LA VENDITA IMMOBILIARE - Kapitalre

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LA VENDITA
IMMOBILIARE
7. La vendita

   Una volta preso l’incarico, occorre mettere in atto una serie di operazio-
ni fondamentali, per giungere alla vendita o alla locazione dell’immobile
acquisito quali l’inserimento dell’immobile nel portafoglio, la consultazio-
ne delle richieste in banca dati, l’affissione dei cartelli in zona, l’affissione
di un cartello in vetrina e l’inserimento nei canali pubblicitari utilizzati.
   Tutte queste attività ci servono per entrare in contatto con il cliente
potenziale acquirente o conduttore. Dopo averlo accolto in agenzia con cor-
dialità e cortesia, aver condotto un’analisi attenta delle sue esigenze, dei
suoi bisogni e dei suoi valori (cioè delle cose importanti per lui nella casa
che vuole acquistare) andremo a presentare l’immobile concordando con lui
un appuntamento per la visione dello stesso.

1. Qualificare il compratore

   Prima di portare i potenziali compratori a visionare gli immobili dovete
raccogliere le informazioni, ponendo domande per procurarvele, in merito a
quale casa stanno cercando e quale possono permettersi. Anche in questo
caso utilizzeremo domande aperte. Esempio:

Agente immobiliare: “Cosa state cercando esattamente?”.
Agente immobiliare: “Che caratteristiche deve avere la vostra casa?”.
Agente immobiliare: “Quando pensavate di trasferirvi?” (questa domanda
  può, tra l’altro, farvi scoprire se devono anche vendere).
Agente immobiliare: “Che fascia di prezzo avevate considerato?”.

   Queste domande vi aiuteranno a capire quale casa vogliono e quale pos-
sono permettersi ed avere queste informazioni ci permetterà di mostrare
solo le case che rientrano in questi parametri aumentando le possibilità di
ottenere una proposta d’acquisto e dei clienti soddisfatti. Ora, per evitare
l’effetto “interrogatorio” è necessario quando chiediamo informazioni ai
potenziali compratori spiegare il motivo per cui faremo delle domande e
fornire a nostra volta delle informazioni. Per spiegare il motivo per faremo
delle domande possiamo utilizzare la seguente formula verbale:

Agente immobiliare: “Affinché possa darle un servizio eccellente, posso
  chiederle cosa state cercando esattamente?”.

    Qual è il compratore che vi dirà: “No, guardi, io voglio un servizio sca-
dente per cui non mi faccia nessuna domanda!”.
    Possiamo fornire informazioni a nostra volta ai potenziali compratori
utilizzando le parafrasi, cioè ripetendo quello che il cliente ci ha appena
detto con parole diverse oppure utilizzando domande di controllo per veri-
ficare di aver compreso le esigenze espresse dai potenziali acquirenti.
Altrimenti una serie di domande quali: “Che tipo di casa volete? Quante
camere? Quel’è il vostro budget? Quanti siete in famiglia?” e altre simili,
verrebbe percepita come un terzo grado. Ora che sappiamo le esigenze emo-
tive ed economiche dei nostri potenziali acquirenti possiamo finalmente
portarli a vedere la casa che nel nostro portafoglio immobili è allineata a
quelle esigenze.

2. La gestione dell’appuntamento in vendita: gli immobili
di preparazione e il principio del contrasto nella vendita
immobiliare

    Alcuni agenti immobiliari di successo utilizzano in questa fase una tecni-
ca molto efficace che sfrutta il principio del contrasto. Quando vanno a far
vedere un immobile a un potenziale compratore, fanno sempre vedere per
primi un paio di appartamenti orribili. Sono quelli che chiamano “immobili
di preparazione”. Queste agenzie tengono nei loro elenchi due o tre immo-
bili in rovina a prezzi gonfiati, senza nessuna intenzione di venderli, ma solo
per mostrarli ai clienti in modo che le offerte autentiche si possano avvantag-
giare del confronto. Immaginate di vedere gli occhi dei clienti illuminarsi
quando finalmente li accompagnerete a vedere la casa che avevate realmente
intenzione di vendere, dopo averli portati a visitare quelle fatiscenti. Sembrerà
davvero uno splendore, dopo che hanno visto un paio di catapecchie.
    Per apprendere meglio la funzionalità del principio del contrasto vi riporto,
di seguito, un altro brano estratto dall’opera di Cialdini (opera già citata):
C’è un principio nella percezione umana, il principio del contrasto che influi-
sce sulla differenza che avvertiamo fra due cose presentate in successione.
Semplicemente si può dire che, se il secondo stimolo differisce abbastanza dal
primo, noi tendiamo a vederlo più diverso ancora di quanto non sia in realtà. Così,
se solleviamo prima un oggetto leggero e poi uno pesante, questo ci sembrerà più
pesante di quanto ci sembrerebbe se l’avessimo sollevato per primo. Il principio
del contrasto è saldamente accertato nel campo della psicofisica e vale per tutti i
tipi di percezione, non solo per il peso. Se stiamo parlando con una bella donna a
una festa e poi si aggiunge un’altra che bella non è, ecco che ci sembrerà più brut-
ta di quello che è veramente. In effetti, certe ricerche sul principio di contrasto che
sono state condotte alle università dell’Arizona e del Montana fanno pensare che
le attrattive fisiche delle nostre compagne (e viceversa) rischiano di soddisfarci di
meno a causa del bombardamento di modelli di una bellezza inverosimile cui
siamo sottoposti dai media. In uno di questi esperimenti, studenti e studentesse
d’università dovevano valutare su una fotografia l’aspetto fisico (in realtà assolu-
tamente medio) di un rappresentante del sesso opposto: i giudizi risultavano più
sfavorevoli se prima i soggetti avevano sfogliato le pagine pubblicitarie di un
rotocalco.
    Risultati analoghi sono stati ottenuti in altre ricerche simili. Un’elegante
dimostrazione del contrasto percettivo è usata a volte nei laboratori di psicofisica
per far toccare con mano questo principio agli studenti. A turno vengono fatti
sedere davanti a tre vaschette piene d’acqua: una fredda con cubetti di ghiaccio,
una a temperatura ambiente e una calda. Dopo aver messo una mano nell’acqua
fredda e una in quella calda il soggetto le immerge tutte e due contemporanea-
mente nell’acqua tiepida. L’espressione di divertito stupore che immediatamente
compare sul suo viso dice tutto:benché le due mani siano immerse nella stessa
vaschetta, quella che prima era stata nell’acqua gelata ora la sente calda, l’altra la
sente fredda. Il fatto è che una stessa cosa – in questo caso, acqua a temperatura
ambiente – può esser fatta sembrare diversissima a seconda dell’evento che la
preceduta.
    Siate certi che la comoda arma offerta dal principio di contrasto non resta inuti-
lizzata. Il grande vantaggio di questo principio è che non solo funziona, ma è anche
praticamente invisibile; così chi lo utilizza può arricchirsi senza avere affatto l’aria
di aver voluto predisporre la situazione a proprio vantaggio. Un buon esempio ce lo
offrono i negozi di abbigliamento. Supponiamo che un uomo entri in un negozio
elegante dicendo che vuole comprare un abito completo e un maglione. Se foste il
commesso, quale gli fareste vedere per primo per fargli spendere il più possibile? Il
personale dei negozi di abbigliamento è istruito a vendere per primo l’articolo più
costoso. Il senso comune potrebbe suggerire l’inverso: se il cliente ha appena speso
una bella cifra per acquistare un abito, può essere riluttante a spendere ancora molto
per comprarsi un pullover. Ma i negozianti la sanno più lunga. Si comportano in
armonia con quanto suggerisce il principio di contrasto: prima il vestito, perché
quando poi viene il momento di guardare i maglioni, anche se costosi, il loro prez-
zo non sembrerà tanto alto in confronto. Uno potrebbe indietreggiare all’idea di
spendere 95 dollari per un pullover, ma se ha appena comprato un abito da 495 dol-
lari, i 95 dollari non sembreranno più eccessivi. Lo stesso principio vale per il clien-
te che vuol comprare gli accessori (camicia, scarpe, cintura) che vanno bene col
vestito nuovo. Contrariamente all’idea dettata dal senso comune, i dati confermano
l’ipotesi fondata sul principio di contrasto… la cosa interessante è che quando un
uomo entra in un negozio di abbigliamento con l’intenzione espressa di acquistare
un abito completo, quasi sempre spenderà di più per qualunque eventuale accesso-
rio se lo compra dopo l’acquisto dell’abito che non prima. È molto più vantaggio-
so per il venditore presentare per primo l’articolo più costoso: la successione inver-
sa non solo gli farebbe perdere l’effetto del principio di contrasto, ma farebbe addi-
rittura sì che tale principio gli si ritorca contro. Presentare prima un prodotto di
poco prezzo e poi uno costoso fa sembrare quest’ultimo ancora più caro di quello
che è: conseguenza questa tutt’altro che auspicabile per chi vende. Così come è pos-
sibile far sembrare più caldo o più fredda lo stesso recipiente pieno d’acqua a secon-
da della temperatura dell’acqua presentata subito prima, si può anche far sembrare
più alto e più basso il prezzo di uno stesso articolo, a seconda del prezzo dell’arti-
colo precedente.

