Il Dipartimento di Stato Usa ha messo al bando la compagnia pubblica di Pechino con cui l'Authority ha firmato il Memorandum d'intesa rimasto ...

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TRIESTE - Sabato 16 Settembre 2020

Il Dipartimento di Stato Usa ha messo al bando la
compagnia pubblica di Pechino con cui l'Authority ha
firmato il Memorandum d'intesa rimasto finora sulla carta
Schiaffo di Washington al colosso cinese Cccc E la Via
della Seta trema

Diego D'Amelio

Non bastasse la pandemia, un altro duro colpo si infrange sulla possibilità di chiudere le intese con
la Cina riguardanti il Porto di Trieste. Il Dipartimento di Stato americano mette nella black list
China Communications and Construction Company, la gigantesca compagnia pubblica con cui nel
marzo 2019 l'Autorità portuale ha firmato il Memorandum d'intesa sulla Via della Seta e principale
braccio operativo di Pechino nella realizzazione delle infrastrutture dell'iniziativa One belt one road.
La decisione mette i bastoni fra le ruote anche a Fincantieri, perché tra le società messe al bando
figura China Shipbuilding Group, con cui nel 2018 è stato siglato un accordo di collaborazione per
la costruzione di navi in Asia. Il comunicato di Micheal Pompeo non va per il sottile: «Cccc e le sue
sussidiarie sono coinvolte in corruzione, prestiti predatori, distruzione ambientale e altri abusi in
varie parti del mondo». Dopo un comunicato del genere e il riallineamento del governo Conte bis
alla fedeltà atlantica, il Dragone pare allontanarsi sempre più da Trieste. Anche il presidente
dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino manifesta pessimismo, pur sapendo che l'esposizione
mediatica legata alla firma del Memorandum è servita ad attirare grande attenzione sullo scalo. Il
tamburo mediatico che accompagnò la sottoscrizione dell'accordo tra Authority e Cccc ha tuttavia
lasciato il passo prima all'attesa di sviluppi e poi a una stasi spiegata con l'esplosione del
coronavirus, ma che ha molto a che fare con lo scontro geopolitico tra Stati Uniti e Cina. Trieste è
solo un tassello in una scacchiera di dimensioni globali e la scintilla che ha provocato l'intervento
americano contro Cccc è scoccata nel lontano Mar cinese meridionale: Pechino ne rivendica la
sovranità, mentre Washington definisce le pretese «illegali», «prepotenti» e «destabilizzanti», sulla
scorta di una sentenza della Corte di giustizia dell'Aia, che ha dato ragione ai Paesi del Sudest
asiatico affacciati su quelle acque, dove la Cina ha costruito isole artificiali e basi militari, grazie
all'opera di Cccc e di una serie di società controllate. «Gli Stati Uniti - recita la nota di Pompeo -
sostengono un Mare cinese meridionale libero e aperto». Il Dipartimento di Stato imporrà il divieto
di ingresso ai cittadini cinesi «complici della costruzione o della militarizzazione degli avamposti
nel Mar cinese meridionale», ma ciò che più conta per Trieste è l'iniziativa assunta contro Cccc. «Il
Dipartimento del commercio - continua il comunicato Usa - ha aggiunto 24 società pubbliche cinesi
alla Entity list, incluse diverse (cinque, ndr) sussidiarie di Cccc». Per fare affari con le società
inserite nel libro nero, le imprese statunitensi dovranno chiedere un esplicito permesso al governo.
Il messaggio di Pompeo è chiaro: «Non si deve permettere alla Cina di usare Cccc e altre società
pubbliche come armi per imporre un'agenda espansionista». Difficile che in questo clima
internazionale il confronto fra Autorità portuale e Cccc possa andare avanti. In ballo c'erano i tre
punti del Memorandum: una partecipazione cinese allo sviluppo ferroviario dello scalo, l'ingresso
dell'Authority nella società di gestione dell'interporto slovacco di Kosice e il progetto per l'export di
vino in Cina. Quest'ultimo era in fase avanzata di pianificazione, tanto da essere oggetto di un
secondo accordo firmato in Cina alla presenza del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, con
l'obiettivo di utilizzare alcuni terminal asiatici per esportare prodotti dell'enogastronomia italiana
nel Far East. La questione riguarda anche Fincantieri, perché fra le sussidiarie di Cccc c'è anche
China Shipbuilding Group, con cui l'ad Giuseppe Bono ha firmato nel 2018 un accordo per
l'ampliamento della cooperazione industriale, con l'obiettivo di realizzare direttamente in Cina navi
da crociera pensate espressamente per il mercato asiatico. L'intesa prevede anche una serie di
progetti congiunti di ricerca e sviluppo, ma gli Usa non vedono certo di buon occhio la possibilità di
un trasferimento alla Cina di know how occidentale. L'intervento americano ha d'altra parte l'intento
di fungere da deterrente, spingendo i Paesi alleati a riconsiderare i propri accordi con le imprese
messe al bando. La Via della Seta in chiave triestina potrebbe dunque essere già arrivata al
capolinea. --

L'analisi del presidente dello scalo D'Agostino. «Tocca a Roma dirci con quali soggetti possiamo trattare». Pesa
anche il fattore Covid

«Boicottare il partner asiatico? La decisione spetta al
governo»

Le reazioniIl presidente dell'Adsp di Trieste Zeno D'Agostino rimanda all'esecutivo le scelte da
prendere in seguito alla durissima presa di posizione del Dipartimento di Stato Usa sul gruppo
cinese: «Il boicottaggio di Cccc sarà eventualmente deciso dal governo italiano - commenta
D'Agostino -: spetta a Roma dirci con quali soggetti può trattare l'Autorità portuale e a noi prendere
le precauzioni del caso». Ma il governo italiano non sarà l'unico a doversi porre il problema, riflette
il presidente, soprattutto se si considera il livello di interrelazione fra le economie di Usa e Cina:
«Fa tuttavia sorridere che tra le sussidiarie di Cccc ci sia la società Zpmc, che il più grande
produttore mondiale di gru da terminal container e che serve una buona metà dei porti americani: gli
Usa hanno molti più rapporti di noi con Cccc e il boicottaggio creerebbe loro non pochi problemi».
Quanto al futuro dei rapporti con la Cina, D'Agostino rassicura sui contenuti del Memorandum
sottoscritto nel 2019: «Io faccio solo quanto contenuto al suo interno e niente più. Il trattato è
improntato a totale reciprocità e, se non vanno avanti le cose in Cina, non vanno avanti nemmeno in
Italia». E proprio su questo riconosce che uno stop è in atto: «Sono più pessimista, ma non credo
che lo stallo dipenda dal Mar cinese meridionale. Questo importante rallentamento è dovuto
piuttosto al Covid. Trieste ha comunque molti progetti in ballo e, se uno sta fermo, avremo maggior
tempo per gli altri: le idee non ci mancano e, se qualcuno non approfitta delle occasioni che nascono
qui, il problema è suo». Dal canto suo Fincantieri non si mostra allarmata dalla scomunica di Cccc
né da quella di China Shipbuilding Group (ramo di Cccc), con cui l'azienda italiana ha stretto un
accordo di cooperazione nel 2018 assieme a Carnival: il programma prevede che Carnival
(compagnia Usa) assista i cinesi sulla terminalistica, mentre Fincantieri li aiuti nella costruzione di
navi in proprio. L'accordo non include però, precisa Fincantieri, trasferimento di know how
effettivo, sicché difficilmente farà storcere il naso agli Usa. Tanto più che in primavera il Pentagono
ha affidato proprio agli italiani la realizzazione di una serie di nuove fregate. --D.d.a. e g.tom.

