LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO NORMATIVO DAL PUNTO DI VISTA DELL'EQUITÀ

Pagina creata da Giulia Ferretti
 
CONTINUA A LEGGERE
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

LA RIFORMA PREVIDENZIALE.
ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO
NORMATIVO DAL PUNTO DI VISTA DELL’EQUITÀ

FOSCO GIOVANNONI *

Introduzione
Il tema affrontato e discusso in questo scritto è quello della equità nel
contesto della riforma del sistema previdenziale pubblico.
    I recenti (e meno recenti) interventi di modifica della normativa
hanno creato un insieme di problemi (soprattutto di carattere equita-
tivo) che possono essere analizzati e valutati con grande chiarezza uti-
lizzando alcune problematiche sorte e discusse nell’ambito della ana-
lisi economica delle Legal transitions (con particolare riferimento alle
norme che regolano il sistema tributario). Al centro dell’attenzione e
dell’analisi è il problema del mutamento delle norme previdenziali e
delle sue conseguenze in termini di equità.
    Il lavoro è fondamentalmente diviso in due parti.
    Nella prima parte, dopo una breve introduzione di carattere gene-
rale, si chiarisce la basilare differenza fra disegno e riforma di un
«sistema normativo» per passare poi a discutere il problema dell’e-
quità in quei due differenti contesti. La ricerca dei caratteri minimi
che ogni intervento equo dovrebbe rispettare, si svolge rifacendosi sia
al caso di assenza che di presenza di norme (tributarie ma anche pre-
videnziali). Nel particolare e realistico contesto della riforma si consi-
derano i due approcci alternativi della protezione e del rischio e si
recupera l’equità orizzontale (cioè uno dei due caratteri dell’equità,
forse quello più importante) come non-discriminazione di fronte ai
mutamenti di normativa.
    Le tematiche affrontate e chiarite vengono poi riprese nel contesto
specifico del caso italiano per mostrare, in tutta la seconda parte, a
quali (gravi) iniquità abbia portato un’evoluzione della normativa
previdenziale del tipo di quella realizzata. Non senza considerare (e
—————————————
* Associato di Scienza delle finanze presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università
di Siena.
L’autore, pur restando il solo responsabile di eventuali errori e omissioni, desidera rin-
graziare il professor A. Petretto dell’Università di Firenze, che ha letto e commentato
una prima versione di questo lavoro.

                                                                                      145
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

proporre) una semplice ed equa alternativa che avrebbe, fra l’altro,
anche avuto il merito di evitare fenomeni di autoselezione difficilmen-
te auspicabili.
    In una breve parte conclusiva si avanza una spiegazione (ma,
ovviamente, non una giustificazione) dell’accaduto in termini di cate-
gorie che con l’equità non sembrano aver proprio nulla da spartire.
1. Equità e riforme normative
1.1. Considerazioni preliminari
    Nell’ottica dell’economia del benessere gli interventi di politica
economica vengono valutati e giudicati quasi esclusivamente (o,
almeno, principalmente) in termini di efficienza e di equità. Natu-
ralmente anche altri aspetti possono essere importanti come, in primo
luogo, la loro efficacia macroeconomica o, come, in secondo, la sem-
plicità di attuazione, ma i due indicati più sopra hanno, in quel conte-
sto, un ruolo privilegiato e quasi esclusivo.
    Rispetto al primo (cioè all’efficienza), il secondo appare ancora
oggi abbastanza sottodimensionato, anche se, in anni recenti, un cer-
to fervore di studi lo ha notevolmente arricchito. La ragione che
meglio spiega questa evidente disparità d’interesse è forse da ricercare
nel fatto che una 1 delle definizioni (quella normalmente proposta
dagli economisti) di efficienza (la cosiddetta efficienza paretiana) è
facilmente accettabile. Anche se in essa è «implicito» un giudizio di
valore sicuramente discutibile, il fatto che esso sembri «radicato» nel-
la società la rende, se non immune da osservazioni critiche, abbastan-
za al riparo da radicali contestazioni. Diversamente da essa «la defi-
nizione» dell’equità appare più problematica e complessa; mentre il
consenso sulle varie definizioni proposte è assai meno ampio.
    Seguendo un’utile distinzione 2 si può dire, con la massima sinteti-
cità, che i più recenti contributi guardano all’equità o dal punto di
vista delle procedure o da quello del risultato a seconda che si ponga
l’accento sulle regole che permettono la distribuzione agli individui di
risorse e diritti ovvero sulle quantità a loro attribuite nel corso del
processo distributivo. Ma l’uno o l’altro punto di vista (o tipo di
approccio) non pare possano svolgere un ruolo importante nel conte-
sto del nostro problema.
    C’è, tuttavia, un altro filone di studi i cui risultati e le cui proble-
matiche sembrano adattarsi abbastanza bene al tema della riforma
previdenziale. È un insieme di ricerche che trova origine in problemi
relativi alle riforme di un sistema tributario per svilupparsi, poi, in
contesti più generali relativi alle riforme di altri «sistemi normativi»

—————————————
¹ «Una» perché non l’unica possibile: sono state proposte infatti anche altre definizio-
ni di efficienza.
² Si veda I. Musu, 1996.

146
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

(anche differenti, cioè, da quelli che regolano i tributi). Feldstein 3 pri-
ma e Kaplow 4 poi possono essere forse considerati gli studiosi che per
primi hanno affrontato e discusso questo problema. La distinzione-
base di Feldstein è quella fra disegno e riforma di un sistema normati-
vo (nel caso specifico l’insieme delle norme che regolano il sistema
tributario). «Disegnare» significa introdurre per la prima volta delle
norme (tributarie); si tratta della introduzione ex novo di un insieme
di regole (relative ai tributi) in un mondo che ne sia – per dir così –
completamente privo 5. «Riformare» (l’esistente) significa, invece,
mutare alcune regole (senza escludere, almeno in linea di principio,
che la modifica possa riguardare la totalità delle stesse) esistenti (in
un certo momento). Questa distinzione apparentemente insignificante
è ben lungi dall’essere irrilevante e costituisce la base di considerazio-
ni relative all’equità di notevole importanza (e rilevanza) come fra
poco cercheremo di mostrare.
    Il tema dell’equità è probabilmente uno dei meno facili e semplici
della intera «economia normativa». Una trattazione, anche solo sin-
tetica di esso, va oltre gli obiettivi di questo lavoro. Le brevi conside-
razioni che sviluppiamo qui sono, perciò, solo funzionali al tema che
ci interessa. Il problema esplicativo che sorge nell’ambito dei sistemi
tributari consiste nell’individuare i caratteri che tali sistemi dovrebbe-
ro avere per potersi definire equi. Le due basilari caratteristiche sono,
come è noto, quelle conosciute come «equità orizzontale» ed «equità
verticale». In termini generali un sistema è orizzontalmente equo se è
in grado di assicurare un’uguaglianza di trattamento per un’ugua-
glianza di posizioni ed è verticalmente equo se tratta (generalmente)
coloro che non sono uguali in maniera non uguale (essendo, poi, sot-
tinteso che coloro che sono in posizione migliore dovrebbero essere
trattati peggio di coloro che sono in posizione peggiore). Queste due
definizioni sono, in questa forma, scarsamente operative e, perciò,
non risolvono in maniera definitiva il problema. Semplicemente lo
spostano alla ricerca dei caratteri che rendono uguali (e diverse) le
situazioni individuali.
    Il disegno di un buon sistema tributario non può, comunque, pre-
scindere dal rispettare i due caratteri più sopra richiamati (pena, per
dir così, la sua iniquità).
1.2. L’equità orizzontale
   1.2.1. Se dovessimo costruire ex novo un sistema tributario il
nostro primo obiettivo dovrebbe allora essere quello di individuare i