    Consigliamo sempre l’acquisto del libro di Cialdini a chi volesse approfon-
dire questo e gli altri principi della persuasione presentati nel volume.
    Questa tecnica del principio del contrasto nelle presentazione degli
immobili ai potenziali compratori può essere applicata in due diversi modi
in base alla tipologia di cliente che abbiamo davanti.
    Un primo modo può essere quello di far visitare, al nostro potenziale
acquirente, gli immobili di preparazione (quelli fatiscenti) sostenendo che
a nostro avviso non vanno assolutamente bene per lui. Questo tipo di affer-
mazione tenderà a spiazzare il nostro interlocutore abituato allo stereotipo
del venditore che parla sempre bene dei prodotti/servizi che vende che pro-
babilmente comincerà a produrre pensieri del tipo: “Questo signore non mi
vuole vendere per forza qualcosa” oppure “Questo signore non cerca di
nascondere i problemi per fare la vendita” ecc. Tutti questi pensieri raffor-
zeranno in lui l’idea che siamo dei consulenti e dei professionisti e non dei
semplici piazzisti. A quel punto, quando ci accorgiamo di avere la sua fidu-
cia, possiamo portare il cliente a visionare l’immobile che avevamo pensa-
to per lui e il principio del contrasto lavorerà per noi facendolo sembrare ai
suoi ancora più bello e perfetto di quanto lo sia nella realtà. Ora, fargli
mostrargli prima un immobile abbastanza diverso da quello che noi ritenia-
mo giusto per lui ci serve anche per essere ancora più sicuri della nostra
scelta. Infatti se il primo non gli piace abbiamo più certezza che il secondo
dovrebbe piacergli se è abbastanza diverso dal primo.
Un altro modo di sfruttare il principio del contrasto nel settore immo-
biliare è quando ci troviamo di fronte ad acquirenti le cui strategie d’acqui-
sto presentano stadi di polarità. In questi casi occorre realmente cercare di
dissuadere il cliente all’acquisto per fargli venir voglia di comprare. Quello
che faremo questa volta è sempre far visitare per primi gli immobili di pre-
sentazione (le catapecchie) ma questa volte come se fossimo convinti che
sono gli immobili ideali per lui quando ovviamente non lo sono. Alla fine
del secondo immobile di presentazione, quando il potenziale acquirente
dice: “Tutto qui, non avete altro da farmi vedere?” il venditore può ad
esempio utilizzare frasi del tipo: “Ci sarebbe un altro immobile da vedere,
ma non credo proprio che faccia al caso suo”. Questo cercare di dissuadere
il cliente a vedere il terzo immobile (quello giusto) gli farà venir voglia di
andarlo a vedere. E più cercheremo di dissuaderlo più accresceremo la sua
voglia. Quando riteniamo che la voglia è arrivata al punto giusto possiamo
portarlo a vedere l’immobile che sapevamo fin dall’inizio essere quello
adatto alle sue esigenze. Anche in questo caso il principio del contrasto
lavorerà per noi, esaltando le differenze agli occhi del nostro cliente.
    Durante gli appuntamenti in vendita, consiglio di non mettervi al centro
delle stanze mentre le fate vedere al potenziale cliente. Infatti, mettendoci al
centro della stanza facciamo sembrare più piccola la stanza agli occhi del
cliente. Molto meglio mettersi in un angolo o rimanere sull’uscio. In questo
modo la camera verrà percepita dal cliente ancora più grande di quello che
realmente è. Infine è opportuno accendere tutte le luci, aprire le finestre e
mostrare per prime le stanze generalmente tenute meglio.

3. La gestione delle obiezioni in vendita

    Ci sono poi quei compratori che, prima di essere pronti all’acquisto, vor-
ranno assumersi il ruolo dell’avvocato del diavolo e sollevare un’infinità di
obiezioni a volte solo per mettere alla prova il venditore, per cui adesso par-
leremo un po’ di gestione delle obiezioni.
    Le obiezioni non necessariamente denotano un rifiuto dell’offerta o della
persona del venditore, spesso si tratta di un riflesso impiegato per resistere
all’invasione del proprio territorio o all’azione persuasoria e seduttiva del
venditore, opporsi ai cambiamenti, darsi importanza, ottenere migliori con-
dizioni oppure ottenere informazioni più precise e complete.
    In base alla motivazione per cui vengono espresse possiamo avere diver-
se tipologie di obiezioni:

•   pretestuose e generiche (non hanno motivazioni reali);
•   pregiudizi e luoghi comuni (denotano scarsa conoscenza del servizio o
    del ruolo e della professionalità dell’agente immobiliare);
•   inespresse o mute (mascherate da scuse banali, non si riescono a gesti-
    re se non vengono palesate);
•   obiezioni reali (concrete e spesso veritiere).

