Le risorse umane della cooperazione sociale attive nel sistema di welfare regionale - Trieste, 24 giugno 2019 - rendires
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Le risorse umane della cooperazione sociale attive nel sistema di welfare regionale Rapporto di ricerca Trieste, 24 giugno 2019 1
INDICE pag. Presentazione 3 Paola Benini (Confcooperative Federsolidarietà FVG) Gian Luigi Bettoli (Legacoopsociali FVG) 1. Introduzione e note metodologiche 5 2. Fabbisogno di operatori socio sanitari 7 3. Fabbisogno di operatori con professionalità educative 13 4. Fabbisogno di educatori per la prima infanzia 20 5. Fabbisogno di operatori con ruoli di coordinamento 22 6. Fabbisogno di operatori d’inserimento lavorativo 24 2
Presentazione La scelta delle associazioni della cooperazione sociale di promuovere una nuova analisi quali- quantitativa del personale operativo nei sistemi di welfare regionali - affidati alle cooperative sociali - nasce dalla necessità di fornire strumenti agli operatori (pubblici e del terzo settore) regionali. Ciò avviene in un quadro generale complicato dalla stratificazione di norme e prassi operative accumulatesi negli anni in maniera spesso confusa e disarmonica, e dalla volontà di contribuire in maniera sempre più proattiva e consapevole alla qualità dei servizi alla persona, cui le cooperative sociali sono intrinsecamente vocate. Si tratta di un aggiornamento, affidato all’IRES FVG Impresa sociale, della ricerca realizzata autonomamente nel 2015 dall’ACI-Cooperative Sociali, che aveva evidenziato le problematiche essenziali del settore, quanto a titoli posseduti e necessità formative del personale già impiegato e da assumere. E’ noto infatti come per un lungo periodo di tempo siano mancati dati aggiornati sulle risorse umane del welfare regionale, e come da questa lacuna strategica siano derivate scelte inadeguate per la programmazione formativa. Si sono così create, a dispetto di un’intensa attività formativa straordinaria dell’Amministrazione Regionale (comunque ridimensionata rispetto alle esigenze) e di intense attività formative e di aggiornamento realizzate autonomamente dalle cooperative sociali, ampie aree – stimate in un complesso di migliaia di operatrici ed operatori - in situazione irregolare quanto alle qualifiche. Irregolarità solo formale, per altro: a fronte di comunque altissimi livelli di scolarizzazione, quasi sempre superiore e spesso universitaria, e di caratteristiche soggettive vocazionali ed esperienziali dimostrate sul campo, con elevate capacità progettuali ed operative. Inoltre, gli ultimi tre anni hanno visto il susseguirsi di una ricca attività legislativa in materia. Siamo passati dal cosiddetto decreto “Buona Scuola” (Dlgs 65/2017), che ha dato disposizioni in relazione all’educatore dei servizi per la prima infanzia, alla c.d. “Legge Iori” (L. 205/2017, art. 1, commi dal 594 al 601) che ha riordinato le figure degli educatori professionali, riconoscendo la nuova figura dell’EP sociopedagogico, sino alla Legge “Lorenzin” (L. 2/2018), che ha istituito l’area delle professioni sociosanitarie, ricomprendendo fra esse anche l’EP sociosanitario. Processo legislativo completato infine dai commi 517 e 539 dell’art. 1 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145, che hanno esteso ulteriormente il riconoscimento esperienziale degli EP sociosanitari e riconosciuto la compresenza delle due diverse figure di EP nell’area dell’integrazione sociosanitaria. Questa attività normativa, se da un lato ha permesso una spinta in avanti rispetto al riconoscimento di alcune figure professionali ed ha rimarcato l’importanza di poter garantire alte professionalità nei servizi alla persona, dall’altro ha lasciato alcune significative zone d’ombra ed aperto interrogativi e complessità attuative, che è opportuno analizzare con attenzione. Sotto questo aspetto, il lavoro comune con l’Amministrazione Regionale in questi anni – da ultimo nel primo semestre del 2019, grazie alla recente collocazione del Servizio Cooperazione Sociale nella Direzione Salute, Politiche Sociali e Disabilità - ha permesso di individuare un quadro complessivo di risposte, rispettose della professionalità acquisita dai 12.000 soci della cooperazione sociale e della qualità dei servizi resi all’utenza. 3
L’ormai cronica difficoltà, da parte delle cooperative sociali regionali, di trovare sul mercato del lavoro operatori socio sanitari con qualifica, oltre alla più recente complessa problematicità legata al percorso di riconoscimento e riqualificazione straordinaria in ambito universitario degli educatori professionali (siano essi sociosanitari o sociopedagogici), ha spinto le scriventi associazioni ad organizzare, parallelamente alla fotografia del personale in attività, anche una mappatura del fabbisogno per il triennio 2019-2021, con la volontà di portare il proprio contributo ai piani formativi della Direzione Regionale competente - per quanto concerne gli OSS - e delle Università regionali in relazione alla figura degli educatori. Si pensi che nella nostra Regione si contano oltre 700 persone già iscritte ai primi corsi universitari speciali previsti dalla “legge Iori”, un risultato di cui le scriventi associazioni sono particolarmente orgogliose, oltre che riconoscenti per il ruolo svolto soprattutto dalle Università di Trieste e Udine, che hanno organizzato i corsi tempestivamente, e della Direzione Lavoro, Formazione, Istruzione, Pari Opportunità, Politiche Giovanili, Ricerca e Università della Regione, che li ha finanziati. L’occasione è stata opportuna anche per ipotizzare specifici nuovi percorsi di formazione (sia curriculare che ricorrente) per figure finora trascurate come gli animatori sociali, i mediatori per la comunicazione con le persone con particolari disabilità; e per quella figura unica – per caratteristiche tecniche ed imprenditoriali - che sono gli operatori di sostegno all’inserimento lavorativo nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo di persone svantaggiate e disabili. Questo rapporto è stato nutrito e vivificato anche dai dati e dalle importanti riflessioni condivise in seno al gruppo tecnico di lavoro “Formazione del personale” del Comitato Regionale Tecnico Consultivo per la Cooperazione Sociale. E’ significativo che le argomentazioni convergenti delle parti sociali siano state accompagnate dalla produzione, in quella sede, di nuove elaborazioni statistiche elaborate della Direzione Centrale salute, politiche sociali e disabilità, sostanzialmente confermative dei dati da noi raccolti nel 2015 e coincidenti con quanto risulta dalla ricerca che presentiamo in questa sede. Le componenti del Comitato hanno lavorato con impegno e continuità da gennaio a giugno del 2019, a riprova che una concertazione delle politiche sociali e sociosanitarie fra Regione, enti locali, organizzazioni sindacali e cooperazione sociale è una strada saggia, opportuna, lungimirante e, soprattutto, percorribile. Si tratta di un modello di applicazione di quelle pratiche di coprogrammazione e coprogettazione che sono alla base delle moderne politiche europee e nazionali nel campo della gestione democratica di un welfare comunitario, partecipativo, inclusivo e generativo, nella prospettiva di modalità di affidamento non più burocratiche, ma in primo luogo finalizzate alla realizzazione di interessi pubblici comuni. Paola Benini – Confcooperative Federsolidarietà FVG Gian Luigi Bettoli – Legacoopsociali FVG 13 giugno 2019 4
