INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO ANNO 2020 - SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA

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INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO ANNO 2020 - SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA

       INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO
                 ANNO 2020

              Presidente Antonio CARUSO
INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO ANNO 2020 - SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
Introduzione

La Relazione della Sezione Giurisdizionale in merito alle attività svolte nell’anno 2019
avrebbe dovuto formare oggetto di presentazione ed illustrazione nell’ambito della
cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2020, programmata per il 13 marzo
scorso.
L’emergenza sanitaria COVID-19 determinatasi in Italia e, specialmente, nel territorio della
Lombardia, proprio nelle settimane antecedenti la data prevista per lo svolgimento
dell’udienza inaugurale per l’anno giudiziario 2020, ha reso necessario – in aderenza alle
prime disposizioni normative finalizzate al contenimento della diffusione del virus,
introdotte dal d.l. 23.2.2020 n. 6 e dal successivo d.p.c.m. del 24.2.2020, alle Linee Guida
interne per lo svolgimento delle attività giudiziarie della Corte dei conti per la Lombardia,
approvate il 24.2.2020 e alle Indicazioni Operative dirigenziali per il funzionamento degli
uffici ubicati a Milano, disposte il 25.2.2020 – il rinvio della Cerimonia Inaugurale a data da
destinarsi (provvedimento in data 26.2.2020).
Allo scopo di assicurare la pubblicità della Relazione e dei dati riepilogativi delle attività
giurisdizionali definite nell’anno giudiziario 2019 in essa contenuti, si procederà comunque
alla sua pubblicazione nel sito istituzionale della Corte dei conti.
Nel corso di questi ultimi mesi, le attività della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti
per la Lombardia hanno inevitabilmente subito un rallentamento funzionale. La repentina
espansione dell’epidemia, soprattutto in questa Regione, e le gravissime conseguenze
sanitarie che sono apparse, già nell’immediatezza, di straordinaria consistenza, hanno reso
infatti necessario apprestare misure drastiche di contenimento, che si sono inevitabilmente
tradotte nella limitazione delle attività processuali.
Ad un primo circoscritto intervento (art. 10, comma 15, d.l. n. 9/2020 che si limitava a
disporre il rinvio d’ufficio delle udienze, unitamente alle adunanze della Sezione Regionale
del controllo e alle attività preprocessuali della Procura Regionale “….concernenti persone
fisiche o giuridiche aventi residenza o sede legale nei comuni di cui all'allegato 1 al decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020…” – trattavasi, per la Lombardia, dei
comuni del Lodigiano inseriti nella prima “zona rossa” creata per isolare la diffusione
dell’epidemia) è seguita – proprio in ragione del progressivo aggravarsi del quadro
epidemiologico nell’intera Regione Lombardia (che a seguito dell’adozione del d.p.c.m.
dell’8.3.2020 veniva dichiarata “zona rossa” nella sua interezza) e nel resto d’Italia –
l’adozione di misure più stringenti. Con il d.l. 17.3.2020, n. 18, è stata infatti prevista, in
generale, l’adozione di misure da parte dei vertici istituzionali degli uffici territoriali e
centrali finalizzate ad “…evitare assembramenti all’interno degli uffici e contatti ravvicinati tra le
persone”, e tra queste, in particolare, la limitazione dell'accesso agli uffici, l'adozione di linee
guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze o delle adunanze mediante
collegamenti da remoto, ovvero il rinvio d'ufficio delle udienze e delle adunanze a data
successiva al 30 giugno 2020 (data successivamente prorogata al 31 luglio 2020 dall’art. 5,
comma 1, lett. a del d.l. 30.4.2020, n. 28), salvo che per le cause rispetto alle quali la ritardata
trattazione avrebbe potuto produrre grave pregiudizio alle parti.
Nel corso dell’emergenza e, segnatamente dal 22.3.2020 sino al 30.4.2020 (Linee Guida
interne del 22.3.2020 e del 14.4.2020), le attività degli uffici della Corte dei conti di Milano
sono state limitate a quelle strumentali alla emissione di provvedimenti cautelari ed urgenti
ed è stato creato un presidio comune per i servizi minimi. L’allentamento delle misure di
contenimento del coronavirus COVID-19, disposto con d.p.c.m. del 26.4.2020, a cui è seguita
la circolare del Segretario Generale n. 20 del 28.4.2020, ha consentito di riprendere, nel
rispetto delle specifiche misure di prevenzione disciplinate con apposito provvedimento
dirigenziale, le attività nella sede ai magistrati e ai dipendenti.
Le udienze dibattimentali collegiali già fissate sino alla data del 31.7.2020 sono state rinviate
d’ufficio, tramite decreti presidenziali, ad una data successiva.
Le udienze cautelari in camera di consiglio, tenuto conto dell’urgenza di una rapida
definizione, sono state trattate in modalità telematica con le formalità previste nell’art. 85,
comma 3, lett. e), d.l. 17.3.2020, n. 18, attuato con il Decreto del Presidente della Corte dei
conti n. 138 dell’1.4.2020 e con successivo Decreto presidenziale della Sezione
Giurisdizionale Regionale n. 130 del 6.4.2020.
Le udienze pensionistiche monocratiche sono state trattate con la specifica modalità
straordinariamente prevista sino al 31.7.2020, in deroga rispetto alle previsioni del Codice
di Giustizia Contabile, dell’art. 85, comma 5, d.l. n. 18/2020, segnatamente attraverso il
passaggio diretto della controversia in decisione senza dibattimento, sulla base degli atti
depositati (salva espressa richiesta di una delle parti di discussione orale) e la celebrazione
di una camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto, per il
coordinamento con il personale di segreteria.
I giudizi di conto e, in particolare, l’espletamento dell’attività istruttoria dei magistrati
relatori è proseguita tramite l’utilizzo delle modalità di trasmissione documentale in
modalità telematica. La ricezione della documentazione degli agenti contabili sulla
piattaforma informatica SIRECO è proseguita senza condizionamenti, fermo restando che il
rallentamento dell’ordinaria attività espletata presso le pubbliche amministrazioni ha
determinato una riduzione dei flussi documentali.
