IL PROBLEMA A SEGUIRE PER OCCUPY WALL STREET: OCCUPARE LE COSTRUZIONI, OCCUPARE I POSTI DI LAVORO
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
«Debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia» Tommaso Campanella Associazione Culturale PonSinMor Web: www.ponsinmor.info NewsLetter n. 34 del 26 dicembre 2011 Sostieni il nostro lavoro di informazione: iscriviti, fai un sostegno o collabora all’Associazione. Per comunicazioni, commenti, collaborazione e contatti scrivere a pon-sin-mor@libero.it Caro Dante, Sono tornato a NY il 9. Ero presente allo "sciopero generale" di Oakland il 2. Ecco quello che abbiamo distribuito oggi (17 novembre) nella manifestazione a NY. Un abbraccio Loren IL PROBLEMA A SEGUIRE PER OCCUPY WALL STREET: OCCUPARE LE COSTRUZIONI, OCCUPARE I POSTI DI LAVORO Oggi, dopo due mesi di occupazioni e di reazioni alle occupazioni a Portland, Oakland ed ora a Manhattan, il movi- mento OWS potrebbe passare ad una nuova fase – una convergenza di massa di studenti a Union Square e una con- vergenza della classe operaia a Foley Square, per tentare di dar forma concreta alla crescente richiesta di uno sciopero generale. Questa nuova fase dovrebbe comprendere l'estensione delle occupazioni agli edifici per l'inverno che viene e, oltre questa, ai posti di lavoro, in cui la classe operaia può arrestare il sistema, come passo ulteriore verso l'assunzione della direzione amministrativa della società su una base interamente nuova. Qualunque cosa accada oggi (17 novem- bre) e nella settimana a venire in termini di azione, è tempo di valutare le resistenze ed i limiti del movimento di occu- pazione sia a New York che intorno agli Stati Uniti. Non c'è dubbio che questo sia il più importante movimento di agitazione di strada negli Stati Uniti da quattro decenni. Lo attesta la sua violenta diffusione incendiaria a 1.000 città in alcune settimane. La valanga di «rivendicazio- ni» ha manifestato improvvisamente la miseria sociale ed economica di 40 anni, in gran parte sofferta passivamente, con scoppi occasionali di resistenza, una realtà pubblica d'ora in poi impossibile da ignorare. Politici, personalità della
TV e vari esperti sono rimasti interdetti nel lento cammino di fronte a un movimento che rifiuta di entrare nel loro universo improvvisamente irrilevante. Per la caratteristica complessiva dell' accozzaglia di rivendicazioni che esso ha espresso, il movimento è stato assolutamente nel giusto nel rifiutare di identificarsi troppo precisamente con richieste specifiche, ideologie e capi. La realtà sociale quotidiana negli anni lo ha istruito troppo bene perché in questo modo non cada in quel gioco. Alla radice di tutto c'è la realtà di ciò che il movimento rappresenta: il rifiuto di una società che accantona un nume- ro sempre maggiore di persone nel mucchio di scarto. Se si identificasse esattamente con l'intero elenco delle rivendica- zioni, sprofonderebbe sotto il movimento, avendo percepito che tutto deve cambiare e che certamente nulla resterà come prima. In risposta, le maggiori forze capaci di incanalare questo movimento nei binari della rispettabilità (il Partito Democratico e i funzionari del sindacato) stanno brigando per controllarle, disinnescare e reprimere, come in primavera hanno fatto con successo, per esempio, in Wisconsin. Non stanno attraversando un momento facile in proposito. Le realtà delle occupazioni in 1.000 città sfidano ogni facile generalizzazione. I mezzi di informazione hanno tentato di illustrare il cuore del movimento come giovane, bianco, di disoccupati e della «classe media» – essendo questa seconda caratteristica una falsa identità che scomparirà velocemente per l'ingresso della classe operaia. In ogni caso nelle fasi iniziali, in diverse città (specie quando la massa del 2 novembre si diresse sul porto di Oakland), gruppi significativi dei neri e Latinos, come le persone più anziane, hanno esteso il movimento in molti luoghi al di là del nucleo iniziale. Il nostro scopo qui non è di insistere sui mille slogan, su alcunché ci si debba attendere da un movimento molto gio- vane composto in larga misura da persone per le quali questa è la prima esperienza del genere nella loro vita. Idee come l'«1%» o «aumenti in paga base» o «far pagare alla banca» o «abolire la FED» si collocano accanto agli attacchi «al capitalismo». Suggeriremmo che l'eccessiva insistenza sulla «banche» non è consapevole che la fonte della miseria diffu-
