Lo sviluppo delle abilità di lettura nell'ottica dell'intercomprensione
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Lo sviluppo delle abilità di lettura nell’ottica dell’intercomprensione Elisabetta Bonvino Università degli Studi Roma Tre 1. Plurilinguismo, abilità parziali e intercomprensione Nel Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER) con “plurilinguismo” non si intende necessariamente la completa padronanza di tutte le abilità, bensì l’integrazione di diversi repertori linguistici. Il repertorio implica un concetto di competenza scomponibile in sotto-competenze diversificate, in cui si collocano, ad esempio, competenze diversificate di varietà linguistiche diverse, che occupano “ciascuna un settore, una posizione particolare, e con un raggio di impiego e funzioni diversi” (Berruto, 2004: 125). Il plurilinguismo quindi, a partire dall’integrazione di diversi repertori, diventa una competenza multipla che può essere parziale e che è funzionale ad un obiettivo specifico limitato (Consiglio d’Europa, 2002: 8). Un esempio di competenza plurilingue, in questo quadro, è quella che permette ad un italiano di avere una competenza produttiva nello standard, ma di avere una competenza puramente ricettiva in un dialetto1 (Benucci, 2008: 109). Le competenze del repertorio linguistico di un individuo possono, si è detto, anche essere parziali. Il concetto di abilità parziale costituisce oggi un pilastro dell’educazione linguistica, ed è all’origine delle ricerche sulla valutazione delle competenze. L’idea stessa di abilità parziale si basa su un’interpretazione “modulare” dell’apprendimento e permette quindi di separare le diverse abilità linguistiche, isolando, ad esempio, le abilità di comprensione dello scritto o dell’orale: […] la competenza d’uso in una lingua, sia della lingua materna che di una L2, anche a livelli avanzati, non è sempre omogenea e pertanto non può essere considerata come un sapere monolitico; il parlante acquisisce gradi di controllo diversi in base alle occasioni di uso che incontra nella vita reale, all’esperienza, al suo grado di istruzione, oppure, i parlanti non nativi, in base alle occasioni d’uso prevalenti alle quali sono stati esposti o che hanno prescelto secondo i propri gusti o necessità. (Ambroso, 2009: 14) Anche se non è sempre facile isolare le differenti componenti della competenza linguistica, che sono strettamente interdipendenti, la modularità dell’apprendimento linguistico è evidente. È infatti noto che gli apprendenti raggiungono molto più rapidamente la competenza di comprensione rispetto a quella di produzione. Un’altra idea fondamentale per l’educazione linguistica, strettamente collegata alla concezione di plurilinguismo, è che le lingue non devono essere considerate come compartimenti stagni da affrontare e apprendere isolatamente. […] la finalità dell’educazione linguistica si è profondamente modificata. Non si tratta più semplicemente di acquisire la “padronanza” di una, due, o anche tre lingue, ciascuna presa isolatamente, avendo come modello finale il “parlante nativo ideale”. La finalità consiste invece nello sviluppare un repertorio linguistico in cui tutte le capacità linguistiche trovino posto. (Consiglio d’Europa, 2002: 5) Nel quadro delineato sin qui, incentrato sul plurilinguismo, sulla modularità dell’apprendimento e sulle abilità parziali, si inserisce perfettamente il concetto di “intercomprensione”. L’intercomprensione è un approccio alla didattica delle lingue che si basa su un modello 1 Questo è un tipo di repertorio frequente in un Italia sempre meno dialettofona.
