I rover di Marte - Lombardia Aerospace Cluster

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I rover di Marte - Lombardia Aerospace Cluster
https://www.astronautinews.it/2020/07/i-rover-di-marte/

                                          I rover di Marte
DI GIANMARCO VESPIA ·

I tre tipi di rover che hanno esplorato Marte fino ad oggi. Credit: NASA.

Sono solo tre i corpi celesti dove dei veicoli sono andati in giro per la superficie:
la Terra, la Luna e Marte. Sul pianeta rosso tuttavia le cose sono rese più
complesse dalla distanza che impedisce una comunicazione in tempo reale
con il centro di controllo a Terra. Nel corso degli anni, la conoscenza sempre
più approfondita di Marte e della sua superficie ha permesso di progettare rover
sempre più grandi ed efficienti nel loro lavoro, fino ad arrivare a quello che oggi
sono dei veri e propri laboratori mobili interplanetari.

 ▪   Gli obiettivi scientifici
      ▪ Conoscere la superficie
      ▪ Leggere un libro di storia
      ▪ Seguire l’acqua
 ▪   Storia dei rover
      ▪ PrOP-M
      ▪ Sojourner
      ▪ Mars Exploration Rover (Spirit e Opportunity)
      ▪ Curiosity
 ▪   I rover in preparazione
      ▪ Perseverance
      ▪ Tianwen-1
I rover di Marte - Lombardia Aerospace Cluster
▪    Rosalind Franklin
     ▪ Mars Sample Return
Gli obiettivi scientifici

Il suolo sulla Terra è molto vario, le caratteristiche possono cambiare
radicalmente nel raggio di 10–100 metri sia nell’aspetto fisico, si pensi a come
appaiono visibilmente sabbia, rocce, fiumi, sia e soprattutto nella composizione
chimica e nella struttura geologica. Su Marte è lo stesso. Avere la possibilità di
spostarsi, anche se di pochi metri, permette un’osservazione migliore della
struttura del suolo e un ritorno scientifico enormemente superiore che
analizzare esclusivamente il luogo di atterraggio. Scegliere il luogo ideale dove
atterrare è un processo molto lungo e lento, che richiede anni di studi e dibattiti;
non sempre viene scelto il luogo migliore, a volte bisogna raggiungere un
compromesso tra scienza e ingegneria, la giusta via di mezzo tra volere e
potere poggiarsi in una determinata zona di interesse.

                           Conoscere la superficie
Le prime missioni avevano restrizioni ingegneristiche maggiori di quelle
scientifiche. Non era tanto importante cercare rocce con una composizione
chimica particolare, quanto riuscire almeno ad arrivare su Marte. Le missioni
su Marte hanno un’alta percentuale di fallimento, soprattutto per quanto
riguarda quelle inviate prima del 2000. Di Marte si conosceva ancora troppo
poco per riuscire a pianificare atterraggi di precisione; all’inizio era preferibile
atterrare in un posto relativamente sicuro, vasto e pianeggiante, per conoscere
meglio la vera struttura del terreno e per poter pianificare con più sicurezza le
missioni future.

La prima immagine nitida della superficie di Marte, scattata dal lander Viking
nel 1976. Credit: NASA/JPL.
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Fino al 1970, infatti, non si aveva assolutamente la minima idea di cosa ci si
potesse aspettare sulla superficie. Addirittura Von Braun, uno degli attori
principali del programma di sviluppo spaziale statunitense, ipotizzava delle
condizioni simili a quelle terrestri, solo un po’ più fredde. Era opinione diffusa
che si potesse avanzare in un modo simile a quando si scia su una superficie
ricoperta di neve dura, e infatti alcune delle prime pianificazioni di spedizioni
su Marte, presto accantonate, si basavano su questi presupposti.

Dopo le prime missioni che riuscirono con successo a far atterrare dei lander
e inviare foto della superficie sabbiosa e rocciosa di Marte, ci si rese conto che
il tipo di terreno da affrontare era completamente diverso. Verso la fine degli
anni 1990 iniziò la pianificazione di rover che durante gli anni 2000 e 2010 ci
svelarono pian piano la vera realtà del suolo marziano, in composizione,
consistenza, ostacoli, pendenze, permettendo gradualmente di preparare altri
rover basati sull’esperienza precedente, sempre più affidabili, versatili e
indipendenti.

