L'APPRENDIMENTO DELL'ITALIANO COME LINGUA SECONDA E LINGUA STRANIERA.

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L'APPRENDIMENTO DELL'ITALIANO COME LINGUA SECONDA E LINGUA STRANIERA.
Leopold-Franzens-Universität Innsbruck
                      Institut für Romanistik

                       Masterarbeit

L’APPRENDIMENTO DELL’ITALIANO COME
LINGUA SECONDA E LINGUA STRANIERA.
 Un’analisi specifica nel contesto scolastico e sociale
                         altoatesino.

                 Verfasserin: Martina Ghirardini
                  (Matrikelnummer: 01218022)

       Betreuer/in: Assoz. Prof. Mag. Dr. Christine Konecny

                   Innsbruck, im Februar 2019
L'APPRENDIMENTO DELL'ITALIANO COME LINGUA SECONDA E LINGUA STRANIERA.
Ringraziamenti

        Alla fine di questo lungo cammino, vorrei spendere due parole di ringraziamento nei
          confronti di tutte quelle persone che mi hanno accompagnato durante i miei studi
                    universitari e che mi hanno aiutato nella stesura di questa tesi di laurea.
  Il ringraziamento più grande va innanzitutto alla mia relatrice, la professoressa Christine
     Konecny, che mi ha aiutato moltissimo dandomi preziosi consigli e dirigendomi verso la
                                                                               strada giusta.
 Un altro ringraziamento va alla mia famiglia e in particolare ai miei genitori, che mi hanno
 sostenuto economicamente e moralmente in tutti questi lunghi anni di studio e sono sempre
                                                                          stati al mio fianco.
Un ringraziamento va naturalmente anche a Dennis, il mio fidanzato, che mi è sempre stato
      vicino nei momenti più difficili, nei momenti di dubbio e di insicurezza, ma anche nei
                                                                 momenti di gioia e allegria.
     Un grazie va infine anche all’Università di Innsbruck e a tutti i docenti che mi hanno
    accompagnato in questi anni, contribuendo alla mia formazione ed educazione, e che mi
                                        hanno ispirato durante questo percorso formativo.
  Grazie infine ai due insegnanti e ai due studenti che hanno accettato di essere intervistati.
                    Un grazie particolare va infine ad Alessandra Spada per il suo sostegno.

                                                                Grazie ancora a tutti quanti.

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L'APPRENDIMENTO DELL'ITALIANO COME LINGUA SECONDA E LINGUA STRANIERA.
INDICE
PREMESSA ............................................................................................................................... 5

INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 7

1. PARTE PRIMA...................................................................................................................... 9

   1.1 Acquisizione e apprendimento della lingua...................................................................... 9

   1.2 Behaviorismo e linguistica generativa: due modelli a confronto ................................... 10

   1.3 Bilinguismo e L2 in Alto Adige ..................................................................................... 11

   1.4 Il sistema scolastico in Alto Adige ................................................................................. 14

      1.4.1 L’importanza dell’apprendimento della L2 ............................................................. 15

      1.4.2 L’insegnamento della L2 all’interno dei vari cicli di studio .................................... 16

      1.4.3 La scuola trilingue: una speranza per il futuro......................................................... 18

      1.4.4 Un progetto pilota per l’insegnamento della L2 alla scuola materna italiana.......... 18

   1.5 Italiano Lingua di contatto .............................................................................................. 19

      1.5.1 L’insegnamento dell’italiano a immigrati ................................................................ 21

      1.5.2 Gli alunni stranieri nelle scuole in Alto Adige: alcuni dati...................................... 23

          1.5.2.1 Scuole primarie.................................................................................................. 24

          1.5.2.2 Scuole secondarie di primo grado ..................................................................... 25

          1.5.2.3 Scuole secondarie di secondo grado .................................................................. 25

      1.5.3 I centri linguistici ..................................................................................................... 26

   1.6 La valutazione delle competenze: il QCER .................................................................... 29

2. PARTE SECONDA ............................................................................................................. 32

   2.1 Metodi di ricerca ............................................................................................................. 32

                                                                    2
L'APPRENDIMENTO DELL'ITALIANO COME LINGUA SECONDA E LINGUA STRANIERA.
2.2 Interviste ......................................................................................................................... 32

      2.2.1 Intervista ad un professore di italiano L2 ................................................................ 33

      2.2.2 Intervista ad un professore di tedesco L2 ................................................................ 36

      2.2.3 Riflessioni sui risultati delle due interviste .............................................................. 39

      2.2.4 Intervista Studente 1 ................................................................................................ 43

      2.2.5 Intervista Studente 2 ................................................................................................ 45

      2.2.6 Riflessioni sui risultati delle due interviste .............................................................. 47

      2.2.7 Ulteriori difficoltà nella padronanza della L1 e della L2, legate specificamente
      all’Alto Adige ................................................................................................................... 48

   2.3 Analisi di alcuni testi ...................................................................................................... 48

      2.3.1 Testo scritto 1 ........................................................................................................... 49

      2.3.2 Testo scritto 2 ........................................................................................................... 51

      2.3.3 Testo scritto 3 ........................................................................................................... 53

      2.3.4 Testo scritto 4 ........................................................................................................... 56

      2.3.5 Testo scritto 5 ........................................................................................................... 58

      2.3.6 Testo scritto 6 ........................................................................................................... 60

      2.3.7 Testo scritto 7 ........................................................................................................... 61

      2.3.8 Testo scritto 8 ........................................................................................................... 63

   2.4 Analisi dei risultati dei testi analizzati............................................................................ 66

   2.5 La concordanza dei tempi verbali ................................................................................... 72

3. PARTE TERZA ................................................................................................................... 78

   3.1 Confronto tra due mondi: italiano L2 vs. italiano Lingua di contatto ............................ 78

      3.1.1 Come apprendono gli altoatesini l’italiano o la L2 .................................................. 78

      3.1.2 Come apprendono gli stranieri l’italiano / il tedesco LS?........................................ 79

CONCLUSIONI ....................................................................................................................... 81

                                                                     3
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................... 86

SITOGRAFIA .......................................................................................................................... 90

INDICE DELLE FIGURE ....................................................................................................... 92

INDICE DELLE TABELLE .................................................................................................... 93

EIDESSTAATLICHE ERKLÄRUNG .................................................................................... 94

                                                                   4
PREMESSA

Ho scelto di scrivere su questo argomento spinta da una motivazione personale. Nata e cresciuta
in Alto Adige e quindi in una terra di confine, dove convivono due, anzi tre lingue
contemporaneamente, ho capito fin da giovane l’importanza che queste lingue hanno nel nostro
territorio. Venendo da una famiglia italiana, ho compreso e affrontato i vari problemi che
ricorrono nell’apprendimento di una lingua seconda, che per me è il tedesco. Avendo
frequentato sempre la scuola italiana, ho visto i lati negativi e positivi del sistema scolastico
italiano e altoatesino. Non ho mai avuto problemi di apprendimento con le lingue, e neanche
con la lingua seconda; anzi le lingue sono sempre state, e lo sono tuttora, una passione per me.
Trovo affascinante imparare una lingua che non è la propria; riuscire a comunicare con altre
persone di culture diverse apre la mente e aiuta a vedere il resto del mondo con un altro sguardo.
Come disse Federico Fellini, “un linguaggio diverso è una diversa visione della vita”.

