Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine "atipiche" delle fiabe tradizionali
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Faculteit Letteren & Wijsbegeerte Geraldine Wijns Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine “atipiche” delle fiabe tradizionali Analisi della raffigurazione della protagonista “intraprendente” nelle ‘Fiabe italiane’ di Calvino e nelle ‘English Fairy Tales’ di Jacobs Masterproef voorgelegd tot het behalen van de graad van Master in de taal- en letterkunde Engels – Italiaans 2012-2013 Promotor Prof. dr. Mara Santi Vakgroep Letterkunde
HOW TO GET INTO THIS [THESIS]. Knock at the Knocker on the Door, Pull the Bell at the side, Then, if you are very quiet, you will hear a teeny tiny voice say through the grating “Take down the Key.” This you will find at the back: you cannot mistake it [...]. Put the Key in the Keyhole, which it fits exactly, unlock the door and WALK IN. (Joseph Jacobs English Fairy Tales, 1890) 2
Ringraziamenti La stesura della tesi è stata un’esperienza impegnativa, ma altrettanto istruttiva. La ricerca sull'argomento ha occupato gran parte del mio tempo nell’ultimo anno; è stata un processo lungo ed intenso per cui talvolta è stato necessario fare le ore piccole. Proprio come Italo Calvino mi sono trovata immersa nel meraviglioso mondo delle fiabe pur senza avere una conoscenza approfondita del genere letterario. È stato anche per me come “un salto a freddo”1. Mi sono resa conto, durante la mia ricerca, che la discussione intorno al genere della fiaba è più complessa di quanto si possa immaginare. Per questo motivo ho trovato la stesura della tesi un viaggio accattivante, accompagnato nondimeno da varie peripezie. Fortunatamente, per superare i vari ostacoli incontrati ho potuto contare sul sostegno della professoressa Mara Santi, che sempre ha trovato il tempo per fugare i miei dubbi o per mettermi sulla buona pista. Vorrei ringraziarLa per il Suo tempo e per la Sua disponibilità: la porta del Suo ufficio sempre aperta mi ha trasmesso una sensazione rassicurante. Vorrei anche ringraziare la Dottoressa Rossella Bonfatti, che si è impegnata a fondo per revisionare la mia tesi dal punto di vista linguistico. Infine, vorrei anche dedicare alcune parole ai miei genitori che sono stati in grado di sorreggermi emotivamente nei momenti più difficili. 1 Italo CALVINO, Introduzione, in Id., Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, con una prefazione di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011, p. 9. 3
Indice Introduzione .............................................................................................................................. 5 Parte 1 ........................................................................................................................................ 8 1 Capitolo 1: Italo Calvino Vs. Joseph Jacobs: introduzione agli autori ........................ 9 1.1 Italo Calvino (1923-1985) ................................................................................................................. 9 1.2 Joseph Jacobs (1854-1916) ............................................................................................................. 14 2 Capitolo 2: Status Quaestionis: Come la critica analizza la figura femminile? ........ 19 2.1 La prospettiva strutturalistica .......................................................................................................... 19 2.2 La prospettiva psicoanalitica ........................................................................................................... 21 2.3 La prospettiva femminista ............................................................................................................... 25 2.4 La prospettiva letteraria ................................................................................................................... 30 Parte 2 ...................................................................................................................................... 32 3 Capitolo 3: Analisi: La “giovane donna” nella fiaba ................................................... 33 3.1 Jacobs e Calvino: una predilizione per la protagonista indipendente........................................ 34 3.2 L’aspetto esteriore ............................................................................................................................ 37 3.2.1 I colori........................................................................................................................................ 37 3.2.2 I capelli ...................................................................................................................................... 42 3.3 La personalità .................................................................................................................................... 44 3.3.1 La personalità incantevole dell’eroina fiabesca, caratterizzata dall’intelligenza e dall’ingegnosità.......................................................................................................................................... 44 3.3.1.1 Kate Crackernuts ................................................................................................................. 45 3.3.1.2 Molly Whuppie ..................................................................................................................... 47 3.3.1.3 Caterina la Sapiente ............................................................................................................ 50 3.3.2 L’eroina fiabesca e il motivo del camuffamento ................................................................. 53 3.3.2.1 Cap O’Rushes....................................................................................................................... 54 3.3.2.2 Fanta-Ghirò, persona bella ............................................................................................... 57 3.4 L’amore .............................................................................................................................................. 60 Conclusione ............................................................................................................................. 65 Bibliografia ............................................................................................................................. 67 Appendice ................................................................................................................................ 72 4
