Il Dipartimento di Stato Usa ha messo al bando la compagnia pubblica di Pechino con cui l'Authority ha firmato il Memorandum d'intesa rimasto ...
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TRIESTE - Sabato 16 Settembre 2020 Il Dipartimento di Stato Usa ha messo al bando la compagnia pubblica di Pechino con cui l'Authority ha firmato il Memorandum d'intesa rimasto finora sulla carta Schiaffo di Washington al colosso cinese Cccc E la Via della Seta trema Diego D'Amelio Non bastasse la pandemia, un altro duro colpo si infrange sulla possibilità di chiudere le intese con la Cina riguardanti il Porto di Trieste. Il Dipartimento di Stato americano mette nella black list China Communications and Construction Company, la gigantesca compagnia pubblica con cui nel marzo 2019 l'Autorità portuale ha firmato il Memorandum d'intesa sulla Via della Seta e principale braccio operativo di Pechino nella realizzazione delle infrastrutture dell'iniziativa One belt one road. La decisione mette i bastoni fra le ruote anche a Fincantieri, perché tra le società messe al bando figura China Shipbuilding Group, con cui nel 2018 è stato siglato un accordo di collaborazione per la costruzione di navi in Asia. Il comunicato di Micheal Pompeo non va per il sottile: «Cccc e le sue sussidiarie sono coinvolte in corruzione, prestiti predatori, distruzione ambientale e altri abusi in varie parti del mondo». Dopo un comunicato del genere e il riallineamento del governo Conte bis alla fedeltà atlantica, il Dragone pare allontanarsi sempre più da Trieste. Anche il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino manifesta pessimismo, pur sapendo che l'esposizione mediatica legata alla firma del Memorandum è servita ad attirare grande attenzione sullo scalo. Il tamburo mediatico che accompagnò la sottoscrizione dell'accordo tra Authority e Cccc ha tuttavia lasciato il passo prima all'attesa di sviluppi e poi a una stasi spiegata con l'esplosione del coronavirus, ma che ha molto a che fare con lo scontro geopolitico tra Stati Uniti e Cina. Trieste è solo un tassello in una scacchiera di dimensioni globali e la scintilla che ha provocato l'intervento americano contro Cccc è scoccata nel lontano Mar cinese meridionale: Pechino ne rivendica la sovranità, mentre Washington definisce le pretese «illegali», «prepotenti» e «destabilizzanti», sulla scorta di una sentenza della Corte di giustizia dell'Aia, che ha dato ragione ai Paesi del Sudest asiatico affacciati su quelle acque, dove la Cina ha costruito isole artificiali e basi militari, grazie all'opera di Cccc e di una serie di società controllate. «Gli Stati Uniti - recita la nota di Pompeo - sostengono un Mare cinese meridionale libero e aperto». Il Dipartimento di Stato imporrà il divieto di ingresso ai cittadini cinesi «complici della costruzione o della militarizzazione degli avamposti nel Mar cinese meridionale», ma ciò che più conta per Trieste è l'iniziativa assunta contro Cccc. «Il Dipartimento del commercio - continua il comunicato Usa - ha aggiunto 24 società pubbliche cinesi alla Entity list, incluse diverse (cinque, ndr) sussidiarie di Cccc». Per fare affari con le società inserite nel libro nero, le imprese statunitensi dovranno chiedere un esplicito permesso al governo. Il messaggio di Pompeo è chiaro: «Non si deve permettere alla Cina di usare Cccc e altre società pubbliche come armi per imporre un'agenda espansionista». Difficile che in questo clima internazionale il confronto fra Autorità portuale e Cccc possa andare avanti. In ballo c'erano i tre punti del Memorandum: una partecipazione cinese allo sviluppo ferroviario dello scalo, l'ingresso dell'Authority nella società di gestione dell'interporto slovacco di Kosice e il progetto per l'export di vino in Cina. Quest'ultimo era in fase avanzata di pianificazione, tanto da essere oggetto di un secondo accordo firmato in Cina alla presenza del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, con l'obiettivo di utilizzare alcuni terminal asiatici per esportare prodotti dell'enogastronomia italiana nel Far East. La questione riguarda anche Fincantieri, perché fra le sussidiarie di Cccc c'è anche China Shipbuilding Group, con cui l'ad Giuseppe Bono ha firmato nel 2018 un accordo per
l'ampliamento della cooperazione industriale, con l'obiettivo di realizzare direttamente in Cina navi da crociera pensate espressamente per il mercato asiatico. L'intesa prevede anche una serie di progetti congiunti di ricerca e sviluppo, ma gli Usa non vedono certo di buon occhio la possibilità di un trasferimento alla Cina di know how occidentale. L'intervento americano ha d'altra parte l'intento di fungere da deterrente, spingendo i Paesi alleati a riconsiderare i propri accordi con le imprese messe al bando. La Via della Seta in chiave triestina potrebbe dunque essere già arrivata al capolinea. -- L'analisi del presidente dello scalo D'Agostino. «Tocca a Roma dirci con quali soggetti possiamo trattare». Pesa anche il fattore Covid «Boicottare il partner asiatico? La decisione spetta al governo» Le reazioniIl presidente dell'Adsp di Trieste Zeno D'Agostino rimanda all'esecutivo le scelte da prendere in seguito alla durissima presa di posizione del Dipartimento di Stato Usa sul gruppo cinese: «Il boicottaggio di Cccc sarà eventualmente deciso dal governo italiano - commenta D'Agostino -: spetta a Roma dirci con quali soggetti può trattare l'Autorità portuale e a noi prendere le precauzioni del caso». Ma il governo italiano non sarà l'unico a doversi porre il problema, riflette il presidente, soprattutto se si considera il livello di interrelazione fra le economie di Usa e Cina: «Fa tuttavia sorridere che tra le sussidiarie di Cccc ci sia la società Zpmc, che il più grande produttore mondiale di gru da terminal container e che serve una buona metà dei porti americani: gli Usa hanno molti più rapporti di noi con Cccc e il boicottaggio creerebbe loro non pochi problemi». Quanto al futuro dei rapporti con la Cina, D'Agostino rassicura sui contenuti del Memorandum sottoscritto nel 2019: «Io faccio solo quanto contenuto al suo interno e niente più. Il trattato è improntato a totale reciprocità e, se non vanno avanti le cose in Cina, non vanno avanti nemmeno in Italia». E proprio su questo riconosce che uno stop è in atto: «Sono più pessimista, ma non credo che lo stallo dipenda dal Mar cinese meridionale. Questo importante rallentamento è dovuto piuttosto al Covid. Trieste ha comunque molti progetti in ballo e, se uno sta fermo, avremo maggior tempo per gli altri: le idee non ci mancano e, se qualcuno non approfitta delle occasioni che nascono qui, il problema è suo». Dal canto suo Fincantieri non si mostra allarmata dalla scomunica di Cccc né da quella di China Shipbuilding Group (ramo di Cccc), con cui l'azienda italiana ha stretto un accordo di cooperazione nel 2018 assieme a Carnival: il programma prevede che Carnival (compagnia Usa) assista i cinesi sulla terminalistica, mentre Fincantieri li aiuti nella costruzione di navi in proprio. L'accordo non include però, precisa Fincantieri, trasferimento di know how effettivo, sicché difficilmente farà storcere il naso agli Usa. Tanto più che in primavera il Pentagono ha affidato proprio agli italiani la realizzazione di una serie di nuove fregate. --D.d.a. e g.tom. Garantito alla società guidata dagli imprenditori Parisi e Petrucco un orizzonte temporale identico a quello della Piattaforma logistica. Nuovo passo avanti verso la fusione con Plt Prolungata fino al 2052 la concessione alla Gct sul terminal Scalo Legnami il caso Con l'Accordo di programma sulla Ferriera firmato e i lavori sulla Piattaforma logistica giunti alle limature dei dettagli, gli imprenditori Francesco Parisi e Vittorio Petrucco si concentrano ora sugli aspetti societari, ottenendo dall'Autorità portuale l'allungamento della concessione sul vicino Scalo
