La donna che vedi di Giovanni Pannacci
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La donna che vedi di Giovanni Pannacci Myriam Labate, direttore commerciale della azienda farmaceutica Winterfarm viene licenziata all’improvviso e senza spiegazione dal suo datore di lavoro, il miliardario Diktus Winter. Dopo tre giorni Winter muore. Myriam soffre spesso di amnesie, zone buie durante le quali affiorano ricordi confusi della sua infanzia. Dopo la peggiore di tutte viene soccorsa da Said, il suo spacciatore di marjuana. Said la conduce alla sua casa nel quartiere Ferriera, abitato esclusivamente da extracomunitari e qui si prende cura di lei. A un certo punto nell’appartamento compare Claudio Morelli, tecnico di laboratorio della Winterfarm. Said, che già le aveva rivelato di essere italiano e di chiamarsi in realtà Saverio, le dice ora di essere un ex professore di filosofia che ha smesso di insegnare dopo la morte accidentale di un suo studente, morte per la quale viene incolpato solo perché ha condiviso uno spinello con i ragazzi, nonostante nel sangue dello studente morto non ci fosse droga ma alcol. Miryam scopre di essere stata per anni la cavia per la sperimentazione di una nuova sostanza psicotropa, lo Benzaiten e che Winter usava, con l’aiuto di Said, la Ferriera, dove aveva un laboratorio, per condurre esperimenti sulle sostanze
psicotrope di origine naturale che scopriva nei suoi numerosi viaggi all’estero. Il miliardario ha dedicato gli ultimi anni della sua vita alla creazione di una sostanza psicotropa senza effetti collaterali e che non crei dipendenza. Una sostanza che aiutasse la gente a liberarsi dai propri traumi fino ad arrivare alla piena consapevolezza di sé, quella che Winter chiamava illuminazione. In questo romanzo ogni personaggio nasconde un’altra identità: il ricco industriale proprietario di una avviatissima azienda farmaceutica è uno sperimentatore di sostanze illegali, lo spacciatore Said è in realtà un ex insegnate di filosofia ed è il “sindaco” del quartiere Ferriera, perché Winter dopo aver comprato tutti gli stabili della zona glielo ha affidato. La stessa Ferriera, che nella notte appare un luogo degradato, di giorno si trasforma in una società multietnica modello, basata sul mutuo soccorso. Ma chi è Miriam Labate? La donna che torna in Italia dopo aver studiato in Inghilterra dove avrebbe conseguito il master in business administration? Questa è la domanda che si pone il lettore e la risposta arriverà leggendo pagina dopo pagina questo intrigante romanzo. Pannacci ce lo svela lentamente tramite flashback sulla vita della donna insieme a Diktus Winter che assume il ruolo di mentore insegnandole come comportarsi. La donna che vedi racconta il mistero della femminilità e del cosa vuol dire essere donna. Lo fa con uno stile elegante, semplice e non banale e adoperando gli stilemi e le tecniche narrative del thriller. Pannacci parla anche di multiculturalismo e della possibilità pratica di realizzarlo proponendoci l’esempio di Ferriera. Forse possiamo rimproverargli un eccesso di ottimismo. Ma se fossimo noi i cinici?
Book trailer del romanzo L’AUTORE Giovanni Pannacci vive fra Rimini e Città di Castello, insegna lingua italiana agli stranieri e si occupa di certificazioni linguistiche. Per l’editore Giulio Perrone ha pubblicato Siamo tutte delle gran bugiarde – Conversazione con Paolo Poli (2009) e il romanzo la canzone del bambino scomparso (2012). Per Fernandel ha pubblicato il romanzo L’ultima menzogna (2016). La donna che vedi Autore: Giovanni Pannacci Editore: Fernandel Codice EAN: 9788898605996 Prezzo di copertina € 13,00; prezzo ebook: € 6,49 A cura di Luca Bonatesta (lucabonatesta71@gmail.com) Straitjacket di El Torres e Guillermo Sanna
Sanguino quindi sono. È questa la risposta che El Torres dà al dubbio cartesiano del demone ingannatore che ci fa credere in una realtà che non esiste, ma che è solo una finzione o al più, una produzione della nostra mente. Non basta pensare per essere, occorre sanguinare. È quella la prova inconfutabile dell’esistenza, il sangue è la conferma. Alexandra ha ucciso fatto a pezzi i fratello gemello Alex ed è da anni chiusa in un manicomio criminale. Il comprensivo dottor Hayes è zoppo e ossessionato da fantasmi del passato come il dottor House, ma buono comprensivo e simpatico. Forse per questo sue diagnosi e le sue cure, sembrano meno efficaci di quelle del sarcastico medico di Hugh Laurie. Ma pur rinchiusa nella Straitjacket, ovvero camicia di forza, nelle mura e i cancelli di un nuovo Arkham Asylum, Alexandra vede altro ed oltre. Vede sovrapposto al mondo che gli altri personaggi credono reale, una sorta di mondo di Matrix, la creazione del demone di Cartesio, nel quale creature mostruose i Feeder, usano gli esseri umani come alimento della loro Regina Madre, echi di Aliens – scontro finale di James Cameron e The Brood di David Cronenberg. La storia perfettamente costruita, dosando suspense, orrore e mistero, si dipana tra realtà, follia e incubo che hanno in comune due cose: la morte e il sangue. Ma dietro la follia omicida di Alexandra, le sue finzioni per sfuggire a troppe medicine e teorie psicanalitiche, le sue fughe, c’è un piano preciso: dare la caccia ai cacciatori e Alex il gemello morto (?), sarà la chiave di volta per scoprire dove si annida, insospettabile, l’origine del male,
