LEARNING EXPERIENCE Come crearne una che funziona Principi, metodi e strumenti per implementare una formazione innovativa ed ecace.
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LEARNING EXPERIENCE Come crearne una che funziona Principi, metodi e strumenti per implementare una formazione innovativa ed e cace. Massimiliano Fiorelli
Learning Experience: Come crearne una che funziona Prima edizione: maggio 2020 Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 1
Learning Experience: Come crearne una che funziona Table Of Contents Prefazione 4 Parte I. QUADRO GENERALE 6 Lo scenario macro-ambientale 7 Le dimensioni del cambiamento 10 I punti chiave di questo capitolo 15 Parte II. MODELLI FORMATIVI E APPROCCI EMERGENTI 16 Principi e teorie alla base dell’apprendimento 17 Il ruolo delle neuroscienze educative 19 Tendenze per la formazione per i prossimi anni 21 Caratteristiche generali di un ecosistema formativo evoluto 23 I punti chiave di questo capitolo 31 PARTE III. COME PROGETTARE UNA LEARNING EXPERIENCE DI SUCCESSO 32 La nuova funzione L&D 33 Progettare la Learning Experience 38 I punti chiave di questo capitolo 47 Conclusioni 48 RISORSE 50 Glossario 51 Bibliografia 55 Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 2
Learning Experience: Come crearne una che funziona Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 3
Learning Experience: Come crearne una che funziona Prefazione di Massimiliano Fiorelli La rivoluzione industriale ha portato la radicale efficienza della produzione, la rivoluzione digitale ha portato l’economia della conoscenza. La possibilità di auto-apprendere con l’accesso a risorse gratuite come video, tutorial, talk, MOOC, webinar, eBook si è ampliata a dismisura accrescendo le opportunità di soddisfare il diritto di apprendere che è la base della società della conoscenza. La rivoluzione digitale ha fatto nascere l’economia dell’esperienza dove l’utente-consumatore non è più interessato solo all’utilità del prodotto/servizio bensì egli ricerca delle esperienze che lo rendano partecipe e protagonista dell’attività in cui si trova coinvolto. La rivoluzione digitale ha anche mutato profondamente il mondo della formazione aziendale e della gestione delle risorse umane, creando un contesto in cui i confini tra apprendimento, sviluppo organizzativo e comunicazione diventano sempre più labili. La capacità di un'organizzazione di adeguare le competenze della sua forza lavoro alle esigenze di un mercato in continua evoluzione sono vitali per rimanere competitivi e continuare a prosperare. L’eBook che avete tra le mani è un breve ma intenso viaggio che inizialmente parte da due mondi distanti, quello dei modelli di apprendimento emergenti e quello del business design, che alla fine convergono e si fondono in modo naturale sfociando in quella che, per il sottoscritto, è la learning experience. Sono un manager attivo da diversi anni nel campo della formazione e del service design e il compendio che leggerete sono il frutto della mia esperienza pratica sul campo. In particolare, il volume ha come obiettivo quello di descrivere come progettare in modo innovativo la formazione nell’era della digitalizzazione esperenziale e di far comprendere perché la funzione di Formazione & Sviluppo (L&D) all’interno delle aziende è più importante che mai. Il testo è suddiviso in tre parti: la prima descrive sinteticamente il contesto storico in cui stiamo vivendo, un contesto caratterizzato da cambiamenti rapidi e profondi in ambito sociale, culturale ed economico. La disamina dei fattori macro-ambientali ha lo scopo di mettere a fuoco lo scenario in cui persone e aziende vivono e operano permettendo di avere una visione di insieme delle criticità e le relative ripercussioni sul modello di learning qui descritto. Nella seconda parte vengono descritti i modelli formativi emergenti nati anche, e soprattutto, grazie agli effetti dirompenti della trasformazione digitale. Modelli caratterizzati dall’empowering e dalla partecipazione attiva di una pluralità di attori che appartengono ai vari nodi dell’ecosistema delle organizzazioni, dove i processi di apprendimento sono co-costruiti, distribuiti, aperti e fondati sulla collaborazione orizzontale. Nella terza parte viene descritto come progettare una learning experience evidenziando quali sono i fattori critici di successo (organizzativi, tecnologici, di processo), quali sono i passi da compiere e che ruolo ha il formatore in tutto questo processo. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 4
Learning Experience: Come crearne una che funziona Parte I. QUADRO GENERALE "Non è necessario cambiare. La sopravvivenza non è obbligatoria." - William Edward Deming Pag. 6
Learning Experience: Come crearne una che funziona Lo scenario macro-ambientale Costrette ad agire in un mondo complesso, incerto, volatile, dove si è passati da una stabilità permanente ad una instabilità costante, sempre più aziende si stanno rendendo conto della progressiva obsolescenza dei classici modelli di business e di leadership, rendendo sempre più difficile conseguire un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Il periodo di trasformazione che stiamo attraversando non è determinato esclusivamente da motivi di natura tecnologica ma è la risultante di fattori e cambiamenti di diverso tipo che impattano sulla società, sul business e, di conseguenza, sulle funzioni di Formazione & Sviluppo. I fattori che impattano sulle imprese e, indirettamente, sulla formazione e lo sviluppo delle stesse, si riferiscono in particolare al contesto sociale, economico, tecnologico e, ultimamente, anche di tipo ambientale. Il contesto economico Mondo VUCA. Acronimo di Volatility (volatilità), Uncertanty (incertezza), Complexity (complessità) e Ambiguity (ambiguità), con questo termine si vuol descrivere il contesto in cui operano oggi le imprese. Un contesto in cui la natura, la velocità e l’ampiezza dei cambiamenti non sono più prevedibili, in cui è sempre più difficile utilizzare le esperienze passate per prevedere il futuro, in cui i fattori in gioco sono tanti e tali da dover rivedere i modelli organizzativi usati fino a poco tempo fa in quanto pensati per contesti con caratteristiche diametralmente opposte. Nel mondo VUCA cambia profondamente il modo con cui vengono prese le decisioni, si esercita il controllo, si definiscono gli obiettivi, si motivano gli individui, si favorisce l’apprendimento/crescita delle persone. Globalizzazione. Questo processo sistemico per il quale i mercati, le produzioni, le persone vengono connessi su scala mondiale, ha portato indubbi vantaggi di natura tecnica ed economica. La sua continua evoluzione però implica dei cambiamenti rilevanti a tutti i livelli. Per quanto riguarda le imprese multinazionali, queste ultime hanno imparato in questi decenni ad adattarsi delocalizzando le produzioni piuttosto che aprendo