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INVITED ARTICLES/ARTICOLI SU INVITO Life-designing counseling: specificities and integrations of career construction theory and self construction theory Life-designing counseling: specificità e integrazioni della teoria della costruzione di carriera e della teoria della costruzione di sé Jean Guichard* e Annamaria Di Fabio** * Institut National d’Étude du Travail et d’Orientation Professionnelle (INETOP) – Conservatoire National des Arts et Métiers (CNAM) Paris ** Laboratorio di Psicologia per la ricerca sull’orientamento professionale e il career counseling, Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi Firenze Summary: This article presents an in-depth examination of career construction theory and self construction theory and their integration in Life designing counseling. After outlining the current socio-economic context, the career construction model and the self construction model are described, underlining their common relationship to social constructivist epistemology and their specific contributions to the new paradigm Life designing counseling. This contribution provides stimulating ideas for those involved in research and intervention in the field of guidance. Keywords: career construction theory; self construction theory; Life-designing coun- seling. Riassunto. Questo articolo presenta un approfondimento della teoria della costruzione di carriera e della teoria della costruzione di sé e delle loro integrazioni nell’ambito del Life designing counseling. Dopo aver delineato il contesto socio-economico attuale, si descrivono il modello della costruzione di carriera e il modello della costruzione di Autore per la corrispondenza: A. Di Fabio. Fax +39 055 6236047. Tel. +39 055 6237850 Indirizzo e-mail: adifabio@psico.unifi.it Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Firenze, via di San Salvi 12, Complesso di San Salvi, Padiglione 26, 50135 Firenze, Italia. Edizioni Erickson – Trento Vol. 3, N. 3, Novembre 2010 (pp. 277-289) 277
Vol. 3, N. 3, Novembre 2010 sé, sottolineandone la comune relazione con l’epistemologia sociale costruttivista e il contributo specifico al nuovo paradigma Life designing counseling. Il presente lavoro offre interessanti stimoli per coloro che si occupano di ricerca e di intervento in ambito di orientamento. Parole chiave: teoria della costruzione di carriera; teoria della costruzione di sé; Life- designing counseling. L’orientamento nelle società industriali globalizzate all’inizio del XXI secolo induce a non poter ignorare una riflessione approfondita su criticità e parole chiave per gli interventi, tenendo ben presente che il modo in cui si pone il problema dell’orientamento in una società dipende da fattori sociali (ad esempio, determinate rappresentazioni collettive), da modalità di organizzazione del lavoro, dalla formazione ricevuta e dal titolo di studio conseguito (Guichard, 2007, 2009a). Nelle nostre società contemporanee, gli individui fronteggiano pertanto problemi di orientamento differenti a seconda che si tratti di giovani che vanno ancora a scuola, di adulti in possesso di qualifica o di lavoratori precari. Da una parte lo sviluppo tecnologico di informazione, comunicazione e trasporti e, dall’altra, gli importanti fenomeni migratori hanno avuto come conseguenza la presa di coscienza, da parte di tutti, della parzialità di alcune visioni, atteggiamenti, rappresentazioni o valori. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione diffondono, in gran parte del mondo, globalizzandoli, modi di essere e comportarsi, atteggiamenti, stili di vita, cre- denze o rappresentazioni sociali, norme, ecc. All’interno di tale mutata cornice tecnologica e culturale di riferimento, le identità individuali si rivelano meno stabili, meno scontate, al contrario più fluttuanti in modo tale che il compito di trovare punti di riferimento stabili tramite i quali orientarsi risulta ancora più complesso e difficile. Il paradosso all’interno del quadro delineato è che nelle nostre società industriali globalizzate, l’individuo — per quanto maggiormente insicuro per queste configurazioni congiunturali precedentemente espresse — viene ritenuto responsabile delle scelte relative alla propria esistenza, sebbene si collochi in un contesto sociale dal futuro imprevedibile, talvolta con caratteristiche così incerte da configurarsi perfino come potenzialmente minacciose. Fra le scelte che si col- locano nel dominio di azione dell’individuo, quelle relative alla scelta professionale e al lavoro si configurano come fondamentali, dal momento che lo svolgimento della