Vivendo in un ambiente cittadino come Bolzano, ho trovato però difficile l’integrazione nel
gruppo linguistico tedesco. Per un determinato periodo della mia infanzia e adolescenza, stetti
solamente a contatto con un’ambiente quasi esclusivamente italiano; verso la fine dei miei anni
scolastici, mi avvicinai di più, tramite progetti culturali e scolastici organizzati da varie
associazioni altoatesine e italiane, all’ambiente tedesco e iniziai quindi a mettere in pratica la
lingua stessa.

Per gli studi universitari, feci poi la scelta di andare a studiare all’estero: il mio obbiettivo era,
ed è tuttora, quello di migliorare e perfezionare il mio livello di tedesco, indispensabile per
avere una migliore prospettiva professionale e un migliore rapporto sociale e culturale con il
territorio in cui vivo. Scelsi quindi Innsbruck, una vicina città universitaria, dove avrei imparato
sicuramente meglio il tedesco; inoltre Innsbruck è una città in cui si mescolano varie culture e
in cui vivono molti stranieri che vogliono inserirsi e imparare il tedesco, rendendo quindi più
facile anche a me l’integrazione linguistica e culturale nella città stessa.

I miei anni universitari mi hanno permesso di approfondire la conoscenza della L2, applicandola
nei vari contesti quotidiani e di studio, facendomi maturare nelle mie capacità comunicative
con il mondo tedesco. In questo periodo ho sperimentato su me stessa come il miglior modo
per apprendere una lingua sia quello di studiarla e viverla laddove essa viene parlata.

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Vivo in un tempo e appartengo ad una generazione di un’Europa molto differente da quella dei
miei genitori. Le lingue che noi giovani conosciamo e vogliamo imparare sono a nostra portata
tramite internet, tirocini lavorativi all’estero, progetti Erasmus, ecc. C’è la consapevolezza
dell’importanza di comunicare in un’altra lingua e c’è più mobilità in Europa: le persone si
trasferiscono e viaggiano di più. L’apprendimento di un’altra lingua è diventata quindi una
priorità per il futuro della nostra generazione.

                                                   6
INTRODUZIONE

Questo lavoro si propone come un’analisi dell’apprendimento e dell’insegnamento dell’italiano
come lingua seconda, o L2, e come lingua straniera, o LS, nella scuola in Alto Adige.

Il lavoro consta di tre parti. Nella prima parte si fornisce un’introduzione teorica alla linguistica
acquisizionale, trattando in primis la differenza tra L1 e L2 e tra acquisizione e apprendimento.
Verranno poi messi in luce i diversi approcci sull’acquisizione linguistica, scienza che iniziò a
crescere agli inizi del ’900 grazie alle teorie di linguisti come John Broadus Watson, Burrhus
Frederic Skinner e Noam Chomsky, analizzando quindi l’apprendimento linguistico attraverso
le loro teorie. Successivamente si tratterà il tema dell’apprendimento di una lingua seconda, in
questo caso dell’italiano e del tedesco, in ambito scolastico e quindi dal punto di vista didattico.
Verranno date innanzitutto le definizioni di “bilinguismo” e di “diglossia”, legate
specificamente al contesto dell’Alto Adige. Si esplicherà poi il sistema scolastico in Alto Adige,
mettendone in luce i vari aspetti, le caratteristiche, i pregi e i difetti ed evidenziando il ruolo
che la lingua seconda gioca nella scuola altoatesina.

In seguito verrà trattato anche il tema dell’italiano come lingua straniera o come lingua di
contatto appresa da parte degli immigrati che sono arrivati in Italia e in Alto Adige, o da parte
dei figli degli immigrati che sono nati nella nostra terra e che sono quindi di seconda
generazione. Verranno mostrati poi alcuni dati sulla presenza degli stranieri nelle scuole
altoatesine e si parlerà anche di un importante passo nell’integrazione degli stranieri, ovvero
l’insegnamento specifico dell’italiano e del tedesco attraverso i corsi per gli immigrati offerti
dai centri linguistici presenti in terra altoatesina.

Nella seconda parte del lavoro verranno messi a fuoco i vari aspetti della lingua e del suo
apprendimento e gli errori che ricorrono da parte degli studenti, attraverso interviste a due
insegnanti di L2 a Bolzano. Con le interviste si farà quindi anche un piccolo confronto con il
tedesco come lingua seconda e con l’apprendimento del tedesco da parte degli altoatesini
italiani. A seguito delle due interviste, verranno poi tratte delle conclusioni sui risultati delle
interviste.

Per analizzare a fondo il tema dell’apprendimento della lingua seconda, verranno analizzati dei
testi italiani scritti da studenti germanofoni e stranieri che frequentano la scuola in Alto Adige.
In questi testi si analizzeranno gli errori commessi dagli studenti e si cercherà di confrontare

                                                   7
ciò che è stato detto nelle interviste ai professori riguardo agli errori degli studenti oltre che
nella parte teorica sul contesto sociale e scolastico altoatesino.

Nella terza parte, infine, verranno confrontate due situazioni di apprendimento molto diverse
tra loro: l’apprendimento degli studenti altoatesini (italiano / tedesco L2) e l’apprendimento
degli stranieri arrivati in Italia (italiano lingua di contatto / lingua straniera).

A termine di questo lavoro verranno fatte delle conclusioni su tutto ciò che si è voluto analizzare
in questa tesi di laurea.

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1. PARTE PRIMA

1.1 Acquisizione e apprendimento della lingua

Pur essendo una scienza abbastanza giovane rispetto ad altre, la linguistica presenta numerose
e diverse teorie sull’acquisizione della lingua. Alcune sono ancora oggi molto discusse, altre
invece già antiquate. Tuttavia, l’uomo è l’unica specie che nel corso degli anni è riuscita a
sviluppare una lingua parlata per comunicare. Tutte le persone possono apprendere o acquisire
la loro lingua materna e possono anche imparare altre lingue straniere. (cfr. Decke-Cornill /
Küster 2014: 21).

