare per superare o padroneggiare le difficoltà è influenzata dalla considerazione di sé come essere socialmente efficace. Il successo scolastico: l’esperienza positiva della carriera scolastica allontana il bambino o il ragazzo dal mettere in atto condotte devianti, in quanto tale successo accresce la propria autostima. L’autoefficacia: Bandura indica nell’autoefficacia la capacità di ogni individuo ad affrontare i cambiamenti o gli avvenimenti stressanti. Un buon livello di autoefficacia funge da fattore protettivo, in quanto permette all’individuo di affrontare le difficoltà.
FATTORI FAMILIARI DI PROTEZIONE La capacità dei genitori di supervisione ed avere informazione su dove e con chi vanno i figli, riduce di molto il rischio di sviluppare condotte devianti. Le modalità educative si devono adattare ai ritmi di crescita dei figli e le stesse devono permettere all’individuo di diventare un soggetto partecipe ed indipendente nei diversi contesti sociali. FATTORI AMBIENTALI DI PROTEZIONE Di fondamentale importanza è il contesto scolastico del ragazzo problematico, in quanto in questo ambito possono essere attuati programmi di prevenzione a comportamenti devianti.
IN PARTICOLARE: LA RESILIENZA Alcuni studi hanno rivelato le differenze individuali nel rispondere a situazioni particolarmente sfavorevoli o stressanti. La resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. Troviamo capacità resilienti di diverso tipo: Istintivo: caratteristico dei primi anni di vita quando i meccanismi mentali sono dominati da egocentrismo e onnipotenza Affettivo: che rispecchia la maturazione affettiva, il senso dei valori, il senso di sé e la socializzazione Cognitivo: quando il soggetto può utilizzare le capacità intellettive, simbolico razionali.
RUOLO E RESPONSABILITA’ DELLA SCUOLA: compiti, obblighi, segnalazione, denuncia
I MINORI A RISCHIO: RICONOSCIMENTO E DISTINGUO EDUCATIVO – GIURIDICI Minori in situazioni di «disagio» riconducibili alla violazione di doveri o all’abuso dei poteri da parte dei genitori o a loro comportamenti omissivi (incapacità di prendere essi stessi le misure necessarie per affrontare il problema del figlio): Maltrattamenti o abusi intrafamiliari Gravi trascuratezze genitoriali Grave conflittualità genitoriale tale da provocare disagi evolutivi ai figli Minori in situazioni di difficoltà anche non necessariamente riconducibile alla violazione di doveri o all’abuso dei poteri da parte dei genitori o a loro comportamenti omissivi. «Disturbi» di vario genere (nell'apprendimento, nell'adattamento a scuola, nei rapporti con i coetanei…) Situazioni di grave pericolo per il minore, il cui comportamento lo porta a situazioni pregiudizievoli per la sua salute psicofisica (prostituzione, alcolismo, tossicodipendenza, fughe da casa, ecc.); Minori che commettono reati (furti, rapine, violenze sessuali di gruppo...) o comunque autori di comportamenti predevianti (teppismo, forme di bullismo o cyberbullismo).
