La PHOTOGRAPHING ART di Franz Egon von Fürstenberg

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La PHOTOGRAPHING ART di Franz Egon von Fürstenberg
La PHOTOGRAPHING ART di Franz
Egon von Fürstenberg
di Cristina T. Chiochia Ci sono momenti privilegiati nella
vita di ognuno. Saperli cogliere e poi renderli fruibili anche
ad altre persone, invece è compito di pochi. Durante la
settimana dell’arte a Milano (Milano Art Week) si è svolto
presso     lo spazio di ASsab One un incontro dal
titolo “Photographing Art di Franz Egon von Fürstenberg” dove
il presidente di ASsabo One, Elena Quarestani, in
conversazione con Adelina von Fürstenberg, curatrice
internazionale e produttrice indipendente, Pasquale Leccese,
Gallerista, Angela Vettese, storica dell’arte Gianluca
Winkler, vice-presidente di Art for the World Europa, hanno
proposto una sorta di tavola rotonda.
Dalla sua nascita questo spazio si è distinto per offrire
agli artisti un luogo “non convenzionale di ricerca e di
espressione e, al pubblico, la possibilità di avvicinarsi ai
processi dell’arte in un contesto favorevole al dialogo.
Attraverso un’attività che spazia dalla produzione di mostre,
di eventi culturali e di progetti artistici e nella
convinzione che la cura e la bellezza siano valori
fondamentali per gli individui e per la società”, come si
legge nella loro presentazione. Anche in questa iniziativa è
stato integrato un progetto di cultura con un valido strumento
di indagine del presente che, grazie alla presenza di Egon von
Fürstenberg e di altri artisti quali Riccardo Arena, Stefano
Boccalini, Marta dell’Angelo, Mikalyel Ohnajanian, Remo
Salvadori ha offerto un momento di condivisione per tutti i
presenti sulle fotografie e sul senso della memoria e del
tempo, in un arco temporale di circa 45 anni.
In particolare “Photographing Art” presenta una selezione di
fotografie scattate dal fotografo messicano-tedesco Franz Egon
von Fürstenberg tra il 1974 e il 2018.            Una memoria
imperdibile del mondo dell’arte contemporanea, delle emozioni,
dei rapporti, dei momenti di gioia e di fatica, degli
incontri, delle relazioni, del senso di appartenenza a una
comunità e al contempo della solitudine creativa dell’artista.
Sono momenti spesso sfuggiti alle cronache, ai media, ai
La PHOTOGRAPHING ART di Franz Egon von Fürstenberg
cataloghi e alla storia dell’arte, ma catturati da un
osservatore che ha seguito da vicino l’evoluzione della
ricerca contemporanea grazie al rapporto con sua moglie, la
curatrice Adelina Cüberyan von Fürstenberg, che ha dato vita
ad alcuni dei momenti più belli dell’arte internazionale. Egon
ha testimoniato con la sua macchina fotografica quel che
accade in quel mondo dell’arte, non l’ufficialità, non la
facciata delle cose, ma lo spirito che ha fatto fiorire l’arte
e gli artisti. Tenendo d’occhio ogni idea, dettaglio o
movimento, ogni attimo atteso o imprevisto, la macchina
fotografica di Franz Egon von Fürstenberg riprende l’istante,
la fluidità del momento in cui la persona reale è libera e
naturale, non inquadrata o in posa come un personaggio famoso.

