INTERVENTI ASSISTITI CON ANIMALI - Manuale per operatori a cura di Carmelo Scarcella, Roberta Vitali, Francesco Brescianini - Università ...

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a cura di
Carmelo Scarcella, Roberta Vitali, Francesco Brescianini

       INTERVENTI ASSISTITI
          CON ANIMALI
            Manuale per operatori
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Indice

Presentazione....................................................................................................    Pag.    9

                                                       Parte prima
                                                 I fondamenti degli IAA

1.    Tutti attorno a una cuccia...........................................................................           »     13
      La contaminazione tra professioni all’interno dell’équipe multidisciplinare
      Raffaele Mantegazza

2.    Storia degli interventi assistiti con gli animali .............................................                 »     23
      Elisa Silvia Colombo, Emanuela Prato-Previde
      2.1. L’influenza degli animali sul benessere e il malessere dell’uomo tra
             spiritualità, mitologia e filosofia.........................................................             »     23
      2.2. Animali come “terapeuti” della psiche: le prime esperienze..............                                   »     27
      2.3. La nascita della “pet-therapy” e i primi sviluppi.................................                         »     29
      2.4. Le ricerche scientifiche sui benefici degli interventi assistiti con gli
             animali..............................................................................................    »     32

3.    Un approccio evoluzionistico alla promozione della salute: il modello
      “Biofilia-intelligenza naturalistica” negli interventi assistiti con animali......                              »     35
      Rita Berto, Giuseppe Barbiero
      3.1. Introduzione......................................................................................         »     35
            3.1.1. La biologia popolare alla base del legame Uomo-Natura......                                        »     37
      3.2. I due costrutti della biofilia................................................................             »     40
            3.2.1. Fascinazione e percezione di rigenerazione.........................                                »     40
            1.2.2. Affiliazione e connessione con la Natura..............................                             »     41
      3.3. L’intelligenza naturalistica può essere sostenuta dai due costrutti del-
            la biofilia ..........................................................................................    »     42
      1.4 La qualità biofilica dell’ambiente per sostenere il rapporto uomo-
            natura................................................................................................    »     47
      3.5. Conclusioni.......................................................................................         »     50
3. Un approccio evoluzionistico alla promozione della salute:
             il modello “Biofilia-intelligenza naturalistica” negli inter-
             venti assistiti con animali
              Rita Berto, Giuseppe Barbiero

X Autore: Verificare in Bibliografia nomi e date

          3.1. Introduzione

                La biofilia è un costrutto psicologico scoperto dal biologo americano E.O.
          Wilson (1984) dell’Università di Harvard che la definì “l’innata affiliazione emo-
          tiva che gli esseri umani stabiliscono con altri organismi viventi” (Wilson, 1993).
          Per quanto intuitivamente comprensibile, questa definizione di biofilia è piut-
          tosto vaga, perché è difficile definire esattamente cosa sia un’innata affiliazione
          emotiva. Possiamo immaginare la biofilia come una sorta di tratto umano emerso
          seguendo una traiettoria a spirale nel tempo, tipica di una coevoluzione gene-
          cultura, che compare laddove “un certo genotipo propone una risposta compor-
          tamentale che può migliorare la sopravvivenza individuale e la fitness riprodutti-
          va. Il fenotipo che manifesta la risposta più efficace si diffonde nella popolazione
          e la risposta comportamentale diventa sempre più frequente” (Wilson, 1993). Da
          questa prospettiva evoluzionistica Wilson è riuscito successivamente a precisare
          meglio la biofilia, che viene ora definita come “l’innata tendenza a rimanere affa-
          scinati dalla vita e dalle forme che la ricordano, e in alcuni casi ad affiliarsi ad essa
          emotivamente” (Wilson, 2002; i corsivi sono nostri). Quest’ultima definizione,
          apparsa diciotto anni dopo la prima formulazione, è stata un importante passo
          in avanti, perché qui vengono definiti con chiarezza i due costrutti della biofilia:
          la fascinazione e l’affiliazione. Si tratta di costrutti piscologici che sotto il profilo
          evoluzionistico possono essere interpretati come “regole di apprendimento” e
          come tali “possono essere separate e analizzate individualmente” (Wilson, 1931).
          Viene così a stabilirsi una relazione ecopsicologica tra l’ipotesi della biofilia (Kellert
          e Wilson, 1993), la teoria della rigenerazione dell’attenzione (Attention Restoration
          Theory, ART; Kaplan, 1995. Si veda anche: Barbiero e Berto, 2016) e la teoria del re-
          cupero dallo stress (Stress Recovery Theory, SRT; Ulrich, 1984; 1993. Si veda anche:
          Barbiero e Berto, 2016) che nel loro insieme costituiscono un importante punto
          di riferimento per gli studi sulla connessione Uomo-Natura (1) (Ives e coll., 2017)

                 (1) In questo capitolo con la parola “Uomo”, scritta con l’iniziale “U” maiuscola, si inten-
          de l’intera umanità, mentre utilizzeremo la parola “uomo” con la “u” minuscola per indicare
36   Parte I – I fondamenti degli IAA

     e offrono una cornice concettuale entro la quale si possono iscrivere anche gli
     Interventi Assistiti con Animali (IAA).
            Recentemente noi abbiamo avanzato l’ipotesi che i due costrutti della bio-
     filia, cioè la fascinazione e l’affiliazione, si siano sedimentati in due risposte
     comportamentali di base che nel corso della nostra storia evoluzionistica si sono
     rivelati utili per la sopravvivenza (Barbiero e Berto, 2018): la percezione di rigene-
     razione (perceived restorativeness) e la connessione con la Natura (connectedness
     to Nature). Attraverso il primo tipo di risposta l’essere umano è in grado di rige-
     nerarsi da uno stato di affaticamento mentale esponendosi all’ambiente naturale
     o entrando in contatto con alcuni suoi elementi, perché ne percepisce le qualità
     rigenerative; nel secondo caso, l’esposizione all’ambiente naturale e/o il contatto
     con alcuni suoi elementi favorisce il recupero dell’equilibrio emotivo stabilendo
     un contatto affettivo con creature non umane.
            Prima di approfondire i due costrutti della biofilia daremo un breve sguardo
     alle idee “ingenue” che sono alla base del legame Uomo-Natura e che ne orientano
     sia il senso di connessione, sia la capacità di trarne benefici rigenerativi. Dopodiché
     esploreremo i due costrutti della biofilia, prima separatamente e poi insieme, per
     evidenziare il loro contributo nello sviluppo dell’intelligenza naturalistica, che è
     alla base del successo di qualsiasi IAA. A partire dai risultati di alcuni studi speri-
     mentali spiegheremo in che modo l’ambiente fisico – da quello scolastico a quello
     di cura – se adeguatamente progettato, possa essere un potente alleato nello svi-
     luppo dell’intelligenza naturalistica. Noi auspichiamo infatti che questa forma di
     intelligenza venga stimolata fin dall’infanzia in modo da poter trarre il massimo
     vantaggio dai benefici derivanti dal rapporto con un animale, nel caso in cui si
     presentasse la necessità di un IAA. Vista la centralità del rapporto Uomo-Natura
     negli IAA, il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” che proponiamo in questo
     capitolo, operazionalizzato (2) nelle sue componenti psicologiche – percezione di
     rigenerazione e connessione con la Natura, che vedremo nel corso del capitolo – è il
     modello scientificamente più adatto alla progettazione di interventi che utilizzano
     la Natura, perché consente agli operatori del settore di pianificare un programma
     ex-ante e di valutarne obiettivamente gli effetti ex-post (Barbiero e coll., 2017).