Bullismo: un atteggiamento di prepotenza tra pari in un contesto di gruppo. Una manifestazione di prevaricazione da parte di un soggetto (bambino, ragazzo preadolescente, adolescente) nei confronti di un altro, più debole (per condizione fisica, sociale, psicologica…) che, il più delle volte, si attua nell'ambito di rapporti tra soggetti appartenenti al medesimo contesto relazionale (come nel caso di compagni di scuola, all'interno di amicizie di quartiere o fra membri della stessa squadra sportiva) Cyberbullismo: "qualsiasi forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo» (art. 1, comma 2°, Legge 29 maggio 2017, n. 71) Fra soggetti minorenni, comportamenti integranti fattispecie di reato (reati di diffamazione on line, stalking, molestie, sostituzione di persona, alterazione di sistemi informatici fino alla istigazione al suicidio o alla morte come conseguenza di altro delitto), forme di prevaricazione e di prepotenza gravi ma non tali da integrare illeciti penali (es. scherzi pesanti, prese in giro …)
QUALI SONO GLI OSSERVATORI PRIVILEGIATI DELLE SITUAZIONI DI DISAGIO DEI MINORI? Pediatra o medici del Reparto Pediatrico I genitori o l’altro genitore di fronte a possibili L’Insegnante condotte lesive perpetuate dall’altro E l’Autorità Giudiziaria? Riceve una fotografia del disagio in via indiretta Forze dell’ordine : poliziotti, attraverso tali vigli, carabinieri osservatori, salva l’ipotesi in cui nel corso O Assistenti Sociali di un procedimento penale o di separazione a cui spesso si rivolgono tra genitori, riveli essa anche i privati cittadini per stessa la problematicità segnalare situazioni critiche comparsa in primo piano di cui sono venuti a o nello sfondo di quel conoscenza procedimento giudiziario
QUALI SONO LE INIZIATIVE CHE POSSONO/DEVONO ESSERE INTRAPRESE DAGLI INSEGNANTI DI FRONTE A CASI DI DISAGIO DI CUI SONO VENUTI A CONOSCENZA? Per rispondere al quesito è necessario: 1) Qualificare il ruolo che tali soggetti hanno in punto di protezione dell’infanzia e della gioventù 2) Distinguere le situazioni di criticità di cui gli insegnanti sono venuti a conoscenza. In particolare tra: Situazioni che presentano risvolti penali in quanto configuranti ipotesi di reato procedibile d’ufficio Situazioni conosciute che non richiamano una fattispecie di reato procedibile d’ufficio
LA SCUOLA TITOLARE DI UN OBBLIGO DI COLLABORAZIONE NEI CONFRONTI DELLO STATO NELLA PROTEZIONE DEI SOGGETTI VULNERABILI EX ART. 31, comma 2°, Cost. è un servizio essenziale nella prevenzione e nella rilevazione del maltrattamento e dell’abuso all’infanzia. è l’ambiente esterno alla famiglia che consente meglio di osservare la condizione globale del bambino essendo l’unica istituzione da cui passano tutti bambini e nella quale vi rimangono per molte ore al giorno e per diversi anni. gli insegnanti possono conoscere i minori nella loro quotidianità ovvero nei loro comportamenti più differenziati e autentici (le diversità individuali, le difficoltà e le sofferenze, i problemi che magari fino ad allora erano rimasti circoscritti all’interno del nucleo familiare). l’insegnante ha il compito di farsi tramite e interprete dei segnali di disagio dei bambini e dei ragazzi che possono funzionare come campanelli d’allarme fatti suonare per tempo prima che la sofferenza diventi così grave da rendere ancora più complicata la tutela del minore. (Malizia Nicola, Abusi, violenze, maltrattamenti a scuola. quando i bambini subiscono in silenzio, Giapichelli editore, 2016)
INSEGNANTE nello svolgimento delle sue funzioni, riveste la qualifica di PUBBLICO UFFICIALE AI SENSI DELL’ART. 357 C.P. Quanto all’estensione di tale funzioni, si è precisato che il loro esercizio non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si amplia alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi, al fine di renderli edotti sull’andamento dell’iter scolastico e di fornire loro gli opportuni suggerimenti, allo scopo di una fattiva collaborazione tra scuola e famiglia. Tale obbligo pertanto non è limitato alle notizie di reato apprese durante lo svolgimento delle lezioni, ma si esplica anche nel corso di tutte le attività prodromiche e successive, nonché in ambienti diversi dal plesso scolastico, laddove vi sia connessione tra la notizia appresa e il ruolo rivestito (come nell’ipotesi in cui, al di fuori dell’orario di lavoro, l’insegnante viene avvicinato da una persona che gli riferisce che una sua studentessa è maltrattata dal contesto familiare di appartenenza).
