I trasferimenti di quote di società semplici nel passaggio generazionale in agricoltura - Confagricoltura Siena

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I trasferimenti di quote di società semplici nel passaggio generazionale in agricoltura - Confagricoltura Siena
I trasferimenti di quote di società semplici
nel passaggio generazionale in agricoltura
                Siena – 28 gennaio 2020

                     Giuseppe Molinaro
               Dottore Commercialista – Revisore Legale
           Dottore di Ricerca in Diritto Tributario e dell’Impresa
                Responsabile Affari Tributari Federcasse
                       Università LUISS Guido Carli
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Le società semplici – caratteristiche essenziali/1

La società semplice (s.s.) costituisce la forma più elementare di società di
persone ed è regolata dagli articoli da 2251 a 2290 del codice civile (tali previsioni
costituiscono la base per tutte le altre tipologie societarie).

L’atto costitutivo della s.s. non è soggetto a formalità particolari (può essere anche
verbale; è richiesta la forma scritta a seconda dei beni conferiti nella s.s.).

La s.s. può avere ad oggetto essenzialmente l'esercizio di un’attività economica
non commerciale (art. 2249, c. 2, c.c.) e, quindi, prevalentemente l'esercizio di
attività agricola o di mero possesso di asset patrimoniali immobiliari o
finanziari.

E’ prevista l’iscrizione nel Registro delle Imprese, in apposita sezione, che è
priva di effetti giuridici avendo solo una funzione di certificazione anagrafica e di
pubblicità-notizia. Solo per le s.s. agricole la pubblicità è di tipo «dichiarativo».

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Le società semplici – caratteristiche essenziali/2

Non necessita di un capitale sociale minimo.

E’ caratterizzata dalla responsabilità personale, illimitata e solidale, di tutti i soci
per le obbligazioni sociali.

Con apposito accordo, può essere esclusa la responsabilità personale dei soci
che non agiscano in nome della s.s. (in tale caso, il patto deve essere portato a
conoscenza dei terzi, altrimenti questa limitazione di responsabilità di fatto non si
realizza).

Qualora il pagamento del debito della s.s. sia stato chiesto direttamente ad uno dei
soci, questi potrà chiedere al creditore di escutere preventivamente il patrimonio
sociale, indicando al creditore stesso i beni della s.s. su cui potersi soddisfare (c.d.
beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale ex art. 2268 c.c.).

Per le s.s. non è prevista la costituzione di assemblea dei soci e per modificare
l’atto costitutivo, il contratto di società, i patti della società, è necessario il
consenso di tutti i soci, salva diversa previsione dell’atto costitutivo stesso.
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Le società semplici – caratteristiche essenziali/3
L’amministrazione e la rappresentanza della s.s. spettano generalmente a
ciascun socio disgiuntamente dagli altri e si estendono a tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale.

Ciascun socio (amministratore) ha diritto di opporsi alle decisioni degli altri soci,
prima che le relative operazioni vengano poste in essere (ex art. 2257 c.c.).

Sono ammessi tuttavia patti contrari ed i soci, in sede di costituzione della
società, possono decidere di scegliere un sistema di amministrazione
congiunta sia per l’attività ordinaria sia per la straordinaria (accordo di tutti i
soci), oppure disgiunta solo per l’ordinaria e congiunta per la straordinaria. O
soluzioni intermedie (es. maggioranza determinata in base agli utili).

E’ possibile riservare l’amministrazione e la rappresentanza ad alcuni dei soci. Questi
sono solidalmente responsabili verso la s.s. per l’adempimento degli obblighi ad essi
imposti dalla legge e dal contratto sociali.

La s.s. acquista diritti ed assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la
rappresentanza e sta in giudizio in persona degli stessi soci.

Le modificazioni e l’estinzione dei poteri di rappresentanza sono regolate dalle
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disposizioni sulle procure ex art. 1396 c.c..
Le società semplici – caratteristiche essenziali/4

L’utilizzo della s.s. quale strumento di organizzazione del patrimonio e di
pianificazione successoria è favorito dall’autonomia offerta ai soci nel disciplinare le
vicende della partecipazione sociale in ipotesi di decesso di uno di questi.