—————————————
³ Si veda M. Feldstein, 1976a e M. Feldstein, 1976b.
⁴ L. Kaplow, 1986; L. Kaplow, 1989a e L. Kaplow, 1992.
⁵ Ci sarebbe da chiedere (scherzando?) se mai una situazione del genere (riferita, cioè,
ai tributi) sia esistita. Ma questo è un altro (e forse non piccolo) problema.

                                                                                   147
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

caratteri che rendono uguali le posizioni (o le situazioni) individuali.
È noto da tempo 6 che una tale (perfetta) uguaglianza è impossibile da
realizzare: se essa infatti si verificasse non sarebbe possibile distingue-
re fra le «due» (o «più») situazioni. Anche se esiste sempre una qual-
che differenziazione fra le posizioni individuali non pare, tuttavia,
impossibile (ma, forse, nemmeno difficilissimo)7 individuare i caratte-
ri che rendono possibili le unificazioni fra le varie situazioni.
Nell’ambito della finanza pubblica questo problema, in buona misu-
ra, si identifica con quello della ricerca della base imponibile: è il red-
dito o la spesa o il patrimonio ovvero sono i consumi (senza escludere
una miscela di tutti o solo alcuni di questi) gli elementi con cui istitui-
re, principalmente, le uguaglianze (e le disuguaglianze) cui siamo
interessati? Se gli elementi citati, pur fondamentali, non sono gli unici
(come pare evidente) quali altri (e in che misura) concorrono alla isti-
tuzione della stessa (uguaglianza)?
    1.2.2. Il problema dell’equità orizzontale che nel disegno presenta
i caratteri succintamente richiamati più sopra assume, nel caso della
riforma (di norme esistenti), peculiarità dalle importanti (e forse ina-
spettate) conseguenze. È stato, probabilmente, Feldstein il primo ad
evidenziarle. Se pur svolte nel contesto della riforma tributaria le sue
considerazioni hanno certamente una portata più ampia e tale da ren-
derle importanti anche in differenti contesti.
    L’idea fondamentale dello studioso americano sembra essere (per
ciò che ci riguarda) quella che i cambiamenti di norme esistenti in un
certo momento creano iniquità orizzontali «perché gli individui si
regolano sulla normativa esistente» 8. Le scelte, una volta fatte, posso-
no diventare irreversibili (come potrebbe essere il caso dell’istruzione)
o reversibili solo a prezzo di «perdite sostanziali» (come nel caso più
specifico dell’occupazione e della preparazione professionale). Con
grande sinteticità : «[C]ommitments involving property may be easily
reversed but the sale of assets will involve a capital loss» 9. Se questo è
vero non può allora apparire proprio provocatoria la proposta di
chi 10, in presenza di un mutamento normativo (di carattere tributa-
rio), proponesse un indennizzo per «i danni» derivanti da esso (cioè
dal mutamento) ovvero, in alternativa, richiedere allo Stato di tener
presente (con appropriate norme transitorie) che le decisioni prese nel

—————————————
⁶ Almeno da Cusano (senza escludere che anche prima si avesse conoscenza del fatto
che non possono esistere «cose» assolutamente uguali ... senza essere la stessa cosa). Si
veda la voce «Identità degli indiscernibili» in N. Abbagnano, 1998.
⁷ Per un punto di vista critico, almeno mantenendosi sulle generali, si può vedere P.
Westen, 1982.
⁸ Si veda M. Feldstein, 1976b, pag. 95.
⁹ M. Feldstein, 1976b, pagg. 95-96. L’aspetto sottolineato nel testo non è l’unico del-
l’analisi di Feldstein anche se – ai nostri fini – è quello più importante.
¹⁰ Ancora M. Feldstein, 1976a.

148
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

vecchio contesto (in presenza, cioè, della normativa allora esistente)
devono essere in qualche modo salvaguardate 11.
    Un punto di vista completamente diverso (da quello ora succinta-
mente illustrato) oltreché critico verso di esso può «ricavarsi» da alcu-
ni contributi di Kaplow 12. Anche se l’analisi di questo studioso è,
almeno negli studi qui considerati, principalmente rivolta al proble-
ma dell’efficienza le sue considerazioni sono importanti in generale
e riguardano abbastanza direttamente i temi da noi affrontati.
L’esposizione che qui verrà data (di quel punto di vista) non vuole
essere, in alcun modo, né una interpretazione autentica di esso né (e
tantomeno) una trattazione esaustiva; vuole, invece, semplicemente
rifarsi ad alcune problematiche sollevate col fine (pressoché esclusivo)
di mostrare se (e perché) esse indeboliscono «l’approccio della prote-
zione».
    Chi volesse difendere lo status quo o meglio invocare protezione
per le scelte in esso compiute dovrebbe (presumibilmente) almeno
provare che una situazione di garanzia (data, almeno entro certi limi-
ti, da una norma costituzionale 13) per i mutamenti normativi è
migliore della situazione in cui tale garanzia è assente. Ma non
potrebbe invocare semplicemente la circostanza che la protezione è
opportuna perché uno sceglie sulla base della normativa vigente,
senza cadere in un ragionamento «circolare» 14. Infatti è la stessa
protezione ad «assicurare» le aspettative derivanti dalla normativa
vigente 15.
    L’analisi di Kaplow tende a provare la superiorità di una situazio-
ne su un’altra dallo specifico punto di vista dell’efficienza. Può forse
considerarsi un’analisi dal punto di vista del disegno delle politiche (o
delle norme) di «transizione delle norme». Essa è basata su talune
ipotesi 16 (la principale delle quali, almeno per ciò che ci riguarda, è
quella che la riforma normativa è desiderabile) e su un’assimilazione
«forte» (che vuole i rischi derivanti dalle future politiche portate
avanti dallo Stato siano sostanzialmente assimilabili agli altri, quelli
cioè non direttamente legati all’azione governativa). La dimostrazio-
ne della inefficienza di una politica di protezione (da parte dello

