IMPARA A DIRE TI AMO (PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI) - GIACOMO DACQUINO

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Giacomo Dacquino

                    Impara a dire ti amo
                       (prima che sia
                       troppo tardi)

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Dello stesso autore
                                           in edizione Mondadori
                                              Che cos’è l’amore
                                               Paura d’amare
                                               Legami d’amore
                                              Se questo è amore
                                               Credere e amare
                                              Bisogno d’amore
                                                   Seduzione
                                              Relazioni difficili
                                           Soldi, sesso e sentimenti
                                            Dove incontri l’anima

                                  Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)
                                              di Giacomo Dacquino
                                                 Collezione Saggi

                                             ISBN 978-88-04-62626-8

                             © 2013 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
                                         I edizione gennaio 2013

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Indice

                3		 Introduzione

                7        I   L’amore nella coppia
                             La narcisa, 16

               31       II   La differenza tra uomo e donna
                             Un vuoto lontano, 50

               61      III   La seduzione amorosa e sessuale
                             Il seduttore mancato, 73

               89      IV    Il matrimonio e la convivenza
                             La sindrome di Ulisse, 96

              111       V    La crisi nella coppia
                             L’infedele, 120

             137       VI    La separazione e il divorzio
                             Vite in ostaggio, 159

             171      VII    L’amore maturo
                             La paziente matura, 190

             203		Conclusione

             207		 Ringraziamenti
             209		 Note
             221		 Bibliografia
             233		 Indice analitico

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Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)

                                                      Ai miei pazienti

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Avvertenza
             I casi clinici riportati sono pubblicati con il consenso dei
             pazienti. Per rispetto del segreto professionale sono stati
             cambiati i nomi e alcune circostanze che avrebbero potu-
             to facilitarne il riconoscimento.

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Introduzione

             La psichiatria tradizionale ha in genere trascurato la dimen-
             sione affettiva dell’essere umano, dimenticando che una
             persona è qualcosa di ben più complesso delle sue capaci-
             tà di ragionamento, di linguaggio e di memoria. La stessa
             diagnosi clinica è quasi sempre basata sulla sintomatolo-
             gia evidente, per cui ignora per lo più certi aspetti imma-
             turi della personalità che possono rendere la vita un infer-
             no a chi ne è portatore e a chi gli è vicino. Infatti, l’amore è
             gratificante tra persone psicoaffettivamente mature, men-
             tre diventa doloroso quando si ha a che fare con un imma-
             turo che ama in maniera dipendente, strumentalizzante,
             possessiva, aggressiva ecc.
                Proprio perché il suo lavoro lo porta a incontrare il do-
             lore, la sofferenza delle persone, lo psichiatra è spesso più
             incline, anche per un’insufficiente preparazione universi-
             taria, a prendere in considerazione le emozioni negative
             dei pazienti (ansia, paura, rabbia, depressione) che a osser-
             varne e valutarne gli stati mentali positivi (amore, piacere,
             serenità, spiritualità); tende cioè a registrare i sintomi, la
             malattia, nei casi migliori l’ammalato, ma non tiene conto
             di come il paziente vuole bene a se stesso e agli altri.
                Anche la mentalità collettiva è più disposta ad accetta-
             re le malattie del corpo che quelle della psiche, soprattut-
             to se riguardano le emozioni. La malattia dei sentimenti
             è sconveniente, vergognosa, indice di debolezza, d’infe-
             riorità. Per questo viene negata da chi ne soffre, a dispet-

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             to dell’enorme consumo di ansiolitici e antidepressivi. La
             conseguenza è che viviamo in un’epoca di grande svilup-
             po tecnologico, ma anche di perdita di maturità psicolo-
             gica e di incapacità di compiere scelte etiche responsabili.
             L’Occidente ha progettato il suo futuro sulla tecnica, smar-
             rendo il senso dell’umano, il primato della persona. Un’ul-
             teriore conseguenza è che si è globalizzati e confusi, si cu-
             rano il fisico e il cervello ma non i sentimenti.
                 Mai come oggi sono frequenti i manuali, i seminari, a tutti
             i livelli e in tutte le materie, che spesso inducono soltanto a
             ricevere, inghiottire, evitando la fatica di usare il cuore, vi-
             vere i sentimenti, creare relazioni. Abbondano i corsi, per
             lo più frequentati da un «popolo» di solitari e depressi: da
             quelli di danza del ventre a quelli di spogliarello, dalla cu-
             cina al bucato, da quelli per organizzare cene per amici a
             quelli per vivere senza complessi. È esplosa la mania dei
             workshop o degli stage, per dirla con un linguaggio alla
             moda: dalle dieci lezioni per diventare seduttivi ai corsi sul
             look, dal perseguire la forma fisica alla scoperta del proprio
             spirito guida, dal tango al kamasutra, da come lenire le fe-
             rite da perdita affettiva a diventare, sempre in dieci lezioni,
             «genitore modello» per gestire i figli nei giorni di affido.
                 Più studio l’essere umano, più mi convinco che l’incon-
             tro decisivo è quello con noi stessi, per realizzare un’armo-
             nia con le varie parti della psiche, poiché spesso la nostra
             mente è come una riunione di condominio in cui ognuno
             pensa al proprio tornaconto e non al bene comune. Soven-
             te ci si preoccupa delle cose esterne trascurando quelle in-
             terne. Per esempio, esiste una libertà interiore nel rapporto
             con se stessi e una libertà esteriore nel rapporto con gli altri.
             Normalmente si pensa troppo alla seconda e troppo poco
             alla prima, al punto che i desideri di libertà dall’esterno non
             sono sempre sorretti da una liberazione interiore. Si lotta
             infatti per avere più diritti nei confronti degli altri, ma poco
             o nulla ci si preoccupa di essere più liberi interiormente.
                 Non è facile però guardarsi dentro per comprendere le
             ragioni dei nostri pensieri e delle nostre azioni. Conoscere
             se stessi è infatti l’obiettivo di un cammino faticoso perché

