LA GESTIONE DELLO STRESS NEL CONTESTO LAVORATIVO: ALCUNI INTERVENTI POSSIBILI - Dooooooo Mooooooooo Pooooo

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LA GESTIONE DELLO STRESS NEL CONTESTO LAVORATIVO: ALCUNI INTERVENTI POSSIBILI - Dooooooo Mooooooooo Pooooo
LA GESTIONE DELLO STRESS
NEL CONTESTO LAVORATIVO:
ALCUNI INTERVENTI POSSIBILI

  Dott.ssa
  Mariangela iP otti
  sic
  P ologa del Lavoro
LA GESTIONE DELLO STRESS NEL CONTESTO LAVORATIVO: ALCUNI INTERVENTI POSSIBILI - Dooooooo Mooooooooo Pooooo
QUANDO ENTRA IN GIOCO
L’INTERVENTO SPECIALISTICO
        DELLO PSICOLOGO                         ?
• Le aziende devono, dal 1 gennaio 2011, adempiere
agli obblighi previsti dal D. Lgs n. 81/2008 in
materia di protezione dei lavoratori dai rischi di
esposizione a stress lavoro-correlato.

• Quando il Medico del Lavoro ne ravvisa la necessità

• Quando il DDL ha dubbi sulla salute dei suoi lavoratori

• Quando il DDL vuole offrire un intervento migliorativo
dell’organizzazione agendo sulla qualità del lavoro e sulla
responsabilità sociale dell’impresa
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CHE TIPO DI INTERVENTO?
DIAGNOSI DEL PROBLEMA

 Tradizionalmente, le iniziative di prevenzione e di gestione
 dello stress si sono focalizzate su un solo tipo di intervento.

 In un progetto completo ed efficace, invece, viene favorita
 una strategia di intervento          globale che integri i
 tre livelli di intervento:
 prevenzione primaria
                 secondaria
                       e terziaria.
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Gli approcci per la
                      prevenzione primaria
                      mirano a combattere lo
                      stress cambiando elementi
                      nell’organizzazione del
                      lavoro

TIPI DI PREVENZIONE
                      Gli approcci per la
                      prevenzione secondaria
                      mirano a combattere lo
                      sviluppando le capacità
                      individuali di gestione
                      dello stress con formazione
                      specifica e interventi sui
                      gruppi.

                      Gli approcci per la
                      prevenzione terziaria
                      mirano a ridurre l’impatto
                      dello stress sviluppando
                      appropriati sistemi di
                      riabilitazione e di “rientro
                      al lavoro” ed aumentando
                      i provvedimenti in materia
                      di salute occupazionale.
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La valutazione dello
          stress lavorativo
AVVIENE ATTRAVERSO L’ANALISI DEL CLIMA AZIENDALE IN
CUI VENGONO RACCOLTI DATI, IN FORMA ANONIMA:

 - INTERVISTE
- TEST PSICOLOGICI DI VALUTAZIONE DELLO STRESS
(VALIDATI SCIENTIFICAMENTE E RICONOSCIUTI A LIVELLO
INTERNAZIONALE, STRUMENTI DI APPLICAZIONE CLINICA
UTILIZZABILI ESCLUSIVAMENTE DA PSICOLOGI ISCRITTI AL
RELATIVO ALBO PROFESSIONALE)

- FOCUS GROUP DI LAVORATORI (PERMETTE DI RACCOGLIERE, IN
MODO PARTECIPATO E CALDO, VALUTAZIONI, GIUDIZI, OPINIONI,
RIGUARDANTI UN RISULTATO, UN PROCESSO, UN PRODOTTO)
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poi…

SI REDIGE UNA RELAZIONE CONCLUSIVA
         DI QUANTO RILEVATO
CONTENENTE ANCHE EVENTUALI PROPOSTE
    DI INTERVENTO MIGLIORATIVO DI
 CARATTERE GENERALE ED EVENTUALI
 PROPOSTE DI APPROFONDIMENTO PER
QUELLE SITUAZIONI DOVE IL POTENZIALE
   RISCHIO SI RITIENE PIÙ ELEVATO
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La gestione e la
                                  valutazione del
                               rischio psico-sociale
                                implica 5 elementi
                                    principali:

1.Identificazione dei pericoli e delle persone a rischio:
focalizzandosi su un target di lavoratori, su un posto di lavoro
o su un gruppo di attività
2 .Valutazione dei rischi: capire la natura del problema e le
cause sottostanti
3. Progettazione ed implementazione di azioni
specifiche per rimuovere o a ridurre i rischi
4. Monitoraggio e valutazione dell’efficacia di tali azioni
5. Attiva ed attenta gestione dei processi
(Leka S., Cox T., Zwetsloot G., 2008:http://primaef. ispesl.it/)
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La metodologia appropriata per il
monitoraggio è fortemente dipendente
dall’obiettivo, dal contesto e dal tema
specifico dello studio (strumenti ad hoc)
Le grandi organizzazioni possono beneficiare di
questionari e ricerche via web, mentre le checklist
possono essere più idonee alle PMI

Viene individuata però una carenza negli
attuali strumenti di monitoraggio sulla
qualità del lavoro e, in particolare, sui rischi
psicosociali sul lavoro

Nei diversi strumenti di
monitoraggio sono già disponibili
indicatori di esposizione e di rischio,
ma mancano indicatori sulle
azioni preventive e sugli
interventi.
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La cultura organizzativa è uno dei
fattori chiave nel determinare quanto
un’organizzazione avrà successo nella gestione
dello stress occupazionale.
Weick (1997) “ogni aspetto
dell’organizzazione risulta carico di
significati simbolici che si riflettono
sul mondo dei valori profondi,
personali, ma soprattutto collettivi”.
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OGGI    LE ORGANIZZAIONI CHE SI DISTINGUONO PER L’ECLLENZA NEL CAMPO DELLA SALUTE E DELLA SICUREZA
LE CONSIDERANO UN “VALORE AZIENDALE” A FONDAMENTO DELLA CULTURA DELL’ORGANIZZAIONE
(KRO,UT 20    CITAO IN VALLONE E APLOM,
                                      ATS   205).
La logica degli interventi si concretizza nell’individuazione
del “target di riferimento” dando origine a tre livelli di
interventi:
 A livello individuale: gli interventi mirano al potenziamento
 delle risorse individuali al fine di migliorare le strategie coping
 dello stress, attraverso counseling, terapie personali, tecniche di
 rilassamento e di time management.
 A livello di interfaccia individuo-organizzazione: gli interventi si
 propongono di migliorare l’adattamento persona-ambiente e le
 relazioni nel contesto lavorativo, aspetti quali relazioni tra i
 colleghi, carico di lavoro, grado di partecipazione…
 A livello organizzativo: gli interventi sono rivolti
 all’individuazione dei fattori che causano stress e si concretizzano
 nei cambiamenti della struttura e delle pratiche organizzative, dei
 fattori fisici ed ambientali.
Process consulting
   E’ un intervento di primo livello,
 corrisponde a una strategia realmente
               preventiva
Vanno ricondotti a questo livello gli interventi di job
design, di ristrutturazione delle condizioni di lavoro
e dell’organizzazione del lavoro, nonché le politiche
di gestione delle risorse, la formazione e lo sviluppo
organizzativo.

(Avallone e Paplomatas, 2005)
La ricerca ha enfatizzato i fattori
situazionali a spese dei processi
individuali come la valutazione (Harris,
1991), la ricerca invece può essere
fatta avanzare riflettendo sul ruolo
della valutazione (Schaubroek, 1999).
Tuttavia, valutazione ed adattamento
sono strettamente legati (Lazarus,
1999)
In un ambiente di lavoro non è
“semplicemente importante” ma
“essenziale” misurare la valutazione
individuale, se si vuole meglio
comprendere il processo dello stress
(Perrewe & Zellars, 1999).
Essa rappresenta una delle variabili
che dà più spiegazioni nel processo di
adattamento
(Dewe, 2001 Dewe e Cooper, 2007).
STRESS INOCULATION TRAINING
   ideato e introdotto nel 1977 da Donald Meichenbaum

   rappresenta una delle varie modalità di intervento
    psicologico per lo stress e le sue conseguenze

   l’obiettivo non è eliminare lo stress "la vita sarebbe noiosa
    senza la sfida di situazioni stressanti” Selye ma imparare a
    gestirlo
STRESS INOCULATION TRAINING

   si inserisce in una logica di prevenzione piuttosto che di
    psicoterapia, si procede all’immunizzazione attraverso
    l’esposizione a livelli progressivamente più alti di stress

