Le Infiltrazioni criminali nelle energie rinnovabili: Eolico e Fotovoltaico

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Le Infiltrazioni criminali nelle energie rinnovabili:
                    Eolico e Fotovoltaico
     (Sintesi breve della relazione a cura di Francesco Zoppeddu)

INTRODUZIONE
Premesse metodologiche. Il lavoro si concentra sullo studio dei fenomeni di illegalità e le
infiltrazioni criminali nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili quali l’eolico e
il solare fotovoltaico con particolari riferimenti ad esempi concreti e studi di caso nel
Meridione, sede privilegiata di sviluppo dell’intero settore ma anche luogo di profondo
radicamento territoriale della criminalità organizzata. Come fonti di ricerca sono state
utilizzate le informative e le relazioni antimafia, report di approfondimento sullo stato
dell’arte del settore e sulla normativa che lo interessa, rassegne stampa, riviste,
documentari, interviste e materiale raccolto nel web.

1        L’ILLEGALITA’ E LE INFILTRAZIONI NEL SETTORE DELLE RINNOVABILI
1.1 Quadro generale
Da sempre la criminalità organizzata ha sfruttato il territorio e l’ambiente per i suoi affari
illeciti e oggi lo sviluppo della green economy può rappresentare per le mafie l’opportunità
di riciclarsi e invadere sempre più il tessuto dell’economia legale. Così le mafie si
organizzano per ottenere le autorizzazioni e decidere gli appalti per poi vendere il tutto
ottenendo in cambio lauti compensi anche sotto forma di tangenti. La complicazione e
l’incertezza delle procedure burocratiche di autorizzazione che condizionano il settore
favoriscono lo sviluppo delle dinamiche illecite.
1.2 Lo sviluppo del settore
L’obiettivo comunitario assegna all’Italia il compito di raggiungere una copertura del 17%
dei consumi finali con energia da fonti rinnovabili entro il 2020. Lo sviluppo dell’eolico e del
fotovoltaico procede in questa direzione grazie anche al sistema degli incentivi (che in
Italia sono nettamente superiori alla media europea) costituiti dai certificati verdi e dalla
tariffa onnicomprensiva. La produzione da fonte eolica ha raggiunto i 6 terawattora (TWh)
nel 2008 concentrandosi quasi esclusivamente nelle regioni meridionali, che
contribuiscono alla produzione nazionale con più del 98%. Il 27% del contributo viene dalla
Puglia, più del 20% da Sicilia e Campania. Seguono la Sardegna (12,7%), la Basilicata
(5,8%), l’Abruzzo (5%) e il Molise (3,5%).
Negli ultimi anni è il fotovoltaico ad aver conquistato un ruolo di primo piano passando dai
116 gigawattora (GWh) del 2007 a 450 GWh nel 2008. In totale in Italia si contano ad oggi
270 mila impianti fotovoltaici in esercizio. Con gli attuali ritmi di costruzione di pannelli di
silicio, l’obiettivo nazionale del 2020 per l’energia fotovoltaica potrebbe essere raggiunto

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già nel 2013. In generale, i benefici economici che derivano da un impianto che produce
energia elettrica da fonti rinnovabili e in particolare da eolico e fotovoltaico sono legati a
due meccanismi complementari: gli incentivi statali e la vendita dell’energia generata
(oppure la valorizzazione dell’autoconsumo della stessa). Oltre ai tagli al sistema di
incentivazione, il nuovo decreto legislativo dell’ex ministro Romani (d.lgs 28 del 3 marzo
2011) contiene varie misure per contrastare l’illegalità, ma rischia, con l’introduzione delle
aste al ribasso, di favorire gli operatori che hanno a disposizione molto denaro da riciclare
tagliando fuori dal mercato, al contrario, gli operatori più piccoli. Nonostante qualche taglio,
gli incentivi per il settore fotovoltaico restano ancora alti e convenienti. Nel 2011 la potenza
fotovoltaica istallata sul territorio italiano ha raggiunto il livello record di 10.000 MW.
L’appetibilità economica del settore è dimostrata dalla presenza di grandi operatori del
mercato, come multinazionali, fondi di investimento italiani e stranieri e miriadi di società
costituite ad hoc, che partecipano agli investimenti. Il pericolo è costituito dall’insorgere di
pratiche finanziarie opache e controverse e dalle infiltrazioni di una criminalità organizzata
capace di sfruttare sia l’incredibile confusione normativa rispetto all’iter di approvazione
dei progetti sia la generale mancanza di controlli. A partire dal settembre del 2010, con
l’introduzione delle linee guida nazionali, si è fatta maggiore chiarezza e la situazione è
indubbiamente migliorata. Ma la complessità normativa è ancora evidente al pari dei
conflitti di competenza tra gli enti pubblici coinvolti. Una condizione, quest’ultima, cha ha
favorito l’irruzione sulla scena della controversa figura dell’intermediario, il soggetto che si
propone di procurarsi terreni e autorizzazioni in tempi brevi e con dinamiche quantomeno
sospette.