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Introduzione      5

             molte barriere ostacolano tale ricerca: sono le «resistenze»
             che ognuno incontra nell’autoindagine. Occorre dunque
             praticare l’insight per liberarsi, per dare un senso alla pro-
             pria vita, un’impostazione di fondo alla propria esistenza.
             Le risposte sono già dentro di noi, e quindi bisogna impa-
             rare a riconoscerle e a realizzarle. Perché spesso i motivi
             per essere sereni si cercano all’esterno, ed è proprio la ricer-
             ca spasmodica di una felicità esteriore a causare l’infelici-
             tà interiore. La stessa affettività è dentro, non fuori di noi,
             e la si coltiva nella propria interiorità. Ed è infatti l’armo-
             nia con se stessi che permette di armonizzarsi con gli altri.
                L’indagine psicologica comprende soprattutto le esperien-
             ze affettive, e la psicoterapia indaga in maniera approfon-
             dita la vita interiore dell’uomo, lavorando per portare alla
             luce i valori emotivi presenti nei pazienti e che loro stessi, a
             volte, non sanno di possedere. Spesso pensano di non esser-
             ne dotati, poi scoprono di averne più di quanti credevano.
                L’interesse specifico di questo libro è rivolto al significato
             che il vissuto affettivo assume nella vita dell’uomo, partico-
             larmente focalizzato sull’amare. L’esperienza clinica testi-
             monia che le principali cause dell’ansia e della depressione
             sono il fallimento del rapporto coniugale, le tensioni riferi-
             te all’esercizio della sessualità, i dolori da perdita affettiva. I
             casi clinici descritti documentano che è la qualità dell’amo-
             re a essere disturbata, non la quantità: non si ama troppo, si
             ama male, cioè in modo immaturo. Ogni paziente racconta
             infatti il suo percorso di maturazione psicoaffettiva, impa-
             rando a conoscersi meglio, ad accettarsi, ad autonomizzar-
             si e soprattutto a volersi bene «bene» e ad amare «bene» gli
             altri, quindi a vivere un’affettività psicologicamente matura.
                Sono resoconti di psicoterapia ricchi di adesione per-
             sonale, descritti in modo appassionato, quasi passionale,
             da esseri umani per altri esseri umani. Leggendoli, si può
             sentire il ritmo del loro cuore, un cuore che conosce la tri-
             stezza e la gioia, forse più la prima che la seconda, ma che
             ha combattuto per imparare a voler bene e amare meglio.
                                                           Giacomo Dacquino

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I
                                  L’amore nella coppia

             Indagando la fenomenologia dell’amore si scopre che, dopo
             quello cortese medievale, quello passionale barocco, quello
             romantico dell’Ottocento, quello genital-consumistico del
             Novecento, l’attuale modo di vivere questo sentimento cor-
             risponde all’affermazione di un diritto acquisito, da con-
             sumare come attestato di femminilità e virilità, come sino-
             nimo di potere o come ostentazione di uno status symbol
             da parte di una società che lo ha banalizzato confonden-
             do la genitalità con la sessualità.1
                Progrediti nella tecnica, siamo arretrati nei rapporti af-
             fettivi poiché la tecnologia ha sospinto indietro l’uomo nei
             suoi valori. Viviamo in tempi di superficialità, la grande
             malattia odierna, in cui la gente s’illude di prendere lezioni
             d’amore dai programmi televisivi, che pretendono d’inse-
             gnare come trovare l’anima gemella, sedurla e sopravvi-
             vere all’abbandono.
                L’amore è il sentimento più ricercato ma anche il più
             sofferto. Tutti vogliono amare, ma non tutti riescono a
             «liberare» l’amore e a viverlo in modo psicologicamente
             maturo. Lo si desidera, ma non vi sono nemmeno più le pa-
             role per dirlo; per esempio, in alcune regioni italiane quasi
             non esiste il verbo «amare», sostituito da «voler bene», per
             cui il «Ti amo» è surrogato dal «Ti voglio bene». Non si ha
             nemmeno tempo per i sogni; del resto è più comodo pren-
             derli già confezionati dalle telenovele o dagli spot pubblici-
             tari. Si ama la letteratura latino-americana proprio perché

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8         Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)

             racconta grandi storie d’amore, ma mancano le passioni e,
             quando ci sono, sono grigie. Se così non fosse, non avrebbe-
             ro successo i meeting di single, i corsi di corteggiamento per
             la felicità degli inibiti, i messaggi di ricerca di un partner
             negli annunci dei periodici, i profili su Facebook e Twitter,
             le agenzie matrimoniali, i supermarket dell’erotismo.
                La latitanza nei sentimenti viene mascherata attraver-
             so il commercio: il turbinio di gadget a forma di cuore, i
             fiori nel giorno di San Valentino, la festa della mamma o
             del papà ecc. sono l’orgia di una mercificazione compen-
             satoria della carenza di affetti. Si sta diventando orecchian-
             ti nei confronti della vita affettiva, come geniali suonatori
             di jazz, con la differenza che geniali non si è.
                Nel mondo occidentale ogni sentiero verso l’amore vero
             è diventato faticoso, per cui pochi desiderano scoprire il
             gusto del corteggiare, il piacere della conquista, la soddi-
             sfazione di guadagnarsi l’amore. Perché è la capacità di
             amare, e non quella di fare sesso, il metro di valutazione
             per l’equilibrio psichico. E poiché è necessario volersi bene
             per crescere e amare gli altri, chi non si ama o si ama male
             non soltanto è psicologicamente immaturo, ma non è in
             grado di amare il prossimo.
                In passato l’educazione dei sentimenti faceva status, ma
             oggi, purtroppo, uno tsunami di maleducazione e di aridità
             si è abbattuto sull’Occidente investendo famiglie disgrega-
             te, scuole che licenziano fior di ignoranti, politici opportu-
             nisti, amministratori corrotti. Cattivi maestri offrono pessi-
             mi modelli di educazione affettiva, proponendo una ricerca
             compulsiva d’amore e una richiesta sempre insoddisfatta
             di felicità. Ormai è raro ascoltare o leggere le opinioni pro-
             fessionali e scientificamente motivate di un esperto in una
             specifica materia. A dire la loro sono per lo più opinioni-
             sti onniscienti, e soprattutto narcisisti, che raccontano «te-
             stimonianze» immature, togliendo spazio alla voce di chi
             da decenni studia sul campo quel determinato argomento.
                Anche nei dibattiti televisivi si dà troppo spesso spa-
             zio alla cafoneria, al turpiloquio, alla volgarità. E chi urla
             di più si guadagna il maggior numero di inquadrature.

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L’amore nella coppia   9

             Gli stessi conduttori, che dovrebbero mediare i contribu-
             ti dei partecipanti, sovente evitano il dialogo educato e
             civile poiché diventa noioso e fa perdere ascolti. Meglio
             l’arroganza e la licenziosità, che fanno più spettacolo e
             audience. E purtroppo oggi vige l’irrefrenabile voglia di
             apparire, del «dire tutto» non soltanto nel privato ma an-
             che nel pubblico, senza alcun pudore (si vedano i reality
             show), in modo indecente non soltanto per chi ascolta ma
             soprattutto per i protagonisti, che spesso non hanno ri-
             spetto verso se stessi, i propri parenti, partner ecc. Oggi
             trovarsi online è divenuta una pratica socialmente ac-
             cettabile, addirittura diffusa, ma per incontrare l’amore,
             quello autentico, occorrono silenzio, umile ascolto, con-
             divisione. Solo allora si capisce la precarietà di quello che
             appariva importante: la bellezza fisica, il partner influen-
             te, il numero dei coiti.
                Seppur determinati biologicamente ad amare e program-
             mati alla sessualità da pulsioni evoluzionistiche per la so-
             pravvivenza della specie, nessuna scienza biochimica ha
             saputo finora spiegare perché un uomo e una donna si ami-
             no, perché nasca un amore e quanto possa durare. La co-
             noscenza scientifica non esaurisce infatti l’essere umano,
             che è anche sentimento, emozione, amore, fede. Essa può
             razionalizzare i comportamenti, studiare le variazioni de-
             gli ormoni e dei neurotrasmettitori, ma sempre ricordan-
             do che i fattori biologici rappresentano soltanto una spinta
             alla genitalità, non certo all’amore, poiché il razionalismo
             ignora il valore dei sentimenti.
                La biologia si ferma sulla soglia dell’amore, come la ra-
             zionalità sull’uscio della fede religiosa, poiché non esiste
             un’affettività soltanto intellettiva, di cervello: l’emotivo,
             cioè i sentimenti, si trasmette sempre e, come non s’impa-
             ra dai libri l’autorevolezza, così non si ricavano dallo stu-
             dio le doti empatiche, intuitive, la capacità d’amare e di
             voler bene. In questo ci conforta la psicoterapia, la quale,
             indagando e portando alla coscienza i meccanismi psichi-
             ci, permette di conoscere e valorizzare l’uomo nella sua
             parte mentale, che va ben oltre le molecole.