1. Introduzione e note metodologiche Confcooperative Federsolidarietà FVG e Legacoopsociali FVG, in collaborazione con AGCI Solidarietà FVG e il Forum del Terzo Settore, avvalendosi del supporto scientifico dell’IRES FVG, hanno avviato un progetto di ricerca nell’intento di ricomporre in un quadro complessivo le diverse risorse umane e professionali impegnate nei servizi educativi, assistenziali, sociosanitari e di inserimento lavorativo. Questa ricerca è realizzata con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (L.R. 20/2006 art. 10 comma 1 lett. b – Annualità contributiva 2018), in collaborazione con le Direzioni competenti. Obiettivo principale del progetto di ricerca era quello di ottenere, rispetto al fabbisogno della cooperazione sociale, elementi quantitativi e qualitativi in grado di sostenere adeguate risposte risolutive rispetto alle norme attuali in tema di servizi e profili formativi e di apportare un contributo utile alle politiche del sistema regionale di welfare. Nel corso dei primi mesi del 2019 il coinvolgimento nel gruppo tecnico di lavoro “Formazione del personale” avviato dal Comitato regionale tecnico consultivo per la cooperazione sociale, in risposta ad alcune esigenze prioritarie poste in discussione, ha riorientato l’obiettivo d’indagine verso alcune specifiche figure professionali strategiche per il sistema regionale. L’obiettivo atteso era quindi quello di confermare o validare le stime prudenziali del fabbisogno formativo da proporre in una futura programmazione. In ragione delle risultanze finali a cui è pervenuto il tavolo tecnico regionale, il rapporto che segue si limita all’elaborazione e all’analisi delle informazioni raccolte coinvolgendo le cooperative sociali, rimandando alla documentazione ufficiale analisi e proposte specifiche. Il report si colloca quindi in sinergia con i lavori del tavolo, in modo complementare. L’indagine rivolta alle cooperative sociali con sede legale e registrate in Friuli Venezia Giulia ha coinvolto nella rilevazione del fabbisogno formativo 77 imprese, comprendendo tutte le tipologie d’impresa. I settori di attività che impegnano le imprese sono diversificati e spesso multipli: in particolare 30 imprese sono attive in servizi di natura assistenziale, 48 in servizi socio educativi, 19 in servizi educativi per la prima infanzia e infine 37 in servizi che prevedono attività d’inserimento lavorativo di persone disabili o svantaggiate. La numerosità delle imprese che hanno contribuito alla rilevazione, i loro livelli d’inserimento nei settori assistenziali ed educativi e l’intensità delle pratiche operative che riguardano cooperative sociali di grandi dimensioni per numero di occupati accanto a imprese di dimensioni più contenute, anche per mission specifiche (cooperative sociali di tipo B, ad esempio) offrono un quadro complessivo di risposta all’obiettivo generale della rilevazione. Rispetto alle 217 imprese registrate e attive nel 2018 si tratta di un campione comunque rappresentativo di tutte le imprese regionali. In concreto le 77 imprese costituiscono il 35,5% del totale delle cooperative sociali, anche se il peso e la rappresentatività è superiore considerando solo le imprese, in particolare di tipo A, con un numero di addetti superiore a 40 unità. L’indagine riguarda soltanto alcune professionalità strategiche per la concreta operatività del settore: in primis, l’operatore professionale addetto a servizi di assistenza e in sub ordine l’operatore addetto nei servizi sociali e sociosanitari con compiti di natura educativa nonché nei servizi per la prima infanzia. L’indagine estende il suo interesse anche verso altre due figure ritenute fondamentali per le imprese cooperative: la prima riguarda la figura del coordinatore, di 5
vitale importanza per l’organizzazione operativa nella conduzione e gestione di gruppi professionali, di équipe o di servizi d’attività; la seconda, molto importante per le imprese di tipo B o A+B, che fa riferimento all’operatore che assume ruoli e compiti d’inserimento lavorativo di persone in condizioni di svantaggio. Queste cinque figure professionali sono state oggetto d’indagine attraverso un questionario on line (strutturato nel rispetto alla privacy e con preliminare consenso dell’impresa partecipante) che non si è limitato ad acquisire aspetti generali ma, nelle opportunità dello strumento utilizzato, ha posto anche alcune domande di profilo delle diverse professionalità. La struttura del questionario si concretizza in cinque parti, ognuna per la tipologia professionale interessata, e nei capitoli che seguono si descrivono i risultati delle risposte alle specifiche domande di ogni singola parte. Per ogni singola figura alcune domande cercano di cogliere anche il futuro fabbisogno (triennio 2019-2021) delle specifiche professionalità o di altre complementari indispensabili nel garantire nei prossimi anni sicurezza, stabilità e qualità alle imprese. I dati di riferimento delle cinque figure professionali che risultano interessati dal campione sono: 2.654 operatori di assistenza, 2.001 educatori, 342 educatori per la prima infanzia, 370 coordinatori e 236 operatori d’inserimento lavorativo. Complessivamente l’indagine fa riferimento a 5.603 addetti che rappresentano il 44% del totale dei lavoratori dell’universo delle cooperative sociali (anno 2018). Se ci si limita al raffronto delle sole figure professionali di assistenza ed educative la rappresentatività rispetto al totale degli occupati è di circa il 54% degli occupati. Il rapporto presenta un’analisi che fa riferimento ai dati reali del campione d’imprese partecipanti. Sono comunque dati significativi che, sia pur parziali e riferiti a un campione di cooperative sociali, possono contribuire a validare le stime generali che hanno supportato il lavoro del tavolo tecnico regionale. Questo