   Come una vaccinazione contro le malattie organiche:
    evitare o attenuare gli effetti devastanti di una malattia non
    eliminando gli agenti patogeni ma potenziando le difese
    dell’organismo, inoculando dosi attenuate di agenti
    stressanti da cui ci si vuole rendere immuni
STRESS INOCULATION TRAINING

   l’obiettivo è quello di formare le persone rendendole più
    consapevoli della natura e dell’impatto dello stress

   assicurandosi che possiedano una gamma sufficientemente
    varia di abilità intrapersonali e interpersonali da riuscire a
    usare lo stress costruttivamente

   sviluppare "coping skills" cioè competenze e abilità a cui
    l’individuo attinge per aumentare le proprie capacità di
    tolleranza e resistenza in modo da attenuare l’impatto
    emozionale ed i costi personali di situazioni stressanti
STRESS INOCULATION TRAINING

 ha lo scopo di formare abilità di coping, e di aumentare la
  resistenza psicologica tramite l’esposizione di stimoli
  abbastanza forti da attivare delle difese
 la persona sviluppa un senso di intraprendenza appresa nel
  tenere testa a livelli gestibili di stress
 costruisce una difesa in prospettiva

  composta da abilità positive che
  aiuteranno le persone a fronteggiare
  situazioni future anche più impegnative
STRESS INOCULATION TRAINING
 il SIT è una tecnica utilizzabile solo da psicologi specializzati, è
  un paradigma di trattamento
  semistrutturato, clinicamente sensibile alle differenze
  individuali
  Vengono combinate diverse tecniche:
 elementi di insegnamento didattico

 dialogo socratico

 ristrutturazione cognitiva

 problem-solving

 training per il rilassamento

 self-empowerment, self-learning

 iniziative per il cambiamento dell’ambiente circostante
I FASE: CONCETTUALIZZAZIONE
 la prima fase del SIT si conclude con l’offerta da parte
  dell’operatore di un modello concettuale alternativo dello
  stress della persona. Lo stress viene riconcettualizzato in
  termini più benigni, che siano più suscettibili di cambiamento,
  di soluzione o comunque di un significato diverso
 il processo di riconcettualizzazione serve a fornire un mezzo
  per integrare le varie fonti di informazione e per comunicare
  la natura transizionale dello stress e del processo di
  fronteggiamento
II FASE:     ACQUISIZIONE DELLE
    ABILITÀ DI COPING
    OBIETTIVI

 gestione delle resistenze e/o mancanza di aderenza al training se
  la persona oppone un atteggiamento dubbioso a un elemento
  del training ; può risultare diminuita la credibilità dell’intero
  programma
 valutare di quale abilità di coping ha necessità quella
  determinata persona; le abilità di coping variano a seconda
  della popolazione specifica e degli obiettivi del training
 per esempio il training per i pazienti che soffrono di dolori fisici
  sarà rivolto al controllo dell’attenzione, per i pazienti che non
  riescono a controllare la collera potrebbero risultare più
  appropriate le abilità di comunicazione
II FASE:   ACQUISIZIONE DELLE
    ABILITÀ DI COPING
    OBIETTIVI

 sviluppare la capacità di mettere in atto efficacemente delle
  risposte di fronteggiamento
 valutazione del dialogo interno della persona

 offrire tutta la varietà di tecniche di coping in modo che le
  persone possano sperimentare che cosa funziona meglio per
  loro
 Lazarus e Launier (1978) includono due diverse tecniche di
  coping: le tecniche strumentali focalizzate sul problema, e
  quelle palliative che regolano la sfera emozionale
II FASE:        ACQUISIZIONE DELLE
ABILITÀ DI COPING

 fra le tecniche di fronteggiamento strumentale ci sono: la
  raccolta di informazioni, il problem-solving, il trining alle abilità
  di comunicazione e le abilità interpersonali, le tecniche di
  gestione del tempo, i mutamenti dello stile di vita, l’attivazione
  di varie forme di aiuto
 tra i modi di coping palliativo si includono un certo numero di
  tecniche volte a dare sollievo al disagio e favorire la
  regolazione della sfera emozionale: l’assunzione di una
  prospettiva mentale diversa dalla propria (confronto con altre
  persone e con la ricerca del significato degli stress vissuti
  spostando la propria attenzione) espressione corretta delle
  proprie emozioni e training al rilassamento
II FASE:       ACQUISIZIONE DELLE
ABILITÀ DI COPING

