Kick-off meeting presso Assosistema - Relazione di sintesi di Davide Costa, Nicola D'Erario, Marco Viola

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www.bollettinoadapt.it, 3 luglio 2012

Modelli organizzativi, certificazione e qualificazione delle imprese, Roma, 24 aprile 2012
Kick-off meeting presso Assosistema
Relazione di sintesi
di Davide Costa, Nicola D’Erario, Marco Viola

In data 24 aprile 2012, presso la sede dell’associazione Assosistema, in Confindustria a Roma, si è
tenuto il primo incontro di presentazione del progetto a cui prendono parte Assosistema, Adapt,
CSMB ed Ebli, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sul tema dei modelli
organizzativi, certificazione e qualificazione delle imprese, nell’intenzione di sviluppare buone
pratiche per il miglioramento dei processi e creare operatori virtuosi nel settore medesimo.
La giornata, a cui hanno partecipato le aziende del settore interessate a farsi promotrici dei percorsi
sperimentali di buone pratiche, ha visto un’introduzione generale della dott.ssa Patrizia Ferri
(Segretario generale Assosistema) che ha mostrato il quadro e l’ottica del progetto, a cui sono
seguiti, in ordine, gli interventi della dott.ssa Maria Giovannone (Ricercatrice Senior di Adapt) e
della dott.ssa Flavia Pasquini (Vicepresidente della Commissione di Certificazione dell’Università
di Modena e Reggio Emilia) le quali rispettivamente hanno affrontato le tematiche aperte dei
modelli organizzativi ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008 e l’effettiva validità dell’istituto della
certificazione dei contratti di lavoro e di appalto. La giornata si è conclusa con un attento confronto
tra i relatori e le aziende presenti.

Come detto la dott.ssa Patrizia Ferri, dopo i saluti di rito, ha introdotto i lavori con una ricognizione
generale sul progetto e sulle finalità dello stesso, illustrando, nel finale, le modalità di esecuzione.
Secondo le parole del Segretario di Assosistema il progetto di ricerca è uno strumento utile alla
creazione di un background di requisiti di identità professionale per operare nel settore che vadano
al di la di quelli legislativamente previsti (es. le autorizzazioni amministrative), di modo da creare
un vero e proprio modello di qualificazione per il settore – che si ricorda essere indicato come
“pilota” in materia di salute e sicurezza – quale elemento principale per operare e partecipare a gare
di appalto (pubbliche e/o private) o all’accesso ai benefici previsti.

In merito alla finalità è stata precisata la volontà di premiare – anche se dovrebbe essere una
normalità del mercato che a quanto pare sembra inficiato di storture sistemiche (si veda il diffuso
utilizzo di manodopera irregolare o gare di appalto tendenti al ribasso dei costi) – gli operatori più
virtuosi che si preoccupano di andare oltre le norme (contrattuali, contributive e di sicurezza sul
lavoro) acquisendo ulteriori requisiti preferenziali, come la certificazione dei contratti di lavoro e di
appalto e l’adozione di modelli organizzativi, e requisiti specifici implementando sistemi di
controllo speciali (es. controllo RABC per la biocontaminazione).

Quanto descritto costituirà un sistema innovativo di selezione delle imprese con uno sbarramento
(barriera all’ingresso) degli operatori non virtuosi rispetto ai sistemi formalistici attualmente
esistenti. Nella sua articolazione il progetto prevede, come anticipato, la creazione di un sistema di
qualificazione attraverso cui dimostrare le buone pratiche di processo e di prodotto introdotte nelle
aziende campione. Sarà inoltre effettuata una ricerca desk per gli aspetti teorici e una ricerca sul

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campo che vedrà coinvolte 5 aziende associate nei confronti delle quali saranno fornite azioni
formative sotto forma di seminari e si provvederà all’adozione dell’istituto della certificazione dei
contratti di lavoro e di appalto come elemento qualificante delle stesse. Le fasi del progetto saranno
completate attraverso una disseminazione periodica dell’attività con apposite newsletter, la
redazione di una proposta di dpr sui sistemi di qualificazione delle imprese, l’avanzamento del
modello adottato come best-practies alle autorità competenti e l’organizzazione di un convegno
finale come proiezione all’esterno della sperimentazione.