Garantito alla società guidata dagli imprenditori Parisi e Petrucco un orizzonte temporale identico a quello della
Piattaforma logistica. Nuovo passo avanti verso la fusione con Plt

Prolungata fino al 2052 la concessione alla Gct sul terminal
Scalo Legnami

il caso

Con l'Accordo di programma sulla Ferriera firmato e i lavori sulla Piattaforma logistica giunti alle
limature dei dettagli, gli imprenditori Francesco Parisi e Vittorio Petrucco si concentrano ora sugli
aspetti societari, ottenendo dall'Autorità portuale l'allungamento della concessione sul vicino Scalo
legnami e potendo così pianificare la fusione fisica e amministrativa dei due terminal. Un passo
fondamentale anche rispetto alle trattative in corso per l'ingresso di un partner industriale straniero
nella gestione della Piattaforma. Lo Scalo legnami è in concessione alla società General Cargo
Terminal (Gct), controllata da Parisi, Icop, Interporto Bologna e Cosmo ambiente. La concessione
sarebbe scaduta nel 2024, ma «visti gli investimenti necessari per rendere sinergico il terminal con
la Piattaforma - spiega Francesco Parisi - non era sostenibile avere solo quattro anni per
ammortizzare l'investimento fatto. L'Autorità portuale ha considerato il nostro impegno sufficiente e
riconosciuto pertanto una concessione che durerà trentadue anni».L'orizzonte diventa dunque il
2052: identico a quello della concessione per la Piattaforma, i cui trent'anni partiranno dal momento
del collaudo. In questo modo i due terminal potranno procedere allo stesso passo e andare presto
verso quella fusione societaria da cui nascerà il comprensorio di Plt. I traffici rimarranno comunque
distinti: sulla Piattaforma saranno movimentati container e semirimorchi, mentre lo Scalo legnami
continuerà a occuparsi di merci varie e rinfuse. Dopo i collaudi di rito, seguirà la fusione societaria
fra Plt e Gct: ne sortirà un soggetto unitario che si aprirà all'alleanza con un gigante internazionale
capace di assicurare un numero adeguato di navi container e ro-ro, nonché la gestione del terminal
ferroviario previsto accanto alla banchina, dove oggi sorgono cokeria e altoforno della Ferriera. «Il
tutto - dice Parisi - fa parte dell'accordo quadro sottoscritto l'anno scorso sotto l'egida dell'Autorità
portuale e prevede l'integrazione delle due infrastrutture e la fusione fra le due società, i cui organi
si esprimeranno a breve. Arriveremo così ai 27 ettari complessivi serviti da binari (quattro, in modo
da poter caricare due treni alla volta, ndr)». L'accordo prevede inoltre che, entro la fine del 2021, Plt
appresti la progettazione del primo lotto del Molo VIII, di cui la Piattaforma sarà la base della
graduale proiezione verso il mare. E proprio in cambio di questo impegno e di ulteriori investimenti
per una dozzina di milioni di euro (i privati ne hanno investiti sessanta su un totale di 160), Parisi e
Petrucco hanno ottenuto l'allungamento della concessione di Gct. Sempre stando ai documenti
ufficiali, Plt dovrebbe progettare anche il nodo ferroviario di Servola, dove saranno caricati i
container del Molo VIII e che supererà i binari usati nei primi anni dalla Piattaforma logistica in
direzione Scalo legnami. I 12,5 milioni serviranno in parte per il progetto della Grande stazione di
Servola (1,5 milioni di euri), mentre il resto sarà impiegato per unificare le aree, a cominciare dai
binari che collegheranno la Piattaforma logistica all'ex area a caldo della Ferriera di Servola i cui
impianti sono stati spenti la scorsa primavera. --d.d.a

l'inchiesta del "foglio"

Nel database di Schenzen Trieste compare 1.500 volte

Il nome di Trieste ricorre 1500 volte nel database ottenuto da Il Foglio assieme a un gruppo di
testate internazionali come Washington Post e Telegraph i cui contenuti sono stati pubblicati in
questi giorni: l'Okidb, Oversea Key Information Database, è uno strumento della Repubblica
popolare realizzato dalla società Zenhua di Shenzen. Si tratta di una mole sterminata di dati raccolti
e aggregati dalla società, rastrellando nell'oceano del Web, su persone e categorie di interesse cinese
in Europa: Il Foglio ha ottenuto la parte riguardante l'Italia, sviscerata in un'inchiesta della
giornalista Giulia Pompili.Può sorprendere l'assenza nel database di nomi di rilievo come quello del
presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, o del segretario generale Mario Sommariva, così
come di figure rilevanti nel panorama economico mondiale come il vertice di Fincantieri Giuseppe
Bono. Ma, come specifica Il Foglio, il database contiene appunto le informazioni raccolte
aggregando dati pubblicamente disponibili. Mancano invece tutte le schede ottenute tramite
operazioni di intelligence più classiche: naturale quindi possano esserci delle lacune. Risultano però
nomi come l'ex ad di Generali Mario Greco, il ricercatore e docente della Sissa Stefano Gustincich
(un biologo) o l'ex rappresentante dei lavoratori delle imprese in Comitato portuale Lelio Doria. Se
il primo (e anche il secondo, considerando gli interessi cinesi) può avere un senso, la presenza del
terzo è quantomeno bizzarra: Doria non è più in carica da quattro anni e non è certo una figura di
primo piano (absit iniuria) nel sistema del porto. La probabilità è che parte della informazioni
possano essere datate, in fondo anche Mario Greco non è più ad di Generali dal 2016.Nel database
c'è poi molta attenzione al traffico navi dall'Oriente verso Trieste, in particolare dall'Indonesia: sono
1600 i passaggi monitorati. Tra le imprese importatrici i cui beni passano da Trieste il database cita
le più svariate, dal produttore di componentistica musicale slovacco all'azienda di moda
trevigiana.Per il presidente dell'Autorità di sistema portuale D'Agostino si sta sollevando un gran
polverone per un procedimento di raccolta di dati ormai prassi di molti Stati come di molte aziende:
«Francamente mi sembra strano che sia stato schedato il capo di una piccola impresa di facchini del
porto e non altre persone che avrebbero avuto molto più senso». Quanto al traffico navi, aggiunge:
«Esistono ormai applicazioni come Ais, che anche un privato cittadino può scaricare, che
consentono di accedere a immense moli di dati riguardanti il traffico portuale in tutto il mondo. Il
mondo in cui viviamo è già il mondo dei Big Data. Quanto ai traffici dall'Indonesia a Trieste,
immagino arrivino qui merci tramite Singapore, di più non saprei che dire». Conclude D'Agostino:
«Quando si parla di porti e di interessi degli Stati nella portualità si tende a far confusione. Trieste,
in generale i porti italiani, non è conquistabile da nessuno». --d.d.a. e g.tom.