propria attività professionale è ritenuta come il principale mezzo di autorealizzazione della persona (Guichard, 2007, 2009a). I principali cambiamenti intercorsi negli ultimi decenni meritano tuttavia di essere menzionati. In primo luogo le evoluzioni tecnologiche, dal momento che l’ultimo quarto del XX secolo è stato caratterizzato dall’automatizzazione e poi dall’informatizzazione della produzione con la nascita di una nuova modalità di organizzazione del lavoro, definita da Alain Touraine (1955) e da Claude Dubar (1996) «sistema tecnico del lavoro», caratteriz- zata da una forma di controllo collettivo in base al quale gli impieghi sono definiti meno rigorosamente e il lavoro è più flessibile: la conseguenza è che ognuno deve mantenere e ampliare una certa polivalenza con l’obbligo di acquisire continuamente nuove competenze in un contesto definito di «impresa che apprende» (Tarondeau, 2002). In questo contesto, 278
GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni l’orientamento professionale assume la fisionomia dello sviluppo vocazionale nel corso della vita intera (Super, 1957) e ogni lavoratore affronta il problema dell’orientamento in quest’ottica: «Come fare il bilancio delle varie esperienze fatte e come definire (e ridefinire) i miei progetti di carriera?». Altri cambiamenti importanti con ricadute sull’organizzazione del lavoro sono dovuti allo sviluppo dei trasporti e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che hanno comportato, per le imprese, una concorrenza agguerrita che ha determinato, in molti casi, la necessità di una nuova struttura comprendente un nucleo di lavoratori «centrali» circondato da un numero variabile di lavoratori «periferici» con caratteristiche, pertanto, molto differenti: i lavoratori centrali appartengono alle categorie di impiegati qualificati polivalenti, che permangono nell’impresa e ne costituiscono il core, garantendo la prosecu- zione dell’impresa e il suo riassestamento in caso di crisi, mentre i secondi si configurano come operatori a basso livello di qualifica, la cui assunzione viene regolata da contratti a tempo determinato in caso di congiunture positive e successivamente licenziati, in condi- zioni di crisi dell’azienda. I lavoratori periferici si trovano perciò molto più frequentemente in condizione di dover gestire improvise transizioni caratterizzate dall’urgenza di questo interrogativo: «Come far fronte a questa nuova transizione che affligge la mia vita?» (perdita dell’impiego o della casa, divorzio, problemi di salute, ecc.) (Guichard, 2007). L’ultimo cambiamento importante che merita una menzione riguarda l’assetto scola- stico e la sua configurazione. Ai giorni d’oggi la scuola ha mutato fisionomia nell’interesse di accogliere un numero sempre maggiore di giovani di diverse origini sociali e culturali, mirando ad ampliare anche il tempo della loro permanenza nel contesto scolastico, tro- vandosi tuttavia a confrontarsi con nuovi problemi legati all’organizzazione dell’apparato burocratico e alla ripartizione degli allievi. Ciascuna nazione ha optato per soluzioni diverse articolando il continuum tra una risposta maggiormente caratterizzata da una formazione professionale e tecnica erogata dalla stessa organizzazione scolastica o al contrario, sul polo opposto, maggiormente sotto l’egida delle imprese. Il problema di orientamento scolastico che ne è scaturito, a livello di singolo allievo (e della sua famiglia), risulta formulabile nel modo seguente: «Quale formazione scegliere, tenuto conto: a) dell’architettura del siste- ma scolastico e delle procedure (implicite ed esplicite) di ripartizione degli allievi; b) dei risultati scolastici; c) delle aspettative personali (e familiari) relative al futuro inserimento sociale e professionale?» (Guichard, 2008, 2009a). In questo contesto, alcuni punti nevralgici sono i seguenti: occupandosi del proprio orientamento scolastico o professionale la persona si trova a confrontarsi inevitabilmente con l’interconnessione delle sue attività lavorative con altre dimensioni della vita (Curie & Hajjar, 1987), in quanto le sue previsioni e scelte professionali hanno per lui senso esclusivamente in riferimento allo stile di vita che desidererebbe condurre e al genere di persona che vorrebbe diventare; inoltre, proprio per queste caratteristiche, la persona ha la necessità di effettuare un attento lavoro di riflessione e risulta fondamentale che possa essere sostenuta in questo percorso riflessivo; la pratica paradigmatica di accompagnamento nell’orientamento attuale è pertanto costituita dall’interazione dialogica nel counseling, in quanto consente di sostenere e aiutare l’individuo nell’elaborazione del suo problema, sviluppando la sua capacità riflessiva riguardo a se stesso e alla società che lo circonda, al 279