   Fermo restando che sulle obiezioni reali non c’è nulla da fare poiché se
una persona non ha i soldi, non li ha e basta, ci possiamo invece concentra-
re e focalizzare sulle altre tipologie di obiezioni le quali, una volta risolte,
portano all’acquisto.
   Zig Ziglar, considerato il numero uno in America nel campo delle moti-
vazioni all’acquisto, ha teorizzato nel suo libro I segreti del venditore, edito
in Italia da Gribaudi, che esistono quattro momenti fondamentali in cui è
possibile rispondere a una obiezione:

•   prima che vengano fatte;
•   appena effettuate;
•   dopo che vengono effettuate;
•   mai.

   Il momento migliore in cui si può rispondere a una obiezione è prima che
venga sollevata e a questo proposito, per darvi un esempio concreto di come
applicare questa tecnica, vi racconto la storia di Tom Hopkins, un agente
immobiliare americano.

4. Una storia raccontata da Tom Hopkins

     Non era molto che lavoravo nel campo immobiliare quando, a metà degli anni
sessanta, feci una visita memorabile al titolare della JBR Development Properties.
La sua società aveva da poco completato un complesso edilizio a Simi Valley, un
piccolo centro a Nord-Ovest di Los Angeles.
     Il complesso consisteva di 250 case comprese fra un prezzo di 17.950 e
19.950 dollari. Dopo diversi anni, solo diciotto immobili erano rimasti invendu-
ti, tutti situati in Rosalee Street: come potete immaginare, si trattava di abitazio-
ni che avevano qualcosa di diverso. Di fatto, si trovavano a sessanta metri dallo
steccato che correva lungo un binario della ferrovia, dove passava il treno tre
volte al giorno!
     Il costruttore aveva già rifiutato in precedenza la mia offerta di rappresentarlo.
Avevo cominciato a bombardarlo di lettere, ma senza successo. “Non ho alcun inte-
resse ad affidare queste proprietà a un agente immobiliare” continuava a ripetermi.
Diversi mesi dopo, mentre mi trovavo a passare in automobile nei pressi del suo
ufficio a Beverly Hills, decisi di provare a chiedergli un appuntamento. Con mia
sorpresa, acconsentì a un colloquio all’istante. Le diciotto case erano ancora inven-
dute: era ormai disperato.
    “Lei vorrà che abbassi il prezzo e svenda quelle case” cominciò. “È questo che
fanno di solito gli agenti immobiliari”.
    “No!” risposi. “Al contrario, io suggerisco che lei alzi il prezzo. E per di più
venderò quelle case prima della fine del mese”.
    “Sono rimaste là per due anni e mezzo e lei mi dice che le venderà in un mese?”
domandò incredulo il costruttore.
    “Mi permetta di spiegarle come prevedo di riuscire”.
    “Prego”.
    “Come lei sa, ogni volta che un agente immobiliare tiene aperta una casa, la
gente può passare a qualunque ora a vedere la proprietà in vendita. bèh, noi agire-
mo come tutti gli altri. Noi mostreremo le case in gruppo, esattamente all’ora in cui
sappiamo che passerà il treno”.
    “È pazzo? Quel maledetto treno è il primo motivo per cui non siamo riusciti a
vendere quelle case!”.
    “Mi permetta di continuare” replicai con calma. “Stabilendo che le case saran-
no aperte al pubblico precisamente alle dieci del mattino e alle tre del pomeriggio,
noi susciteremo la curiosità della gente. Io propongo di mettere un grande cartello
davanti alla casa in esposizione, con la scritta:

            In questa casa c’è qualcosa di speciale. Venite a vedere

    La mascella dell’imprenditore si abbassò di qualche centimetro. “Poi” continuai
“voglio alzare il prezzo di ogni casa di 250 dollari. Lei, dal canto suo, investirà i
soldi in una televisione a colori per ognuna delle case”. A quel tempo, possedere
una televisione a colori era qualcosa di speciale. Nella maggior parte delle abita-
zioni c’erano soltanto apparecchi in bianco e nero. Incredibile a dirsi, il costruttore
acconsentì al mio piano e comprò diciotto televisori.
    Il treno doveva passare presso Rosalee Street circa cinque minuti dopo l’ora fis-
sata per ogni visita. Questo significava che avevo pochissimo tempo per il mio
discorsetto al gruppo di acquirenti prima che locomotiva e vagoni passassero stre-
pitando.
    “Benvenuti! Entrate!” salutai i visitatori sulla porta. “Ho voluto che arrivaste
esattamente a quest’ora perché in ognuna delle case di Rosalee Street c’è qualcosa
di unico. In primo luogo, voglio che ascoltiate tutti e mi diciate che cosa sentite”.
    “Io sento solo il condizionatore d’aria” rispondeva invariabilmente uno del
gruppo. Naturalmente, alla mia domanda, qualche faccia assumeva un’aria perples-
sa. Se gli atteggiamenti del volto potessero parlare, avrebbero detto: “che cosa sta
succedendo qui? che cosa ha in mente questo tipo?”. A quel punto io rispondevo:
“È proprio così. Sentite il rumore del condizionatore d’aria, ma, se non ve l’avessi
fatto notare, probabilmente non ve ne sareste neppure accorti, perché è un rumore
a cui siete abituati. Sono sicuro, però, che la prima volta che l’avete sentito ne siete
rimasti colpiti. Se ci pensate, c’è una quantità di rumori che non ci dà più noia una
volta che ci siamo abituati a sentirli”.
    Allora guidavo i visitatori nel soggiorno e indicavo la televisione a colori. “Il
costruttore vi darà, insieme alla casa, questo magnifico televisore a colori. Ed ecco
perché. Lui sa che, quando abiterete qui dovrete assuefarvi, per circa novanta
secondi, tre volte al giorno, a un certo rumore a cui dopo un po’ di tempo non fare-
te più certamente caso”.
    Pronunciate quelle parole, accendevo l’apparecchio televisivo, alzavo l’audio
fino a un volume normale e proseguivo: “Cercate solo di immaginarvi, mentre ve
ne state seduti qui con la vostra famiglia a guardare il televisore”. Quindi aspetta-
vo che il treno passasse come un razzo. Per circa novanta secondi, la casa tremava
in un frastuono che tutti, ovviamente, avvertivano. “Gente, io voglio che sappiate
che, vicino a questa casa, passa un treno tre volte al giorno, per circa novanta secon-
di, il che equivale a quattro minuti e mezzo in un periodo di ventiquattro ore” spie-
gavo con tono pratico. “Ora domandatevi: sono disposto a sopportare questo rumo-
re, a cui certamente farò l’abitudine, in cambio della possibilità di vivere in questa
bella casa con un magnifico televisore a colori nuovo di zecca?”.