Quando si parla di acquisizione di una lingua, si deve anche differenziare tra l’acquisizione
della lingua materna e della lingua straniera. La lingua materna o madrelingua è anche chiamata
lingua nativa o semplicemente L1. Invece la lingua seconda o L2 è qualsiasi lingua che venga
imparata dopo la L1: è quindi una lingua straniera1.

Ma qual è la differenza tra l’acquisizione di una lingua e l’apprendimento di una lingua?
Secondo il linguista Stephen Krashen, l’acquisizione e l’apprendimento di una lingua sono due
concetti diversi. L’acquisizione di una lingua è implicita, inconscia e spontanea, e avviene
quindi attraverso processi automatici, mentre l’apprendimento è un processo formale e conscio,
che richiede l’uso di regole in modo sistematico e che ha luogo in ambito scolastico.
L’acquisizione della lingua è un tema di recente interesse. Prima del ’900 non ci si interessava
tanto dell’acquisizione della lingua, che veniva vista come un prodotto dell’abilità di ragionare
dell’uomo. Questo tema ha le sue origini nel ventesimo secolo, quando si iniziarono a cercare
le diverse relazioni tra linguaggio e pensiero, ovvero tra il linguaggio come strumento di
comunicazione degli esseri umani e la formazione dei sistemi di conoscenze (Brandi / Salvatori
2004: 1). Si iniziò a capire che sapere una lingua non vuole solamente dire associare delle parole
a dei concetti, ma anche dover sapere come combinare le varie parole in frasi, visto che queste
sono i mezzi con cui l’uomo esprime i propri pensieri. Sapere perfettamente una lingua è quindi
un’impresa di certo non facile: la lingua è un sistema pieno di regole di tutti i tipi, e imparare
una lingua significa perciò anche impararne le regole. Ci si pose quindi la domanda: come
possono i bambini imparare tutte queste regole della loro lingua materna solamente venendone
a contatto?

1
    Cfr. http://www.grandionline.net/nicola/lingue_e_linguaggio/ apprendimento2.pdf (ultimo accesso: 11.12.2018)

                                                        9
1.2 Behaviorismo e linguistica generativa: due modelli a confronto

In quanto segue verranno presentate diverse teorie sull’acquisizione del linguaggio, in
particolare quello del behaviorismo, di John Broadus Watson e di Burrhus Frederic Skinner, e
del generativismo di Noam Chomsky.

Il behaviorismo, o comportamentismo, è una teoria nata negli Stati Uniti, il cui fondatore fu
John Broadus Watson, secondo il quale la psicologia è anche determinata dagli aspetti esteriori
e osservabili dell’attività mentale. Secondo i comportamentisti, oggetto della psicologia è il
comportamento, cioè l’insieme degli aspetti esteriori, direttamente osservabili, di un individuo.
Il comportamentismo si concentra su stimoli ricevuti dal soggetto e le sue risposte, senza però
considerare i processi mentali o fisiologici. J.B. Watson, per la sua teoria behaviorista, fu
particolarmente influenzato dallo psicologo e medico russo Ivan Pavlov, fondatore del
comportamentismo classico, e di esperimenti con i cani sui riflessi condizionati. I behavioristi
hanno applicato le loro ipotesi di sperimentazione animale sul comportamento umano,
concludendo con l’ipotesi che gli uomini abbiano a disposizione un meccanismo di
apprendimento generale. Questo meccanismo di apprendimento gli permette di acquisire il
comportamento dell’ambiente a loro circostante tramite l’imitazione. L’apprendimento consiste
nel tentativo di imitazione secondo il principio che dal successo si impari. Il successo funge
quindi da rinforzo dell’apprendimento (reinforcement). Nella crescita, i bambini apprendono
gli atteggiamenti del loro ambiente che riconoscono come positivi ed efficaci, e
successivamente questi atteggiamenti entrano a far parte della loro abitudine: questo processo
prende il nome di automatizzazione, o, applicando il termine inglese, di habit formation.

Tra i comportamentisti è obbligo citare lo psicologo americano Burrhus Frederic Skinner, che
si interessò soprattutto al comportamento linguistico, dal punto di vista scientifico dell’analisi
del comportamento. Con la sua opera, Verbal Behaviour, Skinner affermò che il
comportamento linguistico di ogni persona dipende dall’ambiente in cui cresce e dalle reazioni
(punizioni e ricompense) che subisce nel corso della sua acquisizione della lingua: i bambini,
se riescono ad imitare certe parole o frasi, vengono premiati ad esempio attraverso delle lodi;
secondo Skinner, questo tipo di rinforzo condiziona il comportamento linguistico (cfr. Decke-
Cornill / Küster 2014: 22). Sapere una lingua equivale perciò a conoscere una serie di
comportamenti, e il bambino deve venir “addestrato” a dire o non dire certe parole o frasi.

In breve, la teoria di Skinner dice che le proprie conoscenze linguistiche dipendono dalle
esperienze che si ha vissuto nell’arco della propria vita.

                                                10
Mentre per Skinner il linguaggio umano si basa su un processo stimolo-risposta, la
psicolinguistica di Noam Chomsky, importante linguista americano, analizza solamente il
concetto di stimolo e si occupa del problema della produzione della frase. Egli sviluppò la teoria
della grammatica universale (la GU), che comprende un insieme di regole per descrivere la
grammatica di qualsiasi lingua naturale. Chomsky contraddice le teorie di Skinner
sull’acquisizione della lingua. Per Chomsky la lingua non dipende dagli stimoli che si ricevono.
A suo parere, i bambini infatti sono in grado di capire e produrre espressioni nuove e producono
un linguaggio più ricco di quello a cui sono stati esposti (Brandi / Salvatori 2004: 1). Per
riassumere, secondo Chomsky non si impara una lingua solo nel venir esposti a certe frasi e a
certi stimoli. I bambini imparano tanto anche in modo passivo e implicito (ad esempio
guardando la TV o ascoltando i genitori che parlano fra di loro) ed in questi casi non vengono
esposti direttamente ad una risposta (Den Ouden 1975: 54-59).