Ma l’incontro è andato oltre. Grazie al desiderio di
rappresentare il concetto di “personalità” il volume edito da
Skira Editore ha permesso anche di avvicinarsi in una sorta
di zoom al concetto di “interessante”. Cosa è insomma
interessante? Sia che si tratti di Andy Warhol, Joseph Beuys,
Marina Abramovic o Jannis Kounellis, fino ad arrivare Mario e
Marisa Merz o Chen Zhen, il volume di Skira coglie quello che
significa essere. Lavorare ed assistere in un contesto
favorevole all’arte contemporanea ed al design. Memorie e
frammenti che si uniscono in un unico volume e che
contribuiscono visivamente tramite l’arte fotografica a
comprendere modi ed origini, sensi e connessioni in contesti
di sviluppi tra generazioni tra di loro molto distanti. Mondi
che si incontrano come universi. E che si accolgono, come
l’evento milanese ha significato.
La PHOTOGRAPHING ART di Franz Egon von Fürstenberg
Arte come progetto culturale.
Le Gallerie d’Italia a Prato
di Cristina T. Chiochia Ci sono posti privilegiati.
Sicuramente      il     bel    Palazzo      degli     Alberti
(storico palazzo gentilizio di Prato, situato nel centro della
città), è uno di questi. Dimora del XIII secolo con splendidi
loggiati ed aperture in alberese che, pur mantenendo intatto
l’aspetto quattrocentesco, venne modificato nei restauri del
secolo scorso. Sede storica della Cassa di Risparmio e
Depositi di Prato dal 1870 è ora di Banca Intesa San Paolo che
ne riapre ora al pubblico, tutti i fine settimana, la Galleria
a partire dal 25 Marzo 2022. Capolavori, oltre 90, tra cui
Bellini, Bronzino, Caravaggio e Filippino Lippi. Un grande
sforzo espositivo, curato da Lia Brunori con passione. Con
visite ad ingresso gratuito ed apertura nei giorni festivi di
sabato e domenica,     la prenotazione è possibile online
direttamente dal sito delle Gallerie d’Italia.
Un dono per una città come Prato con una forte identità
artistica ma che sta cambiando volto. Aprendosi in modo
poderoso alla cultura, oltre al famoso polo culturale del
Pecci, anche alla conservazione dei proprio capolavori
identitari. “È con particolare orgoglio che oggi offriamo a
Prato ed a coloro che la visitano la possibilità di accedere
ad un nuovo ambiente espositivo ricco di opere, capolavori e
di un’importante parte della storia di questa città. Un
patrimonio culturale che come Intesa Sanpaolo siamo
particolarmente lieti di essere riusciti a valorizzare,
rispettando l’impegno preso nel 2018 con meticolosa attenzione
all’identità, alla cura e tutela del patrimonio, alle
specificità che questo territorio esprime”, la dichiarazione
di Luca Severini, Direttore Regionale per Toscana e Umbria di
Intesa Sanpaolo.
Terminato infatti il grande lavoro di ristrutturazione ecco un
tesoro architettonico della città, si offre per essere vissuto
dai suoi abitanti oltre che dai turisti e fare di Prato con
visite guidate, quasi un nuovo fulcro di un progetto culturale
più ampio per questa città ed unico, fatto di arte. Prato ed
il suo territorio. Al fine di darne davvero valore con le sue
La PHOTOGRAPHING ART di Franz Egon von Fürstenberg
tradizioni, a solo titolo di esempio, come quella della
Madonna della Cinta, reliquia più famosa di Prato e conservata
nel suo Duomo e nelle Gallerie con una sezione a lei dedicata.
Come recita il comunicato stampa: “grazie al dialogo con Banca
Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A., il Comune di Prato e la
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la
Città Metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e
Prato, è stato possibile consentire la riapertura a beneficio
della collettività, in linea con i principi di Progetto
Cultura di Intesa Sanpaolo. Centrale l’obiettivo della tutela
del patrimonio artistico: oltre al progetto architettonico –
in accordo con Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A. e
con la Soprintendenza – sono stati realizzati importanti
interventi di conservazione sulle opere.
Oggi la Galleria di Palazzo degli Alberti inaugura con un
allestimento che si pone in continuità con il precedente con
spazi maggiori e più funzionali al percorso di visita. La
collezione consiste in 142 opere, 90 in esposizione e le
restanti in deposito, tra cui beni di particolare pregio come
i capolavori di Giovanni Bellini, Caravaggio, Filippo Lippi,
oltre a opere di Puccio di Simone, Bronzino, Santi di Tito,
Poppi, numerose e prestigiose opere del Seicento fiorentino e
un cospicuo numero di sculture di Lorenzo Bartolini, artista
di Prato attivo nella prima metà dell’Ottocento […]”. Un
grande sforzo espositivo che è anche un grande successo per il
territorio. Ne è un esempio l’ordine cronologico dei
capolavori della Galleria stessa e la presenza , come si
diceva precedentemente, di una sezione anche della devozione
pratese della Sacra Cintola di Maria (presente in Galleria
quella realizzata per l’oratorio dei Vivorati sul Cantaccio da
Santi di Tito nel 1600)che si diceva miracolosa (San Tommaso,
incredulo per l’assunzione della Vergine in cielo, trovò solo
la cintura del suo abito da quel momento, venne conservata ed
approdò a Prato, dove che divenne, nei secoli, devozione delle
donne desiderose di avere un figlio. Un museo unico. Sul
territorio. Per il territorio. Con il nuovo attesissimo
allestimento, per tornare a “vivere la bellezza” e l’arte come
un vero progetto culturale. Un successo.
La PHOTOGRAPHING ART di Franz Egon von Fürstenberg
Sorolla: quando l’arte di un
grande artista della pittura
si tinge di sole spagnolo
di Cristina T. Chiochia Il “pittoresco” spagnolo non è facile
di definire. Forse per questo, essendo cambiato il mondo
spagnolo, oramai “pronto” per Picasso ed il cubismo, fu presto
dimenticato. Dovettero passare molti anni fino alla sua
riscoperta, con il nuovo millennio. Forse perché Sorolla ed il
“suo mondo” era un modo di sentire la vita, un sentimento che
nelle due guerre venne spazzato via, troppo in fretta. Fatto
prima di buio (il suo realismo, come la fotografia della
società) e poi di luce accecante (il suo luminismo). Quasi di
una ossessione per la vita contemporanea per lui, compresa
solo da chi , come lui, gli era contemporaneo, ma che risulta
ora nel suo essere tipicamente spagnola di quegli anni: dalla
siesta silenziosa post prandiale e dalla luce, accecante, del
cielo andaluso. La mostra che si sta svolgendo a Palazzo
Reale a Milano è un modo per vedere (o rivedere) con le
emozioni che evoca, il “tanto paesaggio spagnolo” che fa amare
ora questo paese e non solo come meta turistica, ma anche come
filosofia di vita: luce e vita.
JOAQUIN SOROLLA PITTORE DI LUCE L’opera di Joaquín Sorolla
(nato nel 1863 e morto nel 1923), diventa in questa mostra a
Milano dal titolo “Joaquin Sorolla: pittore di luce” e
visitabile sino al 26/6/2022, un straordinario esempio della
pittura spagnola moderna esportata nel mondo prima della
rivoluzione di Picasso come idea di luce nel colore “bianco
assoluto”. Come recita il comunicato stampa: “per la prima
volta in Italia, a Palazzo Reale dal 25 febbraio al 26 giugno,
un’esposizione monografica ripercorre la ricca e fortunata
produzione artistica del grande pittore spagnolo Joaquín
Sorolla y Bastida (Valencia 1863-Cercedilla 1923).
UN ARTISTA TRA I MASSIMI RAPPRESENTATI DELLA PIUTTURA IBERICA
A CAVALLO TRA OTTOCENTO E NOVECENTO Poco noto al pubblico
italiano, Sorolla è stato uno dei massimi rappresentanti della
moderna pittura iberica a cavallo tra Ottocento e Novecento,
contribuendo in modo determinante al suo rinnovamento e
aprendola al clima della Belle Époque. Tra gli artisti più
amati e apprezzati del suo tempo sia per la grande qualità
tecnica che per il carattere umile e benevolo, Joaquín Sorolla
ottiene una fama che travalica ben presto i confini nazionali,
partecipando e ottenendo prestigiosissimi premi alle grandi
manifestazioni internazionali. Sarà però l’ambito Grand Prix,
ottenuto alla nota Esposizione Universale di Parigi nel 1900,
a lanciare la sua pittura di luce e colore definitivamente
sulla scena internazionale. A Londra nel 1908 viene acclamato
come “il più grande pittore vivente al mondo”.
INNOVATORE DELLA PIUTTURA ESPRESSIONISTA      PROTAGONISTA NEL
RALISMO SOCIALE SPAGNOLO       Pittoresco spagnolo quindi,
innovatore della pittura espressionista spagnola, ha dipinto
più di 2000 opere. Legato profondamente all’ Italia, dove
visse e si formò con borse di studio (ad Assisi e partecipando
a varie Biennali a Venezia oltre che alla Esposizione di Roma
del 1911), si distinse sempre per l’uso della luce en plein