sa è la crisi mondiale del sistema capitalista (del lavoro salariato) e, di conseguenza, non indica il superamento della crisi nell'organizzazione di un mondo che superi il lavoro salariato, vale a dire il socialismo o il comunismo (benché siamo bene informati dell'abuso di queste parole in troppi casi). Per arrivare ad un tal nodo centrale è necessario parla- re apertamente di classe. È chiaro che la grande maggioranza della classe operaia negli Stati Uniti, benché simpatizzi col movimento, non lo ha condiviso in alcun senso attivo, se non per il fatto che stanno lavorando e sono impegnati nella sopravvivenza quotidiana. Il movimento di occupazione deve costruirsi sulla militanza creativa nelle strade di migliaia di persone (secondo le indicazioni di Oakland, Portland, Seattle, New York e altrove) per espandersi a quella grande maggioranza che a volte, ad un isolato o a due dalle battaglie di strada, sembra andare a fare la spesa come al solito. Il numero crescente di azio- ni anti-pignoramento e anti-sfratto non ha fatto che crescere. L'occupazione di stabili per assemblee e di spazio vitale indispensabile, come per laboratori e corsi, potrebbe essere una fase successiva importante. Oltre ciò dovrebbe esserci l'estensione del movimento alle interruzioni di lavoro e all'occupazione dei posti di lavoro, ponendo sempre più acuta- mente di prima rivendicazioni sulla proprietà privata e su «chi gestisce?». Il rinnovo del contratto pendente del Local 100 della Transit Workers Union è un nodo evidente qui a New York. Il braccio di ferro in corso fra il Local 21 degli operai portuali del bacino della costa occidentale (ILWU) e il branco di cru- miri della EGT Corporation a Longview, Washington, è un altro. La prevista occupazione, insieme con i genitori e gli studenti, di cinque «public school» aspramente criticate per chiusura a Oakland, è ancora un altro. In tali azioni di forza, crediamo che il movimento incontrerà poca difficoltà nel distinguere fra gli operai della truppa (che già occasionalmen- te vi hanno aderito) e i burocrati del sindacato che hanno fatto passare una risoluzione fiacca dopo l'altra di «supporto» senza un minimo, o soltanto un segno, di mobilitazione. Ancor meno è necessario dire circa i politici del Partito Democratico – più notoriamente, il sindaco di Oakland Jean Quan – che hanno provato a tirare il movimento verso i propri fini – prima di introdurvi la polizia anti-sommossa. TUTTAVIA, L'OCCUPAZIONE È SOLTANTO UNA FASE ULTERIORE: OLTRE QUESTA C'È LA QUESTIONE DI ASSUMERE LA DIREZIONE DELLA PRODUZIONE DELLA SOCIETÀ PER NOI STESSI E AVVIARLA SU UNA BASE INTERAMENTE NUOVA. Qualunque cosa accada nell'immediato futuro, nel muro di silenzio sulla miseria accumulata di quattro decenni è stato aperto un varco. Ogni giorno reca ulteriori notizie di attacchi ai lavoratori mentre il capitalismo mondiale corre fuori controllo. Non è mai stato più chiaro di così che la «normalità» capitalista dipende dalla passività di coloro che essa schiaccia per conservare sé stessa e che dalla Tunisia e dall'Egitto, passando per la Grecia e la Spagna, a New York, ad Oakland, a Seattle e a Portland, questa passività è saltata. Il compito oggi è di gettare tutto quel che abbiamo nell'avvicinarci a quel punto di non ritorno dove le condizioni gridano alto: «Abbiamo la possibilità di cambiare il mon- do, facciamolo» Pubblicato da INSURGENT NOTES JOURNAL OF COMMUNIST THEORY AND PRACTICE «Insurgent Notes» è pubblicato da un piccolo collettivo presente principalmente negli Stati Uniti orientali. Vediamo il nostro compito come la creazione di una corrente attrezzata teoricamente e praticamente per favorire l'abolizione del capitalismo ed elaborare provvedimenti concreti per un'uscita veloce dal capitalismo.