Vol. 3, N. 3, Novembre 2010 fine di coadiuvare azioni efficaci attraverso le quali possa ben posizionare la sua esistenza all’interno di una prospettiva che si riveli, ai suoi occhi, permeata di senso e significato (Guichard, 2009a). Il counselor, attraverso la sua attività, aiuta pertanto il cliente a giun- gere alla formulazione delle domande fondamentali rispetto al problema; a identificare le esperienze passate e presenti che ai suoi occhi si configurano come centrali nella propria esistenza; a diventare pienamente cosciente delle differenti forme identitarie soggettive alle quali tali esperienze corrispondono (e delle relazioni che tali forme intrattengono tra loro) (Guichard, 2004, 2008); a distinguere, sul piano delle previsioni che può effettuare, ciò che si rivela per lui realmente importante; a specificare le attività e gli impegni necessari in modo da poter consentire che tali previsioni identificate come principali possano avverarsi; a profondere l’impegno necessario perché tali azioni possano concretizzarsi. Alcune considerazioni ulteriori che meritano di essere sottolineate prima di introdurre le novità connesse con la nascita del nuovo paradigma per il XXI secolo, il life designing (Savickas et al., 2009) sono le seguenti: le persone non risultano simili per ciò che concerne la capacità di cui dispongono nel fronteggiamento di eventuali problemi di orientamento, nella loro analisi, come nello sviluppo e nella ricerca di mezzi per risolverli (Guichard, 2009a). Alcuni stimolanti concetti al riguardano rimandano alla considerazione di «capitale identitario» (Côté, 1996) o di «capitale di carriera» (Cadin, Bender, & De Saint Giniez, 2003). Un’ultima basilare riflessione include il valore della dimensione etica dell’orien- tamento della vita individuale, da intendersi e declinarsi nei termini della preoccupazione nutrita verso se stessi e verso gli altri. In tale scenario complesso e fortemente diverso da quello del XX secolo nasce il nuovo paradigma life designing (Savickas et al., 2009), alla cui base troviamo, a livello di quadro teorico, due modelli paricolarmente affini, anche se con alcune differenziazioni che vanno evidenziate e approfondite separatamente (Guichard, 2010b). Il primo è il modello di costruzione professionale (career construction) di Mark Savickas, mentre il secondo è quello basato sull’approccio di costruzione di sé di Jean Guichard (Guichard, 2010a, 2010b). Entrambi risultano afferenti all’epistemologia del costruttivismo sociale (Collins & Guichard, in press) e verranno presentati dettagliatamente per coglierne specificità, affinità e divergenze anche in termini di potenzialità di utlizzo. Il modello della costruzione di carriera di Mark Savickas Questo approccio affronta il tema della costruzione del proprio percorso professionale da una prospettiva olistica, volta a integrare i tre principali orientamenti della psicologia vocazionale: differenziale, dello sviluppo e dinamica, che rispondono alle tre domande con le quali le persone si confrontano nel processo di costruzione del proprio progetto professionale: «Quale percorso professionale costruire?», «Come costruirlo?», e infine: «Perché costruirlo?». Mark Savickas (2005) afferma: «La teoria della costruzione professionale afferma che le persone costruiscono il proprio percorso lavorativo dando significato al proprio comportamento vocazionale e alle proprie esperienze di lavoro […]. Qui, il percorso 280
GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni professionale rappresenta uno sviluppo soggettivo che conferisce un significato personale ai ricordi passati, alle esperienze presenti e alle aspirazioni future, combinandole in un tema di vita che modella la vita professionale dell’individuo. Così, il percorso professio- nale soggettivo che guida, regola e sostiene il comportamento vocazionale, emerge da un processo attivo di creazione di significato e non di scoperta di fatti pre-esistenti. Consiste in una riflessività biografica che viene prodotta discorsivamente e fatta “reale” attraverso il comportamento vocazionale. Nel raccontare storie di percorsi lavorativi sulle proprie esperienze professionali, le persone scelgono di enfatizzare determinate esperienze per creare una verità narrativa in base alla quale vivono» (Savickas, 2005, p. 43). Alla questione riguardante quale percorso professionale costruire, la psicologia differenziale fornisce risposte in base alla teoria TWA – PEC di