Chomsky parla di un “organico del linguaggio”, geneticamente definito, il cosiddetto Language
Acquisition Device, una predisposizione biologica per imparare a parlare, connessa ad una sorta
di grammatica universale che contiene la conoscenza innata degli aspetti strutturali condivisi
da tutte le lingue naturali. Secondo Chomsky, senza il dispositivo innato, i bambini non
riuscirebbero a imparare una lingua fino ai tre, quattro anni di età, perché non riceverebbero
sufficienti stimoli linguistici per arrivare a delle generalizzazioni e comprendere espressioni
nuove (Sabatelli 2010: 17). “L’argomento della povertà dello stimolo” allude al fatto che la
nostra lingua non è il semplice risultato delle esperienze fatte, ma emerge dall’interazione
fondamentale tra l’esperienza e la dotazione iniziale che ci è data biologicamente (Brandi /
Salvatori 2004: 2). L’acquisizione del linguaggio non consiste dunque nella sola imitazione
degli adulti, ma è un processo attivo di scoperta di regole e di verifica di ipotesi.

Al contrario del behaviorismo, Chomsky considera il linguaggio indipendente dall’intelligenza
e dalla capacità comunicativa e afferma che la competenza linguistica precede l’esecuzione: il
bambino possiede dunque le regole prima di saperle usare.

1.3 Bilinguismo e L2 in Alto Adige

In Alto Adige, da ormai moltissimi anni, la lingua italiana e quella tedesca si trovano in
strettissimo contatto tra di loro (cfr. Egger 1978: 9).

                                                11
Quando due o più lingue sono a contatto fra di loro, si usano i termini di diglossia e bilinguismo:
diglossia “indica il rapporto verticale fra le varietà dello stesso linguaggio (dialetto-lingua),
mentre bilinguismo indica invece il rapporto orizzontale fra le lingue allo stesso livello, come
nel caso: italiano – tedesco” (Egger 1978: 9-10).

Vediamo di dare una definizione più specifica:

         “Con il termine bilinguismo, s’intende, secondo la definizione di un noto studioso, «la
         pratica dell’uso alternativo di due lingue»2, non designando innanzitutto la situazione
         linguistica di una determinata area geografica, ma soprattutto lo ‘stato’ del singolo
         parlante. Il bilinguismo è quindi un “fatto individuale”, che implica il possesso di due
         codici linguistici e una certa capacità di commutazione, di passare, cioè,
         alternativamente, da un codice all’altro a seconda della situazione in cui il parlante viene
         a trovarsi, del grado di bilinguismo del suo interlocutore, dell’argomento a tema. […]
         Mentre un bilingue, quindi, può passare da un codice linguistico all’altro totalmente
         diverso, che non necessita avere alcun punto in comune con il primo, con il termine
         diglossia s’intende l’uso, all’interno di una singola comunità linguistica, di diversi
         registri o dialetti di un unico codice, ognuno con funzioni particolari specifiche.”
         (Grespan 1992: 10-11)

In un contesto bilingue abbiamo quindi due lingue: una L1, chiamata anche lingua madre, e una
L2, la lingua seconda ovvero la lingua che si apprende dopo la lingua madre (come si è già visto
nel capitolo 1.1). Per i ragazzi italiani sarà quindi per ragioni ovvie l’italiano la lingua madre e
il tedesco la lingua seconda, mentre per i ragazzi di madrelingua tedesca la L2 sarà l’italiano.
Bisogna però sottolineare che nel contesto altoatesino, nonostante ci sia una situazione di
bilinguismo a livello istituzionale, non tutti i parlanti sono completamente bilingui, ma hanno
una delle due lingue come L1 e imparano l’altra come L2. Nel corso della loro vita possono
raggiungere un livello più o meno alto di bilinguismo individuale, ma non possiedono fin da
subito tutte e due le lingue, a meno che non abbiano i genitori di tutte e due le lingue (madre
italofona e padre tedescofono, ad esempio).

In Alto Adige possiamo osservare una diglossia a tre livelli linguistici: il dialetto locale
(Dialekt3), il dialetto regionale (Umgangssprache) e la lingua standard (Hochsprache) (cfr.
Egger 1978: 9). Il tedesco standard è la lingua scritta e viene usato nelle occasioni ufficiali, in
conferenze e dibattiti politici. Questa lingua però «è penetrata soltanto nella consapevolezza di
pochi parlanti e rimane però una lingua artificiale che si è imparata e che eventualmente si parla,

2
 Weinreich (1974), p.3, cit. in Grespan (1992) (vedi bibliografia).
3
 Si sono voluti usare appositamente i termini tedeschi per designare i concetti, in quanto in tedesco, a mio parere,
essi vengono espressi meglio con questi tre termini.

                                                        12
ma che raramente si domina»4. I germanofoni altoatesini usano infatti solitamente il dialetto e
in molte zone più isolate esso rappresenta l’unica lingua in ogni situazione (cfr. Grespan 1992:
31-32). Per i sudtirolesi tedescofoni il dialetto aiuta a “favorire il senso di collettività e crea una
specie di identità locale e regionale, conferendo un senso di armonia e di sicurezza” (Egger
1978: 15).

Se per il tedesco vediamo diversi livelli linguistici, la lingua italiana viene parlata in Alto Adige
solamente nella forma standard: “essa appare a prima vista come un blocco solido, con un unico
livello pressoché immune da infiltrazioni o interferenze tedesche” (ibid.: 12-13). L’italiano

           “crea l’impressione di trovarsi in una posizione ideale. Nell’apprendimento dell’italiano
           i germanofoni sono largamente avvantaggiati. Vi è infatti un unico livello linguistico ed
           è quello insegnato a scuola. Completamente diversa è la situazione per quanto riguarda
           il tedesco: il modello presentato nella scuola italiana è quello della lingua standard; nella
           vita quotidiana invece gli italiani sono sempre a contatto col dialetto locale o tutt’al più
           col dialetto regionale. L’apprendimento dell’italiano invece è favorito dal fatto che i
           tedeschi possono udire sempre la stessa forma «elevata».” (ibid.: 12-13)

I ragazzi tedeschi sono quindi facilitati ad apprendere l’italiano, appunto perché sentono
solamente una forma di italiano standardizzato, senza particolari accenti.

Per i ragazzi italiani, invece, la situazione risulta più difficile. Infatti il tedesco che si impara a
scuola è la Hochsprache, “che non è quello quotidianamente e normalmente usato nella
maggioranza delle occasioni dai sudtirolesi. Cosicché accade sovente che, rivolgendosi in
tedesco ad un sudtirolese di madrelingua tedesca, si ottenga una risposta in italiano” (Grespan
1992: 10-11).

In una regione come l’Alto Adige dove convivono due comunità linguistiche e culturali,
“l’apprendimento di una seconda lingua diventa un’esigenza e una necessità oggettiva per
l’interazione dei gruppi etnici a contatto” (Grespan 1992: 17).