Sebbene le scoperte aumentino sempre, Marte è pur sempre un pianeta, più
piccolo della Terra, ma vasto e variegato. Ancora oggi la conoscenza della sua
superficie e di quello che si trova pochi centimetri più sotto è limitata e anche
di recente questo ha portato se non al fallimento di una missione a una
limitazione sostanziale nell’utilizzo degli strumenti scientifici di un lander. Infatti
il team di InSight nel 2019 e 2020 non è riuscito nel suo intento di inserire
un rilevatore qualche metro sotto la superficie a causa della consistenza del
terreno del tutto inaspettata che continua a rendere vani i tentativi effettuati.
Leggere un libro di storia

Il luogo ideale da esplorare tramite rover da un punto di vista puramente
scientifico è qualcosa che permette di osservare come si comportava il pianeta
in vari momenti della sua evoluzione, senza però dover effettuare spostamenti
eccessivi o manovre ancora ritenute impossibili, come scavare decine e decine
di metri sotto la superficie. Per questo motivo spesso vengono tenute in
considerazioni e scelte zone di atterraggio vicino o addirittura dentro crateri
d’impatto.

Video esplicativo sull’importanza dei crateri per leggere la geologia planetaria.
Per archeologi e paleontologi terrestri sarebbe bello poter scavare senza fatica
per scoprire cosa è successo migliaia e milioni di anni fa; così su Marte, vista
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la poca disponibilità di ruspe ed escavatori, si sfrutta il lavoro effettuato da
piccoli asteroidi che scontrandosi ad alta velocità col pianeta hanno
letteralmente spazzato via in un batter d’occhio milioni di anni di accumuli di
sedimenti geologici.

I veri tesori su Marte sono rocce stratificate scoperte, accumulatesi piano piano
nel corso degli anni, ogni strato corrispondente a un periodo diverso
dell’evoluzione planetaria, come se fosse la pagina di un libro che racconta i
cambiamenti che ha affrontato il pianeta rosso dalla sua formazione a oggi.

                               Seguire l’acqua
Su Marte non c’è evidenza di forme di vita, ma non è detto che non ce ne sia
stata in passato o che sia attualmente presente e nascosta sotto la superficie.
Questa è sicuramente la domanda principale a cui la maggior parte degli
studiosi vorrebbero rispondere: si è mai formata la vita su Marte? Cercare le
prove di esistenza di attività biologica passata è difficile in un pianeta diverso
dal nostro, visto che non solo non si sa se sia mai esistita veramente, ma non
si conosce nemmeno minimamente di che tipo di organismi si possa trattare.

Una delle considerazioni preliminari che è stata fatta, e che ha ricevuto un
supporto quasi unanime dalla comunità scientifica, è che la vita per potersi
sostenere ha bisogno di acqua allo stato liquido. Sulla Terra infatti esistono
forme di vita, gli organismi estremofili, che possono vivere senza luce del sole,
senza ossigeno, a pressioni elevate, a temperature sopra i 100 °C o sotto i –
10 °C, ma non si sono ancora trovati organismi che possono vivere e
moltiplicarsi senza la presenza di acqua.

Basandosi esclusivamente su questo assunto, le missioni marziane dell’era
moderna adottano la strategia follow the water, consistente nell’esplorare zone
in cui in un lontano passato era presente in abbondanza acqua allo stato
liquido. Su Marte c’erano antichi laghi, fiumi, bacini di acqua tipicamente salata
e con valori di acidità molto variabili, che hanno agito fisicamente e
chimicamente sulla crosta marziana. Ritirandosi l’acqua ha lasciato segni
evidenti della sua presenza e forse anche qualche segno di vita microbiotica,
ma ancora non ci sono sufficienti mezzi per poterli scoprire.
                               Storia dei rover
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Il primo rover in assoluto fu il piccolo e poco conosciuto PrOP-M, arrivato su
Marte assieme alla sonda russa Mars 3, alla quale era legato da una specie di
cordone ombelicale, una serie di cavi per il controllo e l’alimentazione. Dopo
l’atterraggio la missione durò solamente una manciata di secondi e le
comunicazioni furono perse per sempre per una causa sconosciuta, ma
l’agenzia spaziale sovietica poté vantarsi di essere arrivata per prima sulla
superficie di Marte. Negli anni successivi altri tipi di veicoli arrivarono in
prossimità di Marte: sonde in semplice sorvolo ravvicinato, orbiter per
l’osservazione dall’alto o lander per misurazioni scientifiche in specifiche zone
del pianeta. Fu solo dal 1997 che iniziò con successo l’esplorazione di Marte
per mezzo di rover indipendenti, con Sojourner, della missione Mars
Pathfinder, seguita dai celeberrimi rover gemelli Spirit e Opportunity e per finire
l’ancora attivo Curiosity.