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10        Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)

                Attualmente siamo all’inizio di una nuova era, quella
             delle emozioni. Persino le canzonette si valutano sulla base
             dell’emotività, mentre aumentano nei quotidiani i supple-
             menti di psicologia spicciola, le rubriche di posta del cuore
             ecc. quali segnali di maggior attenzione per i sentimenti,
             nel contesto di un ritorno al privato dopo le delusioni po-
             litiche e sociali. Tutto questo non stupisce, poiché la paro-
             la «amore» è la più abusata, ma anche la più indefinibile
             del vocabolario, e scrivere al riguardo significa raccontare
             un’esperienza misteriosa, spesso più immaginata che vis-
             suta, più sofferta che goduta. Infatti, sull’amore si fanno
             tanta retorica e vuota poesia.
                Chi conosce le leggi della psicologia amorosa sa che
             ciascuno ha nel proprio inconscio un enorme potenziale af-
             fettivo. E se anche vi sono molte interazioni fra il raziona-
             le e l’emotivo, l’affettività è sempre presente perfino in co-
             loro che la sottovalutano. Tutti hanno bisogno di nutrirsi
             d’amore: si nasce per amore, si cresce nell’amore e si vive
             d’amore, che è come l’ossigeno, condizione essenziale per
             esistere. L’essere voluti bene dai genitori durante l’età evo-
             lutiva e amati da adulti influisce sulla robustezza dell’Io,
             per cui i successi o i fallimenti amorosi possono rinforza-
             re o frantumare la coesione del Sé e quindi l’autostima.
                L’affettività è la reazione a quanto avviene dentro e fuori
             di noi, ed è ciò che ci fa sentire vivi. Quando s’immiserisce,
             viene a mancare anche il desiderio di vivere. L’inedia af-
             fettiva porta alla noia, all’aridità, alla depressione. Perché
             una persona priva di emozioni è un soggetto psichicamente
             morto nei confronti degli esseri umani, degli animali, della
             natura e persino dell’arte, poiché il sentimento dell’amo-
             re è spesso la base d’ispirazioni creative quali la musica,
             la letteratura, le arti figurative ecc. Per amore dell’amo-
             re l’uomo è diventato poeta, pittore, musicista, scrittore.
                Vivere l’amore è un regalo che l’esistenza non fa a tutti,
             poiché amare non è facile come falsamente ci dicono i me-
             dia, in quanto la pulsione amorosa, pur essendo qualcosa
             di istintivo, deve essere sublimata, cioè raffinata come la
             percettibilità musicale. La qualità delle cure materne nel-

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L’amore nella coppia   11

             la prima fase della vita ha un ruolo fondamentale nel re-
             golare il sistema emotivo del bambino, dal momento che,
             fin dalla culla, ricevendo il sorriso amorevole della mam-
             ma impara ad attivare gli affetti; inoltre mette in atto pro-
             cessi di identificazione con le persone significative che lo
             accompagneranno lungo la crescita.
                Tali modelli introiettati ne condizionano l’orientamen-
             to psicoaffettivo anche da adulto, rendendolo sensibile a
             una persona che trasmette messaggi amorosi simili a quelli
             trasmessi dai genitori durante la prima infanzia. E proprio
             perché l’affetto che si riceve aiuta a crescere, la famiglia in
             cui si nasce e si viene educati è importante come preludio
             alla relazionalità amorosa adulta. Infatti, i figli di genitori
             generosi e amorevoli cercano l’amore in persone valide e
             mature, mentre quelli di genitori egoisti e distanti lo trova-
             no in persone egotiste e ipoaffettive. Nessun partner è ab-
             bastanza «nutriente», se si ha un’insaziabile fame affettiva.
                L’identità personale si acquisisce nei rapporti con gli al-
             tri, ma soprattutto in una relazione di coppia, che inizia con
             la fase dell’innamoramento. Questo si verifica quando vi
             è disponibilità all’amore, se cioè si è disposti a sviluppa-
             re sentimenti amorosi verso un partner, se si è desiderosi
             di un’intimità affettiva gratificante, di un piacere sessuale.
             A parte gli «assi pigliatutto» o quelli «basta che respiri»,
             soggetti immaturi che s’innamorano anche dei paracarri,
             l’apertura all’amore comporta che vi siano sintonia emo-
             tiva con una persona e l’assenza di gravi preoccupazioni
             personali o dolori di varia natura. Per esempio, le perso-
             ne sotto grave stress respingono dichiarazioni d’amore e
             inviti sessuali, anche perché gli ormoni indicatori dello
             stress (adrenalina, norepinefrina, corticotropina, cortiso-
             lo) bloccano l’azione dell’ossitocina, cancellando i deside-
             ri romantici e genitali.
                L’innamoramento è un sentimento che sconvolge la psi-
             che in quanto l’emotivo domina il razionale, cioè il buon
             senso, provocando una sorta di regressione infantile nel
             linguaggio e nei comportamenti. Da innamorati, in certi
             momenti ci si sente più belli, più giovani, più in forma, più

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12        Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)