air, delle spiagge spagnole. Capolavori colmi di elementi
atmosferici, colti con mano veloce ma mai fugace in
opportunità quasi fotografiche di chi osserva in pennellate
veloci e pastose di cui la pittura di Sorolla dà spesso conto.
Capolavori   indiscussi per comprendere la liricità del suo
lavoro, nella prima e terza sala della mostra, le celebri tele
di “realismo sociale” spagnolo con cui alla fine del
diciannovesimo secolo veniva spesso definita per quell’idea di
una “povertà feudale” di cui spesso erano “vittime” i giovani:
prostituzione, sifilide, tubercolosi. È a questo popolo di
innocenza che dedica spesso le sue tele come nel caso di
“Tratas de Blancas” del 1895 sulla prostituzione spagnola
delle adolescenti   o la “Triste Herencia” del 1899.
LA FMAIGLIA AL CENTRO DELL’OPERA DI SOROLLA Un realismo
sociale che lascia spazio alla luce e la freschezza del mare,
in tutte le sue forme, visione di un Joaquín Sorolla pittore
che vuole raccontare la luce anche attraverso una gioventù
spensierata, colta nei giochi in riva al mare. Un pittore che
racconta, come recita il comunicato stampa “attraverso circa
60 opere la straordinaria evoluzione artistica di questo
pittore ambizioso e determinato, che ha fatto dell’arte la sua
ragione di vita. Accanto al profondo amore per la pittura,
tuttavia, Sorolla ha sempre accompagnato un ancor più intenso
legame con la sua famiglia, il suo soggetto prediletto. In
molte delle sue splendide tele, Sorolla racconta l’amore per
la sua Clotilde, moglie, musa e vera compagna di vita, e per i
tre figli, María, Joaquín ed Elena. Un legame che nutre la sua
ispirazione e guida la ricerca verso la “verità” dell’immagine
da riportare sulla tela, la quale può essere generata solo da
una reale partecipazione e un’intensa emozione” . Pittore
dedito al “luminismo” facendolo diventare un modo di esprimere
la sua appartenenza alla terra spagnola.
UNA MOSTRA PREZIOSA PER CHI AMA LA       SPAGNA E NON SOLO Un
pittore proposto in mostra come perenne scoperta: dagli esordi
negli anni Ottanta dell’Ottocento a Valencia, che si commuove
con il colore della musica del cielo e del mare, fino alla
sua morte, sopraggiunta nel 1923. Sorolla ha sempre davanti
gli occhi il mare. L’azzurro. Fino alla luce del cielo, come
una esplosione di fuoco vivo, come scriveva lui in una
lettera, indirizzata alla moglie. Grazie anche al bel
catalogo, edito da Skyra, la mostra prone un po’ tutte le
tematiche del pittore suddiviso in sezioni tematiche tra cui
lo sguardo sulla realtà, i ritratti, i giardini e i riflessi
di luce, il mare, i tipos e gli studi classici. Una mostra
preziosa. Dove vengono esposti anche piccole meraviglie tra
cui una piccola veduta di Toledo e del cielo atmosferico su
Segovia: piccoli quadri di vera poesia che mostra come la
pittura sia uno stato d’anima. Nella piccola veduta di Toledo,
la sagoma umana in primo piano offre la riflessione sul
movimento. Dipende dal motivo e dal momento. La pennellata è
il momento della vita del pittore. E’ azione. Quella su
Segovia invece, il pittore che gioca con il tempo atmosferico
come quello ideale. Ed il tempo cambia. Velocemente.
Una mostra per chi ama la Spagna e ne ha fatto esperienza
diretta, vissuto come “tempo prezioso”, o chi desidera farla.
L’arte di un grande artista della pittura spagnola che si
tinge di luce. Il progetto nato dalla collaborazione con molti
musei, tra cui il Museo de Bellas Artes di Valencia,
l’Hispanic Society di New York, la Galleria Internazionale
d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia, i Civici Musei di
Udine, Musei di Nervi Raccolte Frugone.            Patrocinata
dell’Ambasciata di Spagna in Italia, del Consolato Generale
spagnolo a Milano, dell’Ente del Turismo spagnolo.
La nobiltà e l’eccellenza
delle donne nella mostra di
Tiziano e l’immagine della
donna
di Cristina T. Chiochia La donna. La sua immagine. La sua
volontà. Si. Ci sono linguaggi che solo una donna padroneggia.
E corde che solo una donna può toccare. Per questo i quasi
50 dipinti esposti in questa nuova mostra a Palazzo Reale a
Milano la celebrano come creatura nella cultura del
cinquecento veneziano.     Non sono solo dipinti “esposti”
quindi, testimonianza di una cultura nella Repubblica Marinara
per eccellenza, ma che si espongono, in quanto donne. Mostra
del Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e Skira Editore in
collaborazione con Kunsthistorisches Museum di Vienna a cura
di Sylvia Ferino ecco che     la mostra Tiziano e l’immagine
della donna nel cinquecento veneziano “si offre come un
viaggio.
Con ritratti dipinti da uomini, il più celebre Tiziano, dove
si espongono donne amate, volute, desiderate, ammirate,
celebrate, come un inno alla vita. Tutte meritevoli di un
alloro, tanto che è presente in mostra anche il capolavoro
“Laura” del Giorgione, ma che     si espongono anche con la
ricchezza delle vesti (in mostra il celebre abito che Capucci
nel 1994 fece in omaggio di Isabella d’Este) e dei gioielli
(splendide le collane e il curioso anello nuziale a due
twist), o come celebri letterate: scrittrici e poetesse in ben
oltre 100 opere tutte esposte in una sorta di percorso
emozionale “a tappe” e tra gli altri, anche i celebri
capolavori in prestito che alcune settimane fa , causa i
recenti sviluppi del conflitto Russo – Ucraino, che sta
violentando le coscienze umane europee (una guerra è mai stata
voluta da una donna?), era oggetto di richiesta, poi
annullata, di essere restituiti. Come recita il comunicato
stampa insomma, Palazzo Reale “apre il 2022 con una grande
mostra dedicata all’immagine della donna nel Cinquecento nella
pittura del grande maestro Tiziano e dei suoi celebri
contemporanei quali Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio,
Veronese e Tintoretto, dal 23 febbraio al 5 giugno 2022.
Circa un centinaio le opere esposte di cui 47 dipinti, 16 di
Tiziano, molti dei quali in prestito dal Kunsthistorisches
Museum di Vienna, cui si aggiungono sculture, oggetti di arte
applicata come gioielli, una creazione omaggio di Roberto
Capucci a Isabella d’Este (1994), libri e grafica.
“L’esposizione – afferma la curatrice – aspira a riflettere
sul ruolo dominante della donna nella pittura veneziana del
XVI secolo, che non ha eguali nella storia della Repubblica o
di altre aree della cultura europea del periodo. La struttura
portante dell’esposizione affronta in otto sezioni un
argomento eternamente valido ma anche completamente nuovo,
presentando l’immagine femminile attraverso tutto l’ampio
spettro delle tematiche possibili e nel contempo mettendo a
confronto gli approcci artistici individuali tra Tiziano e gli
altri pittori del tempo”.
Un viaggio emozionale dove donne apparentemente lontane tra di
loro dialogano in un muto assenso della classificazione di
“bella veneziana”. Ma chi erano? Tra sante ed eroine,
divinità, miti ed allegorie, i volti delle modelle veneziane
del tempo, spesso idealizzate ed enfatizzate diventano
raffigurazione delle bellezza muliebre       che va oltre la
ricerca della bella donna: diventa un modo per equipararla ,
come una sorta di “pari opportunità” all’altra metà del cielo,
che in estrema sintesi potrebbe sintetizzarsi nel titolo del
libro, esposto in una teca dedicata ai libri scritti da
autrici femminili del periodo in mostra, di Lucrezia Marinelli
: “La nobiltà et l’eccellenza delle donne, co’ i difetti et
mancamenti de gli uomini”.La pittura veneta e la sua scuola
che va quasi “oltre” a Tiziano dove è la personalità femminile
ad eccellere e qualificarsi. Come e più di quella maschile
che, appunto, gli è solo per difetto.
Grazie poi al bel catalogo, con approfondimenti interessanti
tra cui “L’arte de’ cenni di Giovanni Bonifacio” del 1616 che
ha gettato nuova luce in una sorta di enciclopedia dei gesti,
nella mostra è possibile ammirare una intera sala dove i
capolavori e le sue muse non vengono più considerate come
cortigiane ma come mogli devote che mostrano i seni, perfetti,
come suggello nuziale. Ma è cosi? Chissà. Creatura nobile ed
eccellente, la donna proposta nell’immaginario cinquecentesco,
a Venezia. Guardando la “Laura” di Giorgione, diventa una
certezza: rimane però la dolcezza del gesto, nell’indossare
una pelliccia maschile ed uno sguardo profondo e dolce tipico
femminile, con dietro il lauro come unica riflessione di una
celebrazione d’amore e di grande rispetto. Una mostra,
prodotta da Comune di Milano e Skira Editore con la
partnership di Fondazione Bracco, che si offre come un vero
percorso emozionale sui capolavori di quei tempi.