o chiudendo certi mercati. Questi imponenti cambiamenti hanno portato nel tempo a snellire le organizzazioni al fine di rispondere in modo agile alle situazioni. Per quanto riguarda l’individuo questi cambiamenti, sommati a quelli derivanti dalla rivoluzione digitale, hanno avuto un rilevante impatto nel mercato del lavoro. Le imprese non sono più in grado di garantire ai loro dipendenti una stabile e lunga carriera verticale realizzata solo al loro interno. La maggior parte dei lavoratori deve affrontare frequenti cambiamenti di azienda e di ambiente professionale. Viene quindi richiesta la capacità di mantenere il livello occupabilità (employability) nel mercato del lavoro. A seconda della propria condizione, con questa capacità si intende: per i giovani, quella di assicurarsi l’ingresso nel mondo del lavoro grazie a conoscenze e competenze garantite dalla qualità del sistema formativo; per chi ha un lavoro, quella di mantenerlo nel tempo, rendendo possibile un passaggio da un ruolo ad un altro nella stessa organizzazione, e soddisfacendo i requisiti richiesti per ricoprirli; per chi si deve ricollocare, quella di trovare rapidamente un lavoro, grazie al livello di spendibilità delle proprie competenze. In questa prospettiva, mentre una volta la formazione era unitaria poiché gli interessi del dipendente e dell’organizzazione tendevano a coincidere, attualmente l’orientamento deve essere pluralistico. Oggi la formazione deve mettere insieme gli interessi dell’organizzazione e quelli delle persone che spesso non coincidono. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 7
Learning Experience: Come crearne una che funziona Il contesto tecnologico Le tecnologie digitali introdotte dalla digital transformation stanno cambiando il mondo e lo faranno ad un ritmo sempre più veloce. Il prossimo decennio sarà quindi caratterizzato da una accentuata e pervasiva applicazione di nuove tecnologie in tutti i settori aziendali, ivi compreso quello dell’apprendimento. Stiamo assistendo ad un nuovo fenomeno che è quello della democrazia digitale dove gli individui hanno facile accesso alle informazioni e al sapere e possono, attraverso la partecipazione, giudicare e influenzare molto più di prima. Il possesso di capacità digitali evolute costituisce oggi un requisito di base per muoversi agilmente nella complessità organizzativa e nelle dinamiche sociali all’interno e all’esterno dell’impresa. Capacità digitale non è solo saper utilizzare bene le tecnologie ma è anche uno specifico approccio culturale e metodologico; è confidenza nell’utilizzo di nuovi media per interagire, oltre che abilità nel comunicare in modo efficace all’interno di un contesto caratterizzato dall’overload informativo. Oggi le organizzazioni non possono ignorare il fatto che il progresso tecnologico consente lo sviluppo di nuovi modi di lavorare e di fare impresa più agili, democratici e aperti ai rapporti di collaborazione, dove la tecnologia è un mezzo e le persone sono “al centro”. Il contesto sociale Millennial mindset. Impazienti, preoccupati di distinguersi in una società che omologa, abituati all’idea di mobilità (soprattutto in ambito lavorativo) e team-oriented, la generazione di nati indicativamente fra i primi anni ‘80 e la metà degli anni ’90 si distinguono in modo rilevante dalle generazioni che li hanno preceduti in termini di personalità, esigenze, capacità tecniche e lavorative. Rispetto agli “over 50” tendono a soddisfare i loro bisogni di conoscenza attraverso internet; sono meno portati a credere a fonti istituzionali o aziendali, privilegiando informazioni tra pari o che possono comunque ricavare da blog o altre fonti di apprendimento digitali. Il fenomeno dei cosiddetti Millennials rappresenta un vero e proprio ‘tsunami’ generazionale perché tra meno di 10 anni costituiranno circa il 75% della forza lavoro mondiale. Alla luce delle differenze rispetto alla generazione più anziana, che oggi occupa posizioni di comando, diverse sono le domande che sarebbe saggio porsi: Sono le aziende pronte a formarli, gestirli e fidelizzarli o sono già drammaticamente in ritardo nell’affrontare l’evoluzione culturale necessaria a integrarli nelle loro organizzazioni? Sono in grado di far convivere questi due diversi modi di vedere la realtà senza pregiudizi, cercando di prendere il meglio di entrambe le visioni? Infobesity. Viviamo in un mondo in cui siamo esposti ad una grande quantità di dati di ogni genere, un overload di informazioni costantemente presente causato dalla facilità di accesso ad esse offerte dai sistemi digitali ai quali siamo ininterrottamente connessi. Questo fenomeno genera una vera e propria dipendenza dalle informazioni che porta ad un sovraccarico cognitivo tale da non sapere più estrarre, dalla massa, le informazioni utili e necessarie a conoscere uno specifico argomento. La formazione deve essere quindi progettata secondo un principio di “continuous learning” e distribuita secondo logiche sempre più affini agli strumenti utilizzati da discenti “always on”. Contrazione soglia di attenzione. Se da una parte la nostra abilità di fare più cose simultaneamente – detta multitasking – è migliorata negli ultimi anni, quella che è drasticamente diminuita è la nostra capacità di rimanere focalizzati. Nel 2000 l’attenzione media era di 12 secondi, oggi è di solo 8 secondi. L’attenzione è l’elemento chiave che determina il successo della comunicazione in quanto è il presupposto al coinvolgimento di un individuo. Questa continua diminuzione della soglia di attenzione si traduce in una mancata risposta agli stimoli tradizionali. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 8
Learning Experience: Come crearne una che funziona Le consuete leve del marketing e comunicazione non sono più in grado di offrire contenuti interessanti per i consumatori. L’esperienza è l’elemento centrale del processo di acquisto o di utilizzo: i prodotti e i servizi diventano gli strumenti, sono invece le esperienze offerte al consumatore (interno o esterno all’azienda) a costituire il fondamento della creazione del valore. Il contesto ambientale COVID-19. Altro fattore critico, emerso di recente e che riguarda l’ambiente fisico in cui operano le aziende e le persone, ce lo ha portato il COVID-19 e la pandemia a livello mondiale da lui scatenata. Questo “fenomeno naturale” sta mettendo a dura prova la resilienza dei sistemi e spingendo le aziende a operare rapidamente con nuove modalità come mai prima d'ora. Rischi alla continuità del business, improvvisi cambiamenti nei volumi, necessità di riqualificare le competenze delle persone; queste sono le nuove sfide a cui i leader sono sottoposti, e a cui è necessario dare risposte in tempi brevi. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 9