legnami e potendo così pianificare la fusione fisica e amministrativa dei due terminal. Un passo fondamentale anche rispetto alle trattative in corso per l'ingresso di un partner industriale straniero nella gestione della Piattaforma. Lo Scalo legnami è in concessione alla società General Cargo Terminal (Gct), controllata da Parisi, Icop, Interporto Bologna e Cosmo ambiente. La concessione sarebbe scaduta nel 2024, ma «visti gli investimenti necessari per rendere sinergico il terminal con la Piattaforma - spiega Francesco Parisi - non era sostenibile avere solo quattro anni per ammortizzare l'investimento fatto. L'Autorità portuale ha considerato il nostro impegno sufficiente e riconosciuto pertanto una concessione che durerà trentadue anni».L'orizzonte diventa dunque il 2052: identico a quello della concessione per la Piattaforma, i cui trent'anni partiranno dal momento del collaudo. In questo modo i due terminal potranno procedere allo stesso passo e andare presto verso quella fusione societaria da cui nascerà il comprensorio di Plt. I traffici rimarranno comunque distinti: sulla Piattaforma saranno movimentati container e semirimorchi, mentre lo Scalo legnami continuerà a occuparsi di merci varie e rinfuse. Dopo i collaudi di rito, seguirà la fusione societaria fra Plt e Gct: ne sortirà un soggetto unitario che si aprirà all'alleanza con un gigante internazionale capace di assicurare un numero adeguato di navi container e ro-ro, nonché la gestione del terminal ferroviario previsto accanto alla banchina, dove oggi sorgono cokeria e altoforno della Ferriera. «Il tutto - dice Parisi - fa parte dell'accordo quadro sottoscritto l'anno scorso sotto l'egida dell'Autorità portuale e prevede l'integrazione delle due infrastrutture e la fusione fra le due società, i cui organi si esprimeranno a breve. Arriveremo così ai 27 ettari complessivi serviti da binari (quattro, in modo da poter caricare due treni alla volta, ndr)». L'accordo prevede inoltre che, entro la fine del 2021, Plt appresti la progettazione del primo lotto del Molo VIII, di cui la Piattaforma sarà la base della graduale proiezione verso il mare. E proprio in cambio di questo impegno e di ulteriori investimenti per una dozzina di milioni di euro (i privati ne hanno investiti sessanta su un totale di 160), Parisi e Petrucco hanno ottenuto l'allungamento della concessione di Gct. Sempre stando ai documenti ufficiali, Plt dovrebbe progettare anche il nodo ferroviario di Servola, dove saranno caricati i container del Molo VIII e che supererà i binari usati nei primi anni dalla Piattaforma logistica in direzione Scalo legnami. I 12,5 milioni serviranno in parte per il progetto della Grande stazione di Servola (1,5 milioni di euri), mentre il resto sarà impiegato per unificare le aree, a cominciare dai binari che collegheranno la Piattaforma logistica all'ex area a caldo della Ferriera di Servola i cui impianti sono stati spenti la scorsa primavera. --d.d.a l'inchiesta del "foglio" Nel database di Schenzen Trieste compare 1.500 volte Il nome di Trieste ricorre 1500 volte nel database ottenuto da Il Foglio assieme a un gruppo di testate internazionali come Washington Post e Telegraph i cui contenuti sono stati pubblicati in questi giorni: l'Okidb, Oversea Key Information Database, è uno strumento della Repubblica popolare realizzato dalla società Zenhua di Shenzen. Si tratta di una mole sterminata di dati raccolti e aggregati dalla società, rastrellando nell'oceano del Web, su persone e categorie di interesse cinese in Europa: Il Foglio ha ottenuto la parte riguardante l'Italia, sviscerata in un'inchiesta della giornalista Giulia Pompili.Può sorprendere l'assenza nel database di nomi di rilievo come quello del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, o del segretario generale Mario Sommariva, così come di figure rilevanti nel panorama economico mondiale come il vertice di Fincantieri Giuseppe Bono. Ma, come specifica Il Foglio, il database contiene appunto le informazioni raccolte aggregando dati pubblicamente disponibili. Mancano invece tutte le schede ottenute tramite operazioni di intelligence più classiche: naturale quindi possano esserci delle lacune. Risultano però nomi come l'ex ad di Generali Mario Greco, il ricercatore e docente della Sissa Stefano Gustincich (un biologo) o l'ex rappresentante dei lavoratori delle imprese in Comitato portuale Lelio Doria. Se il primo (e anche il secondo, considerando gli interessi cinesi) può avere un senso, la presenza del terzo è quantomeno bizzarra: Doria non è più in carica da quattro anni e non è certo una figura di primo piano (absit iniuria) nel sistema del porto. La probabilità è che parte della informazioni
possano essere datate, in fondo anche Mario Greco non è più ad di Generali dal 2016.Nel database c'è poi molta attenzione al traffico navi dall'Oriente verso Trieste, in particolare dall'Indonesia: sono 1600 i passaggi monitorati. Tra le imprese importatrici i cui beni passano da Trieste il database cita le più svariate, dal produttore di componentistica musicale slovacco all'azienda di moda trevigiana.Per il presidente dell'Autorità di sistema portuale D'Agostino si sta sollevando un gran polverone per un procedimento di raccolta di dati ormai prassi di molti Stati come di molte aziende: «Francamente mi sembra strano che sia stato schedato il capo di una piccola impresa di facchini del porto e non altre persone che avrebbero avuto molto più senso». Quanto al traffico navi, aggiunge: «Esistono ormai applicazioni come Ais, che anche un privato cittadino può scaricare, che consentono di accedere a immense moli di dati riguardanti il traffico portuale in tutto il mondo. Il mondo in cui viviamo è già il mondo dei Big Data. Quanto ai traffici dall'Indonesia a Trieste, immagino arrivino qui merci tramite Singapore, di più non saprei che dire». Conclude D'Agostino: «Quando si parla di porti e di interessi degli Stati nella portualità si tende a