     il genere maschile della nostra specie. Analogamente, la parola “Natura”, quando è scritta con
     l’iniziale “N” maiuscola, serve ad indicare la biosfera e le matrici abiotiche (suolo, aria, acqua)
     dove la vita fiorisce. In questo modo evitiamo la confusione con la parola “natura” con l’inizia-
     le “n” minuscola che useremo invece per indicare la qualità intrinseca di una certa creatura o
     di un certo fenomeno.
            (2) In metodologia della ricerca “operazionalizzare” significa definire un concetto me-
     diante le operazioni che conducono alla sua definizione, in modo tale che si possa misurare; per
     es. “un gruppo di soggetti in condizione di deprivazione di sonno” può essere operazionalizza-
     to così: “un gruppo di soggetti che non dorme da 36 ore”.
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”   37

3.1.1. La biologia popolare alla base del legame Uomo-Natura

       L’essere umano è intellettualmente avventuroso, cioè è caratterizzato da
una tendenza innata a separare le cose viventi da quelle non viventi, e ad andare
oltre questa “prima” categorizzazione per soddisfare il bisogno di comprendere.
Le spiegazioni che noi costruiamo per dare un senso al mondo possono essere
considerate “folk theories”, cioè teorie ingenue. Si tratta di teorie informali, modi
intuitivi di spiegare i “che cosa” e i “perché” del mondo: sono i saperi ingenui
e del senso comune (è questo il significato del termine folk). Con teorie ingenue
però si possono intendere anche conoscenze sorrette da presupposti teorici scien-
tifici e sperimentali, storicamente e culturalmente determinati e contingenti. Le
teorie ingenue sono centrali per scoprire come i bambini, ma molto spesso anche
gli adulti, comprendono fatti nuovi (Gopnik e Wellman, 1994; Wellman e Gel-
man, 1998). Una teoria ingenua che ha ricevuto grande attenzione in psicologia
evolutiva, in antropologia e in filosofia è la “biologia popolare” (folkbiology) che
si riferisce ai processi cognitivi attraverso i quali i bambini comprendono, classi-
ficano, ragionano sul – e spiegano il – mondo delle piante e degli animali. La no-
stra sopravvivenza come specie animale è dipesa in larga parte dall’acquisizione
di una conoscenza intima di piante e animali. La biologia popolare ha modellato
il nostro apparato concettuale di base e orientato il nostro rapporto con il mondo
naturale. La biologia popolare non è insegnata a scuola, anzi spesso si scontra con
l’insegnamento formale. Tuttavia non bisogna sottovalutarla, riducendola solo a
una collezione di credenze curiose, perché la biologia popolare spiega fenomeni
e processi causali, fornisce previsioni, sostiene spiegazioni.
       Uno dei compiti principali di un bambino è dividere gli elementi presenti
nell’ambiente in categorie; classificare gli elementi del mondo gli consentirà di
conoscerli meglio (per esempio, notando le somiglianze o le differenze) e di fare
previsioni circa ciò che non è mai stato visto prima (Medin e Coley, 1998). La let-
teratura scientifica dimostra che il processo di classificazione degli esseri viventi
operato dai bambini ha caratteristiche strutturali specifiche, se confrontato ad altri
domini della conoscenza, come per esempio quello degli oggetti inanimati (Gel-
man e Coley, 1991). Fino quasi all’età di dieci anni i bambini non sono in grado
di individuare somiglianze tra l’essere umano e gli animali (Johnson, Mervis e
Boster, 1992; Carey, 1985) ed eventuali somiglianze percepite tra gli esseri umani
e il resto della Natura variano a seconda del linguaggio (Anggoro, Waxman e
Medin, 2008), della prospettiva culturale (Herrmann, Waxman e Medin, 2010;
Unsworth e coll., 2012) e dalla quantità di esperienze dirette che il bambino ha
con la Natura (Inagaki e Hatano, 2002; Ross e coll., 2003; Medin e coll., 2010). Per
esempio, i bambini che sono cresciuti in famiglie che allevano pesci rossi (Inagaki
e Hatano, 2002) o in una fattoria, cioè a contatto diretto con una vasta gamma di
animali (Medin e coll., 2010), mostrano risposte e comportamenti meno antro-
38   Parte I – I fondamenti degli IAA