Nell’incontro è intervenuta, poi, la dott.ssa Maria Giovannone, che ha sottolineato da subito il
fulcro del progetto, ossia gli istituti attualmente in via d’evoluzione, quali i modelli di
organizzazione e gestione, la certificazione degli stessi ed il sistema di qualificazione delle aziende.
Proprio quello in corso risulta essere l’anno decisivo per la realizzazione del progetto in questione
(nato nel 2010) e per l’implementazione in tale ambito dei suddetti istituti.
In particolare, l’attenzione è stata posta sui modelli di organizzazione e gestione, come previsti
dall’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008.
Tale disposizione, introdotta in seguito alla modifica operata dall’art. 9 della legge n. 123/2007, che
ha previsto che i reati di omicidio e lesioni colpose gravi o gravissime, conseguenti alla violazione
della normativa antinfortunistica, rispettivamente previsti dagli artt. 589 e 590 c. p. possono oggi
costituire presupposto della responsabilità dell’ente e dunque delle imprese ai sensi del d.lgs. n.
231/2001.
La dottoressa ha poi sottolineato come il tema dei modelli organizzativi deve considerarsi di
particolare rilievo per la questione in quanto presupposto necessario, visti gli obblighi giuridici
previsti in ottica dell’adozione e della efficace attuazione degli stessi, per la realizzazione di un
coerente sistema di qualificazione delle imprese.
Alla luce delle dimensioni della maggior parte delle aziende coinvolte del progetto, poi, la dott.ssa
Giovannone sottolinea un secondo punto di contatto con l’istituto dei modelli organizzativi.
In virtù del decreto correttivo (d.lgs. n. 106/2009) al Testo Unico salute e sicurezza, infatti, è
prevista (art. 30, comma 5-bis, d.lgs. n. 81/2008) la delineazione da parte delle istituzioni
competenti (Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro), di procedure
semplificate per l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione e gestione per la
tutela della salute e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole e medie imprese.
È previsto inoltre che l’adozione dei predetti modelli, nelle aziende fino a 50 lavoratori, possa
essere oggetto di pubblici finanziamenti da parte dell’Inail.
Si delinea in tal modo un quadro normativo che offre un forte strumento di tutela processuale alle
imprese di medie, piccole e piccolissime dimensioni, ma ancor di più una grande opportunità di
modernizzazione della organizzazione e dei processi produttivi, nell’ottica del miglioramento delle
condizioni di salute e sicurezza sul lavoro e dell’incremento della produttività.
Dal combinato disposto, poi, dell’art. 51 comma 3-bis e 3-ter e dell’art. 30 comma 5
rispettivamente relativi al ruolo degli organismi paritetici anche il tema di asseverazione
dell’attuazione dei modelli di organizzazione e gestione e alla presunzione di conformità alla legge
di tali modelli se definiti conformemente alle Linee Guida UNI-Inail o al British Standard, la
dottoressa Giovannone giunge poi ad un’ulteriore conclusione.
Entrambe queste disposizioni sembrano, infatti, aprire la strada ad un importante sviluppo dello
strumento della certificazione volontaria dei sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro
ad opera della prassi aziendale.
Rimane tuttavia la necessità di valutare con attenzione i punti di contatto di tali strumenti con la
normativa cogente nonché il grado di incidenza ed effettività sotto il profilo processual-penalistico.
Con riferimento alla salute e sicurezza sul lavoro la certificazione coinvolge infatti la valutazione
del sistema di gestione di una organizzazione e implica, come presupposto, il pieno raggiungimento
della conformità alle leggi di settore, nonché la dimostrazione della efficacia del sistema stesso,

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attraverso la continua riduzione e il controllo del rischio residuo per la salute e sicurezza sul lavoro,
per tutto il tempo di validità della certificazione stessa.
In chiusura la dottoressa ha sottolineato come, superate le suddette criticità giuridiche e in chiave
evolutiva, la certificazione dei modelli di organizzazione e gestione si configura senza dubbio quale
potenziale complemento del sistema di qualificazione delle imprese, nella creazione di un
innovativo approccio bipolare alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro basato sulla
fissazione di standard organizzativo-qualificatori e di procedimenti certificatori per le imprese,
adottando il quale, le stesse possono pervenire ad un più elevato grado di sicurezza ed affidabilità e
ad una maggiore effettività delle tutele.

