Vox in eccelso sulla soppressione dell'Ordine del Tempio - Clemente V

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Clemente V - Vox in eccelso                                                              Pagina 1 di 7

Vox in eccelso
sulla soppressione dell’Ordine del Tempio - Clemente V

Clemente vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetuo ricordo dell'avvenimento. Si è udita,
nell'alto, una voce di' lamento, di pianto e di lutto (1). Poiché è venuto il tempo nel quale
il Signore si lamenta per bocca del profeta: Questa casa si è trasformata Per une in causa
di furore e di indignazione,- e sarà tolta via dal mio cospetto per la malvagità dei suoi
figli, perché essi mi provocarono all'ira, rivolgendomi le spalle, non la faccia, e
collocando i loro idoli nella (mia) casa, nella quale è stato invocato il mio nome, per
contaminarla. Costruirono alture in nome di Baal, per iniziare e consacrare i loro figli
agli idoli e ai demoni (2). Hanno Peccato gravemente come nei giorni di Gabaa (3).

All'udire questa voce orrenda, e per l'orrore di tanta ignominia, - chi intese mai, infatti,
una tale cosa? chi vide mai una cosa simile? - Caddi nell',udirla, mi rattristai nel vederla,
il mio cuore si amareggiò, e le tenebre uni fecero rimanere stupefatto (4). Infatti la voce
del popolo (sale) dalla città, la voce (esce) dal tempio, (è) la voce del Signore che rende
la mercede ai suoi nemici (5). E il profeta è costretto ad esclamare: Da ad essi, Signore,
un seno senza figli, e mammelle senza latte (6). La loro malizia si è resa manifesta per la
loro perdizione. Scacciali dalla tua casa, e si secchi la loro radice (7); non portino frutto;
non sia più, questa casa, causa di amarezza, e spina di dolore (8). Non è poca, infatti, la
sua infedeltà: essa che immola i suoi figli e li dà e li consacra ai demoni e non a Dio, a dèi
che essi ignoravano. Quindi questa casa sarà abbandonata e oggetto di vergogna,
maledetta e deserta, sconvolta, ridotta in polvere, ultimo deserto, senza vie, arido per l'ira
di Dio, che ha disprezzato. Non sia abitata, ma venga ridotta in solitudine; tutti si
meraviglino di essa e fischino con disprezzo sulle sue piaghe (9). Dio, infatti non ha scelto
la gente per il luogo, ma il luogo per la gente. Quindi il luogo stesso del tempio partecipa
dei mali del popolo: cosa che il Signore disse chiaramente a Salomone, quando questi gli
edificò il tempio, e fu riempito dalla sapienza come da un fiume: Se i vostri figli si
allontaneranno da me, non seguendomi e non onorandomi, ma andando dietro e
onorando gli dèi degli altri, e adorandoli, li scaccerò dalla mia faccia, e li allontanerò
dalla terra che diedi loro, rigetterò dal mio cospetto il tempio che resi santo col mio
nome, e sarà portato di bocca in bocca, e diventerà l'esempio e la favola dei popoli. Tutti
i passanti, vedendolo, si meraviglieranno, e fischieranno, e diranno: "Perché il Signore
ha trattato cosi questo tempio e questa casa?" E risponderanno: "Perché si sono
allontanati dal Signore, loro Dio, che li ha comprati e riscattati, ed hanno seguito Baal ed
altri dèi e li hanno onorati e adorati. Per questo il Signore ha fatto si che accadesse loro
questa grande disgrazia" (10).

Già dalla nostra elevazione al sommo pontificato, anche prima che ci recassimo a Lione
dove abbiamo ricevuto la nostra incoronazione; e poi dopo, sia li che altrove, qualche
relazione fattaci in segreto ci informava che il maestro, i priori, ed altri frati dell'ordine
della milizia del Tempio di Gerusalemme, ed anche l'ordine stesso - essi che erano stati
posti nelle terre d'oltremare proprio a difesa del patrimonio di Nostro Signore Gesù Cristo,
e come speciali e principali difensori della fede cattolica e della Terra Santa, sembravano
curare più d'ogni altro tutto ciò che riguarda la stessa Terra Santa, per cui la sacrosanta

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chiesa Romana, trattando gli stessi frati e l'ordine con una particolare benevolenza, li ha
armati col segno della croce contro i nemici di Cristo, li ha esaltati con molti onori e li ha
muniti di diverse esenzioni e privilegi; e che in molti modi (11) erano, proprio per questo,
aiutati da essa e da tutti i buoni fedeli di Cristo con moltiplicate elargizioni di beni - essi
dunque contro lo stesso Signore Gesù Cristo erano caduti in una innominabile apostasia,
nella scelleratezza di una vergognosa idolatria, nel peccato esecrabile dei Sodomiti e in
varie altre eresie.

