IAS/IFRS: le implicazioni per il credit risk management - Fabio Arnaboldi - Francesco Saita
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IAS/IFRS: le implicazioni per il credit risk management Fabio Arnaboldi - Francesco Saita Convegno IAS/IFRS e imprese bancarie Università Bocconi-FITD, 8 aprile 2005
Introduzione ] Il credit risk management (CRM), pur non essendo il diretto responsabile della valutazione dei crediti a bilancio, è coinvolto nel processo di valutazione “subendo” l’impatto dei nuovi principi ] Il ruolo del CRM diventa quindi critico per l’intersecarsi di valutazioni nate per finalità: \ contabili \ di vigilanza \ gestionali interne (es. linee guida per pricing)
Introduzione ] Fra i diversi temi possibili, il contributo si è focalizzato sugli impatti connessi alla valutazione dei crediti tradizionali, escludendo aspetti quali: \ impatto dei nuovi principi sulla valutazione dei corporate bond o dei credit derivatives \ problematiche relative alle cartolarizzazioni di crediti \ impatto della revisione dei bilanci di parte delle imprese affidate sui processi di valutazione e sui modelli di scoring e di rating
IAS/IFRS e Basilea II ] Come è noto, uno dei problemi principali per il CRM (e per le banche) è rappresentato dalla combinazione delle norme IAS/IFRS e del Nuovo Accordo sul Capitale di Basilea ] Le due normative rispondono a principi e finalità ben chiari, ma evidentemente diversi, e non necessariamente conciliabili
IAS/IFRS e Basilea II ] La logica di Basilea II, anche per il lungo processo di gestazione e discussione dell’accordo, è in larga parte già integrata nei processi decisionali delle banche (sostanziale convergenza fra valutazioni in ottica regolamentare e in ottica gestionale, a differenza di Basilea I) ] Può essere quindi utile valutare diverse possibili logiche con le quali i concetti introdotti dai nuovi principi (es. impairment) possono essere legati o meno ai processi e ai concetti già familiari al CRM e ai decisori nelle diverse funzioni della banca
1. L’iscrizione iniziale del credito ] Al momento della prima iscrizione di un credito, l’ottica gestionale, così come quella di Basilea II, riconoscono l’insorgere di una perdita attesa ] Per i nuovi principi contabili, tale possibilità non è prevista, in quanto è necessario che esista una incurred loss (e non solo una expected loss) ] Per la banca si può rendere quindi necessario coprire con capitale i mancati accantonamenti per le perdite attese
2. La valutazione dell’impairment a livello analitico ] Nella valutazione dei crediti a livello analitico, si pone il problema (a) di identificare quando il credito debba essere considerato impaired e (b) di determinarne gli effetti in termini di valutazione ] Data la non identità fra il concetto di impairment e quello di default secondo Basilea II, il credit risk manager può chiedersi a quale concetto possa essere assimilato l’impairment usando categorie a lui familiari
2. La valutazione dell’impairment a livello analitico ] Nell’identificare quale sia l’evento scatenante l’impairment, vi è in teoria un continuum di soluzioni fra un estremo più restrittivo (impairment=insolvenza in senso stretto) e l’estremo più ampio (impairment=downgrading) ] In pratica, considerando la definizione, sembrano più ragionevoli soluzioni che si basino su elementi quali \ il passaggio a sofferenza, incaglio o credito ristrutturato \ un downgrading tale da portare nelle classi di rating inferiori (problem loans) nel sistema di rating interni \ la segnalazione della necessità di chiusura della posizione da parte del sistema di monitoraggio interno ] Problema da porsi: implicazioni sui processi di gestione?
2. La valutazione dell’impairment a livello analitico ] Nel valutare le conseguenze dell’impairment a livello individuale, occorre identificare i flussi finanziari futuri stimati (da scontare al tasso di interesse effettivo originario) ] Per i crediti multiperiodali, può essere richiesto al CRM di contribuire a stimare i flussi attesi dei crediti impaired anche sulla base dei survival rates della classe di rating in cui si trova a finire l’affidato dopo l’impairment ] Si pone comunque anche il problema - inevitabile - che il peggioramento del merito creditizio dell’affidato determina una perdita (e se vogliamo quindi un “capitale a rischio” contabile) diverso dal capitale a rischio “economico” prodotto dai modelli interni
3. La valutazione dell’impairment a livello collettivo ] Nel caso della valutazione a livello collettivo è meno intuitivo come conciliare il concetto che la perdita deve essere incurred e non expected con il fatto che vi possono essere perdite incurred non ancora scoperte analiticamente e la possibilità di adottare un approccio statistico ] Si tratta di valutare quindi se serva o meno identificare un trigger particolare (es. un peggioramento del ciclo o un deterioramento dell’affidabilità di un certo cluster di clienti) o si possa basarsi sul semplice fatto che esiste un ritardo tra deterioramento dell’affidato e riconoscimento da parte della banca
3. La valutazione dell’impairment a livello collettivo ] Anche la quantificazione dell’effetto dell’impairment può avvenire secondo metodologie diverse, quali ad esempio \ charge-off rate x Loss Confirmation Period x Valore pf. (cfr. principi contabili statunitensi) \ (PDpost impairment -PDoriginaria) x LGD x Valore posizione \ (ELpost impairment -ELoriginaria) x Valore posizione (in questo caso si tiene conto anche dell’effetto ∆LGD) ] Problema più delicato è quello delle esposizioni pluriennali, che richiederebbe in linea teorica l’applicazione di differenziali di PD (cumulata) ai diversi flussi futuri
3. La valutazione dell’impairment a livello collettivo ] I diversi approcci proposti hanno pregi e difetti diversi (in termini ad esempio di compliance con il concetto di incurred loss da un lato e di convergenza con gli accantonamenti richiesti da Basilea II dall’altro lato) ] In ogni caso, a fronte della diversità dei metodi ci si può chiedere quale sia il livello di comparabilità dei dati di banche diverse
4. La valutazione dei crediti a fair value in nota integrativa ] Per la valutazione dei crediti a fair value in nota integrativa, è necessario ricorrere a un modello teorico che nella sostanza può basarsi \ o sulle logiche di pricing dei bond \ o sulle logiche di pricing interne risk-adjusted dei crediti ] Il primo approccio richiederebbe di “mappare” in modo ragionevole (ma su quale orizzonte?) i propri crediti sulle classi di rating esterne (ed estrarre, nel caso dei crediti multiperiodali, delle strutture di credit spread per scadenza)
4. La valutazione dei crediti a fair value in nota integrativa ] Utilizzare le metodologie di pricing risk-adjusted interne può garantire maggiore coerenza ed evitare duplicazioni di sforzi, ma le metodologie per il pricing risk-adjusted delle operazioni non a breve termine sono ancora nelle fasi iniziali di sviluppo ] Inoltre, poche banche dispongono di una sufficiente storia interna sulle migrazioni dei clienti per classi di rating su base multiperiodale per supportare analisi più sofisticate ] I nuovi principi possono però essere uno stimolo a sviluppare modelli (o modelli migliori)
5. Implicazioni di natura organizzativa e ruolo del CRM ] Il coinvolgimento del CRM in sede di formazione del bilancio chiede di riconsiderare le modalità di dialogo con contabilità e pianificazione e quindi le responsabilità organizzative all’interno delle banche ] Ciò che oggi è un vincolo normativo diventerà domani un’opportunità?
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