far confusione. Trieste, in generale i porti italiani, non è conquistabile da nessuno». --d.d.a. e g.tom. GORIZIA-MONFALCONE - Sabato 12 Settembre 2020 Offerta al Comune la parte di documentazione realizzata per Smart Gas - Riguardava un dragaggio a -13,50, una nuova cassa di colmata e piazzali Progetto di escavo del porto Spunta uno studio già pronto Giulio Garau Da 20 anni il porto di Monfalcone attende l'escavo, ma i soggetti che dovrebbero realizzarlo non ce la fanno perché «commettono gli stessi errori progettuali». L'unica via d'uscita è utilizzare un progetto "blindato" con tutti i requisiti richiesti per ottenere un'autorizzazione ambientale valida in modo tale che i lavori non rischino altri sequestri come è accaduto per la semplice manutenzione, propedeutica all'escavo vero e proprio, che vede un'inchiesta con 8 indagati e i lavori del canale di accesso bloccati. Ed è per questo che l'imprenditore a capo della Sbe, Alessandro Vescovini, è pronto a donare la parte del progetto Smart Gas che è stato bloccato, che includeva un progetto di dragaggio per portare il fondale addirittura a -13,50 (l'escavo punta a -12,50) e la creazione ex novo di una cassa di colmata. «Un progetto elaborato da D'Apollonia del Gruppo Rina - sottolinea lo stesso Vescovini - uno dei migliori studi di progettazione d'Italia, un lavoro completo di tutte le indagini ambientali conformi alle normative che potrebbe essere utilizzato per ripresentare un nuovo progetto di escavo che finalmente tenga conto della situazione esistente». Vescovini nei giorni scorsi si è incontrato con il sindaco di Monfalcone, Anna Cisint e ha offerto la disponibilità a donare sia le caratterizzazioni (lavori da 650 mila euro) che il progetto completo (una spesa complessiva di circa 2 milioni di euro) al Comune in modo che «in tempi brevi e e con solide basi tecniche - aggiunge - si possa ripresentare un progetto decente e ottenere un'autorizzazione ambientale questa volta valida e che analizzi scrupolosamente lo stato di fatto del fondale del canale di accesso in cui si vuole dragare». Le caratterizzazioni dei fondali con le analisi hanno una validità di non più di tre anni, non è chiaro quando e se sono state fatte delle caratterizzazioni in vista dell'escavo dalla Regione o dell'Azienda speciale che ha realizzato i dragaggi di manutenzione. Quello che è certo è che sul progetto dell'escavo della Regione che doveva già partire (sono state fatte le gare d'appalto per scegliere la società che draga) è sceso il totale silenzio. E che sulle manutenzioni c'è un'inchiesta della Procura della Repubblica con otto indagati tra cui i dirigenti dell'Azienda speciale porto (che ora sta per essere assorbita dall'Autorità di sistema portuale) per attività di gestione illecita di rifiuti costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di qualsivoglia autorizzazione.Ed è indicativa la parte in cui si cita la Regione, in particolare un dirigente, che
avrebbe prima firmato l'autorizzazione, poi revocata «in quanto - accusa la Procura - priva dei requisiti essenziali relativi alle analisi richieste per legge». Ma c'è un altro particolare di non poco rilievo che getta ulteriori ombre sulla vicenda. Nel 2017, quando il progetto Smart Gas era ben che bocciato, ci sarebbe stata una richiesta dell'Azienda speciale di «accesso agli atti» alla Regione per mettere mano proprio sulle caratterizzazioni e le analisi fatte da Vescovini per il suo progetto (che comprende un dragaggio profondo) per le quali aveva speso ben 650 mila euro. Se l'Azienda speciale aveva fatto regolarmente caratterizzazioni e analisi, come previsto per legge, perché dunque chiedere di vedere quelle fatte da Vescovini? E soprattutto dopo la guerra che sie era scatenata contro quel progetto poi bocciato. Vescovini che aveva dovuto inviare il progetto alla Regione come prevede l'iter però ha vincolato al segreto la Regione che non ha potuto concedere lo studio. Che ora però lo stesso imprenditore mette a disposizione della città. Il progetto dell'escavo prevede di dragare circa 800 mila metri cubi di fango, quello di Vescovini il doppio, per arrivare a -13,50. E quello che è rilevante è che non utilizza le aree della colmata vecchia che, è accertato, è diventata una discarica (proprio per questo anche i blocchi e i sequestri).Ma un'altra zona "ex" novo con la realizzazione di spazi e banchine. Proprio per questo il progetto Smart Gas aveva trovato tra gli alleati, la Compagnia portuale che avrebbe investito per realizzare piazzali e banchine in porto. Ma anche la Compagnia portuale è stata fermata come Vescovini. L'ex ad della Compagnia Riccardo Scaramelli ha lanciato accuse contro la «mafia bianca» del territorio che prima di fa andare avanti e poi ti stritola. riunione nazionale Elettricità sulle banchine e Zona logistica in porto Piano presentato all'Anci L'elettrificazione delle banchine è stato uno degli argomenti affrontati nella riunione della Commissione Città portuali dell'Anci, l'associazione Comuni italiani, dai primi cittadini dei principali centri della penisola che vantano la presenza di un porto.Un tema particolarmente caro al sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, che ha preso parte all'incontro in video conferenza in quanto presupposto fondamentale per fare del Porto di Monfalcone una struttura moderna anche in termini di abbattimento dell'impatto ambientale.«L'elettrificazione delle banchine è un tema per noi molto importante, non soltanto per il fondamentale discorso della riduzione dell'inquinamento e dell'impatto ambientale, ma anche perché rappresenta un elemento fondamentale per far diventare il Porto di Monfalcone un Porto moderno e attrattivo. Abbiamo confermato che nei "ragionamenti" già fatti con l'Autorità di sistema abbiamo inserito questo aspetto, così come nella partita con A2A, in termini di compensazione dell'attività della centrale».«Nel corso della commissione, in accordo con altri sindaci, ho comunque fatto presente che senza una opportuna politica di riduzione fiscale, che deve attuare il governo, per l'utilizzo della energia elettrica da parte degli armatori, è difficile che il progetto decolli per una questione di convenienza per i fruitori stessi», spiega il sindaco, che ha parlato anche di tutte le azioni per fare del Porto la punta di diamante dell'economia del mare. A tal proposito si è soffermata sul progetto della Zls: «Nella riunione ho anche messo in luce la necessità che tutte le infrastrutturazioni e le operazioni rispetto alle città portuali debbano avvicinarsi alla gestione commissariale: per far presto la burocrazia deve essere azzerata, non a caso stiamo spingendo perché il nostro territorio diventi Zona logistica speciale, fattore di sviluppo per il porto in quanto inserito in un ambito territoriale più ampio».Di questa possibilità il sindaco ha già parlato con la Regione, incassandone l'appoggio del presidente, dati i vantaggi di valorizzazione del territorio in ottica complessiva in termini di sburocratizzazione e riduzione della fiscalità per una zona territoriale ampia, comprendente Gorizia con la Sdag, l'Isontino e tutto l'ambito retroportuale, anche allargandone il perimetro fino a raggiungere Cervignano e San Giorgio di Nogaro. -- il consigliere dem Moretti: «Fedriga dica se crede nel dragaggio»
