Il dilemma Colao: riflessioni e analisi sul piano di ripresa dell'Italia
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Il dilemma Colao: riflessioni e analisi sul piano di ripresa dell’Italia Il Piano Colao. Meglio chiamarlo dilemma Colao. Dilemma è un termine latino che significa due proposizioni, derivando però dalla parola greca λαμβάνω, “prendere”, il che fa raffigurare spesso il dilemma come due corni: o si afferra l’uno, o si afferra l’altro. Vedremo perché. Vittorio Colao è il manager italiano che è stato incaricato dal Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, di costituire una commissione per fornire indicazioni per il la ripresa dell’economia italiana, uscita dal blocco causato per mitigare gli effetti dell’epidemia di COVID 19. Lui, e coloro che hanno fatto parte della commissione, non sono personaggi che è semplice mettere in discussione: tutti fior di professionisti che hanno ottenuto signori risultati, in Italia e all’estero. In Italia la politica, quando non sa cosa fare, si blocca in surplace (la tecnica che permette di rimanere fermi in equilibrio sulla bicicletta in attesa del momento migliore per attaccare e sorprendere l’avversario) e lancia un buon pistard (corridore ciclista specializzato nelle corse su pista), che però corre fuori classifica (la commissione). In modo che questo mostri da che parte soffia il vento. E la direzione è quasi sempre, non sorprendentemente, diversa da quella indicata dalla commissione. Perché la politica ha ormai obiettivi a brevissimo termine, i sondaggi del fine settimana, mentre per le riforme ci vuole la forma mentale del contadino, che pianta un albero oggi per farne godere i frutti in futuro ai figli e ai nipoti. Una volta le commissioni erano parlamentari; lo sapevate che
il Parlamento, nella sola età repubblicana, ha creato ben 86 commissioni d’inchiesta? Dodici di queste, incluse le proroghe, sono state dedicate all’antimafia. Tra gli altri problemi affrontati, ci sono stati la disoccupazione, la miseria, la condizione dei lavoratori, l’antitrust (1963!), la condizione degli anziani, i rifiuti, il sistema sanitario, il caporalato, gli infortuni sul lavoro e le morti bianche, i crimini nazifascisti (nel 2003), la digitalizzazione e l’innovazione nella pubblica amministrazione, i femminicidi, il sistema di accoglienza dei migranti. Si è trovata persino l’occasione di affrontare argomenti esotici quali la giungla retributiva! Più recentemente, la politica ha percepito di non godere più del credito di una volta, e ha iniziato a rivolgersi ai “tecnici” per questa operazione di distrazione di massa. Si tratta normalmente di solidi professionisti, giunti ad una fase matura della loro carriera, che molto spesso si è sviluppata all’estero, in paesi dove l’amministrazione pubblica gode di un certo rispetto. Questi si sentono gratificati nel rendersi utili alla loro nazione, e accettano, a volte incautamente, per ingenua generosità. La cronaca degli ultimi anni ci dice che questi sono stati cooptati e digeriti (Mario Monti), masticati e risputati (Elsa Fornero), o semplicemente ignorati. Chi si ricorda più dei commissari alla spending review che si sono alternati nella mission impossible di riformare la spesa pubblica? Eravate rimasti a Carlo Cottarelli, il guru del Fondo Monetario Internazionale? No, ci sono stati anche professionisti come Enrico Bondi (manager in Montedison, Telecom, Premafi e Parmalat), Mario Canzio (una vita nella Ragioneria dello Stato), Yoram Gutgeld (McKinsey). Più recentemente ci siamo dovuti accontentare di Laura Castelli e Massimo Garavaglia, politici puri, dei quali non si segnalano esperienze professionali altrettanto originali.