apporta valore aggiuntivo alle proposte di programmazione futura del fabbisogno formativo. Va inoltre ricordato che si tratta di dati relativi al campione rilevato, riduttivo rispetto al fabbisogno complessivo delle imprese, nonché di quello ipotizzabile per le diverse realtà riconducibili al Terzo Settore (associazioni, fondazioni ecc.), pilastro su cui si fonda l’attuale e il futuro sistema di welfare regionale. Per la sola cooperazione sociale ai dati reali elaborati si può comunque aggiungere un ulteriore 30% del fabbisogno rilevato per cogliere quello riguardante l’universo della cooperazione sociale. All’indagine on line, attiva nel mese di aprile 2019, si sono aggiunte anche dieci interviste qualitative a responsabili del personale di cooperative ritenute rappresentative. L’obiettivo era quello di integrare i dati dando senso alla dimensione quantitativa, verificare e supportare l’analisi dei dati stessi, cogliere alcune criticità del fabbisogno formativo a partire dal punto di vista di coloro che “in prima linea” devono quotidianamente trovare risposte organizzative coerenti alla gestione dei servizi sociali, sociosanitari ed educativi. Nel report i singoli capitoli riportano alcune parti d’intervista, ritenute significative dai ricercatori ed esplicative dei dati raggruppati in tabelle. I testi sono stati depurati di ogni riferimento di luogo e persona, che mantenendo il rispetto dell’anonimato non sminuiscono il valore della testimonianza. I capitoli che seguono sono presentati nello stesso ordine delle parti del questionario riguardanti le cinque figure professionali interessate dalla rilevazione (Operatore socio-sanitario, Educatore, Educatore per la prima infanzia, Coordinatore e Operatore d’inserimento lavorativo) con alcuni testi esito delle interviste qualitative. Alla ricerca ha contribuito un gruppo di lavoro 6
dell’IRES FVG Impresa sociale formato da Michele Flaibani, Gianluca Masotti e Paolo Molinari che ha anche curato la stesura del seguente report. 2. Fabbisogno di operatori socio sanitari L’operatore socio-sanitario (OSS) è una figura professionale sempre più necessaria nei servizi sanitari, sociosanitari e sociali. I settori d’intervento riguardano sia il settore pubblico che quello privato, gli ospedali e le residenze assistenziali nonché i servizi territoriali. La sua collocazione tecnica con compiti assistenziali viene definita nel 2001 dalla Conferenza permanente tra lo Stato e le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano che individua il profilo professionale e l’ordinamento didattico del percorso formativo di base1. A quella data le diverse figure assistenziali attive nei sistemi assistenziali e sanitari vengono unificate in un profilo unico che può operare nei diversi settori e anche in contesti privati2. Infine la legge 3/2018 colloca di fatto questa figura professionale nell’area sanitaria dando così avvio a una sua nuova fase evolutiva che porterà a ridefinire la sua operatività, con nuove sfide per i sistemi di welfare locali. Nel corso degli anni la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha recepito l’Accordo sopra citato, collocato la figura tra le professioni strategiche per il sistema integrato regionale di interventi e servizi (LR 6/2006), definito indirizzi e standard formativi per il conseguimento della qualifica, avviato programmi straordinari di formazione per formare nuovi operatori e per riqualificare il numero di operatori attivi nel contesto regionale al fine di garantire sia la naturale sostituzione del personale in quiescenza che la riqualificazione degli occupati nelle strutture e nei servizi privi del titolo base di OSS3. Nell’operatività attuale del welfare regionale sono coinvolti oltre 8.000 operatori dedicati all’assistenza suddivisi tra strutture e servizi sanitari, sociosanitari e sociali; una parte rilevante è attiva nel garantire servizi assistenziali di base nelle residenze per persone anziane. La rilevazione, che coinvolge per questa specifica figura professionale un campione di 30 cooperative sociali4, registra un numero complessivo di 2.564 operatori occupati con mansioni assistenziali. Di questi 1.771 (il 69,1%) sono in possesso della qualifica professionale di operatore socio sanitario (OSS); dei restanti 103 (il 4,0%) era, alla data della rilevazione, iscritto ai percorsi formativi di riqualifica (“Misure compensative”) che la Regione FVG sta completando per l’anno 2018/19 e ulteriori 690 (il 26,9% ) non sono ancora in possesso del titolo OSS (cfr. tab.1). La cifra, parziale perché riferita soltanto alle cooperative sociali indagate e quindi sottostimata rispetto 1 Il percorso base è strutturato in 1.000 ore formative, composte da 450 ore di teoria, 100 di esercitazioni e 450 di tirocinio, comprensive dell’esame finale di qualifica (G.U. 19 aprile 2001, n.91). 2 Il riferimento è alle qualifiche di operatore tecnico assistenziale (OTA) che nelle strutture sanitarie svolgeva mansioni assistenziali e all’assistente domiciliare e dei servizi tutelari (ADEST) attiva nei servizi territoriali e tutelari. 3 In allegato vengono indicati i riferimenti normativi essenziali per la figura professionale di OSS. 4 Sono state comunque coinvolte tutte le cooperative sociali con un numero rilevante di addetti con qualifica OSS (con almeno 40 addetti OSS). 7
all’universo delle persone interessate, si avvicina comunque al numero ipotizzato di circa 800 operatori per percorsi di riqualifica professionale5. Tab. 1 – Numero totale addetti nelle imprese cooperative sociali, occupati con mansioni assistenziali, val. ass. e % Occupati in attività assistenziali N° % In possesso del titolo OSS 1.771 69,1 Iscritti/frequentanti corsi OSS 103 4,0 Senza titoli/ requisiti misure corsi OSS 690 26,9 Totale occupati 2.564 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese La necessità di adeguare gli addetti in servizio attivo nelle imprese cooperative con la coerente qualifica professionale resta quindi un nodo critico, numericamente significativo e di seguito i dati della rilevazione aiutano a cogliere alcuni aspetti di profilo. Al fine di integrare e di comparare la situazione professionale degli operatori di assistenza occupati nelle imprese cooperative con altri soggetti pubblici e privati del sistema di welfare regionale l’indagine aveva l’obiettivo di approfondire la condizione professionale di questi operatori senza qualifica; lo sforzo è stato quello di aggiungere elementi oggettivi di analisi che, a partire da questo sub campione di cooperative sociali, confermino le necessità quantitative di riqualifica di tutto l’universo degli addetti in attività assistenziali. Sia