Marc Chagall ovvero l’incanto
della sua pittura. Una storia
di due mondi al Mudec
di Cristina T. Chiochia Una mostra, quella che si è inaugurata
in questi giorni a Milano presso il museo del Mudec e
proseguirà sino al 31 Luglio 2022, che è anche un modo per
approcciarsi a Marc Chagall in modo inedito, attraverso
l’incanto della sua pittura. Curata dall’Israel Museum di
Gerusalemme affronta l’opera di Marc Chagall da un punto di
vista nuovo ovvero, come recita il comunicato stampa:
“collocandola nel contesto del suo background culturale,
grazie alla straordinaria collezione nell’Israel Museum, che
presenta in mostra una selezione di oltre 100 opere donate per
la maggior parte dalla famiglia e dagli amici di Chagall.
IL PROGETTO ESPOSITIVO Il progetto espositivo è dedicato in
particolare ai lavori grafici di Chagall e alla sua attività
di illustratore editoriale. La mostra ripercorre alcuni temi
fondamentali della vita e della produzione dell’artista: dalle
radici nella nativa Vitebsk (oggi Bielorussia), descritta con
amore e nostalgia nella serie Ma vie, all’incontro con l’amata
moglie Bella Rosenfeld, della quale illustrò i libri Burning
Lights e First Encounter, dedicati ai ricordi della vita di
Bella nella comunità ebraica, pubblicati dopo la morte
prematura della donna e di cui in mostra sono esposti i
disegni originali”. E basta visitarla per rendersi conto di
tutto l’incanto che tutto questo produce.
I DIVERSI MONDI DELL’ARTISTA Chagall, come ben evidenzia il
catalogo realizzato da 24Ore Cultura Editore e completo in
ogni sua parte, è uno degli artisti più amati del Novecento.
Forse per il suo essere così traversale ad ogni cultura diviso
tra mondo russo ebraico, francese ed europea in generale. Lo
spettatore della mostra è accolto da un bell’allestimento,
suddiviso in sale che segnano i periodi della vita del
pittore, adatto a grandi e piccoli, interattivo e legato al
mondo onirico del pittore, ma anche alla sua realtà culturale:
parole, immagini, oggetti, legati a quello che nel corso della
vita di Chagall li ha mixati e resi unici, stabilendone
intersezione e gli accostamenti (nella prima sala infatti, ad
accogliere il visitatore è un piccolo abstract di oggetti
sacri , spesso rappresentati dal pittore nei suoi lavori). Via
via che si percorrono le sale, insomma, ecco a volte armonica
ed a volte distante, i vari “codici” di riferimento
dell’artista suggestivi e che rendono omaggio al tentativo di
interpretare un mondo, quello della fantasia di Chagall,
spesso legato esclusivamente alle suggestioni. Linguaggi
iconici, colorati, enfatizzati dalla lettura di chi guarda (se
adulto o bambino, per esempio), che afferma la sua componente
iconica di artista, in particolare nella sezione dedicata alla
“Francia, la nuova patria” dove si trovano anche i celebri
autoritratti: dove Chagall rimane sempre fedele a ogni aspetto
del suo personaggio, mentre sorride o fa una smorfia. E poi, i
suoi celebri colori: il suo inno alla vita. Ricchezza e
complessità di significati nei lavori dedicati alla Sacra
Bibbia ed evocativi, ironici e paradossali quelli per il
lavoro di Gogol,”Le anime morte”.
CHAGAL BAMBINO EBREO, MARITO E ARTISTA Infatti, come recita il
comunicato stampa: “i lavori esposti riflettono dunque
l’identità poliedrica dell’artista, che è al tempo stesso il
bambino ebreo di Vitebsk; il marito che correda di immagini i
libri dell’amata moglie; l’artista che illustra la Bibbia,
volendo rimediare così alla mancanza di una tradizione ebraica
nelle arti visive; e infine l’originale pittore moderno che,
attraverso l’uso dell’iconografia cristiana, piange la sorte
toccata nel suo secolo al popolo ebraico“. Una sorta di
biografia divisa tra mondo russo ebraico e Francia, insomma,
tra secolarizzazione e urbanizzazione mondi culturali e
materiali. Malinconia ed allegria che si fondano insieme nei
colori e nella ispirazione dell’amore. Quell’amore che rimane
da celebrare, come un volo come conseguenza di quel “non
essere legati a terra” o, forse “a una terra”. Sradicati.
Lasciandosi trasportare in un mondo sradicato dalla legge di
gravita. Ed in cui Dio è vivo e presente. Buono. Mentre
l’anima colma d’amore, fluttua nell’aria tra cerimonie
religiose, oggetti rituali tra fiori e l’immenso amore per la
moglie, Bella, che niente può offuscare.