             creativi, più tutto; in altri, anche gelosi e insicuri («Questo
             vestito gli/le piacerà?»). Anche il corpo ne viene coinvol-
             to per gli effetti neurormonali. Talora, quando si è vicini
             alla persona amata, si ha la tendenza ad arrossire, a suda-
             re freddo, oppure la sensazione che manchi l’aria, mentre,
             quando se ne è lontani, essa è sempre presente nei pensieri,
             nei desideri, nei progetti, nei sogni. Si possono poi avere
             sbalzi d’umore (dalla depressione all’esaltazione), pensieri
             ricorrenti e persistenti, quasi ossessivi, come il desiderio
             intenso e irrazionale di stare il più possibile vicino all’al-
             tro, oppure comportamenti ritualistici, come il controllare
             ripetutamente il telefonino per vedere se vi sono chiama-
             te o sms, o verificare continuamente l’arrivo di messaggi
             nella posta elettronica. Tale componente ossessiva è dovu-
             ta alla serotonina (neurotrasmettitore implicato anche nei
             disturbi ossessivo-compulsivi) e alla feniletilamina, che
             agisce in maniera simile all’anfetamina.
                Altre turbe da innamoramento possono essere la difficol-
             tà di concentrazione, la trascuratezza nel lavoro, l’indiffe-
             renza all’opinione degli altri, il fastidio per i buoni consigli,
             l’insonnia, la perdita dell’appetito ecc. Ed è il neurotrasmet-
             titore cerebrale dopamina a generare i sintomi dell’amore:
             iperattività, batticuore, perdita del sonno ecc. Questa sinto-
             matologia negativa è in linea con le frasi populiste: «essere
             pazzi d’amore», «aver perso la testa», «essere consumati
             dalla febbre d’amore», «amare da impazzire». Tali distur-
             bi sono anche dovuti al «festival» dei neurotrasmettitori
             noradrenalina ed epinefrina (sostanze eccitanti simili alle
             anfetamine naturali), che, passando dall’ipotalamo al si-
             stema limbico, determinano tensione e agitazione.2
                L’innamoramento trasporta in terre sconosciute e perico-
             lose, quindi perturbanti, poiché vi è un’alterazione del rap-
             porto con la realtà e ci si abbandona all’altro senza difese.
             È infatti un sentimento stritolato da forti emozioni, quin-
             di poco controllabile e gestibile: una «meravigliosa malat-
             tia» che solleva i piedi da terra, riducendo il senso prati-
             co. Nell’innamoramento il cervello diventa «illogico» per
             uno «sballo» romantico, perché gli alti livelli di ossitoci-

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L’amore nella coppia   13

             na e dopamina affievoliscono la capacità critica azzerando
             quella di giudizio. Ci si comporta da drogati (la dopamina
             procura euforia), si riduce il visus psichico, calano le diot-
             trie del raziocinio, anche perché la zona corticale frontale
             e prefrontale del cervello, sede del pensiero critico, diven-
             ta quasi inattiva e lascia spazio a quella limbica, sede del-
             le emozioni. Si è quindi ciechi, perché nella persona amata
             non si percepisce ciò che dispiace, mentre si vedono an-
             che le qualità che non vi sono ma che si desidera vi siano.
                È quindi un periodo potenzialmente pericoloso, una trap-
             pola, poiché si vede l’altro perfetto, senza difetti, con il ri-
             schio d’illudersi che la persona sbagliata sia quella giusta; è
             una nevrosi transitoria che fa diventare anche bugiardi, dal
             momento che ci si racconta all’altro nella luce migliore, na-
             scondendo le parti negative. Purtroppo, tale fase rende anche
             molto presuntuosi: per esempio, a volte ci s’illude di modi-
             ficare un partner mammone, dongiovanni, superlavoratore,
             fannullone o tossicodipendente. Ma il partner non si cambia
             con l’amore, per cui se è un immaturo psicoaffettivo, uno
             sfaticato, un infedele o un tossicodipendente, resterà tale.
                L’innamoramento è un periodo di regressione caratte-
             rizzato da comportamenti piacevoli ma irrazionali, quali
             inviare alla persona amata parecchi messaggi o telefonar-
             le molte volte al giorno, fare lunghe corse in macchina per
             stare insieme pochi minuti ecc. Per questo ognuno si por-
             ta dentro la nostalgia e la voglia di un grande innamora-
             mento, perché quando si ama riamati, si vive un superaf-
             follamento incosciente di emozioni e si dimentica l’Imu,
             l’Irpef, l’Iva, i tracolli della Borsa e lo spread…
                Tuttavia, bisogna insegnare ai giovani e ai meno giova-
             ni che una persona si riconosce da come ama, e che l’amo-
             re non parte soltanto dal cuore ma anche dal cervello; so-
             prattutto, non è solo quello tra le lenzuola. Occorre quindi
             evitare la «sindrome da telenovela», che si manifesta quan-
             do a un rapporto di coppia viene richiesto tutto e subito,
             cioè tenerezza, complicità, solidarietà, genitalità. L’amore
             necessita invece di dialogo, regole, disciplina: tutte con-
             quiste da fare insieme nel corso di mesi e anni, anche se

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             l’attuale società dei media stimola di più l’innamoramen-
             to e meno l’amore.
                La fase dell’innamoramento, proprio per la notevole ten-
             sione psicofisica che comporta, dura qualche settimana o
             pochi mesi, anzi, attualmente si è molto abbreviata, dal
             momento che la coppia ha maggiore libertà di frequentar-
             si nei fine settimana o durante i periodi di vacanza. Con il
             passare del tempo, si sente il bisogno di un rapporto più
             tranquillo, senza stress e, soprattutto, stabile per ragioni di
             «economia psichica» e di risparmio fisico, per cui si passa
             alla fase successiva dell’amore, nella quale si recuperano
             l’equilibrio e la ragione; inoltre, caduta l’idealizzazione, si
             ha una visione più realistica e veritiera del rapporto. Gra-
             dualmente si vedono nell’altro per la prima volta difetti,
             carenze, immaturità e negatività, che possono portare a una
             crisi del legame affettivo; ma se nel partner prevalgono i
             pregi e le qualità positive, se ne accettano anche le imper-
             fezioni, lo si stima e lo si ama con maggiore profondità e
             più a lungo, tanto da poter realizzare insieme un progetto
             di vita. Diventano così basilari l’intesa e la complicità, ol-
             tre alla relazione sessuale.
                Amare è un difficile percorso, il cui itinerario è sem-
             pre privato, personale. Ognuno ama come può ed è capa-
             ce, ma la costruzione di un legame è un «lavoro in corso»
             che dura tutta la vita. Infatti, la cosa più importante da
             imparare è quella di farlo crescere e mantenerlo nel tem-
             po, nutrendolo con pazienza e sapienza poiché si accom-
             pagna a responsabilità pesanti. Quando la vita dell’uno
             diventa quella dell’altro, si sente il dovere di aiutare la
             persona amata a realizzarsi, magari mettendo in ombra
             il proprio Io.
                Proprio perché l’amore è un sentimento vivo e vitale va
             sostenuto e alimentato. Ci si continua a scegliere giorno per
             giorno, anche se ogni individuo, quando ama, è convinto
             dell’eternità del proprio sentimento e non pensa che po-
             trà indebolirsi e svanire. Spesso pensa che «se vi è l’amo-
             re, il futuro è per sempre». Poi le cose vanno come vanno,
             poiché l’amore è un valore dinamico, senza un traguardo