il demone di Cartesio, il maligno, l’ingannatore, la Regina Madre e far sanguinare lei stavolta. E forse sarà proprio la Straitjacket, la camicia di forza, a dare ad Alexandra e Alex il modo e forse un’altra vita; a caccia di Regine Madri Supreme, come la nonna e il nipotino trasformato in topo, in Le Streghe di Roald Dahl. In fondo come raccontava già Jack London in Il vagabondo delle stelle (ovvero The Star Rover conosciuto anche col titolo The Jacket…), la costrizione, la reclusione, la camicia di forza, possono aprire la mente ad altri mondi, ad altre visioni, altre vite… Innumerevoli i richiami alla fantascienza e al cinema che Straitjacket riporta alla mente: Matrix dei fratelli Wachowski, Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman, Inseparabili di David Cronenberg, Essi Vvivono e Halloween di John Carpenter, per l’agghiacciante sequenza iniziale e i classici indispensabili come Il corridoio della paura di Samuel Fuller e Lo specchio oscuro di Robert Siodmak. La filosofia ormai dilaga nella produzione di genere nei fumetti e nelle serie TV, mescolando questa volta in modo consapevole, mito e filosofia. Fumetti questo questo e serie TV come Legion, Fargo, True Detective, Westworld, Lost sono opere filosofiche che non vogliono semplicemente intrattenerci, con l’espediente antico ed infallibile della suspense. Sono invece riflessioni filosofiche, in forma accessibile, ma non per questo corriva, sulla nostra vita, sul mistero dell’essere. Straitjacket si inserisce in questa nuova, attualissima tendenza, il meglio che la narrativa fumetti e per immagini offra, con splendidi disegni di Guillermo Sanna che ricordano nei Feeder, il Legion di Bill Sinckiewicz dei Nuovi Mutanti e nel bianconero il Tony Moore di The Walking Dead, macchiato di rosso, tanto rosso. Perché, vedete, non conta se questo sia il mondo reale o il sogno di un sogno di un demone beffardo, il punto è che si sanguina comunque.
GLI AUTORI El Torres (testo), uno dei più prolifici autori di fumetti spagnoli degli ultimi anni, ha pubblicato negli Stati Uniti con IDW e Image Comics, e con la sua casa editrice Amigo Comics. Dibbuks distribuisce tutte le sue opere in tutta Europa in spagnolo. Le sue diverse serie horror di grande successo, tra cui The Veil, Nancy in Hell, Drums, The Westwood Witches e The Suicide Forest (Europe Comics 2016) gli hanno valso l’appellativo di “maestro dell’horror”. Più recentemente, El Torres ha affrontato altri generi con la graphic novel The Ghost of Gaudí. Alcuni suoi libri sono stati opzionati per il cinema e sono stati pubblicati anche in Giappone. El Torres attualmente vive a Málaga, in Spagna. Guillermo Sanna è nato a Maiorca nel 1976. Ha studiato illustrazione alla Scuola di Arti e Mestieri di Palma e poi ha praticato vari mestieri fino a quando non ha potuto dedicarsi completamente al mondo del fumetto. Nel 2016 ha pubblicato Straitjacket negli Stati Uniti, un fumetto horror pubblicato da Amigo e con una sceneggiatura di El Torres. Ha lavorato inoltre per Chisai (2001) della Approbation comics, Dreadnought (2004) della TalcMedia Press, Femforce (2008) della A.C Comics, Deadpool (2016) della Marvel Comics e per una miniserie dedicata a Bullseye (2017), sempre per la Marvel Comics. Straitjacket Testi: El Torres Disegni: Guillermo Sanna Collana: Weird Books Editore: Delos Digital Prezzo ebook: 4,99 € a cura di Gianni Solazzo (gianni.solazzo@gmail.com)
Cruciform – Serie in sei volumi di Gianfranco Nerozzi L’autore bolognese Gianfranco Nerozzi è un nome storico del panorama horror italiano che ha saputo dar voce, nel corso degli anni, a uno stile di immediato impatto, capace di evocare immagini forti e senza compromessi, creando una via postmoderna al genere pur rimanendo ancorato a tematiche horror tradizionali. Il suo romanzo più importante è L’urlo della mosca, pubblicato nel 1999. L’anno successivo ha esplorato l’ancestrale e immortale mito del vampiro con Ogni respiro che fai. Di questa storia, nel 2018 Nerozzi ha pubblicato un rifacimento in sei puntate, uscite con il titolo di Cruciform nella collana Delos Digital della casa editrice Delos Books. La vicenda narrata è ambientata in Emilia, sugli appennini omonimi a cavallo con la Toscana, e racconta le vicende di un gruppo di novelli crociati fondamentalisti cristiani che danno la caccia, in una galleria ferroviaria in disuso, a un accampamento di zingari che in realtà, sono dei vampiri. Durante la lettura, non ho potuto evitare di vedere nei crociati fondamentalisti una metafora della deriva razzista e intollerante che oggigiorno viviamo nei confronti dei diversi, siano essi emarginati o
