La globalizzazione delle 5 principali case di moda e abbigliamento

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La globalizzazione delle 5 principali case di moda e abbigliamento
La globalizzazione delle
White paper           5 principali case di moda
                      e abbigliamento
Aprile 2017

                      Nel settore della moda e dell'abbigliamento, le passerelle hanno ormai conquistato il mondo
                      intero. La nascita di nuovi mercati estremamente promettenti e con grande potenziale ha
                      reso necessario far sfilare le nuove collezioni non solo a Parigi e Milano, ma anche a Pechino
                      e Mumbai.
ALPHA LTD
St Andrew's House
                      Quando si tratta di dover sviluppare un marchio a livello internazionale, il settore della
St Andrew's Road      moda è notoriamente spietato. Come fanno, quindi, alcuni brand a essere sempre sulla
Cambridge CB4 1DL     cresta dell'onda mentre altri affogano? In questa sezione abbiamo deciso di analizzare le
Regno Unito
                      cinque etichette di moda e abbigliamento più famose del mondo per capire il loro segreto.
   @thisisalphalive   Che si parli della velocissima "fast fashion" o di un brand che non ha nemmeno un reparto di
                      marketing, sono tutti modi eclettici, ma sempre trendy, di esplorare un segmento di mercato
thisisalpha.com       in costante evoluzione.
Nike: sempre sulla cresta dell'onda
Con un fatturato di 32 miliardi di dollari nel 2016, è attualmente il marchio di moda
più importante del mondo. Ma Nike non è sempre stato un gigante dell'abbigliamento
sportivo. Fondata nel 1964 con il nome di Blue Ribbon Sports, l'azienda ha mosso i primi
passi importando scarpe sportive realizzate da un produttore giapponese e rivendendole
presso un negozio a Santa Monica, in California.

Sette anni dopo, l'azienda ha cambiato il nome in Nike (la dea greca della vittoria) ed
è diventato uno dei marchi più importanti e influenti del settore a livello globale. Ma come
hanno fatto uno studente di economia e il suo coach universitario di atletica, che vendevano
merce nei bauli delle loro auto e avevano 1.200 dollari in banca, a conquistare i mercati
mondiali?

Durante tutto il periodo della sua ascesa verso l'olimpo, Nike ha sempre dato molta
importanza al valore del marchio. Il celebre "Swoosh", sviluppato nel 1971 da Carolyn
Davidson, studentessa di graphic design, è uno dei loghi più reclamizzati al mondo:
da solo vale la bellezza di 26 miliardi di dollari. In un'intervista rilasciata nel 1992 alla
rivista Harvard Business Review, il co-fondatore Philip Knight ha svelato qualche segreto
sull'approccio aziendale basato principalmente sul marchio:

"Per anni, ci siamo considerati un'azienda orientata alla produzione", ha spiegato. "Ora, invece,
abbiamo capito che la cosa più importante che facciamo è commercializzare il prodotto.
Gli elementi di design e le caratteristiche funzionali di un articolo sono solo una parte
dell'intero processo di marketing".

Gli slogan pubblicitari più famosi di Nike, come "Just do it" e "There is no finish line",
si riferiscono proprio a chiunque e vogliono attirare l'attenzione di tutti, senza considerare
le diverse culture o i diversi tipi di allenamento. Essere una fonte di ispirazione fa parte del
fascino globale del marchio. Nike sponsorizza diverse superstar del mondo dello sport
come Michael Jordan, Roger Federer e Cristiano Ronaldo, ispirando così tutti i loro fan.

Mentre la forza del suo marchio si fonda in parte sulla standardizzazione (gli spot pubblicitari
vengono, ad esempio, trasmessi in diversi mercati), Nike ha implementato innovative strategie
di localizzazione per poter garantire la presenza del brand anche nei mercati emergenti.

In passato l'azienda ha avuto difficoltà a entrare nel mercato cinese, registrando un inventario
invenduto e una risposta ben poco entusiasta al lancio di vari prodotti. Nike allora ha pensato
di reagire cercando di rendere il marchio più "raffinato", riducendo l'inventario e riposizionando
i negozi in modo da attirare la classe media cinese, sempre più in aumento.