comunicativo in cui gli interlocutori hanno un repertorio plurilingue basato su abilità parziali: comprendono più lingue pur non avendo in queste lingue un’abilità di produzione. L’intercomprensione parte dallo sfruttamento della vicinanza linguistica2. Per comprendere un testo in una lingua, gli apprendenti appartenenti allo stesso gruppo linguistico dispongono di numerosi elementi (lessicali, fonologici, morfologici, sintattici) che risultano facilitanti grazie alla vicinanza fra le lingue. Uno dei principali obiettivi della didattica dell’intercomprensione è proprio quello di insegnare a sfruttare la vicinanza e quindi la somiglianza tra le lingue, in modo da accrescere le capacità di comprensione. Tale vicinanza è tradizionalmente trascurata nella didattica delle lingue affini, perché si tende a considerare la vicinanza linguistica un pericolo piuttosto che una risorsa. Questo retaggio dell’analisi contrastiva ci porta a parlare dei “falsi amici” e ad ignorare i “veri amici”, cioè tutti i casi in cui la trasparenza fra le lingue è evidente. L’intercomprensione ricorre alla trasversalità dei saperi. Lo sfruttamento della vicinanza linguistica da un lato e l’obiettivo di una competenza parziale dall’altro permettono di delineare una prospettiva trasversale. L’estensione di questa procedura a più lingue di una stessa famiglia è estremamente facile e fruttuosa. Si può pertanto puntare alla comprensione dell’insieme delle lingue di una stessa famiglia. Lo studio parallelo di più lingue, anche se non approfondito, porta a un arricchimento linguistico, cognitivo, culturale e umano estremamente stimolante. Nell’ambito dell’intercomprensione sono state sviluppate prevalentemente metodologie volte allo sviluppo delle abilità ricettive e in particolare alla comprensione scritta3. 2. Lettura e lingua straniera: le strategie Secondo il modello interattivo del processo di lettura in L1 e in L2 centrato sul lettore, adottato in una visione cognitivista e costruttivista, leggere è “un’attività quotidiana intenzionale e motivata, svolta dal lettore che attiva processi e strategie in funzione del contesto per raggiungere uno scopo” (Pozzo, 2006: 48). Le scienze cognitive hanno infatti messo in evidenza che la comprensione di un testo dipende dalla capacità del lettore di stabilire relazioni significative tra il contenuto del testo e il proprio sostrato culturale. In altre parole, la comprensione di un testo avviene attraverso il lavoro cognitivo del lettore il quale costruisce il significato del testo interagendo con il testo stesso e attivando le conoscenze del mondo in suo possesso. La lettura comporta anche l’interazione (intesa come efficiente alternarsi) di processi che partono dalla decodifica del dato linguistico, in un’ottica lineare (bottom-up) e di processi che invece partono dalle conoscenze generali, linguistiche ed extralinguistiche, definiti processi dall’alto (top- down) e che comportano l’interpretazione del testo. I molti lavori scaturiti dalla ricerca in ambito di lettura in L2 hanno permesso di identificare e classificare le strategie cognitive e meta-cognitive che permettono l’accesso al testo scritto, sottolineando l’importanza di un intervento didattico che non trascuri le tecniche di lettura e che sia incentrato, oltre che sul prodotto (verifica della comprensione), anche sul processo, inteso come insieme di azioni e strategie messe in atto durante la lettura per arrivare alla comprensione (cfr. Bouvet, Bréelle, 2004). In una prima definizione generale, la strategia può essere definita una “linea di azione organizzata, finalizzata e controllata, che un individuo sceglie per portare a termine un compito” (Consiglio d’Europa, 2002: 12). Nell’ambito dell’apprendimento linguistico, possiamo considerare “strategia” un atteggiamento o un insieme di azioni volte a favorire in generale l’apprendimento o a risolvere un determinato compito linguistico, che nel caso della lettura potrebbe essere la comprensione del testo nei modi congruenti al tipo di testo e agli obiettivi del lettore. Le strategie di 2 L’intercomprensione è evidentemente più facile per le lingue appartenenti alla stessa famiglia, come le lingue romanze, che derivano dal latino, anche se la vicinanza fra le lingue può essere riscontrata e sfruttata anche in caso di lingue non imparentate. 3 Anche se non mancano strumenti e progetti per lo sviluppo della competenza orale.