     pocentrici, riescono a vedere più somiglianze tra gli esseri umani e gli animali e
     sono in grado di vedere analogie, per esempio tra i pesci rossi e un altro animale
     che può vivere in ambienti acquatici (per esempio: una rana), rispetto ai bambini
     di città che normalmente non hanno le stesse esperienze (Herrmann, Waxman e
     Medin, 2010).
           Al di là dei risultati specifici di ogni singolo studio, la letteratura ha dimo-
     strato una notevole flessibilità nello sviluppo dei concetti di biologia popolare.
     I giudizi sulla vita (cioè cosa può essere considerato vivente) variano a seconda
     della cultura e delle esperienze di vita dei bambini. I bambini giapponesi sono
     molto più portati dei bambini americani a pensare che una montagna sia viva e
     ad attribuire lo status di vivente a numerosi oggetti, mentre i bambini israeliani
     hanno un approccio più ristretto e spesso rifiutano di ammettere che anche le
     piante siano vive (Hatano e coll., 1993). Ricerche più recenti suggeriscono che i
     bambini in età prescolare che vivono in città, in campagna e i nativi americani
     possono differire nella volontà di attribuire la vita alle piante. Tutti questi bambi-
     ni attribuiscono la qualità di “vivente” agli animali, dai vermi agli orsi, ma solo i
     bambini nativi americani la attribuiscono anche alle piante, i bambini di campa-
     gna lo fanno col tempo, mentre in quelli di città c’è molta resistenza a sviluppare
     questa attribuzione (Ross e coll., 2003). In linea di massima i bambini in età pre-
     scolare distinguono gli animali (vertebrati e invertebrati) come “viventi” e gli og-
     getti inanimati (biciclette, matite) come “non viventi”. Tuttavia, le credenze circa
     le piante sono molto meno chiare, e sono molto dipendenti dal contesto culturale.
           I primi ragionamenti dei bambini su piante e animali sono fortemente an-
     tropocentrici (Carey, 1985; 1995), cioè la comprensione degli altri esseri viventi è
     sempre in riferimento all’essere umano come prototipo. In pratica, i bambini ra-
     gionano su animali e piante in base alle somiglianze tra questi e gli esseri umani:
     l’Uomo è il punto di partenza per inferenze di tipo biologico. Per un bambino le
     inferenze dall’Uomo al cane sono più facili e automatiche delle inferenze dal cane
     all’Uomo (Carey, 1985). Però sia nei bambini sia negli adulti, il ragionamento
     biologico popolare varia a seconda del modo di guardare alla Natura, che può es-
     sere più soggettivo, dove prevale il contatto empatico; oppure oggettivante, dove
     invece prevale un atteggiamento più distaccato, prodromo di un approccio scien-
     tifico. Gutheil, Vera e Keil (1998) hanno scoperto che i bambini di quattro anni che
     riconoscono in un essere umano una certa caratteristica biologica, è più probabile
     che la generalizzino anche agli altri animali se questa caratteristica è all’interno
     di un contesto biologico (per esempio: ha un cuore che batte) rispetto a quando la
     caratteristica è contestualizzata psicologicamente (per esempio: ha un cuore che
     batte quando è felice). Un fenomeno simile (ma al contrario) accade anche tra gli
     adulti; se agli adulti viene presentata l’immagine di un animale ferito in Natura,
     coloro a cui viene suggerito di assumere la prospettiva dell’animale (prospettiva
     soggettiva) mostrano maggiore preoccupazione per le sue sorti e per le creature
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”   39

viventi in generale, rispetto a chi viene istruito a concentrarsi esclusivamente
sull’immagine (Schultz, 2000).
      Levin e Unsworth (2013) hanno evidenziato che nei primi stadi dello svi-
luppo c’è una maggiore probabilità di pensare che gli esseri umani appartengo-
no al mondo naturale se viene suggerito al bambino di pensare ad associazioni
personali con il mondo naturale (per esempio: hai mai visto un uccellino nel tuo
giardino?), rispetto a quando viene detto al bambino di pensare alla Natura in
maniera astratta (per esempio: cosa sai degli uccellini?). Il linguaggio e la cultura
di appartenenza giocano un ruolo estremamente importante nell’organizzazione
del pensiero biologico popolare, sia per i bambini sia per gli adulti. Bang, Medin
e Atran (2007) hanno dimostrato che i nativi americani Menominee descrivono
numerose relazioni personali con piante e animali (per esempio, i modi in cui
le specie sono usate come cibo o medicine), più degli europei e degli americani
che vivono in campagna, e vogliono che i loro figli sentano di essere parte della
Natura. Unsworth e coll. (2012) hanno osservato la stessa differenza tra i bambini
di cinque anni Menominee e quelli europei e americani che vivono in campagna,
dimostrando che gli orientamenti culturali verso la Natura si apprendono fin
dai primi stadi dello sviluppo. Anggoro, Waxman e Medin (2008) hanno scoper-
to differenze significative nella categorizzazione Uomo-animale tra i bambini di
lingua inglese e i bambini di lingua indonesiana. In indonesiano il termine usato
per identificare gli animali non umani esclude di fatto gli esseri umani, mentre la
parola inglese “animale” è polisemica e può sia includere sia escludere gli esseri
umani a seconda del contesto. Quando gli Autori (ibid.) presentavano ai bam-
bini inglesi e indonesiani (dai 6 ai 9 anni) l’immagine di un essere umano e poi
chiedevano se poteva essere definito un “animale”, il 25% dei bambini di lingua
inglese rispondeva di sì, mentre solo il 3% dei bambini indonesiani faceva la
stessa affermazione. Un risultato simile è stato ottenuto chiedendo ai bambini di
assegnare la stessa immagine alla categoria Uomo o animale, il 36% dei bambini
di lingua inglese assegnava l’immagine alla categoria animale, mentre solo il 5%
degli indonesiani raggruppava l’Uomo con gli animali.
      Nel loro insieme, questi risultati dimostrano che sia gli adulti sia i bambini
possiedono numerosi quadri di riferimento per ragionare e costruire il loro rap-
porto con la Natura. Ma che è anche possibile suggerire loro la prospettiva con
cui guardare la Natura. E sarà proprio quella prospettiva a influenzare il loro
atteggiamento verso il mondo naturale (Schultz, 2000). In particolare, suggerire
associazioni personali con la Natura, anziché astratte, può aumentare il senso di
connessione con la Natura perché favorisce la percezione di una maggiore “so-
vrapposizione” con il mondo naturale (Schultz, 2001; Davis, Green e Reed, 2009),
facendoli sentire più “simili” e “vicini” a piante e animali.
40   Parte I – I fondamenti degli IAA

     3.2. I due costrutti della biofilia

     3.2.1. Fascinazione e percezione di rigenerazione

           Perché gli esseri umani hanno un’innata tendenza a rimanere affascinati dalla
     vita in generale e dal mondo naturale in particolare? La risposta è nel processo di
     fascination, che in italiano possiamo tradurre con fascinazione (Berto e coll., 2010), il
     primo costrutto della biofilia (3) e il concetto cardine della teoria della rigenerazione
     dell’attenzione (Kaplan, 1995). Fascination (4) è sia un processo, sia un contenuto
     (Berto, 2011; Berto e coll., 2015); di fatto si tratta dell’attenzione selettiva spontanea
     del tipo bottom-up (5) che non richiede alcuno sforzo da parte nostra per essere at-
     tivata (questo è il processo), e che è attivata dagli elementi presenti nell’ambiente
     naturale perché dotati di caratteristiche affascinanti (questo è il contenuto). L’atti-
     vazione del processo di fascinazione è fondamentale per rigenerarsi da uno stato di
     affaticamento mentale derivante dall’uso prolungato del meccanismo che inibisce
     le distrazioni, processo che serve a mantenere l’attenzione focalizzata (per maggio-
     ri dettagli si veda: Kaplan, 1995; Berto, 2005). La letteratura scientifica è concorde
     nel sostenere che l’esposizione all’ambiente naturale è il modo più semplice e ve-
     loce per consentire al meccanismo inibitore delle distrazioni di riposarsi e all’atten-
     zione volontaria di rigenerarsi (per una rassegna della letteratura, si veda: Berto,
     2014). La ricerca sui movimenti oculari ha dimostrato che il processo di rigenera-
     zione comincia dalla visione delle scene naturali, le quali, rispetto a quelle urbane
     e artificiali e a parità di informazione ambientale e di tempo di osservazione, sono
     guardate senza sforzo attentivo (Berto e coll., 2008). Fondamentalmente quando
     gli stimoli ambientali sono affascinanti, c’è poca o nessuna distrazione da inibire
     (James, 1892; Berto, 2011; Berto e coll., 2015).