Learning Experience: Come crearne una che funziona Le dimensioni del cambiamento Alla luce dello scenario appena esposto dovrebbe risultare evidente l’importanza di gestire un cambiamento, senza eguali dal dopo guerra ad oggi, al fine di governare i fattori che caratterizzano la complessità e l’imprevedibilità del mondo odierno. In realtà non è così scontato rendersene conto. Per decenni infatti i progressi della tecnologia hanno cambiato il modo di lavorare e le aziende si sono adattate. Perché questa volta è diverso? Probabilmente perché stiamo assistendo ad un vero e proprio cambiamento evolutivo dell’uomo, dove la tecnologia diventa, questa volta, motore di cambiamento sociale e di trasformazione culturale degli individui, aprendo territori sconfinati di studio e di ricerca per antropologi, sociologi, psicologi e psichiatri. È dunque in atto uno sconvolgimento che, inaugurando affascinanti universi di conoscenza e di esperienza, ha già da qualche tempo modificato il registro delle nostre possibilità mentali e sensoriali, contribuendo a plasmare una nuova cultura e differenti forme e modalità di sentire il rapporto con sè stesso, con l’altro e con il mondo. Ecco perché dovrebbe risultare evidente, per una azienda, gestire questo cambiamento. Considerando la tecnologia un dominio a parte in quanto strumento trasversale che abilita il nuovo modello di impresa in tutte le sue componenti, possiamo affermare che le altre dimensioni del cambiamento nelle aziende riguardano sostanzialmente cinque ambiti: Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 10
Learning Experience: Come crearne una che funziona La Cultura aziendale La tecnologia crea le premesse per il cambiamento ma sono le persone, attraverso la cultura aziendale, che rendono possibile la trasformazione digitale. Questa include, oltre alla tecnologia, anche aspetti organizzativi, sociali, creativi e manageriali. Una trasformazione sistemica, quindi, che impatta l’intera organizzazione aziendale al punto che il top management è sicuramente il primo attore che viene coinvolto. Si tratta comunque di un processo che, quando è virtuoso, coinvolge tutte le persone e comporta l’adozione di metodi e strumenti innovativi. Per cultura aziendale si intendono quei principi, quei comportamenti e quei valori che fanno da collante al processo di cambiamento e accomunano tutti i dipendenti, collaboratori e (possibilmente) business partners operanti nella medesima organizzazione. Si tratta di un concetto, un credo portato avanti dal leader e che viene da lui (o lei) condiviso con la sua prima linea e, di conseguenza, a tutti coloro che collaborano al successo dell’impresa Esistono diverse tipologie di cultura aziendale, alcune condivisibili perché in grado di liberare creatività e innovazione, altre meno in quanto più autoreferenziali e autoritarie nel modo di gestire le persone. E’ opinione dello scrivente che la cultura aziendale più adatta ad affrontare il contesto precedentemente descritto sia caratterizzata da questi elementi distintivi: Condivisione e collaborazione Apprendimento co-partecipato e continuo Centralità dell’esperienza Cultura della sperimentazione e dell’errore (“rapido” e in ambiente controllato) come processo di crescita Responsabilizzazione e coinvolgimento delle persone Riconoscimento della professionalità e fiducia reciproca Apertura all’innovazione Leadership orientata al futuro Cultura digitale Le caratteristiche descritte rientrano nella cultura della cosiddetta “learning organization” ovvero di un’azienda consapevole delle opportunità offerte dal digitale e capace di attuare strategie e politiche per attrarre dipendenti talentuosi e conservarli a lungo. I Modelli di lavoro Lo sviluppo del digitale sta mutando velocemente in modo radicale lo scenario in cui le imprese, oggi e in prospettiva, operano. Sempre più aziende stanno adottando il cosiddetto smart working, una modalità di lavoro la cui idea si fonda sulla responsabilizzazione delle persone e dei team che fisicamente svolgono il lavoro da casa (o comunque al di fuori del perimetro fisico aziendale). Tale modalità è resa possibile dalle tecnologie che offrono sempre più possibilità di connessioni remote, di comunicazione e di condivisione, il tutto ad un costo molto contenuto. Le piattaforme digitali che permettono a gruppi di lavoro distribuiti – comprendenti anche fornitori e partners – di lavorare su attività/progetti da differenti luoghi spingono le organizzazioni verso nuovi disegni organizzativi che permettono forme di interazione e di networking più trasversali e socialmente più inclusivi. Responsabilità, autonomia e flessibilità sono gli elementi che, a questo punto, implicano un cambiamento anche nei comportamenti sia dei dipendenti sia del management. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 11
Learning Experience: Come crearne una che funziona Il cammino verso lo smart working richiede una modifica di stile manageriale dall’esercizio del controllo all’esercizio dell’influenza dove la fiducia è il fattore basilare. Anche in questo caso, un’evoluzione non facile perché implica la strutturazione di un nuovo processo (sistemi, procedure, modalità di comunicazione, definizione orari e relativa flessibilità, valutazione delle prestazioni basate sugli obiettivi raggiunti, ecc..) che richiede nella maggior parte dei casi una adeguata formazione dei manager per affrontare il cambiamento e per imparare a gestire il team in remoto. Le Persone Mentre nell’epoca dell’economia industriale prevalevano le burocrazie fondate su meccanismi di comunicazione autoreferenziale, di coordinamento e controllo, nell’era dell’economia della conoscenza si fanno sempre più strada configurazioni organizzative flessibili, che pongono al centro l’ingaggio, l’empowerment dei singoli e l’autonomia gestionale. Dal punto di vista pratico il quadro di riferimento risulta essere alquanto complesso, anche per il fatto che almeno quattro generazioni di persone stanno lavorando fianco a fianco con mentalità, visione, capacità, obiettivi e aspettative diverse. Questo mix andrà avanti ancora diversi anni e, ovviamente, sarà mutevole nella distribuzione delle quote. E’ facile intuire l’impatto dirompente di questo aspetto su diversi ambiti della gestione delle risorse umane, aspetti relativi al modo di: Allineare e sviluppare le competenze Assumere e trattenere i giovani talenti Motivare e coinvolgere i dipendenti Costruire una cultura basata sul valore Promuovere i valori e i principi della marca (Internal Branding) L’Innovazione Le aziende più evolute e visionarie stanno da tempo affrontando le sfide del mercato cercando di sviluppare una cultura innovativa basate sulla centralità del cliente finale; un’innovazione non fine a sé stessa ma che analizza in modo approfondito i bisogni dei consumatori per poi definire un prodotto/servizio che porta un reale miglioramento nella vita di chi lo usufruisce. Questa cultura si contrappone alla strategia aziendale “a silos”, da