                                   GORIZIA-MONFALCONE - Sabato 12 Settembre 2020
Offerta al Comune la parte di documentazione realizzata per Smart Gas - Riguardava un dragaggio a -13,50, una
nuova cassa di colmata e piazzali

Progetto di escavo del porto Spunta uno studio già pronto

Giulio Garau

Da 20 anni il porto di Monfalcone attende l'escavo, ma i soggetti che dovrebbero realizzarlo non ce
la fanno perché «commettono gli stessi errori progettuali». L'unica via d'uscita è utilizzare un
progetto "blindato" con tutti i requisiti richiesti per ottenere un'autorizzazione ambientale valida in
modo tale che i lavori non rischino altri sequestri come è accaduto per la semplice manutenzione,
propedeutica all'escavo vero e proprio, che vede un'inchiesta con 8 indagati e i lavori del canale di
accesso bloccati. Ed è per questo che l'imprenditore a capo della Sbe, Alessandro Vescovini, è
pronto a donare la parte del progetto Smart Gas che è stato bloccato, che includeva un progetto di
dragaggio per portare il fondale addirittura a -13,50 (l'escavo punta a -12,50) e la creazione ex novo
di una cassa di colmata. «Un progetto elaborato da D'Apollonia del Gruppo Rina - sottolinea lo
stesso Vescovini - uno dei migliori studi di progettazione d'Italia, un lavoro completo di tutte le
indagini ambientali conformi alle normative che potrebbe essere utilizzato per ripresentare un
nuovo progetto di escavo che finalmente tenga conto della situazione esistente». Vescovini nei
giorni scorsi si è incontrato con il sindaco di Monfalcone, Anna Cisint e ha offerto la disponibilità a
donare sia le caratterizzazioni (lavori da 650 mila euro) che il progetto completo (una spesa
complessiva di circa 2 milioni di euro) al Comune in modo che «in tempi brevi e e con solide basi
tecniche - aggiunge - si possa ripresentare un progetto decente e ottenere un'autorizzazione
ambientale questa volta valida e che analizzi scrupolosamente lo stato di fatto del fondale del canale
di accesso in cui si vuole dragare». Le caratterizzazioni dei fondali con le analisi hanno una validità
di non più di tre anni, non è chiaro quando e se sono state fatte delle caratterizzazioni in vista
dell'escavo dalla Regione o dell'Azienda speciale che ha realizzato i dragaggi di manutenzione.
Quello che è certo è che sul progetto dell'escavo della Regione che doveva già partire (sono state
fatte le gare d'appalto per scegliere la società che draga) è sceso il totale silenzio. E che sulle
manutenzioni c'è un'inchiesta della Procura della Repubblica con otto indagati tra cui i dirigenti
dell'Azienda speciale porto (che ora sta per essere assorbita dall'Autorità di sistema portuale) per
attività di gestione illecita di rifiuti costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di qualsivoglia
autorizzazione.Ed è indicativa la parte in cui si cita la Regione, in particolare un dirigente, che
avrebbe prima firmato l'autorizzazione, poi revocata «in quanto - accusa la Procura - priva dei
requisiti essenziali relativi alle analisi richieste per legge». Ma c'è un altro particolare di non poco
rilievo che getta ulteriori ombre sulla vicenda. Nel 2017, quando il progetto Smart Gas era ben che
bocciato, ci sarebbe stata una richiesta dell'Azienda speciale di «accesso agli atti» alla Regione per
mettere mano proprio sulle caratterizzazioni e le analisi fatte da Vescovini per il suo progetto (che
comprende un dragaggio profondo) per le quali aveva speso ben 650 mila euro. Se l'Azienda
speciale aveva fatto regolarmente caratterizzazioni e analisi, come previsto per legge, perché
dunque chiedere di vedere quelle fatte da Vescovini? E soprattutto dopo la guerra che sie era
scatenata contro quel progetto poi bocciato. Vescovini che aveva dovuto inviare il progetto alla
Regione come prevede l'iter però ha vincolato al segreto la Regione che non ha potuto concedere lo
studio. Che ora però lo stesso imprenditore mette a disposizione della città. Il progetto dell'escavo
prevede di dragare circa 800 mila metri cubi di fango, quello di Vescovini il doppio, per arrivare a
-13,50. E quello che è rilevante è che non utilizza le aree della colmata vecchia che, è accertato, è
diventata una discarica (proprio per questo anche i blocchi e i sequestri).Ma un'altra zona "ex" novo
con la realizzazione di spazi e banchine. Proprio per questo il progetto Smart Gas aveva trovato tra
gli alleati, la Compagnia portuale che avrebbe investito per realizzare piazzali e banchine in porto.
Ma anche la Compagnia portuale è stata fermata come Vescovini. L'ex ad della Compagnia
Riccardo Scaramelli ha lanciato accuse contro la «mafia bianca» del territorio che prima di fa
andare avanti e poi ti stritola.
riunione nazionale

Elettricità sulle banchine e Zona logistica in porto Piano
presentato all'Anci
L'elettrificazione delle banchine è stato uno degli argomenti affrontati nella riunione della
Commissione Città portuali dell'Anci, l'associazione Comuni italiani, dai primi cittadini dei
principali centri della penisola che vantano la presenza di un porto.Un tema particolarmente caro al
sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, che ha preso parte all'incontro in video conferenza in
quanto presupposto fondamentale per fare del Porto di Monfalcone una struttura moderna anche in
termini di abbattimento dell'impatto ambientale.«L'elettrificazione delle banchine è un tema per noi
molto importante, non soltanto per il fondamentale discorso della riduzione dell'inquinamento e
dell'impatto ambientale, ma anche perché rappresenta un elemento fondamentale per far diventare il
Porto di Monfalcone un Porto moderno e attrattivo. Abbiamo confermato che nei "ragionamenti"
già fatti con l'Autorità di sistema abbiamo inserito questo aspetto, così come nella partita con A2A,
in termini di compensazione dell'attività della centrale».«Nel corso della commissione, in accordo
con altri sindaci, ho comunque fatto presente che senza una opportuna politica di riduzione fiscale,
che deve attuare il governo, per l'utilizzo della energia elettrica da parte degli armatori, è difficile
che il progetto decolli per una questione di convenienza per i fruitori stessi», spiega il sindaco, che
ha parlato anche di tutte le azioni per fare del Porto la punta di diamante dell'economia del mare. A
tal proposito si è soffermata sul progetto della Zls: «Nella riunione ho anche messo in luce la
necessità che tutte le infrastrutturazioni e le operazioni rispetto alle città portuali debbano
avvicinarsi alla gestione commissariale: per far presto la burocrazia deve essere azzerata, non a caso
stiamo spingendo perché il nostro territorio diventi Zona logistica speciale, fattore di sviluppo per il
porto in quanto inserito in un ambito territoriale più ampio».Di questa possibilità il sindaco ha già
parlato con la Regione, incassandone l'appoggio del presidente, dati i vantaggi di valorizzazione del
territorio in ottica complessiva in termini di sburocratizzazione e riduzione della fiscalità per una
zona territoriale ampia, comprendente Gorizia con la Sdag, l'Isontino e tutto l'ambito retroportuale,
anche allargandone il perimetro fino a raggiungere Cervignano e San Giorgio di Nogaro. --