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L’amore nella coppia   15

             sicuro, reiteratamente da conquistare perché continuamen-
             te in pericolo.
                 Può essere profondo e consolidato nel tempo, ma non
             significa «per sempre». È come se fosse in affitto, per farlo
             durare bisogna costantemente rinnovare il contratto. Inoltre
             non si automantiene, ma è come una pianta che va innaf-
             fiata periodicamente. Occorre la capacità di aggiornare il
             patto di unione tra i partner, poiché ogni età e ogni nuova
             situazione necessitano di nuove regole e accordi. Per rav-
             vivare il sesso non è necessario ricorrere a ménage à trois o
             frequentare locali per scambisti, ma coltivare l’eccitazione
             del partner lavorando di fantasia e d’inventiva.
                 L’amore dà senso alla vita, motivandone le strategie
             quotidiane e i progetti. Non soltanto consola dalla fatica
             di esistere, ma sostiene nelle difficoltà. E anche se a vol-
             te provoca inquietudine, vivere senza amore rende l’esi-
             stenza gelida, arida, vuota. Per questo bisogna prendersi
             cura dell’amore come di un bene prezioso, non danneg-
             giarlo, non sciuparlo o distruggerlo; soprattutto, non lo si
             può abbandonare come un oggetto sperando di ritrovarlo
             intatto quando si torna a prenderlo, poiché l’amore si sca-
             rica come una pila e finisce nell’indifferenza. È quindi ne-
             cessario imparare ad assaporarlo con maturità e creativi-
             tà, affinché resti sempre un palpito d’amore.
                 Acquisire tale capacità non è facile, poiché è ormai scien-
             tificamente accertato che ognuno impara a voler bene e ad
             amare da come ha visto i genitori amarsi tra loro e da come
             padre e madre gli hanno voluto bene durante la crescita.
             Spesso i pazienti che sono stati affettivamente soli duran-
             te l’infanzia restano tali anche nell’età matura, nonostante
             indossino ogni giorno una maschera per celare, non solo
             agli altri ma anche a se stessi, insicurezze e paure. E pur-
             troppo l’alfabeto dei sentimenti, la grammatica affettiva e
             la psicologia dell’amore non si apprendono grazie a una
             pillola, poiché la «capacità d’amare» è una medicina che
             il farmacista non vende.
                 In un mondo dove ogni certezza, anche a livello scien-
             tifico, filosofico e politico, è una domanda sempre aper-

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16        Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)

             ta con risposte sempre nuove – per cui ogni convinzione
             deve essere continuamente problematizzata e revisionata –,
             l’amore assume ancora di più la forma di struttura-rifugio,
             all’interno della quale gli individui cercano un recupero di
             equilibrio. In una società perennemente pressante e com-
             petitiva, e in tempi di progressivo tramonto delle ideolo-
             gie, l’amore resta l’unico ideale, e si avverte il bisogno di
             ritirarsi nel privato, di investire i sentimenti su poche per-
             sone, quindi di riscoprire e rivalutare la coppia, seppure
             in un orizzonte culturale diverso, meno rigido, dove le
             decisioni possono essere anche reversibili. Tale valoriz-
             zazione dei sentimenti è un fenomeno positivo, poiché
             corrisponde a una maggiore responsabilizzazione dell’in-
             dividuo, anche se comporta, quali inevitabili risvolti ne-
             gativi, una prevalenza dell’aspetto soggettivo su quello
             oggettivo, il rischio che il privato diventi talvolta troppo
             privato o che il soggetto prenda in considerazione sem-
             plicemente quanto gli si confà, interpretando la realtà se-
             condo i propri comodi.

             La narcisa
                Laura è una famosa attrice quarantacinquenne, dal look
             moderno: occhiali enormi, scarpe firmate, giubbotto luci-
             do di marca francese, come la borsa. Il tutto per farsi no-
             tare. Come molti attori è vanitosa e ambiziosa, e infatti la
             sua professione comporta un certo esibizionismo. Del re-
             sto non l’avrebbe scelta, anche a costo di tanti sacrifici, se
             nel calcare le scene non ricevesse consensi e applausi. Però
             vede solo se stessa, non sa cogliere le sfumature altrui e
             manca di educazione dei sentimenti.
                È una persona troppo costruita, per niente naturale.
             Ogni situazione è per lei un’occasione di recita. È un’ego-
             latra, centrata su se stessa. Nel parlare, talvolta Laura ha
             un tono lamentoso, talaltra pretenzioso e saccente, che
             irrita: «Io non so più cosa fare di me stessa. Sento di na-
             vigare alla cieca. Non posso continuare a nutrire le mie
             paure restando sempre nel mio giardinetto ad attende-

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L’amore nella coppia   17

             re che se ne vadano, invece di affrontarle. Per questo lei,
             professore, deve mettere ordine nella mia mente, che è
             come un cassetto disordinato. Sarò un caso difficile… Se
             fosse ancora vivo, Sigmund Freud ne scriverebbe un sag-
             gio interessante…».
                 La paziente è una narcisista,3 come dimostrano anche le
             sue ultime affermazioni, polarizzata su di sé. Schiava del
             culto dell’apparire, ha molta cura di se stessa, vive con l’im-
             perativo di imporsi all’attenzione. Le piace piacere, e con-
             tinua a specchiarsi nel proprio Io. È una bambina adulta
             che ha poca capacità di riprendersi da avversità e traumi,
             e non riesce a trovare in se stessa la forza per fronteggiare
             e superare le difficoltà.
                 Usa il proprio corpo per guadagnare i riflettori. In balìa
             delle istanze narcisistiche dell’Io, passa la vita a guardar-
             si: si rimira nel vetro dell’ascensore, si osserva nello spec-
             chietto retrovisore dell’auto, camminando scruta la sua fi-
             gura riflessa nelle vetrine; senza contare gli appuntamenti
             quotidiani con gli specchi di casa, cui dedica sempre più
             tempo. Si guarda non per capirsi, ma per ammirarsi, non
             per vedersi dentro, al fine di sondare i propri sentimenti
             e meditare, ma per ricevere una confortante verifica e ras-
             sicurazione contro le ingiurie degli anni, per esorcizzare
             l’angoscia che la sua bellezza dovrà sempre più confron-
             tarsi con l’invecchiamento.
                 Il raggiungimento dei fatidici «anta» ha mandato in cri-
             si la paziente, che ha sviluppato un’angoscia da disistima:
             è passata dall’altezzosità al sentirsi una nullità, dal piacere
             di mostrarsi in pubblico alla fuga nell’isolamento. Quando
             la vita diventa più esibizione che realtà interiore, quando
             ci si identifica nella corporeità e non nei propri sentimen-
             ti, avviene una frattura tra quello che appare e quello che
             si sente. Quanto più la persona ha considerato la bellez-
             za fisica come elemento principale nella gerarchia dei va-
             lori e come strumento essenziale per realizzarsi, tanto più
             si scontra con la realtà oggettiva dell’invecchiare. E con il
             declino dell’aspetto esteriore, privata dell’arma vincente,
             cadrà inevitabilmente in crisi.