Dawis e Lofquist (1984) e al modello di Holland (1959), fondate sul principio della personalità vocazionale definita in termini di tratti. Secondo la prospettiva avanzata da Hogan, «la funzione primaria dell’attribuzione di tratti è quella di valutare gli altri e, più precisamente, di valutare il loro potenziale come risorse per il gruppo» (1983, p. 60). Di conseguenza, sottolinea Savickas (2005, p. 44), «in un gruppo che suddivide il lavoro tra i propri componenti, i tratti possono essere utilizzati per assegnare gli individui a ruoli professionali». Per quanto concerne il modello di John Holland RIASEC, «nella teoria della costruzione di carriera, questi tipi di interessi altro non sono che corrispondenze a insiemi socialmente costruiti di attitudini e abilità; non hanno nessuna oggettività o verità al di fuori di se stessi» (p. 44). Pertanto, i consulenti di orientamento che usano la teoria della costruzione professio- nale somministrano talvolta test di interessi, soprattutto se richiesti dai clienti. Tuttavia, i punteggi ottenuti non indicano i «veri» interessi del cliente ma, piuttosto, generano ipotesi che vengono considerate possibilità, non previsioni. La questione riguardante come costruire questo percorso professionale, nel campo della psicologia vocazionale, corrisponde a quella degli approcci dello sviluppo. Nel con- testo odierno caratterizzato da società «fluide» e da organizzazioni flessibili, non viene raggiunta una corrispondenza tra persona e ambiente: gli individui modificano i propri concetti di sé e si identificano in alcuni possibili ruoli professionali. Si attiva in tal modo un processo di costruzione professionale al quale Savickas si riferisce con il costrutto di adattabilità professionale: «un costrutto psicologico che indica la capacità e le risorse di un individuo per affrontare compiti di sviluppo vocazionale, transizioni professionali e traumi personali attuali e imminenti. L’adattabilità modella l’estensione di sé nell’ambiente sociale allorché le persone si relazionano con la società e regolano il proprio comportamento vocazionale in base al compito di sviluppo imposto da una comunità e alle transizioni in- contrate in ruoli occupazionali. Funzionando come strategia di autocontrollo, l’adattabilità professionale permette agli individui di impiegare effettivamente i propri concetti di sé in ruoli occupazionali, creando così le proprie vite lavorative e costruendo i propri percorsi professionali» (Savickas, 2005, p. 51). Savickas (2005) propone una struttura a tre livelli per l’adattabilità professionale. Il primo comprende i componenti fondamentali: interessamento, controllo, curiosità e fidu- cia in se stessi. Quindi, la costruzione del percorso professionale implica: 1) interessarsi 281
Vol. 3, N. 3, Novembre 2010 del proprio futuro come lavoratore; 2) aumentare il controllo personale sul proprio futuro professionale; 3) mostrare curiosità esplorando possibili sé e scenari futuri; 4) rafforzare la fiducia in se stessi per perseguire le proprie aspirazioni. Il livello intermedio è rappre- sentato dagli atteggiamenti specifici, dalle convinzioni e dalle competenze necessarie ad affrontare le quattro precedenti categorie di compiti. Il livello più basso è costituito dai comportamenti vocazionali. Il problema riguardante il perché costruire questo percorso professionale, viene affrontato dalla teoria della costruzione professionale, evidenziando il ruolo determinante delle storie costruite dalle persone a proposito dei propri percorsi di carriera (e di vita). Come sottolineato da Savickas (2005, p. 58), raccontare «rappresenta un tentativo reale di dare significato e forma al proprio futuro […]. Raccontando le proprie storie, i clienti stanno costruendo un possibile futuro. Sembra che i clienti raccontino ai consulenti le storie che essi stessi hanno necessità di sentire, poiché, tra tutte quelle disponibili, scelgono di raccontare quelle che sostengono gli obiettivi attuali e stimolano l’azione; anziché ricordare, le persone ricostruiscono il passato, cosicché avvenimenti trascorsi vengono a sostenere scelte attuali e a gettare le basi per movimenti futuri: non si tratta dunque del presente che trae insegnamento dal passato, ma del passato che trae insegnamento dal presente, rimodellandosi per adattarsi ai bisogni correnti». Ciascuna storia trova la propria unità nei temi di vita. «Le singole storie professionali raccontate da una persona sono unite da temi integranti che collocano le singole esperienze di vita lavorativa in una trama. Attraverso la collocazione e l’unione consapevole di queste singole esperienze, un tema