©2010 Insurgent Notes. All rights reserved. RSS feed. This site uses the Basic Maths theme for WordPress, designed by Khoi Vinh & Allan Cole. http://insurgentnotes.com/ Write us at: editors@insurgentnotes.com
L’1% DEL 99% E L’ALTERNATIVA ANTI-CAPITALISTA 22 Dicembre 2011, 15:33 Autore John Garvey Questo documento è stato scritto poco prima delle manifestazioni del 12 dicembre sulla costa occidentale, con l'intento di organizzare un incontro di una corrente specificamente anticapitalista emergente dal movimento OWS nella zona di New York City; Se siete interessati a maggiori informazioni, scrivere all'indirizzo e-mail qui sotto. Convocazione a un incontro aperto 8 Gennaio 2012 18:0 – 20:0 PM The Commons 388 Atlantic Avenue a Brooklyn (tre isolati dalla fermata della metropolitana di Avenue Atlantic) Scriviamo il giorno prima che i dimostranti Occupy manifestino lungo la Costa del Pacifico per bloccare i porti. Assicuriamo loro la nostra solidarietà e aspettiamo con impazienza di udire del loro successo. La strategia mirata al blocco dei porti implica il riconoscimento che il futuro del movimento Occupy richiede lo sviluppo di una chia - ra e potente corrente anti-capitalista. Riteniamo che sia giunto il momento di porre all'ordine del giorno degli atti- visti di New York lo sviluppo di un'espressione organizzativa di una tal corrente. Pertanto invitiamo tutti gli interes- sati ad una riunione iniziale il 12 gennaio all'indirizzo qui sopra. Ci saranno parecchi brevi interventi ma molto tempo per la discussione. Il testo che segue è un'esplorazione preliminare di un certo numero di questioni che rite- niamo urgenti. Aspettiamo vivamente di sentire le vostre reazioni e le vostre idee. Distribuito a cura di un gruppo di attivisti anti-capitalisti, 12 dicembre 2011 Per maggiori informazioni su alcuni aspetti specifici implicati, scrivere a againstprofitnyc@gmail.com L’1% DEL 99% Una precisazione sul ruolo dei sindacati e sull'attività dei lavoratori nel movimento Occupy Nell'attuale crisi economica e sociale, la possibilità per i lavoratori di conseguire realmente dei passi avanti at- traverso le strutture sindacali di cui dispongono è quasi inesistente. Di fatto, negli ultimi due mesi del movimento di occupazione, qui negli Stati Uniti, i leader sindacali da un lato hanno giocato ad andare oltre le esigenze sociali della classe operaia, hanno minato gli sforzi di base del movimento che contestava questi attacchi, spostandosi alla sua destra; dall'altro hanno agito come sua forza di polizia, non solo contro i suoi membri ufficiali, ma contro l’intera attività politica. Ma se guardiamo storicamente, queste strategie sindacali sono coerenti con il loro ruolo storico all'interno della società capitalistica come mediatori tra il management e i lavoratori. L'attività primaria del sindacato, tramite un gruppo di persone in posizioni di leadership, ossia la burocrazia – è quello di negoziare con i padroni un contratto per dei miglioramenti, per i salari, e (talvolta) per specifiche condizioni di lavoro all’interno delle condizioni di sfruttamento. Per far questo, essi operano come organizzazione al di sopra e oltre la massa dei lavoratori, per mantenere un rapporto esclusivo e specializzato con il management, perpetuando così un rapporto di controllo sui loro membri, nonostante di tanto in tanto, e parzialmente, concedano loro di esprimere il loro dissenso. In realtà, questo dissen - so può anche aiutare le negoziazioni: «Se non promettete X, Y o Z, non possiamo essere ritenuti responsabili per quello che questi pazzi lavoratori potrebbe fare! Tuttavia, se promettete, il che non significa mantenere, possiamo, molto probabilmente, farli continuare a lavorare in modo produttivo per voi». Inoltre, e nel contesto della crisi at - tuale, i sindacati sono in grado di ottenere sempre meno e, di conseguenza, tramite il sindacato, la base è lasciata senza strumenti di lotta. Nell’attuale fase capitalista, i margini della contrattazione si fanno sempre più risicati, per - ché è strutturalmente impossibile per il capitalismo fare concessioni, inoltre non esiste il «diritto» di sciopero, e lot- te che oltrepassino la burocrazia sono sempre più una necessità. Sperare che la burocrazia sindacale risponda alle esigenze della classe operaia equivale a limitare le proprie speranze come fossimo dei cani al guinzaglio. Questa posizione non viene da politiche individuali dei burocrati sindacali per sé stessi, dalla loro personalità, o anche da una particolare congrega che ne abbia la leadership. È invece il ruolo storico dei sindacati in quanto mediatori tra il lavoro (cioè i lavoratori che producono il profitto, i beni, l’istruzione, ecc. per la società nel suo complesso) e il capitale. La burocrazia sindacale non può immaginare un mondo senza capitalismo, perché la sua esistenza si fonda su contrattazioni all'interno dei meccanismi stessi del capitale. Se guardiamo alle attività dei sindacati a New York nell’ultimo mese, ad esempio, possiamo vederlo chiara- mente. Per molti di quelli coinvolti nel movimento di occupazione, che hanno sottolineato che Occupy Wall Street
ha spostato i sindacati verso una posizione più a sinistra, c'è una sorpresa quando i primi segni di militanza all'interno delle manifestazioni hanno portato al deragliamento, nel momento in cui i dirigenti sindacali hanno tentato di trasformare la rabbia della classe lavoratrice in piattaforme per il Partito Democratico. Diamo uno sguardo più da vicino a questi eventi recenti. 17 novembre: Più di 50.000 persone hanno protestato per le strade di New York. Ci sono stati cortei e mobilitazioni in tutta la città, e almeno una di queste ha evitato l'intervento della polizia per tutto il tratto da Union Square a Foley Squa- re, così come un'occupazione di uno spazio universitario per una lezione aperta di anticapitalismo sia per gli stu- denti che per i non studenti. Nel pomeriggio, almeno 32.000 persone han tentato di prendere il Ponte di Brooklyn con l'azione diretta. Le persone erano sconcertate e sgomente quando hanno tentato di scendere in strada diretta- mente per bloccare il traffico, e hanno invece assistito ad una serie di leader sindacali che riportavano le persone sui marciapiedi. Quando il corteo è arrivato a Brooklyn, è rimasto di nuovo confuso dall'azione di una serie di leader politici e burocrati che sono stati arrestati pacificamente in un'azione (chiaramente pre-organizzata) di «di- sobbedienza civile», che è stata più che altro una performance teatrale piuttosto che una vera e propria azione volta a bloccare il traffico della capitale. 21-28 novembre: Diverse centinaia di manifestanti hanno protestato durante un consiglio di amministrazione dell’università di New York (CUNY) durante un'udienza pubblica al Baruch College. L’edificio del college ha alti livelli di sicurezza e tornelli. Quando gli studenti hanno tentato di tenere una assemblea nell'atrio, che è aperto al pubblico, un gruppo composto di poliziotti e addetti alla sicurezza del campus ha picchiato e arrestato molti studenti. La settimana suc - cessiva, si è tenuta un'altra protesta. Questa volta, una coalizione del PSC (una locale rappresentanza sindacale di docenti AFT e personale della CUNY), membri del consiglio comunale tra cui Charles Barron, e altri sindacati