La Caccia all’Uovo arriva in
Italia
Il primo villaggio italiano delle uova apre le porte il 19
marzo presso la Struttura Puravida a San Martino Siccomario in
provincia id Pavia e si preannuncia come una delle
destinazioni da vivere con tutta la famiglia in vista di
Pasqua.

L’idea nasce da una tradizione comune a Stati Uniti e   paesi
nordici, dove nel periodo che precede la Pasqua la dea Eostre
(Easter), raffigurata come un coniglio, dona uova alle persone
per simboleggiare la nascita di una nuova primavera. “L’easter
egg hunt“, la caccia alle uova colorate nascoste nel parco,
sarà organizzata nei weekend di Pasqua. Nel frattempo tutti i
weekend dal 19 Marzo fino al 1 Maggio (compresi il 18 e il 25
Aprile) sarà possibile visitare il villaggio e trascorrere
una giornata immersi nella natura di un parco di 35mila metri
quadrati partecipando a giochi con animazione, laboratori
creativi e percorsi didattici, sempre diversi ogni settimana:
gli alpaca, i rapaci, le api, il cioccolato, la caccia alle
uova e lo sheep dog.

Molte le novità: tra le collaborazioni siglate quest’anno da
PuraVida Farm, quella con il Museo Ovopinto di Civitella del
Lago (Terni) – museo unico al mondo, un piccolo gioiello nato
per raccogliere ed esporre tutte le uova dipinte messe insieme
dall’Associazione Culturale giovanile che da ben 23 anni
bandisce la Mostra Concorso Nazionale “Ovo Pinto” (uovo
dipinto, in dialetto). In questa cittadina l’antica usanza
contadina di dipingere le uova durante il periodo pasquale è
stata elevata a prestigiosa e raffinata arte – e quella con il
Museo di Scienze Naturali dell’Oltrepò. Quest’ultimo, diretto
da Silvia Guioli, racconta l’Oltrepò attraverso il suo passato
(archeologia e paleontologia) e attraverso le specie, animali
e vegetali, che lo caratterizzano. Entrambi i musei saranno
presenti con una selezione delle loro collezioni.

Direttrici di musei italiani
in una mostra fotografica
di Cristina T. Chiochia Si è svolta mercoledì 2 marzo dalle
ore 11.00 alle ore 13.00 presso il Palazzo Reale Piazza Duomo
12 Sala degli Arazzi primo piano l’anteprima per la
stampa della mostra fotografica RITRATTE Direttrici di musei
italiani che sarà aperta sino al 3 aprile 2022 . “Ritratte –
Direttrici di musei italiani” è sicuramente una mostra nella
mostra, un omaggio all’ essere donne che parla non solo di
curriculum vitae in poche righe di direttrici di musei
italiani importanti sparsi per l’Italia, ma anche di cosa le
ha spinte a fare questo lavoro, a prendersi cura del
patrimonio artistico nazionale e non, ma soprattutto, cosa
significhi “essere donna” nel mondo dei beni culturali in
Italia. Un viaggio, insomma, avvincente dove si scoprono
attraverso la fotografia, le “carte vincenti” che non devono
mai mancare ad una donna per avere successo. Un modo unico,
insomma, per festeggiare questa festa della donna, per
comprendere da una prospettiva avvincente, cosa sia il
patrimonio culturale in Italia, oggi.

