INTERVENTI ASSISTITI CON ANIMALI - Manuale per operatori a cura di Carmelo Scarcella, Roberta Vitali, Francesco Brescianini - Università ...
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
a cura di Carmelo Scarcella, Roberta Vitali, Francesco Brescianini INTERVENTI ASSISTITI CON ANIMALI Manuale per operatori
© Copyright 2019 by Maggioli S.p.A. Maggioli Editore è un marchio di Maggioli S.p.A. Azienda con sistema qualità certificato ISO 9001:2008 47822 Santarcangelo di Romagna (RN) • Via del Carpino, 8 Tel. 0541/628111 • Fax 0541/622595 www.maggiolieditore.it e-mail: clienti.editore@maggioli.it Diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. L’Autore e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori e/o inesattezze relativi alla elaborazione dei testi normativi e per l’eventuale modifica e/o variazione degli schemi e della modulistica allegati. L’Autore, pur garantendo la massima affidabilità dell’opera, non risponde di danni derivanti dall’uso dei dati e delle notizie ivi contenuti. L’Editore non risponde di eventuali danni causati da involontari refusi o errori di stampa. Finito di stampare nel mese di dicembre 2018 nello stabilimento Maggioli S.p.A. Santarcangelo di Romagna (RN)
Indice Presentazione.................................................................................................... Pag. 9 Parte prima I fondamenti degli IAA 1. Tutti attorno a una cuccia........................................................................... » 13 La contaminazione tra professioni all’interno dell’équipe multidisciplinare Raffaele Mantegazza 2. Storia degli interventi assistiti con gli animali ............................................. » 23 Elisa Silvia Colombo, Emanuela Prato-Previde 2.1. L’influenza degli animali sul benessere e il malessere dell’uomo tra spiritualità, mitologia e filosofia......................................................... » 23 2.2. Animali come “terapeuti” della psiche: le prime esperienze.............. » 27 2.3. La nascita della “pet-therapy” e i primi sviluppi................................. » 29 2.4. Le ricerche scientifiche sui benefici degli interventi assistiti con gli animali.............................................................................................. » 32 3. Un approccio evoluzionistico alla promozione della salute: il modello “Biofilia-intelligenza naturalistica” negli interventi assistiti con animali...... » 35 Rita Berto, Giuseppe Barbiero 3.1. Introduzione...................................................................................... » 35 3.1.1. La biologia popolare alla base del legame Uomo-Natura...... » 37 3.2. I due costrutti della biofilia................................................................ » 40 3.2.1. Fascinazione e percezione di rigenerazione......................... » 40 1.2.2. Affiliazione e connessione con la Natura.............................. » 41 3.3. L’intelligenza naturalistica può essere sostenuta dai due costrutti del- la biofilia .......................................................................................... » 42 1.4 La qualità biofilica dell’ambiente per sostenere il rapporto uomo- natura................................................................................................ » 47 3.5. Conclusioni....................................................................................... » 50
3. Un approccio evoluzionistico alla promozione della salute: il modello “Biofilia-intelligenza naturalistica” negli inter- venti assistiti con animali Rita Berto, Giuseppe Barbiero X Autore: Verificare in Bibliografia nomi e date 3.1. Introduzione La biofilia è un costrutto psicologico scoperto dal biologo americano E.O. Wilson (1984) dell’Università di Harvard che la definì “l’innata affiliazione emo- tiva che gli esseri umani stabiliscono con altri organismi viventi” (Wilson, 1993). Per quanto intuitivamente comprensibile, questa definizione di biofilia è piut- tosto vaga, perché è difficile definire esattamente cosa sia un’innata affiliazione emotiva. Possiamo immaginare la biofilia come una sorta di tratto umano emerso seguendo una traiettoria a spirale nel tempo, tipica di una coevoluzione gene- cultura, che compare laddove “un certo genotipo propone una risposta compor- tamentale che può migliorare la sopravvivenza individuale e la fitness riprodutti- va. Il fenotipo che manifesta la risposta più efficace si diffonde nella popolazione e la risposta comportamentale diventa sempre più frequente” (Wilson, 1993). Da questa prospettiva evoluzionistica Wilson è riuscito successivamente a precisare meglio la biofilia, che viene ora definita come “l’innata tendenza a rimanere affa- scinati dalla vita e dalle forme che la ricordano, e in alcuni casi ad affiliarsi ad essa emotivamente” (Wilson, 2002; i corsivi sono nostri). Quest’ultima definizione, apparsa diciotto anni dopo la prima formulazione, è stata un importante passo in avanti, perché qui vengono definiti con chiarezza i due costrutti della biofilia: la fascinazione e l’affiliazione. Si tratta di costrutti piscologici che sotto il profilo evoluzionistico possono essere interpretati come “regole di apprendimento” e come tali “possono essere separate e analizzate individualmente” (Wilson, 1931). Viene così a stabilirsi una relazione ecopsicologica tra l’ipotesi della biofilia (Kellert e Wilson, 1993), la teoria della rigenerazione dell’attenzione (Attention Restoration Theory, ART; Kaplan, 1995. Si veda anche: Barbiero e Berto, 2016) e la teoria del re- cupero dallo stress (Stress Recovery Theory, SRT; Ulrich, 1984; 1993. Si veda anche: Barbiero e Berto, 2016) che nel loro insieme costituiscono un importante punto di riferimento per gli studi sulla connessione Uomo-Natura (1) (Ives e coll., 2017) (1) In questo capitolo con la parola “Uomo”, scritta con l’iniziale “U” maiuscola, si inten- de l’intera umanità, mentre utilizzeremo la parola “uomo” con la “u” minuscola per indicare