rom. Cruciform ricorda, sotto questo punto di vista, un romanzo politico. La storia ruota attorno a tre personaggi principali: l’ispettore di polizia Giosuè Bonetti e due vampiri: il Rinnegato Daniel Drăgan e il Curatore, enigmatico personaggio che sta dietro ai moderni Crociati. Tutto sembra convergere verso un rave party in cui, alla fine, si deciderà il destino di tutti. Nerozzi accompagna poi la lettura con brani musical: molti sono di artisti metal come Marylin Manson e ACDC: stranamente i vampiri sembrano aver paura della musica rock! Notevole la citazione delle Litanies Of Satan di Diamanda Galas, uno dei suoi dischi più estremi, che ben si addice in questo contesto. Terminata la lettura sono rimasto un po’ deluso poiché non sentivo la mancanza di una nuova interpretazione di questo classico “topos” e il romanzo di Nerozzi non mi ha in alcun modo convinto del contrario. Oramai, la figura vampirica è inflazionata: negli anni siamo stati sommersi da produzioni mediocri e seriali come quelle di Stephenie Meyer. Sul tema – nella produzione moderna – ho apprezzato molto La fortezza di Paul F. Wilson. La vicenda narrata in Cruciform è, tutto sommato, abbastanza convenzionale: alla fine il tutto si riduce alla contrapposizione fra vampiri buoni e cattivi. Lo stile, per i miei gusti, è troppo immediato: certo, non mancano le immagini forti, ma credo che il weird debba seguire nuove vie– come ci ha dimostrato Thomas Ligotti. Cruciform si lascia leggere e riesce a coinvolgere ma il tutto rimane a un livello superficiale e poco originale. Si ha la sensazione di aver guardato un b movie sui vampiri – e neanche di quelli memorabili. Detto questo, devo riconoscere al Nerozzi il merito di aver provato a rinnovare il mito con alcune idee interessanti: l’idea che i vampiri respirino il sangue invece di berlo non è male, così come il fatto che registrino su video l’alba per potersela gustare – un espediente per evitare
di venir dissolti dalla luce – è affascinante. Da amante degli insetti ho trovato ottima la scelta di sostituire i pipistrelli con la sfinge testa di morto (Acherontiaatropos), un lepidottero descritto nel celeberrimo “Il silenzio degli innocenti”. Un’altra cosa che Nerozzi ha indubbiamente capito essere l’arma vincente è la serialità: nell’era delle serie TV pubblicare un libro a puntate funziona. Se amate alla follia i vampiri, Cruciform potrebbe regalarvi qualche brivido genuino: la storia tiene desta l’attenzione e non mancano la suspense e i colpi di scena. D’altra parte l’autore è un maestro del thriller sovrannaturale. L’AUTORE Gianfranco Nerozzi è passato attraverso numerose esperienze artistiche, fra cui la pittura e la musica, ed è un appassionato cultore di arti marziali (pratica diverse discipline di combattimento ed è cintura nera di karate), ma è soprattutto uno degli autori di genere più apprezzati nel panorama italiano. Ha pubblicato moltissimi racconti su antologie e riviste e 23 romanzi, spaziando fra le diverse tipologie del thriller. Fra i tanti suoi lavori: Cuori perduti vincitore del Premio Tedeschi 2001 per il miglior giallo dell’anno. Genia: vincitore del Premio Le ali della fantasia nel 2005. E lo sconvolgente Resurrectum. Ha firmato anche un paio di romanzi per ragazzi. Sceneggiatore e soggettista, ha lavorato con la casa di produzione TAODUE di Mediaset per la realizzazione del primo serial di Mistery italiano: Il tredicesimo apostolo.
Viene invitato spesso in televisione come esperto di tutto ciò che riguarda il lato oscuro dell’animo umano. Nel 2009 ha pubblicato Il cerchio muto, per l’editrice Nord, romanzo che si è classificato secondo al Premio nazionale di letteratura gialla di Camaiore e al Premio nebbia gialla di Suzzara. Acquistato in Germania e uscito col titolo Todesmaske. Il reading concert Cerchiomuto redivivo, tratto dall’omonimo romanzo, è stato portato in scena nel 2010. Nel 2012, è uscito il romanzo Continuum, il soffio del male, prequel de Il cerchio muto, per la nuova casa editrice del gruppo Mauri Spagnol: Tre60. (in edizione di lusso rilegata a soli 9,90 euro). Nel novembre 2013, esce una versione solo digitale di Memoria del sangue (Mezzotints), già pubblicato in edizione limitata nel 2007. Nell’ottobre del 2014 pubblica per la collana digitale della Delos un romanzo breve intitolato Quintessence, ottava puntata della serie Nomads ideata da Alan D. Altieri, spin off della saga horror The tubes creata da Franco Forte. Nel 2016 esce, sempre per i tipi di Delos, per la collana Horror Story curata da Luigi Boccia, Punto di saturazione. Mentre nel 2018 pubblica il serial digitale in sei puntate Cruciform. Con lo pseudonimo di Jo Lancaster Reno, ha pubblicato i romanzi di spy-action: L’occhio della tenebra (Mondadori 2003); La coda dello scorpione (Mondadori 2004). Lo Spettro corre nell’acqua (Mondadori 2007). Nel cuore del diavolo (Mondadori 2013), Agente Nemesis, furia letale (Mondadori 2014). Agente Nemesis, ultimo sangue (Mondadori 2016). Agente Nemesis, sfida mortale (Mondadori 2018). Docente di thrilling alla scuola Incubatoio 16 di Carlo Lucarelli. Ha fondato con altri autori il Laboratorio Zanna bianca, tenendo numerosi corsi di scrittura creativa e di sceneggiatura per scuole medie, licei e università. Nel 2013, in collaborazione con CANTO 31 ha creato il WRIGHT CLUB, rivoluzionaria accademia di scrittura e associazione di liberi combattenti della parola. Cruciform è acquistabile nei principali media store.
