Il Surrealismo e il Cinema
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Destino, l’onirico cortometraggio di Salvador Dalì e Walt Disney Dalla collaborazione del genio surrealista e l’inventore di Topolino un piccolo gioiello di animazione all’insegna del sogno, dell’amore e della fugacità del tempo Il Surrealismo e il Cinema Il surrealismo è un movimento artistico di avanguardia che nasce in Francia negli anni ’20 del ‘900 e trae ispirazione dall’irrealtà e la dimensione onirica del subconscio freudiano. Nel 1924 André Breton, il teorico del movimento, pubblicò il primo Manifesto Surrealista, nel quale descrisse il surrealismo come una forma “di automatismo psichico puro“, una totale liberazione di pensiero in cui primeggiano il sogno, la follia, il meraviglioso. Il surrealismo adottò qualunque mezzo di espressione d’arte e dilagò ben presto nel campo letterario, teatrale, artistico e anche nel cinema. Proprio il cinema e il sogno sono i veri protagonisti di questo articolo: Salvador Dalì, esponente surrealista, genio stravagante e poliedrico, fin dalla sua giovinezza tentò di esprimersi attraverso la cinematografia. Dopo alcune celebri esperienze, come il cortometraggio Un chien andalou nel 1929 con il regista avanguardista Luis Buñuel; e Io ti salverò di Alfred Hitchcock, per il quale realizzò alcune scene oniriche nel 1945, Dalì collaborò con Walt Disney nel 1946: tra i due vi fu da subito una certa affinità intellettuale ed una profonda stima reciproca, d’altro canto entrambi perseguivano la fantasia e l’irrazionalità. Non è un caso che lo stesso Dalì definì Disney uno dei maggiori surrealisti americani. Per entrambi la distorsione del reale, per entrambi il confine sottile tra il possibile e l’impossibile.
Destino: nascita del progetto, complessità e interpretazione Il progetto con Walt Disney prevedeva la realizzazione di un cortometraggio, Destino: un’animazione di sei minuti, sullo stile di Fantasia 1940, sulle note della canzone del messicano Armando Domìniguez. Dalì, affiancato da John Hench, partecipò con grande ispirazione, tanto da realizzare circa centotrentacinque schizzi e trentadue dipinti. Nonostante il fulcro della narrazione sia incentrato su una storia d’amore tipicamente disneyana, tutta la sceneggiatura riconduce ad un tema più profondo: la vita dell’uomo nel labirinto del tempo, un tema molto caro all’artista surrealista, che nelle sue opere sottolinea la caducità dell’esistenza umana. Tutta l’animazione è attraversata da un’incessante mutabilità e metamorfosi di forme: come fluidi le immagini mutano e scorrono seguendo un flusso di coscienza, che ci avvolge in un turbinio di condizioni irreali. Tutto sembra erompere dall’inconscio senza alcuna mediazione logica, seguendo un automatismo psichico, per il quale ogni espressione del pensiero è fuori controllo dalla ragione, senza alcun vincolo estetico o morale. Soprattutto, tutto sembra essere pervaso dal metodo del paranoico-critico tipicamente daliniano, grazie al quale ogni figura abbandona la sua forma nel momento in cui
il sogno delirante viene razionalizzato: ecco che due profili realizzano la sagoma della ballerina, le formiche diventano ciclisti e la campana una donna. Destino racconta di una giovane donna e dei suoi sogni: la volontà di afferrare il Tempo, interpretato dalla statua di Crono che incombe sulla scena, e trovare l’amore. Dopo la mondanità e diversi amori fugaci, interpretati da una serie di manichini, la donna inciampa nel dito inquisitorio della gente per poi cadere nuda, spogliata ormai di qualunque menzogna, in una conchiglia ritrovando sé stessa e l’amore, un giocatore di baseball. I due sono costantemente divisi dalla inarrestabilità del tempo che, ogni qualvolta li allontana, finché la donna, nel forte desiderio di ritrovare l’amato, assume le fattezze di una palla da baseball che il giocatore colpisce nella speranza di fuggire con lei lontano. Un ultimo abbraccio fugace, per poi perdersi di nuovo. In conclusione, di nuovo il Tempo incombe, ma questa volta in una crepa della scultura di Crono appare la sagoma della donna, nel tentativo forse di ribadire quanto l’uomo sia schiavo della precarietà del Tempo e vittima del suo stesso destino.
La fortuna del cortometraggio Nonostante il fascino del progetto, Destino non fu portato a termine, ma si realizzarono solo quindici secondi di animazione dell’idea originaria, in particolare le due tartarughe che avvicinano due mostruosi profili, costruendo l’immagine della ballerina. A causa della difficile condizione economica in cui Disney si trovò all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e il controverso successo dello sperimentale Fantasia nel 1940, il cortometraggio fu abbandonato. Fu ripreso solo nel 1999, a distanza di più di cinquant’anni da Roy Edward Disney che ritrovò archiviati i bozzetti di Dalì e decise di dare loro un’altra chance: con una équipe di venticinque disegnatori Destino fu completato ispirandosi proprio all’idea originaria del genio surrealista e di Walt Disney. Il lavoro fu prodotto da Baker Bloodworth e diretto da Dominique Monfrey. La storia d’amore disneyana e la fantasia eccezionale di Dalì
rendono tuttora questo cortometraggio un capolavoro e un piccolo gioiello. Fu presentato nel 2003 al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy, ottenendo una nomination agli Oscar. © IL QUOTIDIANO ONLINE • 2021 RIPRODUZIONE RISERVATA
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