36 Parte I – I fondamenti degli IAA e offrono una cornice concettuale entro la quale si possono iscrivere anche gli Interventi Assistiti con Animali (IAA). Recentemente noi abbiamo avanzato l’ipotesi che i due costrutti della bio- filia, cioè la fascinazione e l’affiliazione, si siano sedimentati in due risposte comportamentali di base che nel corso della nostra storia evoluzionistica si sono rivelati utili per la sopravvivenza (Barbiero e Berto, 2018): la percezione di rigene- razione (perceived restorativeness) e la connessione con la Natura (connectedness to Nature). Attraverso il primo tipo di risposta l’essere umano è in grado di rige- nerarsi da uno stato di affaticamento mentale esponendosi all’ambiente naturale o entrando in contatto con alcuni suoi elementi, perché ne percepisce le qualità rigenerative; nel secondo caso, l’esposizione all’ambiente naturale e/o il contatto con alcuni suoi elementi favorisce il recupero dell’equilibrio emotivo stabilendo un contatto affettivo con creature non umane. Prima di approfondire i due costrutti della biofilia daremo un breve sguardo alle idee “ingenue” che sono alla base del legame Uomo-Natura e che ne orientano sia il senso di connessione, sia la capacità di trarne benefici rigenerativi. Dopodiché esploreremo i due costrutti della biofilia, prima separatamente e poi insieme, per evidenziare il loro contributo nello sviluppo dell’intelligenza naturalistica, che è alla base del successo di qualsiasi IAA. A partire dai risultati di alcuni studi speri- mentali spiegheremo in che modo l’ambiente fisico – da quello scolastico a quello di cura – se adeguatamente progettato, possa essere un potente alleato nello svi- luppo dell’intelligenza naturalistica. Noi auspichiamo infatti che questa forma di intelligenza venga stimolata fin dall’infanzia in modo da poter trarre il massimo vantaggio dai benefici derivanti dal rapporto con un animale, nel caso in cui si presentasse la necessità di un IAA. Vista la centralità del rapporto Uomo-Natura negli IAA, il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” che proponiamo in questo capitolo, operazionalizzato (2) nelle sue componenti psicologiche – percezione di rigenerazione e connessione con la Natura, che vedremo nel corso del capitolo – è il modello scientificamente più adatto alla progettazione di interventi che utilizzano la Natura, perché consente agli operatori del settore di pianificare un programma ex-ante e di valutarne obiettivamente gli effetti ex-post (Barbiero e coll., 2017). il genere maschile della nostra specie. Analogamente, la parola “Natura”, quando è scritta con l’iniziale “N” maiuscola, serve ad indicare la biosfera e le matrici abiotiche (suolo, aria, acqua) dove la vita fiorisce. In questo modo evitiamo la confusione con la parola “natura” con l’inizia- le “n” minuscola che useremo invece per indicare la qualità intrinseca di una certa creatura o di un certo fenomeno. (2) In metodologia della ricerca “operazionalizzare” significa definire un concetto me- diante le operazioni che conducono alla sua definizione, in modo tale che si possa misurare; per es. “un gruppo di soggetti in condizione di deprivazione di sonno” può essere operazionalizza- to così: “un gruppo di soggetti che non dorme da 36 ore”.
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 37 3.1.1. La biologia popolare alla base del legame Uomo-Natura L’essere umano è intellettualmente avventuroso, cioè è caratterizzato da una tendenza innata a separare le cose viventi da quelle non viventi, e ad andare oltre questa “prima” categorizzazione per soddisfare il bisogno di comprendere. Le spiegazioni che noi costruiamo per dare un senso al mondo possono essere considerate “folk theories”, cioè teorie ingenue. Si tratta di teorie informali, modi intuitivi di spiegare i “che cosa” e i “perché” del mondo: sono i saperi ingenui e del senso comune (è questo il significato del termine folk). Con teorie ingenue però si possono intendere anche conoscenze sorrette da presupposti teorici scien- tifici e sperimentali, storicamente e culturalmente determinati e contingenti. Le teorie ingenue sono centrali per scoprire come i bambini, ma molto spesso anche gli adulti, comprendono fatti nuovi (Gopnik e Wellman, 1994; Wellman e Gel- man, 1998). Una teoria ingenua che ha ricevuto grande attenzione in psicologia evolutiva, in antropologia e in filosofia è la “biologia popolare” (folkbiology) che si riferisce ai processi cognitivi attraverso i quali i bambini comprendono, classi- ficano, ragionano sul – e spiegano il – mondo delle piante e degli animali. La no- stra sopravvivenza come specie animale è dipesa in larga parte dall’acquisizione di una conoscenza intima di piante e animali. La biologia popolare ha modellato il nostro apparato concettuale di base e orientato il nostro rapporto con il mondo naturale. La biologia popolare non è insegnata a scuola, anzi spesso si scontra con l’insegnamento formale. Tuttavia non bisogna sottovalutarla, riducendola solo a una collezione di credenze curiose, perché la biologia popolare spiega fenomeni e processi causali, fornisce previsioni, sostiene spiegazioni. Uno dei compiti principali di un bambino è dividere gli elementi presenti nell’ambiente in categorie; classificare gli elementi del mondo gli consentirà di conoscerli meglio (per esempio, notando le somiglianze o le differenze) e di fare previsioni circa ciò che non è mai stato visto prima (Medin e Coley, 1998). La let- teratura scientifica dimostra che il processo di classificazione degli esseri viventi operato dai bambini ha caratteristiche strutturali specifiche, se confrontato ad altri domini della conoscenza, come per esempio quello degli oggetti inanimati (Gel- man e Coley, 1991). Fino quasi all’età di dieci anni i bambini non sono in grado di individuare somiglianze tra l’essere umano e gli animali (Johnson, Mervis e Boster, 1992; Carey, 1985) ed eventuali somiglianze percepite tra gli esseri umani e il resto della Natura variano a seconda del linguaggio (Anggoro, Waxman e Medin, 2008), della prospettiva culturale (Herrmann, Waxman e Medin, 2010; Unsworth e coll., 2012) e dalla quantità di esperienze dirette che il bambino ha con la Natura (Inagaki e Hatano, 2002; Ross e coll., 2003; Medin e coll., 2010). Per esempio, i bambini che sono cresciuti in famiglie che allevano pesci rossi (Inagaki e Hatano, 2002) o in una fattoria, cioè a contatto diretto con una vasta gamma di animali (Medin e coll., 2010), mostrano risposte e comportamenti meno antro-