La stasi sull'escavo del porto di Monfalcone non dipende dal governo Conte, ma dalla gestione leghista. Il consigliere regionale Pd Diego Moretti annuncia un interrogazione alla giunta Fedriga e replica alla sindaca Anna Cisint, dopo la sua richiesta di un commissariamento delle opere bloccate dalla burocrazia. Secondo Moretti, «sull'escavo la Regione è ferma a due anni fa: l'ex vice ministro alle Infrastrutture del Conte 1, il leghista Edoardo Rixi, si è limitato a suo tempo a una passerella che non ha portato a un bel nulla, ma per il sindaco Cisint la colpa è sempre del Pd. Adesso la proposta del commissariamento, proposta affascinante, ma demagogica e improponibile». «La Lega - prosegue Moretti - governa la Regione da due anni: in tutto questo tempo non si è fatto un passo avanti che sia uno e gli unici escavi compiuti (a Monfalcone e Grado) sono stati fatti con la gestione dell'assessore Santoro. La domanda di fondo è: la Regione crede ancora all'escavo del canale di accesso al porto di Monfalcone?». -- Quali sono le cifre precise sulla rioccupazione delle maestranze ex Eaton e quanti sono i lavoratori ex Eaton non rioccupati in diverse situazioni lavorative e ancora non beneficiari di pensionamento o di quiescenza? Ancora, quanti di questi lavoratori hanno frequentando o stanno frequentando corsi di riqualificazione professionale e come può essere garantito a questi ultimi un effettivo sbocco professionale, nonché una corsia preferenziale, anche nell'indotto Fincantieri rispondendo così ad alcune preoccupazioni esternate in questi giorni dal sindacato? A chiederlo in un'interrogazione al sindaco il gruppo consiliare del Pd composto da Fabio DelBello, Lucia Giurissa, Paolo Fogar, Paolo Frisenna. I dem vogliono capire come riuscirà il Comune a rispettare gli impegni presi nel gennaio 2018 e questo di fronte al fatto che, nel mezzo del percorso, la pandemia Covid-19 ha rallentato i corsi di riqualificazione. Il gruppo Pd ripercorre tutta la vicenda iniziata nel gennaio 2018, a fronte della chiusura della Eaton (fabbrica a lungo leader nella produzione di valvole automobilistiche) decisa in modo unilaterale senza alcun coinvolgimento preventivo delle Istituzioni. Il Comune, polemizzando con il Governo e con la Giunta regionale allora in carica, aveva puntato al ricollocamento di tutti i dipendenti anche e soprattutto tramite l'accordo con Fincantieri.Infatti si registrava una perdita secca di quasi 150 dipendenti, 200 con l'indotto. Nell'agosto 2018, dopo i mutamenti politici a livello governativo e regionale, si apprendeva che erano stati convocati i primi 14 lavoratori: sette di questi rimanevano e venivano assunti come manutentori alle dipendenze di Fincantieri. Nel mese di settembre, continua il Pd, una quarantina di ex lavoratori di Eaton, tutti senza una prospettiva certa, come un'altra cinquantina di colleghi, scendevano in strada, manifestando in via Rosselli. La Fiom Cgil, che all'interno del sito era l'unica organizzazione sindacale rappresentata, richiedeva al sindaco un incontro urgente per una verifica dell'attuazione del protocollo siglato da Comune con Cgil, Cisl e Uil e Confindustria per la ricollocazione di un'aliquota di lavoratori coinvolti dalle crisi aziendali pari al 5% della consistenza dell'indotto attualmente presente in Fincantieri.Il protocollo era stato siglato alla fine di maggio e prevedeva una sua attuazione entro la fine di aprile dell'anno successivo, ma per il sindacato era quanto mai necessario per fare chiarezza. Nel frattempo alcuni lavoratori avevano iniziato a frequentare in particolare dei corsi di saldatura, altri avevano accettato anche 5 giorni di lavoro, trovato attraverso le agenzie di lavoro interinale, pur di non rimanere a casa. -- TRIESTE - Venerdì 11 Settembre 2020 Rifornimenti elettrici: Autorità, Acegas e Terna presentano il maxi piano a Conte Caccia ai fondi. La Regione lamenta di non essere coinvolta: «Così è anarchia» Il dossier Trieste punta su navi a energia green E Porto vecchio aspetta Diego D'Amelio / triesteArriva da Trieste (e più precisamente dal suo porto) il primo progetto
sottoposto dal Friuli Venezia Giulia al governo per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund. Autorità portuale, Acegas e Terna puntano su un piano 45 milioni per elettrificare le banchine dello scalo, permettendo alle navi ormeggiate di avere corrente senza tenere i motori accesi. La giunta regionale benedice e a sua volta chiederà a Roma di impegnarsi per lo sviluppo del Porto vecchio di Trieste, ma il presidente Massimiliano Fedriga critica il mancato coinvolgimento delle Regioni nel lavoro di coordinamento. Il governatore parla di «rischio anarchia», denunciando l'impossibilità di conoscere e indirizzare quanto bolle nelle pentole di grandi soggetti dell'industria e delle infrastrutture. Fedriga non ha partecipato infatti all'incontro organizzato a margine della cerimonia conclusiva di Esof 2020 tra il premier Giuseppe Conte, il ministro Stefano Patuanelli, il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino e il ceo di Costa crociere Michael Thamm. Occasione per presentare al premier il progetto triestino, che fa parte di un pacchetto di decine di proposte che l'Authority ha nel cassetto e che si giocherà qualora emergano altre occasioni per attingere ai fondi europei. La punta di diamante è però il piano legato al cosiddetto cold ironing, ovvero la possibilità per le navi di attingere alla rete elettrica per alimentarsi, spegnando gli inquinanti e rumorosi motori a combustibile fossile che oggi restano accesi anche in ormeggio. Il progetto dell'Autorità portuale costa 15 milioni, necessari a realizzare una serie di sottostazioni elettriche con cui portare energia in Porto vecchio, alla Stazione marittima, sui moli del porto nuovo e nelle aree di sviluppo a est dell'oleodotto. Ogni banchina sarebbe così dotata delle attrezzature per consentire alle navi da crociera (le più energivore) e a quelle mercantili di collegarsi alla rete. Il progetto mira inoltre a creare infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici che sempre più saranno impiegati nello scalo e a portare maggiori flussi di corrente verso aree industriali come il Coselag e FreeEste, per le auspicabili occasioni di sviluppo della manifattura legata ai traffici. La transizione energetica condurrà insomma a un maggiore impiego dell'elettricità e ai picchi che si verificheranno all'arrivo di piccole città galleggianti come sono le navi bianche. E se l'Autorità portuale si occupa