Introduzione “C’era una volta...”. Con queste parole cominciano le storie che costituiranno il focus della mia tesi. Sono fiabe che rappresentano al lettore un mondo di principi e di principesse, di magia, di meraviglia e di avventure. Le espressioni “C’era una volta...” o “Once upon a time...” funzionano quasi come delle formule magiche, che proiettano il lettore nel mondo della fantasia e che lo avvertono che seguirà una storia che farà appello all’immaginazione. Si tratta di un’espressione idiomatica, diffusa presso culture assai diverse, perché la tradizione di raccontare storie appartiene all’uomo: così avviene anche nella cultura italiana e in quella inglese, che producono le due collezioni che saranno al centro della ricerca. Le fiabe che occupano una posizione centrale nella nostra ricognizione provengono dalla collezione italiana di Italo Calvino, Fiabe italiane, e dalla raccolta inglese di Joseph Jacobs, English Fairy tales. Il genere fiabesco è un genere letterario interessante che presenta una struttura particolare, uno svolgimento narrativo divertente e la capacità di descrivere “a universe in miniature”2. Max Lüthi afferma, riferendosi alla fiaba, che “[w]hen something has the ability both to attract and repel one so forcefully, one may assume that it deals with fundamentals. [...] [It is] a peculiar form of literature, one which concerns man directly” 3. La fiaba si collega alla vita del lettore, che può riconoscervi degli elementi della propria vita o imparare delle massime di saggezza immergendosi nel mondo fiabesco, ossia “[f]airy tales possess a special sort of magic and play an important role in all our lives”4. Quest’ultima osservazione si riconduce all’idea che “[t]he characters of the fairy tale are not personally delineated; the fairy tale is not concerned with individual destinies”, vale a dire, il protagonista della fiaba rappresenta “an image for the human spirit: the story portrays the endowment, peril, paralysis, and redemption not of just one [...] [person], but of all mankind”5. Tale prospettiva è una delle ragioni per cui la fiaba è così popolare e presente nelle diverse culture: nonostante le fiabe raccontino delle storie antiche, appartenenti a tempi lontani o immaginati, si può osservare la presenza di storie o elementi che rimandono alla vita quotidiana. Partendo da queste osservazioni, possiamo argomentare che i personaggi stanno alla base della fiaba. Nella collezione di Jacobs e in quella di Calvino il lettore ne incontra una grande varietà: personaggi maschili e femminili, buoni e cattivi, belli e brutti, ricchi e poveri. Tra gli innumerevoli personaggi presentati, il mio interesse è catturato, in particolare, dalla raffigurazione, interpretazione e caratterizzazione del personaggio femminile. In 2 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, con un’introduzione di Francis Lee Utley, Bloomington & London, Indiana University Press, 1976, p. 25. 3 Ivi, p. 22. 4 Ivi, risvolto della sopraccoperta. 5 Ivi, p. 24. Si nota che Max Lüthi procede dal “caso specifico” al “caso generale”, ossia parte (in questo caso) dalla fiaba “Sleeping Beauty” per applicare poi le proprie osservazioni all’intero genere. (The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, a cura di Jack Zipes, New York, Oxford University Press, 2000, p. 18.) 5
generale, la figura femminile della fiaba si articola in figure diverse che svolgono ruoli specifici, come: principessa, madre, matrigna, fata o madrina, strega, ecc. Per di più, durante la lettura delle fiabe di Calvino e quelle di Jacobs, sono rimasta colpita dalla vera e propria indispensabilità della “donna” nella fiaba. Tale idea sembra evidente, però, non possiamo negare la presenza dell’idea stereotipica dell’uomo eroico, che regge il regno della fiaba, lasciando in ombra la donna fiabesca, che occupa un ruolo secondario. Sia Jacobs che Calvino includono, nelle loro rispettive collezioni, alcune fiabe che mettono in scena delle protagoniste interessanti che spiccano perché vengono presentate in modo più attivo, intraprendente e moderno a paragone delle donne più tradizionali delle altre fiabe. Per questo motivo l’obiettivo centrale della mia analisi consisterà nell’offrire un’analisi di una selezione di fiabe che presentano una protagonista atipica. Parleremo di eroine dai nomi altisonanti, come Kate Crackernuts, Caterina la Sapiente, Molly whuppie e Fanta-Ghirò che mostrano al lettore un atteggiamento diverso, indipendente, a volte persino audace. L’analisi si focalizzerà da un lato sul modo in cui la figura della donna intraprendente viene rappresentata nella fiaba e su come lo scrittore inglese e quello italiano decidono di raffigurare le protagoniste ingegnose. Dall’altro lato, mi sembra interessante scoprire delle analogie o delle differenze nella raffigurazione delle eroine fiabesche in Jacobs e in Calvino. Tuttavia, mi sembra necessario notare che una simile eroina intraprendente è presente soltanto in un limitato numero di fiabe, e sia Calvino che Jacobs sembrano inserirla all’interno di un corpus di fiabe dominate da un’eroina più tradizionale. La tesi si articolerà in diversi capitoli nei quali offrirò sia una prospettiva teorica sulla figura femminile nella fiaba, sia un’analisi tematica dei diversi aspetti della protagonista atipica. Nel primo capitolo presenterò gli autori, spiegando perché mi concentrerò sulle raccolte di fiabe di un autore italiano e su quella di uno scrittore inglese. Italo Calvino e Joseph Jacobs hanno realizzato delle collezioni importanti, che offrono al lettore nuove prospettive sulle fiabe di lingua italiana e su quelle di lingua inglese. Calvino e Jacobs adottano un certo metodo di lavoro, svelano delle analogie e differenze e rappresentano alcune qualità con le quali riescono a catturare l’attenzione del pubblico. Il secondo capitolo verte sullo Status Quaestionis, in cui si distingueranno i quattro approcci con cui si affronta l’interpretazione della figura femminile della fiaba: l’approccio strutturalistico, l’approccio psicoanalitico, l’approccio femminsta e l’approccio letterario. Quest’ultimo approccio costituirà il punto di partenza per la nostra analisi, perché offre osservazioni interessanti che ci possono aiutare a comprendere meglio il ruolo, ovvero il “significato”, della protagonista fiabesca. Il terzo capitolo, suddiviso in quattro sezioni, si focalizzerà sull’analisi della figura femminile atipica. Basandoci su una selezione di sette fiabe, quattro di Calvino e tre di Jacobs, affronteremo, in primo luogo, le ragioni per cui i due autori si dimostrano a favore della donna fiabesca intraprendente. In secondo luogo considereremo l’aspetto esteriore della figura femminile per passare, in terzo luogo, alla personalità e al carattere delle protagoniste. Infine, in quarto luogo, affronteremo l’amore e la relazione amorosa fra il personaggio maschile e quello femminile nelle fiabe selezionate. 6