Nonostante le straordinarie limitazioni della funzionalità degli uffici, le attività
amministrative di registrazione degli affari contenziosi in arrivo, di pubblicazione dei
provvedimenti giurisdizionali (deve essere segnalato che è stata generalizzata, presso tutti
gli uffici giurisdizionali della Corte dei conti l’efficacia della sottoscrizione digitale delle
sentenze, delle ordinanze e dei decreti), di assegnazione dei giudizi e di fissazione delle
udienze sono regolarmente proseguite attraverso un efficace utilizzo della strumentazione
informatica e dello “Smart Working” di tutti i dipendenti della Sezione Giurisdizionale, ai
quali rivolgo il mio ringraziamento per la preziosa attività di supporto espletata con spirito
di servizio e con dedizione.
La contrazione della curva epidemiologica, invero non ancora tale da far ritenere
definitivamente imboccata la via d’uscita dall’emergenza, ha consentito un progressivo
ripristino delle attività economiche, amministrative e sociali. Con la dovuta gradualità e nel
rispetto delle misure di prevenzione, la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti
riprenderà il regolare ordinario funzionamento.
Il periodo appena trascorso è stato drammatico per la regione Lombardia, colpita più di
ogni altra regione italiana dall’epidemia e dai lutti che essa ha generato.
Il sistema sanitario lombardo è stato sottoposto ad uno stress inimmaginabile, che ha
segnato la vita dei tanti operatori impegnati sul campo, medici, infermieri e personale di
supporto.
L’auspicio è che l’esperienza acquisita - ancorché tragica ed intrisa di sofferenza ma allo
stesso tempo ricca di esempi di valore e di dedizione al dovere da parte di chi si è trovato a
dover fronteggiare in prima linea lo “tsunami” che si è abbattuto sulla nostra terra - possa
consentire il miglioramento del sistema e che in futuro la nostra società faccia tesoro del
dramma patito e possa trarne linfa per migliorare.
La Corte dei conti sarà chiamata a vigilare sul corretto impiego delle risorse finanziarie
pubbliche che saranno necessariamente destinate a sostenere la ripresa dell’economia. Sarà
necessaria molta attenzione e scrupolo operativo. Non potranno infatti essere tollerate, nel
futuro che ci aspetta, pratiche elusive della legalità da parte degli amministratori pubblici e
prevaricazioni nell’accesso alla contribuzione da parte dei privati destinatari del sostegno
finanziario, che è bene sempre ricordare, viene in ultima analisi alimentato dalla fiscalità
generale e, quindi, dalle risorse appartenenti a tutti.

   1. L’Attività della Sezione Giurisdizionale Regionale – Aspetti Organizzativi ed
       Indirizzi giurisprudenziali

       L’anno 2019 è stato, per questa Sezione, un anno di grande impegno e di notevole
complessità sotto il profilo dell’organizzazione e della funzionalità operativa.
       L’attività della Sezione giurisdizionale per la Lombardia si è concretizzata, per l’anno
2018, nello svolgimento di n. 78 udienze, di cui n. 27 in udienza pubblica e n. 51 in udienza
camerale, e nella pubblicazione di n. 150 sentenze nella materia della giurisdizione contabile
(comprendente giudizi di responsabilità in senso stretto, giudizi di conto e giudizi a istanza
di parte).
       L’importo complessivo delle condanne ammonta a € 60.105.002,67.
       La Procura regionale ha depositato n. 8 istanze di sequestro conservativo, per un
importo complessivo richiesto di € 10.199.131,59, rispetto ai quali risultano confermati
importi per complessivi € 1.832.848,65.
       Avverso i provvedimenti di conferma, revoca o modifica emessi dal giudice
designato, è stato proposto n. 1 reclami.
       Sono state richieste n. 31 trattazioni con il rito abbreviato di cui all’art. 130 del codice
di giustizia contabile per n. 25 giudizi.
       Gli atti di citazione depositati dalla Procura regionale nel corso del 2019 sono stati n.
103, con una giacenza finale, al 31 dicembre 2019, di n. 67 giudizi pendenti, già
calendarizzati, e che verranno discussi nel corso del 2020.
       Sono stati sostanzialmente confermati i criteri già adottati, e tuttora posti in essere,
seguiti presso la Sezione per la fissazione delle udienze, per la composizione dei collegi e
per la designazione dei relatori, quali già comunicati al Consiglio di Presidenza della Corte
dei conti relativamente alle pregresse annualità.
In particolare, al riguardo, è stato seguito il criterio cronologico di deposito dell’atto
introduttivo del giudizio e quello dell’anzianità di ruolo del relatore designato,
opportunamente temperati dalle esigenze di : a) accorpare, nei limiti del possibile, giudizi
analoghi nella medesima udienza; b) considerare, con sufficiente margine di rispetto, il
tempo necessario per le notificazioni degli atti in funzione del luogo ove realizzare tali
adempimenti e del numero dei destinatari; c) distribuire le varie materie dei giudizi tra i
magistrati in servizio; d) in caso di rinvio, riassegnare il fascicolo al magistrato che ne era
titolare; e) rispettare le norme in materia di incompatibilità del giudice, eventualmente da
applicare per singoli affari, anche nella sede cautelare.
         Nell’assegnazione di fascicoli relativi a giudizi di conferma, modifica o revoca di
provvedimenti presidenziali cautelari, nonché di reclamo, si è tenuto conto del criterio di
rotazione, quale già in atto, tra i magistrati, in modo da determinare un’equa ripartizione
del carico nel corso dell’anno, temperato dall’esigenza di conciliare la tempestività di
trattazione con il calendario delle udienze e con la partecipazione a queste dei singoli
magistrati.

      2. L’attività della Sezione Lombardia - Riflessioni sulle attuali patologie dell’azione
         amministrativa e sulle prospettive future di miglioramento.

         Nel corso del 2019 l’attività giurisdizionale della Sezione si è concentrata su
numerose e diversificate fattispecie di responsabilità amministrativa ed ha delibato
domande risarcitorie correlate a pregiudizi erariali imputabili, in una prima serie di casi,
alla negligenza ed imperizia gestionale riferibile agli apparati burocratici degli enti
coinvolti, in altre ipotesi, ancora purtroppo non infrequenti, al doloso sviamento dei poteri
pubblici attribuiti dall’ordinamento, che invece di essere esercitati per il perseguimento
delle finalità previste dalla legge, vengono utilizzati per ottenere benefici personali.