dell'ultimo miglio, un parallelo progetto di Acegas e Terna servirà a portare a Trieste ulteriori quantità di corrente, da dirottare in parte verso i moli. Con un impegno da trenta milioni, le due società vorrebbero incrementare la portata della linea che collega Redipuglia a Padriciano, ma soprattutto creare un sistema smart, capace di assicurare una più efficiente gestione della rete. Il progetto parte dalla previsione di un cospicuo aumento dell'impiego di pannelli fotovoltaici nel prossimo futuro: si punta allora a realizzare un sistema di accumulo dell'energia eccedente prodotta dai pannelli dei privati e di successiva distribuzione, in modo tale da alimentare i bisogni di energia crescenti della città e in particolare quelli del porto, senza dover creare nuove centrali. Ma le fonti rinnovabili non bastano e per questo si dovrà accrescere la portata della linea da Redipuglia, senza escludere l'impiego di nuovi cavi che potrebbero essere posati sui fondali marini. Il Recovery Fund valorizza anzitutto la sostenibilità ambientale e per l'Autorità portuale il cold ironing appare la prospettiva più spendibile, ma il porto ha accumulato negli anni decine di progetti da tirare fuori alla bisogna: sommandoli tutti si supera agevolmente il miliardo di euro, dall'ampliamento delle banchine esistenti alle bonifiche dei terreni inquinati, dall'aumento della capacità ferroviaria alla realizzazione del piano regolatore per il porto di Monfalcone, fino allo sviluppo delle potenzialità del digitale nella gestione dei flussi di veicoli e nell'impiego sicuro dei dati.Il progetto principe è emerso solo perché presentato a Conte dopo un evento ufficiale e non è dato a sapere se altri soggetti stiano lavorando per sottoporre al governo idee finanziabili. Il presidente Fedriga allarga le braccia: «Purtroppo è l'anarchia e, se non ci sarà coordinamento con i territori, sarà un fallimento. Le Regioni non sono in grado di sapere cosa stanno progettando i vari player e chiedono da settimane di essere coinvolte». Ma il governatore non vuol stare con le mani in mano e un'azione di lobbying è già stata avviata nei confronti di Roma. «Ne ho parlato a Conte», dice Fedriga, che per Trieste vede «la riqualificazione del Porto vecchio, dove potremo portare tutta la parte di ricerca e innovazione. Il sindaco Dipiazza mi dice che ci sono molte manifestazioni di interesse e ora vanno approvati Accordo di programma e variante entro alcune settimane». Per Udine esiste invece un progetto da un miliardo per riqualificare i trasporti ferroviari: «Non è possibile che la ferrovia continui ad attraversare la città tagliandola in due». -
Il sindaco e il caso investimenti Monfalcone, Cisint alza il tiro «Il ministro ci ha dimenticati» triesteUna gestione commissariale per sbloccare l'escavo del porto di Monfalcone, fermo da troppi anni. La proposta arriva dalla sindaca Anna Cisint, forte dei «22 milioni di euro pubblici fermi da vent'anni e che chiediamo solo di spendere a quel governo, che ha visto qui i suoi rappresentanti per Esof 2020 senza che fosse spesa una sola parola chiara sullo sviluppo del territorio». Cisint attacca Roma, perché «sono fermi da troppo discorsi sul porto di Monfalcone, che ha un'importanza nazionale. Ho più volte scritto ai ministeri dei Trasporti e dell'Ambiente, ma poi il ministro Patuanelli ci parla di investire sulla "sua" Trieste e dimentica che l'escavo di Monfalcone è bloccato da vent'anni di legacci burocratici». La sindaca sottolinea che «ci sono 22 milioni fermi, che permetterebbero di aumentare la profondità dei fondali a 12,5 metri: da mesi la Regione cerca di convincere i ministeri a muoversi, perché il Mit deve autorizzarci a scavare, prima che la Via scada. Patuanelli è espressione del nostro territorio e parla di rilancio dell'economia, ma dov'è Monfalcone?». La prima cittadina lancia la sua proposta: «Non chiediamo fondi che abbiamo già, ma di poter lavorare. Dopo la tempesta Vaia abbiamo speso 160 milioni in sei mesi grazie alla gestione commissariale: cari Conte e Patuanelli, vi propongo la stessa procedura per sbloccare questo danno economico e occupazionale». Cisint si sofferma poi sul canale est-ovest: «La Montecarlo Yachts potrebbe produrre grandi barche a vela per conto del cantiere Beneteau, ma per l'ennesimo intrico burocratico romano non è autorizzata ad approfondire il canale antistante, come sarebbe necessario per varare questo tipo di imbarcazioni. Ricordo a tutti che i canali sono non solo vie d'accesso ma anche luoghi di lavoro». -- D'Agostino, dopo la vittoria al Tar, ha tre settimane di tempo per presentare la domanda Sullo sfondo restano la possibile presidenza continentale e 13 poltrone da assegnare in Italia Zeno, il tempo delle scelte Il bis è a portata di mano tra Europa e qualche sirena Il focustriestePrima la decadenza chiesta dall'Anac, poi la rivolta della città e della politica, quindi la vittoria davanti al Tar. Dopo mesi sulle montagne russe, per Zeno D'Agostino comincia il percorso verso il possibile bis alla guida dell'Autorità portuale. Il ministero dei Trasporti ha appena pubblicato il bando per la raccolta delle manifestazioni di interesse per il conferimento dell'incarico di presidente di tredici Authority del mare in scadenza sul totale di sedici. Il governo vuole tenere il manager veronese e sarà dunque soprattutto lui a dover decidere se restare o tentare altre avventure, mentre continuano in parallelo le trattative che potrebbero portare D'Agostino addirittura al vertice di Espo, associazione che rappresenta i porti europei. Entro il 27 settembre, i candidati alla presidenza delle Autorità portuali italiane dovranno inviare il proprio curriculum. La procedura prevede che gli interessati possano indicare i porti di preferenza, ma ciò non sarà vincolante per il Mit, cui spetta raccogliere i nomi e poi procedere alle nomine (dopo il confronto con le Regioni) senza stilare graduatorie. E dopo le calde parole spese dalla ministra Paola De Micheli e dal collega triestino Stefano Patuanelli, sarebbe sorprendente se a Roma decidessero di insediare a Trieste una persona diversa da D'Agostino. Il presidente non ha ancora inoltrato domanda, ma ci sono tre settimane di tempo. Il bando apre peraltro anche un'incognita legata al segretario generale Mario Sommariva, che potrebbe essere tentato dall'idea di assumere in prima persona la presidenza di un'Autorità portuale, dopo aver svolto per un mese il ruolo di commissario straordinario in