pur in assenza di una banca dati univoca e in presenza di fonti settoriali è comunque possibile apportare considerazioni utili all’analisi del contesto regionale e alla pianificazione dei futuri fabbisogni di questa figura professionale. Rispetto agli operatori occupati privi della qualifica OSS si può evidenziare che complessivamente un terzo di questi addetti è in possesso di diplomi o attestati (per alcuni – il 6,1% – conseguiti con percorsi scolastici di scuola superiore di II grado di operatore o tecnico dei servizi sociali, per altri di pregresse qualifiche professionali quali quelle di ADEST/OTA – il 6,0% – del totale, oppure di percorsi formativi regionali brevi come gli attestati di frequenza riferibili a “Competenze minime” – il 20,6%). I restanti 466 occupati in mansioni assistenziali – il 67,3% – sono in possesso di altri titoli, diversi dai sopra ricordati o non hanno maturato gli attuali requisiti per accedere ai corsi formativi regionali di riqualifica di “Misure compensative” (cfr. tab. 2). 5 Il riferimento delle fonti di analisi è relativo alle banche dati del SISSR, dei censimenti 2019 dell’Area Welfare relativi alle residenze assistenziali, ai servizi e strutture per persone disabili, alle strutture per minori e dei Rapporti sociali regionali 2015 e 2016. 8
Tab. 2 – Condizione professionale degli occupati con mansioni assistenziali privi del titolo OSS, val.ass. e % Occupati senza titolo OSS N° % In possesso dell’attestato di competenze minime 141 20,6 Qualifica ADEST/OTA 41 6,0 Diploma Operatore/Tecnico dei servizi sociali 42 6,1 Altri titoli o senza requisiti accesso misure di riqualifica 466 67,3 Totale 690 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese La criticità della carenza di operatori OSS è presente da tempo nel contesto regionale e nelle cooperative sociali si ripresenta con regolarità nel corso degli ultimi anni: anche nella rilevazione interna avviata dalle cooperative nel 2015 gli occupati con regolare possesso del titolo professionale si attestavano a non più dei due terzi degli occupati in attività assistenziali. Numerose possono essere, ancor oggi, le ragioni che giustificano questo numero elevato di operatori che dovrebbero essere tutti in possesso della qualifica base di OSS. Per alcuni imprenditori sociali è la difficoltà di reperire operatori OSS formati e disponibili, per altri sono le limitazioni poste in essere dalle offerte degli appalti e dalle esternalizzazioni di servizi pubblici, con le relative politiche di contenimento della spesa pubblica, oppure le rigidità imposte dalle stazioni appaltanti a fronte di una elevata flessibilità richiesta negli orari di erogazione dei servizi; per altri ancora è il turn over permanente del personale verso opportunità d’impiego più remunerative. Così si esprimono alcuni imprenditori sociali: «L’operatore socio-sanitario, per noi, è la figura strategica prevalentemente […] figura importantissima sia nelle strutture geriatriche, sia in quelle della salute mentale […] C’è stata un’elevazione della formazione di personale già allocato, senza compensare con la formazione di personale nuovo in sostituzione ai pensionamenti, ai cambi di settore lavorativo e al continuo assorbimento da parte delle aziende sanitarie. Il territorio provinciale, ora, è molto carente e, anche se offriamo alloggio gratuitamente ai residenti in altre zone, facciamo molta fatica a coprire il nostro fabbisogno professionale perché la gente non si trasferisce per lavori temporanei [coop 4]». «Abbiamo sempre difficoltà a reperire figure qualificate in possesso di determinati titoli. La gran parte dei nostri servizi – circa due terzi – è rivolta agli anziani e le nostre difficoltà di reperimento riguardano gli operatori socio-sanitari, gli infermieri e i fisioterapisti, tutte figure che, sul territorio regionale, non sono sufficientemente presenti. La formazione effettuata è quantitativamente scarsa rispetto alla domanda di lavoro. Anni fa erano stati avviati percorsi di qualifica delle figure non specializzate con duecento ore di competenze minime e avevamo avuto qualche possibilità di inserimento in più, ma ora siamo costretti a cercare personale in altre regioni del Sud Italia, dove vengono formati molti giovani che si spostano qui dalla Sicilia, dalla Sardegna o dalla Calabria [coop 3]». 9
«Qualche difficoltà c’è sempre. Quando troviamo persone che riescono a inserirsi nel nostro contesto, altre offerte di lavoro, ad esempio spesso nell’azienda sanitaria, ce le portano via. Tutti gli operatori assunti con i concorsi pubblici fanno formazione nell’ambito delle cooperative, provocando una situazione di turn over permanente. Dobbiamo individuare di volta in volta gli operatori che sostituiscono quelli che se ne vanno. Il mercato del lavoro, di fatto, delega al sistema della cooperazione l’onere di addestrare le figure professionali prima di collocarle in posti meglio remunerati [coop 1]». «Le offerte contrattuali che noi facciamo agli operatori socio-sanitari non sono sempre allettanti perché rispondono a capitolati d’appalto che richiedono una flessibilità elevata, una presenza in determinate ore o un part-time frammentato. Difficilmente gli operatori socio-sanitari hanno un tempo pieno, quindi anche il livello retributivo non è elevato. Il problema, sul mercato del lavoro, non riguarda l’offerta di professionalità, ma la domanda. La questione annosa è sempre quella: noi ci attrezziamo per avere operatori formati, ma l’ente pubblico, di fatto, non modifica il costo orario al fine di ottemperare al rispetto dei costi. Il problema sta nel quanto ci viene riconosciuto. [coop 2]». «… L’altro grande problema è rappresentato dai concorsi pubblici che svuotano le cooperative sociali di risorse e professionalità. Non appena intravedono la possibilità di lavorare nell’azienda ospedaliera o in una casa di riposo pubblica, gli operatori se ne vanno perché lì ci sono differenze sia nella remunerazione che nel monte ore contrattuale. Il nostro contratto prevede trentotto ore settimanali, mentre nel pubblico sono trentasei per una paga migliore e un posto di lavoro sicuro [coop 3]». «…Il mercato del lavoro è assolutamente inadeguato in rapporto alle esigenze della cooperazione. Le figure più difficili da reperire sono gli operatori socio-sanitari, nel senso che il nostro fabbisogno è superiore a quello che il mercato offre. È un problema di quantità. In Friuli Venezia Giulia non ci sono OSS. Diversi ne arrivano dalle altre regioni o dall’Europa dell’Est. Spesso, inoltre, gli operatori escono da una cooperativa ed entrano in un’altra perché ottengono una migliore offerta economica, per non parlare degli ospedali e delle aziende sanitarie che, con i concorsi, “rastrellano” gran parte del personale alle cooperative…[anche] altri operatori – educatori, fisioterapisti, parrucchiere, assistenti sociali, psicologi e pedagoghi – sono figure ormai di nicchia e difficili da trovare [coop 5]». Le opinioni sopra riportate offrono spunti generali per riflettere sulle criticità della domanda e offerta di alcune professionalità necessarie a perseguire obiettivi e strategie d’impresa che ormai si collocano in una vasta gamma di settori operativi. In particolare per gli operatori addetti all’assistenza senza titolo OSS l’intervento si concentra prevalentemente nei servizi in favore delle persone anziane, con disabilità e nella salute mentale, sia che si tratti di servizi residenziali o semiresidenziali oppure di servizi territoriali/scolastici (cfr. tab.3). I settori sono quelli in cui operano le imprese; una maggior trasversalità tra i diversi settori si registra nei servizi territoriali 10