38 Parte I – I fondamenti degli IAA pocentrici, riescono a vedere più somiglianze tra gli esseri umani e gli animali e sono in grado di vedere analogie, per esempio tra i pesci rossi e un altro animale che può vivere in ambienti acquatici (per esempio: una rana), rispetto ai bambini di città che normalmente non hanno le stesse esperienze (Herrmann, Waxman e Medin, 2010). Al di là dei risultati specifici di ogni singolo studio, la letteratura ha dimo- strato una notevole flessibilità nello sviluppo dei concetti di biologia popolare. I giudizi sulla vita (cioè cosa può essere considerato vivente) variano a seconda della cultura e delle esperienze di vita dei bambini. I bambini giapponesi sono molto più portati dei bambini americani a pensare che una montagna sia viva e ad attribuire lo status di vivente a numerosi oggetti, mentre i bambini israeliani hanno un approccio più ristretto e spesso rifiutano di ammettere che anche le piante siano vive (Hatano e coll., 1993). Ricerche più recenti suggeriscono che i bambini in età prescolare che vivono in città, in campagna e i nativi americani possono differire nella volontà di attribuire la vita alle piante. Tutti questi bambi- ni attribuiscono la qualità di “vivente” agli animali, dai vermi agli orsi, ma solo i bambini nativi americani la attribuiscono anche alle piante, i bambini di campa- gna lo fanno col tempo, mentre in quelli di città c’è molta resistenza a sviluppare questa attribuzione (Ross e coll., 2003). In linea di massima i bambini in età pre- scolare distinguono gli animali (vertebrati e invertebrati) come “viventi” e gli og- getti inanimati (biciclette, matite) come “non viventi”. Tuttavia, le credenze circa le piante sono molto meno chiare, e sono molto dipendenti dal contesto culturale. I primi ragionamenti dei bambini su piante e animali sono fortemente an- tropocentrici (Carey, 1985; 1995), cioè la comprensione degli altri esseri viventi è sempre in riferimento all’essere umano come prototipo. In pratica, i bambini ra- gionano su animali e piante in base alle somiglianze tra questi e gli esseri umani: l’Uomo è il punto di partenza per inferenze di tipo biologico. Per un bambino le inferenze dall’Uomo al cane sono più facili e automatiche delle inferenze dal cane all’Uomo (Carey, 1985). Però sia nei bambini sia negli adulti, il ragionamento biologico popolare varia a seconda del modo di guardare alla Natura, che può es- sere più soggettivo, dove prevale il contatto empatico; oppure oggettivante, dove invece prevale un atteggiamento più distaccato, prodromo di un approccio scien- tifico. Gutheil, Vera e Keil (1998) hanno scoperto che i bambini di quattro anni che riconoscono in un essere umano una certa caratteristica biologica, è più probabile che la generalizzino anche agli altri animali se questa caratteristica è all’interno di un contesto biologico (per esempio: ha un cuore che batte) rispetto a quando la caratteristica è contestualizzata psicologicamente (per esempio: ha un cuore che batte quando è felice). Un fenomeno simile (ma al contrario) accade anche tra gli adulti; se agli adulti viene presentata l’immagine di un animale ferito in Natura, coloro a cui viene suggerito di assumere la prospettiva dell’animale (prospettiva soggettiva) mostrano maggiore preoccupazione per le sue sorti e per le creature
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 39 viventi in generale, rispetto a chi viene istruito a concentrarsi esclusivamente sull’immagine (Schultz, 2000). Levin e Unsworth (2013) hanno evidenziato che nei primi stadi dello svi- luppo c’è una maggiore probabilità di pensare che gli esseri umani appartengo- no al mondo naturale se viene suggerito al bambino di pensare ad associazioni personali con il mondo naturale (per esempio: hai mai visto un uccellino nel tuo giardino?), rispetto a quando viene detto al bambino di pensare alla Natura in maniera astratta (per esempio: cosa sai degli uccellini?). Il linguaggio e la cultura di appartenenza giocano un ruolo estremamente importante nell’organizzazione del pensiero biologico popolare, sia per i bambini sia per gli adulti. Bang, Medin e Atran (2007) hanno dimostrato che i nativi americani Menominee descrivono numerose relazioni personali con piante e animali (per esempio, i modi in cui le specie sono usate come cibo o medicine), più degli europei e degli americani che vivono in campagna, e vogliono che i loro figli sentano di essere parte della Natura. Unsworth e coll. (2012) hanno osservato la stessa differenza tra i bambini di cinque anni Menominee e quelli europei e americani che vivono in campagna, dimostrando che gli orientamenti culturali verso la Natura si apprendono fin dai primi stadi dello sviluppo. Anggoro, Waxman e Medin (2008) hanno scoper- to differenze significative nella categorizzazione Uomo-animale tra i bambini di lingua inglese e i bambini di lingua indonesiana. In indonesiano il termine usato per identificare gli animali non umani esclude di fatto gli esseri umani, mentre la parola inglese “animale” è polisemica e può sia includere sia escludere gli esseri umani a seconda del contesto. Quando gli Autori (ibid.) presentavano ai bam- bini inglesi e indonesiani (dai 6 ai 9 anni) l’immagine di un essere umano e poi chiedevano se poteva essere definito un “animale”, il 25% dei bambini di lingua inglese rispondeva di sì, mentre solo il 3% dei bambini indonesiani faceva la stessa affermazione. Un risultato simile è stato ottenuto chiedendo ai bambini di assegnare la stessa immagine alla categoria Uomo o animale, il 36% dei bambini di lingua inglese assegnava l’immagine alla categoria animale, mentre solo il 5% degli indonesiani raggruppava l’Uomo con gli animali. Nel loro insieme, questi risultati dimostrano che sia gli adulti sia i bambini possiedono numerosi quadri di riferimento per ragionare e costruire il loro rap- porto con la Natura. Ma che è anche possibile suggerire loro la prospettiva con cui guardare la Natura. E sarà proprio quella prospettiva a influenzare il loro atteggiamento verso il mondo naturale (Schultz, 2000). In particolare, suggerire associazioni personali con la Natura, anziché astratte, può aumentare il senso di connessione con la Natura perché favorisce la percezione di una maggiore “so- vrapposizione” con il mondo naturale (Schultz, 2001; Davis, Green e Reed, 2009), facendoli sentire più “simili” e “vicini” a piante e animali.
