Ingegneria borbonica, storia della Napoli-Portici e delle prime case antisismiche
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Ingegneria borbonica, storia della Napoli-Portici e delle prime case antisismiche Dal 23 marzo al 10 giugno 2019 è possibile ammirare a Napoli una mostra dedicata alla ferrovia Napoli-Portici, la prima linea ferroviaria costruita in Italia e realizzata dall’ingegnere Armand Joseph Bayard de la Vingtrie. La mostra alla Galleria Borbonica, dal titolo Il sogno di Bayard, racconta tramite un percorso espositivo la nascita della storica strada di ferro che da Napoli e Portici raggiungeva la città di Nocera, toccando anche Castellammare. Un viaggio tra le immagini Il viaggio espositivo prevede 5 sezioni, ognuna delle quali ripercorre una parte fondamentale del progetto e racconta la complessità della realizzazione di un’opera così ambiziosa per l’epoca. La mostra è dedicata non solo al racconto della linea, ma anche alle stazioni ferroviarie che attraversava, ai ponti e ai viadotti che furono realizzati, alle carrozze, ai binari e agli scambi utilizzati per questo progetto. L’esposizione, inaugurata a febbraio 2018 a Pietrasanta, contiene anche le riproduzioni dei disegni originali custoditi presso l’Ecole Nationale des Ponts et Chaussees di Parigi. Quest’opera fu una delle tante volute dalla potente famiglia dei Borbone, allora a capo del Regno delle Due Sicilie. Questa casa regnante ha avuto una forte influenza su tutto il Sud Italia specialmente nel campo delle costruzioni, incentivando la realizzazione di infrastrutture, opere pubbliche e edifici monumentali, ma anche regolarizzando le tecniche costruttive. Fu proprio nel Regno delle Due Sicilie infatti che si formò la più antica scuola civile di ingegneria italiana, la “Scuola di Ponti e Strade”, nel 1811.
Breve storia della linea Napoli- Portici Nei primi anni del 1800 il Regno delle due Sicilie era lo Stato Italiano più moderno e aperto al progresso di tutta la penisola. Per questo l’ingegnere francese Armand Bayard si rivolse al ministro di Ferdinando II proponendogli la costruzione della prima linea ferroviaria in Italia. Un progetto tanto ambizioso che attirò subito l’attenzione del Re, spinto soprattutto dalle richieste vantaggiose dell’ingegnere, che avrebbe costruito la strada a proprie spese in cambio della concessione della gestione per 99 anni. Il Re accettò la proposta emanando tre decreti tra il 1836 e il 1839, nei quali si sanciva il diritto di proprietà dello stato dopo 80 anni, che avrebbe poi stabilito le tariffe dei prezzi per viaggiatori e merci. I lavori de “Le chemin de fer” iniziarono l’8 agosto 1838 e terminarono con una inaugurazione solenne il 3 ottobre 1839: la linea era a doppio binario e aveva una lunghezza di 7,25 km. Il tracciato aveva una pendenza massima del 2 per mille e un raggio di curvatura compreso tra i 1300 e i 1400 metri. La ferrovia partiva da Napoli, dalla prima stazione della città ormai non più esistente ma di cui rimangono alcuni resti in Corso Garibaldi, attraversava le paludi napoletane fino a giungere nei pressi della spiaggia di Portici. Lungo la linea furono costruiti 33 ponti, il più importante dei quali, il “Ponte dei Francesi“, fu il primo ponte ferroviario in Italia, realizzato per evitare l’attraversamento della ferrovia con la statale Tirrenia. Si tratta di un ponte a doppio arco in muratura, come la maggior parte dei ponti dell’epoca; in totale sulla linea furono utilizzati 2958 metri di mura di sostegno e 541 metri di ringhiere di ferro.