                                   PrOP-M
Il lander Mars 3 conteneva al suo interno un piccolo robottino progettato per
spostarsi sulla superficie di Marte. La missione fu un successo solo parziale,
in quanto l’atterraggio avvenne sì dolcemente all’interno del cratere
Ptolemaeus, ma le comunicazioni cessarono pochi secondi dopo.
Successivamente si è scoperto che in quel periodo, dicembre 1971, su Marte
imperversava una tempesta di sabbia globale. Il rover PrOP-M non ha avuto il
tempo di uscire dal lander e iniziare la sua missione esplorativa. Il suo design
tuttavia non era ottimale, gli sci con cui si sarebbe dovuto muovere non sono
stati replicati in nessun altro rover successivo per l’esplorazione marziana. Ai
russi rimane comunque l’onore di essere atterrati per primi sulla superficie di
Marte.
I rover di Marte - Lombardia Aerospace Cluster
Immagine di un modello ingegneristico di PrOP-M. Credit: Wikipedia.
                                 Sojourner
Il primo rover marziano in assoluto che riuscì nell’intento di spostarsi sulla
superficie fu il piccolo Sojourner della missione Mars Pathfinder. A guardarlo
oggi ha un aspetto poco professionale, è poco più di un giocattolino a batteria
di 65 cm che raggiunge la ridicola velocità massima di un centimetro al
secondo. Eppure è stato lui che ha spianato la strada ai rover più moderni.
L’obiettivo    era     appunto      questo:    mandare      su     Marte    un
dimostratore, pathfinder in inglese, per validare le tecnologie necessarie allo
sviluppo di rover più performanti.
C’era davvero tanta tecnologia nuova in Mars Pathfinder, e il successo della
missione non era affatto scontato. Intanto l’atterraggio era una cosa non da
poco. Costruire una piattaforma con retrorazzi per far appoggiare dolcemente
il rover alla superficie era inimmaginabile per i limiti di budget imposti
(giustamente) a una missione puramente dimostrativa. L’idea di un sistema di
atterraggio leggero fu alquanto innovativa a quei tempi, un sistema di airbag
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che si aprivano attorno alla sonda a pochi metri dalla superficie per attutire
l’impatto e rallentare rimbalzando.

                      Ingresso, discesa e atterraggio
La fase finale del viaggio verso Marte è la più rischiosa. È nota come
EDL, entry, descent and landing, e la sonda deve dissipare in modo graduale
tutta l’energia cinetica accumulata. Entra in atmosfera a una velocità di più di
20.000 km/h e deve resistere alle fortissime temperature generate. Poi deve
rallentare ulteriormente la sua velocità durante la discesa verso la superficie,
fino ad azzerarla o quasi prima del contatto finale. Maggiore è la velocità di
arrivo sulla superficie, maggiore è il rischio di rompere componenti delicati.

Il sistema di airbag che avvolgeva il carico della missione Mars Pathfinder
viene testato su un terreno accidentato. Credit: NASA.
Per l’ingresso e la discesa si sono riutilizzate tecnologie già sperimentate
precedentemente con successo con i lander Viking; per l’atterraggio si usò il
già citato metodo degli airbag, che si gonfiarono a circa 350 metri dalla
superficie avvolgendo interamente la sonda e permettendogli di assorbire un
urto fino a 54 km/h di velocità verticale. Dopo il primo impatto con la superficie
il prezioso caricò continuò a rimbalzare per almeno 15 volte prima di fermarsi.
Era il 4 luglio 1997, data storica per la NASA e per gli Stati Uniti d’America, che
festeggiavano oltre il successo della missione anche il 221º anniversario
dell’indipendenza.