L’incontro è proseguito con l’intervento della dott.ssa Flavia Pasquini, Vice Presidente della
Commissione di Certificazione costituita presso il Centro Studi Marco Biagi, Università di Modena
e Reggio Emilia, la quale ha illustrato l’istituto della certificazione dei contratti di lavoro e di
appalto, soffermandosi, in particolar modo, sulla ratio e sui principali aspetti procedurali che la
caratterizzano.

La relatrice, infatti, dopo aver specificato che la certificazione è disciplinata dalla c.d. Legge Biagi
(d.lgs. n. 276/2003, art. 75 e seguenti, come modificati dal d.lgs. n. 251/2004, dalla legge n.
266/2010 e dalla legge n. 183/2010, art. 30 e 31) e che può riguardare i contratti di lavoro e di
appalto, ma anche le rinunce e le transazioni poste in essere dal lavoratore ed il regolamento interno
delle cooperative, ha chiarito come essa persegua il fine di ridurre il contenzioso in materia di
lavoro.
In particolare, la certificazione dei contratti di lavoro e di appalto attesta che la tipologia
contrattuale, consapevolmente scelta dalle parti, è giuridicamente appropriata; nonché, qualora la
certificazione avvenga durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, essa registra che le concrete
modalità di svolgimento della prestazione siano coerenti con la tipologia contrattuale prescelta.

È per questo motivo, quindi, che – ha spiegato la dott.ssa Pasquini – è di cruciale importanza la fase
preliminare alla certificazione, nel corso della quale la Commissione di certificazione guida le parti,
ad esempio, nella stipulazione del contratto, di modo che esso sia il più possibile aderente al dato
normativo. E tanto avviene attraverso un’analisi informale, utile a far emergere, in particolare, le
reali esigenze dell’azienda, nonché attraverso un’attività di consulenza ufficiale, al termine della
quale la Commissione di certificazione rilascia un parere in ordine alla legittimità della ipotesi
organizzativa sottopostale dall’azienda.

La relatrice ha, poi, illustrato come il procedimento di certificazione prenda le mosse
necessariamente da una istanza congiunta delle parti contraenti, rivolta agli organi abilitati ad
espletare tale attività, ossia enti bilaterali, direzioni territoriali del lavoro, province, università
pubbliche e private, fondazioni universitarie, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, consigli
provinciali dei consulenti del lavoro e debba concludersi entro trenta giorni dalla presentazione
dell’istanza.

Una volta avviata la procedura di certificazione, sono fondamentali, per ridurre concretamente il
rischio della impugnabilità in giudizio dei contratti oggetto di esame, tanto l’analisi documentale,
quanto le audizioni delle parti (azienda e lavoratori). L’esame incrociato dei dati raccolti all’esito di
tale attività istruttoria, infatti, permette alla Commissione di avere ben chiari gli obiettivi che
l’azienda intende conseguire attraverso, ad esempio, l’impiego di una determinata tipologia
contrattuale e, dunque, quale sia l’effettiva esigenza che ha ispirato la scelta organizzativa. In
questo modo, infatti – ha chiarito la relatrice – ancorché in sede istruttoria spesso emergano
dichiarazioni contrastanti, la Commissione, sia pur con limitati poteri di indagine, può valutare la
congruità dell’utilizzo di un determinato contratto e la correttezza della sua formulazione.

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La dott.ssa Pasquini ha, quindi, spiegato come, all’esito della procedura, la Commisione emetta un
provvedimento di certificazione oppure di rigetto, rispetto al quale svolge un ruolo determinante la
motivazione posta a sostegno della delibera. E questo perché: a) la completezza delle
argomentazioni riduce la possibilità che possano emergere dubbi in ordine alla legittimità della
scelta aziendale, con conseguente abbattimento del rischio di ricorso al giudice; b) in caso di
giudizio, gli elementi di prova su cui si fonda la delibera dovranno essere tenuti in conto dal giudice
ai fini della valutazione del comportamento delle parti, anche perché le valutazioni espresse dalle
parti in sede di certificazione vincolano il giudice, salvo il caso di erronea qualificazione del
contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua
successiva attuazione (ex art. 30, comma 2, legge n. 183/2010).