—————————————
¹¹ In una prospettiva di questo genere anche un «vantaggio tributario» (specifico di un
cespite) acquista un carattere molto peculiare. Esso infatti dopo essersi «riflesso» nel
prezzo del cespite stesso, viene trasferito ad un eventuale acquirente che proprio in
virtù delle «riflessioni» lo ha ora ... «comprato».
¹² Si veda: L. Kaplow, 1986; L. Kaplow, 1989a e L. Kaplow, 1992.
¹³ È evidente che nemmeno una norma costituzionale dà garanzia assoluta non poten-
dosi escludere che anch’essa venga modificata (per dar via libera ai mutamenti delle
«norme normali»).
¹⁴ Si veda Kaplow, 1986, pag. 522.
¹⁵ Cfr. M. Graetz, 1985, pag. 1823. Sotto il profilo fattuale i comportamenti saranno
determinati anche dal fatto che si pensi ad una situazione di protezione (o meno).
¹⁶ Per tutta l’argomentazione si rinvia ovviamente a Kaplow, 1986.

                                                                                   149
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

Stato) nei confronti di questi rischi ruota essenzialmente sul fatto che
essa stimolerebbe comportamenti tendenti a non tener conto, in
modo corretto, di essi (come invece avviene, per tutti i rischi, nelle
normali situazioni di mercato) 17. Questa analisi, che pur è stata sotto-
posta a osservazioni critiche su cui non è il caso di soffermarsi in que-
sta sede 18, presenta qualche difficoltà e qualche limite (riconosciuti
l’una e l’altro dallo stesso autore) in contesti e circostanze particolari.
Nell’ordine: una difficoltà sembra essere rappresentata dal fatto che
l’assenza di «norme protettive» (ad esempio di carattere costituziona-
le) potrebbe determinare lo sviluppo di norme discriminatorie nei
confronti di qualche minoranza; un limite sembra invece quello (logi-
co) che una superiorità non significa la necessità di una immediata e
meccanica applicazione a riforme che stanno per essere intraprese. La
quale ultima cosa è abbastanza evidente se si pensa che quella supe-
riorità è, in ogni caso, tale perché stimolerebbe comportamenti effi-
cienti ex ante e non può applicarsi ovviamente a scelte già fatte (e
diventate irreversibili) 19. È cioè qualcosa di specifico; una superiorità
relativa al disegno (come si è già accennato) di un sistema di transi-
zione: è migliore (dovendo scegliere fra le due possibili alternative)
quella che non prevede alcun «intervento protettivo» dello Stato nel
caso che la normativa, che regola un particolare istituto, debba esser
mutata 20.
    Nessuno dei due approcci sembra, dal punto di vista dell’equità,
sicuramente superiore all’altro. Ognuno sottolinea un’esigenza impor-
tante.
    Una normativa mutevole può certamente creare problemi a coloro
che hanno preso le loro decisioni confidando su una «stabilità» nor-
mativa che, poi, non si realizza. Anche se non sarebbe assurdo chie-
dersi perché, dal punto di vista dell’equità, non sia lecita quella situa-
zione in cui ognuno scelga sapendo che, nella scelta, è implicito un
rischio (il rischio che la normativa possa mutare). In fondo esistono
giochi equi nei quali si vince o si perde; né sono definiti equi solo
quelli in cui il giocatore vince sempre.
    Ma una superiorità dell’un punto di vista sull’altro non sembra
configurarsi con grande evidenza, almeno se restiamo nell’ambito di
una valutazione basata sul criterio dell’equità (e, in particolare, dell’e-
quità orizzontale).
    Il primo approccio risponde, al mutamento normativo con forme
di garanzia tendenti a tutelare alcuni diritti (che, perciò, in quanto

—————————————
¹⁷ Non tenendo conto dei rischi si avrebbero investimenti più grandi di quanto non
sarebbe efficiente.
¹⁸ Si veda M. Ramseyer e M. Nakazato, 1989.
¹⁹ Si veda Kaplow, 1986, pag. 557.
²⁰ Quale che sia, naturalmente la forma con cui tale «protezione» possa manifestarsi e
concretizzarsi.

150
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

tali, possono considerarsi «acquisiti»), il secondo «risolve» il proble-
ma nell’ambito del rischio connesso con molte scelte (e, almeno in
maniera implicita, non considera «acquisito» alcun «diritto»).
    Anche considerando sullo stesso piano i due differenti modi di
affrontare e risolvere, dal punto di vista dell’equità, il problema, uno
potrebbe propendere per la seconda soluzione (l’approccio del
rischio) in virtù e in conseguenza della sua maggior attrattiva dal
punto di vista della efficienza. Tuttavia, in contesti nei quali possono
verificarsi «discriminazioni arbitrarie» 21 un vincolo quale quello
imposto dalla equità orizzontale può essere tutt’altro che irrazionale
o irragionevole e, proprio in questa specifica circostanza, potrebbe
trovare piena e fondata giustificazione.
    Queste considerazioni, ben lungi dall’essere definitive, lasciano
intravedere come il problema possa considerarsi «aperto»; esse
dovrebbero, in ogni caso, aver chiarito i termini della questione.
1.3. L’equità verticale
    La seconda caratteristica che un sistema tributario dovrebbe avere
(per potersi definire almeno non iniquo: per l’equità piena le due sole
condizioni sono sufficienti?) è quella dell’equità verticale. Per essa
non pare che la distinzione fra disegno e riforma sia così determinan-
te e gravida di conseguenze (come per quella orizzontale). Se conside-
rata in un contesto di disegno l’equità verticale pare svolgere l’impor-
tante ruolo di discriminare, ma solo sulla base di una diversità di
situazioni oggettivamente caratterizzate da quegli elementi che, nel
caso dell’equità orizzontale, servivano a istituire le uguaglianze.
Naturalmente il problema diventa complesso nel momento in cui gli
elementi di diversità (cui far riferimento) siano più di uno (e non sia-
no convergenti) perché, in questi casi, è possibile che occorra attribui-
re ad essi una sorta di ponderazione che naturalmente può essere dif-
ficile.
    Anche in un contesto di riforma l’equità verticale può svolgere un
ruolo non irrilevante. Una normativa che si sviluppasse discriminan-
do non sulla base di quegli elementi ritenuti fondamentali per le iden-
tificazioni di situazioni migliori o peggiori, ma sulla base di categorie
non solo esterne ad essi ma addirittura in contrasto, difficilmente
potrebbe trovare giustificazione.
1.4. Il problema della riforma
   Le tematiche più sopra richiamate saranno, nel seguito, «utilizza-
te» per l’analisi della riforma previdenziale.