         Si rinvia alla sezione dedicata ai singoli pronunciamenti emessi nel corso dell’anno
per l’analisi delle fattispecie di responsabilità. In questa sede si svolgeranno, su un piano
più     generale,   alcune    riflessioni   sulle       patologie   riscontrate,   sulle   conseguenze
pregiudizievoli che la diffusione delle condotte devianti può cagionare alla pubblica
amministrazione       nel    suo   complesso        e    sugli   strumenti   attualmente     apprestati
dall’ordinamento per fronteggiarle e combatterle.
Come già evidenziato negli anni precedenti, deve anche quest’anno rimarcarsi che
risultano persistenti i fenomeni di corruzione negli uffici pubblici, da quelli di livello più
elevato, sia politico che di amministrazione generale, a quelli di livello inferiore, dove la
distorsione per finalità egoistiche delle funzioni e l’abuso dei poteri assume di regola minore
carico pregiudizievole diretto e, in caso di emersione, una compromissione limitata
dell’immagine dell’amministrazione interessata in ragione di un minore impatto mediatico.
Nondimeno proprio le vicende di corruzione che continuano ad essere intercettate
nell’ambito della gestione ordinaria dei procedimenti amministrativi più semplici devono
suscitare particolare preoccupazione ed allarme. La persistenza di tali vicende dimostra
infatti il radicamento ancora profondo della corruzione nel nostro Paese.
       Nella classifica dell’indice di percezione della corruzione stilata da “Trasparency
International” su una piattaforma di 180 Stati l’Italia si colloca, nell’anno 2019, al 51° posto.
Dall’anno 2012, quando è stata introdotta la c.d. Legge Anticorruzione (L. 6 novembre 2012,
n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella
pubblica amministrazione”) e i Decreti Legislativi da essa delegati (in particolare il D.Lgs. 14
marzo 2013, n. 33 in tema di “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli
obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni” e il D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39 in tema di “Disposizioni in materia di
inconferibilita' e incompatibilita' di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti
privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n.
190”), l’Italia, che era collocata al 72° posto, ha invero scalato 21 posizioni e guadagnato 10
punti nell’indice di percezione del fenomeno.
       Se è senz’altro vero che gli strumenti apprestati dall’ordinamento negli ultimi anni -
in particolare le nuove disposizioni legislative che hanno irrigidito il sistema sanzionatorio
penale, quelle che hanno imposto maggiore trasparenza gestionale e quelle che hanno
previsto nuove ed incisive forme di controllo sia interno, sia esterno sulle singole
amministrazioni pubbliche – hanno inaugurato un percorso indirizzato verso una presa di
coscienza, a tutti i livelli, del disvalore sociale della distorsione a fini diversi da quelli
istituzionali dei procedimenti amministrativi, è tuttavia ancora un dato di fatto ineludibile
che il percorso da compiere risulta ancora lungo e che i fatti corruttivi nella pubblica
amministrazione sono lungi dall’essere debellati.
Il pregiudizio che il nostro paese sopporta a causa del mancato sradicamento dei
fenomeni corruttivi è gravissimo. Esso non può essere semplicemente raccordato al dato
contabile che emerge a seguito della scoperta degli illeciti e delle conseguenti attività
istruttorie destinate a delinearne il perimetro e a perseguirli, ma coinvolge l’intero sistema,
che ha risentito in passato e risente tuttora di una percezione di inaffidabilità
dell’amministrazione pubblica, da cui deriva inevitabilmente un condizionamento in
negativo della propensione all’impiego di capitali da destinare ad investimenti e, di
conseguenza, un freno alla crescita e allo sviluppo economico – sociale.
       La corruzione è un vero e proprio cancro per l’Italia. Meritano di essere
conseguentemente viste con favore sia gli ultimi interventi legislativi in questo specifico
campo d’intervento, sia le attività amministrative che vengono svolte dagli organi di
controllo interno ed esterno.
       Decisiva sarà l’implementazione della trasparenza dell’azione amministrativa.
Già nel 1908 in un famoso discorso, reso alla Camera dei Deputati un grande milanese,
Filippo Turati, affermava che “Dove un superiore pubblico interesse non imponga un momentaneo
segreto, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro.”
       L’auspicio resta imprescindibile per la lotta alla corruzione e per un miglioramento
complessivo del nostro sistema pubblico amministrativo.
       La trasparenza ha acquisito, nel corso degli ultimi anni, sempre maggiore
importanza. L’immediata ed agevole conoscibilità di quello che viene concretamente
espletato all’interno degli enti pubblici (dalle decisioni di vertice “a monte” sino ai
provvedimenti amministrativi più semplici adottati “a valle” dagli uffici burocratici) è
finalizzata, da un lato, ad assicurare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione
amministrativa, dall’altro lato, a garantire la tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei
cittadini.
       Ad una concezione statica del c.d. diritto di accesso agli atti amministrativi, limitata
alla tutela di situazione giuridiche soggettive, obiettivamente qualificabili come tali –
disciplinata compiutamente a seguito dell’introduzione della Legge n. 241/90 (art. 22 e
seguenti) - si è sovrapposta una concezione dinamica di tale diritto, oggi esteso (D.Lgs. n.
33/2013, come modificato significativamente dal D.Lgs. n. 97/2016) all’accesso
indiscriminato ad ogni atto in possesso dell’ente pubblico, senza alcun limite se non quello
di evitare l’invasione e la lesione della sfera giuridica di altri soggetti dell’ordinamento
diversi dall’amministrazione.
        Il diritto alla trasparenza amministrativa (e all’accesso documentale) non è, pertanto,
più limitato esclusivamente alla tutela di situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi
o interessi legittimi), ma deve essere inteso come “…accessibilità totale dei dati e documenti
detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la
partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul
perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche..” (art. 1, comma 1,
D.Lgs. n. 33/2013). Il nuovo impianto è modellato sul c.d. F.O.I.A. (Freedom Of Information
Act), la più importante legge americana in tema di accesso alla documentazione detenuta
dall’amministrazione pubblica, e coniuga, su un doppio binario di pari rilevanza
istituzionale, il principio del diritto all’accesso dei cittadini con quello del buon andamento
della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). Come infatti statuito dall’art. 1, comma 2,
D.Lgs. n. 33/2013, “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di
segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio
democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento,
responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio
alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti
civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione
di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino.”