40 Parte I – I fondamenti degli IAA 3.2. I due costrutti della biofilia 3.2.1. Fascinazione e percezione di rigenerazione Perché gli esseri umani hanno un’innata tendenza a rimanere affascinati dalla vita in generale e dal mondo naturale in particolare? La risposta è nel processo di fascination, che in italiano possiamo tradurre con fascinazione (Berto e coll., 2010), il primo costrutto della biofilia (3) e il concetto cardine della teoria della rigenerazione dell’attenzione (Kaplan, 1995). Fascination (4) è sia un processo, sia un contenuto (Berto, 2011; Berto e coll., 2015); di fatto si tratta dell’attenzione selettiva spontanea del tipo bottom-up (5) che non richiede alcuno sforzo da parte nostra per essere at- tivata (questo è il processo), e che è attivata dagli elementi presenti nell’ambiente naturale perché dotati di caratteristiche affascinanti (questo è il contenuto). L’atti- vazione del processo di fascinazione è fondamentale per rigenerarsi da uno stato di affaticamento mentale derivante dall’uso prolungato del meccanismo che inibisce le distrazioni, processo che serve a mantenere l’attenzione focalizzata (per maggio- ri dettagli si veda: Kaplan, 1995; Berto, 2005). La letteratura scientifica è concorde nel sostenere che l’esposizione all’ambiente naturale è il modo più semplice e ve- loce per consentire al meccanismo inibitore delle distrazioni di riposarsi e all’atten- zione volontaria di rigenerarsi (per una rassegna della letteratura, si veda: Berto, 2014). La ricerca sui movimenti oculari ha dimostrato che il processo di rigenera- zione comincia dalla visione delle scene naturali, le quali, rispetto a quelle urbane e artificiali e a parità di informazione ambientale e di tempo di osservazione, sono guardate senza sforzo attentivo (Berto e coll., 2008). Fondamentalmente quando gli stimoli ambientali sono affascinanti, c’è poca o nessuna distrazione da inibire (James, 1892; Berto, 2011; Berto e coll., 2015). 3) Sebbene la biofilia comprenda anche le risposte biofobiche (Ulrich, 1993), in questo capito- lo verranno prese in considerazione solo le risposte biofiliche cioè quelle che derivano da una relazio- ne positiva con la Natura. 4) Secondo la teoria della rigenerazione dell’attenzione (Kaplan, 1995) fascination, cioè il coin- volgimento dell’attenzione involontaria attivata dalla presenza di elementi affascinanti nell’ambiente naturale, è la componente principale di un’esperienza rigenerativa, ma non è l’unica. Ci sono altre tre componenti che contribuiscono a rendere un ambiente rigenerativo: la sua distanza fisica e/o psicolo- gica dalla routine quotidiana (being-away), essere caratterizzato da un livello di coerenza e complessità tali da creare curiosità e promuovere l’esplorazione (extent), offrire supporto allo svolgimento di attivi- tà desiderate (compatibility). Gli ambienti naturali sono normalmente dotati di tutte e quattro le com- ponenti e quindi preferiti perché maggiormente rigenerativi rispetto agli ambienti urbani e artificiali. 5) L’attenzione può essere controllata da meccanismi top-down (letteralmente dall’alto verso il basso) quando siamo noi a selezionare volontariamente oggetti/informazioni ambientali a cui presta- re attenzione, o al contrario bottom-up (dal basso verso l’alto) quando sono stimoli inattesi o salienti dell’ambiente ad attrarre la nostra attenzione quasi indipendetemente dalla nostra volontà.
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 41 Secondo l’ipotesi della biofilia (Wilson, 1993), la rigenerazione percepita (Hartig, Mang e Evans, 1991), ovvero la capacità delle persone di percepire il valore rigenerativo dell’ambiente (Purcell, Peron e Berto, 2001), potrebbero avere origine nella nostra predisposizione genetica a riconoscere negli ambienti natura- li “l’ambiente primigenio” che consente una rapida e profonda rigenerazione psi- cofisiologica (Barbiero, 2011; Barbiero, 2014). Nel corso degli ultimi 200.000 anni di evoluzione di Homo sapiens, la selezione naturale ha modellato le nostre carat- teristiche e, tra le altre cose, gli esseri umani potrebbero aver imparato che alcuni ambienti più di altri possono sostenere la rigenerazione dopo una fatica mentale (Berto, 2014). Essere in grado di rigenerare l’attenzione volontaria in un tempo più breve avrebbe potuto conferire un vantaggio evoluzionistico in termini di adattamento (Kaplan R. e Kaplan S., 1989; Kaplan S. e Kaplan R., 1983). Da questo punto di vista, la rigenerazione percepita, intesa come la capacità delle persone di focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche rigenerative dell’ambiente, potreb- be essere una delle regole di apprendimento innate della biofilia (Wilson, 1993). 1.2.2. Affiliazione e connessione con la Natura Il secondo costrutto della biofilia è l’affiliazione (Wilson, 2002) e corrispon- de all’abilità, in determinate circostanze, di creare un legame emotivo con le forme di vita non umane. In questo modo, l’affiliazione potrebbe essere vista come equivalente al costrutto “connessione con la Natura” (Mayer e McPher- son Frantz, 2004), cioè, il sentimento di sentirsi una cosa unica con il mondo naturale. A differenza della percezione di rigenerazione, che è ritenuta una “mi- sura di stato” perché essa varia in relazione alle caratteristiche dell’ambiente (Purcell, Peron e Berto, 2001; Berto, 2007), la connessione con la Natura viene considerata una “misura di tratto”, cioè la persona si sente connessa con la Natura indipendentemente dall’ambiente in cui si trova (Mayer e McPherson Frantz, 2004, 2009). Lo Standard di Etroubles – una serie di osservazioni sperimentali che ab- biamo condotto assieme a Margherita Pasini, psicometrista dell’Università di Verona, su un gruppo di bambini di scuola primaria – ha mostrato chiaramen- te la differenza tra i due costrutti e tra misura di stato e di tratto. Dalle nostre osservazioni abbiamo scoperto che la percezione di rigenerazione dei bambini aumentava rimanendo per un giorno nel bosco alpino di Etroubles (Valle D’Ao- sta), mentre il loro senso di connessione con la Natura rimaneva invariato (Berto, Pasini e Barbiero, 2015). Da questa osservazione abbiamo tratto due conclusioni. La prima, la percezione di rigenerazione nei bambini è una risposta piuttosto immediata alle caratteristiche di un ambiente, come è stato confermato anche in un recente studio dove un processo rigenerativo simile è stato definito in modo