—————————————
²¹ Si vedano su questo punto le osservazioni di R. Musgrave, 1976 e L. Kaplow,
1989b. Di quest’ultimo (che, nell’articolo citato, è un critico abbastanza radicale dell’e-
quità orizzontale) si veda, in particolare, la nota 2.

                                                                                      151
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

    Dovrebbe essere evidente fin d’ora, comunque, quali aspetti siano
cruciali per essa: anzitutto il tema della uguaglianza e della disugua-
glianza di situazioni sia in un contesto di disegno che di riforma. E
poi quale ruolo (basilare) giochi il rischio di mutamenti di normative,
essendo il contesto nel quale ci troviamo, se non altro per ragioni di
realismo, proprio quest’ultimo. Si vedrà, tuttavia, che, anche nell’am-
bito della riforma, un ruolo fondamentale è svolto dalla uguaglianza
vuoi perché il problema dell’identificazione di «situazioni» è primario
vuoi perché esiste un altro e non meno importante aspetto: l’ugua-
glianza di fronte al rischio di mutamento.
    Come forse già queste osservazioni evidenziano, l’analisi che segue
è abbastanza diversa dai temi spesso dibattuti nella letteratura che
affronta i temi della previdenza, in particolare quello del confronto
fra un sistema a ripartizione e uno a capitalizzazione 22. Infatti, men-
tre in un contesto di disegno la soluzione a quel problema può essere
vista come «la» soluzione del problema in un contesto di riforma ciò
che appare rilevante è il problema della transizione dall’uno all’altro.
Così anche ammettendo la superiorità del sistema a capitalizzazione
su quello a ripartizione non si vede come si possa eludere il tema di
chi (e perché) debba pagare, in futuro, «le pensioni a ripartizione» di
chi (e perché) debba pagare «i diritti pensionistici pregressi» e così di
seguito.
    Il tema della riforma, visto come l’aspetto fondamentale della
transizione normativa, ha, invece, al centro della sua attenzione pro-
prio il problema dell’onere del mutamento. Un onere che – almeno
così sembra – non può che essere distribuito sulla base di regole fon-
date su principi di equità.
2. Equità e riforma previdenziale
2.1. Considerazioni introduttive
   I problemi più sopra affrontati e discussi possono aiutare a com-
prendere le profonde e gravi iniquità che le più recenti riforme previ-
denziali hanno posto in essere. Molte delle problematiche in prece-
denza trattate si adattano anche, mutatis mutandis, al caso in discus-
sione. Prima di procedere in questa direzione appare, tuttavia, oppor-
tuna una brevissima disamina della situazione esistente anteriormen-
te al ’92. Essa è fatta solo funzionalmente alle considerazioni che svi-
lupperemo e non ha, perciò, alcuna pretesa di sistematicità, comple-
tezza o quant’altro.
   Le tre riforme degli anni 1992-98 spesso sinteticamente identificate
col nome dei presidenti del consiglio dell’epoca in cui sono state fatte

—————————————
²² Una chiara e semplice introduzione ai principali temi e problemi del «sistema pen-
sionistico» può essere trovata nel cap. 12 del recente manuale di Artoni. Si veda R.
Artoni, 1999.

152
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

(Amato, Dini, Prodi) hanno profondamente modificato il quadro
normativo esistente nella prima metà del ’92. Un quadro normativo
che, pur con modifiche di una qualche continuità e di una certa rile-
vanza 23, aveva caratteri ben delineati. Esistevano, com’è noto, diversi
regimi ognuno dei quali era caratterizzato da un insieme di regole
relative principalmente al metodo di calcolo della pensione, al contri-
buto a carico del lavoratore (e a quello del datore di lavoro), all’età
pensionabile, alla pensione di anzianità.
2.2. Diversità delle normative previdenziali e sue conseguenze
    Questi regimi, anche se (come si è detto) avevano subito delle
modifiche (molto spesso migliorative dal punto di vista del lavorato-
re) nel corso degli anni avevano una ben precisa caratterizzazione 24,
tant’è che, ad esempio, per taluni di essi si potrebbe parlare di un trat-
tamento «più generoso» 25 rispetto ad altri.
    A meno di non voler fare ipotesi poco realistiche pare, tuttavia, dif-
ficile supporre che questa «evidente disparità» di trattamento previden-
ziale non sia stata avvertita e che di essa «il mercato» non abbia tenuto
conto. Di essa e non solo di essa ché la scelta relativa al tipo di lavoro
sarà stata determinata non solo dal regime previdenziale, ma anche da
una molteplicità di elementi fra i quali le entità attese della retribuzio-
ne, le prospettive di carriera, la piacevolezza dello stesso lavoro, la diffi-
coltà d’accesso ad esso non sono certamente i meno importanti.
Questo insieme di elementi avrà perciò determinato l’allocazione finale
di quel fattore. Anche senza voler escludere la presenza di altre caratte-
ristiche pare molto difficile ipotizzare che quelle non abbiano svolto un
ruolo rilevante. Se questo si è in buona misura verificato l’allocazione
finale può apparire come il risultato di tutti quei caratteri (e di altri
ancora nell’esemplificazione tralasciati, perché forse meno decisivi) cui
si accennava più sopra. Il trattamento previdenziale «generoso» ha un
prezzo: a parità di quasi tutto il resto potrebbe «pagarsi» con una
minor retribuzione e, se anche questa dovesse essere simile (cioè, davve-
ro, a parità di tutto), con un «accesso» più difficoltoso (ad esempio una
prova concorsuale particolarmente impegnativa) e via dicendo.
    Tuttavia, se si guarda in quest’ottica «il privilegio» o «la genero-
sità» acquistano un carattere ben differente da quello normalmente
sottolineato. Isolare un aspetto (il trattamento previdenziale) e istitui-
re i confronti solo su di esso non pare giustificato: spesso, tuttavia,
quello che è stato fatto è proprio questo, un confronto fra alcuni ele-
menti di un regime e i corrispondenti elementi dell’altro (in particola-

—————————————
²³ Si veda O. Castellino, 1996.
²⁴ Castellino sostiene che negli anni 1955-90 questo principio di differenziazione nor-
mativa si era «rafforzato». Si veda O. Castellino, 1998, pag. 22.
²⁵ Il condizionale non appare ingiustificato perché - come cercheremo di mostrare -
l’espressione è ambigua.