        A seguito delle innovazioni contenute nel Decreto correttivo n. 97/2016 è stato
introdotto il c.d. accesso civico generalizzato. Secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 2,
“Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e
sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque
ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori
rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi
alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis.”
        Nel corso di questi anni la problematica in merito all’ambito di estensione degli
obblighi di trasparenza amministrativa – quindi, in pratica, quali documenti si ha l’obbligo
di pubblicare attraverso il loro inserimento dell’ormai notissimo link “Amministrazione
Trasparente” dei siti web istituzionali degli enti (art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 33/2013) – è stata
particolarmente complessa.
Deve essere comunque riconosciuto che ha senza dubbio giovato, in questo ambito e
in particolare in quello sanitario, la pubblicazione dei Piani Nazionali Anticorruzione e
l’implementazione delle Linee Guida dettate dalla Autorità Nazionale Anticorruzione. In
forza dell’art. 5 bis, comma 6, D.Lgs., n. 33/2013 l’Autorità è infatti chiamata a fornire,
d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e con la Conferenza unificata
Stato – Regioni ed Autonomie Locali di cui all'articolo 8, D.Lgs. n. 281/97, indicazioni
operative agli enti pubblici in questa specifica materia e può inoltre dettare specifiche
disposizioni in ordine alle modalità di pubblicazione, che in talune ipotesi potrà anche
essere semplicemente riassuntiva del dato documentale integrale, come previsto dall’art. 3,
comma 1 bis, D.Lgs. n. 33/2013. Si veda in particolare la Deliberazione A.N.A.C.
28/12/2016, n. 1309 con la quale sono state approvate le “Linee guida recanti indicazioni
operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5, comma
2, del decreto legislativo n. 33/2013”. Deve essere anche rilevato che le problematiche che erano
emerse subito dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 33/2013, hanno indotto il Legislatore
delegato a meglio chiarire l’ambito oggettivo dei dati pubblicabili e il loro riutilizzo (art. 7
bis, D.Lgs. n. 33/2013 – norma introdotta dal Decreto correttivo n. 97/2016).
        I problemi, tuttavia, rimangono e sono spinosi. I soggetti chiamati ad operare scelte
in questo specifico ambito sono infatti esposti ad un fuoco incrociato. La scelta operata
tramite un bilanciamento degli interessi in gioco che dovesse essere ritenuto errato, può
infatti provocare ripercussioni sia attraverso l’attivazione di procedimenti sanzionatori del
dipendente che abbia omesso la pubblicazione di atti o documenti che dovevano essere
pubblicati (che possono rilevare sia in ambito disciplinare interno, ma anche, nei casi più
gravi, in ambito penale ed anche in ambito di responsabilità davanti alla Corte dei conti,
come avremo modo di spiegare infra), sia attraverso il coinvolgimento del dipendente nelle
ipotesi in cui la pubblicazione o l’accesso sia stato consentito per documenti che invece
dovevano restare riservati in quanto coperti da obblighi pubblici di riservatezza ovvero
violativi del diritto alla privacy di terzi soggetti. In questa ultima ipotesi i soggetti
danneggiati potranno inoltre esercitare il diritto ad ottenere dall’amministrazione un
congruo risarcimento del danno, che dovrà in questi casi essere qualificato danno erariale e
che potrà comportare, in presenza degli ulteriori presupposti per l’addebito, una fattispecie
di responsabilità amministrativa davanti alla Corte dei conti. Allo scopo di escludere, nei
casi dubbi, l’accertamento risarcitorio civile per colpa dell’apparato amministrativo e,
nell’ambito più specifico della responsabilità erariale, un accertamento di condotte
gravemente colpose della persona fisica responsabile del procedimento, risulta pertanto
quanto mai necessario motivare bene la scelta operata in concreto, esponendo in modo
chiaro e articolato le ragioni che hanno determinato la decisione, sia eventualmente quella
di pubblicare i dati sul sito web dell’ente ovvero di autorizzare l’accesso, sia eventualmente
quella di escludere la pubblicazione e l’accesso.
       L’attenzione per la gestione dei fondi pubblici – dove invero la Corte dei conti è
chiamata, sia nell’ambito delle funzioni di controllo esterno sulle gestioni degli enti
erogatori, sia nell’ambito delle attività repressive intestate alle Procure Regionali, un ruolo
particolarmente incisivo – può infine essere riscontrata nell’estensione degli obblighi di
trasparenza anche agli enti privati percettori di finanziamenti pubblici, in tal modo creando
una sorta di interfaccia con il parallelo obbligo di pubblicazione previsto a carico degli enti
erogatori dei finanziamenti (art. 27 del Decreto). La Legge annuale per il mercato e la
concorrenza (Legge 4 agosto 2017, n. 124, come modificata dal D.L. 30 aprile 2019, n. 34,
convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58) all'articolo 1, commi 125-129, ha
infatti previsto che a decorrere dall'anno 2018, le associazioni di protezione ambientale, le
associazioni dei consumatori e degli utenti, nonché le associazioni, Onlus e fondazioni, che
intrattengono rapporti economici con pubbliche amministrazioni (o enti assimilati) o società
da esse controllate o partecipate, comprese le società con titoli quotati, siano tenute a
pubblicare entro il 28 febbraio di ogni anno, nei propri siti o portali digitali, le informazioni
relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque a vantaggi economici di
qualunque genere ricevuti dalle medesime pubbliche amministrazioni e dai medesimi
soggetti nell'anno precedente. Le imprese che ricevono sovvenzioni, contributi, incarichi
retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere dalle pubbliche
amministrazioni e soggetti assimilati sono quindi tenute a pubblicare tali importi nella nota
integrativa del bilancio di esercizio e nella nota integrativa dell'eventuale bilancio
consolidato. L'inosservanza di tale obbligo comporta la restituzione delle somme ai soggetti
eroganti.