apprendimento vengono spesso classificate seguendo la tipologia di O'Malley et al. (1985: 582- 584), in strategie meta-cognitive, cognitive e socio- affettive. Le prime sono quelle che consentono di organizzare, preparare, monitorare e valutare il raggiungimento dell’obiettivo di apprendimento. Appartengono probabilmente a questo tipo di strategie le azioni volte ad esercitare un controllo sul testo, decidendo ad esempio di saltare in un primo momento un paragrafo, una parentesi o un inciso giudicato poco importante. Uno studente a livello universitario dovrebbe averle sviluppate nella propria L1, ma non è detto che le sappia applicare ad un compito di lettura in L2. Le seconde, le strategie dette cognitive, sono tipiche di un apprendente consapevole ed autonomo in quanto permettono di interagire con il materiale di studio, manipolandolo. Nel contesto preso in esame, possono rientrare fra le strategie cognitive il saper classificare, sottolineare, elaborare, trasferire, usare strumenti quali dizionari e glossari, ricorrere all’inferenza per dedurre il senso di una parola, ricorrere ad azioni di semplificazione (saltando ad esempio elementi accessori o parafrasando), oppure non perdere il filo del discorso. Infine, le strategie socio-affettive riguardano, nel contesto in questione, la sfera dell’interazione con il testo, con il docente e dell’interazione fra pari: chiedere spiegazioni, cooperare con pari per risolvere problemi, ottenere informazioni. Les stratégies s'inscrivent dans un système séquentiel à l'intérieur duquel elles ont des fonctions définies telles que promouvoir une bonne compréhension textuelle, mais aussi identifier, résoudre et évaluer les obstacles rencontrés en mode problématique de lecture. Il faut ajouter que des différences de comportement stratégique existent entre les lecteurs, en fonction des caractéristiques cognitives, métacognitives, affectives qui leurs sont propres, d'une part, mais aussi en fonction des caractéristiques textuelles, d'autre part. (Bouvet, Bréelle, 2004) Alcuni studi di carattere empirico (cfr., fra gli altri, Hosenfeld, 1984 4; Sarig, 1987; Anderson, 1991) si sono concentrati sulle strategie messe in atto dai lettori mettendole in relazione con il livello di competenza in questa abilità linguistica. Il lettore abile si distingue da quello meno abile in quanto sa segmentare il testo in unità di significato ampie, e fa questo in maniera rapida (infatti, maggiore è il numero delle unità che riesce a raggruppare, più veloce e ricettiva è la sua lettura); non legge parola per parola perché altrimenti la memoria a breve termine non riuscirebbe a fare gli opportuni collegamenti; è in grado di saltare ciò che è meno rilevante; riesce a mantenere nella memoria di lavoro la porzione di testo appena letta in tempo sufficiente alla processazione della porzione successiva; ha un atteggiamento positivo nei confronti della lettura. Il lettore meno abile tende a leggere parola per parola; perde rapidamente il filo del discorso; si attarda su parti poco rilevanti ai fini della comprensione del testo, e ha un atteggiamento negativo nei confronti della lettura5. Bisogna comunque considerare che si può essere lettori meno abili anche nella propria L1 e che invece, pur essendo lettori abili nella propria L1, è possibile che in L2 si regredisca, almeno in un primo momento, a livello di lettore meno abile. La lettura è un’attività mentale individuale e per così dire “privata”. In condizioni “naturali” è raro che il lettore condivida con altri le strategie e i processi messi in atto durante la lettura. Per questa ragione è molto complesso avere accesso e studiare l’insieme dei processi che rendono la comprensione del testo scritto possibile. In contesto di apprendimento guidato, specie in presenza, è tuttavia possibile osservare il comportamento degli apprendenti di fronte ad un testo, e di valutare l’efficacia dello sforzo di lettura, utilizzando alcuni metodi di indagine quali il test di comprensione, il questionario o l’intervista alla fine della lettura. Queste tecniche sono interessanti in quanto forniscono dei dati sullo stato della comprensione testuale (cioè su quello che possiamo definire il prodotto della lettura) o sulla percezione che hanno i lettori del modo in cui leggono. Molte metodologie di 4 Ripreso anche in Blanche-Benveniste, Valli (1997). 5 Le osservazioni delle prime sperimentazioni di EuRom4 hanno portato alle stesse considerazioni (cfr. Blanche- Benveniste, Valli (1997); Bonvino (1998); Caddéo, Vialgines Serra (1997)).