    In tre settimane tutte e diciotto le case furono vendute. Non c’è da mera-
vigliarsi se Tom Hopkins è il primo al mondo nel campo dell’addestramen-
to degli agenti immobiliari. La sua storia illustra in modo brillante come un
venditore possa trasformare uno svantaggio in un elemento positivo.
Indubbiamente, vendere una casa lungo la ferrovia è uno svantaggio enor-
me, come puntualizza lo stesso Hopkins: “Quando, all’inizio, i rappresen-
tanti della JBR cercarono di vendere le case senza accennare alla ferrovia, è
molto probabile che i clienti potenziali, consapevoli dell’infelice posizione,
pensassero: santo cielo, guarda com’è vicino il binario”. Dopo di che, quan-
do qualcuno telefonava per scoprire quando passasse il treno, si sentiva
rispondere che arrivava tre volte al giorno. “Non c’è da stupirsi se hanno
venduto tutte le case tranne queste, concludeva l’aspirante compratore”.
Ignorando uno svantaggio così evidente, un venditore rende notevolmente
più difficile il suo lavoro. Mai nascondere gli svantaggi delle vostre case al
cliente. In primo luogo, è un inganno che genera rimorso dell’acquirente e
non quella piena soddisfazione che trasforma il cliente in una piena refe-
renza auto-motivata. In secondo luogo, probabilmente il possibile compra-
tore ne è già al corrente, sicché l’omissione di un particolare del genere
distrugge la vostra credibilità. Anticipate ogni obiezione rilevante che il
cliente potrebbe sollevare e trasformatela in un vantaggio nella presentazio-
ne delle vostre case e dei vostri servizi. Imitate Hopkins e siate sinceri fino
in fondo: le debolezze del prodotto si trasformeranno in altrettanti punti di
forza. Un altro momento buono per rispondere alle obiezioni è quando sono
avanzate perché, a volte, il cliente si può spazientire e insospettire quando
la risposta viene rimandata. Tuttavia, se al momento non abbiamo la rispo-
sta è più opportuno prendere tempo, per evitare di dire una sciocchezza, e
rispondere successivamente in modo che nel frattempo ci viene in mente la
risposta giusta. Possiamo anche decidere di rispondere successivamente a
una obiezione quando il cliente anticipa i tempi e ci chiede qualcosa di cui
parleremo più avanti. Infine l’ultimo momento in cui si può rispondere a
una obiezione è mai, questo soprattutto quando l’obiezione è superflua o
non pertinente. È anche vero che se l’obiezione è superflua o non pertinen-
te, ma il cliente ve la ripropone una seconda volta, se ne deduce che per lui
è di grande importanza e allora è meglio rispondere subito, altrimenti
potrebbe pensare che non sapete risolvergli il problema o che non siete inte-
ressati a servirlo. Vediamo ora un elenco delle principali obiezioni in ven-
dita e delle relative risposte efficaci.

5. Principali obiezioni in vendita

“Vorremmo una camera in più”.

    Quando i potenziali compratori sollevano questa obiezione, cercate di
leggere tra le righe. Probabilmente ti stanno dicendo che non ne hanno vera-
mente bisogno! Forse avevano profondamente sperato di avere una camera
in più ma il budget a loro disposizione non gli permette di avere 3 o 4 came-
re. Quello di cui hai bisogno in questo momento è di cambiare la loro pro-
spettiva. Per aiutarli in questo processo potresti dire loro, ad esempio:

Agente immobiliare: “Giovanni, Maria, mi ricordo che quando ci siamo
  parlati la prima volta, voi mi avevate detto che speravate di trovare una
  casa con almeno 3 o 4 camere. Conoscendo bene il mio portafoglio
  immobiliare ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità per trova-
  re una soluzione che potesse soddisfare le vostre esigenze e allo stes-
  so tempo che rientrasse nel budget. Non avendola trovata ho dovuto
  controbilanciare con qualcosa che ho creduto più importante per voi:
  cosa preferireste, avere una casa con 3-4 camere da letto o averne una
  con 2 ma che possiate permettervi senza problemi? Non vorrei mai met-
  tervi in una situazione di pressione finanziaria. Se facessi questo non
  farei una cosa giusta nei vostri confronti, non siete d’accordo?”.

“Non ho fretta voglio vedere più appartamenti”.
Per esperienza personale ti dico che ascolterai questo tipo di obiezione nel
momento in cui troverai la casa giusta per i potenziali compratori. Si corre
spesso il rischio di spaventare i potenziali clienti trovando subito loro la casa
che risponde alle loro esigenze, poiché non immaginavano una tale tempe-
stività, bensì avevano preventivato un impiego di tempo maggiore. In questo
caso ti consiglio di rivolgerti ai potenziali compratori in questo modo:

Agente immobiliare: “Giovanni, Maria ho la sensazione che siate un po’
  spaventati perché sono riuscito a trovare questa casa così velocemente
  ma spero che capirete che ci sono oltre 3000 case da vendere in questa
  zona. Invece di mostrarvele tutte, che è una cosa ridicola, ho deciso di
  mostrarvi solo quelle che rispondono alle vostre esigenze, non solo
  finanziarie ma anche emotive. Penso di averlo fatto e vi posso assicura-
  re che questa casa, secondo me, è la più indicata per i bisogni della
  vostra famiglia. Ecco perché mi piacerebbe che vi consideraste partico-
  larmente coinvolti nell’acquisto di questa casa invece di perdere il vostro
  tempo in giro quando questa è sicuramente la casa migliore per i vostri
  bisogni” .

   Oppure potreste dire:

Agente immobiliare: “Fa bene a riflettere su questa scelta così importan-
  te per lei; mi chiedevo: cosa l’ha colpita in particolare di questo immobi-
  le? Ritiene sia così facile trovare degli immobili proprio con queste carat-
  teristiche?”.

“La terza camera è troppo piccola”.

    Non lo diranno mai fintanto che non avranno preso in considerazione il
resto della casa, soltanto allora solleveranno questa scusa. Quando solleve-
ranno questa obiezione cerca di cambiare il loro punto di vista. Può darsi
che i loro bambini abbiano talmente tanti giocattoli che pensano che quella
stanza non possa contenerli tutti. In alcuni casi in questa situazione, se il
marito obietta e la moglie apprezza il resto della casa, quest’ultima supererà
le obiezioni del marito al posto tuo e molto meglio di te, credimi. Ma se toc-
casse a te rispondere, questo è il modo migliore in cui farlo:

Agente immobiliare: “Guardi, noi prenderemo la decisione di oggi in base
  a quello che lei pensa. Preferisce che nella casa che state cercando ci
  siano tutta una serie di cose o il fatto che ci sia qualche centimetro in
  meno in una stanza?”.
Così facendo focalizzerai la sua attenzione su cosa è più importante per
l’acquirente, ma se capirai che ha realmente bisogno della camera più gran-
de, allora non potrai fare altro che assecondarlo. Tuttavia, nella maggior
parte dei casi, le parole che ti ho suggerito ti aiuteranno a superare questa
obiezione.

“La casa è troppo lontana dalle scuole”.