                                                                                  153
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

re il regime previdenziale pubblico e quello privato) e dove le differen-
ze erano più marcate ed evidenti.
    Quanto precede non è né vuole essere, tuttavia, «la dimostrazione»
che non esistevano, prima delle innovazioni legislative iniziate nel ’92
dei regimi «più favorevoli» ai lavoratori di altri, ma, più semplicemente
che una tale «prova» non può certo essere data solo guardando ad
alcuni (ancorché significativi) elementi di esso in un contesto astratto e
isolato dalle conseguenze che le diversità (tutte le diversità) stesse han-
no determinato 26. Dove dei due aspetti «contesto astratto» e «isola-
mento delle conseguenze» il più rilevante può, quasi certamente, con-
siderarsi quest’ultimo: ma tutti e due sono ovviamente importanti.
    Queste osservazioni possono essere viste come una semplice appli-
cazione ed estensione di quelle illustrate in precedenza in relazione ai
«privilegi tributari» pur, forse, con l’ovvia variante che, nel caso di
questi ultimi, il processo di capitalizzazione (con il conseguente, invo-
cato, indennizzo nell’eventualità di modifica) appare più chiaro,
lineare e, intuitivamente più evidente. Ma, nella sostanza, l’argomen-
tazione non sembra molto differente.
    Anche nell’ottica (meno favorevole?) del rischio (e, cioè, della pos-
sibilità di perdite secche, senza indennizzo; nel caso di mutamento di
normativa) la natura del privilegio appare nettamente diversa da
quella implicita nell’argomentazione degli «abolizionisti». Infatti
anche in questo caso «il privilegio» viene «acquistato» (se pur a prez-
zo differente e, quasi sempre, più basso rispetto al «caso protetto»)
perché la possibilità (quale che sia la probabilità del suo verificarsi)
che le norme siano mantenute (e dunque «il vantaggio» non elimina-
to) non verrà, di certo, regalata. Naturalmente ex post, in caso di abo-
lizione, troppo si sarà «speso», mentre, nel caso opposto, è vero il
contrario 27. Ma anche in questa circostanza non si vede perché sia in
sé giustificata la rimozione di un «vantaggio» per godere del quale
(pur con probabilità che scompaia) si è pagato qualcosa (un qualcosa
strettamente collegato con quella probabilità) 28.
2.3. Necessità di mutamento delle normative previdenziali
   Naturalmente accettando il punto di vista del rischio nessun vin-
colo può porsi alle modifiche e il mutamento di normativa (lecito per

—————————————
²⁶ L’espressione «più favorevole» (come l’argomento svolto chiarisce) è solo funziona-
le alla identificazione di una situazione e non contiene alcun giudizio di merito.
²⁷ Il caso non appare, nella sostanza, differente da quello analizzato più sopra: la sem-
plice probabilità (più alta) di mutamento non pare aggiungere o togliere niente alla
logica dell’argomento.
²⁸ Una possibile critica al punto di vista qui sostenuto potrebbe essere quella di nega-
re, in via empirica, la rilevanza delle considerazioni. Non pare facile, tuttavia, darne
una dimostrazione; anzi la frequente constatazione delle basse retribuzioni del settore
pubblico è stata (spesso) spiegata con gli altri «vantaggi» in esso «goduti».

154
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

altre ragioni che non siano almeno quelle dell’abolizione del «privile-
gio») può avvenire senza problemi. Lo Stato può (e deve avere la
libertà di) modificare le norme che regolano il sistema previdenziale
quando nuovi scenari di politica economica lo impongono. Ed è non
solo bene che non paghi nulla a coloro che si erano regolati sulle vec-
chie norme (e avevano perciò confidato sul non mutamento), ma
anche che si sappia, in via preventiva 29, che questa regola è la regola
seguita in casi di transizione.
    Dei due argomenti che, forse, con maggior frequenza vengono
avanzati (ma, soprattutto, sono stati avanzati) 30 per chiedere il muta-
mento della normativa previdenziale (quello macroeconomico del
risparmio di spesa 31 e quello della omogeneizzazione delle regole per
motivi di equità) solo il primo sembra dunque conservare la sua vali-
dità. Il secondo non sembra, se la interpretazione è corretta, un argo-
mento molto fondato e robusto e la sua forza sembra di carattere
emotivo più che razionale 32.
    Il motivo del risparmio di spesa appare invece giustificato o,
comunque, può ritenersi tale 33. Senza entrare nel merito del problema
relativo alla entità dello stesso si può dire che era largamente diffusa
la convinzione che il sistema previdenziale italiano, così come struttu-
rato all’inizio degli anni Novanta (cioè prima dell’inizio delle riforme)
fosse, per usare l’estrema sinteticità di un manuale 34, «esposto a
rischio di squilibrio finanziario molto forte» e che, perciò, un sensibi-
le rallentamento della spesa non fosse più rinviabile. Questo dato
esterno influenza e determina la modifica normativa indicandone, in
maniera inequivocabile, la direzione. Molti sono, naturalmente, i pos-
sibili modi in cui si può procedere, a parità di risparmio globale, e
ben differenti sui diversi soggetti sono gli oneri a seconda della via
scelta. Un esempio, volutamente paradossale, che consente, con alta
probabilità, almeno nel breve periodo, un risparmio potrebbe essere

—————————————
²⁹ Perché è bene che la regola di transizione venga fissata e conosciuta preventivamen-
te è spiegato in Kaplow, 1986, pag. 559.
³⁰ Anche altri argomenti sono stati proposti ma quelli analizzati qui sono forse i più
rilevanti.
³¹ L’espressione «risparmio di spesa» (o altre analoghe) non deve intendersi alla lette-
ra, cioè come diminuzione (di essa) in assoluto, ma in senso lato e generico, cioè come
«rallentamento della (sua) dinamica di crescita», «(suo) abbassamento in rapporto al
PIL» e simili. Senza escludere che una riforma possa anche, nel momento in cui viene
fatta, far diminuire, se pur provvisoriamente, il livello assoluto.
³² Altro e differente problema è, naturalmente, la omogeneizzazione per i nuovi assun-
ti. Per essi ci possono essere motivi perché essa venga istituita: in questo caso, infatti, il
problema sopra evidenziato non esiste. Un rapidissimo cenno a un vantaggio del siste-
ma omogeneo è in Castellino, 1998, pag. 22.
³³ La necessità dello stesso può essere giustificata in vario modo, ad es. l’inopportu-
nità da parte dello Stato di trasferire risorse al settore.
³⁴ La citazione è tratta da Bosi, 1996, pag. 146.