             3) Sebbene la biofilia comprenda anche le risposte biofobiche (Ulrich, 1993), in questo capito-
     lo verranno prese in considerazione solo le risposte biofiliche cioè quelle che derivano da una relazio-
     ne positiva con la Natura.
             4) Secondo la teoria della rigenerazione dell’attenzione (Kaplan, 1995) fascination, cioè il coin-
     volgimento dell’attenzione involontaria attivata dalla presenza di elementi affascinanti nell’ambiente
     naturale, è la componente principale di un’esperienza rigenerativa, ma non è l’unica. Ci sono altre tre
     componenti che contribuiscono a rendere un ambiente rigenerativo: la sua distanza fisica e/o psicolo-
     gica dalla routine quotidiana (being-away), essere caratterizzato da un livello di coerenza e complessità
     tali da creare curiosità e promuovere l’esplorazione (extent), offrire supporto allo svolgimento di attivi-
     tà desiderate (compatibility). Gli ambienti naturali sono normalmente dotati di tutte e quattro le com-
     ponenti e quindi preferiti perché maggiormente rigenerativi rispetto agli ambienti urbani e artificiali.
             5) L’attenzione può essere controllata da meccanismi top-down (letteralmente dall’alto verso il
     basso) quando siamo noi a selezionare volontariamente oggetti/informazioni ambientali a cui presta-
     re attenzione, o al contrario bottom-up (dal basso verso l’alto) quando sono stimoli inattesi o salienti
     dell’ambiente ad attrarre la nostra attenzione quasi indipendetemente dalla nostra volontà.
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”   41

       Secondo l’ipotesi della biofilia (Wilson, 1993), la rigenerazione percepita
(Hartig, Mang e Evans, 1991), ovvero la capacità delle persone di percepire il
valore rigenerativo dell’ambiente (Purcell, Peron e Berto, 2001), potrebbero avere
origine nella nostra predisposizione genetica a riconoscere negli ambienti natura-
li “l’ambiente primigenio” che consente una rapida e profonda rigenerazione psi-
cofisiologica (Barbiero, 2011; Barbiero, 2014). Nel corso degli ultimi 200.000 anni
di evoluzione di Homo sapiens, la selezione naturale ha modellato le nostre carat-
teristiche e, tra le altre cose, gli esseri umani potrebbero aver imparato che alcuni
ambienti più di altri possono sostenere la rigenerazione dopo una fatica mentale
(Berto, 2014). Essere in grado di rigenerare l’attenzione volontaria in un tempo
più breve avrebbe potuto conferire un vantaggio evoluzionistico in termini di
adattamento (Kaplan R. e Kaplan S., 1989; Kaplan S. e Kaplan R., 1983). Da questo
punto di vista, la rigenerazione percepita, intesa come la capacità delle persone
di focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche rigenerative dell’ambiente, potreb-
be essere una delle regole di apprendimento innate della biofilia (Wilson, 1993).

1.2.2. Affiliazione e connessione con la Natura

      Il secondo costrutto della biofilia è l’affiliazione (Wilson, 2002) e corrispon-
de all’abilità, in determinate circostanze, di creare un legame emotivo con le
forme di vita non umane. In questo modo, l’affiliazione potrebbe essere vista
come equivalente al costrutto “connessione con la Natura” (Mayer e McPher-
son Frantz, 2004), cioè, il sentimento di sentirsi una cosa unica con il mondo
naturale. A differenza della percezione di rigenerazione, che è ritenuta una “mi-
sura di stato” perché essa varia in relazione alle caratteristiche dell’ambiente
(Purcell, Peron e Berto, 2001; Berto, 2007), la connessione con la Natura viene
considerata una “misura di tratto”, cioè la persona si sente connessa con la
Natura indipendentemente dall’ambiente in cui si trova (Mayer e McPherson
Frantz, 2004, 2009).
      Lo Standard di Etroubles – una serie di osservazioni sperimentali che ab-
biamo condotto assieme a Margherita Pasini, psicometrista dell’Università di
Verona, su un gruppo di bambini di scuola primaria – ha mostrato chiaramen-
te la differenza tra i due costrutti e tra misura di stato e di tratto. Dalle nostre
osservazioni abbiamo scoperto che la percezione di rigenerazione dei bambini
aumentava rimanendo per un giorno nel bosco alpino di Etroubles (Valle D’Ao-
sta), mentre il loro senso di connessione con la Natura rimaneva invariato (Berto,
Pasini e Barbiero, 2015). Da questa osservazione abbiamo tratto due conclusioni.
La prima, la percezione di rigenerazione nei bambini è una risposta piuttosto
immediata alle caratteristiche di un ambiente, come è stato confermato anche in
un recente studio dove un processo rigenerativo simile è stato definito in modo
42   Parte I – I fondamenti degli IAA

     evocativo come “rifornire gli studenti in volo” (refueling students in flight (6), Kuo,
     Browning e Penner, 2018). La seconda, anche la connessione con la Natura può
     variare nel tempo, ma questo cambiamento richiede un tempo più lungo per ma-
     nifestarsi perché necessita di esperienze ricche di significato con il mondo natu-
     rale. Cambiamenti significativi nella connessione con la Natura possono essere
     ottenuti mediante un contatto diretto e frequente con la Natura (Berto e coll.,
     2018) e un programma educativo specifico volto a far maturare l’intelligenza na-
     turalistica della persona (Meyer, 1997; Nolan, 2003).