       Il   rafforzamento   della   trasparenza     dell’azione   amministrativa    si   affianca
all’implementazione della tutela del c.d. “whistleblower”, figura prevista per la prima volta
dalla Legge Anti Corruzione e successivamente regolata diffusamente a seguito
dell’introduzione della Legge 30 novembre 2017, n. 179 (“Disposizioni per la tutela degli autori
di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di
lavoro pubblico o privato”) con la quale sono state introdotte specifiche sanzioni
amministrative nell’ipotesi in cui le amministrazioni non si dotino delle procedure
finalizzate ad ottenere e gestire le denunce in forma riservata, ovvero in caso di mancato
svolgimento delle attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute ed infine in tutte le
ipotesi in cui vengano adottate, nei confronti del whistleblower, misure discriminatorie.
Come ho avuto modo di osservare nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario
2019, la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti costituisce una vera e propria
cartina di tornasole del mutato approccio dell’ordinamento rispetto ai fenomeni corruttivi.
       Particolarmente rilevante, in questo ambito, risulta l’attivazione, da parte
dell’Autorità Anticorruzione, dell'applicazione informatica "Whistleblowing" sul proprio
sito web istituzionale allo scopo di favorire la segnalazione di illeciti da parte dei dipendenti
che preferiscano rivolgersi direttamente all'ANAC. Ciò nell'ottica di assicurare una ancora
maggiore riservatezza del denunciante e una più spedita analisi della segnalazione.
       La necessità di tutela di chi segnala illeciti ha infine trovato ancora maggiore
attenzione a seguito dell’approvazione della Direttiva Europea del 7 ottobre 2019 con la
quale sono state dettate, nella materia, specifiche indicazioni normative agli Stati membri.
In attesa di analizzare in quali termini il Legislatore recepirà le indicazioni comunitarie,
deve essere accolta con favore l’ampia estensione, prevista dalla Direttiva, della platea dei
soggetti riguardati dalla normativa. La tutela viene infatti estesa, con disposizioni che
dovranno intervenire evidentemente in parallelo rispetto a quelle già previste nella pubblica
amministrazione, ai lavoratori autonomi, ai c.d. freelance, ai consulenti, agli appaltatori, ai
fornitori ed addirittura ai volontari, ai tirocinanti e ai richiedenti lavoro. La disciplina
prevede infatti l’applicazione del regime incentivante a tutte le imprese private con più di
50 dipendenti o con un fatturato annuale superiore a 10 milioni di euro. Allo scopo di
garantire la sicurezza dei potenziali informatori è poi prevista l’attivazione obbligatoria di
canali di comunicazione non soltanto interni ma anche esterni (verso le autorità nazionali
competenti e verso i competenti organi e le agenzie dell'Unione Europea). E’stato inoltre
fissato un termine di tre mesi per dare risposta concreta, da parte dell’organo che riceve
l’informazione e sono state infine previste ulteriori tutele in favore del soggetto segnalante,
in particolare l’assistenza legale, forme di assistenza finanziaria e l’esclusione da alcune
ipotesi di responsabilità sia civili risarcitorie che penali per l’ipotesi in cui possa essere
contestato il reato di diffamazione.
       Se da un lato deve essere mantenuta ferma l’attenzione verso i fenomeni corruttivi
così come deve proseguire ed essere affinata la reazione dell’ordinamento e della società,
dall’altro lato si deve convenire che presso le amministrazioni pubbliche la netta
maggioranza di chi è impegnato si adopera con impegno e con merito. E sono infatti costoro
le prime vittime delle disfunzioni correlate a fatti di corruzione così come, più in generale,
all’opacità gestionale e all’ingerenza della classe politica sull’attività strettamente tecnico -
gestionale.
       Sono trascorsi ormai più di venticinque anni dall’introduzione, nell’ordinamento
delle pubbliche amministrazioni (Legge n. 142/1990 e D.Lgs. n. 29/1993), del principio di
separazione tra le competenze di indirizzo politico attribuite agli organi amministrativi di
vertice e quelle di gestione attribuite ai dirigenti dell’apparato burocratico.
       La separazione funzionale – sia nelle amministrazioni governate da organi di
indirizzo politico elettivi, sia in quelle prive di tale connotazione e che hanno dovuto
conseguentemente adeguare i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo
e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro (art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 165/2001)
– ha segnato, da un lato, il punto di arrivo del processo attuativo – fortemente sentito e
necessitato (richiamo il noto “Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato”
di M.S. Giannini del 1979) - dei valori costituzionali impressi dagli articoli 97 e 98 della
Costituzione in coerenza e in parallelo rispetto alla positivizzazione (Legge n. 241/1990) dei
canoni dell’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa (ed in linea con i
principi di sana amministrazione e gestione finanziaria sanciti dall’art. 274 del Trattato
Maastricht e dall’art. 41 della Carta dei Diritti Fondamentali di Nizza), dall’altro lato, il
punto di partenza del processo di assimilazione concreto del portato sostanziale del
principio nella quotidianità operativa delle singole amministrazioni.
       La domanda alla quale siamo oggi chiamati a rispondere è se il principio di
distinzione tra poteri di indirizzo politico e poteri di gestione, così come introdotto
nell’ordinamento e successivamente affinato e corroborato dai plurimi interventi di
regolazione nei diversi ambiti della pubblica amministrazione (Legge n. 145/2002, D.Lgs.
n. 150/2009, Legge n. 124/2015), si sia proficuamente allineato rispetto ai valori
costituzionali del “buon andamento” e concorra al perseguimento di una maggiore efficacia,
efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. In particolare, se le concrete attività
gestionali della dirigenza abbiano raggiunto un soddisfacente grado di autonomia rispetto
a possibili ingerenze dell’organo di indirizzo politico. Proprio il problema dell’ingerenza
della classe politica sulle scelte concrete da porre in essere nell’ambito dell’attività gestionale
(ingerenza sovente finalizzata non già a migliorare le sorti dell’attività amministrativa in
vista di un più efficace perseguimento dell’interesse pubblico, bensì a coniugare l’obiettivo
pubblicistico con altri obiettivi rientranti nell’alveo di interessi meramente politici e di
tornaconto personale) costituisce ancora un problema irrisolto del nostro Sistema Paese.
       A fianco all’irrigidimento dell’impianto sanzionatorio e all’implementazione dei
controlli sul corretto svolgimento delle attività amministrative, sarà in ogni caso necessario,
per consolidare un senso di condivisione generalizzato dei valori della imparzialità e della
buona amministrazione, coinvolgere le nuove generazioni in un percorso di assimilazione
dei principi costituzionali che stanno alla base del rigetto di ogni forma elusiva della legalità.