E poiché non era verosimile e sembrava incredibile che omini tanto religiosi, i quali
avevano sparso spesso il loro sangue per il nome di Cristo, e che esponevano
frequentemente le loro persone ai pericoli mortali e che mostravano grandi segni di
devozione sia nei divini uffici, quanto nei digiuni e in altre pratiche di devozione, fossero
poi cosi incuranti della propria salvezza, da perpetrare tali enormità specie se si considera
che quest'ordine ha avuto un inizio buono e santo e il favore dell'approvazione dalla sede
apostolica, e che la sua regola, perché santa, degna e giusta, ha meritato di essere
approvata dalla stessa sede - non volevamo prestare orecchio a queste insinuazioni e
delazioni, ammaestrati dagli esempi del Signore stesso e dalle dottrine della sacra
scrittura.

Ma poi il nostro carissimo figlio in Cristo Filippo (12), illustre re dei Francesi, cui erano
stati rivelati gli stessi delitti, non per febbre di avarizia - non aveva, infatti, alcuna
intenzione di rivendicare o di appropriarsi dei beni dei Templari; nel suo regno, anzi, li
trascurò tenendosi del tutto lontano da questo affare - ma acceso dallo zelo della vera
fede, seguendo le orme illustri dei suoi progenitori, volendo istruirci ed informarci a
questo riguardo, ci ha fatto pervenire per mezzo di ambasciatori o di lettere, molte e gravi
informazioni.

Le voci infamanti contro i Templari ed il loro ordine si facevano sempre più consistenti e
persino un soldato dello stesso ordine, appartenente all'alta nobiltà, che godeva nell'ordine
di non poca stima, depose dinanzi a noi, segretamente e sotto giuramento, che egli,
quando fu ammesso nell'ordine, per suggerimento di chi lo ammetteva, e alla presenza di
alcuni altri Templari, aveva negato Cristo ed aveva sputato sulla Croce che gli veniva
mostrata da colui che lo riceveva nell'ordine. Egli disse anche di aver visto il maestro dei
Templari (che ancora vive) ricevere nello stesso ordine d'oltremare un soldato allo stesso
modo, cioè col rinnegamento di Cristo e con lo sputare sulla Croce, alla presenza di ben
duecento frati dello stesso ordine, e di aver sentito che si diceva esser quello il modo
normale osservato nell'ammettere i frati dello stesso ordine: cioè che, dietro suggerimento
di chi riceveva o di un suo delegato a questa cerimonia, colui che veniva ammesso doveva
negare Gesù Cristo, e sputare sulla Croce che gli veniva mostrata, come segno di
disprezzo a Cristo crocifisso, e che sia chi ammetteva, sia chi veniva ammesso compiva
altre azioni illecite e sconvenienti all'onestà cristiana, come egli stesso allora confessò
dinanzi a noi.

Poiché, dunque, il dovere ci spingeva a questo nostro ufficio, non abbiamo potuto fare a
meno di porgere ascolto a tanti e cosi grandi clamori.

Finalmente, la voce pubblica e la clamorosa denunzia del suddetto re, di duchi, conti,
baroni ed altri nobili, del clero e del popolo del regno francese, che vengono alla nostra
presenza proprio a questo scopo, sia personalmente che per mezzo di procuratori o di