     3.3. L’intelligenza naturalistica può essere sostenuta dai due costrutti della biofilia

           Gli effetti positivi sulla capacità di attenzione (percezione di rigenerazio-
     ne) e il sentimento di affiliazione (connessione con la Natura) alla base della
     relazione tra esseri umani e Natura, possono essere un solido punto di par-
     tenza per educare l’intelligenza naturalistica. Lo psicologo Howard Gardner
     dell’Università di Harvard ha definito l’intelligenza naturalistica, come l’abilità
     “a riconoscere la flora e la fauna, a produrre altre distinzioni consequenziali nel
     mondo naturale, e usare questa abilità in maniera efficiente” (Gardner, 1995).
     Originariamente l’intelligenza naturalistica non era stata inserita nell’elenco
     delle sette forme di intelligenza descritte da Gardner nella sua teoria delle in-
     telligenze multiple (TMI, Theory of Multiple Intelligences; Gardner, 1983). L’in-
     telligenza naturalistica è piuttosto elusiva e sono occorsi ben sedici anni prima
     che venisse riconosciuta come l’ottava forma di intelligenza (Gardner, 1999).
     Sebbene l’intelligenza naturalistica consista della capacità cognitiva di proces-
     sare informazioni e produrre conoscenza ambientale senza includere capacità
     emotive (Gardner e Moran, 2006), Gardner deve ammettere che nella “esibizio-
     ne di ciò che Wilson ha chiamato «biofilia», l’individuo dotato di intelligenza
     naturalistica è a suo agio nel mondo degli organismi viventi e possiede il talen-
     to di prendersi cura, di addomesticare, o interagire sottilmente con varie crea-
     ture viventi” (Gardner, 1999). La capacità di “prendersi cura” e di “interagire
     sottilmente” sono manifestazioni di consapevolezza di un legame affettivo ed
     emotivo con la Natura che corrisponde alla connessione con la Natura. Fonda-
     mentalmente, l’intelligenza naturalistica dipende quindi dalla connessione con
     la Natura. L’intelligenza naturalistica include abilità che vanno oltre le attivi-
     tà previste nell’ambito dell’educazione ambientale “occidentale” (confrontare,

           (6) Con “refueling in flight” gli autori si riferiscono al fatto che è possibile rifornire ov-
     vero rigenerare gli studenti proprio durante lo svolgimento di un’attività che causa dispendio
     di energia.
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”           43

scrivere, usare i cinque sensi, fare attenzione ai dettagli, guardare più da vicino,
trovare strutture e disegni, fare domande) fino a comprendere una sensibilità
tipica delle culture “native americane” (inventare storie, ascoltare il paesaggio,
farsi sentire dalla Natura, parlare alla Terra, sentirsi radicati, dare qualcosa in
cambio alla Terra dopo che si è preso qualcosa, reciprocità, chiedere permesso
alla Terra, fare arte, rituali, cerimonie; si veda: Quadro 3.1).

Quadro 3.1
Clifford E. Knapp (2013) esperto di educazione ambientale all’aperto (outdoor e place-based educa-
tion) e appassionato della cultura Nativo-Americana fornisce un dettagliato elenco delle attività che
secondo lui possono aiutare adulti e bambini a sviluppare una sensibilità particolare nei confronti
della Natura, quella sensibilità alla base dell’intelligenza naturalistica. Le attività si possono svolgere
da soli, in coppia o in piccoli gruppi. Vi proponiamo l’elenco leggermente rivisitato e accorciato nei
suoi punti.

1 – Scegliere un elemento naturale. Andate in un luogo naturale e scegliete un albero, una roccia,
un animale o qualsiasi altro elemento naturale e esaminatelo con attenzione. Guardatelo dai quattro
punti cardinali e se potete anche dal basso verso l’altro. In che modo cambiare prospettiva cambia
ciò che vedete?
2 – Cambiare posizione. Seguite il suggerimento di Henry D. Thoureau (1817-1862): adottate la pro-
spettiva di un insetto. Cominciate adagiandovi sull’erba e poi provate a seguirne uno. Che cosa vedete
da quella posizione?
3 – Capire se stessi. Recatevi in un posto naturale che considerate speciale, state lì seduti da soli per
un po’ e scrivete un paragrafo sulla vostra esperienza. Stare in quel luogo vi aiuta a capire meglio chi
siete?
4 – Raccontare storie. I nativi americani sono “ancorati spazialmente” o “centrati” in un luogo spe-
cifico; nella tribù dei Yurok tradizionalmente le storie sui luoghi vengono raccontate per insegnare
storie di vita. Scegliete un luogo e inventate una storia “di vita” legata a quel luogo e poi raccontatela
a qualcuno. In che modo le storie sui luoghi possono insegnare delle lezioni?
5 – Dare un nome. Pensate a una breve descrizione (per es. di fatti accaduti lì) o anche una frase per
richiamare un luogo. Poi proponetela a qualcuno per vedere se indovina di che luogo si tratta. Poi
chiedetegli se è a conoscenza di altri nomi per descrivere lo stesso luogo.
6 – Dare un nome a piante e animali. Provate a descrivere piante e fiori come se fosse la prima volta
che li vedete focalizzandovi sulle loro caratteristiche fisiche o comportamentali. Siete a conoscenza
di nomi di piante e/o animali che descrivono esattamente le loro caratteristiche fisiche o il loro com-
portamento?
7 – Confrontare. Trovate similitudine e metafore per alcuni degli elementi naturali del luogo in cui vi
trovate. Questo esercizio vi ha aiutato a comprendere meglio le cose o a vederle in modo diverso?
8 – Osservare, usare, comunicare. Alcuni scienziati ritengono che le persone interagiscono con il
paesaggio in tre modi: 1 – osservando cosa succede lì, 2 – usandolo (talvolta apportando dei cam-
biamenti), 3 – comunicando agli altri quanto visto e fatto. In coppia o in piccolo gruppo scegliete un
paesaggio e dividetevi i compiti, svolgete il vostro compito e valutate se gli altri membri del gruppo
hanno svolto bene il loro.
9 – Ascoltare il paesaggio. Imparate ad ascoltate il linguaggio della Natura; cosa vi sta dicendo il pa-
esaggio in cui vi trovate? E se il paesaggio fosse in grado di fare qualcosa, che cosa farebbe secondo
voi?
10 – Ascoltare l’acqua. Sedetevi vicino a un corso d’acqua e ascoltate con attenzione se il movimento
dell’acqua evoca delle parole. Che cosa dice l’acqua?
                                                                                                   (segue)
44   Parte I – I fondamenti degli IAA