Meritano pertanto di essere valorizzate le iniziative formative degli studenti presso tutti gli
uffici giudiziari e presso la Corte dei conti. Le attività di espletamento di stages e di tirocini
formativi post – universitari sono in corso di svolgimento presso questa Sezione
Giurisdizionale.
       Di particolare rilievo risulta quindi la disposizione introdotta dal Decreto Correttivo
approvato con il D.Lgs. n. 114/2019 (segnatamente l’art. 25 - bis delle Norme di attuazione
del Codice della giustizia contabile) con la quale è stato regolato l’espletamento della
formazione teorico-pratica presso tutti gli uffici della Corte dei conti con la previsione di
erogazioni di borse di studio, a valere sul bilancio autonomo dell’Istituzione.

       3. Novità normative

       Nel corso del 2019, tra le novità legislative introdotte nell’ordinamento che
incidono nell’ambito dello svolgimento delle funzioni giurisdizionali intestate alla
Corte dei conti, deve essere in primo luogo evidenziata l’introduzione del Decreto
Legislativo 7 ottobre 2019, n. 114, con il quale sono state approvate, con decorrenza 31
ottobre 2019, “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174,
recante codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 2015,
n. 124”.
L’assestamento normativo del Codice di Giustizia risultava invero previsto nella
disposizione di delega (art. 20, comma 6, legge n. 124 del 2015) e consentiva l’adozione,
entro 2 anni dalla data di entrata in vigore del Codice (successivamente prorogati di un
anno dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 128 del 2018) di decreti legislativi “recanti le
disposizioni integrative e correttive che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, nel
rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura”.
       Il Decreto legislativo n. 114 del 7 ottobre 2019 – che ha in larga misura recepito le
linee direttive suggerite dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti, rese con il parere
espresso nell'adunanza del 1° luglio 2019 – ha introdotto significative innovazioni ed
aggiustamenti al Codice, in particolare nell’ambito delle attività del Pubblico Ministero
che precedono l’incardinamento dei giudizi di responsabilità amministrativa.
       Sebbene non direttamente connessa con l’assetto procedurale del Codice, deve
essere in primo luogo menzionata, per la sua portata innovativa nel quadro
ordinamentale della Corte dei conti e, segnatamente, nell’inquadramento dell’Ufficio
del Pubblico Ministero, la previsione dell’art. 12 bis, a mente del quale “Le funzioni di
procuratore regionale comportano l’esercizio di funzioni direttive e sono conferite esclusivamente
ai magistrati che hanno conseguito la qualifica di presidente di sezione”.
       Come è noto, la funzione di procuratore regionale è stata sino ad oggi attribuita
a magistrati che rivestono la qualifica di consiglieri. Le funzioni apicali degli uffici
regionali di procura hanno obiettivamente natura direttiva e richiedono, per
l’importanza e delicatezza delle attività ad esse correlate, la designazione di magistrati
qualificati ed esperti. La previsione normativa ha quindi determinato un ragionevole
allineamento tra il dato sostanziale della funzione e quello formale della qualifica
necessaria per l’affidamento dell’incarico. La previsione normativa riguarda invero
l’assetto ordinamentale della Corte dei conti e non direttamente i procedimenti
giurisdizionali, con conseguenti dubbi in ordine alla copertura della disposizione nella
delega parlamentare formalizzata nell’art. 20 della Legge n. 124/2015, come rilevato
dalle Sezioni Riunite in sede consultiva nel parere reso in data 1° luglio 2019.
       Si segnalano le novità più significative introdotte dal Decreto Correttivo.
       All’art. 29 (Procura alle liti) risulta aggiunto il comma 1 – bis, a mente del quale
“La procura alle liti, contenente comunque l’elezione di domicilio, nella fase preprocessuale si
rilascia in calce o a margine dell’invito o delle deduzioni di cui al comma 1 dell’articolo 67 e ha
effetto anche per la fase del giudizio instaurato con atto di citazione di cui all’articolo 86”. La
norma è chiaramente finalizzata, in un’ottica rigoristica, a razionalizzare la fase
dell’accesso agli atti del fascicolo istruttorio del Pubblico Ministero nella fase
immediatamente successiva alla notificazione dell’invito a fornire deduzioni.
       Gli articoli 51 (Notizia di danno erariale) e 52 (Obbligo di denuncia di danno e
onere di segnalazione) sono stati parzialmente modificati con previsioni finalizzati ad
accentuare la tutela dei soggetti denuncianti una fattispecie di possibile pregiudizio
erariale, i quali, qualora venga sollevata, prima della pendenza del giudizio, una
questione di nullità ex art. 51, comma 3 per asserita acquisizione di una notizia di danno
priva dei requisiti di specificità e concretezza, hanno il diritto alla riservatezza delle
proprie generalità. Trattasi evidentemente di quei soggetti, pubblici o privati, sui quali
non grava l’obbligo di denuncia di cui all’art. 52, comma 1, per i quali la medesima
disposizione ha previsto, in generale, la tutela riservata delle generalità, in tal modo
innovando la versione precedente della norma che la contemplava esclusivamente per
il dipendente pubblico che, seppure non gravato dall’obbligo, formalizzava la denuncia
(il c.d. whistle blower).
       Particolare rilevanza riveste l’innovazione introdotta sulla regolazione
dell’attività istruttoria del Pubblico Ministero. La previgente disciplina contenuta
nell’art. 56 prevedeva un generale obbligo di motivazione con riguardo ad ogni
provvedimento istruttorio, sanzionando con la nullità (art. 65) tutte le ipotesi in cui essa
risultasse “...omessa o apparente...”. L’obbligo generale di motivazione è stato espunto dal
testo normativo e l’attuale versione dell’art. 56 prevede che “Il pubblico ministero può
svolgere attività istruttoria direttamente, ovvero può delegare gli adempimenti istruttori alla
Guardia di Finanza o ad altre Forze di polizia, anche locale, agli uffici territoriali del Governo,
nonché, per specifiche esigenze, ai dirigenti o funzionari di qualsiasi pubblica amministrazione
individuati in base a criteri di professionalità e, ove possibile, di territorialità; può, altresì,
avvalersi di consulenti tecnici”. L’obbligo di motivazione risulta invero ancora imposto
dal Codice per poter dare corso alle attività istruttorie più incisive (richieste di
documenti ed informazioni alle amministrazioni ex art. 58, esibizione di documenti ex
art. 59, audizioni personali ex art. 60, ispezioni ed accertamenti ex art. 61 e sequestri
documentali ex art. 62) e continua a risultare prevista, in caso di violazione, la sanzione
della nullità degli atti ex art. 65, ma non graverà più indistintamente per ogni
provvedimento istruttorio dell’organo requirente.