L’insegnante in quanto Pubblico Ufficiale ha, ai sensi dell’art. 331 c.p.p. UN OBBLIGO DI DENUNCIARE PER ISCRITTO TUTTI I REATI PROCEDIBILI D’UFFICIO, CONOSCIUTI NELL’ESERCIZIO O A CAUSA DELLE SUE FUNZIONI, ANCHE QUANDO NON SIA INDIVIDUATA LA PERSONA ALLA QUALE IL REATO È ATTRIBUITO L’omissione di tale obbligo è sanzionata penalmente ai sensi dell’art. 361 c.p. Articolo 361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da euro 30 a euro 516. (…) Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.
INSEGNANTE TRA COMPITI ED OBBLIGHI!!! L’intervento da parte della scuola per garantire la protezione del minore non può restare affidato alla sensibilità e alla buona volontà di alcuni insegnanti. Non è neppure auspicabile che un singolo insegnante si faccia carico della situazione problematica del minore, senza quel confronto e quel sostegno che risultano necessari per una risposta di aiuto autentica. Agendo singolarmente rischia di andare incontro ad oscillazioni tra slanci di onnipotenza e reazioni di delusioni, di impotenza e di indifferenza nei confronti dello stesso minore. L’insegnante può svolgere un ruolo particolarmente importante nell’intervento di prevenzione primaria, secondaria e terziaria del minore in difficoltà, non basandosi quindi su una logica di autosufficienza ma su un atteggiamento di collaborazione/collegamento con la rete di operatori delle varie agenzie sociali ed educative, capaci di svolgere in modo differenziato compiti di aiuto e protezione del minore a rischio.
INTERVENTI PREVENTIVI : SI PUO’!!! Prevenzione primaria: si rivolge alla popolazione scolastica e compito dell’insegnante è creare un clima relazionale ed educativo all’interno del gruppo classe, che sia in grado di accogliere e di stimolare la messa in parola del disagio e l’elaborazione di alcuni problemi che interferiscono sullo sviluppo armonico dei minori. Prevenzione secondaria: mira ad impedire che il disagio si trasforma in grave sofferenza e maltrattamento. L’insegnante potrà quindi individuare segnali sul piano fisico, psichico e comportamentali che potranno essere, qualora fosse possibile, adeguatamente comunicati alla famiglia. Prevenzione terziaria: mira ad impedire la reiterazione di una violenza già avvenuta. L’insegnante può raccogliere importanti informazioni che potranno portare ad una rivelazione precoce e ad una segnalazione, oppure potranno essere utilizzate all’interno dell’intervento istituzionale della «rete» degli operatori responsabili del caso.
Obbligo di denuncia per i reati procedibili d’ufficio Nell’ambito dei reati procedibili d’ufficio, per il tema che ci occupa interessano particolarmente: Abuso dei mezzi di correzione e disciplina (571 c.p.); Maltrattamenti (570 c.p.); Prostituzione minorile (art. 600 bis c.p.); Pornografia minorile (art. 600 ter c.p.); Violenza sessuale (609 bis c.p.) anche di gruppo (art. 609 quater c.p.), Atti sessuali con minorenne (609 quater c.p.); Nell’ambito della criminalità minorile, anche tornando al tema del bullismo e del syberbullismo: Stalking (612 bis c.p. in quanto per questo reato si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio); molestie ex art. 660 c.p., pornografia minorile (con particolare riferimento all’art. 600 ter, comma 4°, c.p.) fino ad arrivare a casi più gravi di istigazione al suicidio e di morte come conseguenza di altro delitto.
