MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

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MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E
                              DELLA RICERCA
                            Istituto Comprensivo 
                                            71043 M A N F R E D O N I A – F G
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Info: Coronavirus, docenti e ATA a casa. Cosa accade per permessi o
ferie già richieste per i giorni in cui scuola sarà chiusa ….
Emergenza Coronavirus: sono numerose le regioni nelle quali le scuole sono chiuse per tutta la
settimana fino al 1° marzo. Numerose le questioni da affrontare, anche a livello amministrativo.

Come si contano assenze già richieste per giorni in cui la scuola chiude

Uno dei quesiti che viene proposto alla nostra redazione in queste ultime ore è relativo al conteggio
delle assenze (permessi o ferie) già richieste e autorizzate – per motivi personali, familiari, di studio
o di salute – dal Dirigente Scolastico.
L’emergenza e la chiusura delle scuole è intervenuta in periodo successivo alla formulazione della
richiesta e dell’autorizzazione.
Si tratta di un argomento affrontato più volte, in concomitanza di altre emergenze legate al
maltempo.
La differenza è che in questo caso la chiusura delle scuole abbraccia un periodo di tempo
abbastanza lungo e, quindi, si potrebbero venire a determinare delle problematiche nuove, dal punto
di vista didattico e amministrativo.

Si tratta di causa non imputabile al debitore

Riproponiamo anche in questo caso quanto stabilito dall’Art. 1256 del Codice Civile:
“L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione
diventa impossibile”.
Pertanto, se la prestazione è impossibile si estingue l’obbligazione.
La prestazione è diventata impossibile in questo caso per ragioni non prevedibili e, pertanto, deve
essere rimessa in discussione anche la richiesta di assenza.
Non essendoci prestazione di servizio in quella giornata, non può esserci neanche un’assenza
imputabile a quella giornata.
Ci auguriamo che ci sia massima disponibilità da parte dei Dirigenti Scolastici e delle segreterie
scolastiche nell’affrontare questi casi che si verranno a determinare alla riapertura delle scuole.
Coronavirus: scuole chiuse o attività didattica sospesa? Nel decreto “sospensione
dei servizi educativi”, cosa significa per ATA e Dirigenti. Aggiornato.

Non ci sono interpretazioni che tengano, anche ATA e dirigenti scolastici non devono recarsi a
scuola. Dopo le prime ordinanze che potevano lasciare dubbi sulle interpretazioni, queste sono state
spazzate, per chi conosce la materia, dalla pubblicazione del Decreto.
Nell’articolo si parla delle Regioni a oggi interessate dalle ordinanze: Liguria, Emilia Romagna,
Vento, Piemonte e Lombardia.

Differenza tra chiusura e sospensione attività didattica

La sospensione, causata da eventi di straordinaria importanza è paragonabile alla sospensione delle
attività che avviene nel periodo delle vacanze di Natale o Pasqua, per cui la scuola rimane aperta e
vengono svolti tutti servizi tranne le lezioni. In questo caso solo il personale ATA deve recarsi a
scuola (non lo devono fare allievi e docenti).
I docenti non devono recarsi a scuola perché è sospeso l’obbligo della lezione, a meno che in quei
giorni non ci siano delle attività previste dal piano annuale (collegi docenti, consigli di classe ecc.)
La chiusura, disposta per gravi eventi o eventi particolari (nel nostro caso da una emergenza
sanitaria) o anche solo per interventi di manutenzione straordinaria che precludono al personale e
agli allievi l’accesso ai locali, in questo caso il provvedimento di chiusura interessa tutta la
comunità scolastica. Quindi, dirigenti e ATA devono restare in casa.

Per emergenza Coronavirus disposta chiusura

Chiusura o sospensione attività didattica? Il Decreto contenente le misure contro la diffusione del
COVID-19 pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale ha introdotto una nuova formulazione, rispetto alle
due note di “chiusura” e “sospensione delle attività didattiche”.

Si tratta di sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine
e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa
quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza.

A rigore ad essere state sospese non sono le lezioni, ma i servizi offerti dalla scuola. Di
conseguenza, le scuole dovrebbero rimanere chiuse e non dovrebbero recarsi a lavoro né docenti, né
ATA, né Dirigenti.
Interpretazioni differenti
In Liguria ATA in servizio. Questo quanto ci segnalano alcuni nostri utenti. Nell’ordinanza della
regione, si titola con “Sospensione attività didattiche”, ma all’interno si riprende il testo del Decreto
pubblicato in Gazzetta che sospende i servizi educativi.
In Lombardia, tutti a casa: docenti, ATA e dirigenti. L’USR ha specificato, infatti, che non si tratta
di una sospensione delle attività didattiche, ma di vera e propria chiusura.
Bisogna verificare, caso per caso, le disposizioni emanate dalla propria scuola o dall’Ufficio
Scolastico di riferimento.
Nessuna giustificazione

Se è stata disposta la chiusura, le assenze così determinate comprese quelle del personale ATA,
sono pienamente legittimate e non devono essere “giustificate” e nemmeno essere oggetto di
decurtazione economica o di recupero.
Essendo il rapporto di lavoro del personale della scuola di natura civilistica e obbligazionaria tra le
parti che lo sottoscrivono, il principio giuridico di riferimento è l’art. 1256 del Codice civile, che
recita:
“L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore (nel nostro caso
dipendente della scuola), la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il
debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell’adempimento”.