tempo superata, che vede ogni area funzionale come entità indipendente e slega le attività di innovazione da quelle quotidiane: una visione per cui l’innovazione - di un processo, di un prodotto, di un servizio - è un qualcosa di calato dall’alto, che semplicemente “accade”, e che solo successivamente viene applicata e assorbita dal resto delle aree. Al contrario dell’approccio “a silos”, l’innovazione a cui ci si riferisce nasce e prospera all’interno di una cultura aziendale aperta, basata sulla condivisione e sulla partecipazione di tutte le parti interessate (dentro e fuori dall’organizzazione) e che progetta “esperienze”: d’acquisto e/o d’uso. Per realizzare oggi l'innovazione è necessario dotarsi di un metodo, che tipicamente possiede le seguenti caratteristiche distintive: Segue un approccio di tipo pragmatico, sistemico e trasversale all’organizzazione E’ impostato secondo un percorso programmato, scalabile e replicabile Utilizza l’analisi, la creatività e l’empatia al fine di generare innovazione funzionale, emozionale e di processo E’ aperto ad eventuali ecosistemi di attori esterni Coinvolge sin dall’inizio gli attori coinvolti in una logica partecipativa Bilancia FATTIBILITA’ tecnologico/organizzativa, soddisfacimento dei desideri del cliente finale (DESIDERABILITA’) e generazione di risultati tangibili (REDDITIVITA)’ Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 12
Learning Experience: Come crearne una che funziona Il metodo di riferimento per questo tipo di innovazione è il design thinking, ovvero un metodo ispirato al linguaggio e all’approccio dei designer che coniuga in maniera efficace le competenze creative con quelle realizzative. Oltre ad essere uno straordinario strumento per l’innovazione, il Design Thinking si presta molto anche come strumento di apprendimento (vedere, ad esempio, la formazione- intervento), e questo per due importanti (imperdibili) ragioni: a) Offre un’opportunità di apprendimento informale che sviluppa le soft skills a chi lo pratica con continuità b) Offre un metodo per costruire una Learning Experience che realmente funziona L’Organizzazione Ancora oggi numerose organizzazioni sono impostate secondo un modello tradizionale di tipo gerarchico caratterizzata da strutture verticali a silos in cui è ben definito chi comanda e chi esegue, dove di norma c’è poco scambio delle informazioni e ridotto spazio all’innovazione. Lo stile comunicativo è pervasivo, caratterizzato dalla celebrità e omnipresenza dei marchi, da enfasi mediatica e abilità retorica che spesso sfocia nella manipolazione del contenuto. Oggi, grazie ai molti fattori descritti, altre esperienze organizzative stanno gradualmente conquistando il loro spazio. Le nuove strutture organizzative si stanno evolvendo in modo orizzontale, multidisciplinare, più orientato alla collaborazione e al teamwork. Le nuove forme organizzative si ispirano più a principi di tipo trust & sharing dove la responsabilizzazione e la delega a tutti i livelli sono elementi fondamentali. Sono guidate da nuove forme di leadership carismatiche ma non autoritarie, che rafforzano la fiducia reciproca e che producono visioni ispirazionali attrattive e facilmente condivisibili. Il tradizionale modello gerarchico non è più premiante. L’impostazione più consona alle nuove dinamiche si fonda su strutture più orizzontali, che fanno leva sulla partecipazione diffusa e sulla creatività. Queste sono focalizzate sulla delivery del risultato, con più capacità e responsabilità demandate dai livelli superiori al fine di tagliare la burocrazia e accorciare i tempi decisionali. Il modo di lavorare passa da un approccio “a cascata” (rigido e rigoroso nello svolgimento con rilascio del risultato alla fine di fasi predefinite), tipico dei contesti “stabili”, ad un approccio di tipo “agile” più basato sulla collaborazione, sulla condivisione delle informazioni, sulla interazione e feedback continuo (sperimentazione), quindi più adatto a contesti mutevoli richiedenti rapidi adattamenti. La nuova leadership deve assumere un nuovo ruolo di guida e sostegno nel percorso di cambiamento dal “fare digitale” all'”essere digitale”, in un contesto in cui prevale la logica di team, il lavoro congiunto e l’essere flessibili. La trasformazione deve avvenire quindi anche nella leadership, dove i leader devono pensare (trasformazione cognitiva), agire (trasformazione comportamentale) e reagire (trasformazione emotiva) in modo diverso. In quest’ottica, i processi di formazione assumono un ruolo di fondamentale importanza in quanto facilitatori non solo dello sviluppo di nuove competenze, ma di un processo culturale volto a massimizzare il contributo del management aziendale. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 13
Learning Experience: Come crearne una che funziona . Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 14
Learning Experience: Come crearne una che funziona I punti chiave di questo capitolo Le imprese di tutto il mondo stanno operando in un mondo complesso, incerto, volatile, dove si è passati da una stabilità permanente ad una instabilità costante. I fattori che determinano questa instabilità sono di natura economica, sociale, tecnologica e ambientale. I cambiamenti portati dalla rivoluzione digitale sono "epocali" in quanto stanno trasformando profondamente e rapidamente la società sia dal punto di vista sociale che culturale. La tecnologia crea le premesse per il cambiamento ma, mai come in questo periodo, sono le persone a governarlo. Oggi è richiesto alle aziende di rivedere il proprio approccio al mercato e la loro organizzazione interna al fine di poter gestire in modo appropriato le trasformazioni in atto e mantenere il vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. La formazione rivestirà un ruolo chiave nella strategia futura delle aziende in quanto facilitatrice non solo dello sviluppo di nuove competenze, ma anche di un processo culturale volto a massimizzare il contributo del management aziendale. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 15
Learning Experience: Come crearne una che funziona Parte II. MODELLI FORMATIVI E APPROCCI EMERGENTI "Se vuoi andare veloce corri da solo. Se vuoi andare lontano corri insieme a qualcuno." - Proverbio africano Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 16