queste  tecniche sono rilevanti quando una situazione
 stressante o avversiva non può essere né modificata né
 evitata
in alcuni casi le persone possiedono nei loro repertori queste
 abilità di fronteggiamento, che dovrebbero essere solo
 consolidate, mentre in altri casi è necessario un training
 specifico
è importante non sopraffare le persone con la molteplicità di
 tecniche, perché una presentazione così vasta potrebbe
 creare altro stress
è necessario concentrare la propria abilità clinica per
 trasmettere un senso di autogestione e di fiducia nella
 possibilità che l’individuo ha di esercitare il controllo
PROBLEM-SOLVING
 definire  in modo chiaro e preciso il problema da risolvere
 porsi degli obiettivi realistici definendo il problema in
  termini comportamentali e delineando i sotto-obiettivi e
  l’iter appropriato
 produrre diverse alternative d’azione/strategie possibili
 valutare i pro e i contro di ogni soluzione proposta e
  classificare le soluzioni dalla meno desiderabile e pratica a
  quella che lo è nel massimo grado
 mettere in pratica la soluzione più accettabile e probabile
 mettere in preventivo alcuni fallimenti ma gratificarsi per
  aver tentato
 valutare la soluzione tentata
 riconsiderare il problema originario alla luce dei tentativi
  fin lì compiuti di problem-solving
III FASE:   APPLICAZIONE DELLE
 ABILITÀ DI COPING
 come nella desensibilizzazione sistematica,

  alla persona viene chiesto di immaginare il
  fronteggiamento di scene progressivamente più minacciose
 le scene prevedono che vengano messi in evidenza le variabili
  intrapersonali e interpersonali che segnalano l’inizio di una
  situazione di stress
 il coping immaginativo stimola le persone a immaginare se
  stesse non solo mentre sono stressate, mentre sono assillate da
  pensieri e sentimenti generatori di stress ma anche mentre
  tentano di fronteggiare queste difficoltà usando le abilità
  acquisite
?!

    III FASE:

                                                             !
                APPLICAZIONE DELLE
    ABILITÀ DI COPING

 l’operatore aiuta a visualizzare la scena
  il più chiaramente e vividamente possibile incoraggiandola
  a rivivere tutti i pensieri e sentimenti che aveva avuto in
  quella situazione
 strettamente collegata al rehearsal immaginativo è la tecnica
  del rehearsal comportamentale; assicurarsi che la persona sia
  capace di mettere in pratica e dimostrare abilità
  comportamentali
III FASE: APPLICAZIONE DELLE
                 ABILITÀ DI COPING

   altro modello usato nel training delle abilità
     di coping è il role-playing: si chiede alla persona
     di simulare una parte per convincere l’altro,
     con lo scopo di addestrarlo a fronteggiare lo stress

   molto utile a promuovere il cambiamento, la persona è
    sollecitata al massimo a produrre strategie, esempi e
    argomentazioni, dovendo convincere l’altro

   altra tecnica è l’esposizione graduale in vivo.
    La persona viene incoraggiata a ripetere nella realtà le abilità
    assegnate attraverso degli esercizi graduali
III FASE:      APPLICAZIONE DELLE
                ABILITÀ DI COPING
 l’operatore dovrebbe controllare i risultati dei
  compiti per casa, e se le persone non riescono a
  svolgere i compiti, quest’ultimo deve considerare le
  ragioni delle difficoltà.
 i compiti devono essere realistici e rilevanti, infatti
  l’operatore fa sì che le persone collaborino
  nell’individuare loro stesse i compiti più appropriati.
 la ripetizione degli esercizi per casa durante la seduta
  e una accurata attenzione su come la persona valuta
  la sua probabilità di successo possono
  aiutarla ad evitare l’esperienza del fallimento.
 a volte i compiti possono essere svolti
  in vivo sotto la guida del operatore.
DEFUSING
Fase introduttiva: i conduttori si presentano, evidenziano come
possono essere di aiuto e di supporto al gruppo, vengono
descritti l’intento e gli obiettivi del processo di defusing, viene
enfatizzata l’importanza della riservatezza, viene detto ai
presenti che non sono obbligati a parlare
Fase esplorativa: viene chiesto ai partecipanti di descrivere ciò
che è accaduto, viene posta particolare enfasi sulla condivisione
di esperienze e di reazioni, ciò con l’obiettivo di riformulare
cognitivamente ed emotivamente in modo adattivo l’evento,
dovrebbe essere evitata un’indagine approfondita delle
emozioni o il tentativo di scalzare le difese psicologiche in atto
Fase di formazione: vengono rassicurati sugli sfoghi più intensi
manifestati, viene spiegato che le reazioni avute sono normali,
possono essere insegnate strategie di riduzione dello stress
DEFUSING
Da notare che il processo si svolge partendo da

                 livello cognitivo

              descrizione del proprio coinvolgimento

              esplorazione delle reazioni ed emozioni
DEBRIEFING
    Il debriefing è un efficace strumento di riduzione dello stress traumatico,
    causa principale di gravi disturbi psicofisici e di alterazioni nei rapporti
    interpersonali