Cruciform- Serie in sei volumi Autore: Gianfranco Nerozzi Editore: Delos Digital Prezzo ebook: € 2,99 cadauno a cura di Cesare Buttaboni (caesar1471@gmail.com) Vangeli di sangue di Clive Barker A quasi trent’anni dal capitolo che ha iniziato la saga Hellraiser, Clive Barker scrive il capitolo conclusivo della serie e lo fa chiamando all’appello il detective dell’occulto Harry D’Amour, celebre soprattutto per esser stato il protagonista del racconto L’Ultima Illusione (1988) prima e soprattutto della trasposizione cinematografica del medesimo, distribuita col titolo Il Signore delle Illusioni (1995), per la regia dello stesso Barker. Vangeli di sangue (The Scarlet Gospels), edito in Inghilterra e negli Stati Uniti nel 2015 ma giunto in Italia con due anni di ritardo grazie alla meritoria scelta della piccola Independent Legions Publishing, è un romanzo abbastanza voluminoso che si discosta sia dal romanzo capostipite (Hellbound Heart) sia dalla saga cinematografica di riferimento.
Innanzitutto prende le distanze per il contesto in cui inserisce la storia (forse qualche reminiscenza del film Hellraiser II – Prigionieri dell’Inferno), in secondo luogo fa perno su un taglio assai più pulp sottolineato da dialoghi e battute più consone a un prodotto da blockbuster che a una storia giocata sulla suspence. In quest’ultimo aspetto risultava assai più efficace Hellbound Heart, senza ombra di dubbio più affascinante (e misterioso) per il suo limitarsi nel mostrare l’innominabile, ma di certo meno inventivo e più classico per il suo aderire al filone slasher movie. Clive Barker disegna le coordinate di un horror sospeso tra il grandguignolesco e il dark fantasy, con momenti di straordinario gusto pittorico-architettonico. Pur se penalizzati da un soggetto (è il contorno a brillare) non proprio eccelso. L’autore di Liverpool apre un vero e proprio squarcio sull’aldilà e lo fa sia dalla prospettiva del mondo umano sia da quella degli inferi, mostrando da un lato le anime dei defunti che vagano per le vie di New York avendo smarrito il percorso che conduce alla pace dei sensi e, al contempo, offrendo un dettagliato sguardo sul mondo costruito da Lucifero in persona (pure lui alla ricerca della pace dei sensi). Elemento di congiunzione tra i due mondi, ovviamente, non potrà che essere la scatola a sei facce di Lemarchand, con il suo enigma da sciogliere per varcare il portale del non ritorno (“Risolvere l’enigma di una di quelle scatole significava aprire una porta per l’Inferno”). Se tuttavia in Hellbound Heart era possibile leggere uncontenuto ulteriore alla mattanza messa in scena dall’autore di Liverpool, con Vangeli di sangue, sono il puro intrattenimento, nonché il gusto dell’arte, a calamitare le attenzioni dei lettori. Impossibile non restare affascinati dalla descrizione dell’inferno, con una
riscrittura dello stesso assai lontana dalla tradizione religiosa e, ancor di più, da quella dantesca. Una visione senz’altro onirica e dagli intensi colori, in cui l’autore riesce a trasmettere l’abbagliante lucentezza della stella del mattino (nome di Venere ovvero Lucifero) che risplende nell’oscurità più tetra degli abissi della terra. L’inferno di Barker ha le forme di un mondo racchiuso sotto le rocce(apocalittico il finale), in cui svettano torri e fortezze di maestosa bellezza fatte di labirinti e scalinate disomogenee. Un luogo retto da un’aristocrazia demoniaca che fa le veci di un Lucifero scomparso dasecoli, eppure venerato alla stregua di un Dio e immortalato in statue e affreschi. I demoni e gli ibridi (figli degli angeli caduti accoppiati con i dannati) sono delle vere e proprie creature viventi, così come gli angeli, e come tali possono morire (moriranno interi eserciti, sia a colpi di spada che per effetto di sortilegi). Harry D’Amour (qua dotato di poteri che lo rendono un sensitivo oltre che conoscitore di incantesimi e formule magiche), insieme a una truppa diimprobabili aiutanti (tra i quali un tatuatore omosessuale che si chiama CAZ KING), si troverà a percorrere le vie degli inferi, alla caccia di Pinhead, sfruttando un varco dimensionale aperto dallo stesso. Lo storico personaggio dalla testa chiodata, non presente nel primo romanzo ma protagonista indiscusso del serial cinematografico, è qua impegnato nientemeno che a condurre una rivolta contro Lucifero per rilevarne ilposto. Il suo è un vero e proprio delirio di onnipotenza che lo porta ad agire per conto proprio e a tramare alto tradimento contro il suo ordine. Una caratterizzazione psicologica che lo rende assai simile agli umani. La struttura narrativa diviene così quella del binario parallelo che vede i due soggetti avanzare nel loro rispettivo intento per finire con l’intrecciare il proprio destino, per vederlo poi di nuovo sdoppiare nella parte terminale.