In questo modo proverò ad offrire una nuova prospettiva esegetica sulla figura femminile nella fiaba, partendo da una piccola raccolta di sette fiabe provenienti dalla collezione di fiabe di Italo Calvino e da quella di Joseph Jacobs. 7
Parte 1 8
1 Capitolo 1: Italo Calvino Vs. Joseph Jacobs: introduzione agli autori In questo capitolo introduttivo vorrei presentare i due scrittori e le loro rispettive collezioni di fiabe, ossia Italo Calvino con le Fiabe italiane e Joseph Jacobs con la raccolta di English Fairy Tales. Inoltre motiverò la mia scelta di mettere a confronto lo scrittore italiano e l’autore inglese e proverò ad indicare le differenze e i punti comuni tra Jacobs e Calvino nell’approccio alla loro collezione narrativa e nel loro metodo di lavoro in generale. In ogni caso è del tutto possibile argomentare che i due autori qui presi in esame si impongano all’attenzione del pubblico e della critica grazie alle loro qualità di originalità, audacia e innovazione legate ai rispettivi contesti culturali di appartenenza. Grazie a questo complesso intreccio Jacobs e Calvino riescono a catturare l’attenzione dei lettori e ad affascinarli con le loro opere fiabesche. 1.1 Italo Calvino (1923-1985) La mancanza di una “gran raccolta delle fiabe popolari di tutta Italia, che sia anche libro piacevole da leggere, popolare per destinazione e non solo per fonte”6 spinge Italo Calvino nel 1954 alla stesura delle Fiabe italiane. Nello spazio di due anni Calvino si dedica a questo progetto impegnativo e attraversa l’Italia in lungo e in largo per arrivare ad una raccolta di duecento fiabe italiane provenienti dalle venti regioni della penisola 7. La scelta della casa editrice Einaudi di affidare il progetto della raccolta nazionale di fiabe a Calvino non si rivelerà un errore8 e anche Mario Lavagetto, che scrive la prefazione alle Fiabe italiane, afferma che l’idea di scegliere Calvino per intraprendere questo viaggio fu in qualche modo segnato dal destino: [N]ell’accanimento, nella determinazione con cui Calvino affronta la riscrittura di duecento fiabe [...] è possibile riconoscere una sorta di predestinazione o di preveggenza: l’appuntamento è decisivo e Calvino assolve al suo compito nell’arco di un anno se, nella tarda primavera del 1956, le fiabe sono scritte con un tour de force degno di quelli fra i suoi protagonisti che in una notte riescono a compiere imprese apparentemente impossibili, a filare montagne di canapa, a tessere vestiti meravigliosi o a separare un’enorme quantità di ceci e piselli mescolati insieme.9 In merito Calvino rivela nell’introduzione che lo studio della tradizione folcloristica italiana costituiva per lui “un salto a freddo”, ossia un’immersione “in questo mondo 6 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 8. 7 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, a cura di Jack Zipes, New York, Oxford University Press, 2000, p. 83. 8 Mario LAVAGETTO, Prefazione, in Italo CALVINO, Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011, p. XI. 9 Ivi, p. XIV. 9
sottomarino disarmato d’ogni fiocina specialistica”10. Tuttavia, una volta fatto il salto nel buio, Calvino viene colto da una vera “mania”, alimentata dalla “ricchezza e limpidezza” del “fondo fiabistico popolare italiano” e dalle “qualità di grazia, spirito [e] sinteticità di disegno” del folclore italiano11. Tale interesse per la tradizione folcloristica spiega perché Calvino nella composizione della propria raccolta si immerga nel materiale ottocentesco – in particolare si concentra sulla collezione siciliana di Giuseppe Pitré, intitolata Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani (1875), e sulla raccolta toscana di Gherardo Nerucci, intitolata Sessanta novelle popolari montalesi (1880) – anziché affidarsi alla trascrizione delle fiabe popolari narrategli dalle cosiddette “vecchiette”12. Questa scelta metodologica viene indicata nel sottotitolo della raccolta: Fiabe italiane - raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti. Nondimeno deve essere notato che “le Fiabe italiane si present[ano] non solo come le fiabe della tradizione popolare trascritte da Calvino, ma anche come le fiabe di Calvino”, quindi “come testimonianza dell’approccio personale con cui Calvino si è accostato ai testi della tradizione, interpretandoli attraverso la propria voce”13. Si rivela quindi fondamentale per una corretta lettura delle Fiabe italiane prendere in considerazione la dimensione inventiva e creativa aggiunta alla raccolta da Calvino stesso. Nell’introduzione alle Fiabe italiane Calvino chiarisce la natura del suo intervento nella raccolta e spiega i “Criteri del mio [Calvino] lavoro”, ricordando che tre quarti dell’opera sono qualificabili come scientifici mentre “l’ultimo quarto [del suo lavoro è] frutto d’arbitrio individuale”14. Cominciando con la scelta della “version[e] più bell[a], original[e] e rar[a]”, Calvino procede con la traduzione dal dialetto in italiano e con l’inserimento di elementi dalle varianti alternative alla versione scelta per poter “integrare con una mano leggera d’invenzione i punti che paiono elisi o smozzicati”; contemporaneamente Calvino prova a realizzare tutte queste fasi usando un italiano che non è nè troppo personale, nè scialbo 15. Per una lista ordinata e sistematica dei tipi di interventi calviniani, si può fare riferimento alla prefazione di Mario Lavagetto in cui i cambiamenti di tipo ‘accelerazione’, ‘contaminazione’, ‘enfatizzazione’, ‘aggiunta’, ‘invenzione’, ‘omissione’, ‘sostituzione’ e ‘variazione’ vengono descritte dettagliatamente16. Prendendo in considerazione tutti questi interventi autoriali di Calvino, possiamo concludere che le Fiabe italiane sono in effetti “le fiabe di Calvino”17. Per giustificare la sua metodologia, l’autore fa riferimento al proverbio toscano di Nerucci: In tutto questo mi facevo forte del proverbio toscano caro al Nerucci: «La novella nun è bella, se sopra nun ci si rappella», la novella vale per quel che su di essa tesse e ritesse ogni volta chi la racconta, per quel tanto di nuovo che ci s’aggiunge passando di bocca in bocca.18 10 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 9-10. 11 Ivi, p. 11. 12 Ivi, pp. 22, 14. 13 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, Roma, Carocci Editore, 2007, pp. 15-16. 14 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 13-14. 15 Ivi, pp. 14-15. 16 Mario LAVAGETTO, Prefazione, in Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., pp. XXXI-XXXIII. 17 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 16. 18 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 21. 10