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rappresentanti, ha fatto giungere alle nostre orecchie - lo diciamo con dolore - che il
maestro, i priori ed altri frati di quest'ordine, e l'ordine stesso, in sé, erano coinvolti in
questi ed in altri crimini, e che ciò è provato da molte confessioni, attestazioni e
deposizioni dello stesso maestro, del visitatore di Francia e di molti priori e frati
dell'ordine davanti a molti prelati e all'inquisitore per l'eresia - deposizioni fatte e ricevute
nel regno di Francia previo interessamento dell'autorità apostolica, redatte in pubblici
documenti, e mostrate a noi e ai nostri fratelli. Inoltre, questa fama e queste voci
clamorose erano divenute cosi insistenti, ed avevano lasciato chiaramente capire, contro
l'ordine stesso e contro i singoli membri, che la cosa non poteva ormai esser più oltre
trascurata senza grave scandalo e tollerata senza imminente pericolo per la fede, noi,
seguendo le orme di colui, di cui, benché indegni, facciamo le veci, qui in terra, abbiamo
creduto bene dover procedere ad una inchiesta. Abbiamo, quindi, fatto venire alla nostra
presenza molti priori, sacerdoti, soldati, ed altri frati di quest'ordine di non poca fama;
abbiamo fatto prestar loro giuramento, li abbiamo scongiurati pressantemente per il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo, invocando il divino giudizio, che in virtù di santa obbedienza -
dato che si trovavano ora in luogo sicuro ed adatto, dove non c'era assolutamente nulla da
temere, nonostante le confessioni fatte da essi dinanzi ad altri, per le quali noi non
volevamo che ne derivasse qualche danno a coloro che le avevano fatte - dicessero sulla
questione accennata la pura e semplice verità. Li abbiamo quindi interrogati su questo
argomento e ne abbiamo esaminati settantadue. Ci assistevano con attenzione molti dei
nostri fratelli cardinali; abbiamo fatto redigere in documento autentico le loro confessioni
per mano di un notaio alla presenza nostra e dei nostri fratelli, e poi, dopo qualche giorno,
le abbiamo fatte leggere alla loro presenza in Concistoro, e le abbiamo fatte esporre nella
lingua volgare, a ciascuno di essi, che confermandole espressamente e spontaneamente le
approvarono cosi come erano state recitate.

Dopo ciò, volendo indagare personalmente su questa questione col maestro generale, con
il visitatore di Francia e con i principali priori dell'ordine, ordinammo allo stesso maestro
generale e al visitatore d'oltremare, e ai priori maggiori di Normandia, d'Aquitania e della
provincia di Poitiers di presentarsi a noi che eravamo a Poitiers. Molti, però, erano
infermi, in quel tempo, e non potevano cavalcare, né esser condotti agevolmente alla
nostra presenza. Noi, allora, volendo conoscere la verità su tutto quanto e se fossero vere
le loro confessioni e deposizioni, rese all'inquisitore per l'eresia nel suddetto regno di
Francia, alla presenza di alcuni pubblici notai e di molte altre oneste persone, e presentate
a noi e ai cardinali dallo stesso inquisitore, demmo l'incarico e ordinammo ai nostri diletti
figli Berengario, allora cardinale del titolo dei SS. Nereo ed Achilleo, ora vescovo di
Frascati, Stefano, cardinale del titolo di S. Ciriaco alle Terme, e Landulfo cardinale del
titolo di Sant'Angelo, della cui prudenza, esperienza e fedeltà, abbiamo illimitata fiducia,
perché essi col suddetto maestro generale, col visitatore e coi priori, sia contro di essi e le
singole persone dell'ordine, sia contro l'ordine in quanto tale, cercassero di scoprire la
verità e di farci sapere quanto avessero trovato a questo riguardo e ci riferissero e
presentassero le loro confessioni e deposizioni, messe per iscritto, per mezzo di pubblico
notaio, pronti a concedere allo stesso maestro, al visitatore e ai priori il beneficio
dell'assoluzione dalla sentenza di scomunica, in cui avrebbero dovuto incorrere per i
suddetti delitti se fossero risultati veri, qualora l'avessero chiesta umilmente e
devotamente, come avrebbero dovuto. I cardinali, recandosi personalmente dal maestro
generale, dal visitatore e dai priori, esposero il motivo della loro venuta. E poiché le
persone di questi e degli altri Templari che si trovavano nel regno di Francia ci erano state
presentate come persone che liberamente e senza timore di nessuno avrebbero manifestato