unificante di vita modella l’esperienza vissuta dando coerenza significativa e continuità a lungo termine», osserva Savickas (2005, p. 58), che definisce questi temi citando Csikszentmihalyi e Beattie (1979): «Un tema di vita consiste in un problema o una serie di problemi che una persona vuole risolvere sopra ogni altra cosa e nei mezzi che la persona trova per giungere a una soluzione» (Savickas, 2005, p. 59). I colloqui di orientamento dovrebbero focalizzarsi su questo argomento, come spiega Sa- vickas: i consulenti, «nel tentativo di comprendere il tema o il segreto che fa della vita un insieme, non devono prestare ascolto ai fatti ma al collante che li tiene insieme» (Savickas, 2005, p. 58). E aggiunge (p. 59): «l’attività fondamentale consiste nell’enunciazione della preoccupazione e nella discussione delle possibili soluzioni in forma di occupazioni. Que- sto prevede che si aiuti il cliente a costruire interessi. Creare interessi è l’elemento chiave nel processo di orientamento, poiché «gli interessi nascono come soluzioni ai problemi» (Savickas, 2005, p. 59). Pertanto: «spesso i counselor devono aiutare i clienti a creare in- teressi, mostrando loro come alcune occupazioni e mestieri si rivolgano proprio alle loro preoccupazioni e, così facendo, come potrebbero risolvere i loro problemi» (p. 59). Il modello della costruzione di sé di Jean Guichard Il modello della costruzione di sé (Guichard, 2000, 2001, 2004, 2005, 2008, 2009b) intende descrivere, in maniera più generale rispetto al modello della costruzione professio- nale, la costruzione, da parte delle persone, della propria vita in ambiti differenti e i processi 282
GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni attraverso cui li ordinano. Questo approccio tiene in considerazione il ruolo centrale delle attività lavorative nella costruzione di vita degli individui: da un lato, poiché le nostre società si basano su una divisione sociale del lavoro, dall’altro, perché le attività lavora- tive, per natura (organizzate in un certo modo implicano interazione e dialogo), portano a cambiamenti (ad esempio, attraverso lo sviluppo di nuove competenze, nuove immagini di sé, ecc.). Tuttavia, le attività lavorative — e la costruzione professionale — hanno un senso per le persone solo in relazione alle loro attività ed esperienze in altri ambiti — all’interno della costruzione del percorso di vita (Curie & Hajjar, 1987). Il modello di costruzione di sé considera le persone delle società postmoderne come esseri plurali, riferendosi all’identità individuale come a un sistema dinamico di forme d’identità soggettiva. Gli individui trovano un’unità sommando le loro diverse esperienze, tramite la creazione di alcune aspettative sul proprio futuro, che diventano fondamentali. Nelle nostre società le persone possono trovarsi a interagire in differenti contesti, sviluppando esperienze eterogenee attraverso le quali costruiscono differenti immagini di sé e assumono ruoli che variano da un ambiente all’altro. Il costrutto di «forma d’identità soggettiva» (FIS, Guichard, 2010a) descrive ciascuno di quei Sé che un individuo costruisce e mette in atto (o ha costruito e messo in atto così come pensa di costruire e di mettere in atto in futuro) in uno specifico contesto. Si può definire una FIS come una serie di modi di essere, agire e interagire secondo un particolare modo di rappresentare o di concepire se stessi in un dato contesto. Più genericamente, una FIS corrisponde a un determinato ruolo sociale. Ad esempio, una giovane studentessa può considerarsi «una studentessa liceale di scienze». Una FIS include anche il modo in cui un individuo si vede in questo ruolo, in quel contesto, e ciò che dice di sé in quel ruolo. Alcune si riferiscono a contesti in cui la persona interagisce e comunica in un dato momento della propria vita, mentre altre alle aspettative o al modo in cui un individuo si immagina nel futuro, e altre ancora, invece, sono relative a esperienze passate che hanno influenzato il soggetto (Tabella 1). Molti studenti universitari laureandi in sociologia, ad esempio, si vedono già (e si comportano di conseguenza) secondo le caratterizzazioni della FIS «Il sociologo». Molti di loro, terminata l’università, trovano occupazione come operatori sociali e affermano di lavorare «come sociologi» (ad esempio, dicono di essere più attenti alle origini ambientali delle difficoltà vissute dalle persone con cui lavorano) (Piriou & Gadea, 1999). Queste FIS corrispondono ad ampie categorie affermate in uno specifico contesto sociale (ad esempio, studenti liceali), o a identità comunitarie locali (ad