   Molte persone, molti compratori potenziali, usano questa strada per usci-
re dalla trattativa per l’acquisto della casa. Prova a rispondere in questo
modo:

Agente immobiliare: “Capisco, tuttavia il fatto che potrebbe essere neces-
  sario prendere l’autobus per andare a scuola può dare l’opportunità ai
  suoi ragazzi di fare amicizie, integrarsi nella zona e essere responsabili
  e puntuali e comunque signora la fermata dell’autobus è proprio qui die-
  tro l’angolo”.

   Tieni presente che la distanza dalla scuola non quasi mai è il vero pro-
blema ma lo è la sicurezza dei loro bambini.

“La casa a fianco è in condizioni terribili”.

   Io adoro quando, mentre affianco qualche agente immobiliare, mi dico-
no questa cosa. Ecco come gestirla:

Agente immobiliare: “Avete visto anche voi? Ah, l’ha visto anche lei ?”.
Quando ti chiederanno a cosa ti riferisci, continua con:
Agente immobiliare:“Lei sta vedendo uno dei vantaggi che io ho notato
  subito quando ho visto questa casa. Io non conosco le persone che vivo-
  no in quella casa ma ho sentito dire che stanno per vendere. Sono sicu-
  ro che le condizioni esterne di quella casa si riflettono anche sul valore
  della casa e quindi, essendo un buon affare, si venderà presto. Sono
  sicuro poi che i nuovi inquilini l’aggiusteranno esattamente come fareste
  voi. Quindi quando l’aggiusteranno questa casa darà un valore maggio-
  re anche al vostro immobile”.

   Quasi tutto quello che ha una spiegazione ha anche il suo lato positivo.

“I nostri genitori devono vedere la casa prima che noi facciamo una pro-
posta”.
Se cerchi di dire ai potenziali compratori di lasciare fuori i loro genitori
o chiunque altro debba vedere la casa prima che loro facciano una proposta,
li perderai sicuramente. Quindi se sai che c’è qualcun altro che deve vede-
re la casa è bene fargliela vedere subito. Approccia la cosa nello stesso
modo in cui abbiamo gestito la telefonata in entrata di quello che ha un
amico o un parente nel settore. E quindi usa queste parole:

Agente immobiliare: “Siete fortunati che avete qualcuno che vi può aiuta-
  re, molti amici e parenti sono riluttanti ad aiutarti in queste occasioni e
  riescono solo a sconsigliarvi. Mi piacerebbe chiedervi, non per essere
  scortese, ma queste persone vivranno con voi?”.

   Nella maggior parte dei casi ti diranno di no però, qualche volta, ti
potrebbero dire che avevano promesso ai loro genitori di fargli vedere la
casa prima di acquistarla. In questi casi continua così:

Agente immobiliare: “In questo caso vi suggerisco di fargli sapere che voi
  avete preso una decisione che sarà soggetta solo alla loro disapprova-
  zione. Se è fondamentale il consenso dei vostri genitori mi piacerebbe
  poterli incontrare anche se ci fosse la loro disapprovazione. Con questo
  voglio dire che se loro penseranno che questa non è la casa per voi fate-
  mi parlare ugualmente con i vostri genitori, potrete al massimo aver
  perso un po’ di tempo”.

    Probabilmente qualcuno di voi si è chiesto: “Perché si parla di disap-
provazione e non di approvazione? Perché ha usato un linguaggio negati-
vo?”. Perché mettendo l’accento sulla loro disapprovazione significa che i
loro genitori devono disapprovare qualcosa che i loro figli hanno già detto
che va bene, quindi vuol dire che è come se i genitori gli togliessero qual-
cosa. Sono sicuro che siamo tutti d’accordo che un genitore non faccia que-
sta cosa soprattutto se i loro figli vivono già per conto proprio.

“È troppo caro, è sopravvalutato!”.

    Dal punto di vista linguistico qui ci troviamo di fronte a una cancella-
zione poiché manca l’indice di riferimento nella frase. In questi casi le
risposte potrebbero essere tante quanti gli indici referenziali quindi, per
poter rispondere efficacemente dobbiamo prima entrare in possesso dell’in-
dice di riferimento utilizzato dal nostro cliente. Il modo migliore per farlo è
ovviamente quello di fare delle domande come la seguente:
Agente immobiliare: “Rispetto a cosa lei valuta questo immobile caro o
  sopravvalutato?”.

    In base alla risposta del cliente, cioè dell’indice di riferimento che ci for-
nisce, possiamo rispondere in modi diversi. Se ci dice che è caro o soprav-
valutato rispetto agli altri immobili della zona possiamo comparare se effet-
tivamente l’immobile in questione è sulla stessa via, lo stesso piano o la
stessa esposizione dell’altro. Ma se il cliente ci dice che è caro rispetto alle
sue possibilità economiche la nostra risposta deve cambiare. In questo caso
sarà più utile proporre i servizi creditizi dell’agenzia o la disponibilità a trat-
tare del venditore. Tuttavia se l’agente immobiliare non conosce l’indice
referenziale rischia di sbagliare risposta e perdere la trattativa.
    Ora, sulle obiezioni sul prezzo possiamo anche utilizzare la tecnica del
panino. Il cosiddetto metodo del panino (così denominato perché consiste
nel presentare il prezzo racchiuso tra una premessa e un’appendice aggiun-
tiva) suggerisce di:

•   riepilogare i benefici che il cliente otterrà dalla soluzione proposta;
•   esplicitare l’onere monetario (il prezzo) facendolo precedere dall’avver-
    bio “solo”;
•   aggiungere immediatamente un’appendice di commento dal sapore
    sdrammatizzante ed incoraggiante.

    Mascherare, o meglio, mimetizzare l’esplicitazione del prezzo mediante
la formula del panino invita il cliente a distribuire la propria attenzione su tre
diversi segmenti del messaggio (la premessa, il prezzo, l’appendice conclu-
siva), diluendo lo stress dell’onere monetario e inducendo di fatto il cliente
stesso a non concentrarsi sul solo esborso (mai far terminare un qualsiasi
messaggio, nel corso di un colloquio di vendita, con l’esplicitazione del prez-
zo). L’appendice conclusiva aiuterà inoltre a distrarlo dall’esborso propo-
nendo un ulteriore argomento (vantaggi aggiuntivi compresi nel prezzo; invi-
to all’azione; domanda tendenziosa; commento sdrammatizzante ecc.).

“Ci sono troppi lavori da fare”.

Agente immobiliare: “È vero, l’immobile necessita di alcuni lavori; provia-
  mo a quantificare il costo dei lavori e quanto sarebbe invece costata la
  casa completamente ristrutturata? Non crede che così oltre a risparmia-
  re potrà scegliere i materiali che più le piacciono?”.