Va inoltre notato che Calvino inserisce nella sua raccolta una sezione di Note, che accompagnano le fiabe e che assumono una duplice funzione19. Da un lato le Note offrono informazioni scientifiche sui cambiamenti inseriti nelle fiabe dallo scrittore, mentre dall’altro lato riflettono il carattere personale di Calvino20. Le Fiabe italiane di Italo Calvino si prestano a multiple interpretazioni, innescando, per esempio, il problema della valutazione dei racconti fiabeschi, visti come “documenti storici” o come “testi poetici”21. Però, prima di tutto, ci sembra utile indicare la differenza categoriale tra la “fiaba popolare” e la “fiaba classica di origine popolare”22 (in inglese: the “oral fairy tale” vs. “the literairy fairy tale”23) visto che questa distinzione può aiutare nella caratterizzazione delle fiabe calviniane. La ‘fiaba popolare’ può essere definita come la fiaba di “estrazione etnico-popolare che intende trascrivere il più fedelmente possibile la narrazione orale”, come per esempio la collezione di Nerucci (1880) e quella di Pitré (1875) 24. La ‘fiaba classica’ “è quella di origine popolare in cui gli autori, pur dichiarando espressamente di voler rimanere fedeli alla versione originale orale, di fatto nella trascrizione scritta operano abbastanza liberamente”, come per esempio la collezione di Straparola (1550), quella di Basile (1634) e quella dei Grimm (1812)25. Di conseguenza, la categorizzazione delle Fiabe italiane di Calvino come raccolta di fiabe classiche non è problematica data la dimensione creativa ed inventiva implicata. Vedremo che questa classificazione si rivelerà importante nell’interpretazione delle fiabe. In primo luogo ci concentriamo sull’interpretazione storica delle fiabe di Calvino, visto che “è innegabile che esso [il testo fiabesco] porti con sé i segni dei luoghi e dei tempi in cui è stato tramandato”26. È possibile “rintracciare [nella fiaba] [...] le variabili storiche e geografiche, le situazioni specifiche del vissuto sociale”, in base agli aspetti morfologici che identificano gli elementi costanti nella struttura fiabesca attraverso società diverse 27. Tuttavia 19 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 25. 20 Ivi, pp. 25-26. 21 Ivi, pp. 26-33. 22 Silvia Blezza PICHERLE, La fiaba: contenuti, stile, adattamenti, valore educativo, Dispense del corso di Letteratura per l’infanzia, Corso di Laurea – Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Verona, a.a. 2009-2010, p. 3. 23 Ruth B. BOTTIGHEIMER, Fairy Tales – A New History, Albany-NY, Excelsior Editions, 2009, pp. 6-8. Oral fairy tales: “fairy tales [that] were created within an oral (‘pure’ or ‘genuine’) culture and were transmitted through oral cultures as ‘folk fairy tales’ until they were written down by later authors, who collected them from the folk (but ‘contaminated’ them in so doing)”, p. 6. Literairy fairy tales: “a reworking of orally composed and transmitted tales […] ‘reworking’ is understood to have been carried out by literate, and literary, authors like Giovan Francesco Straparola, Giambattista Basile, [...] Jacob and Wilhelm Grimm [etc.]”, p. 7. Nota: Bottigheimer ha scatenato con questo libro una forte discussione, perché vuole dimostrare che “the existence of oral fairy tales […] among any folk before the ninetheenth century cannot be demostrated” (p. 7). In questo modo la critica vuole anche minare la “theory of oral origins and transmission” che, secondo lei, si dimostra “unproveable” (p. 8). Il risultato è un conflitto teorico tra le idee di Bottigheimer, quelle dello studio folcloristico tradizionale e quelle dell’approccio socio-storico ed ideologico. 24 Silvia Blezza PICHERLE, La fiaba: contenuti, stile, adattamenti, valore educativo, Dispense del corso di Letteratura per l’infanzia, Corso di Laurea – Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Verona, a.a. 2009-2010, p. 3. 25 Ibidem. 26 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 26. 27 Ivi, p. 27. 11
la prospettiva storica cambia a seconda che si parli di fiabe popolari o di fiabe classiche, poiché –dal punto di vista della tradizione folclorica– la fiaba popolare rappresenta una trasmissione “pure and genuine” che si scontra con la fiaba classica, che viene invece considerata come “an impure, inauthentic derivative”28. Calvino accenna a questa divisione in modo indiretto nell’introduzione alla raccolta: alla mancanza di libertà della tradizione popolare, a questa legge non scritta per cui al popolo è concesso solo di ripetere triti motivi, senza vera «creazione», il narratore di fiabe sfugge con una sorta d’istintiva furberia: lui stesso crede forse di far solo delle varizioni su un tema; ma in realtà finisce per parlarci di quel che gli sta al cuore. 29 Come possiamo leggere, Calvino concentra la propria attenzione sul contributo dei narratori delle fiabe30, vale a dire sul fatto che sono i narratori a determinare le variabili storiche che vengono rappresentate nelle fiabe e a determinare anche la creatività poetica che ci fa spostare più verso la categoria di fiabe classiche31. Non si può però dimenticare che, oltre ai narratori che hanno trasmesso le fiabe oralmente, c’è anche Calvino, il narratore-scrittore della raccolta delle Fiabe italiane, che può altresì rispecchiare dei motivi culturali o storici attraverso la scelta di inserire nella raccolta alcune fiabe specifiche o attraverso cambiamenti e invenzioni rispetto alle fonti. Lo sviluppo verso la fiaba trascritta, in cui l’invenzione e l’originalità del narratore-scrittore sono centrali, ha delle conseguenze per le ricerche socio-storiche, anche se “Zipes, however, adapts Nitschke’s method for defining the socio-historical context of folk tales to the study of the literairy