L’art. 2284 c.c. consente ai soci superstiti di scegliere tra: ii) la liquidazione della
quota agli eredi del socio defunto, ii) lo scioglimento della società e iii) con il
consenso degli eredi, i soci potranno continuare la società con questi ultimi.

L’ampia libertà di conformare i patti sociali nel modo più congeniale alle esigenze di
programmazione successoria dei soci trova un limite in due principi: i) Il divieto di
stipulare «patti successori» e ii) l’inammissibilità di disposizioni che impongano ad un
soggetto di assumere la qualità di socio illimitatamente responsabile.

Il divieto di patti successori riguarda tutti i negozi non testamentari (atti unilaterali e
contratti) aventi ad oggetto una futura successione che idealmente possono
assumere tre forme: i) il patto «istitutivo» con cui un soggetto dispone della propria
successione; ii) il patto «dispositivo» con cui un soggetto che aspira al patrimonio
ereditario (i.e. il futuro erede) dispone dei diritti che prevede di acquistare
succedendo al de cuius; iii) il patto «adbicativo» con cui un soggetto rinuncia a diritti
che potrebbero derivargli da una futura eredità.
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Cenni sul regime impositivo delle società semplici/1
Alle s.s. si applica il principio di «tassazione per trasparenza».

L’art. 5 del TUIR, riferendosi anche alle s.s., stabilisce che i redditi delle stesse,
indipendentemente dalla relativa percezione, siano imputati a ciascun socio,
proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione agli utili.

Il principio di trasparenza implica che le s.s. – benché sottoposte a vari obblighi
di tipo strumentale e, quindi, assoggettate al rispetto di adempimenti contabili e
dichiarativi – realizzino un reddito il quale è soggettivamente riferibile
direttamente ai soci i quali, prescindendo dall’incasso finanziario, ne
assumono la diretta titolarità tributaria.

Da ciò discende che in capo ai soci emergono obblighi dichiarativi, di
liquidazione e di versamento dell’imposta relativa al reddito a loro imputato.
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Cenni sul regime impositivo delle società semplici/2
Ai fini dell’attribuzione delle componenti reddituali, rilevano i soli soci esistenti
al 31 dicembre del periodo d’imposta.

Restano del tutto estranei agli obblighi dichiarativi ed impositivi, con riferimento
ai redditi prodotti dalla s.s., i soci che abbiano perso tale qualifica nel corso
dell’esercizio (es. in caso di recesso o cessione della quota) e non risultando
ammissibili possibilità di attribuzione del reddito pro quota tra soci usciti ed
entrati durante il periodo d’imposta.

Le quote di partecipazioni agli utili si presume che siano proporzionate al
valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente
dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro
atto pubblico o scrittura privata autenticata con data anteriore all’inizio del
periodo d’imposta (in caso di divergenze, quindi, vale la regola delle quote di
partecipazione agli utili).
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Cenni sul regime impositivo delle società semplici/3
Corollario all’applicazione del regime di trasparenza è costituito dalla irrilevanza, in
capo ai soci, degli utili distribuiti.

Gli stessi utili, in quanto già attribuiti ai soci (quale somma dei redditi di ogni
categoria prevista dall’art. 6 del TUIR) e, quindi, entrati nella quantificazione del
reddito complessivo degli stessi, non costituiscono redditi di capitale per i
soci (come invece accade per gli utili distribuiti da società ed enti soggetti all’IRES).

La distribuzione degli utili della s.s. e la relativa tracciabilità assumono
rilevanza ai fini della quantificazione del valore fiscalmente riconosciuto in
capo al socio (ex art. 68, comma 6 del TUIR, in base al quale il costo fiscale della
partecipazione è aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputati ai soci).

Dal costo fiscale si scomputano, fino a concorrenza, gli utili già distribuiti.

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Cenni sul regime impositivo delle società semplici/4
Le s.s. possono produrre redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro
autonomo e redditi diversi.

Le s.s. agricole producono di norma redditi fondiari.

Per gli anni 2017, 2018, 2019 e 2020, i redditi fondiari (dominicali e agrari) non
concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul
reddito delle persone fisiche dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli
professionali di cui all'articolo 1 del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella
previdenza agricola (la misura si applica anche ai soci di s.s. purchè questi siano
coltivatori diretti/IAP iscritti nella previdenza agricola e la s.s. abbia qualifica di IAP).