42 Parte I – I fondamenti degli IAA evocativo come “rifornire gli studenti in volo” (refueling students in flight (6), Kuo, Browning e Penner, 2018). La seconda, anche la connessione con la Natura può variare nel tempo, ma questo cambiamento richiede un tempo più lungo per ma- nifestarsi perché necessita di esperienze ricche di significato con il mondo natu- rale. Cambiamenti significativi nella connessione con la Natura possono essere ottenuti mediante un contatto diretto e frequente con la Natura (Berto e coll., 2018) e un programma educativo specifico volto a far maturare l’intelligenza na- turalistica della persona (Meyer, 1997; Nolan, 2003). 3.3. L’intelligenza naturalistica può essere sostenuta dai due costrutti della biofilia Gli effetti positivi sulla capacità di attenzione (percezione di rigenerazio- ne) e il sentimento di affiliazione (connessione con la Natura) alla base della relazione tra esseri umani e Natura, possono essere un solido punto di par- tenza per educare l’intelligenza naturalistica. Lo psicologo Howard Gardner dell’Università di Harvard ha definito l’intelligenza naturalistica, come l’abilità “a riconoscere la flora e la fauna, a produrre altre distinzioni consequenziali nel mondo naturale, e usare questa abilità in maniera efficiente” (Gardner, 1995). Originariamente l’intelligenza naturalistica non era stata inserita nell’elenco delle sette forme di intelligenza descritte da Gardner nella sua teoria delle in- telligenze multiple (TMI, Theory of Multiple Intelligences; Gardner, 1983). L’in- telligenza naturalistica è piuttosto elusiva e sono occorsi ben sedici anni prima che venisse riconosciuta come l’ottava forma di intelligenza (Gardner, 1999). Sebbene l’intelligenza naturalistica consista della capacità cognitiva di proces- sare informazioni e produrre conoscenza ambientale senza includere capacità emotive (Gardner e Moran, 2006), Gardner deve ammettere che nella “esibizio- ne di ciò che Wilson ha chiamato «biofilia», l’individuo dotato di intelligenza naturalistica è a suo agio nel mondo degli organismi viventi e possiede il talen- to di prendersi cura, di addomesticare, o interagire sottilmente con varie crea- ture viventi” (Gardner, 1999). La capacità di “prendersi cura” e di “interagire sottilmente” sono manifestazioni di consapevolezza di un legame affettivo ed emotivo con la Natura che corrisponde alla connessione con la Natura. Fonda- mentalmente, l’intelligenza naturalistica dipende quindi dalla connessione con la Natura. L’intelligenza naturalistica include abilità che vanno oltre le attivi- tà previste nell’ambito dell’educazione ambientale “occidentale” (confrontare, (6) Con “refueling in flight” gli autori si riferiscono al fatto che è possibile rifornire ov- vero rigenerare gli studenti proprio durante lo svolgimento di un’attività che causa dispendio di energia.
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 43 scrivere, usare i cinque sensi, fare attenzione ai dettagli, guardare più da vicino, trovare strutture e disegni, fare domande) fino a comprendere una sensibilità tipica delle culture “native americane” (inventare storie, ascoltare il paesaggio, farsi sentire dalla Natura, parlare alla Terra, sentirsi radicati, dare qualcosa in cambio alla Terra dopo che si è preso qualcosa, reciprocità, chiedere permesso alla Terra, fare arte, rituali, cerimonie; si veda: Quadro 3.1). Quadro 3.1 Clifford E. Knapp (2013) esperto di educazione ambientale all’aperto (outdoor e place-based educa- tion) e appassionato della cultura Nativo-Americana fornisce un dettagliato elenco delle attività che secondo lui possono aiutare adulti e bambini a sviluppare una sensibilità particolare nei confronti della Natura, quella sensibilità alla base dell’intelligenza naturalistica. Le attività si possono svolgere da soli, in coppia o in piccoli gruppi. Vi proponiamo l’elenco leggermente rivisitato e accorciato nei suoi punti. 1 – Scegliere un elemento naturale. Andate in un luogo naturale e scegliete un albero, una roccia, un animale o qualsiasi altro elemento naturale e esaminatelo con attenzione. Guardatelo dai quattro punti cardinali e se potete anche dal basso verso l’altro. In che modo cambiare prospettiva cambia ciò che vedete? 2 – Cambiare posizione. Seguite il suggerimento di Henry D. Thoureau (1817-1862): adottate la pro- spettiva di un insetto. Cominciate adagiandovi sull’erba e poi provate a seguirne uno. Che cosa vedete da quella posizione? 3 – Capire se stessi. Recatevi in un posto naturale che considerate speciale, state lì seduti da soli per un po’ e scrivete un paragrafo sulla vostra esperienza. Stare in quel luogo vi aiuta a capire meglio chi siete? 4 – Raccontare storie. I nativi americani sono “ancorati spazialmente” o “centrati” in un luogo spe- cifico; nella tribù dei Yurok tradizionalmente le storie sui luoghi vengono raccontate per insegnare storie di vita. Scegliete un luogo e inventate una storia “di vita” legata a quel luogo e poi raccontatela a qualcuno. In che modo le storie sui luoghi possono insegnare delle lezioni? 5 – Dare un nome. Pensate a una breve descrizione (per es. di fatti accaduti lì) o anche una frase per richiamare un luogo. Poi proponetela a qualcuno per vedere se indovina di che luogo si tratta. Poi chiedetegli se è a conoscenza di altri nomi per descrivere lo stesso luogo. 6 – Dare un nome a piante e animali. Provate a descrivere piante e fiori come se fosse la prima volta che li vedete focalizzandovi sulle loro caratteristiche fisiche o comportamentali. Siete a conoscenza di nomi di piante e/o animali che descrivono esattamente le loro caratteristiche fisiche o il loro com- portamento? 7 – Confrontare. Trovate similitudine e metafore per alcuni degli elementi naturali del luogo in cui vi trovate. Questo esercizio vi ha aiutato a comprendere meglio le cose o a vederle in modo diverso? 8 – Osservare, usare, comunicare. Alcuni scienziati ritengono che le persone interagiscono con il paesaggio in tre modi: 1 – osservando cosa succede lì, 2 – usandolo (talvolta apportando dei cam- biamenti), 3 – comunicando agli altri quanto visto e fatto. In coppia o in piccolo gruppo scegliete un paesaggio e dividetevi i compiti, svolgete il vostro compito e valutate se gli altri membri del gruppo hanno svolto bene il loro. 9 – Ascoltare il paesaggio. Imparate ad ascoltate il linguaggio della Natura; cosa vi sta dicendo il pa- esaggio in cui vi trovate? E se il paesaggio fosse in grado di fare qualcosa, che cosa farebbe secondo voi? 10 – Ascoltare l’acqua. Sedetevi vicino a un corso d’acqua e ascoltate con attenzione se il movimento dell’acqua evoca delle parole. Che cosa dice l’acqua? (segue)