e/o scolastici. Il problema della riqualificazione del personale non è quindi una condizione concentrata su uno specifico settore assistenziale bensì generale, intersettoriale. Tab.3 – Personale addetto ai servizi di assistenza privi del titolo di OSS per tipologia di settore, val. % Occupati senza titolo OSS per % occupati nei servizi % occupati nei servizi settore assistenziale semi-resid. e residenziali territoriali e scolastici Anziani 22,6 35,0 Persone con disabilità 31,2 22,0 Dipendenze 0,0 6,2 Salute mentale 32,0 20,5 Minori 0,0 10,1 Migranti 14,2 6,2 Totale 100,0 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese Le diversità tra i diversi settori d’intervento e le tipologie di situazione operativa, come ad esempio una realtà residenziale o semiresidenziale, più strutturata per specifiche mansioni rispetto a realtà territoriali che operano anche a domicilio, a casa del beneficiario come nel caso dell’assistenza domiciliare, hanno comunque conseguenze che influiscono nel percorso formativo per le particolarità delle professioni sociali che non si definiscono esclusivamente nel percorso di base ma implicano una formazione diretta, con esperienze in condizione reale. La permanente sostituzione del personale comporta un addestramento iniziale, un affiancamento costante e continuativo che non facilita la gestione organizzativa. E’ comunque una pratica ormai ordinaria e non solo la risposta ad emergenze o criticità congiunturali. Secondo alcuni imprenditori sociali si dovrebbe riflettere nel merito delle specifiche competenze collegate ai settori e nella diversità delle situazioni operative, più o meno strutturate e definite dalle modalità organizzative di risposta assistenziale. «L’OSS domiciliare non è l’OSS della struttura. Lavorare sul territorio è più difficile […] In alcuni casi si è soli e, mentre in struttura si fa l’igiene e la messa a letto, bisogna fare una serie di attività, dalla consegna dei pasti all’igiene, dal fare la spesa a parlare con il medico. L’OSS che ha appena terminato un percorso in struttura deve essere adeguatamente affiancato sul territorio […] Stesso discorso per l’educatore socio-sanitario o socio-pedagogico territoriale. Deve conoscere il territorio e svolgere più attività. Non esiste il discorso “io sono educatore e mi occupo solo del progetto”. L’utente deve anche essere accompagnato in bagno, quindi facciamo una formazione sulle competenze pratiche che parte innanzitutto dalle esigenze della nostra utenza: un conto è la persona con disturbi comportamentali, un conto il malato terminale. Alcuni appalti, infine, richiedono percorsi formativi sul primo soccorso o sull’utilizzo degli ausili di trasporto e la garanzia di un minimo di formazione inerente al loro oggetto [coop 6]». 11
Il problema, come sotto si può intuire, è generale e non solo specifico di una singola qualifica professionale. «I percorsi di formazione dovrebbero affiancare il piano pratico a quello culturale. Se faccio l’operatore domiciliare, devo sapere che, entrando a casa di una persona, il cane può abbaiare, la persona mi può rispondere male o l’ambiente domestico può essere igienicamente non a posto. Agli educatori, poi, si dovrebbero fare tirocini pratici già nelle scuole, visto che, molto spesso, devono accompagnare disabili, saper manovrare una carrozzina e così via [coop 1]». Continuando nell’analisi del profilo degli occupati senza titolo OSS si può osservare che il 65,5% del totale ha un’età inferiore ai 50 anni e che il 22,3% registra un età compresa tra i 50 e il 59 anni; il 12,2% registra un’età di 60 o più anni (cfr. tab.4). Se l’età o l’avvicinarsi a opportunità di quiescenza può rappresentare una resistenza quest’ultima può essere considerata la percentuale di addetti con difficoltà di motivazione a intraprendere nuovi percorsi di studio e riqualificazione; la percentuale rilevata dall’indagine è superiore a quella stimata per tutto il sistema regionale che attesta al 4/6% degli operatori OSS dipendenti occupati il fabbisogno di sostituzione di personale in età superiore ai 60 anni. Rispetto alla residenza la metà circa (il 50,1%) abita in Comuni della ex provincia di Udine, il 18,8% nel goriziano, il 9,5% a Trieste e il 19,8% nel pordenonese (cfr.tab. 5). Tab.4 – Personale addetto ai servizi di assistenza privi del titolo di OSS attivi per classi d’età, val ass. e % Occupati senza titolo OSS per classi d’età N° % Fino a 49 anni 452 65,5 In età compresa tra i 50 e i 59 anni 154 22,3 Oltre i 60 anni 84 12,2 Totale occupati 690 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese Tab.5 – Personale addetto ai servizi di assistenza privi del titolo di OSS attivi per residenza, val. ass. e % Occupati senza titolo OSS per residenza N° % Trieste 66 9,5 Gorizia 130 18,8 Udine 346 50,1 Pordenone 136 19,8 Fuori regione ma attivi in FVG 12 1,8 Totale occupati 690 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese Alla domanda di prevedere per il prossimo triennio il fabbisogno aggiuntivo di operatori con qualifica professionale di base le imprese indagate, attive nei servizi assistenziali, riconoscono 12