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pienamente e sinceramente la verità agli stessi cardinali, questi ingiunsero loro di far ciò
in nome dell'autorità apostolica. Allora il maestro generale, il visitatore e i priori della
Normandia, d'oltremare, d'Aquitania, della provincia di Poitiers, alla presenza dei tre
cardinali, di quattro pubblici notai, e di molte altre persone degne di rispetto, prestato
giuramento sui santi Evangeli, che, sull'argomento in questione avrebbero detto la pura e
completa verità, alla loro presenza, uno per uno, liberamente, spontaneamente, senza
alcuna costrizione o terrore, fecero la loro deposizione, e fra le altre cose confessarono di
aver negato Cristo e di aver sputato sulla croce, quando furono ricevuti nell'ordine di
Templari; e alcuni di essi confessarono anche di aver ricevuto molti frati nella stessa
forma, esigendo, cioè, che si negasse Cristo e si sputasse sulla Croce. Alcuni di essi hanno
confessato anche altri fatti orribili e vergognosi, che al presente taciamo. Dissero anche e
confessarono che quanto era contenuto nelle confessioni e deposizioni da loro fatte
dinanzi all'inquisitore suddetto, era vero.

Queste confessioni e deposizioni del maestro generale, del visitatore e dei priori, redatte in
pubblico documento da quattro notai pubblici, alla presenza dello stesso maestro,
visitatore e priori e di altre persone degne di fede, e solo dopo aver lasciato trascorrere lo
spazio di alcuni giorni, furono lette agli stessi, per ordine e alla presenza dei cardinali, ed
inoltre tradotte a ciascuno di essi nella propria lingua. Essi le riconobbero per proprie ed
espressamente e spontaneamente le approvarono, cosi com'erano state recitate.

Da queste confessioni e deposizioni, essi, in ginocchio e con le mani congiunte,
umilmente, devotamente e con abbondante effusione di lacrime, chiesero ai cardinali
l'assoluzione dalla scomunica, nella quale erano incorsi per i delitti predetti. I cardinali,
poiché la chiesa non chiude mai il suo grembo a chi ritorna, appena il maestro, il visitatore
e i priori ebbero abiurato l'eresia concessero ad essi per nostra autorità, e nella forma
consueta della chiesa, il beneficio dell'assoluzione; quindi, tornando alla nostra presenza,
ci presentarono le confessioni e le deposizioni del maestro, del visitatore e dei priori,
redatte in pubblico documento, da persone pubbliche, com'è stato detto, e ci riferirono
quello che avevano fatto coi suddetti maestro, visitatore e priori.

Da queste confessioni e deposizioni trovammo che spesso il maestro, il visitatore della
Terra d'oltremare e questi priori della Normandia, dell'Aquitania e della regione di
Poitiers, anche se alcuni maggiormente ed altri meno, avevano mancato gravemente. E
considerando che delitti cosi orrendi non avrebbero potuto né dovuto esser lasciati
impuniti, senza far ingiuria a Dio onnipotente e a tutti i cattolici, chiesto consiglio ai nostri
fratelli cardinali, pensammo che si dovesse fare un'inchiesta per mezzo degli ordinari
locali e di altre persone fedeli e sagge, da deputarsi a ciò, sui singoli membri dello stesso
ordine, e sull'ordine come tale, per mezzo di inquisitori appositamente deputati.

Dopo di ciò, sia gli ordinari che quelli da noi deputati contro i singoli membri dell'ordine
e gli inquisitori per l'ordine nel suo insieme hanno svolto indagini in ogni parte del mondo
e le hanno infine rimesse al nostro esame. Di esse, parte furono lette con ogni diligenza ed
esaminate con cura da noi in persona e dai nostri fratelli cardinali di santa romana chiesa,
le altre, da molti uomini coltissimi, prudenti, fedeli, col santo timore di Dio nel cuore,
zelanti della fede cattolica, e pratici, sia prelati che non prelati, presso Malaucène, nella
diocesi di Vaison.