il consigliere dem

Moretti: «Fedriga dica se crede nel dragaggio»
La stasi sull'escavo del porto di Monfalcone non dipende dal governo Conte, ma dalla gestione
leghista. Il consigliere regionale Pd Diego Moretti annuncia un interrogazione alla giunta Fedriga e
replica alla sindaca Anna Cisint, dopo la sua richiesta di un commissariamento delle opere bloccate
dalla burocrazia. Secondo Moretti, «sull'escavo la Regione è ferma a due anni fa: l'ex vice ministro
alle Infrastrutture del Conte 1, il leghista Edoardo Rixi, si è limitato a suo tempo a una passerella
che non ha portato a un bel nulla, ma per il sindaco Cisint la colpa è sempre del Pd. Adesso la
proposta del commissariamento, proposta affascinante, ma demagogica e improponibile». «La Lega
- prosegue Moretti - governa la Regione da due anni: in tutto questo tempo non si è fatto un passo
avanti che sia uno e gli unici escavi compiuti (a Monfalcone e Grado) sono stati fatti con la gestione
dell'assessore Santoro. La domanda di fondo è: la Regione crede ancora all'escavo del canale di
accesso al porto di Monfalcone?». --

Quali sono le cifre precise sulla rioccupazione delle maestranze ex Eaton e quanti sono i lavoratori
ex Eaton non rioccupati in diverse situazioni lavorative e ancora non beneficiari di pensionamento o
di quiescenza? Ancora, quanti di questi lavoratori hanno frequentando o stanno frequentando corsi
di riqualificazione professionale e come può essere garantito a questi ultimi un effettivo sbocco
professionale, nonché una corsia preferenziale, anche nell'indotto Fincantieri rispondendo così ad
alcune preoccupazioni esternate in questi giorni dal sindacato? A chiederlo in un'interrogazione al
sindaco il gruppo consiliare del Pd composto da Fabio DelBello, Lucia Giurissa, Paolo Fogar, Paolo
Frisenna. I dem vogliono capire come riuscirà il Comune a rispettare gli impegni presi nel gennaio
2018 e questo di fronte al fatto che, nel mezzo del percorso, la pandemia Covid-19 ha rallentato i
corsi di riqualificazione. Il gruppo Pd ripercorre tutta la vicenda iniziata nel gennaio 2018, a fronte
della chiusura della Eaton (fabbrica a lungo leader nella produzione di valvole automobilistiche)
decisa in modo unilaterale senza alcun coinvolgimento preventivo delle Istituzioni. Il Comune,
polemizzando con il Governo e con la Giunta regionale allora in carica, aveva puntato al
ricollocamento di tutti i dipendenti anche e soprattutto tramite l'accordo con Fincantieri.Infatti si
registrava una perdita secca di quasi 150 dipendenti, 200 con l'indotto. Nell'agosto 2018, dopo i
mutamenti politici a livello governativo e regionale, si apprendeva che erano stati convocati i primi
14 lavoratori: sette di questi rimanevano e venivano assunti come manutentori alle dipendenze di
Fincantieri. Nel mese di settembre, continua il Pd, una quarantina di ex lavoratori di Eaton, tutti
senza una prospettiva certa, come un'altra cinquantina di colleghi, scendevano in strada,
manifestando in via Rosselli. La Fiom Cgil, che all'interno del sito era l'unica organizzazione
sindacale rappresentata, richiedeva al sindaco un incontro urgente per una verifica dell'attuazione
del protocollo siglato da Comune con Cgil, Cisl e Uil e Confindustria per la ricollocazione di
un'aliquota di lavoratori coinvolti dalle crisi aziendali pari al 5% della consistenza dell'indotto
attualmente presente in Fincantieri.Il protocollo era stato siglato alla fine di maggio e prevedeva una
sua attuazione entro la fine di aprile dell'anno successivo, ma per il sindacato era quanto mai
necessario per fare chiarezza. Nel frattempo alcuni lavoratori avevano iniziato a frequentare in
particolare dei corsi di saldatura, altri avevano accettato anche 5 giorni di lavoro, trovato attraverso
le agenzie di lavoro interinale, pur di non rimanere a casa. --

                                               TRIESTE - Venerdì 11 Settembre 2020

Rifornimenti elettrici: Autorità, Acegas e Terna presentano il maxi piano a Conte Caccia ai fondi. La Regione lamenta di non
essere coinvolta: «Così è anarchia»

Il dossier Trieste punta su navi a energia green
E Porto vecchio aspetta

Diego D'Amelio / triesteArriva da Trieste (e più precisamente dal suo porto) il primo progetto
sottoposto dal Friuli Venezia Giulia al governo per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund.
Autorità portuale, Acegas e Terna puntano su un piano 45 milioni per elettrificare le banchine dello
scalo, permettendo alle navi ormeggiate di avere corrente senza tenere i motori accesi. La giunta
regionale benedice e a sua volta chiederà a Roma di impegnarsi per lo sviluppo del Porto vecchio di
Trieste, ma il presidente Massimiliano Fedriga critica il mancato coinvolgimento delle Regioni nel
lavoro di coordinamento. Il governatore parla di «rischio anarchia», denunciando l'impossibilità di
conoscere e indirizzare quanto bolle nelle pentole di grandi soggetti dell'industria e delle
infrastrutture. Fedriga non ha partecipato infatti all'incontro organizzato a margine della cerimonia
conclusiva di Esof 2020 tra il premier Giuseppe Conte, il ministro Stefano Patuanelli, il presidente
dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino e il ceo di Costa crociere Michael Thamm. Occasione per
presentare al premier il progetto triestino, che fa parte di un pacchetto di decine di proposte che
l'Authority ha nel cassetto e che si giocherà qualora emergano altre occasioni per attingere ai fondi
europei. La punta di diamante è però il piano legato al cosiddetto cold ironing, ovvero la possibilità
per le navi di attingere alla rete elettrica per alimentarsi, spegnando gli inquinanti e rumorosi motori
a combustibile fossile che oggi restano accesi anche in ormeggio. Il progetto dell'Autorità portuale
costa 15 milioni, necessari a realizzare una serie di sottostazioni elettriche con cui portare energia in
Porto vecchio, alla Stazione marittima, sui moli del porto nuovo e nelle aree di sviluppo a est
dell'oleodotto. Ogni banchina sarebbe così dotata delle attrezzature per consentire alle navi da
crociera (le più energivore) e a quelle mercantili di collegarsi alla rete. Il progetto mira inoltre a
creare infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici che sempre più saranno impiegati nello scalo e a
portare maggiori flussi di corrente verso aree industriali come il Coselag e FreeEste, per le
auspicabili occasioni di sviluppo della manifattura legata ai traffici. La transizione energetica
condurrà insomma a un maggiore impiego dell'elettricità e ai picchi che si verificheranno all'arrivo
di piccole città galleggianti come sono le navi bianche. E se l'Autorità portuale si occupa dell'ultimo
miglio, un parallelo progetto di Acegas e Terna servirà a portare a Trieste ulteriori quantità di
corrente, da dirottare in parte verso i moli. Con un impegno da trenta milioni, le due società
vorrebbero incrementare la portata della linea che collega Redipuglia a Padriciano, ma soprattutto
creare un sistema smart, capace di assicurare una più efficiente gestione della rete. Il progetto parte
dalla previsione di un cospicuo aumento dell'impiego di pannelli fotovoltaici nel prossimo futuro: si
punta allora a realizzare un sistema di accumulo dell'energia eccedente prodotta dai pannelli dei
privati e di successiva distribuzione, in modo tale da alimentare i bisogni di energia crescenti della
città e in particolare quelli del porto, senza dover creare nuove centrali. Ma le fonti rinnovabili non
bastano e per questo si dovrà accrescere la portata della linea da Redipuglia, senza escludere
l'impiego di nuovi cavi che potrebbero essere posati sui fondali marini. Il Recovery Fund valorizza
anzitutto la sostenibilità ambientale e per l'Autorità portuale il cold ironing appare la prospettiva più
spendibile, ma il porto ha accumulato negli anni decine di progetti da tirare fuori alla bisogna:
sommandoli tutti si supera agevolmente il miliardo di euro, dall'ampliamento delle banchine
esistenti alle bonifiche dei terreni inquinati, dall'aumento della capacità ferroviaria alla
realizzazione del piano regolatore per il porto di Monfalcone, fino allo sviluppo delle potenzialità
del digitale nella gestione dei flussi di veicoli e nell'impiego sicuro dei dati.Il progetto principe è
emerso solo perché presentato a Conte dopo un evento ufficiale e non è dato a sapere se altri
soggetti stiano lavorando per sottoporre al governo idee finanziabili. Il presidente Fedriga allarga le
braccia: «Purtroppo è l'anarchia e, se non ci sarà coordinamento con i territori, sarà un fallimento.
Le Regioni non sono in grado di sapere cosa stanno progettando i vari player e chiedono da
settimane di essere coinvolte». Ma il governatore non vuol stare con le mani in mano e un'azione di
lobbying è già stata avviata nei confronti di Roma. «Ne ho parlato a Conte», dice Fedriga, che per
Trieste vede «la riqualificazione del Porto vecchio, dove potremo portare tutta la parte di ricerca e
innovazione. Il sindaco Dipiazza mi dice che ci sono molte manifestazioni di interesse e ora vanno
approvati Accordo di programma e variante entro alcune settimane». Per Udine esiste invece un
progetto da un miliardo per riqualificare i trasporti ferroviari: «Non è possibile che la ferrovia
continui ad attraversare la città tagliandola in due». -
Il sindaco e il caso investimenti