questa necessità e indicano complessivamente un fabbisogno futuro di ben 612 operatori socio- sanitari. A questa previsione, prevalente per urgenza, si accompagna anche un fabbisogno ulteriore di altre figure qualificate ritenute funzionali nel dare concretezza alle diverse richieste di servizi specialistici o di servizi integrati alle ordinarie prestazioni assistenziali. La tabella 6 prevede una stima del fabbisogno di queste professionalità, aggiuntivo all’attuale organico o in sua sostituzione, finalizzato a garantire servizi e interventi per il triennio 2019-2021 (cfr.tab. 6). Tab.6 – Stima del fabbisogno di professionalità assistenziali per il triennio 2019-2021, aggiuntivo all’attuale organico o in sua sostituzione, finalizzato a garantire servizi e interventi, val. ass. Stima di fabbisogno nei servizi di assistenza nel triennio 2019-2021 N° OSS 612 Autisti addetti al trasporto assistenziale e sociosanitario 34 Operatori/tecnici dell’inserimento lavorativo 14 Personale infermieristico e sanitario 50 Altre figure professionali (ausiliari della ristorazione, ass. sociali, educatori, ecc.) 33 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese Alcuni imprenditori sociali così si esprimo: «Abbiamo necessità di autisti per le persone disabili. Le patenti richieste sono le stesse, ma manca la formazione all’accompagnamento del disabile. Non basta saper guidare, bisogna saper maneggiare gli ausili. Rimane inoltre, anche per gli autisti, il problema degli orari frazionati lungo la giornata. Applichiamo venti o venticinque tipologie diverse di part-time. Le assistenti ai pulmini devono fare cinquanta minuti al mattino e altri cinquanta al pomeriggio… [coop. 7]» «Gli appalti, da un lato, chiedono figure super professionali per poche ore e, nel contempo, il mantenimento di un turn-over bassissimo. Viene richiesta la massima flessibilità in cambio della massima rigidità contrattuale. Com’è possibile? Anche la persona in possesso di più patenti, appena trova un’offerta migliore se ne va [coop. 8]». «Abbiamo necessità di personale infermieristico perché viene ciclicamente depredato dalle aziende sanitarie e si caratterizza per un continuo turn-over. In questo momento, inoltre, abbiamo appena pubblicato un annuncio per la ricerca di un coordinatore… [coop. 10]». 3. Fabbisogno di operatori con professionalità educative La professionalità prevalente nei servizi di natura educativa è quella dell’educatore, figura storica nel sistema dei servizi alla persona e alla comunità. Fin dagli anni 50 era presente nelle strutture educative, spesso organizzate da enti religiosi, ma senza un riconoscimento formale dal 13
punto di vista professionale. Nel corso dei decenni successivi la figura e i percorsi formativi si sono evoluti per arrivare a una situazione che si è di fatto caratterizzata in due profili (Educatore professionale ed Educatore) che ha dato luogo a non poche incertezze e difformità applicative in diversi contesti regionali. Di recente è con la legge 205/2017 che si modifica il quadro generale di questa figura professionale. Con i commi 594-601, si norma la qualifica di Educatore professionale socio-pedagogico, attribuita a chi consegue un diploma di laurea nella classe di Laurea L-19, Scienze dell’Educazione e della Formazione. In via transitoria e a sanatoria di una situazione rispetto a pratiche operative in atto nei sistemi di welfare regionali la legge 205/2017 ha previsto che “l’acquisizione della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico, per coloro che sono inquadrati come educatore nelle amministrazioni pubbliche o hanno svolto attività di educatore per almeno 36 mesi o siano in possesso del diploma magistrale anteriore al 2002, previo superamento di un corso di formazione di 60 CFU, entro tre anni, organizzato dagli atenei; oppure per coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato negli ambiti educativo, formativo e pedagogico, in rapporto a qualsiasi attività svolta in modo formale, non formale e informale, a condizione che abbiano età superiore a cinquanta anni e almeno dieci anni di servizio, ovvero abbiano almeno venti anni di servizio. Viene mantenuto inalterata la figura dell’Educatore professionale che acquisisce la specificazione di “socio-sanitario” per essere distinto dal primo”6. In seguito con la legge 3/2018 e in particolare con l’art 5 “Istituzione dell’Area delle professioni sociosanitarie” si prevede l’inserimento della figura dell’educatore professionale socio-sanitario nell’area sociosanitaria e l’attivazione di uno specifico albo. Inoltre con la legge 145/2018 (commi 539-540), “viene estesa l’equipollenza dei titoli rilasciati dalle medesime Regioni già interessate dal DM 22 giugno 2016, ad un periodo temporale successivo al 17/3/1999; […con i commi 537 e 538 si prevede] l’istituzione, con decreto del Ministro della salute, di elenchi speciali ad esaurimento per l’iscrizione di coloro che svolgono o abbiano svolto un’attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo, per un periodo minimo di trentasei mesi, anche non continuativi, negli ultimi dieci anni”7; con il comma 517 inoltre si estende l’ambito di attività dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista ai presidi sociosanitari e della salute limitatamente agli aspetti socio-educativi. La situazione attuale prevede quindi due canali formativi uno sanitario e uno sociale- umanistico. I contesti operativi si possono così riassumere: • l’educatore professionale socio-sanitario che “opera in ambito sanitario nei servizi riabilitativi di varia intensità e di diversa tipologia, soprattutto in ambito territoriale: servizi rivolti a persone con disabilità - centri diurni, comunità alloggio, case famiglia, centri di formazione professionale; servizi di prevenzione e riabilitazione delle tossicodipendenze - comunità terapeutiche, operatori di strada, SERT”8; • l’educatore professionale socio-pedagogico che “opera prevalentemente nei servizi per la famiglia e i minori (servizi per la prima infanzia, consultori famigliari, comunità alloggio); servizi rivolti a persone con disabilità (centri diurni, comunità alloggio, case famiglia, centri di 6 Indagine conoscitiva per la ridefinizione dei profili degli ambiti occupazionali delle figure di educatori e pedagogisti, Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, Roma 17 aprile 2019, pp.4-5. 7 Ibid., p.5. 8 Ivi. 14