Lo storico viaggio Napoli-Portici Il viaggio di inaugurazione durò 9 minuti e mezzo e si concluse tra l’entusiasmo generale; nei mesi successivi ben 85.759 passeggeri usufruirono della ferrovia. La linea Napoli- Portici fu poi estesa fino a Torre del Greco nel 1840, a Castellammare di Stabia nel 1842 e infine a Nocera nel 1844 e fu utilizzata principalmente come trasporto passeggeri, specialmente lavoratori e artigiani che si recavano a Napoli per lavoro, ma anche come trasporto di derrate alimentari provenienti dalla zona Nocerino-Sarnese. Spinto dal successo della ferrovia e dalla fama che si diffuse per la penisola, Ferdinando II concesse in appalto all’ingegner Bayard la costruzione del prolungamento della linea fino ad Avellino, che nell’ottica lungimirante del Re doveva allacciarsi da un lato con la linea Adriatica Bari-Brindisi-Lecce, dall’altro con quella Ionica verso Taranto e la Basilicata fino alla Calabria. Con l’unità d’Italia però il progetto di Ferdinando II di realizzare una rete ferroviaria che connettesse il Tirreno con l’Adriatico fu abbandonata e mai più realizzata, lasciando il Sud Italia spaccato in due ancora oggi. I macchinari e i materiali utilizzati dalla prima ferrovia d’Italia furono spostati al Nord e utilizzati sugli 866 km di ferrovie realizzati negli anni successivi in Piemonte, mentre i soldi destinati ai progetti di Ferdinando II entrarono nelle casse del Regno d’Italia per tappare il debito pubblico causato dai lavori delle ferrovie nel Nord Italia. Oggi il percorso originale dei binari della Napoli-Portici non è più visibile a causa dello spostamento della stazione di Napoli Centrale e dei successivi inglobamenti della linea, ma questo progetto rimarrà sempre nell’immaginario collettivo e la mostra aiuterà a ricordarlo. L’ingegneria borbonica per
costruire case antisismiche La famiglia dei Borboni ha avuto un grande apporto non solo per la realizzazione delle prime grandi opere infrastrutturali, ma anche per lo sviluppo e la diffusione di tecniche edilizie che ancora oggi possiamo considerare all’avanguardia. Infatti il primo “regolamento sulle costruzioni” in Europa, che oggi possiamo paragonare alle nostre NTC, fu imposto proprio dai Borboni nel 1783 subito dopo il catastrofico terremoto che distrusse gran parte della Calabria e che causò circa 30.000 vittime. Le prime norme antisismiche borboniche raccomandavano l’utilizzo di una rete di legno all’interno della parete muraria. Questo sistema costruttivo si dimostrò altamente efficace durante gli eventi sismici che si verificarono nuovamente in Calabria, nel 1905 e nel 1908, e che ebbero una magnitudo di 6.9 sulla scala Richter: non si registrano infatti danni significativi agli edifici e comunque nessun crollo totale. Un esempio dell’efficacia di questo sistema costruttivo è il Palazzo del Vescovo di Mileto, ricostruito dopo il 1783 seguendo gli accorgimenti dei Borboni e ancora oggi in piedi dopo 200 anni. Il palazzo ha resistito anche al terribile terremoto di Reggio Calabria e Messina del 1908 che distrusse completamente le due città.
Figura 1 – Facciata del Palazzo del Vescovo di MIleto. PH: ivalsa.cnr.it Per scoprire i segreti di questa tecnica e testarne l’effettiva efficacia, nel 2013 l’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ivalsa) insieme con l’Università della Calabria ha riprodotto in laboratorio una parete del Palazzo del Vescovo di Mileto in scala 1:1. La parete, larga circa 2 metri e alta 3, è realizzata in muratura portante rinforzata da un’intelaiatura in castagno calabrese e presenta un’apertura esattamente al centro. Questa parete è stata sottoposta ad una serie di prove quasi statiche cicliche in laboratorio per testarne le prestazioni meccaniche, in particolare sono stati imposti una serie di spostamenti alternati nelle due direzioni al fine di riprodurre l’azione sismica.
Figura 2 – La parete in scala 1:1 sottoposta al test. PH: ivalsa.cnr.it La parete ha evidenziato un ottimo comportamento antisismico ed una buona duttilità, garantita dall’intelaiatura lignea che assorbe le azioni orizzontali. Le aste e i nodi in legno sono rimasti quasi completamente integri, mentre si è evidenziata solamente qualche piccola espulsione di muratura. Questi test hanno dimostrato come un sistema costruttivo ideato a fine ‘700 sia ancora potenzialmente applicabile agli edifici moderni in muratura, garantendo stabilità e sicurezza. Seppur in Italia il materiale più utilizzato per le nuove costruzioni rimane il calcestruzzo armato, per alcune destinazioni d’uso, ad esempio quelle che richiedono edifici alti non più di 2
piani e regolari in pianta e in altezza, la muratura può ritornare ad essere un “materiale innovativo” grazie a queste tecniche di rinforzo. Figura 3 – PH: ivalsa.cnr.it
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