Purtroppo in Alto Adige i gruppi linguistici

           “vivono ancora troppo in mondi separati, perché non esiste una memoria collettiva
           comune nella quale siano radicati e custoditi episodi significativi di una storia realizzata
           in comune. I gruppi linguistici vivono in mondi separati anche perché hanno omesso di
           compiere l’elaborazione del lutto sulla violenza che si sono reciprocamente inflitti nel
           corso della storia. I loro rapporti sottostanno ancora al meccanismo della
           “svalorizzazione” reciproca. La convivenza è, infine, ancora fortemente caratterizzata

4
    Riedmann (1972), p. 19, cit. in: Grespan (1992) (vedi bibliografia).

                                                          13
dalla produzione sociale di distanza, che ha la funzione di mantenere la frammentazione
           della società per lo più secondo criteri etnico-comunitari di appartenenza. Queste
           configurazioni della società hanno effetti psico-sociali concretamente rilevabili sulla
           comunicazione e sulla cooperazione tra i gruppi linguistici e influenzano negativamente
           la motivazione all’apprendimento della lingua seconda e la formazione interculturale.”
           (Baur et al. 2008: 23)

1.4 Il sistema scolastico in Alto Adige

L’Alto Adige è una provincia di confine abbastanza vasta, ed è abitata da poco più di 468.000
abitanti. Questa regione ha un’autonomia molto potente, che è ancorata a una legge
costituzionale, lo Statuto di autonomia (la prima versione risale al 1948 e la seconda al 1972).
Questa autonomia venne creata per tutelare le varie popolazioni che risiedevano, e che risiedono
tuttora, nella regione: infatti la maggior parte della popolazione in Alto Adige è di lingua
tedesca (il 69,15%), poi segue quella di lingua italiana (il 26,47 %) e infine quella ladina
(4,37%) (Valentini [a cura di] 2005: 109)5.

Tra le leggi di questo Statuto, è fondamentale l’art. 19, che riconosce ai tre gruppi linguistici
residenti in Provincia, ovvero il gruppo tedesco, quello italiano e quello ladino, il “diritto a una
formazione nella propria madre lingua, sulla base del principio che l’acquisizione e l’uso della
lingua contribuiscono ad assolvere, per le minoranze, un compito di formazione dell’identità”
(ibid.).

Per questo motivo, il sistema scolastico in Alto Adige è costituito da tre scuole diverse e
separate, ciascuna con una propria Intendenza scolastica e un proprio Assessorato alla scuola.
Nella scuola italiana e in quella tedesca, tutte le discipline vengono insegnate nella rispettiva
madrelingua, ad eccezione della lingua seconda e delle lingue straniere (come ad esempio
l’inglese). Nella scuola ladina, invece, vi è lo stesso numero di ore sia di italiano che di tedesco
che di ladino in settimana: in questo caso, quindi, la lingua (italiana, tedesca o ladina) viene
insegnata in modo veicolare, ovvero applicandola ad altre materie di studio, metodo forse più
efficace che nel caso delle altre due scuole.

Ultimamente, in molte scuole sono stati introdotti progetti di insegnamento veicolare della L2
e della lingua straniera che hanno avuto esiti positivi sull’apprendimento della lingua stessa.
Uno di questi è il CLIL, acronimo di Content Language Integrated Learning, ovvero di

5
  Come già pubblicato in Siviero (2003). Le citazioni nel capitolo successivo (1.4.1) sono state anche pubblicate
in Siviero (2003), oltre che in Valentini (2005).

                                                       14
apprendimento integrato di lingua e contenuto. Il CLIL è “un approccio didattico con doppia
focalizzazione che prevede l’uso di una lingua aggiuntiva per apprendere e insegnare sia
contenuto che lingua” (Frigols / Marsh / Mehisto / Wolff 2010: 1)6. Con questo metodo si
insegna una qualsiasi disciplina che non sia una lingua, attraverso una lingua veicolare diversa
dalla madrelingua dell’alunno. Questi progetti CLIL vengono già attuati da diversi anni in altri
paesi della comunità europea, come ad esempio in Svezia, in Norvegia o in Germania. Come
scopo didattico si vuole “favorire la capacità di acquisire conoscenze attraverso una lingua
straniera e contribuire alla formazione bilingue dei cittadini europei, che dovranno conoscere e
saper operare in almeno due lingue comunitarie”7. In una ricerca condotta in Alto Adige sul
tema del CLIL, è stato chiesto agli studenti se aver studiato alcune materie in L2 abbia influito
sulla loro conoscenza linguistica. Per la maggior parte degli studenti questa esperienza ha
influito positivamente mentre solo per alcuni l’effetto è stato negativo (cfr. Vettori / Martini
2012: 123). Inoltre, “gli studenti di entrambi i gruppi ritengono di avere acquisito un bagaglio
lessicale in L2 più ricco e non pensano che questo tipo di insegnamento abbia loro creato
confusione rispetto alla grammatica e/o al lessico della L2” (Vettori / Martini 2012: 123).

1.4.1 L’importanza dell’apprendimento della L2

La lingua seconda (L2) ha un ruolo molto importante in Alto Adige. Lo scopo primario
dell’apprendimento della L2 è, oltre a quello del possesso strumentale della lingua,
l’avvicinamento, tramite la lingua, alla “cultura dell’altro” che vive accanto a noi (Siviero:
2003):

         “[…] L’insegnamento della lingua seconda non è mai stato disgiunto dalla necessità di
         far acquisire una sensibilità interculturale, assolutamente fondamentale nel nostro caso,
         che costituisce, se raggiunta, un patrimonio basilare per avvicinarsi a persone di altre
         lingue e culture senza il filtro degli stereotipi o, peggio ancora, di pregiudizi, e diventa
         anche un mezzo per conoscere meglio sé stessi e la propria cultura. Ciò significa
         promuovere negli alunni l’attitudine e la capacità di vedere il nuovo e il diverso come
         occasione di maturazione e di arricchimento di sé.” (Valentini [a cura di] 2005: 111)

La seconda lingua viene insegnata agli studenti fino alla quinta superiore, anno della maturità
e quindi ultimo anno di scuola e, dal 1999, è stata introdotta una terza prova scritta della lingua
seconda agli esami di Stato.

6
  Preso da: http://www.provinz.bz.it/intendenza-scolastica/rivista-informa/2014/maggio/11.html (ultimo accesso:
11.12.2018).
7
  Preso da: http://www.majorana.org/ progetto_aliclil.htm (ultimo accesso: 11.12.2018).