indagine vengono utilizzate per individuare le strategie utilizzate: questionari, diari e interviste. Molto spesso però tali tecniche non sono in grado di dirci molto riguardo al processo di lettura6. La tecnica del think-aloud (o verbal report) consiste in un’attenta osservazione delle strategie utilizzate dal lettore durante la lettura, e ha l’obiettivo di mettere in evidenza il processo cognitivo effettuato. Questa tecnica è utilizzata per quantificare e descrivere con precisione le strategie adottate durante la lettura. Al lettore viene chiesto di verbalizzare il flusso dei suoi pensieri durante una lettura silenziosa. I dati vengono quindi registrati, codificati ed analizzati. Questa tecnica è di solito utilizzata in contesti sperimentali. Le operazioni alla base del think-aloud sono piuttosto complesse e la loro attendibilità scientifica è stata spesso messa in discussione7. La nostra esperienza (cfr. § 3.3) ci porta comunque a considerare i benefici della applicazione, anche se parziale, della tecnica della verbalizzazione a fini didattici, soprattutto per quanto riguarda la presa di coscienza delle strategie cognitive e meta-cognitive alla base della lettura da parte degli apprendenti. 3. Un percorso di lettura in cinque lingue romanze EuRom5 (cfr. Bonvino et al., in stampa) è in primo luogo un manuale per lo sviluppo di una competenza ricettiva plurilingue in cinque lingue romanze (portoghese, spagnolo, catalano, italiano e francese) simultaneamente. Si tratta della riedizione e l’ampliamento di EuRom4 (cfr. Blanche- Benveniste et al., 1997), progetto fondatore della nozione stessa di intercomprensione, la cui metodologia è stata ideata da Claire Blanche-Benveniste. L’obiettivo è quello di portare in breve tempo l’apprendente alla comprensione di testi riguardanti tematiche di carattere generale, oppure riguardanti i suoi specifici interessi. Si rivolge a parlanti di una delle lingue target, adulti, con un buon livello di scolarizzazione, buoni lettori in L1. Alla fine del percorso, l’apprendente arriva ad un livello che può variare fra B1 e B2 8 del QCER nell’abilità di lettura9. Il percorso proposto non permette di dire che si ha una padronanza delle quattro lingue. In un tempo così limitato si può arrivare solo ad una competenza parziale. Tale competenza si rivela tuttavia efficace e in grado far sparire le angosce dei principianti, mostrando agli apprendenti la via di un percorso autonomo di comprensione. Il manuale è il precipitato di sperimentazioni, osservazioni ed esperienza di anni che hanno dato luogo ad una particolare metodologia di apprendimento/insegnamento sviluppata nell’ottica dell’intercomprensione il cui schema concettuale ha ispirato molti progetti affini. Tale metodologia si basa fondamentalmente su tre fattori: 1. l’approccio simultaneo all’apprendimento di più lingue; 2. la trasferibilità del processo di comprensione fra lingue romanze; 3. l’attenzione alle caratteristiche del processo di lettura. Dopo aver passato rapidamente in rassegna i primi due punti, si affronteranno in maniera più estesa le peculiarità del percorso di lettura, mostrando come questo possa essere considerato una fruttuosa applicazione di alcuni aspetti delle tecniche del think aloud, con una particolare attenzione allo sviluppo delle competenze di apprendimento ed in particolare le competenze strategiche per la risoluzione di problemi. 3.1 Simultaneità 6 Per una rassegna riguardante le tecniche di elicitazione del processo di lettura si veda Cohen (1998). 7 Per una discussione sull’utilità del protocollo del Think-aloud in L2, si veda la recente rassegna di Bowles (2010). 8 Con variabili individuali. 9 “B1: comprendo testi scritti prevalentemente in linguaggio quotidiano o relativo alla mia area di lavoro. Capisco la descrizione di avvenimenti, di sentimenti, e di desideri contenuta in lettere personali.” “B2: so leggere articoli, servizi giornalistici, relazioni su questioni d’attualità in cui l’autore prende una posizione ed esprime un punto di vista determinato.” (Consiglio d’Europa, 2002: 34).