Per l'anno 2021, i redditi dominicali e agrari degli stessi soggetti concorreranno alla
formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche
nella misura del 50% (di norma sarebbero rivalutabili dell’80% e del 70% oltre che di
un ulteriore 30%).                                                                              9
Cenni sul regime impositivo delle società semplici/5

Ai fini degli adempimenti fiscali obbligatori, i soci delle s.s. devono presentare la
dichiarazione dei redditi IRPEF in cui dichiarare la quota di reddito ottenuta in
proporzione alla percentuale di partecipazione agli utili, così come previsto dallo
statuto della s.s..

La s.s. è tenuta a presentare la dichiarazione IRAP e la dichiarazione IVA,
sussistendone i presupposti.

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Recenti modifiche al regime degli utili corrisposti alle società semplici/1
Il decreto fiscale collegato alla Legge di bilancio 2020 (art. 32-quater del D.L. n.
124/2019) ha chiarito il regime fiscale degli utili corrisposti alle società semplici (è il
caso in cui queste siano holding), introducendo il principio di tassazione per
trasparenza «allargata» (con approccio «look through» in capo ai soci).

Di conseguenza il regime fiscale applicabile a tali dividendi segue la natura giuridica
dei soci della s.s., variando a seconda che si tratti di persone fisiche, titolari di reddito
d’impresa e soggetti IRES.

Di fatto, la partecipazione in una società commerciale, indiretta attraverso una s.s. è
trattata come se quest’ultima non ci fosse e l’investimento venisse effettuato
direttamente dal socio.

Si prevede dunque un trattamento fiscale differenziato degli utili che sono distribuiti alle
s.s., anche per somme o beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di
riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale.    11
Recenti modifiche al regime degli utili corrisposti alle società semplici/2
Di conseguenza:
a) con riferimento alla quota di dividendi che è imputabile ai soggetti IRES, tenuti
all’applicazione dell’art. 89 del TUIR, i dividendi corrisposti alla s.s. sono esclusi dalla
formazione del reddito complessivo per il 95 per cento del loro ammontare;
b) per la quota imputabile a soggetti titolari di reddito d’impresa, tenuti all’applicazione
dell’articolo 59 TUIR (che disciplina il trattamento degli utili con riferimento al reddito
d’impresa), i dividendi corrisposti alle s.s. sono esclusi dalla formazione del reddito
complessivo, nella misura del 41,86 per cento del loro ammontare, nell'esercizio in cui
sono percepiti (quindi tassazione sul 58,14%);
c) per la quota imputabile alle persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni,
qualificate e non qualificate, non relative all’impresa (ai sensi dell’articolo 65 del TUIR) i
dividendi sono soggetti a tassazione con applicazione di una ritenuta d’imposta, nella
misura del 26 per cento prevista dall’articolo 27, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973.
In assenza di tale previsione, gli utili percepiti dalle s.s. venivano tassati «per
trasparenza» integralmente in capo ai propri soci.
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Le società semplici agricole
Sono società semplici che svolgono un’attività agricola e non commerciale (ex art. 2135
del Codice Civile che descrive l’attività dell’imprenditore agricolo che si realizza
in coltivazione della terra, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse a
quella agricola).

Per la costituzione di una società semplice agricola, l’art. 2 del Dlgs. n. 99/2004,
prevede la presenza di una serie di requisiti:
a) in primis, la ragione o denominazione sociale, che deve infatti contenere l’indicazione
    di «società agricola»;
b) è necessario anche che l’attività dell’azienda sia intesa come manipolazione,
    conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti
    ottenuti prevalentemente dal lavoro di coltivazione, di allevamento o attività connesse;
c) è necessario anche che le attività connesse abbiamo un requisito soggettivo e uno
    oggettivo (Requisito soggettivo: chi esercita queste attività connesse deve essere lo
    stesso imprenditore agricolo che coltiva o alleva. Requisito oggettivo: i prodotti di
    queste attività connesse devono provenire prevalentemente dalla sua attività di
    coltivazione o di allevamento. Il tutto utilizzando beni e servizi forniti dalle risorse
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    aziendali).
Aspetti fiscali del trasferimento delle quote di s.s.

