JESINA CALCIO / Ricardo Paciocco da Jesi al Milan - Lo sport ...

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JESINA CALCIO / Ricardo Paciocco da Jesi al Milan - Lo sport ...
JESINA   CALCIO  /  Ricardo
Paciocco da Jesi al Milan

Paciocco ha vestito la maglia della
Jesina per 60 presenze e 26 gol
all’attivo. Quando Pieroni e Latini gli
dissero del trasferimento al Milan
JESI, 10 giugno 2020 – Di recente Ricardo Paciocco ex
attaccante della Jesina, due stagioni in C2 – 81-82, 82-83 –
con 60 gare disputate e 26 reti realizzate, allenatori Baldoni
e Di Giacomo, ha rilasciato una intervista ai microfoni di
SuperNews ricordando anche i due campionati in maglia
leoncella.

Paciocco dopo Jesi è stato in serie A al Milan, Lecce e Pisa
ed è balzato all’attenzione generale per un rigore calciato al
91esimo con il gesto tecnico della “rabona”.

Di seguito la sua intervista
Come nasce la tua passione per il calcio?
E’ una storia particolare. Fino a 15 anni, io non giocavo a
calcio. Giochicchiavo nella piazza del paese con gli amici, ma
la mia passione, trasmessa da mio padre, era il ciclismo. Ho
fatto anche delle gare, ero bravo. Un giorno, mi hanno visto
fare un torneo di calcio a Vacri, il mio paese, e hanno voluto
a tutti i costi che io andassi a giocare nel River Calcio di
Chieti. Nel giro di un anno, io e i miei compagni del River
vincemmo il campionato.

Tra l’81 e l ’83 con lo Jesina hai fatto una stagione
importante: 26 reti in 60 partite. E’ stata una delle fasi
della tua carriera dove hai espresso al meglio te stesso?
Nei due anni a Jesi realizzai quasi 60 goal. Il presidente
(Leopoldo Latini; ndr) mi disse che se avessi continuato a
raggiungere risultati così importanti, avrei iniziato a
ricevere le attenzioni di squadre blasonate. E così fu. Da un
punto di vista oggettivo, io non ero un giocatore tecnicamente
perfetto. Non avendo avuto modo di frequentare una scuola
calcio, il mio gioco si basava sulle mie doti naturali: ero
ambidestro, avevo un’ottima elevazione, una buona forza
fisica. Il mio problema, infatti, era la tattica: avevo
difficoltà all’inizio, non essendo il calcio il mio mondo fin
da subito. Cercavo di imparare il più possibile, ascoltavo e
osservavo tanto.
L’ottima stagione con lo Jesina ti permette di entrare in una
big, il Milan. Ci racconti di quando sei stato contatto dai
rossoneri? Che emozione hai provato?
Il Milan era appena salito in Serie A. Il presidente e il
direttore sportivo Pieroni mi contattarono, dicendomi:
“Paciok, il Milan ti vuole: stiamo trattando con il club,
quasi sicuramente sarai dei rossoneri”. Dopo una settimana mi
arrivò la chiamata di Pieroni: “Abbiamo concluso la
trattativa. Sei un giocatore del Milan, complimenti”. Non ci
credevo, non mi rendevo conto di quello che stava accadendo.
Ho realizzato solo nel momento in cui mi arrivò a casa la
lettera di convocazione del Milan, con lo stemma in cera, la
testa del diavolo, con i caratteri in rossonero. Veramente
particolare, la conservo ancora. Mi accorsi della
professionalità del club e del salto in avanti che stavo per
compiere quando lessi la loro lettera, che invitava a
presentarsi a Milanello in modo corretto, sia da un punto di
vista estetico sia da un punto di vista comportamentale.

Sei conosciuto come “Il re della rabona”, appellativo nato da
un calcio di rigore battuto al 91′ di rabona quando giocavi
con la Reggina. Ci racconti quell’episodio?
Solo ora mi rendo conto di quanto io sia folle, me lo ripetono
sempre tutti. (Ride). In allenamento iniziai a battere i
rigori insieme ai miei compagni. Io, ambidestro, facevo sempre
arrabbiare il portiere, non capiva mai dove potesse andare il
tiro. Inoltre, tiravo di rabona. In una partita amichevole,
prima della partita in questione, tirai un rigore di rabona:
il portiere, Marchegiani, me ne disse di tutti i colori. Nello
spogliatoio, anche mister Bolchi si arrabbiò: “Non si fa così,
non è corretto, non si prende in giro l’avversario! Voglio
vedere se tiri di rabona in una partita ufficiale..”. Io gli
risposi: “Mister, io non prendo in giro nessuno, io tiro
così!”. Neanche a farlo di proposito, nella partita di
campionato contro la Triestina ci danno rigore al 90esimo.
Posizionai il pallone sul dischetto, Simonini aveva già capito
tutto. Mister Bolchi chiedeva: “Ma il Pacio che fa? Batte di
sinistro?” Tutti i miei compagni gli rispondevano: “Mister,
Pacio lo batte di rabona!”. Bolchi era disperato. Tirai di
rabona e feci goal. Il portiere non capì il movimento, quasi
si sedette. Neanche il telecronista capì immediatamente la
situazione. La notorietà arrivò grazie ad un tifoso della
Reggina, che ricordò il mio gesto atletico.

Tra i diversi ruoli che hai svolto, c’è anche quello
dell’attaccante. Qual è oggi l’attaccante più completo della
Serie A, secondo te?
Io amo l’attaccante puro, quello dell’area di rigore, che
tiene palla, che fa respirare la squadra e aiuta i compagni a
centrocampo e in difesa. Romelu Lukaku, nonostante non sia
tecnicamente      perfetto,    rispecchia    tutte    queste
caratteristiche. Ha tante qualità: stacco di testa, forza
fisica, carattere, determinazione. Lo ritengo molto forte,
insieme a Ibrahimovic.

Hai anche intrapreso la carriera da allenatore. Per essere un
buon allenatore, quali caratteristiche del Paciocco giocatore
hai mantenuto e quali hai dovuto modificare?
Ho dovuto modificare il carattere, perché quando diventi
allenatore inizi ad avere a che fare con tante teste, tutte
diverse. Il mondo dilettantistico, poi, è diverso da quello
professionistico: i professionisti sono pagati, l’allenatore
può imporsi e dare le direttive che loro si impegneranno a
rispettare. Al contrario, i giocatori dilettanti non sempre
percepiscono uno stipendio, quindi bisogna gestirli in maniera
differente: bisogna avere una mentalità aperta, essere
elastici, ma soprattutto essere educatori. Non è un ruolo
facile. Quello che mi ha gratificato di più, nella carriera da
allenatore, sono state le parole di un papà di un mio
giocatore: “Mister, io le ho affidato un ragazzo e lei mi ha
ridato indietro un uomo”. E’ stato il regalo più bello che io
abbia ricevuto dal calcio.

Il ricordo calcistico che ti sta più a cuore?
La promozione in Serie A con il Lecce. Impossibile dimenticare
quando siamo scesi a Brindisi e abbiamo trovato tutta Lecce ad
accoglierci. Il viaggio in pullman da Brindisi a Lecce, con un
mare di gente intorno pronta a festeggiare con noi, è stato
qualcosa di unico. Non lo dimenticherò mai.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

intervista     originale     al     link:https://news.-
superscommesse.it/calcio/2020/06/ricardo-paciocco-ai--
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