                                                      15
Inoltre, all’interno del sistema scolastico si è deciso di creare un Portfolio delle lingue per l’Alto
Adige, un documento che favorisce il confronto fra i sistemi scolastici europei, ma anche tra le
varie scuole altoatesine. Esso costituisce quindi una modalità di valutazione alternativa e
consente inoltre agli studenti di documentare e confrontare le competenze linguistiche acquisite,
con modalità riconosciute a livello europeo (cfr. Valentini [a cura di] 2005: 113). Grazie a
questo aspetto, gli alunni sono consapevoli delle proprie competenze linguistiche acquisite
negli anni scolastici, utili quando entreranno nel mondo universitario e del lavoro. Questo
Portfolio è inoltre importante anche per gli insegnanti, che hanno l’opportunità di confrontarsi
con i colleghi delle scuole dell’altra lingua e di scambiare perciò le proprie esperienze.

Il Portfolio ha infine un valore di tipo culturale: in una terra di confine come l’Alto Adige,
costituita da lingue e culture diverse, si discute spesso di identità e di appartenenza ad una sola
lingua e una sola cultura, e si sta cercando di superare questo modo di pensare promuovendo
invece “l’orgoglio di essere una persona plurilingue e la consapevolezza della ricchezza di
opportunità date dal vivere in un contesto multilingue e multiculturale” (Valentini [a cura di]
2005: 113).

Le Intendenze scolastiche italiane e tedesche hanno elaborato delle linee guida da seguire per
l’insegnamento della L2. L’obbiettivo su cui si vuole puntare con le Indicazioni provinciali per
la definizione dei curricoli, è “quello di un plurilinguismo orientato non ad appiattire tutte le
lingue sui tratti comuni espungendone le peculiarità, ma a riconoscere la ricchezza linguistica
e culturale presente nella propria lingua e a sollecitarne la ricerca anche nelle altre.”8 Il livello
di padronanza della lingua materna di ogni persona è basilare per avere competenze verso
qualsiasi altra lingua. Apprendere una lingua seconda, soprattutto in età precoce, può inoltre
essere utile sia per compararla con la propria L1 che per rafforzare le proprie abilità linguistiche.

1.4.2 L’insegnamento della L2 all’interno dei vari cicli di studio

La scuola in Alto Adige è suddivisa in due cicli: il primo ciclo comprende le scuole elementari
e le scuole medie e il secondo ciclo quelle superiori, per un totale di tredici anni. Come già
menzionato sopra, ci sono sia scuole in lingua italiana che scuole in lingua tedesca; inoltre,

8
  Indicazioni provinciali per la definizione dei curricoli del primo ciclo d’istruzione della scuola in lingua italiana
della Provincia Autonoma di Bolzano. Deliberazione della Giunta Provinciale nr. 1434, del 15/12/2015, preso dal
sito dell’Intendenza scolastica italiana di Bolzano: http://www.provincia.bz.it/intendenza-
scolastica/service/pubblicazioni.asp (ultimo accesso: 11.12.2018)

                                                         16
nelle valli dove si parla il ladino, ad esempio in Val Gardena oppure in Val Badia, ci sono le
scuole trilingui, dove viene insegnato in modo veicolare, oltre alle due lingue italiano e tedesco,
il ladino. L’italiano e il tedesco assumono nella scuola altoatesina un ruolo molto importante,
in quanto vengono insegnate in ogni caso come L2, ovvero come la seconda lingua che segue
la lingua madre: se alle scuole italiane la L1 è l’italiano, il tedesco assume il ruolo di L2, e
viceversa alle scuole tedesche. All’interno dell’orario scolastico, ci sono sei ore di L2 a
settimana in prima e seconda elementare, cinque ore a settimana in terza, quarta e quinta
elementare, quattro ore a settimana alle scuole medie e quattro alle superiori.

Come si può notare, le ore di L2 non sono così tante, anzi decisamente poche – un lato negativo,
a mio avviso, nella scuola qui in Alto Adige: una materia così importante, soprattutto in una
terra dove si parlano due lingue, dovrebbe avere molte più ore per essere appresa da uno
studente o da una studentessa in modo adeguato. Un altro aspetto problematico è quello della
modalità con la quale la lingua seconda viene insegnata. “La lezione di L2 si presenta, a prima
vista, come un luogo deputato ad attività più passive che attive” (Vettori / Martini 2012: 118).
Molto spesso, infatti, le lezioni sono solo frontali e si fa troppa letteratura, storia e cultura. Ci
si dovrebbe invece concentrare di più sulla grammatica e sulla competenza linguistica in
generale (in riferimento a tutte e quattro le abilità linguistiche, ovvero scrittura, parlato, lettura
e ascolto): approfondire le tematiche della grammatica, fare più esercizi per capirla e dedicarsi
anche alla fonetica (ad esempio insegnare agli alunni a pronunciare le parole in modo giusto).
Utile sarebbe anche far parlare di più gli studenti: fare conversazioni spontanee in classe su un
qualsiasi tema che sia di attualità, cultura, letteratura, musica, senza farli studiare prima una
tematica a casa. In questo modo gli alunni imparerebbero a sostenere delle conversazioni, simili
a quelle che si trovano anche al di fuori dell’ambiente scolastico, ad esempio nell’ambito
universitario o del lavoro. Infatti “i ragazzi parlano ben poco fra di loro in L2 durante la lezione
di L2” (Vettori / Martini 2012: 118). Inoltre, l’insegnamento veicolare di una lingua (ad
esempio l’insegnamento della geografia in tedesco nella scuola italiana) dovrebbe essere una
prassi in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Come già menzionato sopra, esistono vari
progetti di potenziamento della lingua (come il CLIL, gli scambi scolastici, la scuola trilingue),
che stanno dando ottimi risultati. I dirigenti di alcuni istituti scolastici hanno attuato progetti di
collaborazione con istituti corrispondenti con lingua d’insegnamento diversa dalla propria, i
cosiddetti Lehreraustauschprojekte o scambi docenti: sono stati effettuati scambi tra i docenti
di una stessa materia per un determinato periodo dell’anno, offrendo così un’ottima alternativa
all’apprendimento della materia stessa in lingua seconda. Un’ulteriore possibilità di
approfondimento e miglioramento della lingua viene data anche attraverso gli scambi

                                                 17
studenteschi o Schüleraustauschprojekte, proposti per il quarto anno della scuola superiore: in
questo modo lo studente ha la possibilità di frequentare un anno o un semestre nell’istituto
scolastico superiore corrispondente dell’altro gruppo linguistico. Questo scambio viene anche
offerto agli studenti per altri paesi della Comunità Europea e non solo. Si evidenzia quindi
quante siano le possibilità in Alto Adige per conoscere meglio non solo la L2 ma anche la
cultura dell’altro. Credo che in questo senso la scuola italiana e tedesca dell’Alto Adige siano
da modello per molte altre scuole italiane ed europee.