Per l’analisi degli effetti fiscali si deve distinguere tra:
i)   trasferimenti a titolo «gratuito» (donazione, successione, etc.);
ii) trasferimenti titolo «oneroso» (cessione, conferimento, permuta, etc.)
delle quote di s.s..

Premessa per qualsiasi trasferimento è il principio fondamentale secondo cui la
«quota» è intrasmissibile sia per atto inter vivos sia in caso di morte, salvo
previsione contraria indicata nello statuto sociale.

Le varie ipotesi di trattamento fiscale in analisi sono quindi conseguenza di
previsioni statutarie, da valutare caso per caso.

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Il trasferimento gratuito e a causa di morte delle quote di s.s./1
Una prima possibilità di trasferimento della quota di s.s. è relativa al trasferimento
gratuito ed a quello mortis causa (in cui la quota è parte del patrimonio attivo
ereditario).

La normativa civilistica (art. 2284 c.c.) condiziona lo scenario fiscale applicabile nel
caso di morte del socio. In generale, in conseguenza di questa, si può assistere:
a) alla continuazione della s.s. con i soli soci superstiti con conseguente
   liquidazione agli eredi del socio defunto della quota di questi (gli eredi
   diventano titolari di un diritto di credito);
b) alla continuazione della s.s. con i soci superstiti e gli eredi del socio defunto
   (con acquisizione da parte degli eredi di tutti i diritti conseguenti alla quota già in
   capo al socio defunto);
c) allo scioglimento della s.s. (con le conseguenze procedurali e gli effetti fiscali di
   tale eventualità).
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Il trasferimento gratuito e a causa di morte delle quote di s.s./2
Il trasferimento privo di corrispettivo (con causa liberale o per successione,
quindi) implica l’applicazione dell’imposta di donazione e di successione.

Il presupposto impositivo è costituito da:
i)   trasferimento della quota di s.s. per causa di morte; e
ii) trasferimento a titolo gratuito della quota di s.s., per le donazioni.
        (cfr. Circolari Agenzia delle Entrate 22 gennaio 2008, n. 3/E e 29 maggio 2013, n. 18/E)

Le aliquote d’imposta sono stabilite in misura crescente dal 4% all’8% e ci sono
franchigie variabili fino ad un milione, in funzione del rapporto di parentela o di
affinità fra il dante causa e l’avente causa.

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Il trasferimento gratuito e a causa di morte delle quote di s.s./3

Per riassumere le possibili casistiche di tassazione del trasferimento di quote di
s.s., in caso di successione o donazione a favore:
- del coniuge o dei parenti in linea retta: aliquota al 4% ed una franchigia pari a
   1.000.000 euro per ciascun beneficiario (la franchigia è aumentata del 50% se
   il beneficiario dei trasferimenti è un portatore di handicap grave);
- di fratelli o sorelle: aliquota del 6% ed una franchigia pari a 100.000 euro per
   ciascun beneficiario;
- degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli
   affini in linea collaterale fino al terzo grado: aliquota del 6%;
- degli altri soggetti: aliquota dell’8%.

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Il trasferimento gratuito e a causa di morte delle quote di s.s./4

I principali temi critici in materia di applicazione dell’imposta alle quote di s.s.
oggetto di trasferimento gratuito e mortis causa riguardano:
- l’applicabilità delle esenzioni previste dall’art. 3, comma 4-ter del D.P.R. n.
346/1990 (cfr. Circolare 29 maggio 2013, n. 18/E, par. 6.45);
- la valorizzazione della quota ai sensi dell’art. 16 del medesimo Decreto.

In relazione al primo tema, benché la norma sia stata pensata per favorire i
trasferimenti generazionali dell’impresa, anche attuati tramite i «patti di famiglia»
ex art. 768-bis e seguenti del codice civile, la dizione letterale della norma pare
rendere possibile l’applicazione dell’esenzione anche alle quote di s.s., tuttavia
nel rispetto di alcune condizioni.

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Il trasferimento gratuito e a causa di morte delle quote di s.s./5

In particolare, affinché vi sia l’esenzione, è necessario che:
- il trasferimento avvenga a favore di discendenti o del coniuge del de cuius
  o del donante;
- gli aventi causa detengano il controllo per un periodo non inferiore a
  cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo contestualmente alla
  presentazione     della dichiarazione di successione o all’atto della
  donazione, apposita dichiarazione in tal senso.