sostituzione del decaduto D'Agostino e dopo aver accumulato una lunga carriera in ambito portuale. Sommariva potrebbe cercare il ritorno a Bari o il riavvicinamento alla sua Liguria. Articoli della stampa di settore ipotizzano inoltre che il ticket D'Agostino-Sommariva possa spostarsi a Genova, qualora alle prossime elezioni regionali la spunti il centrosinistra. Al momento si tratta di rumors e pare difficile che D'Agostino non cerchi il rinnovo a Trieste, dopo l'affetto che l'ha investito in città e davanti alla possibilità di chiudere le partite aperte nel primo mandato, dal potenziamento della capacità ferroviaria all'avvio del Molo VIII, passando per gli interessi di grandi player internazionali, l'allungamento del Molo VII e l'ingresso di Duisport negli interporti di Trieste e Cervignano. Allo stesso tempo, però, il manager pubblico sa che il privato potrebbe offrire posizioni e stipendi di grande rilievo a chi si è messo in mostra a livello europeo nel comparto della logistica. Un'esposizione che gli è valsa due anni fa la nomina a vicepresidente di Espo, in rappresentanza dei porti dell'Europa meridionale. Ora D'Agostino è in lizza per la presidenza dell'associazione, che sarà votata a novembre. I giochi diplomatici fra i diversi paesi lo danno testa a testa con l'altra vicepresidente Annaleena Mäkilä. D'Agostino pare comunque disposto a riconoscere il peso dei sei anni di vicepresidenza della collega finlandese e potrebbe accettare di farsi da parte, occupando per un altro biennio la poltrona di numero due in attesa del salto. Dipenderà soprattutto dalla spinta dei porti mediterranei, cui per alternanza spetta la guida di Espo e che potrebbero insistere perché D'Agostino vada fino in fondo. -- terminalisti, spedizionieri e agenti marittimi Gli operatori dello scalo si schierano e blindano il ticket con Sommariva triesteRiconfermare Zeno D'Agostino e schiudere finalmente la prospettiva del Porto franco internazionale di Trieste. È quanto chiede al governo il presidente di Confetra Fvg Stefano Visintin, in rappresentanza di terminalisti, spedizionieri e agenti marittimi del Friuli Venezia Giulia. «Auspico che il presidente sia riconfermato alla guida dell'Autorità portuale - dice Visintin - perché si possano raggiungere gli obiettivi che ha fissato e che abbiamo condiviso. Il mondo del porto è compatto dietro a D'Agostino, che deve continuare nel suo lavoro, perché quattro anni di presidenza non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi di medio-lungo termine che ci siamo dati». Il timore che il ticket con Mario Sommariva si interrompa non è nascosto: per Visintin, «parliamo di una coppia vincente grazie a capacità e caratteri diversi. Rischieremmo che a Trieste la magia si rompa, ma è comprensibile che la caratura raggiunta conduca entrambi ad aspirare a una presidenza». Dopo il rinnovato impegno assunto a Espo 2020 dal ministro Stefano Patuanelli sull'extradoganalità del porto triestino, Visintin sottolinea che «è ormai chiaro che deve essere il governo a mettere a posto le cose, riclassificando lo scalo all'interno delle zone extradoganali previste dal Codice doganale europeo. Il ministero dell'Economia è freddo? Non spetta a un ministro o a un funzionario essere d'accordo o meno: qui si tratta di adempiere al dettato di un trattato di pace, tanto più che ciò porta vantaggi erariali e fiscali per lo Stato italiano. Il ministro Patuanelli ha chiesto di essere giudicato dai triestini sulla base dell'istituzione o meno del Porto franco di Trieste e su questo lo giudicheremo, premettendo ovviamente che siamo tutti con lui in questa battaglia». -- con serracchiani Le accuse di Fedriga innescano lo scontro trieste«Non è accettabile» che, nell'ambito della programmazione per gli interventi del Recovery Fund, il governo stia coinvolgendo le articolazioni dello Stato «escludendo di fatto le Regioni, e con
esse i territori». Lo ha affermato, riporta una nota della Regione, il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga durante la riunione di ieri della Conferenza delle Regioni. Secondo lo stesso Fedriga, si legge nella nota, «tre sono le questioni strutturali da approfondire inderogabilmente con l'esecutivo: la prima è relativa alla necessità che la stessa autorità centrale quantifichi l'entità delle risorse da destinare ai progetti proposti dalle Regioni; in secondo luogo, va prevista l'inclusione dell'istituzione regionale nei processi di programmazione anche quando essi riguardano in primo luogo altri enti statali; infine, è necessario il coinvolgimento delle Regioni nei progetti di valenza nazionale che verranno individuati. In tal senso la stessa Conferenza si configura come il soggetto istituzionale attraverso il quale i territori possono assolvere a questa importante funzione». In relazione a ciò, per Fedriga - conclude la nota stampa della Regione - «il processo di condivisione con il sistema istituzionale delle autonomie rappresenta un passaggio non eludibile per il successo dell'applicazione di politiche nazionali».E sul tema, proprio in risposta a Fedriga e alla polemica da lui stesso innescata sull'«esclusione delle Regioni», ieri in giornata è intervenuta anche Debora Serracchiani, attuale presidente della Commissione Lavoro della Camera dei deputati, secondo cui «è auspicabile che la Regione Friuli Venezia Giulia stia elaborando le sue progettualità prioritarie da portare nell'ambito della programmazione del Recovery Fund». «C'è una cabina di regia nazionale - insiste la deputata del Partito democratico ed ex governatrice del Friuli Venezia Giulia - e c'è un gruppo di lavoro interregionale istituito nella Conferenza delle Regioni. L'interlocuzione è avviata con Anci e Regioni, nessuno è escluso e ci saranno i tempi debiti per i vari soggetti istituzionali». Per la stessa Serracchiani «non bisogna pensare al Recovery Fund come a una torta da spartirsi: è un sistema in cui le risorse sono in funzione del peso e della qualità dei pilastri progettuali».-- GORIZIA-MONFALCONE - Giovedì 10 Settembre 2020 L'azienda incaricata dei lavori finiti nel mirino della magistratura con otto indagati si è vista bloccare beni per 877 mila euro. E Scaramelli precisa la «Mafia bianca» Sui dragaggi a Portorosega Polese vuole il dissequestro Giulio GarauÈ un faldone immenso, oltre 4 mila pagine, quello dell'inchiesta conclusa dalla Procura della Repubblica di Gorizia sui lavori di manutenzione del canale di accesso del porto di Monfalcone che ha portato il pm Valentina Bossi a indagare 8 soggetti per attività di gestione illecita di rifiuti costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di qualsiasi autorizzazione. Tra questi il direttore dell'Azienda speciale, Sergio Signore e il direttore regionale di allora del servizio tutela acqua della direzione ambiente Pietro Giust (ora in pensione) che aveva ritirato l'autorizzazione anche se i lavori poi sono stati conclusi. L'inchiesta si è chiusa a inizio agosto, le comunicazioni giudiziarie sono arrivate agli indagati. Ora si apre una fase molto complessa delle memorie difensive che richiederà del tempo visto il faldone di 4 mila pagine della procura, che dovrebbero arrivare dal giudice dell'udienza preliminare che dovrà decidere se rinviare a processo. Anche alla luce del "macigno" che pesa sull'inchiesta, il pronunciamento della Corte di Cassazione sul ricorso