      11 – Sentire e essere sentiti. Avvicinatevi ad un albero e toccatelo gentilmente. Provate a sentire l’al-
      bero attraverso il tatto, trattatelo con rispetto, gentilezza e riverenza; ascoltatelo e cercate di imparare
      da lui. Avete mai pensato se anche gli elementi naturali hanno un’anima o uno spirito?
      12 – Parlare alla Natura. Cercate una roccia e parlatele. Che cosa avete scelto di raccontarle? La roccia
      ha “parlato” a sua volta? Che cosa vi ha detto?
      13 – Stare nel presente. Chiudete gli occhi e provate a lasciarvi alle spalle il passato (per es. cosa è
      successo subito prima o ieri) e il futuro (per es. cosa dovrete fare dopo o domani), focalizzatevi solo
      sul momento presente e sul luogo in cui vi trovate.
      14 – Prestare attenzione. Prestate attenzione all’ambiente circostante usando più sensi che potete
      contemporaneamente, senza pensare a quale senso prevale. Adesso invece provate a usare i sensi
      separatamente. In che modo è più facile prestare attenzione, sentire l’ambiente circostante?
      15 – Sentirsi radicati. Leggete la storia di un luogo – dove solitamente vi recate – che vi aiuti a sentirvi
      radicati, legati a quel luogo. In che modo aver letto la storia vi aiuta a vivere in maniera più profonda
      il luogo?
      16 – Toccare la Terra. Andate in un luogo naturale e toglietevi scarpe e calzini. Dopo esservi assicurati
      che non ci siano oggetti taglienti o acuminati toccate il terreno con le mani. Adesso fate lo stesso da
      bendati. Descrivete cosa provate toccando la Terra nei due modi. Sentite il potere della Terra che vi
      sostiene?
      17 – Fare domande. Andate in un luogo naturale e pensate ad alcune domande da fare agli altri che
      potrebbero aiutarli a sviluppare una comprensione più profonda del luogo. Provate anche voi a ri-
      spondere alle vostre domande; funziona?
      18 – Ingrandire il mondo. Esplorate un ambiente naturale usando una lente di ingrandimento. Che
      scoperte nuove avete fatto?
      19 – Usare avverbi, aggettivi e verbi. Osservate l’acqua che si muove o altri movimenti in Natura (per
      es. alberi mossi dal vento, nuvole che si muovono nel cielo, api che succhiano il nettare, ecc.) e fate
      una lista di verbi, avverbi e aggettivi per descrivere il loro movimento. In che modo questo esercizio
      allarga la vostra consapevolezza dello spazio?
      20 – Impegnarsi a prendersi cura della Terra. Mettete per iscritto un impegno, una sorta di patto di
      fedeltà, nei confronti di un luogo naturale.
      21 – Individuare strutture. Provate a individuare strutture, disegni e tessiture in Natura. Quante strut-
      ture diverse avete trovato?
      22 – Ricambiare. Scegliete una pianta importante per voi e offritela alla Terra come segno di ringrazia-
      mento e benedizione. Alcuni nativi americani offrono tabacco, salvia, cedro, erbe aromatiche, farina
      di mais, per mostrare gratitudine. “Ridare” qualcosa alla Terra vi aiuta a sentirvi più riconoscenti?
      23 – Chiedere permesso. Quando raccogliete bacche, frutta o piante edibili come cibo o sotto forma
      di tisane, chiedete prima il permesso alla pianta, e dopo aver raccolto dalla pianta i suoi frutti mostra-
      tele in qualche modo la vostra gratitudine. In che modo chiedere il permesso cambia il vostro modo
      di raccoglierne i frutti?
      24 – Muoversi verso la Natura. Muovetevi attraverso un ambiente naturale nel modo che secondo
      voi dovrebbe consentirvi di avere un’esperienza completa del luogo. Dopo averlo fatto spiegate a
      qualcuno perché avete deciso di muovervi proprio in quel modo e come è cambiata la vostra visione
      del luogo dopo questa esperienza.
      25 – Riconoscere le relazioni. Guardatevi intorno e elencate i modi in cui vi sentite in relazione con
      quel luogo naturale. Poi elencate le relazioni esistenti tra gli elementi naturali presenti in quel luogo.
      In che modo individuare le relazioni tra voi e il luogo e tra i suoi elementi vi permette di valutare
      meglio il luogo?

          Gardner sottolinea che le “biografie di biologi documentano continua-
     mente di una fascinazione precoce con piante e animali” (Gardner, 1999, il cor-
     sivo è nostro). Sebbene non ci siano prove nella letteratura scientifica di un
     legame tra percezione di rigenerazione e intelligenza naturalistica, le biogra-
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”   45

fie dei biologi e dei naturalisti mostrano che ciò che Gardner chiama “fasci-
nazione precoce” è cruciale per lo sviluppo dell’intelligenza naturalistica. Le
biografie di famosi naturalisti – come, ad esempio, Rachel Carson (1962) o lo
stesso E.O. Wilson (1994) – testimoniano di una fascinazione precoce che in
età adulta rafforza l’interesse ambientale e ne motiva il comportamento pro-
ambientale.
      È un dato di fatto che le persone non mettono in atto abbastanza compor-
tamenti pro-ambientali e spiegare la lacuna tra interesse ambientale e compor-
tamento pro-ambientale rimane una sfida per la ricerca. Però se consideriamo
il legame affettivo con la Natura (connectedness to Nature) un predittore impor-
tante delle intenzioni di proteggere l’ambiente naturale, il comportamento pro-
ambientale potrebbe dipendere dalla promozione di atteggiamenti positivi non
verso l’ambiente in generale, ma verso quei benefici psicologici associati solo
ed esclusivamente all’esposizione alla Natura e alle sue qualità rigenerative.
La percezione del valore rigenerativo della Natura potrebbe determinare un
atteggiamento positivo verso la Natura stessa e funzionare da attivatore per il
comportamento pro-ambientale alimentando a sua volta la connessione con la
Natura (Berto e Pasini, 2017; Berto e Barbiero, 2017a; Barbiero e Berto, 2018).
A questo proposito, recentemente abbiamo proposto un modello che mette in
relazione le diverse componenti che ruotano intorno all’intelligenza naturali-
stica e che alla fine determinano il comportamento pro-ambientale, una delle
manifestazioni del nostro rapporto Uomo-Natura. Il modello (Figura 3.1) mo-
stra il ruolo che la percezione di rigenerazione, la connessione con la Natu-
ra e l’intelligenza naturalistica giocano sull’interesse per il mondo naturale e
concretamente sul comportamento pro-ambientale (Barbiero e Berto, 2018). In
sintesi, stimolare il senso di connessione con la Natura di bambini e adulti è un
passo importante perché ha un effetto sia sulla percezione del valore rigene-
rativo della Natura, sia sul comportamento di cura per l’ambiente naturale e
salvaguardia delle sue specie animali e vegetali. In pratica le persone che hanno
maggiore esperienza con il mondo naturale hanno anche un legame affettivo
più forte con lo stesso, ne apprezzano di più gli effetti rigenerativi (Berto et al.,
2018) e tentano di preservarlo (Berto e Barbiero, 2017).
46   Parte I – I fondamenti degli IAA