esempio, «Noi tifosi della curva sud dello stadio»). A volte le FIS corrispondono a modi idiosincratici di simboliz- zare e categorizzare esperienze che l’individuo associa e che assumono quindi per lui un significato. Ad esempio, una giovane, dopo un colloquio di orientamento al lavoro, può iniziare a categorizzare alcune delle sue attività, modi di relazionarsi con gli altri, con se stessa, ecc., in ambiti differenti della sua vita in base alle caratteristiche di una FIS che corrisponde a un tipo Holland. Nel modello di costruzione di sé, l’identità individuale viene vista come molteplice, come un sistema di forme d’identità soggettiva (SFIS) mutevole. Nelle società «fluide», rispetto a quelle più rigide e meno diversificate, lo SFIS di un individuo tende a essere 283
Vol. 3, N. 3, Novembre 2010 Tabella 1 Esempio di FIS Una FIS denota una serie (dipendente da un Esempio: Io, studente dell’ultimo anno di liceo determinato contesto) di: scientifico… d’azione) basate sulla conoscenza, il know- esercizi nel libro di testo corrispondenti alla how, le abilità interpersonali (attitudini); lezione del giorno; nel contesto (ad esempio, in un contesto necessario imparare a fondo la matematica scolastico, ai vari soggetti scolastici); e l’inglese; - persone in questo contesto; matica. Discutiamo assieme i problemi di matematica che non capiamo. Ci piacciono anche gli stessi film. Spesso andiamo al cinema insieme; contesto (generalizzazioni di auto-osserva- zioni, senso di autoefficacia e autostima); situazione presente. iscrivermi a un’università prestigiosa; - vere problemi matematici assieme. diversificato e dinamico: le persone costruiscono un repertorio più ampio di FIS e hanno più facilità a modificarlo. Alcune occupano un posto più importante di altre. Per uno stu- dente liceale, ad esempio, potrebbe essere «Io, lo studente di liceo scientifico», mentre per un altro «Io, il vigile del fuoco volontario». Le FIS principali sono solitamente quelle che generano le FIS ambite (FISA): queste portano l’individuo a immaginare il proprio futuro, dando priorità alle prospettive che renderanno coerenti tutte le sue FIS. Nel processo dinamico di costruzione del Sé (nelle trasformazioni sia delle FIS che del sistema che creano), una tensione tra due forme di riflessività assume un ruolo fondamentale. La prima si riferisce ai processi di identificazione che implicano la costruzione dell’individuo a immagine dell’altro e il tentativo di diventare come tale modello (o di non diventare come un dato contro-modello): influiscono sulla costruzione delle FIS durante l’infanzia, l’adolescenza e l’inizio dell’età adulta nonché sull’affermazione del proprio SFIS in determinate prospettive dominanti. Costituiscono infatti gli «ideali dell’Io» definiti da Erik Erikson come «una serie di obiettivi ideali dell’Io a cui si aspira ma mai del tutto ottenibili» (1980, p. 160). Alcuni «ideali dell’Io» si riferiscono probabilmente a quelli che Savickas (2005) definisce «modelli comportamentali». Mentre il primo processo di riflessività è duale (relazionarsi con se stessi attraverso un Sé ambito), il secondo è triplo. Prevede un dialogo con il Sé nel quale l’individuo occupa 284
GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni le tre possibili posizioni di qualunque pensiero: l’«Io» che assume una certa posizione, il «tu» che risponde e il «lui/lei» il cui punto di vista in terza persona viene discusso dall’«io-tu» (Jacques, 1982). L’individuo ha la possibilità di elaborare interpretazioni alternative delle proprie esperienze, in modo da distanziarsi da esse e dal loro significato immediato. Ad esempio, un giovane che rinuncia alla FISA di campione di ciclismo, può costruirne una di studente di biologia, di dietologo, ecc., analizzando l’importanza di ciascuna di esse. Questo modello di costruzione di sé porta a uno specifico intervento di orientamento professionale, che presenta lo scopo di aiutare le persone a: a) dedurre le caratteristiche delle proprie FIS principali al momento dell’intervento; b) accorgersi dei collegamenti tra la/le FIS principale/i con altre FIS attuali, ma meno centrali, passate o ambite; c) considerare le FIS ambite fondamentali per la persona e definire le risorse che essa può mobilitare per cercare di soddisfare tali aspettative. È importante che i counselor aiutino i clienti a non contare unicamente su una delle due forme di riflessività descritte: privi- legiare la prima potrebbe coinvolgere l’individuo nella costruzione di Sé in una FIS che egli ritiene una importante aspettativa di sé (un atteggiamento simile a quello che James Marcia definì «preclusione»); optare