Dopo ciò, giunti a Vienne, essendo già presenti moltissimi patriarchi, arcivescovi, vescovi

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eletti, abati, esenti e non esenti, ed altri prelati, ed inoltre procuratori di prelati assenti e di
capitoli, ivi radunati per il concilio da noi convocato, Noi, dopo la prima sessione tenuta
con i predetti cardinali, prelati, procuratori, in cui credemmo bene esporre loro le cause
della convocazione del concilio, - poiché era difficile, anzi impossibile che i cardinali e
tutti i prelati e procuratori, convenuti nel presente concilio, potessero raccogliersi alla
nostra presenza per trattare sul modo di procedere riguardo al problema dei frati del
predetto ordine - per nostro ordine dal numero complessivo dei prelati e dei procuratori
presenti al concilio, furono scelti concordemente alcuni patriarchi, arcivescovi, vescovi,
abati, esenti e non esenti, ed altri prelati e procuratori di ogni parte della cristianità, di
qualsiasi lingua, nazione, regione, tra i più esperti, discreti, adatti a dare un consiglio in
tale e cosi importante questione e a trattare con noi e con i suddetti cardinali un fatto cosi
importante.

Quindi abbiamo fatto leggere attentamente, dinanzi ai prelati e ai procuratori, per più
giorni, finché essi vollero ascoltare, le attestazioni raccolte di cui abbiamo parlato,
riguardanti l'inchiesta sull'ordine predetto, nella sede del concilio, cioè nella chiesa
cattedrale; e in seguito queste stesse attestazioni e i riassunti che ne sono stati fatti sono
state viste, lette attentamente ed esaminate da molti venerabili cardinali, dal patriarca di
Aquileia, da arcivescovi e vescovi presenti al concilio, scelti e destinati a ciò da quelli che
erano stati eletti del concilio con grande diligenza e sollecitudine.

A questi cardinali, pertanto, patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati, esenti e non esenti, agli
altri prelati e procuratori, eletti proprio per questa questione, quando furono alla nostra
presenza fu da noi rivolto il quesito in segreto, come si dovesse procedere in tale
problema, tanto più che alcuni Templari si offrivano a difendere il loro ordine. Alla
maggior parte dei cardinali e quasi a tutto il concilio, a quelli cioè che, come abbiamo
detto, erano stati eletti dal concilio, e per questa questione rappresentano il concilio intero,
insomma alla grande maggioranza, circa quattro quinti di quelli che si trovavano al
concilio da ciascuna nazione, sembrò indubitato - e i prelati in questione e i procuratori
diedero in tal senso il loro parere - che si dovesse concedere a quell'ordine il diritto di
difesa, e che esso, sulla base di ciò che era stato provato fino a quel momento, non potesse
esser condannato per quelle eresie a proposito delle quali erano state fatte le indagini
contro di esso, senza offesa di Dio e oltraggio del diritto. Alcuni, invece, dicevano che
quei frati non dovevano essere ammessi a difendere l'ordine, e che noi non dovevamo
concedere ad essi (tale) facoltà. Se, infatti, dicevano, si permettesse e si concedesse la
difesa dell'ordine, ne seguirebbe un pericolo per la questione stessa e non poco danno per
l'aiuto alla Terra Santa. E aggiungevano molte altre ragioni.

Ora, è vero che dai processi svolti contro quest'ordine, esso non può canonicamente esser
dichiarato eretico con sentenza definitiva; ma lo stesso ordine, a causa di quelle eresie che
gli vengono attribuite ha conseguito una pessima fama. Moltissimi suoi membri, tra cui il
maestro generale, il visitatore di Francia e i priori più in vista, attraverso le loro
confessioni spontanee fatte a riguardo di queste eresie sono state convinti di errori e delitti
e, inoltre, le confessioni predette rendono questo ordine molto sospetto, e questa infamia e
questa diffidenza lo rendono addirittura abominevole e odioso alla chiesa santa di Dio, ai
suoi prelati, ai suoi re, ai principi cristiani e agli altri cattolici. Inoltre, si può
verisimilmente credere che da ora in poi non si troverebbe persona disposta ad entrare in
quest'ordine, e che quindi esso diverrebbe inutile alla chiesa di Dio e al proseguimento
dell'impresa della Terra Santa, al cui servizio era stato destinato. Poiché dal rinvio della