La mostra promossa e prodotta da Palazzo Reale, Comune di
Milano Cultura e Fondazione Bracco sarà visitabile inoltre
gratuitamente . Come recita il comunicato stampa: “con questa
mostra Fondazione Bracco continua nel proprio impegno per
valorizzare  l’expertise  femminile presentando le
professioniste che dirigono i luoghi della cultura
italiani. Il progetto artistico con gli scatti d’autore
del fotografo Gerald Bruneau si colloca nell’impegno della
Fondazione per valorizzare le competenze femminili nei diversi
campi del sapere e contribuire al superamento dei pregiudizi,
così da incoraggiare una sempre più nutrita presenza di donne
in posizioni apicali. La mostra illumina vita e conquiste
professionali di 22 donne alla guida di primarie istituzioni
culturali del nostro Paese, una sorta di Gran Tour che tocca
14 importanti città italiane da Nord a Sud: da Trieste a
Palermo, da Napoli a Venezia per citarne solo alcune.

Il soggetto principale di “Ritratte” è la leadership al
femminile. I musei, “luoghi sacri alle Muse”, sono spazi
dedicati alla conservazione e alla valorizzazione del nostro
patrimonio artistico, custodi del nostro passato e laboratori
di pensiero per costruire il futuro. Inoltre, sono anche
imprese con bilanci e piani finanziari, che contribuiscono in
modo cruciale alla nostra economia. Dirigere tali istituzioni
comporta competenze multidisciplinari, un connubio di profonda
conoscenza della storia dell’arte e di capacità gestionali e
creative”. Una visione dove l’amore per i musei e soprattutto
i sentimenti che trasmettono, diventano quasi immediati.

Le fotografie, sparse per le sale ed in grandi dimensioni,
catturano lo sguardo e rendono le protagoniste quasi in
dialogo con il visitatore. Con i ritratti, insomma, a puro
titolo di esempio quello di Francesca Cappelletti, Direttrice
della Galleria Borghese di Roma o di Emanuela Daffra,
Direttrice Regionale Musei della Lombardia, la Fondazione
Bracco rende visibili e riconosce le competenze di tante donne
vincenti, declinando al femminile e sottolineando un movimento
necessario per la parità di genere. Inoltre, essendo da tempo
impegnata per contribuire alla costruzione di una società
paritetica, fissa immagini di donne vincenti che hanno
raggiunto posizioni sociali apicali dove essere donna, fa,
spesso, la differenza.

Come lo sguardo del fotografo Gerald Bruneau sottolinea : “Il
mio intento è stato quello di mettere in risalto, insieme
all’incommensurabile vastità e bellezza del patrimonio
artistico italiano, la bellezza di queste donne che si
impegnano quotidianamente per rimettere i musei al centro di
una proposta culturale elaborata in rete insieme ai soggetti
più rappresentativi delle realtà in cui sono immerse, invitano
alla partecipazione, stimolano confronto e pensiero
critico”, incarnando così un viaggio nella bellezza del
patrimonio culturale italiano attraverso gli occhi e l’aspetto
di chi li custodisce, la mostra prosegue idealmente il
progetto “100 donne contro gli stereotipi” (100esperte.it) .
Vera e propria narrazione complementare, le foto di Gerald
Bruneau, torna a fotografare per Fondazione Bracco dopo la
mostra fotografica “Una vita da scienziata” (con i ritratti di
alcune delle più grandi scienziate italiane, che da allora è
stata esposta non solo a Milano, Roma, Todi ma anche a
Washington, Philadelphia, Chicago, Los Angeles, New York,
Città del Messico e, per la festa della Donna , l’ 8 marzo a
Praga. Donne protagoniste. Ritratti professionali finalmente e
non glamour o pubblicitari e un museo, non solo ricorrenze per
ricordarlo. Se con una mostra fotografica, tanto meglio.

Gabbie d’oro, il singolo di
Emil Spada contro gli status
symbol
Gabbie d’oro è il nuovo lavoro di Emil Spada, giovane
cantautore emiliano con al suo attivo un ricco percorso
artistico. Gabbie d’oro nasce dal bisogno di comunicare che la
strada più difficile è sempre quella che, se compiuta con
logica e maturità, regala più soddisfazioni e serenità;
utilizzando linee melodiche e arrangiamenti contemporanei,
Emil vuole porre in evidenza, la superficialità legata alla
ricerca esasperata dell’apparire, dello status symbol, del
voler essere al centro dell’attenzione a tutti i costi.

Bellissimo             anche           il          videoclip
(https://www.youtube.com/watch?v=7HkKEJz3WrA),        la   cui
protagonista è una ragazza acqua e sapone, schiava della
società e dei suoi modelli, per la necessita di essere
accettata. È interpretata da Astrid Toh per la regia, Milo
Barbieri, che ha colto e rappresentato alla perfezione le idee
della sceneggiatura elaborata da Emil.
Come è nato Gabbie d’oro?

Era un periodo in cui facevo ascolti musicali davvero
eterogenei, passavo da Caparezza a Morricone, dalle colonne
sonore di film classici a produzioni indipendenti locali…
questa commistione di generi mi ha fatto ragionare sulla
enorme quantità di dati che ci viene costantemente proposta
ogni giorno, oltre alla superficialità con cui questi vengono
da noi interpretati e a nostra volta proposti.

Volevo racchiudere tutto questo in un brano, volevo qualcosa
che attirasse l’attenzione musicalmente e che, al contempo,
attaccasse questo modo superficiale di vivere solo per
apparire.

Anche per il videoclip, cercavo una ragazza acqua e sapone,
che cambiasse diversi outfit nella ricerca di accettazione da
parte della società, questa l’idea di base da cui sono partito
per realizzare la sceneggiatura. È nata l’idea di girare una
giornata tipo, tra shopping, di locali della movida, piscina…
L’’aggiunta della mano che prende la ragazza e la trasporta da
una location all’altra sottolinea la superficialità e la
rappresenta come una sorta di “oggetto”, per lanciare un
messaggio di disagio, quello che il mondo contemporaneo
sottintende, quello che ci fa ridere durante tutto l’arco
della giornata, ma essere tristi e depressi tra le mura
domestiche. Ovviamente devo ringraziare sia Milo Barbieri,
bravissimo regista che ha sopportato la mia puntigliosità e ha
colto appieno le idee proposte con la sceneggiatura sia
Astrid, bravissima interprete.