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Il trasferimento gratuito e a causa di morte delle quote di s.s./6
Nei casi in cui non si applichi l’esenzione, è rilevante la modalità con cui
valorizzare la quota oggetto di trasferimento gratuito o successione.

Al riguardo, l’art. 16, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 346/1990 dispone che, con
riferimento alle «quote di società non azionarie comprese le società semplici e le
società di fatto», la base imponibile si determini assumendo il valore
proporzionalmente corrispondente al valore alla data di apertura della
successione, alternativamente:
i)   del patrimonio netto della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato;
ii) dell’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato tenendo conto dei
     mutamenti sopravvenuti;
iii) al valore complessivo dei beni e diritti della s.s. al netto delle passività ed
     escludendo i titoli del debito pubblico ed ogni altro bene e diritto dichiarato
     esente dall’imposta.                                                             20
Il trasferimento gratuito e a causa di morte delle quote di s.s./7
Nei casi di mancanza del bilancio o dell’inventario regolarmente redatti,
risulteranno applicabili le regole di valorizzazione della quota basate sul valore
dei beni e dei diritti posseduti dalla società (ai sensi degli artt. da 14 a 19 del
D.P.R. n. 346/1990, sempre escludendo i titoli del debito pubblico e considerando
in deduzione le passività).

Per ciò che riguarda i beni immobili e diritti reali immobiliari, la regola del «valore
venale in comune commercio», alla data di apertura della successione (ex art.
14), l’art. 34, comma 5 del D.P.R. n. 346/1990 stabilisce che non è sottoposto a
rettifica il valore degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita
dichiarata in misura non inferiore:
i)   per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale; e
ii) per i fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i
     coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi.
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La liquidazione della quota per causa morte

Nel caso in cui manchino specifiche clausole che regolino il trasferimento della
quota di s.s. agli eredi, si deve procedere alla liquidazione della quota e gli eredi
diventano titolari di un diritto di credito.

Sotto un profilo tributario, ai fini dell’imposta di successione, l’art. 18, comma 1,
lett. d) del D.P.R. n. 346/1990 richiama, quale criterio di valutazione del diritto
alla liquidazione delle quote di s.s., ai sensi dell’art. 2289 c.c., quello del
citato art. 16.

Anche questa casistica è quindi regolata analogamente a quella dell’erede che
ottiene la quota in senso proprio subentrando nella compagine sociale (ciò nella
considerazione che il valore della «quota» e del «credito» discendendo dalla
medesima posta, non possa che essere identico).
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La segregazione in trust della quota

Un caso particolare di trasferimento della quota a titolo gratuito è quello in cui la
quota di s.s. viene segregata in un trust.

In questo caso, il trattamento fiscale dell’atto di donazione della quota va
esaminato in funzione della causa del trust.

Nel caso in cui si tratti di un trust a causa liberale, diviene rilevante l’applicazione
dell’imposta di successione e donazione avendo riguardo, per ciò che concerne
le aliquote dell’imposta e le franchigie, al rapporto di parentela tra il disponente
ed i beneficiari del trust (momento impositivo è il momento di perfezionamento
dell’atto di donazione).

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Gli effetti delle clausole di accrescimento

Si deve considerare la possibilità, non infrequente nelle s.s., che apposite clausole degli
statuti o dei patti sociali prevedano accrescimenti a favore dei soci superstiti o
particolari diritti di acquisizione delle quote nel caso di morte di un socio (in
particolare a prezzi inferiori al valore di cui all’art. 16, comma 1 del D.P.R. n. 346/1990
realizzando una liberalità indiretta a favore del soggetto che vanta il diritto di acquisto a
prezzo agevolato).

Con riferimento a tali fattispecie, l’art. 11 del D.P.R. n. 346/1990 attribuisce il valore delle
quote accresciute o con diritto di acquisto a prezzo agevolato, alla quota del beneficiario se
questi è erede o legatario o, comunque, considera la quota come un legato a favore di tale
soggetto nel caso in cui il medesimo non sia erede o legatario.