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decisione, cioè dalla sistemazione di questa faccenda - alla cui definizione e
promulgazione era stato da noi assegnato per i frati di quest'ordine un termine nel presente
concilio - seguirebbe la totale perdita, distruzione e dilapidazione dei beni del Tempio,
che da tempo sono stati offerti, legati, concessi dai fedeli di Cristo in aiuto della Terra
Santa e per combattere i nemici della fede cristiana; considerato che secondo alcuni si
deve promulgare subito la sentenza di condanna contro l'ordine dei Templari per i loro
delitti, e secondo altri invece non si potrebbe sulla base dei processi già fatti contro lo
stesso ordine, emettere sentenza di condanna, noi, dopo lunga e matura riflessione, avendo
dinanzi agli occhi unicamente Dio e guardando solo all'utilità della Terra Santa, senza
inclinare né a destra né a sinistra, abbiamo pensato bene doversi scegliere la via della
decisione e della sistemazione, attraverso la quale saranno tolti gli scandali, saranno
evitati i pericoli, e saranno conservati i beni in sussidio della Terra Santa.

L'infamia, il sospetto, le clamorose relazioni e le altre cose già dette, tutte a sfavore
dell'ordine, ed inoltre l'ammissione nascosta e clandestina dei frati dello stesso ordine, la
differenza di molti di quei frati dal comune comportamento, dal modo di vivere e dai
costumi degli altri cristiani, specie poi per il fatto che ammettendo nuovi membri li
obbligavano a non rivelare il modo della loro ammissione, e a non uscire dall'ordine,
inducono a presumere contro di loro. Riflettendo, inoltre, che da tutto ciò è nato contro
quest'ordine un grave scandalo, che difficilmente potrebbe esser messo a tacere se l'ordine
continuasse ad esistere e considerando i pericoli per la fede e per le anime, e gli orribili
numerosi misfatti della maggior parte dei frati dello stesso ordine e molte altre giuste
ragioni e cause ci siamo dovuti risolvere alle decisioni che seguono. La maggior parte dei
cardinali, e almeno quattro quinti di quelli che sono stati eletti da tutto il concilio ha
ritenuto più conveniente, vantaggioso e utile per l'onore di Dio, per la conservazione della
fede cristiana, per l'aiuto alla Terra Santa e per molte altre giuste ragioni che si seguisse
piuttosto la via di un provvedimento della sede apostolica, sopprimendo l'ordine e
assegnando i beni all'uso cui erano destinati, provvedendo anche salutarmente alle persone
dello stesso ordine, che non quella del rispetto del diritto alla difesa, e della proroga di
questa questione. Anche in altri casi, pur senza colpa dei frati, la chiesa romana qualche
volta ha soppresso ordini di importanza assai maggiore per motivi senza paragone più
modesti di quelli accennati, pertanto con amarezza e dolore, non con sentenza definitiva,
ma con provvedimento apostolico, noi, con l'approvazione del santo concilio,
sopprimiamo l'ordine dei Templari, la sua regola, il suo abito e il suo nome, con decreto
assoluto, perenne, proibendolo per sempre, e vietando severamente che qualcuno, in
seguito, entri in esso, ne assuma l'abito, lo porti, e intenda comportarsi da Templare.

Se poi qualcuno facesse diversamente, incorra la sentenza di scomunica ipso facto.

Quanto alle persone e agli stessi beni, li riserviamo a disposizione nostra e della sede
apostolica. E ne disporremo, con la grazia divina, ad onore di Dio, ad esaltazione della
fede cristiana e per il prospero stato della Terra Santa, prima della fine di questo concilio.
E proibiamo assolutamente che chiunque, di qualsiasi condizione o stato esso sia, si
intrometta in qualsiasi modo in ciò che riguarda tali persone o tali beni, faccia, innovi,
tenti qualche cosa che porti pregiudizio, in ciò, a quanto noi, conforme a quanto abbiamo
detto, ordineremo o disporremo, e stabiliamo fin da questo momento che sarà senza alcun
valore e del tutto vano, se qualcuno diversamente - consapevolmente o senza saperlo -
tenterà qualche cosa.

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Con ciò, tuttavia, non vogliamo che si deroghi ai processi fatti o da farsi circa le singole
persone degli stessi Templari dai vescovi diocesani o dai concili provinciali, conforme a
quanto noi abbiamo con altre disposizioni ordinato.

Vienne, 22 marzo (1312), anno settimo del nostro pontificato.

                                      Denziger - Copertina

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