Anche il design dei prodotti varia in base alla zona geografica: un modello di scarpa
lanciato a Shanghai presenta lo Swoosh accompagnato dal carattere cinese 申(shen1),
un'abbreviazione del nome della città di Shanghai, insieme al testo "Luwan Never Gone
310103", che fa riferimento a Luwan, l'ex distretto di Shanghai ora parte del più ampio
distretto di Huangpu, ma ancora visto da molti come la dimora spirituale della cultura
e della moda di Shanghai. Questo si è rivelato un posizionamento del prodotto abilmente
riuscito, poiché ha reso la scarpa un vero e proprio must-have per tutti i clienti di Shanghai
attenti ai trend e alla moda che non potevano assolutamente farsi scappare un articolo in
grado di combinare l'essenza globale del marchio al carattere esclusivo locale.

Con un aumento delle entrate compreso tra il 27 e il 35% nell'area della Cina tra settembre
2015 e aprile 2016, Nike ha chiaramente dimostrato il successo della sua strategia.

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Louis Vuitton: il lusso fa il giro del mondo
Se il diavolo veste Prada, gli angeli probabilmente vestono Louis Vuitton. Fondata nel 1854,
la maison, inizialmente specializzata nella produzione di bauli da viaggio, è stata protagonista
di un'ascesa decisamente celestiale. Ha ampliato la sua gamma di prodotti fino a includere
borse, gioielli, accessori e vestiti, diventando il secondo brand nel campo della moda più
importante al mondo, dopo Nike. Secondo Forbes1, l'azienda valeva, nel 2016, circa 27 miliardi
di dollari.

Nel corso degli anni, Louis Vuitton ha deciso di lanciare il suo marchio distintivo, sinonimo
di sofisticata eleganza, sul mercato globale, siglando collaborazioni con personaggi iconici
della cultura popolare, come Marilyn Monroe e David Bowie. Dal 2001 al 2009, i protagonisti
delle famose campagne pubblicitarie di Louis Vuitton sono stati top model o personaggi
famosi, tra cui Kate Moss, Naomi Campbell e Kanye West, solo per fare qualche nome.

Nel 2007, però, il brand decise di rivolgersi a un target più ampio e ideò la campagna
"Core Values", ingaggiando la fotografa delle star Annie Leibovitz per realizzare degli scatti
in grado di mettere in evidenza i valori di Louis Vuitton relativi al viaggio e all'artigianato.
La campagna vide come protagonisti personaggi famosi in vari settori. Il gruppo "Achievers
who changed things" era composto da un serie di personaggi che hanno fatto la storia,
tra cui gli astronauti Buzz Aldrin e Jim Lovell, l'ex premier sovietico Mikhail Gorbaciov,
la famosissima coppia di tennisti Steffi Graf e André Agassi e il ballerino Mikhail Baryshnikov.
Sbalorditiva sin dalla prima occhiata, la campagna suscitò nel pubblico forti emozioni,
contribuendo così a riconfermare il brand Louis Vuitton anche nei cuori delle nuove generazioni
del 21o secolo.

Nonostante la mentalità internazionale, Louis Vuitton è stata in grado di comprendere
la reale importanza della localizzazione per riuscire ad avere successo nei vari mercati
locali. Quando a metà degli anni novanta ha tentato di inserirsi nel mercato giapponese,
la maison ha immediatamente scartato l'ipotesi di aprire un negozio in una determinata
zona per la vendita al dettaglio destinata a un pubblico di fascia alta. Ha piuttosto optato
per l'apertura di un flagship store progettato dal famoso architetto giapponese Jun Aoki
e realizzato nella relativamente sconosciuta zona di Nagoya Sakae.