44 Parte I – I fondamenti degli IAA 11 – Sentire e essere sentiti. Avvicinatevi ad un albero e toccatelo gentilmente. Provate a sentire l’al- bero attraverso il tatto, trattatelo con rispetto, gentilezza e riverenza; ascoltatelo e cercate di imparare da lui. Avete mai pensato se anche gli elementi naturali hanno un’anima o uno spirito? 12 – Parlare alla Natura. Cercate una roccia e parlatele. Che cosa avete scelto di raccontarle? La roccia ha “parlato” a sua volta? Che cosa vi ha detto? 13 – Stare nel presente. Chiudete gli occhi e provate a lasciarvi alle spalle il passato (per es. cosa è successo subito prima o ieri) e il futuro (per es. cosa dovrete fare dopo o domani), focalizzatevi solo sul momento presente e sul luogo in cui vi trovate. 14 – Prestare attenzione. Prestate attenzione all’ambiente circostante usando più sensi che potete contemporaneamente, senza pensare a quale senso prevale. Adesso invece provate a usare i sensi separatamente. In che modo è più facile prestare attenzione, sentire l’ambiente circostante? 15 – Sentirsi radicati. Leggete la storia di un luogo – dove solitamente vi recate – che vi aiuti a sentirvi radicati, legati a quel luogo. In che modo aver letto la storia vi aiuta a vivere in maniera più profonda il luogo? 16 – Toccare la Terra. Andate in un luogo naturale e toglietevi scarpe e calzini. Dopo esservi assicurati che non ci siano oggetti taglienti o acuminati toccate il terreno con le mani. Adesso fate lo stesso da bendati. Descrivete cosa provate toccando la Terra nei due modi. Sentite il potere della Terra che vi sostiene? 17 – Fare domande. Andate in un luogo naturale e pensate ad alcune domande da fare agli altri che potrebbero aiutarli a sviluppare una comprensione più profonda del luogo. Provate anche voi a ri- spondere alle vostre domande; funziona? 18 – Ingrandire il mondo. Esplorate un ambiente naturale usando una lente di ingrandimento. Che scoperte nuove avete fatto? 19 – Usare avverbi, aggettivi e verbi. Osservate l’acqua che si muove o altri movimenti in Natura (per es. alberi mossi dal vento, nuvole che si muovono nel cielo, api che succhiano il nettare, ecc.) e fate una lista di verbi, avverbi e aggettivi per descrivere il loro movimento. In che modo questo esercizio allarga la vostra consapevolezza dello spazio? 20 – Impegnarsi a prendersi cura della Terra. Mettete per iscritto un impegno, una sorta di patto di fedeltà, nei confronti di un luogo naturale. 21 – Individuare strutture. Provate a individuare strutture, disegni e tessiture in Natura. Quante strut- ture diverse avete trovato? 22 – Ricambiare. Scegliete una pianta importante per voi e offritela alla Terra come segno di ringrazia- mento e benedizione. Alcuni nativi americani offrono tabacco, salvia, cedro, erbe aromatiche, farina di mais, per mostrare gratitudine. “Ridare” qualcosa alla Terra vi aiuta a sentirvi più riconoscenti? 23 – Chiedere permesso. Quando raccogliete bacche, frutta o piante edibili come cibo o sotto forma di tisane, chiedete prima il permesso alla pianta, e dopo aver raccolto dalla pianta i suoi frutti mostra- tele in qualche modo la vostra gratitudine. In che modo chiedere il permesso cambia il vostro modo di raccoglierne i frutti? 24 – Muoversi verso la Natura. Muovetevi attraverso un ambiente naturale nel modo che secondo voi dovrebbe consentirvi di avere un’esperienza completa del luogo. Dopo averlo fatto spiegate a qualcuno perché avete deciso di muovervi proprio in quel modo e come è cambiata la vostra visione del luogo dopo questa esperienza. 25 – Riconoscere le relazioni. Guardatevi intorno e elencate i modi in cui vi sentite in relazione con quel luogo naturale. Poi elencate le relazioni esistenti tra gli elementi naturali presenti in quel luogo. In che modo individuare le relazioni tra voi e il luogo e tra i suoi elementi vi permette di valutare meglio il luogo? Gardner sottolinea che le “biografie di biologi documentano continua- mente di una fascinazione precoce con piante e animali” (Gardner, 1999, il cor- sivo è nostro). Sebbene non ci siano prove nella letteratura scientifica di un legame tra percezione di rigenerazione e intelligenza naturalistica, le biogra-
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 45 fie dei biologi e dei naturalisti mostrano che ciò che Gardner chiama “fasci- nazione precoce” è cruciale per lo sviluppo dell’intelligenza naturalistica. Le biografie di famosi naturalisti – come, ad esempio, Rachel Carson (1962) o lo stesso E.O. Wilson (1994) – testimoniano di una fascinazione precoce che in età adulta rafforza l’interesse ambientale e ne motiva il comportamento pro- ambientale. È un dato di fatto che le persone non mettono in atto abbastanza compor- tamenti pro-ambientali e spiegare la lacuna tra interesse ambientale e compor- tamento pro-ambientale rimane una sfida per la ricerca. Però se consideriamo il legame affettivo con la Natura (connectedness to Nature) un predittore impor- tante delle intenzioni di proteggere l’ambiente naturale, il comportamento pro- ambientale potrebbe dipendere dalla promozione di atteggiamenti positivi non verso l’ambiente in generale, ma verso quei benefici psicologici associati solo ed esclusivamente all’esposizione alla Natura e alle sue qualità rigenerative. La percezione del valore rigenerativo della Natura potrebbe determinare un atteggiamento positivo verso la Natura stessa e funzionare da attivatore per il comportamento pro-ambientale alimentando a sua volta la connessione con la Natura (Berto e Pasini, 2017; Berto e Barbiero, 2017a; Barbiero e Berto, 2018). A questo proposito, recentemente abbiamo proposto un modello che mette in relazione le diverse componenti che ruotano intorno all’intelligenza naturali- stica e che alla fine determinano il comportamento pro-ambientale, una delle manifestazioni del nostro rapporto Uomo-Natura. Il modello (Figura 3.1) mo- stra il ruolo che la percezione di rigenerazione, la connessione con la Natu- ra e l’intelligenza naturalistica giocano sull’interesse per il mondo naturale e concretamente sul comportamento pro-ambientale (Barbiero e Berto, 2018). In sintesi, stimolare il senso di connessione con la Natura di bambini e adulti è un passo importante perché ha un effetto sia sulla percezione del valore rigene- rativo della Natura, sia sul comportamento di cura per l’ambiente naturale e salvaguardia delle sue specie animali e vegetali. In pratica le persone che hanno maggiore esperienza con il mondo naturale hanno anche un legame affettivo più forte con lo stesso, ne apprezzano di più gli effetti rigenerativi (Berto et al., 2018) e tentano di preservarlo (Berto e Barbiero, 2017).