della Procura, dopo che il Tribunale del riesame aveva dissequestrato canale e draghe. La Cassazione ha annullato l'ordinanza impugnata dalla Procura e ha rinviato per un nuovo esame al Tribunale. Lo stesso Tribunale che si occuperà già oggi stesso di una prima tranche: il riesame chiesto dall'avvocato difensore della ditta Polese, incaricata di eseguire i lavori dopo aver vinto la gara d'appalto, Valter Buttignol. La Polese in realtà ha già pagato prima ancora che si apra il processo: alla ditta di Sacile è stato notificato un sequestro di beni per 877 mila euro (l'importo dei lavori) che l'ha portata a una procedura di concordato, a un passo dal fallimento. Già oggi si saprà che piega prende la vicenda.Intanto a Monfalcone l'imprenditore Alessandro Vescovini della Sbe, che dopo la bocciatura del progetto Smart Gas (costata un paio di milioni di euro) ha fatto esposti che hanno portato all'apertura dell'inchiesta, si è scatenato ed è pronto a chiedere i danni. E sulla vicenda, dopo l'intervista apparsa ieri, torna anche l'ex amministratore delegato della Compagnia Portuale, Riccardi Scaramelli con alcune precisazioni. Scaramelli afferma di non aver «mai
menzionato né la Azienda speciale del Porto né tanto meno la Camera di Commercio di Gorizia nell'intervista» L'ex Ad aggiunge che è stato tra l'altro: «membro del consiglio dei due istituti per diversi anni e le mie critiche e gli apprezzamenti li ho espressi nelle opportune sedi con estrema chiarezza e sempre assumendomi le responsabilità del caso». «Tra l'altro, quando mi riferivo ai "pesci piccoli" che alla fine sono solo loro che pagano - spiega - pensavo con simpatia a quei tecnici che sono ora indagati ma che alla fine sono gli unici che hanno davvero realizzato uno spianamento che nessuno aveva saputo o potuto realizzare negli ultimi lustri e che molti benefici apporterà allo sviluppo del porto che, di fatto, è bloccato da alcuni decenni, da ben prima di quando iniziai la mia opera a Monfalcone nel luglio 2008».Scaramelli aveva parlato di «Mafia bianca» che soffoca il porto e gli imprenditori che vogliono investire nello scalo. La sua precisazione, però, fa i conti con il recente passato dello scalo in quanto da sempre la gestione anche politica del porto, è un dato di fatto, è stata in mano all'Azienda speciale controllata dalla ex Camera di commercio di Gorizia. E dunque a chi si riferisce quando parla di Mafia bianca? Intato ieri il consigliere dem Diego Moretti ha depositato una richiesta di convocazione della Commissione consiliare infrastrutture per sentire il presidente Fedriga e gli assessori Pizzimenti e Bini sullo stato di fatto del progetto dell'escavo. LE OSSERVAZIONI Rosmann e Lipu: «Più tutela al Lisert» Associazione ambientalista Rosmann e Lipu regionale chiedono, con le loro osservazioni che la Variante al Piano regolatore del porto si faccia carico di tutelare le zone di pregio ambientale esistenti nell'area. Vale a dire il canneto del Lisert e lo stagno ex Enel, come pure la porzione di cassa di colmata diventata un punto di riferimento per l'avifauna. Per come presentata, invece, la variante, secondo la Lipu, andando a incidere sul canneto del Lisert, provocherebbe impatti negativi significativi sulle popolazioni di avifauna che frequentano la zona. A fronte delle previsioni di crescita del porto incluse nella Variante «tutte da verificare» le associazioni chiedono di procedere per moduli, urbanizzando solo le aree necessarie, riservandosi in futuro di consumare ulteriore suolo solo nel caso di effettiva necessità. Nel ragionamento va incluso, per Rosmann e Lipu, il futuro della centrale A2A e dei suoi 20 ettari serviti da una banchina portuale. --La. Bl. GORIZIA-MONFALCONE - Mercoledì 09 Settembre 2020 Sommariva: «Stiamo parlando con il Consiglio superiore dei lavori pubblici». Attesa per l'evoluzione dell'inchiesta L'Autorità di sistema dialoga con Roma per trovare una soluzione sull'escavo Giulio GarauL'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale è già intervenuta e sta lavorando per trovare una soluzione sul progetto dell'escavo del canale di accesso al porto di Monfalcone. All'indomani della notizia sulla conclusione dell'inchiesta della Procura della Repubblica di Gorizia che contesta il reato di attività di gestione illecita di rifiuti nello scalo costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di autorizzazione e che vede otto indagati, il segretario generale dell'Authority Mario Sommariva apre uno spiraglio su un nodo fondamentale dello scalo.«Ci stiamo interessando - conferma - circa un mese fa abbiamo fatto una riunione in video- call con il Consiglio superiore dei lavori pubblici a Roma per perorare le cause dei vari nodi irrisolti del porto di Monfalcone. Soprattutto la variante localizzata e l'escavo del canale di accesso. C'è già un accordo con la Regione che ha fatto un progetto, la questione sta in capo a loro. Noi - scherza con una battuta - siamo servitori della Patria, quello che ci dicono di fare lo faremo».Poco saggio farsi illusioni, siamo a Monfalcone e il clima è completamente diverso da quello di Venezia. Ma anche in quel caso i dragaggi erano bloccati da anni tra polemiche e immobilismi. E grazie a un
accordo firmato dalla Port Authority guidata dal commissario straordinario (ed ex presidente) Pino Musolino, con il Provveditorato Opere pubbliche, in attesa del protocollo di trattamento dei fanghi e del via libera definitivo del ministero dell'Ambiente, partiranno i dragaggi dei fanghi in base alla normativa attuale.«I passaggi che bisogna affrontare a mio avviso sono certamente con il Consiglio superiore opere pubbliche e poi con le commissioni locali alla luce delle norme cambiate su alcuni limiti delle quantità - aggiunge il segretario - noi intanto continuiamo a lavorare con il Consiglio superiore per dipanare la matassa e siamo a disposizione. Abbiamo aperto un'interlocuzione, poi bisognerà prendere una decisione, ma non possiamo farlo noi. Sarà necessario un confronto con la Regione che è titolare del progetto di escavo». Tutti nodi da affrontare e non sarà facile. Innanzitutto perchè la Procura della Repubblica ha aperto dei fari permanenti sul porto di Monfalcone che si accendono ogni volta che si parla di scavi e dragaggi. E c'è un procedimento in corso, con un'inchiesta appena conclusa portata avanti dal pm Valentina Bossi che vede ben otto accusati, tra dirigenti e imprese, già sul progetto propedeutico dell'escavo, la manutenzione dei fonfali con l'asporto di 82 mila metri cubi di fanghi. Un progetto concluso, questa la tesi dell'accusa, senza autorizzazione. Ed era stata la stessa Regione con un suo dirigente anni or sono a rilasciarla in prima istanza e poi revocarla (in autotutela) in quanto «priva dei requisiti essenziali relativi alle analisi richieste per legge». È così anche per il progetto dell'escavo? Non basta. Si sa anche di altri rilievi mossi dal