Monfalcone, Cisint alza il tiro «Il ministro ci ha dimenticati»

triesteUna gestione commissariale per sbloccare l'escavo del porto di Monfalcone, fermo da troppi
anni. La proposta arriva dalla sindaca Anna Cisint, forte dei «22 milioni di euro pubblici fermi da
vent'anni e che chiediamo solo di spendere a quel governo, che ha visto qui i suoi rappresentanti per
Esof 2020 senza che fosse spesa una sola parola chiara sullo sviluppo del territorio». Cisint attacca
Roma, perché «sono fermi da troppo discorsi sul porto di Monfalcone, che ha un'importanza
nazionale. Ho più volte scritto ai ministeri dei Trasporti e dell'Ambiente, ma poi il ministro
Patuanelli ci parla di investire sulla "sua" Trieste e dimentica che l'escavo di Monfalcone è bloccato
da vent'anni di legacci burocratici». La sindaca sottolinea che «ci sono 22 milioni fermi, che
permetterebbero di aumentare la profondità dei fondali a 12,5 metri: da mesi la Regione cerca di
convincere i ministeri a muoversi, perché il Mit deve autorizzarci a scavare, prima che la Via scada.
Patuanelli è espressione del nostro territorio e parla di rilancio dell'economia, ma dov'è
Monfalcone?». La prima cittadina lancia la sua proposta: «Non chiediamo fondi che abbiamo già,
ma di poter lavorare. Dopo la tempesta Vaia abbiamo speso 160 milioni in sei mesi grazie alla
gestione commissariale: cari Conte e Patuanelli, vi propongo la stessa procedura per sbloccare
questo danno economico e occupazionale». Cisint si sofferma poi sul canale est-ovest: «La
Montecarlo Yachts potrebbe produrre grandi barche a vela per conto del cantiere Beneteau, ma per
l'ennesimo intrico burocratico romano non è autorizzata ad approfondire il canale antistante, come
sarebbe necessario per varare questo tipo di imbarcazioni. Ricordo a tutti che i canali sono non solo
vie d'accesso ma anche luoghi di lavoro». --

D'Agostino, dopo la vittoria al Tar, ha tre settimane di tempo per presentare la domanda
Sullo sfondo restano la possibile presidenza continentale e 13 poltrone da assegnare in Italia

Zeno, il tempo delle scelte

Il bis è a portata di mano tra Europa e qualche sirena

Il focustriestePrima la decadenza chiesta dall'Anac, poi la rivolta della città e della politica, quindi
la vittoria davanti al Tar. Dopo mesi sulle montagne russe, per Zeno D'Agostino comincia il
percorso verso il possibile bis alla guida dell'Autorità portuale. Il ministero dei Trasporti ha appena
pubblicato il bando per la raccolta delle manifestazioni di interesse per il conferimento dell'incarico
di presidente di tredici Authority del mare in scadenza sul totale di sedici. Il governo vuole tenere il
manager veronese e sarà dunque soprattutto lui a dover decidere se restare o tentare altre avventure,
mentre continuano in parallelo le trattative che potrebbero portare D'Agostino addirittura al vertice
di Espo, associazione che rappresenta i porti europei. Entro il 27 settembre, i candidati alla
presidenza delle Autorità portuali italiane dovranno inviare il proprio curriculum. La procedura
prevede che gli interessati possano indicare i porti di preferenza, ma ciò non sarà vincolante per il
Mit, cui spetta raccogliere i nomi e poi procedere alle nomine (dopo il confronto con le Regioni)
senza stilare graduatorie. E dopo le calde parole spese dalla ministra Paola De Micheli e dal collega
triestino Stefano Patuanelli, sarebbe sorprendente se a Roma decidessero di insediare a Trieste una
persona diversa da D'Agostino. Il presidente non ha ancora inoltrato domanda, ma ci sono tre
settimane di tempo. Il bando apre peraltro anche un'incognita legata al segretario generale Mario
Sommariva, che potrebbe essere tentato dall'idea di assumere in prima persona la presidenza di
un'Autorità portuale, dopo aver svolto per un mese il ruolo di commissario straordinario in
sostituzione del decaduto D'Agostino e dopo aver accumulato una lunga carriera in ambito portuale.
Sommariva potrebbe cercare il ritorno a Bari o il riavvicinamento alla sua Liguria. Articoli della
stampa di settore ipotizzano inoltre che il ticket D'Agostino-Sommariva possa spostarsi a Genova,
qualora alle prossime elezioni regionali la spunti il centrosinistra. Al momento si tratta di rumors e
pare difficile che D'Agostino non cerchi il rinnovo a Trieste, dopo l'affetto che l'ha investito in città
e davanti alla possibilità di chiudere le partite aperte nel primo mandato, dal potenziamento della
capacità ferroviaria all'avvio del Molo VIII, passando per gli interessi di grandi player
internazionali, l'allungamento del Molo VII e l'ingresso di Duisport negli interporti di Trieste e
Cervignano. Allo stesso tempo, però, il manager pubblico sa che il privato potrebbe offrire
posizioni e stipendi di grande rilievo a chi si è messo in mostra a livello europeo nel comparto della
logistica. Un'esposizione che gli è valsa due anni fa la nomina a vicepresidente di Espo, in
rappresentanza dei porti dell'Europa meridionale. Ora D'Agostino è in lizza per la presidenza
dell'associazione, che sarà votata a novembre. I giochi diplomatici fra i diversi paesi lo danno testa
a testa con l'altra vicepresidente Annaleena Mäkilä. D'Agostino pare comunque disposto a
riconoscere il peso dei sei anni di vicepresidenza della collega finlandese e potrebbe accettare di
farsi da parte, occupando per un altro biennio la poltrona di numero due in attesa del salto.
Dipenderà soprattutto dalla spinta dei porti mediterranei, cui per alternanza spetta la guida di Espo e
che potrebbero insistere perché D'Agostino vada fino in fondo. --