                                                                                         155
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

quello di «annullare» la dinamica di accesso all’insieme dei pensionati
o comunque di consentire tali accessi solo a condizioni estremamente
difficili da realizzare. In pratica chi è in pensione continua a percepir-
la e gli attuali lavoratori attendono di realizzare le difficili condizioni.
Un altro esempio potrebbe essere quello di un taglio percentuale di
tutte le pensioni in godimento a una certa data e di quelle future (in
godimento da quella data in poi): anche questo, sotto ipotesi abba-
stanza realistiche, potrebbe essere un modo per risparmiare. E via di
questo passo.
2.4. Caratteri fondamentali della «riforma equa»
    Il problema sembra allora quello di vedere se alcune possibilità,
cioè alcuni modi di procedere al risparmio, sono più corretti, dal pun-
to di vista equitativo, di altri e perché; muovendoci naturalmente in
un contesto di riforma (della normativa vigente). Ci sono presumibil-
mente molti modi «equi» di procedere a seconda del concetto di
equità che si accetta.
    Se, tuttavia, l’equità non può prescindere dalle caratteristiche più
sopra analizzate un vincolo forte pare imporsi e la scelta appare quasi
obbligata.
    Anzitutto è da ricordare e sottolineare in via preventiva che il con-
testo entro il quale vogliamo muoverci è quello della riforma normati-
va finalizzata al risparmio di spese.
    Un risparmio di spesa che sarebbe praticamente inesistente se
tenessimo conto in maniera piena e completa dei «diritti acquisiti»
dai soggetti interessati (di cui l’indennizzo, che può essere visto come
un modo di tenerne conto, evidenzia, forse al meglio, l’inefficacia).
Ciò porta, di necessità, l’analisi a muoversi in un contesto (per dir
così) à la Kaplow. Tuttavia, anche in questa prospettiva, un recupero
sostanziale, almeno dello spirito dell’«uguale trattamento di uguali»,
sembra non solo possibile ma auspicabile e altamente significativo.
Un comportamento da parte dello Stato identico, almeno in linea di
principio, nei confronti di tutti per ciò che riguarda le modifiche della
normativa vigente appare la condizione minima da rispettare perché
possa parlarsi di non-discriminazione fra i soggetti e dunque di equità
orizzontale.
    Anche muovendoci nella prospettiva del rischio, connesso al muta-
mento della normativa vigente, non pare allora che si possa, in linea
generale, considerare differente la posizione di alcuni soggetti rispetto
a quella di altri. Questo punto di vista (come accennato già sopra)
appare anche, in qualche misura, condiviso dai sostenitori della irrile-
vanza della normativa vigente, per ciò che riguarda il mutamento,
purché non ci sia, nella nuova normativa, un atteggiamento discrimi-
natorio nei confronti di qualcuno. È questo, forse, un modo indiretto
per recuperare e difendere una parità di trattamento ad un livello più
sostanziale e profondo di quello in cui si muovono le considerazioni

156
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

precedentemente illustrate relative alla tax reform e nell’ipotesi in cui
il mutamento non possa, di necessità, assicurare la salvaguardia delle
scelte fatte.
    Detto in altre parole una fondamentale parità di fronte alla legge
non può non essere una parità di fronte alle (necessarie) modifiche
della legge stessa. Le norme che regolano il sistema previdenziale
modificando in futuro (da una certa data in poi: in generale la data
dell’entrata in vigore) i loro caratteri non possono non coinvolgere
tutti i soggetti che a quella data hanno già iniziato il rapporto con il
sistema previdenziale stesso.
2.5. Riforma equa: scelte passate e future
    Prima di procedere ad una più precisa puntualizzazione di quanto
affermato finora in modo astratto è forse opportuna una distinzione
fra i soggetti coinvolti nell’analisi. Questa distinzione (considerando i
fini cui è rivolta) può essere fatta così: a) i nuovi assunti; b) i lavorato-
ri; c) i pensionati. Tutti questi tre insiemi si considerano definiti al
momento in cui deve entrare in vigore la nuova legge.
    I caratteri e i problemi più sopra discussi possono ora essere ricon-
siderati in relazione agli insiemi specificati.

    2.5.1. Cominciamo dall’insieme dei nuovi assunti (o meglio coloro
che non hanno ancora iniziato alcun rapporto con il sistema previ-
denziale). Costoro non hanno operato (si potrebbe dire) scelte rile-
vanti per ciò che riguarda la previdenza. Perciò massima potrebbe
considerarsi nei loro confronti la libertà del legislatore per quello che
concerne la normativa (previdenziale appunto) che lo dovrà riguarda-
re. A rigore questo non è completamente e pienamente corretto per-
ché alcune scelte (principalmente, anche se non esclusivamente, quelle
relative al curriculum scolastico) potrebbero esser state influenzate
dalla normativa precedente. Tuttavia tali legami e influenze non sem-
brano così importanti e decisivi: anche se ciò è vero la loro rilevanza
appare modesta. È, semmai, un altro l’aspetto che non può essere tra-
scurato e che, in qualche misura attenua e frena la libertà del legisla-
tore. Se è vero, infatti, che «nei paesi democratici i governi si basano
in buona parte sulla accettazione volontaria delle norme» 35 è anche
vero che una normativa troppo squilibrata a sfavore di quella che può
ritenersi solo una minoranza ma consistente non è facile da rendere
operativa 36.
    In senso lato il problema fondamentale pare, perciò, per gli appar-

—————————————
³⁵ L’espressione è di Stiglitz. Si veda Stiglitz, 1992, pag. 38. Anche se le recenti riforme
sicuramente severe con i giovani sono passate senza la loro minima opposizione.
³⁶ Cfr. Bosi, 1996, il quale parla (per le riforme del caso italiano) di «profonda ingiu-
stizia fra le generazioni» (pag. 149).