Aoki ha ideato un edificio nel quale ha combinato il minimalismo giapponese e lo stile
classico di Louis Vuitton. Il flagship store ha riscosso talmente tanto successo che Nagoya
Sakae è diventato il fulcro della distribuzione al dettaglio destinata alla fascia alta di Louis
Vuitton a Tokyo. Utilizzando l'architettura come canale comunicativo, la maison francese
ha ottenuto un grandissimo successo, riuscendo a promuovere il brand e offrendo ai nuovi
clienti un "prodotto localizzato"2.

1
     https://www.forbes.com/companies/louis-vuitton/
2
    	Bhakti Sharma "Globalisation and localisation: the high-end fashion retail perspective" in Retail Design ed. Ann Petermans
      and Anthony Kent, Routledge

3      La globalizzazione delle 5 principali case di moda e abbigliamento                                      thisisalpha.com
H&M: anche il fast fashion ha una
                 coscienza
Con più di 4.100 negozi presenti in 63 mercati, H&M è una potente multinazionale
della moda. Al 3o posto tra i marchi più influenti del settore dell'abbigliamento a livello
mondiale3, il brand svedese è diventato sinonimo di "fast fashion": capi alla moda a prezzi
accessibili.

Lo stile H&M continua a dettare legge. Nel 2017, l'azienda ha aperto 430 nuovi punti
vendita e si è insediata in cinque nuovi mercati: Kazakistan, Colombia, Islanda, Vietnam
e Georgia. Tuttavia, i primi passi dell'azienda sono stati piuttosto modesti. Fondato nel 1947
a Västerås, Svezia, il marchio si diffonde negli anni sessanta solo nei paesi confinanti, per
poi diffondersi in tutta Europa tra gli anni settanta e gli anni ottanta. Ma è solo all'inizio del
2000 che l'azienda attraversa l'oceano Atlantico e apre il suo primo negozio a New York,
proprio nella famosa Fifth Avenue, la Quinta Strada. Da quel momento si è insediata in altri
nuovi mercati estremamente promettenti in Medio Oriente e Asia.

Ma come ha fatto H&M a far continuare a suonare il registratore di cassa (e a far
aumentare i clic nei negozi online), stagione dopo stagione, in un settore così competitivo?
Secondo molti analisti, il motivo del suo successo sta nella semplicità di ciò che propone
il marchio. Da Stoccolma a Seul, la strategia di H&M è sempre la stessa: offrire capi
"cheap chic", alla moda e a un prezzo accessibile, acquistabili da una clientela esigente
ma attenta al budget.

E come ogni fashion victim sa bene, basta qualche scelta giusta per raggiungere le
stelle. Nel 1998, H&M ha iniziato a ingaggiare famose top model per le sue campagne
pubblicitarie e, da allora, ha lanciato collezioni e siglato collaborazioni con nomi di spicco,
della moda e non, come Stella McCartney, Karl Lagerfeld, David Beckham e Beyoncé.

Nonostante la gamma di prodotti in commercio sia pressappoco uguale in tutti
i mercati, H&M comprende l'importanza che ha un approccio di localizzazione in materia
di comunicazione. Nel 2011, ad esempio, ha lanciato una campagna di marketing
internazionale per promuovere la sua "Conscious Collection" al fine di incoraggiare
i clienti a sviluppare una coscienza, una consapevolezza sociale e ambientale e applicarla
anche al loro guardaroba.

Ovviamente la percezione del vero significato di sostenibilità ambientale e sociale
potrebbe variare considerevolmente da un paese all'altro. È quindi interessante vedere
come, nonostante la collezione sia la stessa, H&M localizzi il messaggio del marchio
in modo da riflettere i diversi contesti culturali. Nella versione inglese del sito Web,
l'attenzione è tutta rivolta al cotone biologico e a quanto possa risultare vantaggioso il
suo utilizzo da un punto di vista ambientale e per la sicurezza della manodopera. Nella
versione cinese, invece, l'attenzione viene posta su quanto è difficile produrre il poliestere
e sui vantaggi derivanti dall'utilizzo di poliestere riciclabile. Il messaggio globale rimane
lo stesso, ovvero che i capi possono essere alla moda e sostenibili allo stesso tempo, ma
l'attenzione viene spostata su diversi fattori, in base alla cultura. Stesso guardaroba H&M,
diverse scelte dei materiali.