e gruppi no-profit hanno organizzato una protesta autodifesa, con l'aiuto dei rappresentanti di vari partiti politici della sinistra, così come degli studenti progressisti, hanno convogliato i manifestanti verso le barricate. I manife- stanti erano visibilmente infastiditi di doversi spostare dalla protesta chiassosa per le strade di Manhattan, in un recinto di polizia per essere sottoposti a comizi sull'importanza del voto. Una settimana dopo, il PSC ha tenuto un'assemblea, dove valorizzava gli arresti del 21, dimostrando quanto fosse opportunista e ipocrita. Trattative per il contratto MTA (azienda trasporti pubblici): Per quanto riguarda le trattative contrattuali in corso della Transport Workers Union (TWU), in scadenza all'inizio del prossimo anno, la dirigenza locale 100 ha dimostrato esplicitamente che non ha piani per combattere i tagli al personale e ai salari, benefici, servizi, proposti dalla MTA così come tre anni di congelamento dei salari per i lavoratori dei trasporti. È ormai assodato che ogni risposta portata avanti dalla base per un'azione di lotta spontanea e autoorganizzata troverà la stessa risposta data dai sindacati nel 2005: di aperto crumiraggio come di appoggio alla via legale per la messa nell'illegalità di ogni di forma di lotta a gatto selvaggio. Questi sono solo alcuni esempi di attività pratica dei sindacati e della loro strutturale incapacità di fare quanto è necessario: confrontarsi con la realtà e rovesciare il capitalismo stesso. Ciò di cui abbiamo bisogno adesso è l'autorganizzazione politica nei posti di lavoro, sia sindacalizzati che non, nelle scuole e nelle strade. Sono questi gli sforzi che hanno reso possibile lo sciopero dei porti della Costa Occi - dentale il 2 novembre. Non è stato l'arbitraggio della burocrazia attraverso i suoi tentativi di addomesticare la lotta di classe, ma invece la partecipazione di molteplici frazioni del proletariato, sindacalizzato, non sindacalizzato e disoccupato, che ha preso l'iniziativa di costruire i blocchi. Il 12 dicembre, ancora una volta, ci sono progetti per bloccare tutti i porti di navigazione lungo la costa occidentale, incluso Los Angeles, San Diego, Portland, Tacoma, Seattle, Vancouver e Anchorage, senza l'autorizzazione ufficiale dei sindacati. Come prevedibile, la leadership de- l'ILWU si è opposta a tale azione che, praticamente, mette in discussione la circolazione del capitale e delle merci. Ciononostante, comunque, sia i lavoratori portuali che altri sindacalizzati, non sindacalizzati e disoccupati parteci- peranno il 12 dicembre e, nel farlo, dimostreranno l'arretratezza e l'inutilità delle burocrazie sindacali gerarchizzate nell'esprimere i bisogni e i desideri del proletariato stesso. Questi eventi hanno sicuramente dimostrato che le burocrazie sindacali non ignorano le lotte dietro i loro nego- ziati. Tuttavia, le loro risposte alla crisi rimangono profondamente superficiali confrontate con la gravità delle con- dizioni che stanno peggiorando. Non possono esserci illusioni che, nella gestione esterna dell'intera classe da par - te dei sindacati, questa rappresentazione (che ne danno i sindacati) si oppone radicalmente a quella di tutta la classe operaia. Una burocrazia che controlla gli operai e tranquillizza un rapporto naturalmente antagonistico tra capitale e lavoro non può servire ad altro che a rafforzare il dominio di classe. Comunque, quando ci rendiamo conto che i sindacati collaborano costantemente a rafforzare il dominio di classe, non solo attraverso il loro servi- zio come merce da comprare e vendere, ma anche nella forma stessa di sindacati e partiti, scopriamo anche che noi siamo contrapposti tanto ai partiti e ai burocrati sindacali quanto ai padroni in quanto tali. Noi siamo portato- ri di una rivoluzione che non risparmierà nessuno all'infuori di noi Traduzione a cura di PonSinMor
Puoi anche leggere