                                                                                       157
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

tenenti a questo insieme, un problema di equità intergenerazionale.
Un insieme di regole relative principalmente ai contributi, alle presta-
zioni e ai diritti che fosse palesemente e fortemente squilibrato a sfa-
vore delle nuove generazioni, oltre che intergenerazionalmente iniquo
potrebbe essere tale da stimolare comportamenti (come l’evasione
contributiva o addirittura l’emigrazione) che potrebbero (il condizio-
nale è d’obbligo) rendere di fatto ingestibile la situazione.
    Precisare i caratteri di un tale equilibrio e ricercare le condizioni
che devono verificarsi perché esista equità fra le generazioni va, tutta-
via, oltre lo scopo del presente scritto e non sarà perciò discusso 37.
    Dal punto di vista dell’equità all’interno della stessa generazione
non pare, comunque, che una normativa fissata ex novo per coloro
che non hanno ancora iniziato alcun rapporto con il sistema previ-
denziale (non hanno, cioè, fatto scelte basate sulle norme che lo rego-
lavano) presenti i problemi tipici degli appartenenti agli altri due
insieme, cioè quei problemi che conducono alla necessità di distingue-
re fra i diritti e le prestazioni (vedi oltre).
    2.5.2. Al contrario di questi soggetti quelli appartenenti agli altri
due insiemi hanno operato scelte basandosi sulla normativa esistente
al momento in cui le scelte sono state fatte. Considerando il nostro
contesto si dovrebbe tuttavia dire, per maggior precisione, sulla «nor-
mativa vigente in senso lato», cioè anche sull’eventualità che essa
potesse subire, in futuro, dei mutamenti. Ora se la normativa deve
essere modificata per ragioni esterne (in questo caso principalmente o
quasi esclusivamente per risparmi di spesa) e se, come pare evidente,
la normativa nuova riguarderà (non potrà che riguardare) i periodi
futuri, non c’è alcuna ragione perché, e relativamente a questi ultimi
periodi, essa non debba coinvolgere ambedue gli insiemi (e, cioè, i
soggetti appartenenti a b) e c)). I quali saranno da una certa data in
poi (la data d’entrata in vigore delle nuove norme) trattati secondo le
nuove regole e la non-discriminazione sarà assicurata e realizzata.
Un’ovvia e importante conseguenza di questo è che, almeno in linea
generale, non si dovrebbero fare (è profondamente iniquo fare) muta-
menti che riguardano alcuni diritti (v. oltre). Può essere, infatti, prati-
camente impossibile (tanto per fare un importante esempio) trattare
allo stesso modo due soggetti «uguali» (si vedrà più sotto quali sono
le variabili rilevanti per stabilire l’uguaglianza), ma appartenenti ai
due insiemi b) e c) relativamente alle condizioni anagrafiche che assi-
curano il diritto alla pensione. Le modifiche che devono essere intro-
dotte dovranno riguardare, naturalmente da una certa data in poi, i
trattamenti ed essi dovranno coinvolgere sia i soggetti dell’uno (cioè
di b)) che quelli dell’altro insieme (cioè di c)).

—————————————
³⁷ Il tema è affrontato in E. Somaini, 1996.

158
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

    Una possibile obiezione, forse la più importante che potrebbe
essere fatta, con qualche (apparente) fondamento, a questo punto di
vista, è quella che, almeno in linea di principio, il soggetto apparte-
nente all’insieme b) ha, in confronto all’altro, una più ampia possibi-
lità di scelta (restare o lasciare) mentre l’altro non può che subire l’o-
nere delle nuove regole. E, dunque, appunto per questo necessiterebbe
di protezione. L’obiezione perde, però, gran parte della sua forza ed è
più apparente che reale alla luce (almeno) delle seguenti osservazioni.
    Nulla vieta alla nuova normativa (che dovrebbe abbassare i tratta-
menti per molti: v. oltre) di dare la possibilità a chi lo desidera di
«rientrare» (con ciò assicurando sostanzialmente perfetta parità fra i
soggetti). La parità non è perfetta perché si può pensare a una mag-
gior difficoltà del «rientro» rispetto al «mantenimento»? C’è da consi-
derare, tuttavia, che: 1) chi optasse per il rientro avrebbe, in ogni caso
e fino al momento in cui il rientro non si concretizza, goduto di un
periodo di riposo pagato, una parte del quale (quella fino all’abbassa-
mento del trattamento) l’altro (a lui uguale) non ha avuto (e non avrà
mai), e che: 2) chi perdesse il lavoro ad un’età, incompatibile con il
diritto alla pensione nella nuova normativa (alternativa a quella qui
proposta che non tocca il diritto), non sarebbe soccorso da nessuno.
    C’è poi da tener presente una situazione di fatto che «attenua»
ulteriormente l’obiezione: nel caso italiano gran parte dei «giovani»
appartenenti all’insieme c) sono ex-dipendenti pubblici: per essi non
dovrebbe esser particolarmente difficile creare (quando già non esi-
sta) una normativa ad hoc tendente a favorire, facilitare e non ritarda-
re l’eventuale rientro 38.
2.6. L’uguaglianza fra i soggetti e la riforma
    Se si accetta di non toccare i diritti (o, meglio, alcuni diritti), ma
solo i trattamenti com’è opportuno procedere? Il problema da risolve-
re in via preliminare è, naturalmente, quello di individuare le caratteri-
stiche che, in questo specifico contesto, rendono «uguali» gli individui.
    Pare difficile affermare che due (o più) soggetti a parità di età ana-
grafica, anzianità contributiva, tipo e rapporto di lavoro (ivi compre-
so il momento di inizio dello stesso) e contributi versati non debbano
avere parità di trattamento 39 in futuro. E ancora pare difficile affer-
mare che un soggetto (diciamolo il primo) che abbia più in qualche
carattere (nel caso del momento d’inizio che abbia iniziato prima) e
non meno in qualche altro di un altro (diciamolo il secondo) non

—————————————
³⁸ Sui caratteri di questa normativa non è questa la sede per discutere.
³⁹ Anche l’entità della pensione già riscossa dovrebbe essere un elemento da valutare
con attenzione e «ponderare» cioè tenere nella «dovuta» considerazione (naturalmente
col segno negativo: maggiore è tale entità minore dovrebbe essere, a parità di tutto il
resto, il trattamento futuro).