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                 Vi sono donne che utilizzano il corpo per ottenere van-
             taggi economici o guadagnare posizioni di prestigio e di
             potere. Laura se ne è servita per calcare i palcoscenici. Sa-
             pendo anche recitare, non ha esitato a usare la sua aggressi-
             vità narcisistica in imprese impegnative pur di conquistare
             la notorietà. Non ha però mai maturato un vero Sé, anzi, ha
             sviluppato un’immagine grandiosa e idealizzata, con l’in-
             fantile pretesa di essere costantemente al centro dell’atten-
             zione. Essendo molto avvenente, è sempre stata incline a
             trarre profitto dalle sue doti naturali puntando sull’involu-
             cro, senza preoccuparsi di cercare successi culturali o spi-
             rituali. Il suo agire non è stato dettato da valori interiori,
             ma dall’immagine che doveva proiettare, anzi, Laura ha
             legato il senso della propria identità all’apparenza, igno-
             rando che vi sono altre caratteristiche vincenti, quali la ca-
             pacità d’amare.
                 «Passo la vita a recitare il dramma dell’esistenza, inneg-
             giando spesso all’amore, e poi vivo da sommersa e per-
             dente. Sono bravissima nell’incastrarmi in relazioni sba-
             gliate, e a volte il fallimento è davvero pesante, al punto
             che attraverso periodi in cui mi faccio vedere in giro il
             meno possibile per evitare di incrociare lo sguardo altrui.
             Molti uomini mi hanno corteggiato con le solite esche
             (fiori, regali, inviti) per portarmi a letto. Con loro a volte
             ho civettato per il gusto di sentirmi seduttiva, altre volte
             ho vissuto soltanto storie distruttive. Talora mi sono an-
             che incapricciata di castratelli, che poi ho abbandonato,
             anche se per quegli ominidi ho fatto romanticherie assur-
             de. Ho persino mantenuto un rapporto con un uomo che
             non amavo solo per dire che ero fidanzata con qualcu-
             no. In altri momenti ho anche frequentato uomini sposa-
             ti, ma legarsi a un maschio con moglie è come acquistare
             una multiproprietà.
                 «Ogni relazione è stata una storia a sé, anche se ho sem-
             pre avuto paura di non ottenere quello che mi spettava di
             diritto e non ho mai trovato un cuore che si sintonizzas-
             se con il mio. Ancora oggi vivo nella paura di non esse-
             re amata abbastanza e continuo a cacciarmi in situazioni

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L’amore nella coppia   19

             insostenibili, a collezionare fallimenti che mi lasciano più
             sola e sfiduciata di prima.
                «Io non m’innamoro di un uomo, ma di ciò che di sba-
             gliato vi è in lui. Si potrebbe dire che sono affetta dal-
             la “sindrome del bastardo”, in quanto tendo a dipende-
             re dal maschio violento che mi considera sua proprietà.
             Alla fine lo scarico, ma con il successivo il ciclo si ripete,
             secondo un copione già scritto: le solite promesse detta-
             te dagli ormoni in ebollizione, i soliti cedimenti e le con-
             seguenti lacrime.»
                Il desiderio patologico di amore porta a scegliere partner
             sbagliati. Capita poi sovente d’incontrare pazienti narcisi-
             stici, capaci soltanto di prendere e non di dare, incapaci di
             stabilire un rapporto amoroso maturo in quanto la scelta
             del partner risponde a un interesse centrato sul Sé e quindi
             escludente l’altro. Manca il «rispetto» per l’altro, sentimen-
             to che è stato sostituito dalla presunzione e dall’orgoglio:
             comportamenti che derivano dall’esagerazione dell’amor
             proprio e da una continua esaltazione di se stessi. Tali nar-
             cisi, infatti, non sono capaci di empatia, cioè non sanno per-
             cepire e comprendere gli stati d’animo altrui, e quindi non
             riescono a esprimere amore, che è dono di sé, vivibile sol-
             tanto dalla persona eterocentrata e non da quella autocen-
             trata. Normalmente, l’individuo innamorato si dimentica
             di sé per l’altro; il narcisista, invece, si dimentica dell’altro
             per sé. È infatti un soggetto che pretende di essere amato,
             ma non sa amare.
                Giustamente Sigmund Freud4 ha scritto che chi ama è
             umile, perché ha perduto una parte del proprio narcisi-
             smo e può riconquistarla solo se è a sua volta amato. In-
             fatti, nella persona innamorata le preoccupazioni persona-
             li diminuiscono, al punto che il partner è sopravvalutato,
             a volte al di fuori di ogni riflessione critica.5 Questo non è
             certo il caso della paziente, che ha sempre avuto bisogno
             di una dose giornaliera di gratificazioni. Laura, infatti, si
             cura con l’apparire, l’esibirsi, il recitare. Si bea della pro-
             pria immagine sia davanti alla macchina da presa per gi-
             rare un film sia dinanzi a una telecamera per una compar-

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             sata televisiva, sia su un palcoscenico di teatro sia quando
             sfila sul red carpet per ritirare un premio.
                Vivere una relazione affettiva in modo maturo richiede
             capacità che la paziente non possiede, poiché nel rappor-
             to amoroso celebra soltanto il suo narcisismo vivendo l’af-
             fettività a mezzo servizio. Questo le impedisce relazioni
             profonde e durature. Infatti non ama nessuno oltre se stes-
             sa. Di conseguenza ha alle spalle vari amori infelici, sia
             per un individualismo esasperato, con assenza del senso
             del «noi» a vantaggio del puro interesse per l’Io, sia per-
             ché la sua bellezza, accompagnata dalla consapevolezza
             di possederla, l’ha portata a una sprezzante ipomania e a
             uno stato di ansiosa iperattività. Nel rapporto di coppia,
             Laura è capace soltanto di soddisfare le proprie esigenze
             e considera il partner un mezzo anziché una persona, per
             cui nella vita a due non è in grado di stabilire un rapporto
             maturo in quanto vive l’altro in modo deformato e misti-
             ficato, proprio perché ha come principale finalità l’amore
             per se stessa. Attua quindi una scelta poco legata alle ca-
             ratteristiche della persona che crede di amare, di cui di-
             storce le qualità reali utilizzandola soltanto per riflettere
             la propria luce.
                Il partner si sente così sempre più piccolo, perde fiducia
             nel proprio valore e, dovendo spesso cedere alle richieste
             di Laura e vivere in funzione della sua volontà, finisce per
             abbandonarla. Innamorarsi di un individuo narcisistico si-
             gnifica cadere in un’angosciosa delusione, poiché tale im-
             maturo psicoaffettivo non solo è incapace di dare, ma è
             un compagno faticoso in quanto manifesta un’eccessiva
             richiesta di valorizzazione, comprensione e tolleranza. Il
             partner non riceve da lui gratificazione, ma anzi corre il
             rischio di essere tradito per quel bisogno di trofei affettivi
             e sessuali che rende il narcisista strutturalmente infedele.
             Ecco perché Laura ricomincia una nuova storia, facilitata
             dal fatto che esercita un enorme fascino sugli uomini sia
             per la sua notevole capacità recitativa sia per il sussiego,
             l’altezzosità e l’inaccessibilità, che ne rendono più stimo-
             lante la conquista. Non dimentichiamo che, per un’edu-