per la seconda potrebbe impegnarlo in un processo di interpretazioni e re-interpretazioni delle proprie esperienze, con la creazione di varie FIS non messe in atto. La comune afferenza all’epistemologia sociale costruttivista Entrambi i modelli presentati fanno riferimento a un’epistemologia di costruttivismo sociale, pertanto «gli individui non sono considerati come oggetti passivi di forze esterne, ma come “agenti proattivi” la cui attività principale consiste nell’auto-organizzazione, cioè nello stabilire e mantenere ordine e continuità nella loro esperienza» (Mahoney, 2002, p. 747). Poiché «queste attività di auto-organizzazione sono “radicate in contesti sociali e simbolici”» (p. 747), la lingua, la cultura e le relazioni risultano fondamentali nel costruttivismo. Lo sviluppo individuale è «un sistema attivo aperto», che si trasforma nel tempo fino a raggiungere un equilibrio tra «processi di ordine e disordine» (p. 749). «Questa premessa costruttivista è contraria al postulato di immanenza sui cui si basano i modelli tradizionali di psicologia vocazionale» (Dumora, 2010, p. 120). Pertanto, gli interventi di orientamento non hanno lo scopo di svelare ciò che già esiste; vogliono invece aiutare a costruire, creare, una certa intenzione. Ad esempio, un counselor di orientamento utilizza un questionario Holland come strumento che aiuterà il cliente a scoprire i propri interessi e che lo porterà a costruirsi in un certo modo, in linea con il quadro simbolico (il sistema delle categorie) su cui questo questionario si basa. Questi due modelli risultano vicini a un importante postulato del costruzionismo sociale secondo il quale la lingua «costruisce l’esperienza ed è performativa, una forma di intervento» (Collins & Guichard, in press). Quindi, le storie e le FIS ambite che un individuo costruisce sulla propria carriera o vita du- rante un intervento di orientamento vengono considerate anche gli esiti di questa interazione (Guichard, 2010b). L’individuo potrà poi utilizzarle (per farne gli «interpretanti» delle 285
Vol. 3, N. 3, Novembre 2010 proprie esperienze; Colapietro, 1989) per agire nella direzione tracciata durante questo processo. Tuttavia, i due modelli non affermano che i sistemi di interpretazione costruiti da una persona durante le proprie interazioni (ad esempio, in un intervento di orientamento) con uno o più sistemi (ad esempio, in occasione di esercizi proposti da un culto) sarebbero uguali. Anzi, emergono differenze poiché i due modelli intendono offrire agli individui la possibilità di simbolizzare le proprie esperienze diverse (in termini di storie di carriera o FIS ambite) in modo personale, all’interno di un sistema predefinito di convinzioni e di determinate prospettive. Infine, gli interventi di orientamento seguono un’etica di libertà: intendono aiutare le persone a utilizzare le proprie capacità simboliche per aumentare il controllo sul corso della propria vita prestando allo stesso tempo attenzione ad altri vicini e lontani (Ricœur, 2007). Specificità dei due approcci La principale differenza tra questi due modelli (Guichard, 2010a) è che il primo focalizza sulla costruzione professionale, mentre il secondo si concentra sulla costruzione di vita. Il primo modello, centrato sulle FIS vocazionali presenti e ambite, permetterebbe di rispondere meglio alla maggior parte delle questioni rivolte a un consulente di orientamento da un cliente, soprattutto se è un adulto impegnato in una carriera o un giovane che presto ne intraprenderà una. Il secondo potrà probabilmente rispondere meglio alle esigenze di adolescenti o giovani adulti che, nelle nostre società, devono affrontare molteplici compiti di sviluppo in diversi ambiti di vita (ad esempio, Che stile di vita potrei avere? Cos’è che veramente importa nella mia vita? Ecc.). Dovranno affrontare il compito di rilevare certi atteggiamenti abituali abitudinariamente (ad esempio, il modo di comportarsi, di relazionarsi con gli altri, ecc.) di cui solitamente non sono consapevoli. Poi dovranno attribuire a essi un significato, ripensando anche a esperienze passate o ad aspettative importanti riguardo se stessi (temi di vita). Questi processi di realizzazione e interpretazione richiedono diverse sedute di counseling nell’arco di più settimane. Possono essere previste attività tra una seduta e l’altra per incrementare la riflessività dei clienti (ad esempio, scrivere un diario). Nell’ambito del modello di costruzione della carriera, invece, gli interventi di counseling sembrano più brevi, poiché i clienti sono invitati a considerare la propria costruzione di vita dalla prospettiva