1.4.3 La scuola trilingue: una speranza per il futuro

Nel 2003 la Provincia di Bolzano ha attuato un progetto scolastico per il potenziamento delle
lingue, rivolto ai dirigenti e docenti della scuola in lingua italiana, che ha previsto l’apertura di
sezioni trilingui nelle scuole elementari, medie e superiori.

Al centro di questo progetto c’è l’idea che un’educazione plurilingue possa essere
un’importante risorsa culturale per la comunicazione e le relazioni all’interno della comunità
europea. L’inserimento scolastico precoce e contemporaneo non solo dell’italiano e del tedesco,
ma anche dell’inglese, con metodologie innovative e uso veicolare delle lingue, può dare una
formazione culturale e sociale più ampia ad un futuro cittadino europeo. L’esigenza di una
formazione scolastica per gli studenti altoatesini aperta alle possibilità di conoscenza e scambio
con le culture dei paesi confinanti ed europei, è nata da una richiesta diffusa da parte delle
Associazioni giovanili, Associazioni dei genitori, partiti politici, personalità del mondo
culturale ed universitario. In questo senso sono sicuramente state interpretate in modo concreto
le direttive europee sulla formazione plurilingue e sulla dimensione europea dell’insegnamento.
Tramite l’insegnamento veicolare delle lingue, la valorizzazione del bilinguismo precoce nella
scuola d’infanzia, il potenziamento delle ore di tedesco e di inglese, la scelta di contenuti
interdisciplinari, unite alla formazione dei docenti, è stata resa possibile l’attuazione di una
scuola trilingue molto all’avanguardia. Ci si auspica l’apertura di sezioni trilingui anche nelle
scuole di lingua tedesca.

1.4.4 Un progetto pilota per l’insegnamento della L2 alla scuola materna italiana

Anche nelle scuole materne altoatesine si è deciso di far partire un progetto pilota per
l’insegnamento del tedesco come lingua seconda ai bambini. Questo progetto, esistente dal
1998, prende il nome di “Approccio alla lingua e cultura tedesca nella scuola dell’infanzia in

                                                 18
lingua italiana” ed è organizzato dalla Intendenza Scolastica italiana di Bolzano. È nato
dall’esigenza, delle famiglie di lingua italiana, di far avvicinare i propri figli alla lingua e al
mondo tedesco:

         “Obbiettivo principale è di far vivere ai bambini un approccio ludico, divertente e
         positivo alla lingua e alla cultura tedesca. […] Il bambino viene inserito in situazioni
         comunicative dove poter provare ad usare in modo ludico la seconda lingua. Vive in
         situazioni che coinvolgono ogni ambito della loro personalità e individualità vivendo
         così un’esperienza linguistica globale di tipo cognitivo, affettivo e motorio.”9

All’interno dell’asilo viene quindi introdotta un’insegnante di madrelingua tedesca, che fa da
riferimento linguistico per i bambini e anche per gli insegnanti. Lo scopo che il progetto si
propone “è di costruire un modello per l’approccio alla lingua e cultura tedesca nei bambini
dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia in lingua italiana.”10 Questo progetto di far
apprendere una seconda o terza lingua già alla scuola materna, fa parte dei metodi che a livello
internazionale hanno dimostrato di essere di gran lunga i più efficaci per l’insegnamento
precoce delle lingue (cfr. Girotto / Wode 2008: 10). La L2 viene trasmessa in modo non
tradizionale scolastico, ma “attingendo dalle situazioni vissute nella quotidianità scolastica.”
(ibid.) I bambini imparano così la seconda lingua con lo stesso procedimento cognitivo che
avviene con la loro lingua madre.

Ricordando che la scuola materna non fa parte della scuola dell’obbligo, possiamo affermare
che questo è un progetto molto positivo ed interessante, e che l’Intendenza Scolastica italiana
ha dimostrato molta buona volontà e determinazione per potenziare la lingua tedesca all’interno
delle proprie scuole. Nelle scuole materne di lingua tedesca non sono stati inseriti progetti
analoghi, ma ultimamente sta crescendo sempre di più tra le famiglie tedesche la volontà di fare
imparare precocemente ai propri figli la lingua italiana.

1.5 Italiano Lingua di contatto

Il tema della migrazione è da sempre molto presente nella storia dell’Italia. Gli italiani sono
stati infatti per lungo tempo un popolo di migranti sia verso altri paesi che all’interno della
propria patria.

9
  Articolo sul progetto Approccio alla lingua e cultura tedesca nella scuola dell’infanzia in lingua italiana, preso
dal sito: http://www.scuoleinfanzia.bz.it/wp/circolo1/l2-seconda-lingua/ (ultimo accesso: 11.12.2018).
10
   http://www.provincia.bz.it/intendenza-scolastica/progetti/progetto-pilota-l2.asp (ultimo accesso: 11.12.2018).

                                                        19
L’emigrazione in e dall’Italia non è un fenomeno recente, anzi, ha le sue origini nel lontano
1800. Si può affermare che la storia dell’emigrazione italiana è divisa in tre fasi principali:
1) La prima fase avvenne dal 1860 alla I Guerra mondiale ed ebbe un volume molto alto di
     partenze. Infatti, circa 14 milioni di persone, inizialmente dalle regioni settentrionali e poi
     da quelle meridionali, lasciarono la loro terra per permettersi un viaggio con la nave fino in
     America, nella speranza di potervi trovare un futuro migliore.
2) La seconda fase fu tra le due guerre mondiali, dove prevalsero le migrazioni interne, dal
     Meridione al Settentrione d’Italia (principalmente verso il triangolo industriale). Soprattutto
     nel periodo del secondo dopoguerra, negli anni successivi al boom economico, moltissimi
     meridionali vennero impiegati nelle fabbriche delle grandi industrie del settore
     metalmeccanico e automobilistico, come la Fiat e la Vespa.
3) Infine, l’ultima fase dell’emigrazione italiana avvenne dal secondo dopoguerra agli anni
     Settanta, dove moltissimi italiani emigrarono verso paesi intercontinentali, come l’Australia
     e il Canada, ma anche verso destinazioni intraeuropee, come la Germania occidentale (dove
     lavoravano come Gastarbeiter) e la Svizzera. La storia dell’emigrazione italiana può dirsi
     conclusa alla fine degli anni Settanta.

Tale migrazione non fu mai, in nessuno dei casi, semplice; gli italiani lontani dal loro paese
d’origine dovettero sopportare condizioni lavorative durissime e non furono rari i casi di
discriminazione.