2        INFILTRAZIONI NEL SETTORE EOLICO
2.1 Indagini di mafia in Sicilia
Emblematico esempio di quel complesso sistema di relazioni tra il mondo degli affari, la
mafia e la politica per l’acquisizione delle concessioni, delle autorizzazioni, degli appalti e i
servizi pubblici nel settore degli impianti eolici, è una nota inchiesta giudiziaria conosciuta
come operazione “Eolo” che ha condotto all’arresto di otto persone nella provincia di
Trapani.
All’inizio degli anni 2000, due società del settore, la Sudwind e la Enerpro srl, presentano
due progetti molto simili per la realizzazione di un parco eolico nel territorio del Comune di
Mazara del Vallo, in Sicilia. L’amministratore delegato di Sudwind, Luigi Franzinelli di
Trento, affida il progetto a Melchiorre Saladino mentre la Enerpro si rivolge a Giuseppe
Succameli, due persone che hanno strette relazioni con le famiglie mafiose che
controllano il territorio. Ottenuto l’incarico, Saladino riceve da ambienti mafiosi l’indicazione
di Vito Martino, allora consigliere del comune di Mazara del Vallo e genero di Antonio
Cuttone, altro individuo legato alla mafia. La rete di relazioni istituita da Saladino riesce a
far cadere la protezione che un’altra famiglia mafiosa aveva precedentemente accordato
alla Enerpro, affossandone quindi il progetto che aveva già ottenuto, per altro, la
fondamentale autorizzazione di impatto ambientale. La Sudwind riesce a consultare alcuni

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documenti dell’impresa rivale custoditi in Comune e a sottrarne altri. Martino, quindi, si
impegna a sostenere in Consiglio comunale l’approvazione della convenzione con la
Sudwind esprimendo voto contrario a quella della sua diretta concorrente. Solo che la
Sudwind resta priva dell’autorizzazione di impatto ambientale, già ottenuta dalla Enepro, e
così il processo autorizzativo si blocca. A risolvere la situazione ci pensa una terza
società, la Eolica del Vallo, che interviene comprando i rami d’azienda delle due
contendenti diventando proprietaria esclusiva per la realizzazione del progetto di parco
eolico. A favorire quest’ultima operazione, ancora una volta, è il consigliere comunale
Martino che esercita pressioni sul sindaco e su altri funzionari comunali. A versare le
opportune tangenti sarà l’amministratore delegato dell’eolica del Vallo, Vito Nicastri.
2.2 Indagini in Puglia, Calabria e Sardegna
Ulteriori casi documentati dalle indagini giudiziarie non sono mancati in altre regioni del
Sud. In Puglia è da ricordare l’arresto di ventiquattro persone tra cui alcuni boss legati alla
Sacra Corona Unita coinvolti nel controllo degli investimenti nel parco eolico di Torre
Santa Susanna. Le dinamiche sono sempre le stesse, l’esercizio del potere intimidatorio e
le infiltrazioni nella politica locale.
Altre indagini rivelano un coinvolgimento della ‘ndrangheta calabrese nel business dei
parchi eolici, in particolare nelle province di Catanzaro e Crotone. Molta preoccupazione
aveva destato una normativa contenuta dalla legge finanziaria calabrese del 2011, poi
bloccata dall’intervento del Governo. Le norme avrebbero favorito i progetti di costruzione
degli impianti e le richieste di ottenimento degli incentivi avanzate direttamente dagli enti
pubblici. Con il rischio di favorire in questo modo le organizzazioni criminali capaci di
infiltrarsi anche nelle istituzioni locali. Il sistema criminale riesce ad adattarsi anche a
territori dalle caratteristiche differenti. E’ il caso della Sardegna dove pur in assenza di
comportamenti violenti o intimidatori, lo sviluppo del settore eolico è diventato preda della
criminalità. Ormai quest’ultima non ha bisogno di far uso della violenza o di esercitare il
suo potere intimidatorio, preferendo, al contrario, ricorrere alla corruzione e al
coinvolgimento di persone compiacenti nei ruoli chiave. Da ricordare, in questo senso, la
famosa inchiesta ribattezzata dai media “Eolico e P3” che ha portato all’arresto
dell’imprenditore sardo Flavio Carboni rivelando l’esistenza di un vero e proprio gruppo
d’affari per la realizzazione di impianti eolici accusato di corruzione di funzionari pubblici,
associazione a delinquere e riciclaggio.
2.3 Il ruolo dell’intermediario
La lunghezza e la complicazione dell’iter burocratico per l’approvazione dei progetti
favorisce l’emergere di una figura peculiare del quadro italiano: l’intermediario.
Specializzato nell’ottenere le autorizzazioni e le concessioni richieste, questo attore si
propone in seguito di rivendere a caro prezzo il progetto alle imprese o ai fondi
d’investimento per le quali i suoi servizi rappresentano per altro un costo abbastanza
ridotto. Esempio di questa figura, nel caso precedentemente analizzato, è lo “sviluppatore
di progetto” Vito Nicastri. Nato ad Alcamo, in provincia di Trapani, Nicastri è considerato il
re del business dell’eolico in Sicilia. Uomo al centro di numerose inchieste a fianco di