“Devo parlarne con… ( mia moglie)”.
Linguisticamente ci troviamo di fronte a un operatore modale di neces-
sità. Ora, come agenti immobiliari professionali sappiamo che alcuni clien-
ti non hanno necessità di interpellare la propria consorte prima di prendere
una decisione. Come mai allora vi sono alcune persone che possono, men-
tre il nostro cliente no? Ecco quindi il nostro problema: è solo il suo model-
lo del mondo che glielo impedisce. Il nostro obiettivo diventa quindi non
tanto risolvere l’obiezione ma allargare il modello del mondo del cliente,
facendogli contemplare un maggior numero di scelte, perché a quel punto
l’obiezione si risolverà da sola. Affrontiamo direttamente il problema chie-
dendo al cliente di spiegarci cosa gli crea questa impossibilità. Poniamogli
questa domanda:

Agente immobiliare: “Cosa succederebbe se lei formulasse una proposta
  senza averne prima parlato con sua moglie?”.

   Mentre pensa alla risposta il cliente immagina le conseguenze della sua
eventuale azione e se queste non sono disastrose le scelte a sua disposizio-
ne aumentano il che potrebbe anche portarlo a decidersi di formulare la pro-
posta. Altrimenti possiamo sempre dire:

Agente immobiliare: “Mi sembra doveroso, non pensa che sua moglie vor-
  rebbe vedere la casa di persona? Quando pensa che sua moglie
  potrebbe venire a vedere la casa?”.

    In tutti i casi in cui il potenziale compratore manifesta il desiderio di par-
larne prima con un’altra persona e poi prendere una decisione è opportuno
utilizzare il metodo della testimonianza. Una persona, o categoria di perso-
ne, fa da “testimonial” per superare l’obiezione. Questo metodo sfrutta un
altro dei principi rilevati da Robert Cialdini, il principio di riprova sociale.
Secondo tale principio, uno dei mezzi che usiamo per decidere cos’è giusto
è cercare di scoprire che cosa gli altri considerano giusto. Per comprendere
meglio questo principio della persuasione umana, riportiamo un altro pas-
saggio dal libro di Cialdini (opera già citata):
    Il principio di riprova sociale vale specialmente per determinare qual è il com-
portamento corretto da tenere in una data situazione: si tratti di decidere che cosa fare
di un pacchetto vuoto al cinema, che velocità tenere in un tratto di autostrada, o come
mangiare il pollo al ristorante, le azioni di quelle persone che abbiamo intorno avran-
no una parte importante nella decisione. La tendenza a considerare più adeguata un’a-
zione quando la fanno anche gli altri normalmente funziona bene. Di regola, com-
metteremo meno errori agendo in accordo con l’evidenza sociale che al contrario.
Questo aspetto del principio della riprova sociale è il suo maggior punto di forza ma
anche la sua debolezza. Come altre armi di persuasione, ci offre una comoda scorcia-
toia per decidere come comportarci, ma allo stesso tempo ci espone agli attacchi dei
profittatori in agguato. Il principio della riprova sociale è sfruttato nelle situazioni più
varie. I baristi, per esempio, non trascurano di far trovare il piattino delle mance sem-
pre provvisto di qualche banconota, per dare l’impressione che una mancia di alme-
no un dollaro sia il comportamento giusto da tenere. Lo stesso fanno anche i sacre-
stani al momento della questua in chiesa. è risaputo che i predicatori fondamentalisti
spargono nel pubblico alcuni accoliti istruiti a farsi avanti al momento giusto per ren-
dere testimonianza o fare offerte… Anche pubblicitari e venditori insistono molto sul
fatto che un certo prodotto riscuote grande successo: in questo modo non hanno biso-
gno di convincere che è buono, basta che dicano che molti altri la pensano così.
    Del resto il principio di riprova sociale è quello che ci porta a scegliere un risto-
rante in base al numero di persone che vi sono dentro. Un esempio del principio di
riprova sociale applicato alla vendita ci è offerto dalla storia raccontata da Barry J.
Farber, presidente della Farber Training System, una società con sede a Florham
Park, nel New Jersey, e addestratore di decine di migliaia di venditori.
    Nel 1984, due anni dopo essermi laureato, cominciai a vendere fotocopiatrici
Monroe. Benché la ditta mi considerasse un buon rappresentante, io pensavo che
avrei potuto fare molto meglio. Soprattutto mi creava qualche problema la circo-
stanza che la gente non avesse mai sentito parlare della Monroe. Non era facile
combattere lancia in testa con la Xerox. Studiata la questione, conclusi che, se non
ero in grado di differenziare quello che avevo da offrire dai prodotti dei miei con-
correnti, difficilmente potevo aspettarmi che qualcuno comprasse le mie macchine.
E non dipendeva tanto da quello che avrei detto al cliente: a parlare, si fa presto.
No! Dovevo trovare il modo di dimostrare al cliente i vantaggi di servirsi da me
anziché dagli altri. E questa era la domanda cruciale: “Come posso far sapere ai
miei clienti potenziali che fornirò loro un servizio tale che il valore aggiunto sarà
un motivo più che sufficiente per comprare da me?”. All’improvviso, mi attraversò
come un lampo un’idea da far girare la testa: avrei fatto in modo che fossero i miei
clienti a vendere per me! Così feci visita ai clienti con cui avevo stabilito un buon
rapporto, quelli che avevo conquistato grazie a un servizio di prim’ordine. “Sei sod-
disfatto dell’assistenza che ti ho dato?” domandavo a ognuno di loro. Quando mi
rispondevano affermativamente, chiedevo che mi facessero un favore.
    “Sicuro, Berry. Che cosa vorresti che facessi?”.
    “Solo un momento... ti dispiace se registro quello che dici?”.
    “Ma no, figurati”.
    “Vedi, voglio far ascoltare il nastro alle persone che non sanno decidersi a com-
prare da me” spiegavo mentre, avvicinavo il registratore. “Non ho nessuna diffi-
coltà, Berry. Sarò felice di dire qualche parola”.
    Poi, indicando il registratore, diceva: “Quel coso è in funzione?”.
    Con la cooperazione del mio compratore, ponevo alcune domande del tipo:
“Com’è stata l’assistenza dopo la vendita?”. Poi tenevo la bocca chiusa e lasciavo
che il cliente illustrasse le mie meravigliose prestazioni. “C’è stato qualche pro-
blema?” domandavo, sapendo per esperienza che le cose non vanno mai così lisce:
c’è sempre qualche intoppo, specialmente con uno strumento meccanico come una
fotocopiatrice. Una cliente, un’agente immobiliare, una volta aveva insistito per-
ché firmassi un foglio dove dichiaravo che, se l’apparecchiatura si fosse guastata,
gliene avrei prestata un’altra in modo che i suoi venditori non si ritrovassero sguar-
niti durante un weekend fitto di lavoro. Un anno dopo tornai da lei e le tesi il
microfono. E la mia cliente si lanciò con entusiasmo: “La nostra fotocopiatrice non
avrebbe potuto guastarsi in un momento peggiore”. Si fermò un sabato mattina,
gettandoci tutti nel panico. Poi mi ricordai che Barry mi aveva dato il numero di
telefono di casa sua e mi aveva detto: “Se hai bisogno di me, sono reperibile ven-
tiquattro ore su ventiquattro”. Certo, i venditori dicono spesso cose del genere per
concludere, così, allora, avevo preso la sua affermazione con qualche scetticismo.
Ma quel giorno ero così disperata che gli telefonai: “Barry, la fotocopiatrice è fuori
uso. Puoi aiutarmi”. E Barry rispose: “Arriverò fra mezz’ora con un’altra macchi-
na. Potrai usarla per il weekend finché i tecnici non ripareranno la tua per lunedì
mattina”. Non posso dirvi quante volte abbia usato quel nastro con clienti poco
convinti, che non sapevano decidersi a firmare un’ordinazione. Vedete, le persone
vogliono soprattutto che un venditore le segua da vicino e presti loro assistenza
quando ne hanno bisogno. Nulla di ciò che potrà dire un rappresentante, tuttavia,
riuscirà a convincerle, perché pensano: “Lo sta dicendo solo perché vuole guada-
gnare una commissione”. Ma assai più significativo è sentire un cliente soddisfat-
to che racconta la sua esperienza. Il nastro funzionava così bene che cominciai a
raccogliere commenti adatti a diverse situazioni. Per esempio, se qualcuno era
incerto se scegliere la Monrore o un’altra marca, io avevo una registrazione dove
un mio cliente asseriva che la nostra ditta forniva un’assistenza infinitamente
migliore rispetto a quella da cui si era servito in passato. Sentendo una raccoman-
dazione di questo genere da una persona disinteressata, molti fra gli incerti si deci-
devano ad acquistare. Così, un’altra cliente, che infine aveva dato la preferenza al
nostro prodotto benché fosse più costoso, dopo avere sentito svariati suoi prede-
cessori parlare dell’assistenza e dell’appoggio stupefacenti ricevuti dopo l’acqui-
sto, si convinse che il valore dei servizi offerti per tutta la durata dell’apparec-
chiatura valeva la differenza di prezzo iniziale. Quei nastri fecero meraviglie per
me, perché erano reali. Niente di sofisticato, nel genere di quei costosi video usati
da parecchie ditte, quelli con gli attori e la musica di fondo. I miei clienti erano
persone concrete, gente comune. Nei miei nastri c’erano rumori di automobili, i
telefoni squillavano: nulla di posticcio o di falso. Erano nastri “ruspanti”. Non con-
tento, a conferma delle parole registrate, mi feci dare da ognuno degli intervistati
una lettera di referenza che chiudevo in una protezione di plastica e tenevo in un
raccoglitore. E poiché la gente, di solito, non ha tempo di leggere una lettera trop-
po lunga, sottolineavo con un pennarello giallo una o due frasi significative a
sostegno delle dichiarazioni al registratore. Avere quei nastri e quelle referenze era
come trovarsi in mano un vero asso. Non passò molto tempo prima che accumu-
lassi un “portafoglio” da nastri utili per le occasioni più varie. Quando uno dei
clienti potenziali si mostrava preoccupato per una certa evenienza gli dicevo:
“Voglio farle sentire quello che il tal dei tali, che ha avuto lo stesso problema, ha
da dire in proposito”. Quindi, facevo partire il nastro e tenevo la bocca chiusa. Ho
sempre saputo che è una cattiva tattica attaccare la concorrenza. Quando sparli di
un tuo rivale ti metti in cattiva luce. Così, invece di fare un’osservazione negativa,
premevo con distacco un bottone sul mio registratore e lasciavo che uno dei miei
acquirenti raccontasse la brutta esperienza avuta con una delle altre ditte. La gran-
de maggioranza dei miei nastri era costituita da raccomandazione di miei clienti
che esaltavano l’assistenza ricevuta dopo l’acquisto. Dopo aver ascoltato quei
commenti soddisfatti, gli indecisi dimenticavano le loro paure, perché potevano
fare riferimento alle persone che parlavano per me attraverso il registratore. A quel
punto passavo alla mossa finale: “Perché non andare fino in fondo?”. Quella era la
mia tecnica di chiusura. Era così semplice: “Perché non andare fino in fondo?”.
“D’accordo Barry, quando puoi fare la consegna?” rispondeva il nuovo comprato-
re, come se leggesse un copione.