La relatrice ha, poi, precisato che, ancorché certificato, il contratto può comunque essere impugnato
dinnanzi al giudice del lavoro – previo esperimento di un tentativo di conciliazione davanti alla
medesima Commissione che ha certificato il contratto impugnato – per: a) erronea qualificazione
del contratto; b) difformità tra il programma negoziale certificato e la sua attuazione.
Qualora, invece, le parti ritengano che il provvedimento adottato dalla Commisione sia viziato per
violazione del procedimento, eccesso di potere o per la non genuinità del consenso prestato,
possono ricorrere al Tar.

Ad ogni buon conto, gli effetti della certificazione, in ordine, per l’appunto, alla congruità della
tipologia contrattuale prescelta, alla sua fomulazione e alle concrete modalità di svolgimento della
prestazione, permangono, anche nei confronti dei terzi, sino a che non sopraggiunga una pronuncia
giudiziale che riscontri profili di illegittimità nel contratto o nella sua esecuzione. Peraltro, tali
effetti si producono sin dall’inizio della esecuzione del contratto, anche con riferimento ad un
periodo precedente all’avvio del procedimento di certificazione (ciò a condizione che la
Commissione abbia avuto elementi per poter registrare i su riferiti profili di legittimità anche
rispetto a tali periodi).

La dott.ssa Pasquini ha, quindi, spiegato come, con la c.d. direttiva Sacconi del 18 settembre 2008,
si sia previsto che l’accertamento ispettivo dei contratti c.d. flessibili debba essere rivolto nei
confronti dei contratti che non siano stati sottoposti al vaglio di una Commissione di certificazione,
a meno che non emerga, in maniera incontrovertibile, una palese incongruenza tra il contratto
certificato e la sua esecuzione.

Infine, la relatrice ha concluso il proprio intervento raccontando l’esperienza della Commissione di
certificazione costituita presso il Centro Studi Marco Biagi, Università di Modena e Reggio Emilia,
grazie alla quale ha potuto riscontrare – più che un mero aumento quantitativo, negli anni, delle
istanze – un cambiamento “qualitativo” nell’approccio di aziende e lavoratori alla certificazione. La
dott.ssa Pasquini ha spiegato come tale procedura sia sempre più percepita non come un mero
ulteriore appesantimento dei costi correlati al lavoro, quanto piuttosto come un investimento per le
aziende, una sorta di “assicurazione” sulla corretta gestione delle risorse umane.

La giornata si è conclusa con un confronto sui temi affrontati dalle relatrici dott.ssa Giovannone e
dott.ssa Pasquini, in merito ai quali i partecipanti si sono dimostrati particolarmente attivi. Tra i
temi caldi del dibattito si riportano: l’importanza di introdurre tra i requisiti preferenziali del sistema
di qualificazione, la certificazione dei sistemi di smaltimento rifiuti che nel settore costituiscono un
vero elemento determinante sotto l’aspetto competitivo, e il suggerimento di offrire ai modelli
organizzativi, che verranno ad adottarsi, la veste di strumenti che possano orientare la cultura dei
controlli ispettivi deviandola sugli aspetti squisitamente prevenzionali e non esclusivamente di
carattere sanzionatorio. Sincero interesse, ai margini della giornata, è stato manifestato riguardo alla

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proposta di un dpr sui sistemi di qualificazione delle imprese che secondo i partecipanti servirebbe
come ulteriore garanzia rispetto alla limitata effettività che possano avere le varie circolari
ministeriali.
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                              Scuola internazionale di Dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
                                                                  Adapt-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

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                        Scuola di Dottorato in Sviluppo organizzativo, lavoro e innovazione dei processi produttivi
                                                                                       Adapt – Politecnico di Bari

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