La prima caratteristica di questo percorso, forse la più originale, è la simultaneità del contatto con le lingue. In ogni sessione di lavoro si affronta la lettura di testi in L2 diverse. Gli strumenti per la comprensione di ciascun testo sono ideati per essere fruiti da parlanti di L1 differenti, con punti di vista differenti. Con questo approccio plurilingue, si abbandona la dicotomia tradizionale “un corso/una lingua” e, in accordo con il QCER, si abbandona anche la dicotomia L1/L2 per “considerare che l’individuo non dispone di un repertorio di competenze comunicative distinte e separate nelle lingue che conosce, ma di una competenza plurilingue e pluriculturale che le ingloba tutte (Consiglio d’Europa, 2002: 205). Tuttavia il fatto di apprendere più lingue affini contemporaneamente solleva molte perplessità soprattutto da parte degli insegnanti di lingua. Si teme che questo possa compromettere l’apprendimento e creare confusione. Dal punto di vista della ricezione si è visto che una iniziale confusione non compromette assolutamente la comprensione (obiettivo del percorso). Al contrario, la agevola ed è alla base della rapidità del risultato. Infatti il contatto simultaneo con più lingue favorisce la trasversalità dell’apprendimento e comporta la capacità di reinvestire le strategie di comprensione in qualsiasi lingua. Con EuRom5 un parlante italiano non impara il francese o il portoghese, acquisisce piuttosto una competenza ricettiva nell’insieme delle lingue romanze in questione (e attraverso questo sistema acquisisce anche un accesso facilitato ad altre lingue romanze non affrontate). 3.2 Lingue della stessa famiglia Il secondo fattore è collegato alla trasferibilità del processo di comprensione fra parlanti di lingue romanze. Come è noto, le lingue romanze hanno un’origine comune. La loro variazione si dispone lungo uno spazio continuo che permette una mutua comprensione in zone limitrofe (a parte i limiti discrezionali introdotti dai moderni confini degli stati). Anche da un punto di vista tipologico queste lingue sono molto simili, con la parziale eccezione del francese, che si discosta dalle altre lingue romanze per alcune note caratteristiche, quali l’ordine delle parole più rigido e l’obbligatorietà dell’espressione del soggetto. La somiglianza fra lingue romanze riguarda tutti i livelli dell’organizzazione della lingua (fra cui in primo luogo il lessico) e facilita la mutua comprensione10. Il processo di intercomprensione parte proprio dalla vicinanza fra le lingue, il cui correlato più evidente è la trasparenza lessicale. 3.3 Il processo di lettura Nella modalità di didattica in presenza, in ogni sessione di lavoro l’apprendente affronta quattro testi in lingue romanze diverse dalla sua L1. Per ogni testo, il lavoro si articola in tre momenti principali: 1. l'ascolto della registrazione effettuata da un madre lingua; 2. la lettura del testo e, se necessario, la consultazione degli eventuali sussidi alla comprensione; 3. un'attività di traduzione approssimativa, chiamata “trasposizione del testo in L1” svolta dagli apprendenti individualmente o in gruppi. Sin dalla prima sessione, l’apprendente è posto di fronte a un testo in una lingua che non conosce e ha il compito di cercare di comprenderlo. Per agevolare la comprensione vengono fornite la traduzione del titolo e la lettura ad alta voce dell’intero testo. L’apprendente, dopo aver letto e ascoltato il testo, cerca di sforzarsi di capirne il senso in maniera autonoma. Questo tipo di lavoro fatto su lingue mai studiate prima dall’apprendente, secondo l’approccio del Problem Solving, viene vissuto in genere dall’apprendente come una sfida stimolante, che accresce la motivazione, 10 Per una trattazione più ampia degli aspetti della vicinanza tra le lingue e dello sfruttamento della trasparenza lessicale rimandiamo a Bonvino (2010).