Come hai scoperto la tua passione per la musica?

Mi piace sempre raccontare che ascoltavo le audiocassetta dei
cantautori in auto con i miei genitori fin da piccolo, questo
è sicuramente stato un grande input per indirizzarmi verso la
musica; in realtà credo che la mia sia una passione innata,
perché già a 3 anni saltavo sullo sdraio in spiaggia, cantando
le canzoni estive in voga per intrattenere i bagnanti e i
vicini di ombrellone.

Poi a 13 anni ricevetti una chitarra ed un cd dei Queen come
regalo di compleanno e da li fu immediato amore.

Il tuo più grande sogno nel cassetto?

Nel corso degli anni ne ho già depennati tantissimi dalla
lista, oltre al fatto di collaborare con grandissimi musicisti
che calcano o hanno calcato palchi negli stadi e che
riconoscono la qualità dei miei brani, posso anche dire di
aver registrato le mie canzoni nello studio personale di Vasco
Rossi a Bologna e, quando ero un ragazzino, non me lo sognavo
nemmeno… ora di fronte a me c’è un nuovo progetto che sta
crescendo, spero che la musica e i concetti espressi possano
arrivare a più persone possibili; fare musica e vivere di
musica è già un sogno bellissimo.

E allora, quali sono i tuoi progetti futuri?

Con la mia etichetta PMS Studio, siamo già al lavoro sul
prossimo singolo, un brano progressive-rock che vanterà una
incredibile collaborazione a livello di videoclip, con un
altro settore artistico; per me è infatti una grandissima
emozione poter dar vita a questo progetto, che racchiude oltre
alla musica un’altra mia grande passione che è il fumetto.

Dopo questo singolo, si giungerà, se non ci saranno intoppi,
all’uscita del nuovo album, che racchiuderà in 8 brani, un
eterogeneità di generi e temi.

La realizzazione dell’album è infatti legata alla miriade di
ascolti fatti negli ultimi anni, che mi hanno portato a
scrivere brani in diverse chiavi, dal rock al pop, dalla
bossanova al crossover… sarà un album spartiacque col passato,
una sorta di partenza per un “Emil 2.0” che, conscio della
esperienza accumulata, vuole dar anelito ai suoi punti di
forza e migliorare in ciò che è carente.
http://www.emilspada.it

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https://www.youtube.com/c/EmilSpadaOfficial
La   croce   del    Giubileo:
Borromini dialoga con Lady Be
Lady Be reinterpreta l’opera di Francesco Borromini,
un’importante opera del 1625, eseguita dal mosaicista Giovan
Battista Calandra, La Croce fu realizzata su commissione di
Papa Urbano VIII Barberini, come sigillo della porta santa
dopo il Giubileo del 1625.

Quando Innocenzo X Pamphilij riaprì la porta santa per il suo
giubileo, nel 1649, ruppe simbolicamente il sigillo e ne fece
dono al cardinale nipote (nipote di donna Olimpia, Francesco
Maidalchini), e per questa via il piccolo mosaico venne
riposizionato sullo stipite della porta della chiesa, che era
divenuta la cappella privata dell’adiacente giardino di donna
Olimpia in Trastevere.
Il 4 Settembre verrà presentata a Roma in località Trastevere,
nella Chiesa di Santa Maria in Cappella, è l’opera più recente
della eco-artista Lady Be; l’ultima perla realizzata per un
progetto esclusivo realizzato per l’evento “Di là dal fiume”,
giunto alla quarta edizione.

L’opera rappresenta una croce ed è la reinterpretazione del
mosaico borrominiano presente nella stessa chiesa, ma con
materiali di recupero, ovvero oggetti di plastica di varia
provenienza usati in tutte le opere di Lady Be (tappi di
bottiglie, involucri, bigiotteria, cancelleria, giocattoli
vecchi, tubi, cavi elettrici).

L’opera è sagomata e fedele ai colori originali, che grazie
all’utilizzo della plastica risultano brillanti e decisi, la
composizione è ben equilibrata. Come nell’opera originale, è
presente la fronda d’ulivo simbolo dei Pamphilij, e la
particolarità che salta subito all’occhio è la presenza di 5
api (regine) attorno alla croce,     simbolo di laboriosità,
purezza, capacità di comando, di orientamento ed abilità nella
costruzione dei nidi con celle esagonali, scelte per
nobilitare il simbolo della famiglia. Sono presenti in tante
altre opere commissionate dai Barberini, tra cui il
Baldacchino dell’ altare maggiore di San Pietro.

Lo speciale eco-mosaico, di dimensioni 54 x 88 cm, verrà
presentato durante la visita guidata alla Chiesa, in Via Piero
Peretti 6     alle ore 11; la visita è su prenotazione
obbligatoria ed è necessario esibire il green-pass.

L’evento   si   svolge   nell’ambito   del   festival   curato
dall’Associazione Culturale Teatroinscatola, “Di là dal fiume”
il cui programma va dal 29 agosto al 5 settembre, ed offre
esperienze culturali insolite, gratuite e diffuse in luoghi
ogni volta differenti, con particolare attenzione al XII
Municipio di Roma.

Musica, incontri, installazioni, proiezioni, presentazioni
libri, mostre, fotografia, blitz urbani e biciclettate in
undici location, cui si aggiunge quest’anno un programma di
visite guidate presso quattro edifici di culto, come la Chiesa
a Trastevere in cui si svolge l’esposizione della preziosa
opera di Lady Be.