D’Amour diviene così il martire, il testimone della potenza delle forze dell’aldilà e, come tale, finirà col perdere la vista (assumendone un’altra, quella proiettata sull’altrove). Sarà, in altre parole, costretto ad assistere allo scontro infernale tra Pinhead e Lucifero per narrare sulla terra le gesta delnuovo pretendente al ruolo di re dei diavoli. Per costringere il detective a collaborare, Pinhead, nel frattempo elevatosi a grande mago dopo aver sterminato i più grandi maghi del mondo e averne appreso i misteri con lo strumento della tortura, farà rapire una sensitiva cara a D’Amour per indurre lo stesso a seguirlo nella discesa infernale. Quest’ultima, cieca e indifesa, ha il dono di vedere, sulla terra, le anime delle persone morte (esilarante descrizione delle stesse, con battute da fumetto pulp) e di prestare loro aiuto per rimetterle sulla giusta strada e accettare la loro nuova realtà. In buona sostanza, la forza del romanzo sta proprio nella descrizione dell’inferno e, ancora di più, nella caratterizzazione di un Lucifero (dai tratti umani pur se di altezza ciclopica) che, a differenza di Pinhead, non può neppure definirsi malvagio. Il Diavolo viene tratteggiato come un angelo caduto in depressione, infelice e arresosi all’evidenza dei fatti dopo aver cercato di costruire il suo paradiso (leggasi inferno) scimmiottando la città di Roma e battezzando la sua creatura Pyratha (aka Pandemonium). Bellissima la parte in cui Pinhead profana il santuario di Lucifero, una sorta di sarcofago architettonico in cui lo stesso versa in stato di apparente morte, dando l’idea di essersi suicidato in un arzigogolato quanto spettacolare modo, per dimenticare la propria condizione e accogliere l’artificio del sonno eterno. Se quanto sopra costituisce il punto di forza del romanzo, con descrizioni e momenti degni di esser menzionati tra i più riusciti nel genere, Barker scivola spesso e volentieri in fastidiose cadute di stile. In prima battuta, a mio avviso, diventa “stucchevole” per i continui riferimenti (spesso e volentieri gratuiti) alla sfera sessuale (quasi tutta di
stampo omosessuale). Ancora di più, stonano i dialoghi che vedono D’Amour e il suo gruppo di amici in azione. Barker opta per un taglio farsesco, da film destinato al circuito blockbuster, con punte di un’ironia grossolana e sprazzi di banalità che vanno a cozzare con la magnificenza del contesto. Sono inoltre, sempre a mio modesto parere, da rilevare le troppe scene di combattimenti e di azione che, paradossalmente, finiscono per rallentare la narrazione, per effetto di una descrizione capillare dei vari colpi portati e dei vari modi attraverso i quali gli stessi vengono schivati o vanno a bersaglio. Non si contano infatti gli scontri tra D’Amour e i demoni e tra questi e Pinhead . Ciò premesso, soprattutto nella prima parte, non manca il gore e il sangue a ettolitri,aspetto che rende il romanzo consigliabile solo alla cerchia di appassionati dell’horror estremo. Il ritmo è altalenante, mentre la qualità tende a crescere sulla lunga distanza grazie al maggior gusto dell’arte che, a poco a poco, diviene prevalente sulla violenza e sulle perversioni sadico/sessuali. La prima parte del romanzo è una vera e propria macelleria con due “sequenze” degne di nota: il flashback in cui viene mostrato il primo incontro tra D’Amour, all’epoca poliziotto, e un demone sanguinario; e il sopralluogo all’interno di un appartamento di un mago specializzato in magia sessuale (alla Crowley), occasione che permette a Barker di ricordare volumi e oggettistica propria di un certo mondo occulto (uno dei rari momenti classici del romanzo).