ma nello stesso tempo libera dall’ansia. Non avendo mai avuto un insegnamento esplicito di queste lingue, in genere l’apprendente non ritiene di dover dimostrare una minima competenza e, liberato dall’ansia da prestazione, si lancia con divertimento nella sfida. Per verificare l’avvenuta comprensione, ma soprattutto, per condividere con la classe il percorso che ha portato alla comprensione, viene chiesto all’apprendente un lavoro che abbiamo chiamato “trasposizione del testo in L1” per lo più con un accesso globale al senso. La trasposizione del testo in L1 non è tecnicamente una traduzione11 e persegue al contempo più obiettivi funzionali all’approccio didattico: 1. agevolare la comprensione attraverso un lavoro collaborativo fra apprendenti, con un minimo apporto dell’insegnante; 2. fornire il pretesto per il lavoro di condivisione delle strategie; 3. accertarsi della avvenuta comprensione; 4. mettere in evidenza le similitudini fra le lingue. L’insegnante è un facilitatore che interviene il meno possibile. Non fornisce traduzioni e spiegazioni se non è indispensabile ai fini di una comprensione anche approssimativa. Come si è già detto, ispirandosi alla tecnica think-aloud, sollecita più volte gli apprendenti a spiegare come sono arrivati a capire o che cosa li ha bloccati, condividendo con il resto della classe il loro percorso individuale di comprensione. L’apporto dell’insegnate è fondamentalmente quello di mettere in rilievo le strategie utilizzate autonomamente dagli apprendenti, sottolineare l’utilità e la presa di coscienza dell’impiego delle strategie vincenti. Deve inoltre incoraggiare l’intervento di tutti e il confronto delle strategie (uno stesso problema di comprensione può essere risolto in molti modi diversi). A differenza del think- aloud vero e proprio, utilizzato ai fini di ricerca scientifica, l’obiettivo è didattico, e quindi la verbalizzazione del percorso di comprensione non è “obbligatoria”. Si può infatti decidere di abbandonarla per i motivi più svariati, ad esempio se il testo non pone problemi o se l’apprendente mostra di non entrare nella logica della condivisione. Le osservazioni sul campo però ci mostrano che, dopo essere stati invitati le prime volte a esternare le strategie vincenti utilizzate o le difficoltà incontrate, gli apprendenti capiscono l’importanza della condivisione e tendono spontaneamente a voler illustrare come sono arrivati a capire. La “traduzione” del testo in L1 pone dei problemi teorici che sono stati ampiamente discussi in letteratura. Secondo Hosenfeld (1984) il ricorso alla traduzione in L1 è una strategia cognitiva utilizzata per lo più dai lettori meno competenti, e sembrerebbe non essere una strategia cognitiva vincente. Promuove una visione “tunnel” del testo, parola per parola, e non porta all’attivazione dei processi dall’alto (top-down) che sembrerebbero essere quelli più utili per la comprensione e che sono infatti utilizzati dai lettori più competenti. Dalle osservazioni sul campo nelle sessioni EuRom emerge invece che un impiego didattico della trasposizione del testo in L1, specie se condiviso con la tecnica della verbalizzazione, permette all’apprendente di focalizzare la sua attenzione sulle strategie. L’insegnante può suggerire12 all’apprendente di richiamare alla memoria il senso globale del testo, di saltare porzioni di testo meno rilevanti, di fare collegamenti con le conoscenze del mondo (utilizzando i processi top down). Si suggerisce inoltre l’idea, per certi versi rivoluzionaria, specie se applicata alla L2, che la comprensione può essere approssimativa. Nella L2 il lettore tende spesso a fossilizzarsi in una lettura parola per parola, tendendo a perdere il filo del discorso, e a voler comprendere tutto. Uno dei punti cardine della metodologia EuRom è proprio quello di cercare di portare l’apprendente a capire il testo attraverso un approccio globale al senso, imparando a riutilizzare quei meccanismi di lettura che gli sono già noti nella lingua materna (inferenza, ricorso alle conoscenze generali), tra i quali c’è anche il “diritto all’approssimazione”. In molti casi, infatti, nella L1, ci si accontenta di una comprensione generica e non approfondita, cosa che invece si tende a non accettare nella lettura in L2. 11 Per la traduzione professionale il tipo di precorso di insegnamento/apprendimento è, ovviamente, diverso. 12 Questa strategia è ancora più efficace se scoperta dall’apprendente autonomamente.