Se la scuola non garantisce i 200 giorni di lezione?

L’anno scolastico resta valido anche se non si sono rispettati i 200 giorni di lezione.
Resta inteso che le istituzioni scolastiche, soprattutto se interessate da prolungati periodi di
sospensione dell’attività didattica, potranno valutare, a norma dell’art. 5 del DPR 275/99 “in
relazione alle esigenze derivanti dal Piano dell’offerta formativa”, la necessità di procedere ad
adattamenti del calendario scolastico finalizzati al recupero, anche parziale, dei giorni di lezioni non
effettuati.
In buona sostanza le decisioni delle scuole dovranno avere a riferimento da un lato l’esigenza di
consentire agli alunni il pieno conseguimento degli obiettivi di apprendimento propri dei curricoli
scolastici e, dall’altro, quella di permettere agli insegnanti di disporre degli adeguati elementi di
valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, secondo quanto previsto dagli
artt. 2 e 14 del D.P.R. 22 giugno 2009, n. 122, novellato dal D.Lgs. 62/2017.

Coronavirus, se si perderà un mese di lezioni? In Italia manca piano
recupero didattica. In Cina lezioni online
Alla fine è arrivato. Era questione di tempo. Nessun Paese può dirsi immune. È noto come
coronavirus, ma il suo nome è SARS coV2, la malattia è nota come Covid 19. Una nuova SARS.
Che, nata sempre nei paesi asiatici ebbe una durata di una decina di mesi determinando 8 096 casi e
774 decessi in 17 Paesi. I dati scientifici ad oggi a disposizione affermano che il “nuovo
coronavirus ha un tasso di letalità sensibilmente inferiore rispetto a quello osservato per altri
coronavirus come SARS e MERS, anche se la sua contagiosità è maggiore“.

Il punto è che pare non esserci alcun piano nazionale a livello ministeriale che sia in grado di
affrontare emergenze come queste in modo strutturale ed omogeneo.

Chiudere le scuole è una misura doverosa
Le ordinanze che si stanno diffondendo parlano di sospensione della frequenza delle attività
scolastiche e dei servizi educativi da parte della popolazione residente nei comuni sopracitati, con
l’esclusione della frequenza dei corsi telematici universitari. In realtà, non si è in presenza di mera
sospensione delle attività scolastiche, ma si è in presenza di chiusura della scuola. E la differenza
non è da poco conto. Perché, come è noto, in caso di sospensione dell’attività didattica, la scuola
non è chiusa. Non si faranno le lezioni. Durante la sospensione delle lezioni possono essere
effettuate solo attività funzionali all’insegnamento di carattere collegiale previste nel Piano
Annuale delle Attività deliberato dal Collegio. E gli ATA, ivi incluso il Dirigente scolastico,
pertanto, potranno recarsi in servizio. Cosa che non accade e non deve accadere, invece, durante la
chiusura della scuola come disposta da specifica ordinanza che in casi come questi sono misure
straordinarie sacrosante da adottare, nonché doverose. Come ha ricordato la giurisprudenza
amministrativa i presupposti per l’adozione dell’ordinanza sindacale con la quale si dispone per
motivi igienico-sanitari e a salvaguardia della salute pubblica, di provvedere ad eseguire i necessari
interventi sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità,
non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento (Cons. Stato, V, 18
giugno 2018, n. 3727, tra le altre); la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti (Cons. Stato,
VI, 10 dicembre 2018, n. 6951), o comunque la proporzionalità del provvedimento (Cons. Stato, V,
26 aprile 2018, n. 2535), non essendo possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per
fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa
come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica
incolumità (Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3369); il potere di ordinanza, inoltre, presuppone
necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve
essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione, e in ragione di tali situazioni si
giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare
alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia
provvedimentale (così, da ultimo, Cons. Stato, V, 21 febbraio 2017, n. 774, che richiama, nello
stesso senso, i precedenti di cui a Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189; 25 maggio 2015, n.
2967; 5 settembre 2015, n. 4499.

Il problema dei 200 giorni
L’USR dell’Emilia Romagna con nota Prot. n. 1513/2012 aveva disposto che “L’anno scolastico
resta valido anche se le cause di forza maggiore hanno comportato la discesa del totale al disotto
dei 200 giorni”, e con nota Prot. n. 1554/2012 che “le assenze degli studenti imputabili alla grave
situazione meteorologica in corso possano rientrare nelle deroghe previste dalle norme sopra
richiamate e non pregiudicare la possibilità di procedere alla valutazione degli studenti
interessati”.
Il MIUR, con la circolare numero 1000 del 22 febbraio 2012, forniva indicazioni alle scuole sulla
validità dell’anno scolastico e sugli eventuali adeguamenti dei calendari scolastici a seguito degli
eccezionali eventi atmosferici considerati, ribadendo, come hanno già fatto diversi Uffici Scolastici
Regionali, che “è fatta comunque salva la validità dell’anno scolastico” anche in caso di “discesa
dei giorni di lezione al di sotto del limite dei 200” in conseguenza di “cause di forza maggiore”.