COME? La denuncia, ex artt. 331 e 332 c.p.p., deve essere fatta: - per iscritto, con l’esposizione degli elementi essenziali del fatto, l’indicazione del giorno dell’acquisizione della notizia e le fonti di prova note; - contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti; -anche quando non sia individuabile la persona alla quale il reato è attribuito; - presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero od ad un ufficiale di polizia giudiziaria;
IL CONTENUTO: NOTA BENE! In materia di abuso all’infanzia sia i dati comunicativi (le dichiarazioni del minore non appaiono quasi mai complete ed è comunque raro che venga fornita in un solo momento l’intera rappresentazione dei fatti) che il linguaggio non verbale (gesti, posizioni, sguardi) non sono pressoché mai integralmente probanti, oltre il ragionevole dubbio, la notitia criminis. Non è tuttavia in alcun modo richiesto che l’insegnante, all’atto della denuncia, fornisca la prova certa della verificazione dei fatti rilevati. L’insegnante ha solo l’obbligo di riferire il fatto appreso qualora sia riconducibile ad una fattispecie illecita procedibile d’ufficio, nella sua oggettività (data e luogo del commesso reato, condotta e mezzi usati, quale base conoscitiva oggettiva da offrire all’Autorità scevra da giudizi di valore del docente), all’esito della propria diretta osservazione o riferito da altre persone.
A CHI SI PRESENTA? Se l’autore del reato è persona maggiore d’età: - ad un ufficiale della Polizia di Stato o ai Carabinieri (quali referenti più comuni per il tema che ci occupa); - alla Procura presso il Tribunale Ordinario Se l’autore del reato è persona minore d’età: -ad un ufficiale della Polizia di Stato o ai Carabinieri (quali referenti più comuni per il tema che ci occupa); - alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni Ad essi l’insegnante potrà rivolgersi personalmente con la denuncia scritta già predisposta ai fini del deposito o per redigere e firmare l’atto con l’ausilio della polizia giudiziaria presso i relativi uffici dislocati sul territorio. In caso di dubbio da parte dell’insegnante in merito all’età del soggetto al quale il fatto è attribuito, si consiglia di far pervenire la denuncia ad un ufficiale di polizia giudiziaria. Il dirigente dell’ufficio avrà infatti poi l’obbligo di trasmetterla al Pubblico Ministero competente ai sensi dell’art. 347 c.p.p.
SINTESI In ragione dei ruoli rivestiti, gli insegnanti di fronte alle situazioni di disagio hanno: UN OBBLIGO DI DENUNCIA 1) quando si ha notizia di un minore in situazione di abbandono ai sensi dell’art. 9 della legge 4 maggio 1983 n. 184; 2) quando viene a conoscenza del rischio di coinvolgimento dei minori in attività criminose (art. 1, co. 2, l. 216/1991); 3) quando si abbia notizia di minori che esercitano la prostituzione (art. 25 bis, co. 1, R.D.L. 1404/34); 4) quando si venga a conoscenza di minori stranieri, privi di assistenza in Italia, che siano vittime dei reati di prostituzione e pornografia minorile o di tratta e commercio (art. 25 bis, co. 2, R.D.L. 1404/34); 5) quando si abbia notizia dell’ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato (art. 5, D.P.C.M. 535/1999).
UN OBBLIGO DI PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA CON ATTIVAZIONE DI UN PROGETTO DI ASSISTENZA CON EVENTUALE SUCCESSIVA SEGNALAZIONE ALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA L’insegnante cercherà un dialogo con la famiglia o si rivolgerà all’assistente sociale o direttamente all’Autorità Giudiziaria. In generale può dirsi che, il primo tavolo delle decisioni sarà quello dell’Assistenza dell’Ente Locale che cercherà di risolvere il problema attraverso un PROGETTO DI INTERVENTO che dovrebbe riguardare non solo il minore in difficoltà, ma l’intera famiglia ed anche eventualmente il contesto sociale complessivo in cui vive. Si riduce al massimo l’intervento dello Stato, affidando la c.d. «presa in carico» agli enti locali attuandosi così la regola per cui ai bambini e ai ragazzi di ogni collettività deve pensare la collettività stessa. In questa logica si accentua anche la ricerca del consenso, dei genitori e dei minorenni, alla attuazione di un programma di assistenza, di preferenza negoziato e accettato su base volontaria, si da ridurre l’intervento dell’Autorità Giudiziaria (che concettualmente è imposizione di un programma).