dominante di carriera. Inoltre, questi due modelli differiscono per il fatto che il concetto di «temi di vita» pone maggior enfasi sulle esperienze passate rispetto a quello delle «FIS passate», in quanto i temi di vita sottolineano la continuità dei processi nell’esistenza umana, mentre il modello di un sistema dinamico di FIS evidenzia le trasformazioni dell’identità. Dunque, la persona descritta dal modello di costruzione professionale appare più unificata, coerente e connessa nella costruzione della propria vita. Quella delineata dal modello di costru- zione di sé, invece, è più plurale, più influenzata dalla diversità delle proprie esperienze e in cerca di prospettive future che possano unificare la propria esistenza. La costruzione professionale sembra pertanto maggiormente orientata a cercare di dare unità al presente 286
GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni attraverso l’organizzazione del passato; la costruzione di sé, invece, a dare unità al presente mediante le possibilità future (Guichard, 2010a). In sintesi, si potrebbe affermare che sembra proprio che le similitudini e le diffe- renze tra questi due approcci, pur accomunati da alcune intrinseche somiglianze, possano essere riassunte attraverso due domande paradigmatiche. Il modello della costruzione di carriera si basa sul principio che, nelle nostre società, gli individui si trovino a rispondere a una domanda fondamentale: «Qual è il significato della mia carriera nella mia vita?»; il modello di costruzione di sé si orienterebbe invece su un diverso quesito di riferimento: «Che cosa dà (o potrebbe dare) alla mia vita significato per me?» Si può ipotizzare, al riguardo (Guichard, 2010a), che nel Nord America e in Europa la prima domanda possa risultare più adatta probabilmente in riferimento a clienti adulti, mentre la seconda possa apparire più adeguata con gli adolescenti e gli adulti emergenti. Il nuovo paradigma per il XXI secolo, il life designing counseling (Savickas et al., 2009), basandosi su entrambi questi due modelli di riferimento, introduce nella sua definizione una prospettiva: life-long, vale a dire per tutta la vita, in quanto l’intervento offre un supporto adeguato quando tiene conto delle variabili in continuo cambiamen- to e si svolge secondo un processo graduale, che prevede in primo luogo di aiutare il cliente a definire le sue abilità e le sue conoscenze; olistica, dal momento che il nuovo paradigma invita a tener conto, oltre agli aspetti vocazionali relativi alle esperienze da studenti o da lavoratori, di altri ruoli che la persona svolge nella propria vita, ad esempio come membro della famiglia o cittadino (Super, 1990); contestuale, visto che è oppor- tuno porre attenzione, come sottolineato dal costruzionismo sociale, all’importanza del contesto, non solo presente, ma anche passato, all’interazione tra questi contesti e l’individuo e al modo in cui egli li ha osservati e interpretati allora e attualmente (Young, Valach, & Collin, 2002); preventiva, poiché gli interventi di career counseling dovrebbero essere strutturati considerando la capacità intrinseca del cliente di produrre cambiamenti significativi alla fine di determinati episodi della propria vita, stimolando l’adattabilità, l’abilità a narrarsi, l’operosità, la volizione. In realtà, l’adattabilità porta al cambiamento, mentre l’abilità a narrarsi porta alla continuità; entrambe procurano all’individuo la flessibilità e la fiducia in sé necessarie per metterlo alla prova nelle sue attività (Savickas et al., 2009). Inoltre, l’abilità nel narrarsi porta il cliente a capire meglio i motivi conduttori della propria esistenza, la propria personalità vocazionale e le risorse personali di adattabilità (Savickas, 2005). Alla luce del life designing counseling, il ruolo del counselor di orientamento consiste pertanto nell’aiutare il cliente a elaborare le proprie identità con le sue stesse parole, i ruoli assunti, e a tratteggiare le proprie abilità cognitive sottostanti attraverso riflessioni comparative e probabilistiche. Si tratta di un processo non lineare, teso ad affrontare l’esplorazione del Sé, dell’ambiente e delle relazioni tra Sé e ambiente (Gui- chard, 2004, 2005; Guichard & Dumora, 2008). La finalità è fondamentalmente facilitare un dinamismo che nasce dalla tensione tra due forme di riflessività nella costruzione di Sé (Guichard, 2010a), per progredire nei termini di un accompagnamento psicologico adeguato alle congiunture attuali e in grado di aiutare costruttivamente la persona a orientarsi rafforzandone l’autonomia. 287
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