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esponenti mafiosi, è ritenuto dagli investigatori il collegamento tra la criminalità
organizzata e il potere politico locale. Dalle indagini svolte risulterebbero rapporti con
apparati criminali operanti nel messinese, nel catanese ed anche con la ‘ndrangheta.
Quasi un anno fa la Direzione Investigativa Antimafia ha disposto il sequestro dei beni
dell’imprenditore per oltre un miliardo e mezzo di euro. Questo è, infatti, l’ammontare del
suo impero economico. Con l’impiego di decine professionisti del settore al suo servizio e
di varie società di sede ad Alcamo, Milano, Lussemburgo e Olanda, Nicastri si adoperava
per ottenere le autorizzazioni e le concessioni dei terreni dove sarebbero sorti i parchi
eolici. Una volta ottenute le autorizzazioni necessarie al parco eolico di Mazara del Vallo,
Nicastri ha venduto il progetto alla società Wind Project, appartenente alla famiglia Bogoni
di Verona. Quest’ultima ha potuto così aggiungere Mazara agli altri sei parchi eolici in suo
possesso (quattro in provincia di Palermo), di cui due in joint venture con la svizzera Atel.
Nella maggioranza dei casi l’acquisto è stato preceduto dal lavoro preparatorio di Vito
Nicastri, socio dei veronesi nella Idrosud e con deleghe operative in altre aziende
(compresa Eolica del Vallo). I rapporti tra Nicastri e la mafia fanno pensare che sia sempre
quest’ultima a decidere a quali società verranno venduti i pacchetti pronti e soprattutto che
percorso dovrà seguire il denaro frutto di queste operazioni.
Se ci si addentra nell’impero economico creato da Nicastri possiamo notare una notevole
operatività dei flussi finanziari movimentati da quest’ultimo e dai suoi familiari. Nicastri è
stato destinatario di numerose segnalazioni per operazioni finanziarie sospette ad opera
dell’Ufficio Italiano Cambi prima, e dal 1° gennaio 2008 ad opera dell’Unità di Informazione
Finanziaria istituita presso la Banca d’Italia. Le segnalazioni per operazioni finanziarie
sospette, disciplinate dalla legge n.197 del 5 luglio 1991, costituiscono uno dei principali
strumenti normativi antiriciclaggio. Possiamo dire che Nicastri corrisponde perfettamente
all’identikit dello sviluppatore, fonda e amministra una miriade di società a responsabilità
limitata che con appena 10mila euro di capitale possono richiedere autorizzazioni e
concessioni, accedere a finanziamenti per milioni di euro, accaparrarsi i terreni per poi
cedere la società o l’attività alle grandi imprese che venderanno l’elettricità al gestore del
servizio elettrico nazionale. Simili a lui se ne trovano tanti nelle indagini sulle infiltrazioni
criminali del settore.