Provveditorato opere pubbliche sul nodo sversamento fanghi in cassa di colmata dove c'è anche una discarica. E i dubbi riguarderebbero anche il livello di altezza che raggiungerebbero i fanghi una volta depositati, oltre due metri. Una situazione non accettabile secondo il Provveditorato che ha fatto le sue rimostranze ufficiali mettendo un altro ostacolo al progetto della Regione. Nodi ancora da sciogliere. - Scaramelli si leva "macigni" dalle scarpe. E ricorda i progetti che sono stati bloccati, anche quello con Vescovini. «Dodici anni, i più inutili della mia vita» «In porto una mafia bianca ferma gli investimenti privati» «Nel porto di Monfalcone non si può fare nulla perché c'è la mafia bianca che ti stritola. Agli imprenditori privati è stato impedito di fare qualsiasi investimento. Non ti dice mai no nessuno, ti fanno andare avanti con un progetto, te lo fanno anche presentare. Poi in silenzio, come fa un anaconda, il sistema ti circonda e ti stritola. Lo chieda a Vescovini che con il progetto di Smart Gas ha perso due milioni». Riccardo Scaramelli da alcuni anni è uscito dalla Compagnia portuale del gruppo maneschi dove era amministratore delegato e poi, negli ultimi anni, presidente. E quando parla del porto di Monfalcone lo fa sempre con grande amarezza, ed ora che è fuori, levandosi dalla scarpa macigni più che sassolini. , «La mia esperienza in Compagnia portuale? - esclama - Dodici anni, i più inutili della mia vita professionale. Di utile c'è stato solo il fatto che ho salvato un'impresa che era allo sbando, aiutando i vecchi ad andarsene felici e tenendo gli altri 80 giovani che sono rimasti e a i quali sono riuscito a cambiare mentalità. Lavoratori straordinari che vorrei a lavorare con me in qualsiasi parte del mondo». Non a Monfalcone però. «Monfalcone ha quello che si merita, sono rimasto amareggiato, uno scalo dove ho visto cose orribili che mi hanno disgustato. Abbiamo lavorato, investito e rifatto un porto come quello di Genova, abbiamo lavorato anche a San Pietroburgo e a Costanza. Ma nemmeno in Romania abbiamo avuto le difficoltà riscontrare a Monfalcone». Le accuse di Scaramelli sono molto pesanti: «In porto c'è una mafia bianca che non permette agli imprenditori di investire - insiste - e si tratta dei soliti noti che con l'Azienda porto e la Camera di commercio decidevano sul porto. Avevamo due progetti per investire e rifare il porto, uno assieme a Vescovini che non sono stati nemmeno presi in considerazione. Lo stesso Vescovini con Smart Gas ha buttato via due milioni. Ma lo stesso anche è toccato a Bortolussi della Marter
che non ha potuto fare nulla dentro ma è stato costretto a investire all'esterno. E lo stesso è toccato a noi della Compagnia portuale. Abbiamo dovuto acquisire un piazzale all'esterno dello scalo per le attività di logistica». Sono durissime le parole dell'ex amministratore delegato della Compagnia portuale. «Mi dispiace - aggiunge - perché chi poi paga questa situazione sono i soliti pesci piccoli e non quelli che sono il vero cancro di Monfalcone. Ma cosa si può pensare quando le autorità che controllano ti dicono che la cassa di colmata è una discarica a cielo aperto e non può essere usata per i progetti che bisognerebbe fare per lo scalo? Perché nessuno è finito in galera per questo? Sappiamo tutti chi sono i responsabili del progetto, una discarica realizzata senza autorizzazioni con i soldi pubblici. E nessuno ne paga le conseguenze? ». Scaramelli lo ripete: Nemmeno a Costanza in Romania ho avuto le difficoltà che ho incontrato a Monfalcone, lì mi hanno lasciato lavorare in pace. A Protorosega non ci hanno lasciato fare nulla. E sono contento di essere andato via. Ho soltanto un rimpianto, di non essere uscito prima». -G. G. GORIZIA-MONFALCONE - Martedì 08 Settembre 2020 Conclusi gli accertamenti da parte del pm Bossi sui lavori del 2019. Tra i coinvolti il direttore dell'Azienda speciale, Signore «Dragaggi illeciti e senza autorizzazione» otto indagati, nuova Bufera sul porto Giulio GarauAttività di gestione illecita di rifiuti costituiti da fanghi di dragaggio in assenza di qualsiasi autorizzazione. Lo aveva già detto e contestato all'Azienda speciale porto con il sequestro della draga e l'area portuale la Procura della repubblica di Gorizia che quei lavori di manutenzione dei fondali del porto di Monfalcone per eliminare le gobbe che ostacolavano l'ingresso delle navi in banchina non andavano fatti così. Perché erano troppi quegli 80 mila metri cubi di fango da dragare per essere considerati una «manutenzione» del canale di accesso allo scalo. Troppi anche per essere ricollocati in mare in un'area vicina che non ostacola la navigazione come poi è stato fatto. Ed ora si torna al punto di partenza come al gioco dell'oca, con un'inchiesta che travolge ancora una volta i protagonisti dell'Azienda porto e in particolare il suo direttore, Sergio Signore. All'epoca, era il giugno del 2018, dopo il sequestro della draga della ditta Polese di Sacile che aveva vinto l'appalto era stata bloccata anche tutta l'area portuale dopo il blitz dei Noe. Un mese dopo il Tribunale del riesame aveva disposto il dissequestro. Ma la Procura non si è data per vinta, ha fatto ricorso contro il dissequestro e ha ottenuto la pronuncia della Corte suprema di Cassazione, terza sezione penale, che le dà ragione in toto: i quantitativi coinvolti per considerare una manutenzione devono essere inferiori a 10 mila metri cubi e non 80 mila, i sedimenti devono presentare tossicità assente, e devono essere esclusi impatti su biocenosi (la comunità delle specie di un ecosistema che vive in un determinato ambiente marino). Un ricorso presentato dalla Procura a carico del direttore dell'Azienda speciale porto Signore e di Pio Polese dell'omonima ditta veneta che ha fornito la draga. Una pietra tombale posata dalla Cassazione. Peccato però che dopo lo stop i lavori (era stato tutto dissequestrato) siano andati avanti e sono stati conclusi (con tanto di sminamento) a pochi giorni del Natale 2019. Mesi prima, il 4 luglio, la Corte di Cassazione aveva pronunciato la sua sentenza che è state depositata però, con tutte le motivazioni, il 12 di novembre. Troppo tardi per fermare il dragaggio che praticamente concluso. Non era tardi però per la Procura che con in mano l'annullamento della Cassazione e il rinvio di tutto al Tribunale di Gorizia, ha rispolverato le indagini già fatte, ne ha continuato a fare altre nel canale del porto dove ritiene che il reato sia stato consumato. Indagini preliminari che sono state concluse, il pm Valentina Bossi si è fatta un quadro probatorio e lo ha depositato a inizio agosto scorso, con precise accuse nei confronti di ben 8 indagati.A cominciare da Signore (direttore dell'Azienda porto e Rup, responsabile unico di procedimento) assieme a Roberto Rusconi (direttore dei lavori di manutenzione), Maria Pighin
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