L’AUTORE Clive Barker inizia scrivendo per il teatro, poi passa alla letteratura e alla pittura. In seguito si interessa all’adattamento per il cinema delle sue opere ma ne rimane insoddisfatto a causa dei paletti posti dai produttori durante le riprese, questo è il caso di Rawhead Rex e Underworld. Così si impegna nella direzione diretta degli adattamenti e il suo primo, Hellraiser: Non ci sono limiti, ebbe un notevole successo. Più tardi la Eclipse e la Epic si interessarono per la trasposizione in fumetti dei Libri di sangue creando la serie Tapping the vein e dei Cenobiti di Hellraiser creando una saga apposita chiamandola The harrowing dove hanno partecipato i disegnatori di fumetti americani di più grande successo. Sulla Epic abbiamo anche il seguitodi Nightbreed, una saga che descrive l’esodo degliabitanti di Midian. Per la Marvel ha creato quattro nuovi supereroi inediti in Italia: Hyperkind, Ectokid, Hokum & Hex, Saint Sinner. Nel 2015 è uscito nelle librerie statunitensi The Scarlet Gospels, nuovo romanzo di Barker in cui Harry D’Amour (detective del paranormale apparso nel racconto L’ultima illusione contenuto nel sesto volume dei Libri di sangue) si scontra con Pinhead. Come scrittore lo si può ricordare con I libri di Sangue, The Inhuman Condition, In the flesh, The forbidden, Cabaled Hellraiser, il suo stile feroce e sanguinario però non lo fa restare uno scrittore di nicchia ma un maestro del brivido amato in tutto il mondo. I film dell’orrore vengono messi in risalto soprattutto da effetti speciali e make-up efficaci. Tra i suoi personaggi più noti possiamo ricordare Pinhead, indiscusso antagonista
della saga Hellraiser, e Candyman, l’uomo con l’uncino che appare dallo specchio, personaggio dell’omonima trilogia. Vangeli di sangue Autore: Clive Barker Editore: Endependent Legions Publishing Codice ISBN: 9788899569556 – Pag. 294 Prezzo di copertina: € 20,00 edizione cartacea; € 4,99 edizione ebook a cura di Matteo Mancini (goldenmancho@libero.it) The Terror – Serie televisiva di Amazon Prime La scomparsa dell’Erebus è uno straordinario romanzo di Dan Simmons, rieditato The Terror in occasione dell’uscita nel 2018 della omonima serie tv. Straordinario perché mescola la rigorosa documentazione storica che ha comportato un lavoro fuori del comune, con la fantastica ricostruzione, profonda umanamente e perfettamente verosimile, della famosa spedizione del 1845, dell’ammiraglio inglese Franklin, nell’America dell’estremo nord artico, alla ricerca del mitico passaggio a Nord Ovest, tra l’Atlantico e il Pacifico. L’ammiraglio Franklin comandava due navi, l’Erebus e il Terror che mai tornarono dalla loro missione e solo secoli dopo, ostinati
ricercatori trovarono i resti della tragedia sovvenuta tra fame, gelo, cannibalismo e orrore. Persi nell’artico i due equipaggi perirono miseramente. Su questa mitica storia che ha dato vita a spedizioni di salvataggio, esplorazioni, indagini, libri, canzoni, ballate e trenta anni fa un libro splendido, come La ricerca della lentezza di Sten Nadolny, Simmons innesta un elemento fantastico: una bestia primordiale, sciamanica, un signore delle mosche che questa volta regna sui ghiacci che rappresenta l’incomprensibilità della natura, per chi vuole violarne il mistero solo con gli strumenti scientifici. Questo è il grande fallimento che Simmons mette in scena, il positivismo che vuole che tutto sia spiegabile, scientificamente provabile che cozza con l’irriducibilità a ragione del mistero della vita. In finale coerente e denso di significato, solo chi accetterà l’incomprensibile, un legame più profondo col terribile mondo dei ghiacci e i suoi segreti sopravviverà. Dan Simmons Già il libro è di qualità letteraria notevole, una vera prova d’autore. Amazon Prime ha tratto dal romanzo la serie The Terror ideata dall’americano David Kajganich che è una delle migliori, tra le diseguali proposte della casa di produzione di Jeff Bezos. Pur essendo finanziata e ideata, negli USA, intelligentemente la serie è prodotta da Ridley Scott, inglese e padre della fantascienza cinematografica degli anni ’80, che ormai dà il meglio, più che come regista, nella produzione di serie tv, come nella splendida The Good Wife, un capolavoro di
linguaggio, stile e capacità di tradurre l’oggi in racconto. David Kajganich Stile, messinscena e recitazione di The Terror sono squisitamente britannici. Niente montaggi frenetici e tic da Actor’s Studio. Le immagini di qualità cinematografica, uniscono la notte artica, con l’abbagliante lucentezza dei ghiacci e agli angusti e fumosi spazi claustrofobici di navi dell’ottocento. Un ottimo lavoro visivo nella disposizione dei volumi, degli spazi, delle luci, delle tante ombre e del tanto orrore. Tutti gli attori sono inglesi, quindi credibilità e asciuttezza, grande presenza e la scrittura i dialoghi hanno il fiorito turgore della lingua di Shakespeare e l’opera è di qualità superiore. L’elemento fantastico serve agli show runner per mostrare, come al di fuori del contesto della società, appena sotto la maschera della civiltà, gli uomini costretti a lottare per la sopravvivenza, sono bestie feroci che si divorano e uccidono l’un l’altro, più feroci della bestia vera, primitiva, ancestrale feroce che li aspetta tra le i cumuli di giaccio. Inutilmente la mente malefica che contribuisce con la sua insensata crudeltà egoistica, alla rovina della spedizione, tenterà la comunione con la Bestia. Alla natura e alla sua forza primordiale, ci si arrende con cuore puro, non per