46 Parte I – I fondamenti degli IAA Capitolo 3 Figura 3.1 – Modello teorico dove i due costrutti della biofilia – fascinazione (corrispondente alla per- cezione di rigenerazione) e affiliazione (corrispondente alla connessione con la Natura) – sono posti in relazione con l’intelligenza naturalistica, l’interesse ambientale e il comportamento pro-ambientale. Le lettere lungo le frecce forniscono l’indicazione per la lettura della bibliografia a margine Fonte: adattato da Barbiero e Berto, 2018 Spesso però i programmi scolastici di educazione ambientale allontanano i bambini dalla Natura perché presentano loro un ambiente naturale degrada- to e senza speranza. Per quale ragione un bambino dovrebbe sviluppare un legame affettivo verso un ambiente di questo tipo che non asseconda la sua naturale tendenza biofilica a connettersi con il mondo naturale? Chi ha svilup- pato un impegno attivo in difesa della Natura ha avuto un’infanzia con molte ore trascorse all’aperto in un luogo naturale e un adulto che gli ha insegnato il rispetto per la Natura (Chawla, 1998, 1999). Nessun ambientalista spiega il suo interesse-legame con la Natura come una reazione all’esposizione ad un brutto ambiente, a una situazione di degrado o addirittura di minaccia durante l’in- fanzia, ovvero stimoli che inducono risposte biofobiche. È probabile che serva- no a poco i programmi sulla conservazione di ecosistemi lontani (per esempio: la foresta pluviale o i ghiacci dell’artico), o su come evitare la scomparsa di specie protette mai viste realmente dal bambino (per esempio: le balene, i rino- ceronti). Al bambino servono opportunità di stare nella Natura con un adulto responsabile che lo guidi (Sobel, 1990; si veda Quadro 3.2).
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 47 Quadro 3.2 Nell’ambito dei programmi di educazione ambientale all’aperto, Joseph Cornell (1998) ripensa il ruolo dell’insegnante/educatore in questo modo: 1 – Deve insegnare meno e condividere di più; 2 – Deve essere ricettivo, aperto alla stimolazione ambientale; 3 – Deve trovare il modo di catturare subito l’attenzione di chi lo ascolta; 4 – Deve osservare e sperimentare per primo, per spiegare avrà tempo; 5 – Le sue esperienze a contatto con l’ambiente naturale devono sempre essere permeate da un senso di gioia. 1.4 La qualità biofilica dell’ambiente per sostenere il rapporto uomo-natura Lo sviluppo dell’intelligenza naturalistica nei bambini e il suo manteni- mento negli adulti richiedono un contesto adeguato, esattamente come per tutte le altre forme di intelligenza. Il contesto dell’intelligenza naturalistica è ovviamente l’ambiente naturale. Va da sé che il ruolo principale nello stimo- lare questo tipo di intelligenza è giocato dalle caratteristiche dell’ambiente, in particolare dalla sua qualità biofilica. Il concetto di qualità biofilica è di re- cente formulazione e corrisponde approssimativamente ad una valutazione complessiva di tutte quelle caratteristiche fisiche, estetiche e funzionali di un ambiente che, da un punto di vista evoluzionistico, contribuiscono a rendere l’ambiente “oggettivamente” rigenerativo, superando perciò la visione sog- gettiva di “percezione” di rigenerazione (Berto e Barbiero, 2017b). La qualità biofilica di un ambiente dipende quindi da tutti quegli aspetti che sono in relazione con i fattori rigenerativi descritti nella teoria della rigenerazione dell’attenzione (vedi nota 3; Kaplan, 1995), ma li integra in una prospettiva evoluzionistica. Per evidenziare il carattere empirico della qualità biofilica, Berto e coll. (2018) hanno studiato il comportamento dei visitatori di quattro parchi a cui sono stati assegnati due differenti livelli di qualità biofilica7: due con qualità biofilica alta (il parco naturale dell’Alpe Devero e il parco nazionale della Val Grande) e due con qualità biofilica bassa (il Parco di Trenno a Milano e il parco naturale lombardo del Ticino). Per ciascun parco, è stata verificata la relazione tra percezione di rigenerazione e connessione con la Natura dei visitatori, e poi messe in relazione con la qualità biofilica del parco. Quando (7) Oggi la qualità biofilica di una ambiente può essere valutata con l’Indicatore di Qua- lità Biofilica (Biophilic Quality Index – BQI; per maggiori dettagli si veda Berto e Barbiero, 2017b) ma all’epoca della progettazione dello studio sperimentale il BQI non era ancora di- sponibile.
48 Parte I – I fondamenti degli IAA il parco era caratterizzato da un valore basso di qualità biofilica (il Parco di Trenno e il parco naturale lombardo del Ticino) e il visitatore aveva un basso livello di connessione con la Natura, il parco era percepito come altamente rigenerativo. In questo caso, il visitatore percepisce solo gli aspetti più gros- solani dell’ambiente, corrispondenti a quelli che meglio incontrano le sue aspettative circa l’ambiente. Quando invece il visitatore ha un alto livello di connessione con la Natura, lo stesso ambiente con un basso valore di qualità biofilica era percepito come meno rigenerativo. Solo quando il parco era ca- ratterizzato da un alto valore di qualità biofilica (il parco naturale dell’Alpe Devero o il parco nazionale della Val Grande), i visitatori che hanno un’alta connessione con la Natura percepiscono l’alto potenziale rigenerativo del parco. La relazione tra le caratteristiche fisiche-estetiche-funzionali del par- co (qualità biofilica) e il livello di connessione con la Natura del visitatore (misura di tratto) permette di fare previsioni circa la percezione di rigene- razione (misura di stato) che il luogo può offrire (Figura 2; per maggiori dettagli si veda: Berto e coll., 2018).