formazione professionale); servizi di prevenzione e riabilitazione delle tossicodipendenze (comunità terapeutiche, operatori di strada, SERT); servizi per l’integrazione degli immigrati (mediazione culturale, associazionismo etnico); servizi verso adulti e anziani (animazione, accompagnamento e sostegno nelle situazioni di difficoltà, orientamento e inserimento lavorativo); servizi di tutela (donne vittime di forme di schiavitù, sportelli di segretariato sociale);servizi nell’area della marginalità sociale (carceri, persone senza fissa dimora, area della prostituzione e sfruttamento)”9. In un quadro normativo nuovo e in una fase di avvio dei corsi intensivi speciali (avviati dall’Università degli studi di Trieste, sede di Portogruaro e dall’Università di Udine unitamente a quelli di Università telematiche) l’indagine presso le cooperative sociali aveva l’obiettivo principale di quantificare i possibili soggetti interessati alla futura ridefinizione delle figura dell’educatore. La rilevazione ha coinvolto un campione di 48 cooperative sociali che operano in strutture e servizi con interventi di natura educativa e registra un numero di occupati che si attestano, al 31 dicembre 2018, complessivamente in 2.001 operatori. Di questo numero complessivo solo un quarto circa (il 23,9% del totale occupati) fa riferimento a lauree o percorsi formativi che rientrano a vario titolo nella professionalità della figura dell’educatore ( laurea in educazione professionale o a lauree di tipo educativo e pedagogico di scienze della formazione, corsi professionali regionali, ecc.). La gran parte degli occupati (il 76,1%) si distribuisce tra la laurea in psicologia il 16,6%, altre lauree di indirizzo non psicopedagogico o educativo il 17,7% e il diploma di scuola media di II grado per il 41,8% (cfr. tab.7). Tab.7 – Titolo di studio posseduti dal personale occupato nelle cooperative sociali in servizi di natura educativa, val.% Occupati in servizi di natura educativa per titolo % Laurea in Educazione professionale 7,5 Laurea in Scienze della formazione 0,6 Laurea in Scienze dell’Educazione 12,2 Laurea in Scienze pedagogiche 1,4 Laurea Tecnico della riabilitazione psichiatrica 0,4 Laurea Terapista occupazionale 0,3 Attestato corsi professionali regionali 1,5 Laurea in Psicologia 16,6 Altra laurea escluse le precedenti 17,7 Diploma/altro 41,8 Totale occupati 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese Questa distribuzione degli occupati sulla base dei titoli di studio pregressi, confermando precedenti rilevazioni sulla numerosità e difformità degli occupati nel contesto regionale in mansioni educative in servizi residenziali, semiresidenziali e territoriali, fa cogliere l’importanza di 9 Ibid., p.6. 15
una fase evolutiva della professione educativa determinata dalle recenti norme legislative che porterà a livelli più coerenti e adeguati tutto il sistema degli interventi educativi. Questo non esclude che nella fase transitoria persistano difficoltà o modalità interpretative delle nuove norme con possibilità di ulteriori modifiche o adattamenti. A questo proposito alcuni imprenditori sociali così si esprimono: «Per noi, sono strategiche le figure dell’educatore socio-pedagogico e dell’educatore socio- sanitario. Nel corso degli anni gli enti appaltanti hanno chiesto sempre più titoli di studio o esperienze pregresse per i servizi educativi, dalle lauree in scienze educative, psicologiche o pedagogiche al tema degli anni e dei luoghi di lavoro precedenti. La legge Iori, adesso, sta cambiando tutto e pretende che tutte le persone che lavorano in ambito educativo abbiano la laurea in scienza dell’educazione. Abbiamo dunque il grosso problema di reperire la figura l’educatore socio-pedagogico perché, in questo momento, la laurea fa capo all’Università di Trieste, ma si è attivata presso il polo di Portogruaro. A [...], risiedono molti laureati in psicologia o servizio sociale, ma pochi in scienze dell’educazione. Con l’uscita della legge Iori, questi ultimi sono richiesti in moltissime gare e noi facciamo fatica a reperirli altrove per farli venire a lavorare a tempo parziale o determinato nel nostro territorio [coop 9]». «Un’altra criticità è rappresentata dalla suddivisione tra la figura educativa che opera in ambito socio-pedagogico e quella dell’educatore socio-sanitario. Adesso, con il maxi-emendamento di dicembre, dovrebbero consentire, sostanzialmente, che la prima figura possa operare anche nei contesti socio-sanitari, pur non prevedendo l’inverso. È bizzarro perché, in genere, chi opera in campo educativo fa tirocini anche con disabili, minori e pazienti psichiatrici. La duplicazione delle due figure è il più grande problema. Dovrebbero essere unificate in una sola, non ha senso tenerle separate. Anche gli enti appaltanti fanno fatica a interpretare le norme in vigore [coop 10]». «Riguardo agli educatori socio-sanitari e socio-pedagogici, si fa fatica a trovare personale in possesso di laurea. Non ci sono tante figure formate, quante ne servirebbero. E poi c’è un problema ulteriore: il numero di ore affidate agli educatori in alcuni servizi scolastici domiciliari è troppo basso, quindi questi incarichi lavorativi sono poco appetibili. Un po’ meno difficoltà si incontrano nell’area minori e disabili, dove vengono offerti part-time alti che somigliano quasi a tempi pieni [coop 8]». «Si dovrebbero fare tirocini più lunghi all’interno dei percorsi formativi, magari incentrati sull’alternanza tra scuola o università e lavoro. I laureati in educazione professionale socio- sanitaria, ad esempio, fanno tre tirocini nel corso dei tre anni in tre ambiti diversi, mentre il laureato in scienze dell’educazione ne fa uno solo. Sarebbe utile fare tirocini su più ambiti per tutti, dai minori alla psichiatria, fino alle dipendenze e alle disabilità [coop 9]». Le considerazioni in merito alla diversità tra i diversi settori d’intervento e le tipologie di situazione operativa, come già esplicitato descrivendo i settori operativi d’intervento 16
dell’operatore socio-sanitario, possono essere estese anche alle figure educative in quanto la formazione esperienziale, sul campo è determinante nell’apportare qualità ed efficacia. «Il problema degli educatori domiciliari è che, quando arrivano da noi, non hanno il percorso di studi e le competenze riguardanti la dimensione assistenziale e non riescono a occuparsi della persona nella sua totalità. Se nella struttura riusciamo a gestire la separazione delle competenze, sul territorio non si può fare [coop 2]». Sulla base della risultanze della rilevazione, in merito al settore di attività, gli occupati in servizi di natura educativa si distribuiscono in tutti i settori sia nei servizi residenziali o semiresidenziali che in quelli territoriali o scolastici. Si registra comunque che nei primi la loro presenza si concentra prevalentemente in servizi riferiti a persone con disabilità e a minori, nei secondi invece sono in gran parte attivi nei servizi riferiti ai minori in situazione di disagio (l’educativa territoriale) e sub ordine a quelli della disabilità; in entrambi una parte degli addetti è impegnata anche nei servizi relativi alla salute mentale (cfr. tab.8). Rispetto all’età gli operatori attivi in servizi di natura educativa sono prevalentemente giovani (l’84,7% ha meno di 50 anni); il 12,6% registra un età compresa tra i 50 e il 59 anni e solo il 2,7% un’età di 60 o più anni. Rispetto alla residenza una quota significativa (il 40,7%) abita in Comuni della ex provincia di Udine, il 31,0% a Trieste e il 16,4% nel pordenonese; con percentuali contenute nel goriziano (cfr.tabb.9 e 10). Tab.8 – Il personale occupato in servizi di natura educativa per tipologia di settore, val.% Occupati in servizi di natura % occupati nei servizi % occupati nei servizi educativa semi-resid. e residenziali territoriali e scolastici Anziani 2,7 0,2 Persone con disabilità 53,0 21,6 Dipendenze 4,1 0,2 Salute mentale 9,3 5,3 Minori 24,2 71,6 Migranti 6,7 1,1 Totale 100,0 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese Tab.9 – Il personale occupato nelle cooperative sociali in servizi di natura educativa per classi d’età, val.% Occupati in servizi di natura educativa per classi d’età % Fino a 49 anni 84,7 In età compresa tra i 50 e i 59 anni 12,6 Oltre i 60 anni 2,7 Totale occupati 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese 17