Le proposte del Piano Colao Quindi, quali osservazioni si possono fare sul Piano Colao che, a pochi giorni dalla sua presentazione già comincia a provocare distinguo e prese di distanza? Come valutare queste 102 proposte, suddivise in sei capitoli, per favorire la ripresa economica del paese, elaborate da una élite professionale di un livello che in molti invidiamo? Il metodo La prima è una osservazione di metodo: i componenti della “Commissione Colao” sono dei professionisti troppo navigati per non avere cognizione delle ciniche osservazioni che avete letto fino a qui. Tra le righe del “piano” si percepisce una lotta tra la sincera volontà di fare il bene per il paese e l’amarezza di vivere una storia già scritta, e la compilazione delle varie proposte a volte vira verso il velleitario (7. L’emersione e regolarizzazione del contante derivante da redditi non dichiarati!) e l’indeterminato. Sì, perché sono descritti i propositi, il contesto in cui occorre operare e le azioni specifiche da sviluppare, ma la capacità di essere messi in grado di realizzare i propri piani si nutre delle aspettative che siamo in grado di generare nella nostra controparte, alla quale vogliamo o dobbiamo “venderlo”. Spiegare anche le conseguenze attese da queste operazioni avrebbe fornito ben altra forza negoziale, forzando la politica a prendere una posizione chiara di fronte all’opinione pubblica. Scheda 64. Piano digitalizzazione PA Ad esempio, la scheda “64. Piano digitalizzazione PA: incentivare, affiancare e supportare tutte le amministrazioni, anche locali, nel processo di trasformazione digitale, dotando
il Ministero dell’Innovazione di risorse umane e finanziarie consistenti per promuovere la migrazione e l’uso generalizzato di PAgoPa, app IO, SPID o CIE”… Che vantaggio possono avere l’impresa e il cittadino da un’Amministrazione Pubblica digitalizzata? La risposta è banale: l’accesso ai servizi senza doversi recare presso gli uffici, controllare i processi, ricevere promemoria, fare pagamenti, ricordare scadenze e svolgere pratiche quando si ha il tempo di farlo, in ufficio, a casa o in spiaggia, invece che dovendolo sottrarre necessariamente dalle attività lavorative, dalla cura della famiglia, o da altri impegni. Come non essere d’accordo? In tante aree del paese è così già da tempo, e non si sono registrati grandi sconquassi sociali. Chi preferisce che i cittadini debbano andare di persona a fare la fila in Comune per cambiare la residenza o alla posta per pagare una multa? Tanto per dire. Per il resto si tratta di un peana alla semplificazione e all’adozione di misure di immediata efficacia. Efficacia. Sì. perché l’Italia è quel paese che si è dotato di un sistema di regole con l’obiettivo di impedire di rischiare. Il fatto è che, impedisci oggi e impedisci domani, abbiamo bloccato tutto: l’intervento è riuscito ma il paziente è morto. E i pesci morti, si sa, si riconoscono perché seguono la corrente. La vita, invece, la vita biologica come quella economica, è una costante assunzione di rischi: prendiamo dei rischi quando impariamo a camminare, a correre e andare in bicicletta, quando scegliamo la scuola, quando ci innamoriamo, quando scegliamo l’università, il lavoro, ci sposiamo, acquistiamo casa, mettiamo al mondo dei figli. Quando ci mettiamo in proprio, quando acquistiamo un macchinario, quando allarghiamo il capannone, quando ci fidiamo di un partner, di un cliente, di un fornitore, di una banca… Le condizioni in cui ci sta lasciando questa epidemia ci impongono di rischiare. O di lasciarci cullare dalla corrente. Deceduti.