Learning Experience: Come crearne una che funziona Principi e teorie alla base dell’apprendimento Insegnare agli adulti, si sa, è molto diverso che insegnare ai bambini. Le motivazioni, le aspettative, le esperienze e le strategie dell'adulto che impara non sono infatti quelle del bambino. Eppure, un attento esame delle teorie dell'apprendimento e l'analisi dei metodi dell'insegnamento generalmente adottati ci fa convenire che spesso si insegna agli adulti come se fossero dei bambini senza tener conto delle loro caratteristiche. Fino a qualche decennio fa i principi che ispiravano la formazione degli adulti erano ancora legati al paradigma pedagogico (da pedagogia, che in greco sta a significare “l’arte e la scienza di insegnare ai bambini”). Negli ultimi decenni del Novecento l’educazione degli adulti si è definitivamente emancipata dal modello pedagogico per costituirsi modello a sé stante, conosciuto col nome di andragogia grazie soprattutto all’importante contributo di Malcolm Knowles formatore americano che nel 1993 pubblicò la sua opera più importante dal titolo emblematico "The Adult Learner. A Neglet Species" (Knowles, 1993), in cui presentò in maniera molto approfondita la distinzione fra pedagogia e andragogia. “Il modello pedagogico attribuisce all’insegnante la piena responsabilità di prendere tutte le decisioni su quello che verrà appreso. E’ un’istruzione diretta dal docente, e che lascia al discente solo il ruolo subordinato di seguire le istruzioni dell’insegnante”. (Knowles, 1993). La dipendenza del discente dall’insegnante può essere giustificata nei primi anni di vita e sviluppo del bambino, in cui necessariamente il soggetto ha bisogno del sostegno esterno del docente, ma la sua necessità e la sua capacità d’autonomia si sviluppano rapidamente e richiedono di passare a un modello via via differente col passare degli anni: “Man mano che gli individui maturano, il loro bisogno e la loro capacità di essere autonomi, di utilizzare la loro esperienza nell’apprendimento, di riconoscere la loro disponibilità ad apprendere, e di organizzare il loro apprendimento attorno ai problemi della vita reale, cresce costantemente dall’infanzia alla preadolescenza, e poi rapidamente durante l’adolescenza. […]”. (Knowles, 1993). Col passare degli anni, diventiamo psicologicamente adulti quando arriviamo a un concetto di noi stessi come persone autonome e responsabili della propria vita; tale processo è graduale e accompagnato dalla maturazione biologica. I presupposti su cui si basano i due modelli pedagogico e andragogico sono quindi molto differenti, come mostra la seguente tabella. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 17
Learning Experience: Come crearne una che funziona Pedagogia e andragogia sembrerebbero addirittura in antitesi. In realtà Knowles distingue tra un’ideologia (quella pedagogica) e un sistema di ipotesi alternative (l’andragogia): “Mi sembra che il modello pedagogico ha assunto molte delle caratteristiche di un’ideologia, intesa come un complesso sistematico di convinzioni che richiede ai suoi aderenti lealtà e conformismo. […] Il modello andragogico non è un’ideologia; è un sistema di diverse ipotesi alternative. E questo ci porta alla differenza fondamentale tra i due modelli. Il modello pedagogico è un modello ideologico che esclude i presupposti andragogici. Il modello andragogico è un sistema di ipotesi che include, quindi, le ipotesi pedagogiche”. (Knowles, 1993). In tale ottica, vi sono circostanze formative in cui può essere opportuno utilizzare i presupposti del modello pedagogico; ad esempio quando: - i discenti dipendono molto dalle conoscenze del trainer/istruttore - si entra in contatto con un’area contenutistica assolutamente nuova ed estranea, con cui i discenti non hanno avuto precedenti esperienze - si ha bisogno di accumulare un certo insieme di contenuti per compiere una determinata performance - non si avverte il bisogno di apprendere quel contenuto in sostanza quando c’è bisogno di un percorso fortemente guidato da parte di un insegnante. Una volta però formati questi concetti fondamentali in relazione all’area di contenuto specifica, i due modelli pedagogico e andragogico procedono in due differenti maniere: “Il pedagogo, ritenendo che le ipotesi pedagogiche siano le uniche realistiche, insisterà che i discenti rimangano dipendenti dall’insegnante, mentre l’andragogo, ritenendo che il passaggio ai presupposti andragogici sia un obiettivo desiderabile, farà tutto il possibile per aiutare i discenti ad assumersi sempre maggiori responsabilità per il loro apprendimento.” (Knowles, 1993). Partendo da tali considerazioni Knowles propone le caratteristiche dell’insegnante andragogico che viene a configurarsi come un facilitatore d’apprendimento, in contrasto al ruolo tradizionale - tipico del modello pedagogico – dove il formatore è detentore unico della conoscenza. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 18
Learning Experience: Come crearne una che funziona Il ruolo delle neuroscienze educative Oggi le neuroscienze gettano una nuova luce sui meccanismi del cervello e ci consentono di rileggere in chiave neurologica molte teorie e informazioni di base che erano già state formulate empiricamente e che oggi trovano anche una spiegazione biologica. Uno dei processi più studiati è proprio quello dell’apprendimento dove sono state elaborate molte risultanze interessanti. Cosa stimola la nostra attenzione e aiuta i processi di memorizzazione? Gli elementi che fissano l’apprendimento sono molteplici ma vale la pena qui sintetizzarne qualcuno particolarmente utile, sicuramente noto ai formatori, ma spesso poco considerato nelle organizzazioni. 1. Il primo elemento è costituito dalle emozioni. Le emozioni rappresentano una componente sostanziale nel processo di apprendimento insieme al lavoro cognitivo. L’emozione consente di associare ad una determinata situazione (per esempio l’acquisizione di nuove informazioni) uno stato emotivo positivo o negativo. Quando la medesima situazione si ripresenterà, la razionalità orienterà la decisione ma basandosi sul lavoro precedente fatto dalle emozioni. I contenuti emotivi di un’esperienza rappresentano, quindi, un rafforzamento indispensabile per una buona memorizzazione. 2. La memoria si forma e si mantiene attraverso la ripetizione. Si impara ripetendo perché solo la ripetizione dello stimolo genera il consolidamento delle sinapsi. E’ evidente che apprendere richiede quindi applicazione e continuità nel tempo. Da questo punto di vista il processo di digitalizzazione nell’apprendimento può costituire un grande supporto poiché consente di fruire del momento formativo in maniera delocalizzata e continuativa a patto però che venga garantito un contenitore che mantenga le caratteristiche di interattività e relazione (tramite coaching o tutoring on line o comunità virtuali seguite). 3. Il cervello ottimizza il suo funzionamento. Il cervello ha una propensione a risparmiare “automaticamente” energia e a ridurre al minimo l’utilizzo della coscienza consapevole che richiede un notevole impegno. Quando viene chiesto ai discenti di apprendere (o ancor peggio cambiare i loro comportamenti) li sollecitiamo quindi verso uno sforzo considerevole. Di conseguenza il formatore dovrà essere in grado di tenere conto del fattore legato al carico cognitivo e, di conseguenza, progettare sessioni formative brevi, auto- consistenti, mettendo in campo quei trucchi del mestiere (vedi per esempio l’uso delle tecniche di gaming, della gamification, del microlearning e dello storytelling) che rendono tali sessioni interessanti e, laddove possibile, anche divertenti. 4. L’importanza delle immagini nella memorizzazione. Un’altra caratteristica, ben nota ai formatori, è l’importanza delle immagini nel processo di memorizzazione poiché costituiscono un meccanismo di trasferimento delle informazioni che il nostro cervello predilige di gran lunga rispetto al testo. La rappresentazione grafica dei concetti aiuta i meccanismi fondamentali della semplificazione e della categorizzazione, operazioni fondamentali per interpretare la complessità del mondo selezionando l’essenziale. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 19