                                                                                  159
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2000

abbia diritto a un trattamento futuro almeno pari a (o anche, miglio-
re di) quest’ultimo (il secondo appunto).
    La nuova normativa non dovrebbe, perciò, discriminare fra sog-
getti «uguali» in conseguenza di caratteri che li rendono sì diversi, ma
che sono chiaramente irrilevanti (presentazione di una domanda
entro una certa data o, addirittura, in un particolare giorno) sotto il
profilo sostanziale (anche se quella caratteristica ha fatto passare un
soggetto dall’insieme b) all’insieme c)).
    Il non-rispetto di questa «duplice condizione» di equità orizzonta-
le (diversità nei confronti del rischio di mutamento normativo e diver-
sità nel trattamento di soggetti uguali) ha portato a conseguenze
aberranti e incredibilmente inique nel caso italiano. Ad esempio sog-
getti che hanno maggiore età anagrafica, maggiore anzianità contri-
butiva, stesso rapporto di lavoro (iniziato in certi casi dagli uni prima
degli altri) e (conseguentemente) maggiori contributi di altri possono
non avere diritto nel futuro immediato (ma anche in quello meno
immediato) ad alcuna «prestazione previdenziale» garantita invece a
questi ultimi. I quali fra l’altro possono aver già goduto (al contrario
di quelli!) di numerose prestazioni previdenziali.
    Il problema, formulato in maniera un po’ più astratta e precisa è
quello della riscrittura, a gioco iniziato, delle regole previdenziali per
due insiemi di soggetti ognuno dei quali ha operato scelte che sono
«irreversibili» praticamente alla stessa maniera. L’analogia fra le situa-
zioni potrebbe addirittura trasformarsi in completa uguaglianza se
un’appropriata norma atta a consentire eventuali rientri fosse posta in
essere. Ma anche in assenza di essa non si vede assolutamente perché i
rischi connessi con i mutamenti normativi (mutamenti che andranno,
perciò, a regolare fatti futuri) non debbano essere ugualmente soppor-
tati da tutti i soggetti, cioè perché per alcuni il rischio di mutamento
non possa e debba configurarsi. Se i diritti (in senso lato, cioè anche
quelli relativi ai trattamenti) nascono da norme e le norme possono (e
devono!) essere mutate non si vede perché tutte le norme in grado di
realizzare l’obiettivo prefissato (cioè il risparmio di spesa) non possa-
no (e debbano!) prima essere individuate e poi cambiate in maniera
coerente e conforme e, per ciò che riguarda soggetti uguali, uguale.
    La situazione opposta porterebbe al configurarsi di due tipi di
«diritti»: quelli acquisiti dai soggetti cui alcune norme hanno promes-
so un certo trattamento previdenziale e quelli «acquisiti» da altri sog-
getti cui altre norme «hanno promesso» (per modo di dire natural-
mente) qualcosa che in qualunque momento è in procinto di attenuar-
si o, addirittura, di scomparire. Bisognerebbe naturalmente spiegare 40

—————————————
⁴⁰ Ma l’onere della prova non può non spettare a quelli che sostengono, direttamente
o indirettamente, che il modo di procedere corretto e equo è quello di considerare
separati i due insiemi b) e c).

160
F. GIOVANNONI, LA RIFORMA PREVIDENZIALE. ANALISI ECONOMICA DEL MUTAMENTO ...

perché debba esistere una tale duplicità di norme che regolano la previ-
denza (quelle, per dir così, di serie A e quelle di serie B) e quale sia la
«logica» che fonda tale differenziazione. O, per dirla in altri termini
ancora, occorrerebbe mostrare dove la discriminazione trovi fonda-
mento, quali, cioè, siano le regole (o i principi) di equità che la sorreg-
gono (ovvero, ma si fa sempre per dire, la giustificano). Se vogliamo
porre il quesito in forma di domanda: perché la logica delle attese futu-
re e dei rischi connessi con i mutamenti dovrebbe limitarsi solo ad alcu-
ni individui se sotto il profilo delle scelte e del loro grado di reversibilità
la situazione è analoga? Perché l’insieme delle norme che regolano le
condizioni (previdenziali) dei lavoratori in servizio può essere modifica-
to e quello che regola le condizioni dei pensionati non può esserlo? 41
    Il fatto che un tale «fondamento equitativo» non sembra esistere
non significa naturalmente che una spiegazione, per la discriminazio-
ne, non possa essere trovata, come sarà brevemente chiarito più avanti.
2.7. Due aspetti negativi delle riforme
    Strettamente connesso con il fatto di aver operato in maniera tan-
to assurdamente discriminatoria c’è un altro aspetto di indubbio inte-
resse che pur non riguardando l’equità, evidenzia la irragionevolezza
della scelta: è un aspetto certamente negativo e può, perciò, conside-
rarsi come un altro elemento a sfavore di essa. Se, infatti, l’obiettivo è
il risparmio di «spesa pensionistica» ogni fattore che, direttamente o
indirettamente, contribuisca a farla crescere non può essere giudicato
in maniera positiva. Nello specifico contesto di interventi di riforma
che si ripetono, la discriminazione fra l’insieme dei diritti (intesi nella
loro globalità, comprensivi cioè dei trattamenti) dell’uno e dell’altro
gruppo di soggetti (con «acquisizioni» vere per c) e non vere per b))
ha, infatti, stimolato, con ogni probabilità, l’uscita anticipata dall’uno
(quello dei soggetti con diritti acquisiti per modo di dire) e l’entrata
nell’altro (quello dei soggetti con veri diritti acquisiti) da parte di chi
sarebbe altrimenti rimasto. Questo fenomeno di autoselezione avreb-
be, invece, avuto direzione più conforme all’obiettivo del risparmio 42
in presenza di scelte di fondo diverse (ad esempio del tipo di quella
suggerita più oltre) pur nel caso di interventi di riforma ripetuti 43.
    Un altro elemento funzionale, invece, a una miglior comprensione
delle iniquità della linea d’intervento seguita è il seguente, relativo

—————————————
⁴¹ Verrebbe anche da chiedersi se mai in una «posizione originaria» (in cui i giudizi eti-
ci dovrebbero più facilmente manifestarsi) si sceglierebbero regole costituzionali che
permettono un’evoluzione della normativa per cui una siffatta discriminazione fra sog-
getti sia consentita: ma questo pare un discorso piuttosto complesso.
⁴² È implicitamente assunto che, nel breve periodo, l’uscita anticipata faccia crescere
la spesa.
⁴³ Si veda O. Castellino, 1998, pagg. 26-27, dove il fenomeno è descritto e valutato con
chiarezza ed efficacia.

                                                                                     161
Puoi anche leggere