trasformarla in uno strumento di dominio. La salvezza sarà solo per chi riuscirà a conservare, un difficile rapporto con lo spirito pubblico, la responsabilità verso l’altro la pietà e ad accettare il nuovo, che per quanto atroce, regala almeno una possibilità a chi di umili origini è un paria nella società classista e perbene della regina Vittoria. Tutti straordinari gli attori, ma non si possono non citare Ciaran Hinds, Jared Harris, Tobias Menzies, Paul Ready, Adam Nagaitis, Nive Nilsen e la meravigliosa Greta Scacchi sogno di tanti adolescenti di trenta fa, oggi una triste Lady Frankilin. Come ogni serie tv The Terror tende ad una narrazione corale, con diverse storie parallele, ma senza perdere l’unità d’azione in inutili episodi riempitivi e soprattutto si articola su una sola stagione, con un enorme sospiro di sollievo, di chi stenta a seguire serie ormai defunte da anche sedici stagioni. a cura di Gianni Solazzo (gianni.solazzo@gmail.com)
Magniverne di Maurizio Cometto Un vecchio mulino dalla sagoma un po’ sbilenca si staglia sulla riva di un fiume grigio. I toni ocra e fulvi della struttura in legno consumato dalle intemperie si fondono con i giochi cromatici di un cielo sporcato dall’incombente imbrunire, grigie montagne sullo sfondo dell’immagine come in un acquerello impressionista. Le sterpaglie, la staccionata e i radi e brulli alberi contornanti il caseggiato trascendono in triangoli sghembi e motivi geometrici che sembrano simboli esoterici. La bella copertina di Giulio Rincione è l’immagine che ci accoglie all’inizio del nostro viaggio a Magniverne. Ma cos’è Magniverne, e dove si trova? Facciamo un passo indietro: il cuneese Maurizio Cometto, assieme ad altri autori, a cominciare dal “decano” Danilo Arona, rappresenta al meglio una “via piemontese” al weird e al realismo magico. Un collettivo che, con le differenze legate al background individuale e allo stile dei singoli autori, è riuscita a imporre all’attenzione dei lettori più attenti e appassionati del genere una serie di tòpos immaginari che tracciano una mappa orrorifica e arcana di una delle regioni più misteriose ed esoteriche del Bel Paese. Così, accanto alla Bassavilla di Arona e la Idrasca di Luigi Musolino, anche la Magniverne di Cometto (che già ci aveva deliziato a suo tempo con la sua Torino onirica, metafisica e inquietante che fa da sfondo a Cambio di stagione) entra a pieno titolo tra i non luoghi più
spaventosi d’Italia. Il libro riunisce storie in parte già precedentemente pubblicate su antologie personali e collettive, a cominciare dal romanzo breve Il costruttore di biciclette, la cui prima stesura risale al 2006. Leitmotiv delle storie qui raccolte è appunto l’ambientazione in questo piccolo centro abitato tra le montagne piemontesi, accanto al quale scorre l’altrettanto immaginario fiume Labironte. Sotto l’aspetto di paesino di montagna un po’ depresso, Magniverne è una zona nevralgica in cui il velo tra il mondo che conosciamo e una diversa, più oscura realtà, si fa molto sottile. Vi è un vero e proprio varco sulla cui soglia entità enigmatiche, quasi Doppelganger oscuri dei magnivernesi, premono per uscire e sostituirsi alle persone di questo mondo. La salvezza è affidata al piccolo Davide che pedala per le strade di Magniverne, ignara pedina di un gioco che coinvolge entità e forze potenti e oscure. Nel suo intreccio complesso e con numerose sottotrame in meno di cento pagine, la storia riesce a far risuonare in più di un momento il famoso “battito di ali nere provenienti dall’altrove” ricercato da Lovecraft. Il successivo L’uomo invisibile è ancora una storia sull’ambiguità di Magniverne e il suo essere un varco con un mondo sconosciuto, in questo caso metafora del dramma disgregativo in atto nella famiglia protagonista. Da questa porta in un altro mondo si rischia di non fare ritorno, o uscirne irreparabilmente cambiati, trasfigurati al punto da apparire come esseri perduti. In Magniverne sommersa il fiume Labironte diviene protagonista principale della storia, divenendo sede della Magniverne alternativa, che proprio per il suo essere fisicamente sommersa rispetto a quella visibile ne appare ancor di più speculare, quasi la sua nemesi, con la trasfigurazione dei suoi abitanti in ributtanti e al tempo stesso malinconiche