Nel caso di acquisto a prezzo agevolato si deve intendere che il valore da assumere sia
quello calcolato ex art. 16, comma 1 del D.P.R. 346/1990 al netto del prezzo agevolato che
il beneficiario deve comunque pagare agli altri eredi e che costituisce un credito dell’attivo
ereditario ex art. 18 dello stesso Decreto.                                                24
Il trasferimento a titolo oneroso – imposizione indiretta
Con riferimento alla cessione a titolo oneroso della quota di s.s. sono rilevanti sia il
trattamento dell’atto ai fini delle imposte indirette sia gli effetti in capo al cedente
con riferimento alle imposte dirette.

Ai fini delle imposte indirette, l’atto di cessione delle quote, nella forma di atto pubblico o
di scrittura privata autenticata, è assoggettato ad imposta di registro, in misura fissa (euro
200), ai sensi dell’art. 11 della Tariffa Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

Secondo l’Agenzia delle Entrate (cfr. Risoluzione 5 giugno 2008, n. 225/E), se in un unico
atto si concretizzano più cessioni (a favore di soggetti diversi) ogni cessione è assoggettata
al tributo.

Nel caso in cui il cedente sia un soggetto Iva che agisce nell’ambito della propria attività
commerciale (ex art. 4, comma 5, lett. b) del D.P.R. n. 633/1972), la cessione risulta esente
da imposta ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 4 del medesimo Decreto e l’imposta di registro
si applicherebbe comunque in misura fissa.                                                      25
Il trasferimento a titolo oneroso – imposizione diretta/1

Il trasferimento della quota posseduta da un socio persona fisica può comportare
l’emersione di una plusvalenza da cessione ai sensi dell’art. 67 del TUIR, pari
alla differenza tra il prezzo di cessione ed il costo storico fiscalmente
riconosciuto.

Quest’ultimo per le s.s. è valorizzato ai sensi dell’art. 68, comma 6 del TUIR
tenendo conto delle peculiarità di trattamento ai fini dell’imputazione per
trasparenza del reddito annualmente prodotto al fine di evitare fenomeni di
doppia imposizione, in quanto «risultato» di redditi realizzati in vari periodi
d’imposta e già sottoposti a tassazione in capo ai soci.

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Il trasferimento a titolo oneroso – imposizione diretta/2

                          Criterio di quantificazione del costo fiscalmente
                          riconosciuto della quota ex art. 68, c. 6 del TUIR
A)   +   Costo di acquisto                                Nel caso di donazione = costo del
                                                          donante
                                                          Nel caso di successione = costo
                                                          dichiarato agli effetti dell’imposta di
                                                          successione
B)   +   Redditi imputati al socio per trasparenza
C)   -   Perdite imputate al socio per trasparenza
D)   -   Utili distribuiti al socio                       Nei limiti redditi già imputati al socio
Costo fiscalmente riconosciuto (A+B-C-D)

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Il trasferimento a titolo oneroso – imposizione diretta/3
Prima delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2018, la tassazione delle
plusvalenze derivanti da cessione onerosa di partecipazioni realizzate dalle s.s.
dipendeva dalle soglie di qualificazione ex art. 67, comma 1, lett. c) del TUIR.

Conseguentemente, per le operazioni su partecipazioni:
- qualificate, le relative plusvalenze concorrevano per il 49,72% – soglia mantenuta
inalterata, per i soggetti di cui all’art. 5 del TUIR, dall’art. 2, comma 3, del D.M. 26
maggio 2017 – alla formazione del reddito complessivo della società semplice, poi
imputato per trasparenza ai soci;
- non qualificate, la s.s. (e non i soci) assolveva l’imposta sostitutiva del 26% di cui
all’art. 5 del DLgs. 461/1997.

Con la Legge di Bilancio 2018, anche le s.s. applicano l’imposta sostitutiva del 26% sulle
plusvalenze derivanti da partecipazione qualificate e non qualificate, realizzate a
decorrere dall’1 gennaio 2019.
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Il trasferimento a titolo oneroso – imposizione diretta/4
Nel caso in cui il socio della società semplice sia una società commerciale, la
plusvalenza derivante dal trasferimento costituisce una componente positiva
del reddito d’impresa da dichiarare rispettivamente riferendosi all’art. 58 del
TUIR (nel caso di socio-società di persone) e all’art. 86 del TUIR (nel caso di
socio-società di capitale).