                      Vita e operazioni di Sojourner
Il realtà per il team da Terra c’è voluto un giorno prima di scoprire che
l’atterraggio era andato bene. Quando la sonda si fermò e si aprì il sistema di
airbag, su Marte era già calata la notte e il robottino alimentato a pannelli solari
dovette aspettare l’alba prima di inviare il segnale di conferma dell’atterraggio
con le relative prime foto. Il sol successivo Sojourner scese dal lander e
percorse qualche metro nell’Ares Vallis, sancendo il record di primo rover
marziano operativo e aprendo una nuova era dell’esplorazione spaziale.

Oltre alla dimostrazione tecnologica, il rover era dotato di uno strumento
scientifico per l’analisi delle rocce, l’Alpha Proton X-ray Spectrometer (APXS),
uno spettrometro per determinare la composizione chimica degli oggetti
esaminati. Sojourner operava senza fretta nei movimenti e nelle operazioni
scientifiche; ci volevano ben 10 ore di scansione per analizzare un singolo
sasso, poiché poteva contare su una potenza elettrica generata dai pannelli
solari di soli 15 watt.

Panorama con annotazioni dal lander della missione Mars Pathfinder.
Sojourner è a sinistra della roccia Yogi, la più grande dell’immagine. Credit:
NASA/JPL.
Il rover era programmato per durare tra 1 settimana e 1 mese, ma superò le
aspettative e riuscì a essere operativo per 83 sol, quasi 3 mesi. Percorse circa
100 metri, senza mai allontanarsi per più di 12 metri dal lander di atterraggio,
che usava come ponte radio per le comunicazioni.

           Mars Exploration Rover (Spirit e Opportunity)
Negli anni successivi una nuova ondata di fallimenti mise in cattiva luce il piano
di esplorazione di Marte della NASA. Ben due delle tre missioni successive
fallirono, per motivi non degni della gloria che aveva l’agenzia spaziale
statunitense. Un errore di conversione dal sistema di misura imperiale a quello
internazionale compromise l’entrata in orbita del Mars Climate Orbiter e un
errore addirittura non ancora individuato fece fallire l’atterraggio del Mars Polar
Lander.
Il rischio di chiudere bottega per sempre su Marte spinse la NASA a tagliare
finanziamenti a settori non ritenuti di fondamentale importanza e concentrare
tutti gli sforzi su una missione doppia, MER (Mars Exploration Rover), due sonde
gemelle da mandare sulla superficie di Marte, per aumentare le probabilità che
almeno una delle due ce la facesse.

Un provvidenziale imprevisto ha prolungato la vita di Spirit: un “diavolo di
sabbia” ha pulito i pannelli solari ripristinando l’efficienza a livelli adeguati per
il proseguimento della missione. Credit: NASA/JPL-Caltech/Cornell
Univ./Arizona State Univ.
Non solo entrambi i rover sopravvissero al viaggio e atterrarono con successo,
ma anche superarono di gran lunga l’arco temporale per il quale erano
progettati di durare: a fronte di 3 mesi di vita programmata, Spirit operò per 6
anni e Opportunity per 15!
                       L’eredità di Mars Pathfinder
La missione MER riutilizzò gran parte delle tecnologie sperimentate con
Sojourner, anche se con alcune difficoltà aggiuntive. La massa dei rover era di
185 kg, in confronto ai soli 11,5 kg di Sojourner. La navicella è stata replicata
e riadattata senza troppi problemi, ma il sistema di atterraggio ha dato
parecchie gatte da pelare al team del JPL di Pasadena. Il sistema di protezione
termica per l’ingresso in atmosfera è rimasto praticamente identico, ma airbag
e paracadute hanno richiesto un cambio radicale.

Durante le simulazioni di atterraggio effettuate a terra, molto spesso gli airbag
presentavano degli strappi che non avvenivano precedentemente, a causa
della massa maggiore dei nuovi rover, ed è stato necessario cambiare il
materiale di cui erano composti per risolvere il problema. Inizialmente il
paracadute per il rallentamento sembrava avesse bisogno solamente di un
aumento della dimensione di circa il 40% senza nessuna modifica del design,
ma i test fallirono ripetutamente e si dovette cambiarne leggermente il profilo
per semplificare l’apertura.

                                  Le scoperte
Spirit e Opportunity furono i primi veri e propri esploratori marziani e le loro
immagini hanno permesso di rivoluzionare la conoscenza della geologia di
Marte. C’è stata una grossa differenza tra gli obiettivi raggiunti dai due, e si può
senza alcun dubbio dire che nonostante i rover fossero identici, Opportunity è
stato la punta di diamante della missione, non solo per la durata, ma anche per
la ricchezza del territorio dove è atterrato.