Una volta che l’apprendente si sarà appropriato di queste strategie, sarà più facile per lui avanzare rapidamente nella comprensione. Grazie al lavoro di verbalizzazione, possono essere condivise anche altre operazioni più strettamente legate alla decodifica del testo. Infatti, l’apprendente può comprendere il testo anche tramite la scomposizione di alcune parole o tramite l’individuazione di importanti corrispondenze fra la sua L1 e le altre lingue (attivando processi dal basso), senza però perdere di vista la globalità della comprensione. Dal punto di vista più strettamente linguistico, la trasposizione in L1 aiuta l’apprendente ad interrogarsi sulle grandi differenze riscontrabili tra le lingue affrontate e la sua lingua madre. L’osservazione sul campo di sperimentazioni e corsi EuRom, grazie alla tecnica del think-aloud, ha permesso anche l’individuazione di alcune regolarità nello sviluppo di una competenza ricettiva dello scritto. Gli apprendenti attraversano tre fasi: I fase: Lessicale II fase: Sintattica III fase: Morfologica Nella I fase – qualsiasi sia il loro background linguistico – sono interessati esclusivamente alla comprensione del lessico. Non si pongono domande sulla struttura delle frasi che incontrano e nemmeno sulla forma delle parole. A partire dal significato delle parole, cercano di evincere le strutture sintattiche e il contenuto del testo. Si appoggiano sulla trasparenza lessicale e richiedono esclusivamente aiuti di tipo lessicale (la traduzione delle parole opache che non sono riusciti a dedurre dal contesto). È stato anche notato che anche apprendenti che hanno L1 con ordine dei costituenti estremamente flessibile (italiano o spagnolo), hanno difficoltà a comprendere strutture con ordine diverso da SVO. Comunque anche strutture estremamente complesse, non creano problemi se gran parte del lessico è trasparente. Nella II fase, gli apprendenti cominciano a mostrare interesse per l’ordine delle parole e ad “accorgersi” delle strutture sintattiche. Sono comunque principalmente coinvolti nell’individuazione dei costituenti maggiori, importanti per la lettura. Cominciano a notare regolarità morfologiche, ma solo per l’individuazione categoriale dei costituenti. Nella III fase, cominciano ad interessarsi al confronto fra le lingue e ad interrogarsi, in quest’ottica, sulle forme contratte, sugli articoli, sulle desinenze verbali e su tutti quegli aspetti che prima venivano desunti dal contesto, soprattutto se questo concorre a chiarire. Il percorso può essere più o meno veloce. In ogni caso, in tutte le sperimentazioni si è notata questa evoluzione in tre fasi (cfr. Blanche Benveniste, Valli 1997; Bonvino, 1998; Caddéo, Viaginés Serra, 1997) che sembrerebbero indicare le tappe dell’apprendimento ricettivo corrispettivo delle tappe identificate per lo più per quanto riguarda la produzione dagli studi sull’interlingua. 5. Conclusioni In questo contributo, attraverso la descrizione della metodologia EuRom, si è cercato di illustrare l’apporto alla didattica delle abilità ricettive fornito dagli strumenti per lo sviluppo dell’intercomprensione. In particolare si è posto l’accento sugli aspetti relativi alla lettura, allo sviluppo di competenze strategiche per la risoluzione di problemi e al processo che porta l’apprendente a diventare consapevole delle strategie cognitive e meta-cognitive per una comprensione efficace. Oltre agli indubbi benefici sulla capacità di lettura e di comprensione, l’esperienza di almeno 15 anni ha dimostrato che l’approccio adottato stimola, diverte e rassicura gli apprendenti, suscitando il desiderio di continuare in seguito lo studio di una lingua, considerando anche le abilità linguistiche produttive. Inoltre, nella didattica, le lingue sono troppo spesso concepite come delle unità distinte, da studiare separatamente. I confronti, nella maggior parte dei casi, si limitano a una L1 con una L2.