fairy tale, arguing that fairy tales ‘preserve traces of vanished forms of social life’ even though tales are progressively modified ideologically” 32. Nondimeno, mi sembra che l’approccio socio-storico occupi una posizione secondaria rispetto all’interpretazione poetica delle fiabe calviniane. In secondo luogo ci occupiamo della ragione per cui la valutazione poetica dei racconti fiabeschi è fondamentale nell’analisi delle Fiabe italiane poiché riguarda il profilo letterario attribuito alle fiabe, ovvero secondo le parole di Sarah Cruso: “In definitiva, l’obiettivo doveva essere la realizzazione di un’opera dagli intenti letterari, frutto del lavoro di uno scrittore e, nello specifico, della poetica di Calvino: le fiabe di Calvino, appunto”33. Italo Calvino, nella stesura delle Fiabe italiane, adotta un doppio standard, ossia il narratore- scrittore si dimostra in grado di conciliare il “rispetto di convenzioni” con la “libertà inventiva”34. Tale atteggiamento rivela perché il punto di vista sociologico-antropologico viene leggermente sorpassato dalla “lettura poetica delle fiabe tradizionali” per cui Calvino, lo scrittore-narratore della raccolta, si trova nella posizione di “attribuire [...] una nuova identità” ai “temi e motivi tradizionali [che] costantemente ritornano” 35. In generale, Simona Prone 28 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17. 29 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 50. 30 Con ‘i narratori delle fiabe’ intendo riferire ai narratori che hanno narrato le fiabe sulle quali le collezioni di, per esempio, Pitré e Nerucci sono basate. Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 24. 31 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 24. & Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 33. 32 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., pp. 19-20. 33 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 19. 34 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 50. 35 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., pp. 34, 36, 91. 12
sottolinea che la natura fiabesca può infatti superare la stereotipia assimilando degli elementi caratteristici dell’ambito letterario36: Accettate quindi la costanza e la ripetibilità di motivi e figure appartenenti al mondo della fiaba, non si può non mettere in luce anche il potenziale immaginativo che in essi si nasconde, un vero universo poetico, dal quale il narratore attinge in modo libero ed autentico, partendo da motivi trasmessi per arrivare a produzioni che della letteratura presentano l’interruzione del rapporto con la propria origine, all’insegna di una ricreazione personale e originale del materiale trasmesso.37 Con riferimento all’originalità e alla dimensione inventiva con cui Calvino ha affrontato il compito di curare una raccolta nazionale di fiabe italiane, si parla di “creative license” 38. Nell’introduzione alle Fiabe italiane Calvino elenca alcune “caratteristiche tipiche delle fiabe italiane, però ci sono alcuni critici che sostengono che questo elenco riguardi l’inventiva di Calvino stesso”39. Le caratteristiche individuate sono: il “senso d[i] bellezza” 40, “la naturale «barbarie» della fiaba [che] si piega ad una legge d’armonia”41, “corre, nella fiaba italiana, una continua e sofferta trepidazione d’amore”42, la “spinta verso il meraviglioso”43 e la “tensione dinamica fra la fantasia e la realtà”44. Particolarmente quest’ultima caratteristica richiama la nostra attenzione siccome Calvino si dimostra convinto della «verità» delle fiabe, ossia lo scrittore esce dal mondo fiabesco dopo due anni di dedizione profonda e realizza che “le fiabe sono vere”45. Calvino insiste sull’idea che le fiabe rappresentano i mille volti della vita umana e offrono “una spiegazione generale della vita”46. Calvino riesce a riassumere in alcune frasi l’essenza simbolica della fiaba, il che emerge dal seguente passaggio, molto citato dalla critica specialistica: [Le fiabe] sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano.47 Si può osservare che, anche se Calvino vede la fiaba come mezzo ideale per rappresentare il sodalizio fra il mondo reale e il mondo fantastico, lo scrittore non esclude la possibilità di 36 Simona PRONE, La dimensione letteraria del racconto fiabesco, in “Testo: studi di teoria e storia della letteratura e della critica”, Vol. 21, N. 39, 2000, p 35. 37 Ivi, p. 46. 38 Gina M. MIELE, Italo Calvino’s spiderlike web: caught between folklore and literature, in “Italica”, 22 giugno 2011, pp. 232-244 (scaricato dal sito TheFreeLibrary.com in un documento di Word, [pp. 1-9]: http://www.thefreelibrary.com/Italo+Calvino's+spiderlike+web%3A+caught+between+folklore+and...- a0277519285, [p. 5.] ). 39 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 84 (traduzione personale). 40 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 46. 41 Ivi, p. 47. 42 Ivi, p. 47. 43 Ivi, p. 50. 44 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 84 (traduzione personale). 45 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 12-13. 46 Ivi, p. 13. 47 Ivi, p. 13. 13
accantonare la realtà esistente e usare la fiaba per suggerire una realtà alternativa 48. Secondo Calvino una delle qualità peculiari del racconto fiabesco è la sua funzione di antidoto, capace di offrire al pubblico un rifugio dalla durezza dell’esistenza e allo stesso tempo di ravvivare la speranza e la forza di volontà della gente49. L’identificazione delle Fiabe italiane come fiabe classiche di origine popolare (literary fairy tales) e la conseguente importanza assunta dalla valutazione poetica della raccolta hanno determinato la mia preferenza per l’analisi letteraria delle fiabe in cui “the stylistic features and thematic significance” hanno un ruolo centrale, come indicato anche dal critico letterario Max Lüthi50. 