3      INFILTRAZIONI NEL SETTORE FOTOVOLTAICO
3.1 Quadro generale
Nel 2010 il valore complessivo del fotovoltaico in Italia è stato stimato in 11,5 miliardi.
“Fino al 2008 le mire della criminalità organizzata erano indirizzate all’energia eolica”
spiega Giuseppe Mastropieri, direttore dell’area fonti rinnovabili di Nomisma Energia “ma
da tre anni a questa parte è quella fotovoltaica ad attirarle”. Le mafie sono attratte non solo
dagli incentivi ma anche dalla compravendita dei terreni, dal riciclaggio di denaro sporco
negli impianti, dalla manodopera illegale da utilizzare nei campi e perfino dal successivo
smaltimento. Un caso emblematico è quello della Puglia, regione invasa da imprese
esterne, con soci e capitali spesso nascosti in anonime finanziarie straniere e per questo

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difficili da individuare. Tra i casi specifici si segnalano le vicende della Tecnova Italia Srl,
una società che installa impianti fotovoltaici a terra con sede a Brindisi.
3.2 Le indagini in Puglia
Gli operai impiegati nei cantieri della Tecnova sono per la maggior parte stranieri. In
prevalenza africani, senegalesi, nigeriani, magrebini, ma anche indiani e pachistani che,
arrivati in Salento da ogni parte d’Italia con la promessa di un contratto da metalmeccanici
e una retribuzione di circa mille euro, vengono impiegati nella costruzione di parchi
fotovoltaici nelle province di Lecce e Brindisi. La realtà è però diversa: condizioni di lavoro
massacranti dalle 12 alle 24 ore di lavoro al giorno per due euro l’ora, ritmi serrati,
assenza di tutele, licenziamenti facili. E’ stato proprio un loro esposto presentato alla
Procura della Repubblica di Lecce a far aprire, il 20 aprile 2011, un’indagine che ha
condotto all’arresto quindici persone tra soci, amministratori, capi cantiere e consulenti
dell’azienda, indagati per “associazione a delinquere finalizzata alla riduzione e
mantenimento in schiavitù, estorsione, favoreggiamento della condizione di clandestinità di
cittadini extracomunitari e truffa ai danni dello Stato”. Ma le indagini sul caso non si
fermano allo sfruttamento dei lavoratori. Infatti, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, gli
amministratori di Tecnova e i suoi dipendenti sono in realtà l’ultimo anello della catena di
strutture societarie complesse, atti illeciti e strategie volte al raggiungimento di interessi
economici di alto livello che portano la firma speculativa e spiegano il selvaggio dilagare
degli impianti fotovoltaici in Puglia e ci consentono di estendere l’analisi anche ai futuri
sviluppi nelle altre regioni quantomeno del mezzogiorno.
La realizzazione degli impianti presi in esame era stata affidata a Tecnova da
un’associazione di imprese controllate da un fondo di investimenti che ha sede in
Lussemburgo, il Global Solar Found (GSF). Per riparare agli scandali di Tecnova, GSF ha
sborsato già 500 mila euro di acconto sugli stipendi non pagati e, a partire dal 6 maggio
scorso, ha iniziato a versare il saldo degli stipendi maturati dopo mesi di lavoro non
retribuito. Inoltre ha ripagato gli operai e le ditte fornitrici, perché accanto agli
extracomunitari rimasti senza stipendio dopo essere stati sfruttati in condizioni indicibili, ci
sono i responsabili di una ventina di piccole imprese e ditte individuali salentine che
vantano crediti nei confronti di Tecnova per circa un milione di euro con una settantina di
lavoratori che hanno fornito servizi non pagati.
GSF è controllato per l’80% da Suntech, leader mondiale dell’energia fotovoltaica, ma i
fondi appartengono a uno dei maggiori istituti finanziari del pianeta la China Development
Bank corporation. Il 7 Ottobre 2010 a seguito di un incontro tra il primo ministro cinese
Wen Jiabao e il premier italiano Silvio Berlusconi, erano stati approvati dieci accordi
commerciali del valore di 2,25 miliardi di euro, più di un terzo dei quali (circa 800milioni di
euro) investito successivamente dalla Banca per lo sviluppo cinese nel settore fotovoltaico
locale. Con tutti questi soldi GSF ha acquisito un totale di 31 società che avevano già
ottenuto 137 richieste di autorizzazioni energetiche per uno sviluppo complessivo di 175
megawatt. Si ripete il meccanismo che vede una miriade di srl che necessitano di un
capitale sociale di soli 10 mila euro a fronte di investimenti da milioni di euro. Queste