    Le vendite di Barry Farber ebbero un’impennata dopo l’invenzione di
questo ingegnoso sistema. Si tratta di una tecnica poco costosa che si può
usare per qualunque prodotto o servizio e quanto mai efficace per respinge-
re qualunque obiezione. Per esempio, un cliente potenziale dirà: “Non cono-
sco la sua agenzia”. E voi risponderete prontamente: “Lei sa quello che ha
detto il signor tal dei tali? Ecco, ascolti qui”, infilerete una cassetta nel
vostro registratore e lascerete che il signor tal dei tali realizzi l’affare per
voi. Una tecnica particolarmente utile, come dimostra Farber, quando siete
arrivati al momento di concludere.

“È trattabile il prezzo?”.

    Se il prezzo non è trattabile bisogna dirlo apertamente, magari aggiun-
gendo che abbiamo già convinto in precedenza il proprietario dell’immobi-
le ad abbassarlo. Se il prezzo è trattabile è consigliabile mostrarsi prima per-
plessi e poi invitare il cliente a fare una proposta seria. Quando ci troviamo
di fronte a quegli acquirenti le cui strategie d’acquisto presentano stadi di
polarità con la persona dell’agente immobiliare, che sollevano continua-
mente obiezioni per mettere alla prova l’agente immobiliare, bisognerà
mostrarsi perplessi ed utilizzare il cosiddetto approccio negativo, che si
rivelerà essere l’arma vincente. In questi casi occorre realmente cercare di
dissuadere il cliente all’acquisto per fargli venir voglia di comprare. Più cer-
cherete di dissuaderlo più ne avrà voglia.

“Che sconto mi fa sulle provvigioni?”.
Agente immobiliare: “Posso capire la sua perplessità, tuttavia conside-
  ri che la nostra attività non si conclude con l’appuntamento per il
  sopralluogo, ma termina con la sottoscrizione del rogito notarile e
  comprende tutto quello che necessita per una conclusione ottimale;
  se le raccontassi quante ne ho viste in questi ultimi mesi non ci cre-
  derebbe”.

“Le provvigioni sono alte?”.

   Anche qui ci troviamo di fronte a una frase in cui manca l’indice refe-
renziale per cui per essere nelle condizioni di rispondere efficacemente dob-
biamo prima recuperare questo indice di riferimento mancante.

Agente immobiliare: “Rispetto a cosa sono alte le provvigioni?”.