creature anfibie che sembrano rimpiangere, accanto alla precedente forma umana, anche una sorta di integrità perduta. Il tema dell’infanzia, e anche del suo addentrarsi in quella zona d’ombra che precede o talvolta coincide con l’adolescenza e la scoperta del desiderio romantico ed erotico ma anche il prendere coscienza dei problemi del mondo è forse il leitmotiv sottinteso di tutte le storie. Non a caso spesso il punto di vista privilegiato è proprio quello del bambino o dell’adolescente. Nel successivo racconto Via da Magniverne Cometto fonde il tema della storia di fantasmi con quello delle prove di coraggio come rito di passaggio di età, dando vita a una storia che oltre a possedere grande pathos narrativo ha anche un respiro filosofico ed esistenziale. Un ragazzo solitario scava ancora sul tema dell’adolescenza e le sue zone d’ombra, che insidiano la vita apparentemente perfetta di uno spietato manager aziendale. Grandi traumi sono nascosti sotto la sua apparente sicurezza e autostima, e per giungere alla catarsi deve fare i conti con gli anni d’infanzia trascorsi a Magniverne e con i suoi vecchi compagni di scuola. Il piccolo paese si rivela ancora una volta luogo di confine sottile tra questo mondo e un altro forse popolato dai fantasmi delle nostre paure sepolte, e torna protagonista il Labironte con le sue enigmatiche creature acquatiche. Nel racconto conclusivo, Ritorno a Magniverne, troviamo ancora una volta un protagonista adulto che deve fare i conti con la pesante eredità della sua infanzia a Magniverne, che in questo caso nasconde oltre che un trauma pregresso un vero e proprio senso di colpa rimosso. Che tuttavia presenta il conto arrivando a distruggere una apparente felicità raggiunta. Racconto che, più rispetto agli altri che lo hanno preceduto, si mostra ricco di riferimenti anche espliciti alla psicanalisi, simbologie oniriche e spunti freudiani, è anche una storia in cui il tema del passaggio dall’infanzia all’età dei primi amori è trattato con rara intensità. Su tutto, ancora una volta domina l’enigmatico piccolo centro con il suo mulino abbandonato, i suoi boschi impregnati dall’odore di legno marcio, il fiume che gli scorre accanto sussurrando
minaccioso, e le sue misteriose smagliature dal tessuto del reale, attraverso cui i fantasmi del passato giungono a punirci per le nostre malefatte. L’AUTORE Maurizio Cometto (Cuneo, 1971). Tra i suoi libri pubblicati, il romanzo Il costruttore di biciclette (Il Foglio 2006), la raccolta L’incrinarsi di una persistenza e altri racconti fantastici (Il Foglio 2008), il romanzo per istantanee Cambio di stagione (Il Foglio 2011). Nel 2016 sono usciti in e-book il racconto lungo La macchia, per Acheron Books, e il romanzo di formazione Michele e l’aliante scomparso, per Delos Digital. Nel dicembre 2017 è uscita la raccolta di racconti Heptahedron, per Acheron Books. Nel settembre 2018 il racconto La Tierra Blanca, tradotto in inglese da Rachel S. Cordasco, è stato incluso nel primo numero della prestigiosa rivista The Silent Garden, edita da Undertow Publications. Ha pubblicato numerosi racconti in antologie, siti internet e riviste. Laureato in Ingegneria Meccanica, vive a Collegno. Valerio Evangelisti ha scritto di lui: “Se mi chiedessero, a bruciapelo, qual è l’autore italiano di narrativa fantastica che preferisco, risponderei Maurizio Cometto.” Magniverne Autore: Maurizio Cometto Editore: Edizioni Il Foglio Pag. 313 Codice EAN: 9788876067532 Prezzo di copertina: € 16,00 a cura di Vincenzo Barone Lumaga (vinxblack@hotmail.it)
Fuoco, il nuovo singolo dei Flic Floc Dal duo di Verona arriva Fuoco, il terzo singolo che sarà presto compreso nell’album d’esordio dei Flic Floc, che uscirà fra qualche settimana. Fuoco si presenta con un sound fresco e moderno, in linea con le scelte delle migliori produzioni internazionali. Un ottimo lavoro sotto il profilo musicale, in collaborazione con il Flaming Studio di Verona, che scorre fluido in poco meno di quattro minuti lasciandoti col desiderio di ricominciare, al capolinea della timebar. Un brano, quindi, senza dubbio attuale il nuovo singolo dei Flic Floc. Ascoltandolo si percepiscono forti influenze provenienti dal passato (anni ’80 e ’90) e alcuni passaggi vocali del pezzo che, soprattutto nella parte iniziale, ci ricordano qualcosa di Battiato fino ai meno noti Amari (cfr. l’album Kilometri) passando anche per gli internazionali Wham! e i Depeche Mode. Per la canzone dei Flic Floc è stato realizzato anche un video, minimalista ma ben fatto, che richiama, nei colori e nelle immagini, la musica del vecchio millennio.
Web links: https://www.facebook.com/flicflocofficial/ https://www.instagram.com/flic_floc_/ Vampires di John Carpenter Una squadra di cacciatori di vampiri vuole liberare la Terra da queste immonde creature demoniache. Quando però si imbatte nel loro capo, il potente Valek, le cose si mettono male… Grande western vampiresco sagace nel saper miscelare orrore e azione, un Carpenter ispiratissimo che ha saputo rigenerarsi dopo un paio di stop. Ingiustamente sottovalutato rimane un film di forte intensità, dinamico, violento, ironico e anticonformista tra i migliori da lui girati nell’ultimo ventennio. Ottima fotografia e potente soundtrack dello stesso regista in collaborazione con gli Anthrax, il noto gruppo musicale speed/thrash metal statunitense. Visto il successo del primo capitolo, Carpenter decise di produrre (fatto già avvenuto nella serie di Halloween) un seguito, diretto da Tommy Lee Wallace intitolato Il cacciatore
delle tenebre. Ne fecero un seguito Vampires 3 nel 2005, ma è un film che ha una storyline completamente diversa rispetto ai primi due. VAMPIRES Regia di John Carpenter. Con James Woods, Daniel Baldwin, Sheryl Lee, Thomas Ian Griffith, Maximilian Schell, Tim Guinee, Mark Boone Junior, Gregory Sierra. Titolo originale: John Carpenter’s Vampires. Horror, durata 102 min. – Usa 1998
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