terminalisti, spedizionieri e agenti marittimi

Gli operatori dello scalo si schierano e blindano il ticket con
Sommariva

triesteRiconfermare Zeno D'Agostino e schiudere finalmente la prospettiva del Porto franco
internazionale di Trieste. È quanto chiede al governo il presidente di Confetra Fvg Stefano Visintin,
in rappresentanza di terminalisti, spedizionieri e agenti marittimi del Friuli Venezia Giulia.
«Auspico che il presidente sia riconfermato alla guida dell'Autorità portuale - dice Visintin - perché
si possano raggiungere gli obiettivi che ha fissato e che abbiamo condiviso. Il mondo del porto è
compatto dietro a D'Agostino, che deve continuare nel suo lavoro, perché quattro anni di presidenza
non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi di medio-lungo termine che ci siamo dati». Il
timore che il ticket con Mario Sommariva si interrompa non è nascosto: per Visintin, «parliamo di
una coppia vincente grazie a capacità e caratteri diversi. Rischieremmo che a Trieste la magia si
rompa, ma è comprensibile che la caratura raggiunta conduca entrambi ad aspirare a una
presidenza». Dopo il rinnovato impegno assunto a Espo 2020 dal ministro Stefano Patuanelli
sull'extradoganalità del porto triestino, Visintin sottolinea che «è ormai chiaro che deve essere il
governo a mettere a posto le cose, riclassificando lo scalo all'interno delle zone extradoganali
previste dal Codice doganale europeo. Il ministero dell'Economia è freddo? Non spetta a un
ministro o a un funzionario essere d'accordo o meno: qui si tratta di adempiere al dettato di un
trattato di pace, tanto più che ciò porta vantaggi erariali e fiscali per lo Stato italiano. Il ministro
Patuanelli ha chiesto di essere giudicato dai triestini sulla base dell'istituzione o meno del Porto
franco di Trieste e su questo lo giudicheremo, premettendo ovviamente che siamo tutti con lui in
questa battaglia». --

con serracchiani

Le accuse di Fedriga innescano lo scontro

trieste«Non è accettabile» che, nell'ambito della programmazione per gli interventi del Recovery
Fund, il governo stia coinvolgendo le articolazioni dello Stato «escludendo di fatto le Regioni, e con
esse i territori». Lo ha affermato, riporta una nota della Regione, il presidente del Friuli Venezia
Giulia Massimiliano Fedriga durante la riunione di ieri della Conferenza delle Regioni. Secondo lo
stesso Fedriga, si legge nella nota, «tre sono le questioni strutturali da approfondire
inderogabilmente con l'esecutivo: la prima è relativa alla necessità che la stessa autorità centrale
quantifichi l'entità delle risorse da destinare ai progetti proposti dalle Regioni; in secondo luogo, va
prevista l'inclusione dell'istituzione regionale nei processi di programmazione anche quando essi
riguardano in primo luogo altri enti statali; infine, è necessario il coinvolgimento delle Regioni nei
progetti di valenza nazionale che verranno individuati. In tal senso la stessa Conferenza si configura
come il soggetto istituzionale attraverso il quale i territori possono assolvere a questa importante
funzione». In relazione a ciò, per Fedriga - conclude la nota stampa della Regione - «il processo di
condivisione con il sistema istituzionale delle autonomie rappresenta un passaggio non eludibile per
il successo dell'applicazione di politiche nazionali».E sul tema, proprio in risposta a Fedriga e alla
polemica da lui stesso innescata sull'«esclusione delle Regioni», ieri in giornata è intervenuta anche
Debora Serracchiani, attuale presidente della Commissione Lavoro della Camera dei deputati,
secondo cui «è auspicabile che la Regione Friuli Venezia Giulia stia elaborando le sue progettualità
prioritarie da portare nell'ambito della programmazione del Recovery Fund». «C'è una cabina di
regia nazionale - insiste la deputata del Partito democratico ed ex governatrice del Friuli Venezia
Giulia - e c'è un gruppo di lavoro interregionale istituito nella Conferenza delle Regioni.
L'interlocuzione è avviata con Anci e Regioni, nessuno è escluso e ci saranno i tempi debiti per i
vari soggetti istituzionali». Per la stessa Serracchiani «non bisogna pensare al Recovery Fund come
a una torta da spartirsi: è un sistema in cui le risorse sono in funzione del peso e della qualità dei
pilastri progettuali».--
                                                    GORIZIA-MONFALCONE - Giovedì 10 Settembre 2020

L'azienda incaricata dei lavori finiti nel mirino della magistratura con otto indagati
si è vista bloccare beni per 877 mila euro. E Scaramelli precisa la «Mafia bianca»