    Ora, se il cliente mi risponde che per lui sono alte rispetto a quanto chie-
de la concorrenza posso comparare i servizi che offro rispetto a quelli
offerti dalla concorrenza. Se invece mi dice che sono alte rispetto al valo-
re del mio lavoro evidentemente non sono stato bravo a trasmettere i van-
taggi dell’affidarsi a me per l’acquisto della casa. Se mi dice che sono alte
rispetto a quello che può permettersi posso cercare di far rientrare le prov-
vigioni nel mutuo. Insomma vedete che anche qui, in funzione dell’indice
referenziale cambia il tipo di risposta da dare al mio interlocutore. Inoltre
a questa obiezione è possibile rispondere anche utilizzando il metodo della
frammentazione del prezzo. Questo metodo è valido soprattutto per le
obiezioni sul prezzo allo scopo di sdrammatizzare e ridurre l’impatto emo-
tivo del prezzo. Esso consiste nel ripartire il costo su tutto il periodo d’im-
piego del prodotto/servizio (per esempio: 12 mesi, 52 settimane o 365 gior-
ni). Esempio:

Vendita della commissione di agenzia: “La nostra provvigione corrisponde
  a circa 10.000 euro. Ammettiamo che abitiate in questa casa per i pros-
  simi trent’anni. 10.000 diviso 30 anni fanno circa 333 euro all’anno, 27
  euro al mese, 90 centesimi al giorno, il prezzo di un caffè!”.
   Questo metodo è molto antico ma ancora oggi molto utilizzato, basti
pensare al pay-off di una recente pubblicità di Sky che recitava: “Quante
cose si possono fare con solo 1 euro al giorno?”. Una volta superata l’obie-
zione è indispensabile riprendere subito il controllo della conversazione con
espressioni quali:

•   “Ecco. Proprio in relazione a questo…”;
•   “Dimenticavo di precisare che...”;
•   “Quello che sta dicendo mi fa ricordare...”;
•   “Vedo che conosce la materia, avrà allora certamente valutato…”;
•   “Penso, allora, che troverà interessante…”.

    Riprendere subito il controllo della conversazione con espressioni simi-
li a queste ci consente di arrivare alla fase di chiusura dove possiamo uti-
lizzare.

“Se faccio una proposta e poi non mi danno il mutuo?”.

Agente immobiliare: “Beh, in questo caso c’è il rischio concreto di perde-
  re un buon affare e la casa che le piace tanto; posso aiutarla nella richie-
  sta del mutuo?”.

“Le faccio una proposta subordinata alla vendita della mia casa attuale”.

Agente immobiliare: “Per lei posso prendere un’offerta subordinata e aiu-
  tarla a vendere la sua casa attuale; a questo punto bisogna agire in
  modo rapido ed efficace: quando posso vedere la sua casa attuale?”.

    “In zona stanno vendendo a molto meno”.

Agente immobiliare: “È vero, nella stessa zona si trovano prezzi più bassi
  e anche prezzi più alti; a quale via si riferisce? Tipo di immobile?”.

“La casa è perfetta ma…(ad esempio: l’armadio non ci sta per 10 cm)”.

Agente immobiliare: “Secondo lei è più facile trovare la casa perfetta o, al
  limite, cambiare armadio?”.

6. La storia raccontata da Zig Ziglar

    Ora, voglio chiudere il discorso sulle principali obiezioni in vendita con
questa storia raccontata da Zig Ziglar, uno dei più grandi venditori a livello
mondiale. Questa è la storia di come sua moglie, Jean, lo ha convinto a com-
prare una casa che costava più di quanto lui pensasse allora di potersi per-
mettere. È la sua storia preferita sull’argomento delle vendite, anche se è a
lui che hanno venduto!
Dopo il trasferimento a Dallas, nel 1968, mia moglie e io alloggiammo tempo-
raneamente in un motel. Dalle nove del mattino alle nove della sera, per sei giorni
alla settimana, io tenevo un corso su vendite e motivazione, mentre Jean si dava da
fare con gli agenti immobiliari per trovare un posto dove andare ad abitare. Dopo
animate discussioni, ci eravamo accordati per una cifra “ragionevole” da investire
nella nostra nuova casa. “Tesoro,” mi domandò Jean dopo che avevamo fissato
l’ammontare esatto. “Se dovessimo trovare la casa dei nostri sogni, quanto di più
potremmo investire?” Se oggi ventimila dollari non sono una grande somma, allo-
ra erano un bel po’ di soldi: fu proprio quello il tetto su cui ci accordammo: ben al
di sopra della cifra stabilita in precedenza. Una volta chiarita la questione mia
moglie sedette sul bordo del letto nella nostra stanza al motel e cominciò a descri-
vermi la sua “scoperta”. “Tesoro, ho trovato la casa dei nostri sogni. È favolosa!
Una casa con quattro belle camere da letto su un bel po’ di terreno, un giardino sul
retro, dove tu potresti mettere quella piscina a forma di freccia di cui parlavi, una
stanza guardaroba per ogni camera e quattro bagni!”.
    “Quanto costa?” l’interruppi. “Tesoro, devi vederla per crederci, ma ti piacerà:
il soggiorno è fantastico e ha le travi a vista e un soffitto grandioso. Il garage è cosi
grande che avremo posto per le due automobili e tutti gli attrezzi. E poi, tesoro, c’è
un angolo di tre metri per tre dove puoi sistemare il tuo studiolo. E, tesoro, la came-
ra da letto padronale è così grande che dovremo prendere un aspirapolvere su cui si
possa montare a cavallo!”. “Ma, amore, quanto...”. Costava diciottomila dollari in
più rispetto al massimo stabilito, una cifra, a sua volta, superiore di ventimila dol-
lari alla somma che, secondo me, ci potevamo permettere. Dopo qualche discus-
sione, acconsentii a dare un’occhiata alla casa e incontrarmi con il costruttore, ma
a condizione che si trattasse solo di un’occhiata. La sera dopo, quando
fermammo l’automobile nel vialetto e proseguimmo verso la porta, capii di essere
in grossi guai. La casa era così bella che la volli all’istante: ma fra quello che
vogliamo e quello che possiamo avere, a volte c’è un abisso.Fu allora che comin-
ciai a comportarmi con il costruttore esattamente come si comportavano con me i
clienti potenziali che visitavo durante la mia carriera di rappresentante. Anche se
ero interessato e veramente emozionato, affettavo noncuranza, come se non m’im-
portasse di comprare la casa. Proprio così, avevo il terrore di mostrare un qualche
interesse, perché sapevo che il minimo indizio in quel senso mi avrebbe reso molto
più difficile dire di no a lui e a mia moglie. Così acconsentii a vedere la casa “già
che c’eravamo”. Jean mi condusse prima nel soggiorno. “Guarda le dimensioni di
questa stanza, tesoro”, mi esortò traboccante di entusiasmo “e quelle travi a vista,
non sono favolose?”. Poi, senza aspettare risposta, continuò: “E guarda il tuo cami-
no con tutti quegli scaffali intorno per i tuoi libri. Non sto nella pelle all’idea di
vederti la domenica pomeriggio, mentre con un occhio segui alla televisione i tuoi
cowboy e con l’altro guardi il tuo camino”. Entrammo nella camera da letto e mi
disse con il solito entusiasmo: “Ma guarda le dimensioni di questa stanza, tesoro.
C’è spazio in quantità per un letto gigantesco e potremmo mettere due sedie e un
tavolo laggiù. È perfetta per noi: tu lo sai come ci piace alzarci alla mattina e pren-
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