Obiettivi:
ridurre l’impatto emotivo dell’evento critico, mitigare i sintomi
 acuti
 contenere/gestire le reazioni intense conseguenti
 favorire il recupero delle persone identificando
  strategie di coping efficaci
 combattere le convinzioni erronee, facilitare il senso di una
 conclusione psicologica dell’evento critico
 normalizzazione e legittimazione dei pensieri, delle reazioni e dei
 sintomi
 prevenire conseguenze negative future, stabilire quali saranno i
 bisogni nel follow-up
 istruire
 rassicurare dando sostegno
DEBRIEFING
 è un intervento più sistematico
 dovrebbe aver luogo entro le prime due settimane dall’evento
  stressogeno accaduto
 è un incontro strutturato organizzato per il singolo o per il
  gruppo (può coinvolgere fino a 15-20 persone), dura circa 2-3
  ore, successivo al defusing
 gruppi omogenei (es. gruppi che condividono la stessa
  condizione di stress, infermieri, dottori, forze dell’ordine…)
 offre agli individui, la possibilità di dare un senso alle loro
  esperienze e prevenire lo sviluppo di problemi
 le persone possono esternare e confrontare con altri i propri
  pensieri, ricordi ed emozioni più disturbanti in modo tale da
  comprenderli e normalizzarli
DEBRIEFING
                                        7 fasi
1. Fase introduttiva/preparazione: vengono presentati i
   conduttori, vengono spiegati lo scopo e il procedimento,
   vengono spiegate le regole basilari, il cui scopo è quello di
   garantire sicurezza e struttura (un accordo di riservatezza, si
   può parlare solo di se stessi, l’intervento è sempre volontario,
   vengono chiusi libri e giornali, spenti i cellulari e ci si impegna
   a concludere il processo)

2. Fase dei fatti: ogni partecipante spiega il proprio
   coinvolgimento ad un livello cognitivo e dei fatti

3. Fase dei pensieri: ogni partecipante descrive le reazioni
   cognitive che servono per passare alle reazioni emotive
DEBRIEFING
4.   fase di reazione: vengono identificate la parte peggiore
     dell’evento e le reazioni emotive, ma le emozioni non
     vengono indagate approfonditamente

5.   fase dei sintomi: i partecipanti identificano i loro sintomi
     personali di disturbo

6.   fase della formazione: i partecipanti vengono istruiti sulle
     reazioni normali e sulle strategie di coping adattive

7.   fase del reinserimento e conclusione: vengono fornite
     risposte alle domande dei partecipanti, viene fatta
     chiarezza, viene fatto un breve riassunto e conclusione
L’INTERVENTO CHE COMPLETA,
   L’ATTENZIONE AL CORPO

Nell’ambito degli interventi sullo stress
non si può omettere l’intervento sul
corpo, si tratta di acquisire
consapevolezza al fine di ritrovare un
contatto con il proprio “sentire
corporeo”, più siamo in autentico
contatto col corpo più agiremo verso la
qualità del nostro vivere quotidiano:
 in famiglia, a lavoro, nella società.
LO STRESS CHE SOMATIZZIAMO
 A tutti i livelli dei distretti corporei più importanti (bacino,
  schiena, cervicale, articolazioni, gambe…) somatizziamo lo
  stress attraverso contratture e tensioni croniche che vanno
             prima sentite e poi piano piano sbloccate

Per superare una contrazione
 riferita a un evento stressogeno
 i muscoli devono smaltire l’ipertono,
tipico di una situazione d’allarme,
consentendone così
 il rilascio delle tensioni
 attraverso la vibrazione
tonico-clonica
PARADOX
La specie umana è un
paradosso vivente: abbiamo     Il corpo possiede tutti
un imperativo biologico
che ci spinge a superare i   meccanismi anatomo-
traumi e                     fisiologici necessari per
contemporaneamente un        ripristinarsi
rifiuto a farlo, dettato
dell’ego

 Molti metodi di elaborazione del
trauma sono ancora troppo basati
   sull’ego e poso sui processi
 neurofisiologici adattivi naturali
RIFERIMENTI CULTURALI
   BIBLIOGRAFIA E                                         SITOGRAFIA E
DOCUMENTI CORRELATI                                       FILMOGRAFIA
                                                     www.psicologiadel lavoro.it
    Accordo europeo sullo stress sul lavoro
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WWW.ASSOCIAZIONEPSIKE.IT
Grazie per l’attenzione
, buon coffee-break!
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