Capitolo 3
     Figura 3.1 – Modello teorico dove i due costrutti della biofilia – fascinazione (corrispondente alla per-
     cezione di rigenerazione) e affiliazione (corrispondente alla connessione con la Natura) – sono posti in
     relazione con l’intelligenza naturalistica, l’interesse ambientale e il comportamento pro-ambientale. Le
     lettere lungo le frecce forniscono l’indicazione per la lettura della bibliografia a margine

     Fonte: adattato da Barbiero e Berto, 2018

           Spesso però i programmi scolastici di educazione ambientale allontanano
     i bambini dalla Natura perché presentano loro un ambiente naturale degrada-
     to e senza speranza. Per quale ragione un bambino dovrebbe sviluppare un
     legame affettivo verso un ambiente di questo tipo che non asseconda la sua
     naturale tendenza biofilica a connettersi con il mondo naturale? Chi ha svilup-
     pato un impegno attivo in difesa della Natura ha avuto un’infanzia con molte
     ore trascorse all’aperto in un luogo naturale e un adulto che gli ha insegnato il
     rispetto per la Natura (Chawla, 1998, 1999). Nessun ambientalista spiega il suo
     interesse-legame con la Natura come una reazione all’esposizione ad un brutto
     ambiente, a una situazione di degrado o addirittura di minaccia durante l’in-
     fanzia, ovvero stimoli che inducono risposte biofobiche. È probabile che serva-
     no a poco i programmi sulla conservazione di ecosistemi lontani (per esempio:
     la foresta pluviale o i ghiacci dell’artico), o su come evitare la scomparsa di
     specie protette mai viste realmente dal bambino (per esempio: le balene, i rino-
     ceronti). Al bambino servono opportunità di stare nella Natura con un adulto
     responsabile che lo guidi (Sobel, 1990; si veda Quadro 3.2).
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”    47

 Quadro 3.2
 Nell’ambito dei programmi di educazione ambientale all’aperto, Joseph Cornell (1998) ripensa il
 ruolo dell’insegnante/educatore in questo modo:

 1 – Deve insegnare meno e condividere di più;
 2 – Deve essere ricettivo, aperto alla stimolazione ambientale;
 3 – Deve trovare il modo di catturare subito l’attenzione di chi lo ascolta;
 4 – Deve osservare e sperimentare per primo, per spiegare avrà tempo;
 5 – Le sue esperienze a contatto con l’ambiente naturale devono sempre essere permeate da un
 senso di gioia.

1.4 La qualità biofilica dell’ambiente per sostenere il rapporto uomo-natura

      Lo sviluppo dell’intelligenza naturalistica nei bambini e il suo manteni-
mento negli adulti richiedono un contesto adeguato, esattamente come per
tutte le altre forme di intelligenza. Il contesto dell’intelligenza naturalistica
è ovviamente l’ambiente naturale. Va da sé che il ruolo principale nello stimo-
lare questo tipo di intelligenza è giocato dalle caratteristiche dell’ambiente,
in particolare dalla sua qualità biofilica. Il concetto di qualità biofilica è di re-
cente formulazione e corrisponde approssimativamente ad una valutazione
complessiva di tutte quelle caratteristiche fisiche, estetiche e funzionali di un
ambiente che, da un punto di vista evoluzionistico, contribuiscono a rendere
l’ambiente “oggettivamente” rigenerativo, superando perciò la visione sog-
gettiva di “percezione” di rigenerazione (Berto e Barbiero, 2017b). La qualità
biofilica di un ambiente dipende quindi da tutti quegli aspetti che sono in
relazione con i fattori rigenerativi descritti nella teoria della rigenerazione
dell’attenzione (vedi nota 3; Kaplan, 1995), ma li integra in una prospettiva
evoluzionistica.
      Per evidenziare il carattere empirico della qualità biofilica, Berto e coll.
(2018) hanno studiato il comportamento dei visitatori di quattro parchi a cui
sono stati assegnati due differenti livelli di qualità biofilica7: due con qualità
biofilica alta (il parco naturale dell’Alpe Devero e il parco nazionale della
Val Grande) e due con qualità biofilica bassa (il Parco di Trenno a Milano e
il parco naturale lombardo del Ticino). Per ciascun parco, è stata verificata
la relazione tra percezione di rigenerazione e connessione con la Natura dei
visitatori, e poi messe in relazione con la qualità biofilica del parco. Quando

       (7) Oggi la qualità biofilica di una ambiente può essere valutata con l’Indicatore di Qua-
lità Biofilica (Biophilic Quality Index – BQI; per maggiori dettagli si veda Berto e Barbiero,
2017b) ma all’epoca della progettazione dello studio sperimentale il BQI non era ancora di-
sponibile.
48   Parte I – I fondamenti degli IAA

     il parco era caratterizzato da un valore basso di qualità biofilica (il Parco di
     Trenno e il parco naturale lombardo del Ticino) e il visitatore aveva un basso
     livello di connessione con la Natura, il parco era percepito come altamente
     rigenerativo. In questo caso, il visitatore percepisce solo gli aspetti più gros-
     solani dell’ambiente, corrispondenti a quelli che meglio incontrano le sue
     aspettative circa l’ambiente. Quando invece il visitatore ha un alto livello di
     connessione con la Natura, lo stesso ambiente con un basso valore di qualità
     biofilica era percepito come meno rigenerativo. Solo quando il parco era ca-
     ratterizzato da un alto valore di qualità biofilica (il parco naturale dell’Alpe
     Devero o il parco nazionale della Val Grande), i visitatori che hanno un’alta
     connessione con la Natura percepiscono l’alto potenziale rigenerativo del
     parco. La relazione tra le caratteristiche fisiche-estetiche-funzionali del par-
     co (qualità biofilica) e il livello di connessione con la Natura del visitatore
     (misura di tratto) permette di fare previsioni circa la percezione di rigene-
     razione (misura di stato) che il luogo può offrire (Figura 2; per maggiori
     dettagli si veda: Berto e coll., 2018).
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”              49

Figura 3.2 – Il modello di Berto e coll. (2018); la relazione tra la variabile in ascissa (la qualità biofilica),
quella in ordinata (connessione con la Natura) e la loro risultante lineare (percezione di rigenerazione)
è già stata descritta nel testo. Per una più facile comprensione del modello suggeriamo di sostituire l’e-
sperienza con l’ambiente naturale con quella con il vino; in questo caso “connessione con la Natura”
corrisponde alla conoscenza che abbiamo del vino, “qualità biofilica” alle caratteristiche organolettiche
del vino e “percezione di rigenerazione” corrisponde alla capacità di percepire la bontà del vino. Solo
chi ha una un’elevata conoscenza del vino (per esempio, un sommelier) è in grado di percepirne la “re-
ale” bontà perché è in grado di discriminarne le caratteristiche organolettiche in maniera corretta. Chi
ha scarsa conoscenza del vino percepisce come buoni anche vini dalle caratteristiche mediocri. Ci te-
niamo a precisare, anche se siamo convinti che ormai al lettore sarà chiaro, che l’esperienza con la Na-
tura – a differenza del vino – non deriva solo da esperienze precedenti ma anche da una predisposizio-
ne genetica, componente che nell’incontro con il vino potrebbe mancare.