Quando parliamo perciò di immigrati, significa che parliamo di noi italiani11, perché “siamo
tutti clandestini, clandestini attraverso gli oceani”12. Oggigiorno purtroppo molta gente non ha
più memoria storica di ciò e vede perciò l’arrivo degli immigrati come un fenomeno negativo
e gli immigrati stessi vengono quindi discriminati. Soprattutto i mass media tendono a dare
notizie allarmistiche collegate all’immigrazione e danno un’immagine quasi sempre distorta
dell’immigrato; alimentano quindi “la paura verso lo straniero amplificando e dando spazio a
stereotipi sugli immigrati che probabilmente hanno sonnecchiato per secoli nella memoria
collettiva […]”13; questi luoghi comuni “tornano in circolo grazie ai media e trovano
strumentale conferma in episodi di cronaca nera, veri o falsi, reali o virtuali ma comunque ideali
per alimentare le paure e le insicurezze profonde”14.

11
   Cfr. Cincinelli (2009), p.15
12
   ibid, p.15
13
   ibid, p. 25
14
   ibid, p. 25

                                                 20
Se da una parte l’Italia è stata luogo di emigrazione, dall’altra è diventata luogo di
immigrazione. Migliaia di persone, infatti, per diverse ragioni quali cause politiche o
economiche, sono approdate e approdano in continuazione nella penisola italiana. Questo
fenomeno dell’immigrazione ha inizio negli anni ’8015, ed è aumentato sempre di più al punto
che oggigiorno è diventato un vero e proprio problema difficile da risolvere. Ma qual è il motivo
per il quale l’Italia è diventata luogo di immigrazione per moltissime persone? Uno di questi
motivi “è di carattere puramente geografico: esposta per la maggior parte al mare e
caratterizzata quasi nella sua totalità da territori costieri, l’Italia è poco controllabile.”16 Un
secondo motivo riguarda la posizione dell’Italia: “posizionata così com’è nel mezzo del
Mediterraneo, la nostra penisola rappresenta la primissima (e più semplice) frontiera da
attraversare per arrivare in Europa.”17

Quali lingue parlano gli immigrati che vivono in Italia? Ovviamente la loro lingua madre del
proprio paese d’origine, ma si trovano anche “a contatto con varietà di italiano standard, varietà
di italiano regionale, dialetti locali”18. Da questo contatto linguistico nasce una varietà
linguistica denominata “italiano di contatto”, che non si può definire come una L2 o una L1,
ma come “il frutto del contatto linguistico tra l’italiano e gli immigrati stranieri e le lingue altre
di cui sono portatori.”19

L’espressione “lingue in contatto” è stata usata la prima volta da Weinreich negli anni
Cinquanta e successivamente da Tullio De Mauro nella “Commissione di studio per il
programma di riordino dei cicli di istruzione” del Ministero dell’Istruzione, dove viene definito
come “lingua di contatto per gli alunni di origine straniera, soprattutto per i figli degli immigrati
stranieri”20.

1.5.1 L’insegnamento dell’italiano a immigrati

L’insegnamento dell’italiano a studenti o adulti immigrati è un tema molto complesso e anche
delicato della glottodidattica, “che più che nelle altre situazioni richiede all’insegnante una
ampia preparazione culturale, antropologica, psicologica, sociologica oltreché pedagogica”

15
    Cfr. http://www.sapere.it/sapere/pillole-di-sapere/costume-e-societa/immigrazione-definizione-e-storicita-di-
un-fenomeno-oggi-emergenza.html (ultimo accesso: 29.01.2019)
16
   ibid.
17
   ibid.
18
   Da: http://www.viv-it.org/schede/l-italiano-degli-immigrati (ultimo accesso: 29.01.2019)
19
   ibid.
20
   ibid.

                                                      21
(Diadori 2007: 126). Infatti l’insegnante deve affrontare molti problemi che riguardano ad
esempio una scolarizzazione abbastanza scarsa dell’immigrato, che “pertanto sceglierà le
strutture dell’italiano sulla base della loro frequenza e della loro capacità di generare nuovo
comportamento linguistico” (ibid.: 126).

L’apprendimento dell’italiano è inoltre influenzato da diversi fattori, come ad esempio la
situazione famigliare del ragazzo, “la situazione linguistica pregressa, la scolarità precedente,
il conteso di inserimento sociale, la motivazione all’apprendimento, la personalità, il carattere
dell’apprendente, la sua età, l’esposizione alla lingua fuori dalla scuola” (Giudizi 2013: 53).
Bisogna poi tenere anche conto dell’età del ragazzo giunto in Italia: se si tratta infatti di un
bambino giunto in età prescolare, i tempi dell’acquisizione della L2 saranno diversi rispetto a
quelli di un adolescente che ha già avuto una scolarizzazione nel suo Paese d’origine. La
scolarizzazione è importante “in quanto il bambino ha acquisito competenze, abilità e saperi
che gli torneranno utili nella nuova situazione scolastica” (ibid.:53-54).

Per quanto riguarda l’apprendimento della lingua al di fuori dell’ambiente scolastico

        “[…] incidono sullo sviluppo dell’interlingua anche una serie di fattori psicologici che
        vanno dalla motivazione, l’importanza data al compito dall’alunno – che deve sentirsi
        coinvolto nella situazione linguistica –, alla personalità del bambino/ adolescente, che
        può essere più o meno timido, introverso – pertanto più o meno portato a interagire con
        gli altri anche linguisticamente – più o meno ansioso e quindi incerto nel modo di
        esprimersi per scarsa autostima o per apprensione comunicativa davanti al “faccia a
        faccia” con l’interlocutore.” (Giudizi 2013: 53-55)

La motivazione è un fattore sempre molto importante e può essere di tipo “strumentale”, per
conseguire un obbiettivo a lungo o breve termine, “integrativa”, cioè legata alla volontà di
integrarsi nel nuovo ambiente e interagire con le persone native, o “intrinseca”, ovvero
riguardante l’interesse per la lingua (cfr. ibid.: 56).

Per i bambini, soprattutto quelli più piccoli, “esprimersi in una lingua diversa da quella materna
può sembrare un gioco e gli aspetti ludici sono quelli che sviluppano l’acquisizione spontanea,
inconscia della lingua” (ibid.: 56):

        “Da sempre il gioco – attività principale dei bambini che, proprio giocando, prendono
        consapevolezza di sé e di ciò che li circonda – risulta non solo profondamente
        significativo e coinvolgente per quanti vi partecipano, ma anche fonte di apprendimento.
        Il gioco sviluppa la fantasia, stimola la creatività, porta alla continua ricerca di nuove
        soluzioni, insegna la cooperazione e la gestione di conflitti ed emozioni. Il gioco
        permette di coinvolgere immediatamente l’alunno non italofono che diventa

                                                 22
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