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L’amore nella coppia   21

             cazione maschile tradizionale, la donna più desiderabile
             è appunto quella riluttante a farsi sedurre.
                 La paziente ha quindi bisogno di un nuovo partner per
             una «coazione a ripetere» ma, essendo innamorata della
             propria immagine, non riesce a legarsi intimamente a lui.
             E poiché i suoi innamoramenti infantili sono la proiezione
             di un bisogno d’amore, gli uomini a volte la usano per ap-
             pagare il proprio narcisismo. In più è presente in lei una
             vocazione al masochismo sentimentale, che permette ai
             partner di soddisfare la propria aggressività.
                 «Durante le sedute di psicoterapia dovrei rievocare la
             mia storia, ma il mio passato non mi piace. Spesso evito
             di dire “quello che mi viene in mente” per non scoprirmi
             troppo e per non farmi imbrogliare dagli altri. In sedu-
             ta il mio inconscio rumoreggia, ma io non ho alcuna vo-
             glia di guardarmi dentro e nemmeno intorno. Non creda,
             caro professore, che per sondare i miei abissi emoziona-
             li, io mi debba spogliare come una cipolla! Visto che è lei
             lo psicoanalista, si rimbocchi le maniche e deduca. Certa-
             mente un mercenario della psiche bravo come lei troverà
             una via d’uscita! Penso al sofà nell’ambulatorio del dot-
             tor Freud, a Vienna…
                 «Però devo ammettere che io mi sono sempre mol-
             to guardata allo specchio vedendomi troppo poco. E lei,
             professore, mi aiuti a capirmi e mi indichi nuove forme di
             pensiero e di azione. Per questo avverto la necessità di ri-
             manere ancorata a un punto di riferimento. Recita un pro-
             verbio cinese: “I maestri aprono l’uscio, ma tu devi entra-
             re da solo”. Forse è ora di cominciare a prendere in mano
             la mia vita…»
                 Il paziente, nelle sedute iniziali, racconta cose distanti
             da sé, prive di un vero contatto con le sue parti profonde.
             È consapevole solo dei propri sintomi, non delle cause, e
             chiede aiuto per eliminare i primi, ignorando che in essi si è
             condensata la conflittualità. La sua identità è infatti ampu-
             tata di interiorità e confusa, e il metodo delle «associazioni
             libere», che consiste nell’invitarlo a dire tutto quanto gli
             viene in mente senza operare alcuna selezione intenziona-

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             le, ha appunto l’intento di farlo parlare a ruota libera, sal-
             tando da un argomento all’altro. La stessa domanda «Che
             cosa le fa venire in mente?» è posta dall’analista affinché il
             paziente si metta in contatto con l’inconscio.
                Prosegue Laura: «Non è facile riuscire a parlare di quel-
             lo di cui non si è orgogliosi, è faticoso ammettere un erro-
             re, per paura che qualcuno ne approfitti. Io, quando leggo
             un copione, incontro un ruolo e una situazione già defi-
             niti, in cui le parole sono state precedentemente scritte e
             poco rimane per la fantasia dell’attore. In seduta, invece,
             devo essere me stessa, non recitare una parte. E quella me
             stessa non mi piace. Vorrei vedere, nascosta in un arma-
             dio, gli altri pazienti in analisi; mi consolerebbe delle mie
             solitarie farneticazioni…».
                La paziente rifiuta di ricevere sostegno nei momenti di
             difficoltà, di accettare i cambiamenti come fattori intrin-
             seci all’esistenza, di muoversi perseguendo i propri obiet-
             tivi. Proprio perché ha una visione troppo nevrotica di se
             stessa, non riesce a rapportarsi al mondo, ad affrontare e
             superare le difficoltà della vita. E non è che non voglia in-
             vecchiare, non ne è capace, perché vive l’età matura in un
             letargo adolescenziale, con un precario senso di sé e man-
             canza di autocritica.
                Come gran parte delle narcisiste, non si sente mai in col-
             pa, anzi, si aspetta sempre approvazione incondizionata.
             Vuole essere al centro dell’attenzione perché soffre della
             «sindrome del faro», che porta a voler primeggiare e ren-
             de faticosa la vita poiché gli altri non sopportano chi ne
             è affetto. Infatti, la pretesa di emergere le procura scontri,
             perdite e rivalità. Inoltre, la sua permalosità corrisponde
             a un ripiegamento su se stessa per difendersi da qualsiasi
             attacco esterno tendente a modificare il concetto che ha di
             sé. Si tratta quindi di una «resistenza», che le impedisce di
             riconoscere e accettare le proprie immaturità.
                «Durante le sedute collego i miei comportamenti a espe-
             rienze infantili. Sono reviviscenze che gettano fasci di luce
             sulla mia vita e mi fanno vivere momenti in cui capisco di
             essere ancora meglio di quello che pensavo. Mi rendo conto

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L’amore nella coppia   23

             che il futuro può essere orientato attraverso la conoscenza
             del passato e, se saprò mantenere e vivificare la consape-
             volezza delle mie risorse e capacità, potrò aprirmi a nuove
             prospettive e opportunità che finora ignoravo o mi nega-
             vo. Capisco che devo essere “accompagnata” nel ripercor-
             rere la mia vita per ripararne i guasti ed elaborarne il do-
             lore, per evolvere verso un’identità solida che mi permetta
             un futuro sereno. Certamente il cammino sarà lungo ma,
             con il passo calmo e sicuro della cura, la meta della matu-
             rità psicologica non mi sarà preclusa.
                «La mia vita non è stata tutta zucchero e caramelle. Dan-
             do un’occhiata retrospettiva al mio faticoso cammino, oltre
             a soffrire per questioni di cuore ho avuto anche problemi
             con la sessualità, in quanto non ho mai avuto un rappor-
             to fluido con gli uomini. Non sono mai riuscita a stabili-
             re con loro quella complicità e “alleanza” erotica che per-
             mette di assaporare le tenerezze del preludio, le sfumature
             di un rapporto intimo e la sintonia del postludio. Il mio
             coinvolgimento è sempre stato tiepido, per la scarsa pas-
             sione e la ridotta intimità. Forse per questa ragione le mie
             relazioni sono state particolarmente epidermiche e si sono
             esaurite in tempi brevi. E poiché il traguardo non era la
             procreazione e nemmeno il piacere, mi chiedo perché sono
             stata con tanti uomini…»
                Le motivazioni sono state l’affermazione di sé e una ve-
             rifica della propria femminilità, per dimostrare a se stes-
             sa di essere una «vera donna». E anche se Laura si presen-
             ta ai partner come disponibile a dare piacere, nella realtà
             non mantiene quanto promesso perché controlla senti-
             menti, emozioni e sensazioni. Manda cioè l’uomo «su di
             giri» eccitandolo sessualmente, ma poi gli inibisce il piace-
             re con un comportamento quasi da frigida.6 A volte inter-
             rompe persino il preludio, disorientando colui che ha su-
             bìto la sua corte sessuale.
                Se, infatti, la libido oggettuale è una forza centrifuga che
             parte dal soggetto per raggiungere l’oggetto, quella narci-
             sistica è una forza centripeta che rimane nel soggetto stes-
             so. Nell’individuo normale queste due forze sono in stret-