Fonte: adattato da Berto e coll., 2018.

      Questi risultati sperimentali ci hanno permesso di riflettere sul ruolo che
può giocare la qualità biofilica di un ambiente sul mantenimento del legame
Uomo-Natura e sullo sviluppo dell’intelligenza naturalistica (Barbiero e Berto,
2018). I comportamenti pro-ambientali emergono dall’abilità di raccogliere infor-
mazioni dall’ambiente e di usarle in modo corretto ed efficace per affrontare le
problematiche ambientali. Tuttavia, non basta possedere una buona conoscenza
ambientale per manifestare comportamenti pro-ambientali. Una volta il celebre
biologo americano Stephen Gould scrisse: “noi non possiamo vincere la battaglia
per salvare le specie e gli habitat naturali senza stabilire un legame tra noi stessi
e la Natura – perché noi non ci batteremo per salvare qualcosa che non amiamo”
50   Parte I – I fondamenti degli IAA

     (Gould, 1993). La biofilia è esattamente il nostro legame emotivo con la Natura
     ed essendo innata nell’essere umano essa può essere ragionevolmente considera-
     ta il punto di partenza più solido per sviluppare l’intelligenza naturalistica. Ciò
     nondimeno, la biofilia ha bisogno di essere stimolata adeguatamente per nutrire
     la fascinazione e l’affiliazione con la Natura (Berto e Barbiero, 2017a). Come per i
     visitatori che si recano nel parco che meglio soddisfa le loro esigenze di rigenera-
     zione e il loro senso di connessione con la Natura, i bambini hanno bisogno di un
     ambiente quotidiano dove fascinazione (percezione di rigenerazione) e affiliazio-
     ne (connessione con la Natura) siano continuativamente stimolate. Questo può
     avvenire se l’ambiente fisico è progettato secondo i criteri della progettazione biofi-
     lica (biophilic design; Berto e Barbiero, 2017b). La progettazione biofilica realizza
     ambienti interni che richiamino il più possibile – nelle forme, nei colori, nelle
     tessiture, nelle proporzioni – l’ambiente naturale reale. Noi sappiamo che l’am-
     biente naturale è altamente rigenerativo, cioè favorisce la rigenerazione dell’at-
     tenzione dopo uno sforzo intenso e prolungato (Berto, 2005). Di conseguenza la
     progettazione biofilica potrebbe trovare un’importante applicazione proprio nei
     luoghi dove i bambini (ma anche adulti e anziani) sono chiamati a svolgere com-
     piti cognitivi per parecchie ore al giorno. Ad esempio, noi siamo convinti che le
     aule scolastiche si possono progettare rispondendo al bisogno di rigenerazione
     dei bambini e assecondando il legame biofilico Uomo-Natura che è la principale
     fonte di benessere e rigenerazione psicofisiologica nell’Uomo. A questo proposi-
     to, nel 2017 è stata realizzata nel comune di Gressoney-La-Trinité (Aosta) la pri-
     ma scuola biofilica in Italia, dove è attualmente in corso un programma di osser-
     vazione dei suoi effetti sull’attività didattica. I primi risultati sono incoraggianti;
     le caratteristiche fisiche dell’ambiente hanno un effetto rigenerativo nei bambini
     che prestano maggiore attenzione all’insegnante e ai compiti da svolgere. Paralle-
     lamente le insegnanti si sentono incoraggiate a sviluppare un programma didat-
     tico più profondo ed efficace perché notano nei bambini maggiore disponibilità
     all’ascolto. La stessa attenzione alle caratteristiche dell’ambiente fisico può essere
     riservata anche a contesti diversi da quello scolastico, dove gli occupanti hanno
     comunque bisogno di rigenerarsi da attività cognitivamente e fisicamente impe-
     gnative, come per esempio i luoghi di cura, di riabilitazione, di lavoro.

     3.5. Conclusioni

           In questo capitolo è stato presentato un tipo particolare di intelligenza – l’in-
     telligenza naturalistica – mettendo in evidenza come i costrutti della biofilia di
     fatto ne costituiscano il substrato filogenetico. Dal nostro punto di vista, la biofi-
     lia – come eredità evoluzionistica – e l’intelligenza naturalistica – come obiettivo
     potenziale dell’educazione – possono essere considerate i due poli di un percorso
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica”       51

dove il rapporto Uomo-Natura deve essere continuamente alimentato (Barbiero,
2009; 2014). Il modello che abbiamo qui proposto offre una cornice concettuale
per l’educazione di bambini e adulti che rispetta le regole di apprendimento nel
loro approccio con l’ambiente, favorendo la percezione di rigenerazione e la con-
nessione con la Natura, che sono costrutti psicologici misurabili8. Ed è proprio
la misurabilità dei due costrutti che rende il modello ”biofilia-intelligenza na-
turalistica” il più scientificamente adatto ad una progettazione di interventi che
utilizzano la Natura nei suoi diversi elementi, permettendo all’operatore – sia
esso educatore o terapeuta – di pianificare un programma ex-ante e di valutarne
obiettivamente gli effetti ex-post (Barbiero e coll., 2017), anche nell’ambito degli
IAA. Aiutare bambini e adulti a rendere più fine la loro sensibilità per il mondo
naturale genera uno spettro più ampio di emozioni positive (Barbiero e Marcona-
to, 2016) che aumentano i benefici derivanti da qualsiasi forma di contatto Uomo-
Natura in termini di benessere psicofisico.

       (8) La percezione di rigenerazione e la connessione con la Natura sono costrutti misu-
rabili (a questo proposito si veda la nota 2) mediante, rispettivamente, la Perceived Restorati-
veness Scale (PRS, Hartig e coll., 1997; PRS-11, Pasini e coll., 2014; PRS-children, Berto, Pasini e
Barbiero, 2015) e la Connectedness to Nature Scale (CNS, Mayer e McPherson Frantz, 2004; CNS-
children, Berto, Pasini e Barbiero, 2015).
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