Sui dragaggi a Portorosega Polese vuole il dissequestro
Giulio GarauÈ un faldone immenso, oltre 4 mila pagine, quello dell'inchiesta conclusa dalla Procura
della Repubblica di Gorizia sui lavori di manutenzione del canale di accesso del porto di
Monfalcone che ha portato il pm Valentina Bossi a indagare 8 soggetti per attività di gestione
illecita di rifiuti costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di qualsiasi autorizzazione. Tra questi il
direttore dell'Azienda speciale, Sergio Signore e il direttore regionale di allora del servizio tutela
acqua della direzione ambiente Pietro Giust (ora in pensione) che aveva ritirato l'autorizzazione
anche se i lavori poi sono stati conclusi. L'inchiesta si è chiusa a inizio agosto, le comunicazioni
giudiziarie sono arrivate agli indagati. Ora si apre una fase molto complessa delle memorie
difensive che richiederà del tempo visto il faldone di 4 mila pagine della procura, che dovrebbero
arrivare dal giudice dell'udienza preliminare che dovrà decidere se rinviare a processo. Anche alla
luce del "macigno" che pesa sull'inchiesta, il pronunciamento della Corte di Cassazione sul ricorso
della Procura, dopo che il Tribunale del riesame aveva dissequestrato canale e draghe. La
Cassazione ha annullato l'ordinanza impugnata dalla Procura e ha rinviato per un nuovo esame al
Tribunale. Lo stesso Tribunale che si occuperà già oggi stesso di una prima tranche: il riesame
chiesto dall'avvocato difensore della ditta Polese, incaricata di eseguire i lavori dopo aver vinto la
gara d'appalto, Valter Buttignol. La Polese in realtà ha già pagato prima ancora che si apra il
processo: alla ditta di Sacile è stato notificato un sequestro di beni per 877 mila euro (l'importo dei
lavori) che l'ha portata a una procedura di concordato, a un passo dal fallimento. Già oggi si saprà
che piega prende la vicenda.Intanto a Monfalcone l'imprenditore Alessandro Vescovini della Sbe,
che dopo la bocciatura del progetto Smart Gas (costata un paio di milioni di euro) ha fatto esposti
che hanno portato all'apertura dell'inchiesta, si è scatenato ed è pronto a chiedere i danni. E sulla
vicenda, dopo l'intervista apparsa ieri, torna anche l'ex amministratore delegato della Compagnia
Portuale, Riccardi Scaramelli con alcune precisazioni. Scaramelli afferma di non aver «mai
menzionato né la Azienda speciale del Porto né tanto meno la Camera di Commercio di Gorizia
nell'intervista» L'ex Ad aggiunge che è stato tra l'altro: «membro del consiglio dei due istituti per
diversi anni e le mie critiche e gli apprezzamenti li ho espressi nelle opportune sedi con estrema
chiarezza e sempre assumendomi le responsabilità del caso». «Tra l'altro, quando mi riferivo ai
"pesci piccoli" che alla fine sono solo loro che pagano - spiega - pensavo con simpatia a quei tecnici
che sono ora indagati ma che alla fine sono gli unici che hanno davvero realizzato uno spianamento
che nessuno aveva saputo o potuto realizzare negli ultimi lustri e che molti benefici apporterà allo
sviluppo del porto che, di fatto, è bloccato da alcuni decenni, da ben prima di quando iniziai la mia
opera a Monfalcone nel luglio 2008».Scaramelli aveva parlato di «Mafia bianca» che soffoca il
porto e gli imprenditori che vogliono investire nello scalo. La sua precisazione, però, fa i conti con
il recente passato dello scalo in quanto da sempre la gestione anche politica del porto, è un dato di
fatto, è stata in mano all'Azienda speciale controllata dalla ex Camera di commercio di Gorizia. E
dunque a chi si riferisce quando parla di Mafia bianca? Intato ieri il consigliere dem Diego Moretti
ha depositato una richiesta di convocazione della Commissione consiliare infrastrutture per sentire
il presidente Fedriga e gli assessori Pizzimenti e Bini sullo stato di fatto del progetto dell'escavo.

LE OSSERVAZIONI Rosmann e Lipu: «Più tutela al Lisert»
Associazione ambientalista Rosmann e Lipu regionale chiedono, con le loro osservazioni che la
Variante al Piano regolatore del porto si faccia carico di tutelare le zone di pregio ambientale
esistenti nell'area. Vale a dire il canneto del Lisert e lo stagno ex Enel, come pure la porzione di
cassa di colmata diventata un punto di riferimento per l'avifauna. Per come presentata, invece, la
variante, secondo la Lipu, andando a incidere sul canneto del Lisert, provocherebbe impatti negativi
significativi sulle popolazioni di avifauna che frequentano la zona. A fronte delle previsioni di
crescita del porto incluse nella Variante «tutte da verificare» le associazioni chiedono di procedere
per moduli, urbanizzando solo le aree necessarie, riservandosi in futuro di consumare ulteriore
suolo solo nel caso di effettiva necessità. Nel ragionamento va incluso, per Rosmann e Lipu, il
futuro della centrale A2A e dei suoi 20 ettari serviti da una banchina portuale. --La. Bl.
                                GORIZIA-MONFALCONE - Mercoledì 09 Settembre 2020

Sommariva: «Stiamo parlando con il Consiglio superiore dei
lavori pubblici». Attesa per l'evoluzione dell'inchiesta

L'Autorità di sistema dialoga con Roma per trovare una soluzione
sull'escavo
Giulio GarauL'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale è già intervenuta e sta
lavorando per trovare una soluzione sul progetto dell'escavo del canale di accesso al porto di
Monfalcone. All'indomani della notizia sulla conclusione dell'inchiesta della Procura della
Repubblica di Gorizia che contesta il reato di attività di gestione illecita di rifiuti nello scalo
costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di autorizzazione e che vede otto indagati, il segretario
generale dell'Authority Mario Sommariva apre uno spiraglio su un nodo fondamentale dello
scalo.«Ci stiamo interessando - conferma - circa un mese fa abbiamo fatto una riunione in video-
call con il Consiglio superiore dei lavori pubblici a Roma per perorare le cause dei vari nodi irrisolti
del porto di Monfalcone. Soprattutto la variante localizzata e l'escavo del canale di accesso. C'è già
un accordo con la Regione che ha fatto un progetto, la questione sta in capo a loro. Noi - scherza
con una battuta - siamo servitori della Patria, quello che ci dicono di fare lo faremo».Poco saggio
farsi illusioni, siamo a Monfalcone e il clima è completamente diverso da quello di Venezia. Ma
anche in quel caso i dragaggi erano bloccati da anni tra polemiche e immobilismi. E grazie a un
accordo firmato dalla Port Authority guidata dal commissario straordinario (ed ex presidente) Pino
Musolino, con il Provveditorato Opere pubbliche, in attesa del protocollo di trattamento dei fanghi e
del via libera definitivo del ministero dell'Ambiente, partiranno i dragaggi dei fanghi in base alla
normativa attuale.«I passaggi che bisogna affrontare a mio avviso sono certamente con il Consiglio
superiore opere pubbliche e poi con le commissioni locali alla luce delle norme cambiate su alcuni
limiti delle quantità - aggiunge il segretario - noi intanto continuiamo a lavorare con il Consiglio
superiore per dipanare la matassa e siamo a disposizione. Abbiamo aperto un'interlocuzione, poi
bisognerà prendere una decisione, ma non possiamo farlo noi. Sarà necessario un confronto con la
Regione che è titolare del progetto di escavo». Tutti nodi da affrontare e non sarà facile.
Innanzitutto perchè la Procura della Repubblica ha aperto dei fari permanenti sul porto di
Monfalcone che si accendono ogni volta che si parla di scavi e dragaggi. E c'è un procedimento in
corso, con un'inchiesta appena conclusa portata avanti dal pm Valentina Bossi che vede ben otto
accusati, tra dirigenti e imprese, già sul progetto propedeutico dell'escavo, la manutenzione dei
fonfali con l'asporto di 82 mila metri cubi di fanghi. Un progetto concluso, questa la tesi dell'accusa,
senza autorizzazione. Ed era stata la stessa Regione con un suo dirigente anni or sono a rilasciarla in
prima istanza e poi revocarla (in autotutela) in quanto «priva dei requisiti essenziali relativi alle
analisi richieste per legge». È così anche per il progetto dell'escavo? Non basta. Si sa anche di altri
rilievi mossi dal Provveditorato opere pubbliche sul nodo sversamento fanghi in cassa di colmata
dove c'è anche una discarica. E i dubbi riguarderebbero anche il livello di altezza che
raggiungerebbero i fanghi una volta depositati, oltre due metri. Una situazione non accettabile
secondo il Provveditorato che ha fatto le sue rimostranze ufficiali mettendo un altro ostacolo al
progetto della Regione. Nodi ancora da sciogliere. -