Tab.10 – Il personale occupato nelle cooperative sociali in servizi di natura educativa per residenza, val. % Occupati in servizi di natura educativa per residenza % Trieste 31,0 Gorizia 8,5 Udine 40,7 Pordenone 16,4 Fuori regione ma attivi in FVG 3,4 Totale occupati 100,0 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese Alla domanda di prevedere o stimare per il triennio 2019-2021 il fabbisogno, aggiuntivo e coerente con le nuove normative nazionali, le imprese indagate, attive nei servizi educativi, riconoscono questa necessità e indicano complessivamente in 550 il numero di educatori laureati (educatore professionale sociosanitario, educatore socio pedagogico) necessari. Alla previsione di queste figure professionali, indispensabili per potenziare i servizi erogati adeguandoli alle nuove normative, le imprese cooperative indicano ulteriori professionalità funzionali alle richieste formulate sovente nei capitolati di gara degli appalti e alle specificità di alcuni servizi integrati tra assistenza e sanità. La tabella 11 prevede una stima del fabbisogno di queste professionalità, aggiuntivo all’attuale organico o in sua sostituzione, per il triennio 2019- 2021 (cfr.tab.11). Tab.11 – Stima del fabbisogno di professionalità educative, aggiuntivo all’attuale organico o in sua sostituzione, per il triennio 2019-2021 finalizzato a garantire servizi e interventi, val. ass. Stima di fabbisogno nel triennio 2019-2021 N° Educatori con laurea 550 Animatori 14 Mediatori culturali 30 Tecnici della comunicazione/lingua italiana dei segni 40 Tecnici della riabilitazione psichiatrica 31 Terapisti occupazionali 32 Personale infermieristico/Fisioterapisti 80 Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese Da un punto di vista qualitativo alcuni imprenditori sociali esprimono queste considerazioni: «In futuro serviranno laureati in scienze dell’educazione, in educazione professionale e assistenti per la comunicazione. Gli appalti, in particolare, continuano a chiedere quest’ultima figura, rispetto alla quale abbiamo un fabbisogno emergente .... Ha competenze educative, ma anche di supporto al bambino sordo. È una figura praticamente impossibile da trovare perché non stanno facendo i corsi per formarla [coop 7]». 18
«C’è bisogno di una maggior professionalità dei ragazzi laureati in psicologia o discipline umanistiche, oppure provenienti da istituti professionali psico-pedagogici o come le vecchie magistrali. Non è un problema che riguarda il fabbisogno di OSS, ma di quelli che noi chiamiamo operatori per l’assistenza alla persona. Non si occupano di un’assistenza fisica, ma lavorano sulla relazione con l’utenza, spingendola a prendersi cura dell’abitazione, delle attività socializzanti. Hanno una valenza educativa e affiancano le persone durante la giornata. Il loro titolo di studio, a voler essere coerenti, sarebbe quello di operatore della riabilitazione psichiatrica, ma la possibilità di acquisirlo c’è solo a Trieste, città che assorbe quei pochi soggetti in possesso di questa qualifica [coop 10]». «… c’è una scarsa connessione tra il mondo della formazione e quello del lavoro. I ragazzi che arrivano qui sono bravi a stare dietro a una scrivania, ma non sono preparati a trattare e insistere con un’utenza che deve essere motivata ad alzarsi, rifarsi il letto, lavarsi, fare colazione, vestirsi adeguatamente, pianificarsi la spesa, farsi da mangiare e ricercare attività stimolanti da fare sul territorio. I tirocini universitari o i progetti di alternanza scuola lavoro sarebbero un’ottima soluzione per formare tali operatori, ma per noi rappresentano un appesantimento in una situazione di continua emergenza e scarsa tranquillità lavorativa [coop 6]». «Bisognerebbe creare figure educative con percorsi professionalizzanti adatti ai bisogni delle strutture residenziali e dei servizi psichiatrici domiciliari che non è quello dello psicoterapeuta per il paziente seduto sul lettino, ma di un operatore che condivide le attività quotidiane con l’utente [coop 4]». Infine alle imprese coinvolte nella rilevazione e attive con servizi di natura educativa è stato chiesto di quantificare il numero dei potenziali interessati alle recenti normative che si riferiscono alla figura professionale, in particolare alla legge 27 dicembre 2017 n.205, art.1, commi 594-601, in seguito modificata dalla legge 30 dicembre 2018 n.145, art.1, c.517 (cosiddetta “legge Iori”). L’obiettivo era quello di cogliere la situazione oggettiva del personale occupato in mansioni educative registrando, alla data della rilevazione, il numero di occupati interessati dalla normativa o rientranti nella sanatoria in corso. Il numero complessivo registrato alla data sopra ricordata è di 1.244 operatori interessati, suddivisi in 887 occupati compresivi di coloro che hanno svolto un’attività di educatore per non meno di tre anni, anche se non continuativi (642 occupati che possono acquisire la qualifica di educatore professionale socio pedagogico previo un corso intensivo di formazione per 60 crediti formativi universitari da intraprendere entro il 2020) e di coloro che, titolari di contratto a tempo indeterminato, hanno un’età superiore ai 50 anni e 10 di esperienza lavorativa (130 occupati), oppure di età inferiore con almeno 20 anni di esperienza (115 occupati) che pur potendo partecipare ai corsi intensivi di cui sopra ottengono comunque la qualifica ope legis. Per ulteriori 357 occupati, con una esperienza lavorativa di almeno 12 mesi alla data del 1 gennaio 2018, possono, ai sensi dell’art.1, c. 599 della legge 205/2017, continuare ad esercitare l’attività di educatore. Il mancato possesso della qualifica di educatore socio pedagogico non può infatti 19
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