3
    http://interbrand.com/best-brands/best-global-brands/2016/ranking/

4     La globalizzazione delle 5 principali case di moda e abbigliamento            thisisalpha.com
Zara: una nuova vita per l'abbigliamento
Da Madrid a Montréal e oltre. Il marchio spagnolo Zara ha affermato il proprio valore
aprendo punti vendita nelle vie della moda in tutto il mondo. La sua storia affonda
le radici nel 1975, quando Amancio Ortega aprì il primo negozio nella cittadina costiera
di A Coruña, nel nord-ovest della Spagna.

Ora, più di quarant'anni dopo, conta oltre 2.100 negozi presenti nelle città di ben 88 paesi
di tutto il mondo. Nel 2016, è stata classificata da Interbrand al quarto posto tra i marchi di
abbigliamento più importanti, con un valore stimato di circa 16,8 miliardi di dollari4. Ortega nel
frattempo è diventato il secondo uomo più ricco del pianeta, inserendosi tra Bill Gates al primo
posto e Warren Buffett al terzo. Senza alcun dubbio, ha scelto la strategia aziendale giusta.

Come ha fatto, quindi, questo brand a entrare nell'olimpo dei marchi di moda più potenti del
mondo, riuscendo a spodestare anche rivali più affermati come Gap e Abercrombie & Fitch?
Molti hanno attribuito tale successo al business decisamente non convenzionale di Zara,
un modello che ha consentito al marchio di portare il concetto di "fast fashion" a un livello
superiore.

In parole povere, è tutta questione di tempi di produzione rapidi. Zara ha deciso di tenere le
scorte dei prodotti decisamente basse, ma di aggiornare spesso le collezioni. Mentre molti
marchi aggiungono qualche novità alle collezioni una volta ogni stagione, Zara riempie gli
scaffali di nuovi articoli due volte a settimana. I tempi di esecuzione tra la fase di progettazione
e il momento in cui gli articoli vengono messi in vendita nei negozi sono estremamente
brevi (in molti casi si parla di un paio di settimane); ciò significa che gli stilisti rispondono
praticamente in tempo reale ai trend, senza tentare di predirli con 12 mesi di anticipo.

Questo approccio basato sulla rapidità ha influito profondamente sul comportamento della
clientela. Con nuovi articoli forniti ogni settimana, l'acquirente è altamente incentivato
a tornare spesso in negozio e, poiché sa bene che le scorte terminano in fretta, si sente
ancora più motivato ad acquistare rapidamente.

Nonostante tutto, anche i pezzi grossi come Zara commettono passi falsi. Durante la
preparazione dell'apertura di un nuovo online store per il mercato della Malesia, Zara
decise di utilizzare campagne pubblicitarie in inglese sui social media più popolari, come
Facebook e Instagram, per creare un po' di fermento tra i giovani. Quando però i potenziali
clienti di Zara iniziarono a visitare il sito Web, rimasero delusi dal fatto che fosse scritto
completamente in malese e che non ci fosse l'opzione per poter scegliere l'inglese come
lingua di navigazione.

Da un punto di vista esterno, poteva sembrare che il marchio avesse effettivamente
soddisfatto le esigenze della clientela locale, ma la reazione sui social media dimostrò
l'esatto contrario. "Perché è scritto in malese?" o "Inglese, please!" sono solo un paio dei
commenti che si sono riversati sul Web. Il team che si è occupato del lancio non è stato
in grado di capire a fondo le necessità del proprio target. È vero che il malese è la lingua
nazionale, ma per la popolazione giovane che segue la moda e i trend e che costituisce
il target di Zara, spesso è l'inglese la prima lingua o comunque quella preferita. Quando
si parla di localizzazione, conoscere a fondo la cultura locale e la situazione attuale
è fondamentale5. Morale della favola: ora sul sito malese si può scegliere l'inglese come
lingua di navigazione.