Scaramelli si leva "macigni" dalle scarpe. E ricorda i progetti che
sono stati bloccati, anche quello con Vescovini. «Dodici anni, i più
inutili della mia vita»

«In porto una mafia bianca ferma gli investimenti privati»
«Nel porto di Monfalcone non si può fare nulla perché c'è la mafia bianca che ti stritola. Agli
imprenditori privati è stato impedito di fare qualsiasi investimento. Non ti dice mai no nessuno, ti
fanno andare avanti con un progetto, te lo fanno anche presentare. Poi in silenzio, come fa un
anaconda, il sistema ti circonda e ti stritola. Lo chieda a Vescovini che con il progetto di Smart Gas
ha perso due milioni». Riccardo Scaramelli da alcuni anni è uscito dalla Compagnia portuale del
gruppo maneschi dove era amministratore delegato e poi, negli ultimi anni, presidente. E quando
parla del porto di Monfalcone lo fa sempre con grande amarezza, ed ora che è fuori, levandosi dalla
scarpa macigni più che sassolini. , «La mia esperienza in Compagnia portuale? - esclama - Dodici
anni, i più inutili della mia vita professionale. Di utile c'è stato solo il fatto che ho salvato
un'impresa che era allo sbando, aiutando i vecchi ad andarsene felici e tenendo gli altri 80 giovani
che sono rimasti e a i quali sono riuscito a cambiare mentalità. Lavoratori straordinari che vorrei a
lavorare con me in qualsiasi parte del mondo». Non a Monfalcone però. «Monfalcone ha quello che
si merita, sono rimasto amareggiato, uno scalo dove ho visto cose orribili che mi hanno disgustato.
Abbiamo lavorato, investito e rifatto un porto come quello di Genova, abbiamo lavorato anche a
San Pietroburgo e a Costanza. Ma nemmeno in Romania abbiamo avuto le difficoltà riscontrare a
Monfalcone». Le accuse di Scaramelli sono molto pesanti: «In porto c'è una mafia bianca che non
permette agli imprenditori di investire - insiste - e si tratta dei soliti noti che con l'Azienda porto e la
Camera di commercio decidevano sul porto. Avevamo due progetti per investire e rifare il porto,
uno assieme a Vescovini che non sono stati nemmeno presi in considerazione. Lo stesso Vescovini
con Smart Gas ha buttato via due milioni. Ma lo stesso anche è toccato a Bortolussi della Marter
che non ha potuto fare nulla dentro ma è stato costretto a investire all'esterno. E lo stesso è toccato a
noi della Compagnia portuale. Abbiamo dovuto acquisire un piazzale all'esterno dello scalo per le
attività di logistica». Sono durissime le parole dell'ex amministratore delegato della Compagnia
portuale. «Mi dispiace - aggiunge - perché chi poi paga questa situazione sono i soliti pesci piccoli e
non quelli che sono il vero cancro di Monfalcone. Ma cosa si può pensare quando le autorità che
controllano ti dicono che la cassa di colmata è una discarica a cielo aperto e non può essere usata
per i progetti che bisognerebbe fare per lo scalo? Perché nessuno è finito in galera per questo?
Sappiamo tutti chi sono i responsabili del progetto, una discarica realizzata senza autorizzazioni con
i soldi pubblici. E nessuno ne paga le conseguenze? ». Scaramelli lo ripete: Nemmeno a Costanza in
Romania ho avuto le difficoltà che ho incontrato a Monfalcone, lì mi hanno lasciato lavorare in
pace. A Protorosega non ci hanno lasciato fare nulla. E sono contento di essere andato via. Ho
soltanto un rimpianto, di non essere uscito prima». -G. G.
                                 GORIZIA-MONFALCONE - Martedì 08 Settembre 2020

Conclusi gli accertamenti da parte del pm Bossi sui lavori del
2019. Tra i coinvolti il direttore dell'Azienda speciale, Signore

«Dragaggi illeciti e senza autorizzazione» otto indagati, nuova
Bufera sul porto
Giulio GarauAttività di gestione illecita di rifiuti costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di
qualsiasi autorizzazione. Lo aveva già detto e contestato all'Azienda speciale porto con il sequestro
della draga e l'area portuale la Procura della repubblica di Gorizia che quei lavori di manutenzione
dei fondali del porto di Monfalcone per eliminare le gobbe che ostacolavano l'ingresso delle navi in
banchina non andavano fatti così. Perché erano troppi quegli 80 mila metri cubi di fango da dragare
per essere considerati una «manutenzione» del canale di accesso allo scalo. Troppi anche per essere
ricollocati in mare in un'area vicina che non ostacola la navigazione come poi è stato fatto. Ed ora si
torna al punto di partenza come al gioco dell'oca, con un'inchiesta che travolge ancora una volta i
protagonisti dell'Azienda porto e in particolare il suo direttore, Sergio Signore. All'epoca, era il
giugno del 2018, dopo il sequestro della draga della ditta Polese di Sacile che aveva vinto l'appalto
era stata bloccata anche tutta l'area portuale dopo il blitz dei Noe. Un mese dopo il Tribunale del
riesame aveva disposto il dissequestro. Ma la Procura non si è data per vinta, ha fatto ricorso contro
il dissequestro e ha ottenuto la pronuncia della Corte suprema di Cassazione, terza sezione penale,
che le dà ragione in toto: i quantitativi coinvolti per considerare una manutenzione devono essere
inferiori a 10 mila metri cubi e non 80 mila, i sedimenti devono presentare tossicità assente, e
devono essere esclusi impatti su biocenosi (la comunità delle specie di un ecosistema che vive in un
determinato ambiente marino). Un ricorso presentato dalla Procura a carico del direttore
dell'Azienda speciale porto Signore e di Pio Polese dell'omonima ditta veneta che ha fornito la
draga. Una pietra tombale posata dalla Cassazione. Peccato però che dopo lo stop i lavori (era stato
tutto dissequestrato) siano andati avanti e sono stati conclusi (con tanto di sminamento) a pochi
giorni del Natale 2019. Mesi prima, il 4 luglio, la Corte di Cassazione aveva pronunciato la sua
sentenza che è state depositata però, con tutte le motivazioni, il 12 di novembre. Troppo tardi per
fermare il dragaggio che praticamente concluso. Non era tardi però per la Procura che con in mano
l'annullamento della Cassazione e il rinvio di tutto al Tribunale di Gorizia, ha rispolverato le
indagini già fatte, ne ha continuato a fare altre nel canale del porto dove ritiene che il reato sia stato
consumato. Indagini preliminari che sono state concluse, il pm Valentina Bossi si è fatta un quadro
probatorio e lo ha depositato a inizio agosto scorso, con precise accuse nei confronti di ben 8
indagati.A cominciare da Signore (direttore dell'Azienda porto e Rup, responsabile unico di
procedimento) assieme a Roberto Rusconi (direttore dei lavori di manutenzione), Maria Pighin
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