       Sempre nell’ambito delle attività istruttorie del Pubblico Ministero, risulta
particolarmente significativa l’introduzione dell’art. 58, comma 2 – bis, a mente del
quale “Il pubblico ministero può accedere, anche mediante collegamento telematico diretto, alla
sezione dell’anagrafe tributaria di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 605”.
       Un’ulteriore innovazione inserita dal Decreto Correttivo nell’ambito delle attività
del Pubblico Ministero concerne infine i poteri istruttori esercitabili successivamente
alla formalizzazione dell’invito a fornire deduzioni. L’art. 67, comma 7, precludeva ogni
attività istruttoria “…salva la necessità di compiere accertamenti sugli ulteriori elementi di
fatto emersi a seguito delle controdeduzioni” del soggetto invitato a dedurre. La nuova
formulazione della norma estende, in questo specifico ambito, i poteri istruttori residui,
essendo stato infatti previsto che “Successivamente all’invito a dedurre, il pubblico ministero
non può svolgere attività istruttorie, salva la necessità di compiere accertamenti sugli ulteriori
elementi di fatto emersi a seguito delle controdeduzioni ovvero nel caso che ricorrano situazioni
obiettivamente nuove rispetto alla fase istruttoria precedente, che non richiedono l’emissione di
un nuovo invito a dedurre e salva la comunicazione dei nuovi elementi istruttori ai soggetti
invitati”.
       Innovazioni sono state introdotte nella Parte II, Titolo II (Azioni a tutela delle
ragioni del credito erariale) del Codice. In particolare nella procedura del sequestro
conservativo in grado d’appello (art. 77), che contrariamente a quanto previsto nella
versione originaria della norma (che prevedeva una decisione di prime cure inaudita
altera parte a cura del Presidente della Sezione ovvero di un suo delegato, eventualmente
reclamabile al collegio secondo le modalità previste dall’art. 76, comma 3, per i giudizi
cautelari di primo grado) risulta rivisitata con la previsione di un procedimento che
prevede la delibazione della domanda cautelare in contraddittorio con la parte
interessata. Tuttavia (art. 77, comma 2) “Quando la convocazione della controparte potrebbe
pregiudicare l’attuazione del provvedimento, sulla domanda provvede il presidente della sezione
d’appello, con decreto motivato, procedendo contestualmente a fissare l’udienza di comparizione
delle parti innanzi al giudice monocratico designato entro un termine non superiore a
quarantacinque giorni, nonché ad assegnare al procuratore generale un termine perentorio non
superiore a trenta giorni per la notificazione della domanda e del decreto.”
       Nel giudizio cautelare è stato inoltre previsto (art. 74, comma 4 – bis) che “Il terzo
può sempre opporsi al provvedimento di sequestro, che assume essere lesivo nei suoi confronti,
intervenendo all’udienza di cui alla lettera a) del comma 2”.
Innovazioni sono state previste nella disciplina dei giudizi di conto. È stato in primo
luogo aggiunto il comma 2 – bis all’art. 148 (Udienza di discussione), a mente del quale
“Il magistrato che ha sottoscritto la relazione sul conto di cui al comma 4 dell’articolo 145 non
fa parte del collegio giudicante”. Premesso che la norma è chiaramente finalizzata ad
escludere dal collegio giudicante il magistrato relatore in ragione del fatto che si sarebbe
già pronunciato sul merito della vicenda controversa in sede di definizione
dell’istruttoria e di deferimento del giudizio alla valutazione collegiale, si osserva che
non può ravvisarsi alcuna incompatibilità tra il magistrato redattore della relazione di
deferimento e componente del collegio giudicante. Come evidenziato infatti dalle
Sezioni Riunite in sede consultiva nel parere reso in data 1° luglio 2019, “…il predetto
magistrato non espone il proprio orientamento nella relazione di deferimento bensì sottopone,
quale giudice istruttore, all'esame collegiale le questioni per le quali non ha proposto
l'approvazione del conto. Difatti, la peculiarità del giudizio di conto sta nell'attività propulsiva
e di iniziativa del magistrato relatore che, nell'esaminare il conto stesso e la relativa
documentazione, ha la possibilità di sottoporre una o più questioni all'esame collegiale che ritiene
essenziali al fine dell'approvazione del conto stesso…”.
       In secondo luogo, è stato aggiunto il comma 1 – bis all’art. 25 (Commissario ad
acta), secondo il quale, innovativamente, “Nei giudizi di conto, il collegio può nominare un
commissario ad acta in ipotesi di inadempimento dell’amministrazione a fornire i documenti o
gli elementi di giudizio necessari al fine di decidere, stabilendone il compenso”.
Nell’ambito dei giudizi pensionistici è stato sensibilmente modificato l’art. 155
(Fissazione dell’udienza e notificazione del ricorso) con la previsione di un termine più
ampio (novanta giorni) tra la data della notificazione del ricorso al convenuto e quella
dell’udienza di discussione della controversia, che nella versione originaria era stato
fissato in trenta giorni (art. 155, comma 6). Analogamente e di conseguenza è stato
aumentato il termine che deve intercorrere tra il deposito del ricorso e l’udienza di
discussione del giudizio, originariamente fissato in sessanta giorni ed attualmente
elevato a centoventi giorni (art. 155, comma 4).
Particolare attenzione merita l’intervenuta modificazione del procedimento
cautelare previsto dall’art. 161 del Codice. La versione originaria prevedeva (comma 2)
che successivamente al deposito dell’istanza cautelare (necessariamente promossa
unitamente al ricorso principale), il giudice monocratico fissasse la data dell’udienza in
camera di consiglio per la discussione dell’istanza e prevedesse la sua comunicazione
alle parti, a cura della segreteria, con un preavviso di almeno dieci giorni. A seguito
della riformulazione la norma prevede che successivamente alla fissazione dell’udienza
con decreto del giudice monocratico, la segreteria della Sezione si limiti a darne
comunicare al ricorrente, il quale “…notifica alle parti il decreto, unitamente al ricorso,
almeno dieci giorni prima della data fissata per la Camera di consiglio…”.