4
    http://www.labbrand.com/brandsource/hm-conscious-collection-localizes-brand-messaging
5
    https://hotcopy.co/blog/zara-epicfail-malaysia-localization/

5     La globalizzazione delle 5 principali case di moda e abbigliamento                    thisisalpha.com
Hermès: il valore della tradizione
Nata a Parigi ma sfoggiata in tutto il mondo, Hermès è l'etichetta di moda di lusso che
vanta ben 180 anni di storia. Fondata nel 1837, l'azienda era inizialmente specializzata
in bardature e finimenti di alta qualità destinati all'élite, un lascito che ad oggi viene
ricordato nel caratteristico logo. Interbrand lo ha classificato quinto marchio di moda più
influente nell'elenco dei marchi più importanti a livello globale del 2016, con un valore di
12,8 miliardi di dollari6.

A differenza di alcuni dei brand nominati in questa top five, non è assolutamente possibile
utilizzare Hermès come un esempio di "fast fashion". Uno dei vanti di questa etichetta
è infatti la fedeltà dimostrata verso il modello di business di vecchia data, rifiutando
completamente la produzione di massa e la meccanizzazione. La maggior parte dei
prodotti Hermès viene infatti realizzata in Francia in laboratori di medie dimensioni
e molti articoli vengono prodotti da un'unica persona, dall'inizio alla fine.

Nel mercato del lusso, la globalizzazione non ha la stessa valenza che può avere nel
settore dei beni di largo consumo o nella distribuzione diretta. Per i clienti interessati
a questo segmento, vale il "principio della rarità" che afferma che saturare i nuovi mercati
con i propri prodotti equivale a svalutare il marchio. Infatti, dopo un periodo di rapida
espansione a livello globale negli anni settanta, dai primi anni novanta Hermès ha iniziato
a diminuire il numero di negozi in franchising e ad aumentare i punti vendita aziendali,
riuscendo così ad avere un maggior controllo sui prodotti e sul marchio.

Nel 2014, Hermès poteva contare 311 punti vendita in tutto il mondo, 207 dei quali
gestiti direttamente dall'azienda. Se paragonato ai grandi numeri registrati da Nike, H&M
e Zara, certo si parla di una cifra irrisoria, ma in questa realtà il fattore più importante
è chiaramente la qualità e non la quantità. Hermès non deve attirare le grandi masse, né
deve essere alla portata di tutti. La filosofia del marchio può essere sintetizzata in questa
affermazione dell'ex CEO Jean-Louis Dumas: "La nostra non è una politica di immagine,
ma di prodotto". E per dimostrare che l'azienda crede fortemente in questo concetto,
basta pensare che il quinto marchio più influente al mondo nel settore della moda non
possiede nemmeno un reparto di marketing.7 In fin dei conti, i prodotti si vendono da soli.

6
     http://interbrand.com/best-brands/best-global-brands/2016/ranking/
7
    	
     http://www.scmp.com/magazines/style/article/1581182/axel-dumas-ceo-hermes-says-true-luxury-does-not-always-
     have-depend

6      La globalizzazione delle 5 principali case di moda e abbigliamento                        thisisalpha.com
La strada verso la globalizzazione
La globalizzazione nel settore della moda deve assolutamente essere su misura.
Non esistono "taglie uniche". È necessario utilizzare diversi approcci in base ai vari
territori e ai vari marchi. L'unica, innegabile verità che funziona a livello internazionale
è che il messaggio del brand deve essere compreso perfettamente in tutti i mercati
di destinazione. La globalizzazione non comporta mai lo "sbiadimento" del marchio,
né significa tentare di entrare a forza in una cultura che non calza a pennello. Significa,
piuttosto, essere in grado di camminare su quella sottile linea che si trova tra il rispetto
della cultura e della lingua del nuovo mercato e la capacità di mantenere saldi gli ideali
caratteristici del marchio.

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