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piccole società grazie all’attività di solerti intermediari, gli ormai noti sviluppatori, lavorano
al fine di ottenere le autorizzazioni necessarie alla costruzione dell’impianto. Per poi
vendere il tutto al miglior acquirente, in questo caso il GSF.
Tra le imprese oggetto dello shopping sfrenato del GSF figura anche la Italgest
Photovoltaic, una controllata della locale Italgest già partecipata dal Gsf al 50%:
un’acquisizione che porta ai cinesi il controllo di 16 impianti in costruzione, quasi tutti
nell’area del Salento (costituita dalla province di Lecce e Brindisi), per un totale di 50
Megawatt. La Italgest Photovoltaic è stata coinvolta (assieme alla Osiride Solar di Lecce)
nell’inchiesta sulla “schiavitù del fotovoltaico” perché proprietaria del campo di fotovoltaico
a Salice Salentino i cui lavori erano stati appaltati agli schiavisti della Tecnova. Le indagini
hanno inoltre coinvolto tre dei suoi amministratori, tra cui il messinese Roberto Saija,
accusati di aver falsamente attestato che i lavori connessi alla realizzazione di alcuni
impianti fotovoltaici appaltati a Tecnova sarebbero stati portati a termine entro la fine di
dicembre del 2010, comunicandolo al Gestore unico per i servizi elettrici (Gse) al fine di
conseguire “l’indebita percezione di erogazioni quantificabili in circa 10 milioni di euro”,
come dichiarato dal gip di Brindisi Maurizio Saso. Roberto Saija, oltre a esser divenuto
amministratore delegato in diverse imprese controllate direttamente o indirettamente dal
GSF è anche socio unico della Energetica spa fondata dal messinese Gaetano Buglisi,
segretario dell’associazione Nuovenergia, uno dei più importanti sindacati delle aziende
che si occupano di energie rinnovabili. Anche Energetica spa è stata assorbita dal GSF e
Buglisi è diventato il responsabile affari istituzionali della GSF. Saija e Buglisi sono legali
rappresentanti di una miriade di società che nella provincia di Brindisi sta realizzando
numerosi parchi fotovoltaici. Ovvero, due dei più noti e importanti sviluppatori nel
fotovoltaico Pugliese. Con interessi e relazioni che si estendono anche in Sicilia e
Campania.
Nelle acquisizioni del GSF risalta un altro aspetto importante, dei 137 progetti di cui
abbiamo accennato prima, 126 autorizzazioni sono state richieste in DIA (Dichiarazione
d’Inizio Attività) per progetti di piccole dimensioni (meno di un megawatt) quindi con iter di
autorizzazione più rapido. Il meccanismo che spinge le imprese a fare richiesta in DIA ci
viene suggerito da quanto avvenuto a San Donaci (provincia di Brindisi) dove sono finiti
sotto sequestro cinque progetti. Le ditte avevano presentato richiesta di autorizzazione per
l’istallazione di cinque impianti fotovoltaici contigui da un megawatt l’uno, ma in realtà
avevano realizzato un unico mega-impianto senza soluzione di continuità, secondo la
procura, “completamente abusivo”. Dalle indagini emerge che risultano indagati ancora
una volta Roberto Saija e Sebastiano Buglisi. Il primo quale socio e rappresentante della
società madre titolare della disponibilità del terreno. Mentre il secondo, come titolare
dell’impresa che ha eseguito i lavori. Il meccanismo è ormai assodato: prima si
comunicano le costruzioni di impianti da un quantitativo di megawatt tale da non essere
sottoposti a vincoli autorizzativi ma solo a semplici dichiarazioni al Comune. Poi li si
"unifica" ad altri simili, pervenendo, così, alla costituzione di campi fotovoltaici di

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dimensioni ben più grandi, per le quali sarebbe necessario chiedere l’autorizzazione ed
essere sottoposti a maggiori vincoli, come la valutazione di impatto ambientale.

4       CONCLUSIONI
L’analisi condotta ha svelato i retroscena degli investimenti nell’energia pulita in Italia.
L’appetibilità economica attira gli interessi della criminalità organizzata che si infiltra nel
sistema sfruttando la presenza di un iter burocratico spesso difficile da decifrare.
Possiamo affermare che i casi di infiltrazione criminale, sia nell’eolico che nel fotovoltaico,
hanno diversi punti in comune. Il sistema cambia a seconda della struttura
dell’organizzazione criminale e del suo radicamento nel territorio ma si ripetono le
dinamiche di corruzione e clientelismo al fine di pilotare l’iter burocratico e i finanziamenti
dei progetti. Inoltre, è ricorrente la presenza di una figura che manovra i meccanismi del
sistema sconfinando nell’illegalità. Questa ricerca vuole rappresentare un punto di
partenza per valutare e studiare le possibili strategie d’intervento nei punti chiave
individuati. Strategie che coinvolgano i diversi attori sociali e in genere tutti i soggetti, sia
pubblici che privati, interessati a preservare un settore in così forte sviluppo da possibili
distorsioni. In futuro ci focalizzeremo proprio su questi aspetti, cercando quindi di
suggerire gli strumenti, le linee guida e le buone pratiche coinvolgendo tutti gli
stakeholders.

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