Scheda 22. Codice degli appalti Questo è il dilemma. Questi sono i due corni. A quale decideremo di aggrapparci? Forse all’obiettivo, ad esempio, della scheda “22. Codice degli appalti”? Questo provvedimento legislativo è il recepimento italiano delle direttive europee numero 23, 24 e 25 del 2014, fatto attraverso il D.Lgs. 50/2016: un pachiderma di 217 articoli e 25 allegati, che ad oggi ha già avuto nove aggiornamenti e modifiche, più di due all’anno. L’ultima volta che ho controllato, però, occorreva tenere conto anche di diciotto provvedimenti attuativi di vari ministeri, oltre a quindici linee guida ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione. Il Piano Colao dice: le infrastrutture sono un asset strategico per la ripresa economica, soldi da immettere sul mercato per muovere l’economia subito – con i lavori per costruirle – e in futuro, una volta che saranno realizzate, perché consentiranno lo sviluppo di nuove attività. La breve esperienza della normativa attualmente in vigore ha dimostrato che il processo è troppo lungo e farraginoso per portare a risultati nei tempi richiesti, ovvero nell’immediato. Programmiamo quindi la costruzione delle nuove infrastrutture strategiche con la sola immediata applicazione delle Direttive Europee, intanto, e nel frattempo rivediamo il codice dei contratti. E ma la corruzione, sento già le obiezioni, che facciamo con la corruzione? Fabio Cintoli, professore di diritto amministrativo e avvocato, ex Consigliere di Stato e Segretario Generale dell’Antitrust, in un’intervista all’Huffington Post ha affermato che “una gara complicata non è per forza sinonimo di legalità. La corruzione si può sviluppare più facilmente in una gara più complicata piuttosto che in una più snella, dove il dirigente è tenuto ad assumersi responsabilità ancor più chiare sulla scelta. Non serve solo un’amministrazione che faccia vigilanza e controlli, serve
prima di tutto un’amministrazione che realizzi gli obiettivi”. Cosa scegliere? Vivi, ma forse, e sottolineo forse, un po’ corrotti, o morti, ma immacolati? Scheda 73 il Piano di Digital Health Tra i portati più diretti di questa crisi, quello della scheda 73, il Piano di Digital Health. Questa proposta consiste nel superamento del Fascicolo Sanitario Elettronico, un metodo per la raccolta e la distribuzione dei dati della vita sanitaria del cittadino, che all’atto pratico sta avendo una implementazione limitata, resa difficoltosa al solito dalla necessità di coordinare diciannove servizi sanitari regionali e due provinciali (le Provincie Autonome!). La Digital Health dovrebbe essere perseguita attraverso la connessione di tutti i dati sanitari, sociali, ambientali e lavorativi e la loro condivisione con tutto il sistema sanitario “esteso”, incluso quindi non solo l’erogazione dei servizi, ma anche la ricerca e lo sviluppo e la produzione di farmaci, ad esempio. Un obiettivo quindi molto ambizioso, ma tutto considerato al livello di quanto stanno sviluppando da anni le aziende che si occupano di commercio al dettaglio, dalle grandi catene tradizionali, con le raccolte punti, ai giganti dell’eCommerce, e i loro cookies. Questo renderebbe possibile lo sviluppo di servizi di telemedicina innovativi, ma già resi disponibili dalle recenti innovazioni hardware, i wearable, i dispositivi elettronici indossabili come smartwatch o bracciali connessi. L’infrastruttura del Piano di Digital Health nazionale sarebbe anche il presupposto per il sistema di Monitoraggio Sanitario Nazionale (scheda 74). Come chiunque si occupi di sistemi di gestione sa bene, uno degli obiettivi del monitoraggio è quello di raccogliere le informazioni per prevenire situazioni, tendenze o problemi futuri, in modo da pianificare
anticipatamente le azioni opportune. In questo caso l’obiettivo sarebbe quello di praticare una medicina “proattiva”, resa possibile dall’interoperabilità delle banche dati sanitarie e no, già disponibili, che avrebbe come conseguenza anche la possibilità d’individuare rapidamente e gestire facilmente eventuali focolai di specifiche patologie. Come non vedere in questa proposta la volontà di imparare una lezione da quello che abbiamo passato in questi mesi? Andare oltre l’app Immuni, una storia in cui ci sarebbe da sollevare ben più di un sopracciglio, per costruire una infrastruttura efficace. E anche qui a quale corno decideremo di tenerci? Tanto per avere un riferimento, durante il lockdown in Italia ci siamo baloccati con i moduli di autodichiarazione: tonnellate di carta accumulate nelle prefetture e negli uffici della polizia municipale, che nessuno controllerà mai. Nel frattempo, in Azerbaijan, una ex repubblica sovietica sul Mar Caspio con dieci milioni di abitanti e un PIL pro capite di poco più di 4.000 euro/anno (quello dell’Italia è di 34.000 euro/anno per più di sessanta milioni di abitanti), chi aveva necessità di uscire mandava un SMS ad un servizio governativo, e il codice contenuto nell’SMS di risposta era l’autorizzazione. Chi era trovato a spasso senza un codice valido era immediatamente sanzionato. Ecco i due corni del dilemma: Pesci vivi o pesci morti?
Puoi anche leggere