Learning Experience: Come crearne una che funziona 5. L’importanza del feedback. Un altro meccanismo di base del cervello importante ai fini della memorizzazione è quello del feedback, ovvero il riscontro che ciascuno di noi ha dall’ambiente con il quale interagisce e soprattutto nella relazione con le persone. Questo meccanismo si accentua soprattutto quando il riscontro è di tipo negativo (esempio una contestazione piuttosto che la notifica di qualche errore commesso). Il nostro cervello in pratica impara più dalle smentite che dalle conferme; l’errore è, quindi, un’occasione preziosa di apprendimento. 6. Il cervello non è fatto per fare più cose contemporaneamente. Per essere più precisi lo può fare ma con risultati insoddisfacenti e con molti errori. Alla base dell’apprendimento di una competenza vi è l’attenzione selettiva, ovvero la capacità del cervello di focalizzare l’attenzione su una specifica categoria di stimoli escludendo gli altri al fine di evitare di dover decifrare troppi input irrilevanti. 7. Rapporto tra esperienza corporea e memorizzazione. Educare e apprendere esemplificano più di altri l’unità cervello-pensiero-corpo: infatti nella persona che viene educata o che apprende si attivano processi cerebrali (mentali) dovuti ai vari circuiti tra neuroni che, attraverso il corpo di cui essi fanno parte, compiono esperienze educative e di apprendimento. Solo questa fondamentale informazione, peraltro già ampiamente intuita dai formatori più esperti, dovrebbe indurci a modificare radicalmente le nostre aule di formazione o, meglio ancora, progettare all’interno dell’impresa spazi fisici informali “smart” in cui arredi, colori, strumenti digitali e analogici si integrano in modo innovativo creando nuovi ambienti “phygital” (physical + digital) per la collaborazione e la relazione, e quindi per l’apprendimento esperenziale (Experiential Learning). Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 20
Learning Experience: Come crearne una che funziona Tendenze per la formazione per i prossimi anni Non è un segreto che i tradizionali modelli formativi, tipicamente identificati nella sola formazione in aula, stiano da tempo rivelando molti limiti rispetto alle caratteristiche e ai bisogni di apprendimento emergenti. Benchè ancora oggi questo tipo di formazione abbia un certo gradimento e presenti diversi vantaggi (per esempio l’interazione diretta con il docente, le dinamiche di gruppo dal vivo, la possibilità di simulazioni reali, l’esperienza emotiva) è innegabile che questo tipo di formazione presenti alcune criticità importanti: di natura logistica (spostamento delle persone verso il luogo del corso) ed economica (costo del corso, costo degli spostamenti, assenza obbligata dal posto di lavoro, accesso al corso una tantum). Dando uno sguardo alle opportunità che, per contro, offre la formazione digitale attraverso l’uso delle tecnologie (Digital Learning) scopriamo che è possibile creare un ecosistema dell’apprendimento più accessibile, efficiente ed innovativo. Molto più dei soli corsi e-learning, l’apprendimento digitale copre una vasta gamma di formati e strumenti digitali che possono essere presentati e fruiti singolarmente o combinati tra loro. Essi possono essere: video, infografiche, classi virtuali, moduli e-learning, blog, forum, community online, learning app, podcast, webinar tanto per citare i più usati. Le sessioni formative possono essere erogate in modalità sincrona o asincrona e presentate faccia a faccia, in remoto o sul posto di lavoro. Stiamo assistendo quindi ad un progressivo passaggio dalla tradizionale formazione frontale in presenza ad un “sistema” formativo nuovo che garantisce maggiore efficacia didattica e, allo stesso tempo, una maggiore efficienza degli investimenti. Digitalizzazione della formazione e modalità di erogazione Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 21
Learning Experience: Come crearne una che funziona Ad integrazione della formazione eventualmente fruibile in azienda assume un ruolo importante il processo individuale di auto-formazione, processo che dovrà durare tutta la vita (Lifelong learning) in parte reso possibile all’interno della propria azienda e in parte sviluppato in autonomia dal discente. Le occasioni di auto-apprendimento nel proprio ambiente aziendale possono essere: Collaborare con i colleghi Conversare e discutere con i colleghi e con il proprio capo Cercare una soluzione ai problemi Partecipare a conferenze e seminari Seguire i corsi online dell’Academy aziendale Preparare documenti e presentazioni Insegnare qualcosa ad altri Le occasioni di auto-apprendimento al di fuori del proprio ambiente aziendale possono essere: Letture di vario tipo e su vari media Corsi in presenza Corsi online (MOOC – Massive Open Online Course) Lavorare con altri al di fuori della propria azienda Partecipare a conferenze e seminari In tal senso l’organizzazione, attraverso la funzione di Formazione e Sviluppo (L&D – Learning & Development), dovrebbe facilitare e stimolare questo processo. Attraverso strumenti come l’Academy aziendale, l’azienda potrebbe: predisporre un percorso di apprendimento che insegna alle persone come autoformarsi in modo efficace predisporre un percorso di apprendimento che insegna come formare gli altri (Train the trainer) mettere a disposizione su base continuativa contributi formativi di rinforzo alle loro competenze tecniche e trasversali (soft skills) sui quali poter fare domande, innescare discussioni, raccogliere/dare feedback dare visibilità e premiare coloro i quali seguono corsi “non obbligatori” ma consigliati dall’azienda (gamification) Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 22