NOTA BENE! CAUTELE A TUTELA DEL MINORE L’insegnante non deve svolgere alcuna autonoma attività di indagine prima di formulare la denuncia in quanto: -non lo prevede la fattispecie incriminatrice contemplante l’obbligo di denuncia che richiede in capo all’insegnante solo l’obbligo di riferire il fatto appreso, nella sua oggettività, all’esito della propria diretta osservazione o riferito da altre persone; -i giudizi di valore complementari al “fatto tipico” (cioè antigiuridicità e dolo) competono in via esclusiva all’autorità giudiziaria; -l’iniziativa investigativa dell’insegnante, eventualmente svolta attraverso la formulazione di una serie di domande al minore, o ai familiari, ad ottenere la prova del maltrattamento o abuso patito, aumenta il rischio di inquinamento probatorio con gravi ricadute in sede giudiziale in punto di corretta comprensione di quanto accaduto e di consequenziale andamento e conclusione del processo. NO ALLE c.d. suggestioni eteroindotte, quali quelle, sia pure involontariamente, provocate dai quesiti inducenti posti dal docente che portano il bambino a conformarsi alle aspettative del suo interlocutore.
LA SEGNALAZIONE DIFFERISCE DALLA DENUNCIA IN QUANTO LA PRIMA NON PRESUPPONE NECESSARIAMENTE UN FATTO DI REATO. Si pone, quindi, come un valido strumento a disposizione dell’insegnante per rispondere alle situazioni che si collocano in quella “zona grigia” di incertezza del proprio operato, laddove l’operatore scolastico non ravvisi la sussistenza di fattispecie incriminatrici procedibili d’ufficio ma ha il fondato timore che il minore sia esposto a fattori di rischio per la propria incolumità fisio/psichica. LA SCHEDA DI SEGNALAZIONE: UN MODELLO
CONTENUTO DELLA SEGNALAZIONE dovrebbe contenere ogni elemento che l’insegnante ritenga utile per la “messa in sicurezza” del soggetto minore: nome e cognome del minore, generalità e indirizzi dei genitori e degli eventuali ulteriori soggetti coinvolti; tutti gli elementi informativi in possesso in merito alla situazione di difficoltà vissuta dal minore e/o sulla condotta violativa dei doveri genitoriali lesiva degli interessi e delle necessità della prole. Tale comunicazione non richiede necessariamente il previo consenso del minore o dei genitori, pena il possibile depotenziamento dell’efficacia dell’intervento avviato, e va inoltrata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni. In seguito alla segnalazione, il Pubblico Ministero – potrà decidere di svolgere ulteriori accertamenti avvalendosi dell’operato anche dei Servizi Sociali e socio sanitari che, in base alle specificazioni contenute nel mandato ricevuto dalla Procura minorile, potranno rapportarsi anche alla scuola per ricevere ulteriori informazioni sulle condizioni in cui versa il minore. All’esito sarà la Procura Minorile che deciderà o meno di ricorrere al Tribunale per i Minorenni per ottenere una misura di protezione sub specie di pronuncia di decadenza/sospensione della responsabilità genitoriale ex art. 330/333 c.c.
RESISTENZE A SEGNALARE Ragioni psicologiche delle possibili resistenze: 1) Insicurezza circa le proprie percezioni 2) Timore di mettere in pericolo il bambino con la segnalazione 3) Preoccupazione di mancanza di lealtà nei confronti del bambino che ha rilevato un segreto 4) Paura del conflitto e della solitudine 5) Atteggiamenti che evidenziano una tendenza al distacco emotivo: quali la percezione del disagio e il ricorso a svariati meccanismi di difesa quali la rimozione, la razionalizzazione e la negazione PRENDERSI CURA DI SE’ POSSEDERE LE CONOSCENZE PER AGIRE CONFRONTARSI CON GLI OPERATORI PICCOLO VADEMECUM1 PER I PRIMI OPERATORI DELL'ASCOLTO: COSA FARE NEI CASI DI SOSPETTO ABUSO SUI MINORI? Possamai M. , Parole proibite e parole di cura. Ascolto, tutela e prevenzione del disagio da abuso e maltrattamento sui minori, Tesi di laurea specialistica in Psicologia Educativa e Clinica, a.a. 2009-10, Venezia – Mestre, UPS – SISF, febbraio 2010, p. 112.