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24        Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)

             to equilibrio, e lo scambio che avviene tra loro porta alla
             gratificazione di entrambi i partner; Laura, invece, che ha
             bisogno di conquistare per possedere, lamenta disturbi del
             piacere e, anche se raggiunge l’orgasmo, non erotizza to-
             talmente il partner. Se questi poi ne soffre, non gliene im-
             porta, anzi, gode perfino per aver messo in crisi l’onnipo-
             tenza virile.
                Oltre all’incapacità di comunicare affettivamente e ses-
             sualmente, la narcisa ha difficoltà a relazionarsi con gli
             altri, poiché riduce tutto alla propria centralità. È quindi
             più portata al dileggio che all’autoironia, all’egoismo che
             all’oblatività. Laura presenta infatti un adattamento inter-
             personale soltanto apparente, ma con gravi distorsioni nel
             socializzare. Nei rapporti con i colleghi manifesta inten-
             sa ambizione, sete di ammirazione e desiderio inesausto
             di prevaricare. Le è quindi impossibile stabilire relazioni
             nel segno della reciprocità; soprattutto, è incapace di vo-
             ler loro bene a causa di un iperinvestimento sul proprio Sé
             e di una sua ipervalutazione. È una donna insopportabile
             che, quando una scena riesce bene per merito di un colle-
             ga, dice: «Siamo stati bravi», mentre, se è lei ad aver reci-
             tato bene, afferma: «Sono stata brava».
                A livello relazionale l’iperinvestimento sul Sé porta a un
             ipoinvestimento sugli altri; ne deriva un’assenza di sinto-
             nia e di empatia. Con fatica, infatti, Laura sopporta i com-
             ponenti della compagnia teatrale, facendo vita solitaria du-
             rante le tournée per l’Italia.
                La paziente è sempre stata malata di protagonismo e chi
             le è vicino non può che ripiegare su un ruolo forzatamen-
             te passivo. La sua è dunque una collaborazione oppor-
             tunistica e manipolatrice, dove la troupe viene utilizzata
             per un fine calcolato e un tempo determinato. Per questo
             la sua pseudorelazione con gli attori termina alla conclu-
             sione della tournée. Anche sul versante amicale il suo de-
             stino è la solitudine.
                Le cause che hanno portato Laura al narcisismo nevro-
             tico7 risalgono all’infanzia, come racconta lei stessa: «Per
             mia madre non ero un essere prezioso, ma soltanto un ri-

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L’amore nella coppia   25

             fugio per la sua vulnerabile insicurezza e uno scudo con-
             tro gli altri. A volte mi sentivo usata per soddisfare i suoi
             bisogni e fantasticavo di liberarmi di lei, ma subito me ne
             colpevolizzavo con sensazioni di paura e di castigo. Cer-
             tamente mi ha voluto bene solo perché esistevo, perché
             ero nata. Non ha mai pensato che, procreandomi, aveva
             messo­nei guai un’altra persona. Ora pretende di diventa-
             re anzia­na senza invecchiare, e continua a sbagliare i do-
             saggi: parla troppo, gesticola troppo, è troppo ansiosa e
             agitata. È tutta un’overdose.
                 «Mio padre ha sempre dato a tutti, eccetto che in fami-
             glia, per ricevere ammirazione, lodi e gloria, ma è sempre
             stato un inetto, senza spina dorsale e senza una chiara e di-
             gnitosa linea di comportamento. In casa, al contrario, era
             un prepotente che si serviva di noi per scaricare le sue fru-
             strazioni. Io, purtroppo, non possedevo una natura “elasti-
             ca”, per cui soccombevo alla sua arroganza. Fantasticavo
             strategie di indipendenza ma, volendo studiare, non po-
             tevo autonomizzarmi da due genitori che scambiavano il
             mio sano desiderio di emancipazione per ostilità, negan-
             domi affetto e appoggio. Soltanto da qualche anno ribut-
             to loro in faccia, una per una, tutte le loro mancanze…»
                 A causa del carente affetto e dell’indifferenza dei genitori
             alle sue infantili richieste, Laura ha sviluppato un profon-
             do senso di inadeguatezza, accentuando la tendenza verso
             il ritiro egocentrico come autodifesa. Non ha quindi potu-
             to strutturarsi interiormente in modo da opporsi e reagire
             con coraggio ed equilibrio alle difficoltà della vita. È una
             persona che ha passato l’esistenza concentrata sui propri
             bisogni, che ha pensato soltanto a se stessa e al proprio in-
             teresse, che usa continuamente il pronome «io» per enfa-
             tizzare i propri pregi. Il suo è stato un cammino da perso-
             na a personaggio ed è bravissima a sponsorizzarsi, a fare
             la promoter di se stessa, a battersi il tam-tam personale.
                 Purtroppo, l’immagine di un Io grandioso ha compen-
             sato un Sé povero, poiché il senso di superiorità coesiste
             sempre con quello d’inferiorità, e certe fantasie di grandez-
             za le sono necessarie per neutralizzare l’angoscia profonda

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26        Impara a dire ti amo (prima che sia troppo tardi)

             di non valere, per rassicurare il proprio senso di fragilità e
             di inabilità che le procura emozioni interne di dubbio, di
             panico, di fuga. Anche da adulta la paziente è infatti vit-
             tima di insicurezze, mascherate da una falsa sicurezza. I
             problemi di relazione con i genitori, specie con la madre,
             l’hanno portata a ricercare gli applausi e il successo per
             tentare di cicatrizzare quelle ferite lontane, per compen-
             sare la sua disistima profonda. La stessa scelta di fare l’at-
             trice è stata la conseguenza del bisogno di sedurre per ri-
             cevere calore e affetto.
                L’unica cura, per Laura, è la psicoterapia, non certo i far-
             maci. Il lavoro d’analisi ha come meta il superamento del
             narcisismo infantile e quindi dell’egoismo, compito non fa-
             cile poiché la persona narcisistica ha difficoltà di introspe-
             zione e di autocritica, e soltanto un grave insuccesso o una
             crisi depressiva possono farle sentire la necessità di curarsi.
             Durante la psicoterapia, poi, non è facile che Laura viva un
             transfert positivo, poiché spesso non si fida del terapeuta
             a causa delle frustrazioni subite da bambina. Tuttavia, l’Io
             ausiliario dell’analista le fornisce, oltre alle interpretazioni,
             un supporto che le permette di «ritornare» a quelle fasi del
             periodo evolutivo che da piccola ha vissuto in modo ina-
             deguato. Di conseguenza, la paziente recupera, o stabili-
             sce per la prima volta, il contatto con se stessa, con le pro-
             prie emozioni, al di là della facciata costruita all’esterno.
                Dopo mesi di analisi Laura ha smussato quella perso-
             nalità istrionica che manifestava con atteggiamenti teatrali
             (faceva scena sempre e dovunque) e in modo plateale. Ini-
             zia a parlare senza recitare, a comunicare in modo sintoni-
             co: «Proseguo la mia ricerca interiore con due sedute set-
             timanali. L’analisi è un percorso di consapevolezza, porta
             luce nel buio. Il lavoro dell’analista mi ricorda la funzione
             di Virgilio nei confronti di Dante, l’incontro tra un visita-
             tore e l’abitante di un mondo pauroso, pieno d’incognite.
             Malgrado le mie riserve nell’abbandonarmi, nel racconta-
             re me stessa, credo di essermi quasi lasciata alle spalle le
             ombre del passato e di aver acquisito la capacità di impe-
             gnarmi per la mia crescita.

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