Learning Experience: Come crearne una che funziona Caratteristiche generali di un ecosistema formativo evoluto Il portfolio dei strumenti formativi Da oltre 30 anni il cosiddetto modello 70:20:10 viene preso come riferimento per l’apprendimento e lo sviluppo delle competenze. Il modello evidenzia come la totalità delle conoscenze di un soggetto in ambito lavorativo sarebbero composte da: 70% apprendimento esperienziale, 20% apprendimento sociale, 10% dall’apprendimento formale. Oggi, grazie all’evoluzione e alla nascita di nuovi modelli di apprendimento “misti” (blended) quella distribuzione percentuale non è più ritenuta il mix ideale (oggi ci si orienta più verso un 55:25:20) ma, sicuramente i tre tipi di apprendimento rimangono ancora validi. L’apprendimento esperienziale: L’apprendimento esperienziale (On-the-Job learning) consente agli allievi di scoprire e perfezionare le proprie competenze professionali su specifiche tematiche di lavoro, prendere decisioni, affrontare sfide e interagire con persone influenti come i capi e i tutor all’interno del posto di lavoro. Come quando si è bambini, l’esperienza sul campo attraverso la pratica, o il gioco, permette di imparare anche dai propri errori, ricevendo dei feedback immediati in merito alle prestazioni, grazie ai quali gli allievi/dipendenti perfezionano le loro conoscenze. L’apprendimento sociale: Osservare gli altri mentre portano a termine delle operazioni, condividere le proprie esperienze e il proprio sapere, chiedere aiuto nello svolgimento di un compito, sono parti importanti del processo di costruzione delle conoscenze. L’apprendimento sociale è di solito auto- diretto, spontaneo e meno strutturato dell’apprendimento formale. L’incoraggiamento e i feedback sono i principali vantaggi di questo prezioso approccio di apprendimento. L’apprendimento formale: L’apprendimento formale (Formal Learning) è ritenuto una parte essenziale di qualsiasi strategia, poiché costituisce la spina dorsale dell’apprendimento di successo. Deriva dai metodi di formazione tradizionali come corsi, seminari e lezioni in aula e si è evoluto in molti altri formati (es. corsi e-learning) grazie all’introduzione degli strumenti digitali. Senza una solida base teorica data dall’apprendimento formale è impossibile costruire una formazione di successo. Ne sono un esempio le lezioni di scuola guida: per imparare a guidare correttamente la macchina, non è necessaria solo la pratica, ma una conoscenza approfondita delle regole del codice della strada. L’apprendimento formale è la base per un efficace apprendimento di tipo informale, ovvero un apprendimento risultante dalle attività della vita quotidiana dentro e fuori l’ambito professionale. Da un punto di vista concreto, l’erogazione integrata dei diversi tipi di apprendimento appena illustrati può essere reso possibile attraverso un ecosistema della formazione in grado di offrire uno spazio e un setting in grado di adattarsi alle differenti esigenze didattiche. Il cuore strategico di questo ecosistema è l’Academy aziendale, ovvero un luogo fisico e virtuale in cui le persone sono non solo destinatarie di interventi formativi, ma anche e soprattutto soggetti attivi di sviluppo e condivisione delle competenze, di diffusione della cultura aziendale e di sviluppo di innovazione mirata ad aumentare la competitività dell’impresa. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 23
Learning Experience: Come crearne una che funziona Portfolio ideale di strumenti formativi per una organizzazione Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 24
Learning Experience: Come crearne una che funziona L’e-Learning utile ed esperenziale Spesso sentiamo dire che i corsi e-learning sono noiosi e inutili. Sentire questo crea allo scrivente un certo dispiacere e frustrazione, ma purtroppo non si può non ammettere quantomeno che “certi corsi sono proprio noiosi”. E se sono noiosi molto probabilmente saranno anche in buona parte inutili. Chi segue oggi un corso aziendale in formato e-learning vede spesso un video molto lunghi in cui l’esperto davanti a una lavagna spiega un determinato argomento. Oppure il corso e-learning è costituito da tante slides, simili a quelle usate nelle presentazioni powerpoint, presentate con qualche aggiunta di effetto animato e caricate su un’apposita piattaforma per poter tracciare le attività degli studenti. Bastano pochi minuti e anche chi era molto motivato e interessato all’argomento abbondona il corso. Progettare corsi e-learning richiede un tempo adeguato e, soprattutto, una serie di competenze diversificate che spaziano dalla conoscenza delle neuroscienze applicate alla didattica alla psicologia cognitiva, dalle metodologie applicate alla UI/UX (User-Interface/User-Experience), all’interactive design. Tutte competenze che, ancor prima di prendere in esame l’argomento in oggetto, si preoccupano di mettere al centro l’utente-discente al fine di produrre un prodotto che, oltre che essere utile, è anche bello da vedere e coinvolgente. Quali sono quindi i presupposti per creare un oggetto formativo e-learning che risponda a queste caratteristiche vincenti? In nostro aiutano ci arrivano le teorie consolidate nel campo dell’apprendimento combinati ai recenti studi nel campo delle neuroscienze, le quali in estrema sintesi ci dicono che l’adulto: tende a distrarsi dopo pochissimi secondi desidera agire in totale indipendenza e autonomia preferisce vivere (o rivivere) un’esperienza piuttosto che ricevere informazioni passivamente apprende e ricorda quando prova emozioni è più predisposto ad apprendere ciò che può essere applicato con maggior efficacia nella pratica quotidiana tende ad impegnarsi in una attività in proporzione alla sua partecipazione o influenza sulla stessa Da qui possiamo trarre un’infinità di spunti che si traducono in aspetti tecnici da considerare nella fase di progettazione di corsi di una certa consistenza, come ad esempio: lo stile comunicativo l’approccio narrativo il metodo espositivo l’usabilità l’interattività Lo stile comunicativo si deve adattare al contesto in cui si colloca il corso e al tipo di argomento. Fatto salvo l’importanza del fattore originalità e dell’approccio visuale al posto di uno basato essenzialmente sul testo, possiamo raggruppare gli stili comunicativi in tre categorie: formale, con animazioni, scrivente. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 25