La Collaborazione scuola – famiglia per prevenire o impedire la reiterazione di atti di bullismo e cyberbullismo 1) Bullismo: MIUR, Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo , 2015 2) Cyberbullismo: Legge 29 maggio 2017, n. 71 La citata normativa, oltre a prevedere l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore diffuso nella rete internet (art. 2) nonché l’ammonimento da parte del Questore nei confronti dei soggetti ultraquattordicenni resisi autori di simili condotte a danno di altri minorenni (art. 7), attribuisce alla scuola un importante ruolo di contrasto preventivo al cyberbullismo. Ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, è chiamato ad individuare fra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del fenomeno, anche avvalendosi della collaborazione delle Forze di Polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio (art. 4). Di particolare rilievo, è quanto disposto dall’art. 5 della nuova normativa. Si prevede infatti l’obbligo del dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo (salvo che il fatto costituisca reato) di informare tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti attivando adeguate azioni di carattere educativo.
PREVENIRE LA DEVIANZA: SAPER MUOVERE I PRIMI PASSI… La scuola, attraverso la comunicazione alla famiglia, diviene così parte attiva nel processo di contrasto di condotte lesive che pur non costituendo illeciti penali, possono già considerarsi indicative di un pericolo di futura devianza. In tale sede si ritiene utile che l’autorità scolastica possa esplicitare ai genitori anche i contenuti delle misure predisposte dall’ordinamento (sub specie di misure amministrative ex R.D.L. 1404/1934), ai fini di portare la famiglia a non sottovalutare i comportamenti dei figli rappresentando le conseguenze che il perdurare di tali condotte possono comportare sulla vita del ragazzo.
PER I PASSI SUCCESSIVI… È la segnalazione alla Magistratura che spezza la catena dell’abuso sul bambino. La scuola si colloca nelle prime e più importanti fase di intervento per il lavoro che si svolgerà in seguito: - Quando il Giudice valuterà il provvedimento da attuare - Quando l’assistente sociale contatterà la scuola per approfondire la condizione di quel minore su mandato dell’Autorità Giudiziaria nel corso di un procedimento civile ex art. 337 ter c.c e/o 330, 333 c.c./ art. 25 R.D.L. 1404/1934 - Quando si comincerà la valutazione familiare per comprendere se i genitori potranno recuperare la relazione con i figli o mantenerla con un monitoraggio da parte degli Assistenti Sociali attraverso un temporaneo affidamento a quest’ultimi (anche nell’ipotesi di grave conflittualità tra genitori separati) La segnalazione/denuncia rappresenta dunque un momento di CONCRETA PRESA IN CARICO DELLA SOFFERENZA DELL’ ALLIEVO A RISCHIO e risponde al principio in base a cui, ciascuno, deve fare il proprio dovere in nome di un reale (e non figurativo) superiore interesse del minore.
ALCUNI FOCUS E MATERIALI: riferimenti bibliografici, approfondimenti
INDICAZIONI OPERATIVE nei contesti educativi scolastici: compiti educativi, complementari e strumentali 1. Conoscere i segnali di uno sviluppo evolutivo sano 2. Individuare i segnali di uno sviluppo evolutivo a rischio 3. Riferire i segnali di uno sviluppo evolutivo patologico
Come riconoscere la normalità dalla patologia? Segnali fisici, segnali comportamentali, segnali emotivi. Persistenza: segnali di disagio che non scompaiono nei momenti di graduali passaggi delle normali fasi evolutive dello sviluppo umano Fissità: segnali di disagio che si strutturano in modo rigido, senza possibilità di risoluzione e di remissione spontanei Resistenza nel tempo: segnali di disagio che permangono in modo irreversibile, tali da richiedere attenzione specifica ed eventuali interventi.
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