1.2 Joseph Jacobs (1854-1916) Joseph Jacobs, nato nel 1854 in Australia, si trasferisce in Inghilterra dove inizialmente si fa un nome come storico, dedicandosi per un lungo periodo allo studio del giudaismo 51. Dopo aver approfondito le ricerche in storia ebraica, Jacobs si rivolge allo studio del folclore con la pubblicazione di Jewish Diffusion of Folk Tales (1888), il che costituisce il punto di partenza della sua carriera di folclorista52. Tale carriera ha una svolta quando diventa socio nel 1889 della ‘Folk-Lore Society’ e grazie al lavoro editoriale per la rivista inglese ‘Folk-Lore’, “svolto sino al 1893”53. Nel 1890 Jacobs si dedica alla stesura di English Fairy Tales, una raccolta che viene considerata come “[a] pioneering collection[s] from the golden age of folktale collecting”54. Tuttavia deve essere notato che la parola “pioneering” non riflette la popolarità della collezione all’epoca della pubblicazione, ma fa piuttosto riferimento al suo grado di innovazione, siccome “Jacobs was not during his lifetime, and is not now, the most prominent or most highly regarded of his colleagues, but he is among the most modern”55. Di conseguenza Jacobs non viene inserito nel “Great Team” di Richard Dorson che comprende i sei “rappresentanti del folclore dell’epoca vittoriana”56, il che porta i critici di oggi alla constatazione che “Joseph was underrated [...] because he was often right – arguing against the prevailing opinions of his contemporaries – when the majority of his collegues were wrong”57. 48 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 43. 49 Ivi, p. 34. 50 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18. 51 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, in “Folklore”, Vol. 98, N. 2, 1987, p. 183. & The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 268. 52 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., p. 184. 53 Ibidem (traduzione personale). 54 Donald HAASE, Preface, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, a cura di e con un’introduzione di Donald Haase, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2002, p. VII. 55 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., p. 183. 56 Ibidem (traduzione personale). 57 Carol G. SILVER, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, in “Marvels & Tales”, Vol. 18, N. 1, 2004, p. 105. 14
Nella prefazione alla collezione di English Fairy Tales Jacobs rivela il motivo che lo ha spinto alla composizione della raccolta: “Who says that English folk have no fairy-tales of their own?”58. Questa domanda deve essere contestualizzata poiché Jacobs ha vissuto in un periodo caratterizzato dall’assenza di una vera e propria tradizione di fiabe inglesi: [A] distinctly English fairy tale did not become firmly established or widely known until the Victorian Era [...] the English fairy-tale tradition had paled in contrast to the remarkable tales found on the continent.59 In altre parole, alla fine dell’epoca vittoriana anche l’isola britannica comincia a sentire la necessità di produrre una collezione nazionale di fiabe: una necessità particolarmente acuita dal grande successo della raccolta tedesca dei fratelli Grimm – Kinder- und Hausmärchen60. Oltre a ciò, “their [le fiabe dei Grimm] pervasive presence in England [...] underlined the absence of a comparable collection of indigenous English tales” per cui Jacobs si mette alla stesura della raccolta di English Fairy Tales, che sarà seguita, alcuni anni dopo, dalla seconda collezione More English Fairy Tales nel 189461. A questo punto è possibile individuare la prima corrispondenza ovvero la prima somiglianza tra i due autori, Calvino e Jacobs, dato che la raccolta dei fratelli Grimm e la metodologia di lavoro da entrambi adottata ha avuto un’influenza rilevante sui due scrittori62. Per motivi cronologici è possibile argomentare che il legame tra i Grimm e Italo Calvino non sia forse tanto ovvio quanto il rapporto tra i fratelli tedeschi e Joseph Jacobs. La raccolta dei fratelli Grimm appare intorno al 1812 e viene seguita in Inghilterra dalle English Fairy Tales di Jacobs nel 1890, mentre le Fiabe italiane di Calvino vengono pubblicate soltanto nel 1956. La raccolta Kinder- und Hausmärchen dei fratelli Grimm ha avuto una fortuna senza pari e entrambi gli scrittori l’hanno presa come modello: infatti sia Jacobs che Calvino hanno in mente di costruire una raccolta nazionale di fiabe che possa rivaleggiare con quella dei fratelli tedeschi: La prima spinta a comporre questo libro [le Fiabe italiane] è venuta da un’esigenza editoriale: si voleva pubblicare, accanto ai grandi libri di fiabe popolari straniere, una raccolta italiana. Ma che testo scegliere? Esisteva un «Grimm italiano»?63 “English Fairy Tales and More English Fairy Tales [...] [were] described [by Jacobs] ‘as the best substitute that can be offered for an English Grimm’ (1894, 215)”64 L’articolo di Gary Allan Fine, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, contiene informazioni rilevanti concernente le idee innovative di Jacobs e rappresenta le cinque tematiche che sono presenti nella sua opera: “The Significance of Diffusion”, “The Nature of the Folk-Group”, “The Individual Origin of Folklore and its Spread Through Group Dynamics”, “The Systematic Study of Folktale Motifs”, the “Effects of Social Structure on Behaviour” (p. 185). 58 Joseph JACOBS, Preface, in Id., English Fairy Tales, London, David Nutt, 1892 (rist. anast., Elibron Classics 2005), p. VII. 59 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, a cura di e con una prefazione di Donald Haase, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2002, p. IX. 60 Ivi, pp. IX-X. 61 Ivi, pp. IX-X. 62 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., pp. IX-XI. & Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13-15. 63 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 5. 15
Per quanto riguarda la somiglianza tra Calvino e Jacobs è fondamentale notare che entrambi gli scrittori adottano una metodologia editoriale piuttosto innovativa che segue altresì l’approccio dei Grimm65; ma va sottolineato che la posizione dei Grimm rispetto al materiale orale non è completamente scientifica perché “i Grimm [...] lavorarono molto di testa loro, non solo traducendo gran parte delle fiabe dai dialetti tedeschi, ma integrando una variante con l’altra, rinarrando dove il dettato era troppo rozzo, ritoccando espressioni e immagini, dando unità di stile alle voci discordanti”66. Un tale atteggiamento veniva mal tollerato all’inizio del Ottocento, il che spiega l’essere “scrupulously honest” dei Grimm rispetto al loro lavoro editoriale67. Nella mia introduzione di Calvino ho dimostrato invece come lo scrittore italiano dichiari in tutta coscienza di aver dedicato “un quarto” del lavoro alla sua volontà personale e inventiva, un approccio che viene peraltro – in prevalenza – accettato dai contemporanei68. In breve possiamo dire che, da un lato, abbiamo i fratelli Grimm che non si dimostrano del tutto sinceri rispetto alla dimensione inventiva che si può scoprire nel loro lavoro editoriale, mentre