Learning Experience: Come crearne una che funziona Stile formale. Stile adottato quando la materia descritta non richiede un particolare “ambiente” coinvolgente; tale stile è adatto quindi a descrivere procedure operative, prodotti, metodi o fatti storici. Non essendoci particolari attività di “contorno”, i tempi di sviluppo di corsi con questo stile possono essere considerati medio-bassi. Stile con animazioni. L’adozione di questo stile consente allo sviluppatore del corso di creare “ambienti” in cui il discente viene catapultato in specifiche realtà in modo interessante e piacevole. E’ uno stile efficace quando vengono trattati argomenti tecnici e codificati o per trattare argomenti “delicati” in modo leggero (diciamo meno istituzionale). I tempi di sviluppo possono variare sensibilmente in base agli effetti che si vogliono ricreare. Stile video-scrivente. Questo stile viene usato in casi in cui si deve fare una presentazione “complessa” (specie se fatta da tanti elementi tra loro correlati) in modo dinamico e divertente. Lo scopo quindi è mantenere sempre alta l’attenzione del discente puntando sull’originalità. I tempi di sviluppo sono tendenzialmente bassi in quanto si tendono ad usare le numerose funzionalità offerte dai software specializzati nello sviluppo di questo tipo di corsi. L’approccio narrativo, quando introdotto, può aumentare notevolmente il livello di coinvolgimento del discente durante lo svolgimento del corso. Le tecniche più usate sono: role-play, gamification e storytelling. Nel role-play le situazioni vengono simulate (spesso con l’utilizzo di personaggi, veri o animati), in cui il discente ritrova situazioni a lui familiari. Con la gamification vengono introdotte le meccaniche del gaming all’interno del corso. Tra le più utilizzate troviamo: i livelli di gioco, assegnazione di punti, badge e premi, gli obiettivi a tempo, le classifiche, le sfide e missioni, i bonus. Quando si ricorre allo storytelling di norma si ricorre ad una metafora che fa da sfondo alla narrazione. Esempi classici sono le caccie al tesoro in ambienti sfidanti, le missioni spaziali, viaggi d’esplorazione, viaggi nel tempo, e così via. La scelta delle “storie” dipende dal tipo di argomento e dal contesto funzionale (esempio: formazione sulla forza vendita, sulle procedure e conformità, sui prodotti, sui soft-skills) in cui si colloca il corso. Il metodo didattico. Nella progettazione di un corso e-learning si tiene sostanzialmente conto di due tipi di metodi didattici: l’espositivo e l’applicativo. Il metodo espositivo enfatizza e facilita l’assorbimento di un numero consistente di nuove informazioni. Il metodo espositivo include presentazioni, casi studio, dimostrazioni con l’introduzione di tecniche di interazione per mantenere viva l’attenzione del discente. Il metodo applicativo enfatizza l’apprendimento “attivo” del discente al fine di costruire nuove conoscenze basate su procedure/schemi strutturati e specifici. Il metodo applicativo prevede l’uso della tecnica dei “giochi di ruolo”, dei video pratici in rendering o tratti dalla vita reale, degli esercizi in funzione di diversi scenari, dello storytelling e delle simulazioni. Per usabilità si intende la facilità con cui il discente interagisce con il corso considerando il tipo di dispositivo che potrebbe utilizzare (cellulare, tablet, desktop, laptop). Quindi in questo ambito viene curata, per esempio, la modalità con cui viene offerta al discente l’autonomia nel vedere gli argomenti, il tracciamento dei passaggi effettuati, la visualizzazione della progressione dei media e dell’intero corso. Lo studio dell’interattività porta a determinare la frequenza e le modalità di attivazione delle interazioni con il discente. Queste possono essere, per esempio, flipcarts, accordion, hotspots esplorativi, interazione con avatar e learning scenario; questi strumenti vengono disseminati lungo il corso secondo una logica di interazione continua benchè non eccessivamente frequente. Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 26
Learning Experience: Come crearne una che funziona Per poter introdurre le tattiche e i metodi descritti all’interno dei corsi sono necessarie conoscenze dei tool di produzione dei contenuti e-learning (i cosiddetti tool di authoring). Ve ne sono un gran numero e con caratteristiche molto diverse tra loro. I più complessi sono un po’ difficili da utilizzare all’inizio ma consentono di implementare alti livelli di personalizzazione dell’esperienza utente. Quelli più “snelli” sono molto semplici e intuitivi da utilizzare e molti di loro permettono di creare learning objects di sicuro effetto (sono ideali per realizzare brevi corsi on-demand piuttosto che quiz / learning scenario). L’Academy Dall’Ufficio Formazione alla Academy aziendale Verso la fine del XX secolo il mondo della formazione era molto diverso da quello attuale. Le aziende tendevano ad avere un’idea della formazione come evento sporadico e parallelo al funzionamento dell’organizzazione. L’attività formativa, svolta secondo una modalità di tipo frontale (formazione in aula), voleva essenzialmente coprire un gap di conoscenza tecnica e preparare le persone ad agire più efficacemente in alcuni ruoli e funzioni. Non era considerata un elemento strategico per far crescere l’azienda e le sue persone preparandola alle sfide del mercato. Certamente la pressione esterna era meno forte e di conseguenza la necessità e capacità di cambiare era più contenuta. L’obiettivo primario era più l’allineamento delle competenze piuttosto che il loro sviluppo e riqualificazione. La gran parte delle proposte formative si rivolgevano sostanzialmente alle competenze tecniche (hard skills) sebbene spesso emergessero criticità e limiti di natura più personale e comportamentale (quelle che oggi noi chiamiamo soft skills). Il tipo di relazione tra l’ente erogatore della formazione e l’azienda era quello di cliente-fornitore, il focus sulla produzione del prodotto/percorso formativo che soddisfacesse perlopiù esigenze di breve termine. Non erano presenti in azienda persone esperte in processi formativi né tantomeno persone che avessero un ruolo di aggregatore all’interno della comunità dei discenti. Con il passare degli anni gli scenari di mercato hanno subito sempre più profondi e rapidi cambiamenti aumentando esponenzialmente il bisogno di formazione. Molte delle più grandi aziende iniziano quindi a rendersi conto del ruolo centrale che la formazione può rivestire in azienda e fondano le prime funzioni strutturate al di fuori del dipartimento HR: le Corporate Academy e le Corporate University; queste nuove istituzioni aziendali vengono viste con un certo sospetto dai dipartimenti HR, ancorati sui loro tradizionali modelli di training e sviluppo aziendale. Bisognerà aspettare i primi anni del 2000 per assistere al boom delle Academy, che man mano si evolvono tecnicamente e culturalmente di pari passo con le nuove tecnologie e metodi didattici. Il processo organizzativo e culturale legato alla nascita e sviluppo delle Academy porta ad un cambio radicale dei paradigmi della formazione aziendale; l’Academy diventa la “scuola dell’impresa” dove si mettono in condivisione saperi, valori, comportamenti, tecniche e strumenti per la crescita dei collaboratori. L’Academy si rivela una vera innovazione rispetto al passato in quanto non è più semplicemente finalizzata a colmare gap formativi ma è legata a doppio filo con la strategia dell’organizzazione. Essa non solo contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di business dell’azienda ma crea valore anche per gli stessi dipendenti aumentandone l’occupabilità (employability). Learning Experience: Come crearne una che funziona Pag. 27
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