       Nell’ambito della disciplina dell’esecuzione delle sentenze di condanna al
risarcimento del pregiudizio erariale (Parte VII, Titolo I, Capo II), deve essere segnalata
l’introduzione dell’art. 214, comma 1 – bis, a mente del quale “Nel caso di pluralità di
amministrazioni o enti interessati, la riscossione delle spese di giustizia deve essere curata dal
titolare del maggior credito o, in caso di più crediti della stessa entità, da ciascuna
amministrazione in parti uguali”.
       Di particolare interesse risulta infine la disposizione introdotta con l’art. 25 - bis
delle Norme di attuazione del Codice della giustizia contabile. La disposizione ha
riguardato direttamente i tirocini formativi presso la Corte dei conti ed ha previsto che
“1. La formazione teorico-pratica, prevista dall’articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n.
69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, può essere svolta anche presso
la Corte dei conti, sia nelle sezioni giurisdizionali che di controllo, sia presso gli uffici della
procura generale e delle procure regionali. 2. I requisiti, le modalità e gli effetti della
partecipazione al periodo di formazione teorico-pratica presso gli uffici della Corte dei conti sono
disciplinati dall’articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013 conformemente a quanto previsto per
gli altri uffici giudiziari. 3. Con decreto del presidente della Corte dei conti, su proposta del
Segretario generale, sono disciplinate le modalità di erogazione della borsa di studio, a valere sul
bilancio autonomo della Corte dei conti”.
************
       Particolare rilevanza, tra i provvedimenti legislativi introdotti nel corso dell’anno
2019, riveste la Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (“Misure per il contrasto dei reati contro la
pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di
trasparenza dei partiti e movimenti politici”) La Legge ha, da un lato, introdotto
significative novità in tema di prescrizione dei reati, sanzioni accessorie interdittive,
riabilitazione e sospensione condizionale della pena in rapporto ai delitti contro la
pubblica amministrazione, dall’altro lato, ha inasprito le sanzioni penali previste per
taluni reati presupposto della responsabilità ex d.lgs. 231/2001 e ha disposto
l’abrogazione del reato di millantato credito e ha riformulato quello di traffico di
influenze illecite (art. 346 bis c.p.), introducendo inoltre, nella specifica materia dei reati
contro la p.a., una nuova causa di non punibilità in favore dei soggetti i quali denuncino
i fatti corruttivi (art. 323 ter, a mente del quale “Non è punibile chi ha commesso taluno dei
fatti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai
delitti di corruzione e di induzione indebita ivi indicati, 353, 353-bis e 354 se, prima di avere
notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini in relazione a tali fatti e, comunque, entro
quattro mesi dalla commissione del fatto, lo denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili
e concrete per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili. La non
punibilità del denunciante è subordinata alla messa a disposizione dell'utilità dallo stesso
percepita o, in caso di impossibilità, di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero
all'indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo, entro il
medesimo termine di cui al primo comma. La causa di non punibilità non si applica quando la
denuncia di cui al primo comma è preordinata rispetto alla commissione del reato denunciato. La
causa di non punibilità non si applica in favore dell'agente sotto copertura che ha agito in
violazione delle disposizioni dell'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146.”).
       Per la rilevanza nell’ambito delle attività del Giudice Contabile si segnala inoltre
l’approvazione del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 con il quale è stato approvato, sulla
base della delega contenuta nella Legge 19 ottobre 2017, n. 155, il c.d. Codice della Crisi
d’Impresa e dell’Insolvenza, mediante il quale sono state dettate norme, valevoli in
particolare sia per le società di persone che per quelle di capitali, finalizzate ad evitare
l’insorgere dello stato di insolvenza aziendale per il tramite della predisposizione di
procedure c.d. di allerta in ordine ai rischi correlati all’eccessivo indebitamento. Di
particolare interesse risulta la nuova formulazione dell’art. 2086 c.c., a mente del quale
è oggi previsto (comma 2) che “L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha
il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e
alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi
dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per
l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento
della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Si segnala inoltre il D.L. 18 aprile 2019 n. 32, convertito, con modificazioni, dalla Legge
14 giugno 2019, n. 55 (il c.d. Decreto Sblocca Cantieri), attraverso il quale sono state
modificate alcune norme del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 590/2016) allo
scopo di semplificare le procedure di evidenza pubblica e di aggiudicazione degli
appalti. Di particolare rilievo la previsione di un emanando regolamento unico che
sostituirà le c.d. linee guida ANAC (art. 216, comma 27 octies del D.Lgs. 18 aprile 2016,
n. 50).
          A decorrere dal 7 luglio 2019 è entrata in vigore la Legge 19 giugno 2019 n. 55
(“Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la
prevenzione dell’assenteismo”). Allo scopo di migliorare l’efficienza complessiva delle
pubbliche amministrazioni viene istituito, presso il Dipartimento della funzione
pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, il c.d. Nucleo delle azioni concrete
di miglioramento dell'efficienza amministrativa, denominato "Nucleo della Concretezza"
(art. 1), al cui operato viene affidato il compito di assicurare la realizzazione delle misure
indicate nel c.d. “Piano triennale delle azioni concrete per l'efficienza delle pubbliche
amministrazioni” previsto dalla medesima disposizione ed affidato al Ministero per la
pubblica amministrazione, di concerto con il Ministero dell'interno, previa intesa in sede
di Conferenza unificata di cui all'art. 8, D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, per la parte relativa
alle azioni da effettuare nelle regioni, negli enti strumentali regionali, negli enti del
Servizio sanitario regionale e negli enti locali. Scopo del Piano sarà quello di individuare
a) le azioni necessarie per il miglioramento dell’organizzazione, funzionamento,
trasparenza e digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, per assicurare la
conformità dell'attività amministrativa ai princìpi di imparzialità e al buon andamento;
b) le azioni dirette a implementare l'efficienza delle pubbliche amministrazioni, con
indicazione dei tempi per la realizzazione delle azioni correttive;
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