dall’altro lato abbiamo Italo Calvino che sottolinea nell’introduzione della raccolta che il suo lavoro editoriale è caratterizzato dall’invenzione e dalla creatività. Per quanto riguarda la metodologia adottata da Joseph Jacobs, possiamo dire che quest’ultimo sembra occupare una posizione di transizione tra i Grimm e Calvino; una posizione che ha peraltro “suscitato una grande controversia” tra i suoi colleghi folcloristi e che quindi richiede una spiegazione più dettagliata69. Per poter spiegare la polemica intorno alla metodologia adottata da Jacobs, è necessario indicare il punto di vista assunto dalla tradizione folcloristica: There are two key underlying assumptions informing the work of folkloricists: that folk tales have their origins in oral traditions; and that a single definitive version of a particular tale type as it may have existed in the oral tradition might be reconstructed from its variants. [...] the assumption that in identifying the basic structure of a specific tale type an originary ‘ur-text’ might be reconstructed is grounded in a romantic ideology which conceives of the folk-tale tradition as pure and genuine, and the literary fairy tale as an impure, inauthentic derivative.70 In teoria il folclorista Jacobs dovrebbe concordare con un simile punto di vista, ma in realtà Jacobs sviluppa delle teorie alternative che si allontanano dalle concezioni tradizionali dell’approccio folcloristico. Queste teorie rivelano che Jacobs non è affatto contrario al “literary fairy tale” e che le sue raccolte “straddle the border between folklore and literature”71. In primo luogo la sua teoria alternativa del “folktale diffusion” indica che Jacobs “is not primarily concerned with the ultimate origin of the folktale, but with the individual 64 Joseph JACOBS, More English Fairy Tales, London, David Nutt, ed. 1894, p. 215, citato in Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. X. 65 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., pp. IX-XI. & Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13-15. 66 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 13-14. 67 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. XXI. 68 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 14. 69 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., pp. 189-190. 70 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17. 71 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. XIV. 16
folktale text and its relationship to the specific time and place of its creation”72. Si nota inoltre che questa teoria designa Jacobs anche come “a literary folklorist” perché “Jacobs necessarily valued literary sources in collecting and studying the folktale” dal momento che “the spread of tales from society to society also involved printed texts as a means of transmission”73. In secondo luogo Jacobs presenta la sua teoria su “come il folclore è stato creato”74. La prospettiva tradizionale argomenta che il folclore è stato creato da un autore collettivo (quindi da “the folk”), ma “Jacobs puts forth the idea [...] that specific individuals create specific texts in acts of artistic creation”75. Possiamo quindi affermare che Jacobs “rejects rigid distinctions between folklore and literature”76, il che influisce profondamente sul metodo con cui si avvicina alle collezioni di fiabe. Vale a dire Jacobs “[has a certain] understanding of his own creative role in the process of transmitting stories”77 e egli “justifie[s] his retellings as authentic folktales”, basandosi sulle proprie teorie: Consistent with his theory of diffusion and his concept of the folk, the authenticity he presumed his stories to have did not stem in his mind from verbatim retellings, but from his presumed ability to speak – in fact, to write – as the folk himself.78 Di conseguenza possiamo leggere nell’introduzione alla raccolta di English Fairy Tales come Jacobs abbia adottato una metodologia innovativa rispetto alla tradizione folclorista: In the majority of instances I have had largely to rewrite these Fairy Tales, especially those in dialect [...] I have also had to reduce the flatulent phraseology of the eighteenth-century chap-books [...] In a few instances I have introduced or changed an incident. I have never done so, however, without mentioning the fact in the Notes.79 Questa citazione indica che Jacobs ha piena consapevolezza del suo ruolo creativo nella composizione della raccolta80, tanto che la sua risulta in una collezione caratterizzata dalla tensione “between respect for the folk tradition and belief in the primacy of literary creation”81. Va inoltre rilevato che Jacobs – come Calvino – ha inserito una sezione “Notes” alla fine della raccolta in cui spiega apertamente i cambiamenti, ovvero gli adattamenti rispetto al materiale originale, cosicché i lettori e i critici hanno la possibilità di consultare le note per capire il ruolo creativo di Jacobs e le sue invenzioni personali inserite nella raccolta82. Insomma possiamo anche asserire che Jacobs occupa una posizione di transizione tra i Grimm e Calvino. Si nota che dopo i fratelli Grimm – che non hanno mai reso manifesto il loro contributo creativo nei confronti della loro raccolta – Jacobs arriva a contrastare le teorie folcloristiche più affermate e riesce così a sgomberare la strada per Calvino, che potrà immettere liberamente la propria creatività ed invenzione. 72 Ibidem. 73 Ivi, pp. XIV-XV. 74 Ivi, p. XIV (traduzione personale). 75 Ivi, p. XV. 76 Ivi, p. XV. 77 Ivi, p. XXI. 78 Ivi, pp. XVII-XVIII. 79 Joseph JACOBS, Preface, cit., pp. X-XI. 80 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. XXI. 81 Ivi, p. XI. 82 Edwin S. HARTLAND, Report on Folk-Tale Research in 1889-1890, in “Folklore”, Vol. 2, N. 1, 1891, p. 114. 17
In conclusione si può affermare che esistono delle corrispondenze preliminari tra Jacobs e Calvino che meritano di essere approfondite. Sono riuscita a trovare una sola breve recensione alle Fiabe italiane, stesa dal critico Neil Philip, dove i nomi dei due autori vengono accomunati: Calvino is aware of the difference between oral and literary narrative [...] gives in his notes the sources of his versions [...] and details of any changes made. His texts thus stand in a relation to the oral sources similar to that of Joseph Jacobs’ in English Fairy Tales.83 Il che sta a significare che c’è un vuoto negli studi sull’argomento poiché manca un confronto diretto tra Jacobs e Calvino. Per queste ragioni intendo sviluppare tale confronto. 83 Neil PHILIP, Italian Folktales by Italo Calvino, in “Folklore”, Vol. 92, N. 2, 1981, p. 253. 18