La prestazione del lavoratore quando non va recuperata
L’articolo 1256 del codice civile afferma: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non
imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”. Al successivo articolo 1258 sempre del
cod. civile, si legge:“Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera
dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. La stessa
disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa ha subito un
deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa”. “La stessa
disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa ha subito un
deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa”. Da quanto sopra si
evince chiaramente che non è dovuto alcun recupero, da parte del lavoratore (docente o ATA che
sia), per le ore di lavoro eventualmente non prestate, fermo restando il diritto alla retribuzione, per i
casi riconducibili all’impossibilità di rendere la prestazione lavorativa.
Conseguentemente dipendente in casi come questi non è tenuto a provare d’aver messo a
disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative, in quanto, per il solo fatto della
sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un’ipotesi di mora credendi, il
prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il
rapporto suddetto, conserva il diritto alla retribuzione (Cassazione civile sez. lav. 16 aprile 2004 n.
7300).
Pertanto, l’assenza dal lavoro dovuta a circostanze come queste non costituisce, di per sè,
inadempimento di obblighi contrattuali, ma integra, in applicazione dei principi generali in materia
di obbligazioni e contratti, (art. 1256, 1258, 1463, 1464 c.c.) un fatto oggettivo determinante una
sopravvenuta impossibilità temporanea e parziale della prestazione di lavoro. (Cassazione civile sez.
lav. 30 marzo 1994 n. 3118).
Ma si rischia chiusura scuole o sospensione delle lezioni per settimane, che fare?
Il problema è che le emergenze trattate sino ad oggi riguardavano qualche giorno di chiusura. Si
potrebbe addirittura profilare la chiusura o la sospensione delle attività didattiche anche per
un mese.
Si possono interrompere le lezioni per un periodo così lungo? Quali le conseguenze?
E per questo che servirebbe un piano nazionale che possa dare delle risposte. Ad oggi non c’è.
Siamo impreparati. Eppure non è la prima volta che ci troviamo ad affrontare nel mondo
problematiche del genere. Certo, fino a quando non succede a casa tua, non ci pensi, in Italia si
ragiona così, ma una buona amministrazione della cosa pubblica vorrebbe una gestione
diversa,soprattutto quando si tratta di questioni che già avevano pre-allarmato. E si rischia anarchia
totale. Ci possono essere dei fari di riferimento. Ricordiamo ad esempio quello che accade nel
caso dell’istruzione in ospedale. Si rimarca che la collaborazione fra scuola operante in
ospedale o in luogo di cura e la scuola di appartenenza dell’alunno o dello studente è
fondamentale anche nelle fasi di valutazione ed esame. Infatti, la valutazione, ai sensi del decreto
legislativo 13 aprile 2017, n. 62, è di competenza diversa a seconda della durata della frequenza
scolastica in ambito ospedaliero o in classe.
Ai sensi dell’art. 22 del D.lgs. 62/2017, per “(…) le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti
frequentano corsi di istruzione funzionanti in ospedali o in luoghi di cura per periodi temporalmente
rilevanti, i docenti che impartiscono i relativi insegnamenti trasmettono alla scuola di appartenenza
elementi di conoscenza in ordine al percorso formativo individualizzato attuato dai predetti alunni e
studenti ai fini della valutazione periodica e finale”.
Dunque, il carattere della collaborazione è un valore da salvaguardare. Bisognerà trovare un modo
per garantire l’apprendimento durante un periodo di quarantena. Si parla anche del caso
dell’insegnamento capovolto. Come si legge su Wikipedia “L’insegnamento capovolto fa leva
sul fatto che le competenze cognitive di base dello studente (ascoltare, memorizzare) possono essere
attivate prevalentemente a casa, in autonomia, apprendendo attraverso video e podcast, o leggendo i
testi proposti dagli insegnanti o condivisi da altri docenti. In classe, invece, possono essere attivate
le competenze cognitive alte (comprendere, applicare, valutare, creare) poiché l’allievo non è solo
e, insieme ai compagni e all’insegnante al suo fianco, cerca, quindi, di applicare quanto appreso per
risolvere problemi pratici proposti dal docente. Il ruolo dell’insegnante ne risulta trasformato: il suo
compito diventa quello di guidare l’allievo nell’elaborazione attiva e nello sviluppo di compiti
complessi”. Si tratta di casi emergenziali. I problemi a livello tecnico da affrontare sono plurimi, ma
delle soluzioni andranno valutare, con immediatezza, perché qui rischia di profilarsi una situazione
di difficile gestione. Una riflessione andrebbe fatta sul punto, perché rischiamo di essere
impreparati ad affrontare una quarantena diffusa sul territorio nazionale.
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