La “sfida” del festival è quella di portare in spazi ordinari
eventi di qualità, nell’idea di fondo che il riuso di strade,
edifici, piazze e aree della città mediante l’interazione con
le arti possa creare inediti luoghi di relazione, dove la
fruizione dell’evento da parte dello spettatore è spesso
casuale.

Il progetto è congeniale all’idea di Lady Be, che fa del
“riuso” il suo punto di forza, ed è ciò che consolida questa
collaborazione oltre alla presenza del mosaico.

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Infatti, dal 2019 Lady Be ha cominciato a portare la sua arte
in luoghi non espressamente nati per l’arte (ma fruibili
liberamente dal pubblico) realizzando maestose esposizioni;
dalla sua personale allestita all’Aeroporto di Milano Malpensa
(mostra    attualmente   visitabile)   all’esposizione
nell’Università di Pavia, alla presenza delle sue opere
sostenibili a Fiumicino nell’ambito di un evento organizzato
da Disney e Legambiente e nel backstage del Concertone del 1
Maggio a Roma.

L’idea è che l’arte vada verso lo spettatore, abbandonando
così gli asettici musei e altre realtà come gallerie d’arte e
altri luoghi frequentati soltanto da appassionati d’arte.

Il pubblico di grandi e piccoli da sempre apprezza molto le
opere di Lady Be. L’artista porta avanti questa attività da
più di 10 anni e lo fa per sostenere il suo importante
messaggio per l’ambiente, non sprecare ma trovare risorse e
alternative per utilizzare e smaltire correttamente tutti i
materiali, in particolare la plastica che è ciò che
attualmente provoca più problemi di inquinamento in
particolare di mari e oceani, andando a stravolgere l’intero
eco-sistema.

Gran parte del materiale che utilizza Lady Be nelle opere
proviene infatti dalla raccolta sulle spiagge, altro deriva
dalle scuole e da mercatini dell’usato. Gli oggetti vengono
consegnati inconsapevolmente dal popolo, e divengono tasselli
del suo speciale mosaico.

Nel caso della croce, è possibile vedere diversi pezzi di
materiale riconoscibile intero e spezzettato, per riprodurre
con minuzia e maestria i diversi dettagli della croce, dalla
presenza delle 5 api, al rosone di luce in alto, con sfumature
dorate ricercate nei materiali, alle foglie di ulivo con
diverse sfumature di verde.

Il mosaico borrominiano, infatti, leggermente minore di
dimensioni rispetto all’opera di Lady Be, è un minuzioso
lavoro di micro-mosaico, che a detta dei custodi è stato
apprezzato moltissimo anche dal critico Vittorio Sgarbi che,
avendo a disposizione poco tempo, ha voluto vedere solo quello
e ha scattato decine di foto.

Lo stesso critico d’arte che conosce da anni l’arte di Lady Be
apprezza molto anche i suoi mosaici, che nelle sue recensioni
ha definito “formidabili”; “sorprendenti figurazioni”.

Info e prenotazione visita

Tel 340.5573255

Email info@teatroinscatola.it

Sito www.teatroinscatola.it
NOBLE LUMIÈRE, Tina Sgrò a
Palazzo Nicolaci di Noto
L’Associazione Altera Domus procede con impegno e passione
nella sua missione artistica e culturale. Si è appena conclusa
con grande successo e affluenza di pubblico infatti la mostra
In questa luce di Francesco Lauretta, a cura di Pietro
Gaglianò, presso la Galleria Palazzo Nicolaci di Noto, ma ci
sarà ancora tempo invece per vedere Noble Lumière,
l’esposizione di Tina Sgrò presentata sabato 7 agosto nelle
sale di Palazzo Nicolaci, che, visto il boom di visitatori,
non finirà il 31 di agosto come previsto, ma sarà prorogata
fino al 30 di settembre.
Con questo percorso si dà vita a un ciclo pittorico di nove
tele che raffigurano delle stanze di rappresentanza collocate
al piano nobile, che ci parlano di “quella ‘nobile semplicità
e quieta grandezza’ di cui parlava Winckelmann.”, come ricorda
la curatrice della mostra Paoletta Ruffino, che poi prosegue
con parole illuminanti: “L’assenza della presenza umana è il
primo elemento straniante e tratto distintivo che rende
riconoscibile il suo linguaggio visivo. Nelle sue opere, non è
il materiale che diventa arte, ma l’immateriale: sono opere di
luce, e il motivo della finestra, da cui entra un fascio
abbagliante di luce, riflessa sul pavimento, è il solo
protagonista di ogni stanza dipinta.”

Come dice il titolo, l’elemento della luce è fondamentale in
queste opere. In tal senso afferma la stessa curatrice: “Nelle
tele della Sgrò affiora la stessa fascinazione della pittrice
per la luce: è una luce ‘nobile’, calda, rarefatta, filtrata,
che diventa mezzo espressivo per infondere forza alle immagini
e per tensionare lo spazio. I suoi ritratti d’interni sono
infusi di luce solare e caratterizzati da una immobilità che
si avvicina all’essenza e, nell’assenza, alla bellezza
dell’anima del luogo.”

Tina Sgrò è nata nel 1972 a Reggio Calabria, avvicinandosi
alla pittura fin da piccola. Si muove tra la Calabria e Milano
ed è presente in importanti Gallerie italiane. Nella sua
carriera ha ottenuto notevoli piazzamenti a vari premi,
vincendo per esempio il Premio Marchionni 2017 – a questo
arriverà anche in finale nel 2020 – nella sezione Grafica,
risultando finalista nello stesso anno al Premio Lynx, a
Trieste, mentre nel 2020 è stata finalista al Premio
Artelaguna e in virtù di questo una sua opera verrà esposta
presso le Nappe dell’Arsenale di Venezia nel 2021. Attualmente
è in corso una sua personale presso il Mart, Museo di Arte
Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

C’è ancora tempo allora per visitare Noble Lumière nelle
storiche sale di Palazzo Nicolaci, una mostra che attraverso
giochi di luce e colori sfumati ci parla di rimembranza,
eleganza e poesia.
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