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 49 Figura 3.2 – Il modello di Berto e coll. (2018); la relazione tra la variabile in ascissa (la qualità biofilica), quella in ordinata (connessione con la Natura) e la loro risultante lineare (percezione di rigenerazione) è già stata descritta nel testo. Per una più facile comprensione del modello suggeriamo di sostituire l’e- sperienza con l’ambiente naturale con quella con il vino; in questo caso “connessione con la Natura” corrisponde alla conoscenza che abbiamo del vino, “qualità biofilica” alle caratteristiche organolettiche del vino e “percezione di rigenerazione” corrisponde alla capacità di percepire la bontà del vino. Solo chi ha una un’elevata conoscenza del vino (per esempio, un sommelier) è in grado di percepirne la “re- ale” bontà perché è in grado di discriminarne le caratteristiche organolettiche in maniera corretta. Chi ha scarsa conoscenza del vino percepisce come buoni anche vini dalle caratteristiche mediocri. Ci te- niamo a precisare, anche se siamo convinti che ormai al lettore sarà chiaro, che l’esperienza con la Na- tura – a differenza del vino – non deriva solo da esperienze precedenti ma anche da una predisposizio- ne genetica, componente che nell’incontro con il vino potrebbe mancare. Fonte: adattato da Berto e coll., 2018. Questi risultati sperimentali ci hanno permesso di riflettere sul ruolo che può giocare la qualità biofilica di un ambiente sul mantenimento del legame Uomo-Natura e sullo sviluppo dell’intelligenza naturalistica (Barbiero e Berto, 2018). I comportamenti pro-ambientali emergono dall’abilità di raccogliere infor- mazioni dall’ambiente e di usarle in modo corretto ed efficace per affrontare le problematiche ambientali. Tuttavia, non basta possedere una buona conoscenza ambientale per manifestare comportamenti pro-ambientali. Una volta il celebre biologo americano Stephen Gould scrisse: “noi non possiamo vincere la battaglia per salvare le specie e gli habitat naturali senza stabilire un legame tra noi stessi e la Natura – perché noi non ci batteremo per salvare qualcosa che non amiamo”
50 Parte I – I fondamenti degli IAA (Gould, 1993). La biofilia è esattamente il nostro legame emotivo con la Natura ed essendo innata nell’essere umano essa può essere ragionevolmente considera- ta il punto di partenza più solido per sviluppare l’intelligenza naturalistica. Ciò nondimeno, la biofilia ha bisogno di essere stimolata adeguatamente per nutrire la fascinazione e l’affiliazione con la Natura (Berto e Barbiero, 2017a). Come per i visitatori che si recano nel parco che meglio soddisfa le loro esigenze di rigenera- zione e il loro senso di connessione con la Natura, i bambini hanno bisogno di un ambiente quotidiano dove fascinazione (percezione di rigenerazione) e affiliazio- ne (connessione con la Natura) siano continuativamente stimolate. Questo può avvenire se l’ambiente fisico è progettato secondo i criteri della progettazione biofi- lica (biophilic design; Berto e Barbiero, 2017b). La progettazione biofilica realizza ambienti interni che richiamino il più possibile – nelle forme, nei colori, nelle tessiture, nelle proporzioni – l’ambiente naturale reale. Noi sappiamo che l’am- biente naturale è altamente rigenerativo, cioè favorisce la rigenerazione dell’at- tenzione dopo uno sforzo intenso e prolungato (Berto, 2005). Di conseguenza la progettazione biofilica potrebbe trovare un’importante applicazione proprio nei luoghi dove i bambini (ma anche adulti e anziani) sono chiamati a svolgere com- piti cognitivi per parecchie ore al giorno. Ad esempio, noi siamo convinti che le aule scolastiche si possono progettare rispondendo al bisogno di rigenerazione dei bambini e assecondando il legame biofilico Uomo-Natura che è la principale fonte di benessere e rigenerazione psicofisiologica nell’Uomo. A questo proposi- to, nel 2017 è stata realizzata nel comune di Gressoney-La-Trinité (Aosta) la pri- ma scuola biofilica in Italia, dove è attualmente in corso un programma di osser- vazione dei suoi effetti sull’attività didattica. I primi risultati sono incoraggianti; le caratteristiche fisiche dell’ambiente hanno un effetto rigenerativo nei bambini che prestano maggiore attenzione all’insegnante e ai compiti da svolgere. Paralle- lamente le insegnanti si sentono incoraggiate a sviluppare un programma didat- tico più profondo ed efficace perché notano nei bambini maggiore disponibilità all’ascolto. La stessa attenzione alle caratteristiche dell’ambiente fisico può essere riservata anche a contesti diversi da quello scolastico, dove gli occupanti hanno comunque bisogno di rigenerarsi da attività cognitivamente e fisicamente impe- gnative, come per esempio i luoghi di cura, di riabilitazione, di lavoro. 3.5. Conclusioni In questo capitolo è stato presentato un tipo particolare di intelligenza – l’in- telligenza naturalistica – mettendo in evidenza come i costrutti della biofilia di fatto ne costituiscano il substrato filogenetico. Dal nostro punto di vista, la biofi- lia – come eredità evoluzionistica – e l’intelligenza naturalistica – come obiettivo potenziale dell’educazione – possono essere considerate i due poli di un percorso
3. Il modello “biofilia-intelligenza naturalistica” 51 dove il rapporto Uomo-Natura deve essere continuamente alimentato (Barbiero, 2009; 2014). Il modello che abbiamo qui proposto offre una cornice concettuale per l’educazione di bambini e adulti che rispetta le regole di apprendimento nel loro approccio con l’ambiente, favorendo la percezione di rigenerazione e la con- nessione con la Natura, che sono costrutti psicologici misurabili8. Ed è proprio la misurabilità dei due costrutti che rende il modello ”biofilia-intelligenza na- turalistica” il più scientificamente adatto ad una progettazione di interventi che utilizzano la Natura nei suoi diversi elementi, permettendo all’operatore – sia esso educatore o terapeuta – di pianificare un programma ex-ante e di valutarne obiettivamente gli effetti ex-post (Barbiero e coll., 2017), anche nell’ambito degli IAA. Aiutare bambini e adulti a rendere più fine la loro sensibilità per il mondo naturale genera uno spettro più ampio di emozioni positive (Barbiero e Marcona- to, 2016) che aumentano i benefici derivanti da qualsiasi forma di contatto Uomo- Natura in termini di benessere psicofisico. (8) La percezione di rigenerazione e la connessione con la Natura sono costrutti misu- rabili (a questo proposito si veda la nota 2) mediante, rispettivamente, la Perceived Restorati- veness Scale (PRS, Hartig e coll., 1997; PRS-11, Pasini e coll., 2014; PRS-children, Berto, Pasini e Barbiero, 2015) e la Connectedness to Nature Scale (CNS, Mayer e McPherson Frantz, 2004; CNS- children, Berto, Pasini e Barbiero, 2015).
Puoi anche leggere