Eurom5 e la maggior parte degli strumenti volti allo sviluppo dell’intercomprensione si presentano come strumenti che permettono di superare questa visione dicotomica ed affrontare l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue da un punto di vista plurilingue. Riferimenti bigliografici AMBROSO A. (2009), “Tutto è cominciato il 14 gennaio 1986… Per una cultura della certificazione della competenza in L2”, in Itals, VII, 20, pp. 8-37. ANDERSON N.J. (1991), "Individual differences in strategy use in second language reading and testing", in Modern Language Journal, 75, 4. pp. 460-472. BENUCCI A. (2008), “Intercomprensione e abilità parziali”, in Ciliberti A. (ed.), Un mondo di italiano. Italiano lingua non materna: promozione, insegnamento, ricerca , Perugia, Guerra Edizioni, pp. 105-120 BERRUTO G. (2004), Prima lezione di sociolinguistica, Bari, Laterza. BLANCHE-BENVENISTE C., VALLI A., MOTA M.A., SIMONE R., BONVINO E., UZCANGA DE VIVAR I. (1997), EuRom4, metodo di insegnamento simultaneo delle lingue romanze, Firenze, La Nuova Italia. BLANCHE-BENVENISTE C., VALLI A. (eds.) (1997), L’intercompréhension: le cas des langues romanes, Le français dans le monde, numéro spécial, Paris, Hachette. BONVINO E. (1998), “Il multilinguismo e l'intercomprensione”, in Serra Borneto C. (ed.), C'era una volta il metodo, Roma, La Nuova Italia Scientifica, pp. 267–285. BONVINO E. (2010), “Intercomprensione. Percorsi di apprendimento/insegnamento simultaneo di portoghese, spagnolo, catalano, italiano e francese” in Mezzadri M. (eds.), Le lingue dell’educazione in un mondo senza frontiere, Perugia, Guerra Edizioni, pp. 211-221. BONVINO E., CADDÉO S., PIPPA S., VILAGINES SERRA E. (in stampa), EuRom5. Leggere e capire 5 lingue romanze, Milano, Hoepli. BOUVET É., BREELLE D. (2004), “Pistage informatisé des stratégies de lecture : une étude de cas en contexte pédagogique”, in Apprentissage des langues et systèmes d'information et de communication (ALSIC), 7, 1, pp. 85-106. http://alsic.revues.org/v07/bouvet/alsic_v07_02-pra1.htm, on-line dal 15/06/2004. BOWLES M.A. (2010), The Think-Aloud Controversy in Second Language Research, New York/London, Routledge Taylor & Francis Group. CADDEO S., VILAGINES SERRA E. (1997), “Observations de quelques mécanismes d’apprentissage”, in Blanche-Benveniste C., Valli A. (eds.) (1997), pp. 116-128. COHEN A.D. (1998), Strategies in learning and using a second language, London, Longman. CONSIGLIO D’EUROPA (2002) Quadro commune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione, Oxford/Firenze, Oxford/la Nuova Italia. HOSENFELD C. (1984), “Case study of ninth grade readers”, in Alderson, C.J., Urquhart A.H. (eds.), Reading in a foreign language. Harlow, Longman, pp. 231-244. O’MALLEY J.M., CHAMOT A.U., STEWNER-MANZANARES G., RUSSO R. , KUPPER L. (1985), “Learning strategy applications with students of English as a second language”, in TESOL Quarterly, 19, pp. 285-296. POZZO G. (2006), “Leggere navigando”, in Nobili P. (ed.), Oltre il libro di testo. Multimedialità e nuovi contesti per apprendere le lingue, Roma, Carocci, pp. 31-75. SARIG G. (1987), “High-level reading in the first and the foreign language: Some comparative process data”, in Devine J., Carrell P., Eskey D. (eds.), Research in reading in English as a Second Language, Washington, DC, TESOL Publications, pp. 105-120.
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