2 Capitolo 2: Status Quaestionis: Come la critica analizza la figura femminile? Nell’introduzione alla tesi ho già indicato che il mio discorso concernerà la figura femminile nella fiabe e, in particolare, il modo in cui “la giovane donna” viene raffigurata nelle Fiabe italiane di Calvino e nelle English Fairy Tales di Jacobs. Il ruolo del personaggio femminile può rimandare a diverse tipologie, come per esempio la fanciulla innocente, la principessa, la strega cattiva ovvero la matrigna pazza, che sono tutte indispensabili allo svolgimento della fiaba. Nella mia analisi cercherò di individuare in entrambe le collezioni alcune fiabe specifiche che raffigurano dei personaggi femminili particolarmente interessanti e che hanno determinate caratteristiche. In ogni caso, prima di entrare nel merito dell’analisi delle fiabe e prima di concentrarsi su un certo tipo di figura femminile è necessario ritornare al quadro generale. The Oxford Companion to Fairy Tales offre una rassegna di alcuni “approcci concettuali”, sviluppati nel corso del Novecento, che affrontano “l’analisi della fiaba classica (‘the literary fairy tale’)” e propongono diverse interpretazioni rispetto al genere di riferimento 84. Si tratta di approcci che analizzano il genere fiabesco da differenti punti di vista metodologici, come per esempio lo strutturalismo, la psicoanalisi, il femminismo, ecc85. Vista la quantità di approcci è importante rimarcare che “[n]o single approach or methodology is able to arrive at a ‘correct’ interpretation of the fairy tale; instead, different methodologies suit different critical and ideological purposes”86. In questo capitolo vorrei fare un resoconto generale di alcuni di questi approcci, focalizzando la mia attenzione sul modo in cui queste prospettive analizzano la figura femminile nella fiaba. 2.1 La prospettiva strutturalistica In primo luogo prendiamo in considerazione l’approccio strutturalistico di Vladimir Propp che, con la pubblicazione dell’opera Morfologij skazki nel 192887, elabora un metodo di analisi morfologica della fiaba88. La prospettiva strutturalistica implica che Propp “acknowledges the cultural context of the folk tale, but he is more concerned with its non- 84 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17 (traduzione personale). 85 Ivi, pp. 17-21. 86 Ibidem. 87 Tradotto in italiano nel 1966 sotto il titolo Morfologia della fiaba. 88 Vladimir J. PROPP, Voorwoord, in Id., De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, con un’introduzione di Max Louwerse, Utrecht, Het Spectrum, 1997, p. 23. 19
variable structural elements and excludes social and historical aspects and variations of form and content from his analysis”89. Prima di entrare nel merito di questa analisi è necessario specificare che Propp orienta la sua ricerca nell’ambito della fiaba di magia, che “[a]s a category, [...] necessarily include magic”90. La “magia” può realizzarsi tramite l’uso di oggetti o avvenimenti magici; ma anche la situazione del giovane coraggioso “rescuing princesses from all sorts of dangers and all sorts of places and then marrying them ranks high among tales of magic”91. Propp sviluppa l’idea che da una prospettiva strutturale le funzioni svolte dai personaggi rappresentino gli elementi costanti che si ripetono attraverso fiabe diverse; di conseguenza, egli propone “l’analisi della fiaba in base alle funzioni delle dramatis personae”92. Inoltre Propp afferma che “tante funzioni confluiscono logicamente in determinate sfere [d’azione], che a loro volta corrispondono ai personaggi che svolgono le funzioni”93. In totale vengono individuate sette “sfere d’azione” che si riferiscono conseguentemente a sette dramatis personae: “l’avversario”, “il donatore”, “l’aiutante”, “la principessa”, “il mittente”, “l’eroe” e “l’eroe falso”94. Benché Propp definisca le funzioni come gli “elementi costanti” e le dramatis personae come le “variabili”, Max Louwerse, nell’introduzione a De Morfologie van het toversprookje, sottolinea che le dramatis personae rappresentano anche una qualità costante siccome “tante delle funzioni vengono definite dalla prospettiva del personaggio che svolge la funzione”95. Il che consente di affermare che i personaggi contano e anche Propp ammette che sono gli “attributi” dei personaggi, come per esempio “età, sesso, status, aspetto”, che “attribuiscono alla fiaba [...] la sua bellezza e il suo charme”96. Incentriamo adesso l’attenzione sull’unica delle dramatis personae femminile, cioè “la principessa” (ciò non implica che le altre dramatis personae non possano essere donne). Propp spiega che possiamo incontrare la figura della principessa in diverse posizioni nel testo, ossia all’inizio della storia, nel momento in cui viene delineata la situazione generale, e poi come “personaggio cercato”97. Balsamo riassume il ruolo della principessa collegandolo con il ruolo dell’eroe: “[t]he princess or prize: the hero deserves her throughout the story but is unable to marry her because of an unfair evil, usually because of the villain. The hero’s journey is often ended when he marries the princess, thereby beating the villain” 98. In quest’ottica non sembra che la principessa assuma un ruolo molto importante ed indipendente nella fiaba perché risulta subordinata al ruolo dell’eroe. Inoltre si può osservare che “Propp’s theory of narrative seems to be based in a male orientated environment [...] [however, it has to 89 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18. 90 Ruth B. BOTTIGHEIMER, Fairy Tales – A New History, cit., p. 5. 91 Ivi, p. 6. 92 Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, con un’introduzione di Max Louwerse, Utrecht, Het Spectrum, 1997, p. 45 (traduzione personale). 93 Ivi, p. 105 (traduzione personale). 94 Ivi, pp. 105-106 (traduzione personale). 95 Max LOUWERSE, Inleiding, in Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, cit., pp. 18-19 (traduzione personale). 96 Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, cit., p. 113 (traduzione personale). 97 Ivi, p. 110 (traduzione personale). 98 Hypocrite Reader; http://www.hypocritereader.com/15/vladimir-propp; ultima verifica: 08.04.2013; Emily Balsamo, The Lonely World of Vladimir Propp, in “The Hypocrite Reader”, N. 15, Aprile 2012. 20
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