Non è possibile applicare l’art. 87 del TUIR (regime della participation
exemption) alle plusvalenze derivanti da cessioni di quote di società semplici.

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Fattispecie assimilabili al trasferimento a titolo oneroso

Vi sono altre fattispecie equiparate alle cessioni a titolo oneroso (ex art. 9,
comma 5 del TUIR) e producono i medesimi effetti impositivi:
- il conferimento in società della quota di s.s.;
- la costituzione di un diritto reale sulla quota di s.s.;
- la permuta della quota di s.s..

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Presunzioni di liberalità in caso di cessione di quote a titolo oneroso/1

Con riferimento alle cessioni a titolo oneroso di quote di s.s., l’art. 26 del D.P.R. n.
131/1986 contiene una presunzione legale riferita a trasferimenti immobiliari e di
partecipazioni.

La presunzione opera nei casi in cui il trasferimento sia posto in essere: i) tra coniugi o
ii) tra parenti in linea retta, quando: i) il valore dell’asset o ii) la differenza tra valore e
prezzo, sia superiore a 180.795,91.

Il valore, da porre a confronto con il prezzo, deve essere quantificato ai sensi dell’art. 51
del D.P.R. n. 131/1986 che, analogamente all’art. 14 del D.Lgs. n. 346/1990, definisce
come rilevante, per gli immobili, il «valore venale in comune commercio» e, per le
partecipazioni, il valore determinato ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 346/1990.

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Presunzioni di liberalità in caso di cessione di quote a titolo oneroso/2
Si pone il tema della congruità del prezzo stabilito per la cessione della quota
tenendo conto del citato art. 26.

La cessione a titolo oneroso della quota di società semplice non implica la
tassazione proporzionale ai fini dell’imposta di registro, che è applicata in misura
fissa all’atto.

Tuttavia, la presunzione di liberalità può fare emergere – nei casi previsti
(trasferimenti a favore del coniuge e di parenti in linea retta), piuttosto frequenti
nell’ambito di gestione di patrimoni familiari – la necessità di valutare attentamente
le modalità ed i termini con i quali un trasferimento è effettuato tra membri del
nucleo familiare considerando la possibilità che questo dia luogo ad una liberalità
indiretta e possa essere valutata ex post come evento rilevante nell’ambito del c.d.
«abuso del diritto», ai sensi dell’art. 10-bis della Legge n. 212/2000.
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Lo scioglimento del rapporto sociale e la devoluzione/1
Lo scioglimento del rapporto sociale e della società può avvenire in varie ipotesi:
1) recesso ed esclusione di uno o più soci;
2) liquidazione per volontà dei soci;
3) liquidazione della quota ad uno o più soci a seguito di iniziativa di un terzo;
4) liquidazione per mancata ricostituzione della pluralità dei soci decorsi sei mesi.

Ciascuna di queste ipotesi determina la devoluzione del patrimonio o di parte di
esso, generando la necessità di valutare il relativo trattamento fiscale.

Con riferimento al socio persona fisica si ricorda che in generale, l’art. 47, comma
7 del TUIR qualifica come reddito di capitale «le somme o il valore ormale dei beni
ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del
capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti»
specificando che queste costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo
pagato per l’acquisto o per la sottoscrizione di azioni o quote annullate.            33
Lo scioglimento del rapporto sociale e la devoluzione/2
L’art. 20-bis del TUIR prevede, ai fini della determinazione dei redditi di
partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci o agli
eredi di società di persone, che si utilizzino le disposizioni dell’art. 47, comma 7 del
TUIR indipendentemente dall’applicabilità della tassazione separata.

L’art. 20-bis e l’art. 47 del TUIR non regolano una specifica categoria reddituale
limitandosi a definire le modalità di determinazione di una componente che, per le
società semplici, deve essere classificata in una delle categorie che compongono il
reddito complessivo. Tale principio è avallato dall’Agenzia delle Entrate nella
circolare n. 6/E/2006.

Per le s.a.s. e per le s.n.c. il reddito è certamente d’impresa.

Per le s.s. lo scenario si complica dovendo esaminare i beni detenuti dalla società
che vengono liquidati per la devoluzione totale o parziale del patrimonio.            34
Grazie per l’attenzione!

    Giuseppe Molinaro

gmolinaro@federcasse.bcc.it

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