Un’immagine di Opportunity mostra formazioni microscopiche che necessitano
di ambiente umido per crearsi. Credit: NASA/JPL/Cornell/USGS
Spirit atterrò nei dintorni del cratere Gusev, Opportunity in quelli del cratere
Eagle. Entrambe le zone erano state scelte per la presunta presenza d’acqua
in passato. Le immagini riportate da Spirit erano noiose e prive di interesse
scientifico, tanti sassolini in un mare di sabbia. Opportunity già dalla prima
immagine inviata a Terra svelò una roccia stratificata, obiettivo primario della
missione scientifica. Durante la sua missione, Spirit riuscì a esplorare il
territorio nei suoi dintorni percorrendo ben 7,7 km, mentre Opportunity andò
ben oltre con i suoi 45,16 km, detenendo tutt’ora il primato di percorrenza per
un rover extraterrestre. La sua resistenza permise di scegliere obiettivi
scientifici migliori, ben lontani dal luogo di atterraggio; lasciato il cratere Eagle
(22 metri di diametro) esplorò Endurance (130 m), Victoria (750 m) e alla fine
il cratere Endeavour (22 km), ben 1000 volte più grande del primo visitato, una
vera enciclopedia naturale di geologia.

                                    Curiosity
Con Curiosity la NASA ha fatto un vero e proprio cambio di passo, aumentando
di molto la complessità e il ritorno scientifico della missione. Si è riutilizzato ben
poco dell’architettura della missioni precedenti; in proporzione era come
passare da una carriola a un fuoristrada. Stavolta si doveva fare atterrare un
veicolo di 900 kg su Marte, ed era chiaro che il sistema di airbag
semplicemente non poteva funzionare. Anche il sistema energetico, termico e
elettrico, che tiene tutt’ora in vita il rover, è stato rivoluzionato completamente,
passando dai pannelli solari a un generatore termoelettrico a radioisotopi
(RTG), funzionante sia di giorno sia di notte.
Il carico scientifico è molto più variegato, il rover porta con sé un vero
laboratorio scientifico, tanto che il nome della missione scientifica è proprio
Mars Science Laboratory, con 10 strumenti scientifici a bordo e altri
componenti ingegneristici per supportare gli esperimenti, come ad esempio il
DRT, Dust Removal Tool, per eliminare la polvere dagli oggetti da esaminare. Al
momento è l’unico rover ancora attivo su Marte e vaga alle pendici degli Aeolis
Mons.
                           Il metodo di atterraggio
L’inserimento in atmosfera e il rallentamento con il paracadute nella prima fase
della discesa è stato eseguito con tecnologie già sperimentate, scalate
opportunamente alle dimensioni del carico. Ma data la grandezza e il peso del
rover, era impossibile replicare un sistema di atterraggio simile ai precedenti.
Questa volta gli ingegneri della NASA si sono sbizzarriti con la fantasia e hanno
ideato un metodo veramente originale: poggiare delicatamente il rover al suolo
con una gru… volante!

Curiosity: viaggio, EDL e operazioni sulla superficie.
La tecnica, chiamata in inglese proprio sky crane, consiste effettivamente nel
calare il carico con un sistema di carrucole da una piattaforma, mentre questa
rimane sospesa grazie all’aiuto di piccoli retrorazzi. Una volta poggiate le ruote
al suolo, i cavi vengono rilasciati e la piattaforma volante schizza via a causa
dell’improvvisa mancanza del contrappeso, schiantandosi al suolo ben lontana
dal rover. Sebbene il tutto sembri molto fantasioso, il metodo ha funzionato
davvero e verrà replicato per l’atterraggio del prossimo rover NASA.
L’importanza scientifica

Curiosity è la punta di diamante dell’esplorazione robotica sulla superficie di
Marte. Non solo ha la possibilità di osservare i dettagli della superficie
evidenziando particolari prima impossibili da notare per i suoi antenati
meccanici, ma ha anche la capacità di prendere dei campioni, triturarli,
polverizzarli, vaporizzarli per analizzare in dettaglio la composizione chimica
all’interno del suo laboratorio. La robustezza del mezzo e la capacità di
resistere alle dure condizioni marziane ha permesso di condurre esperimenti
in qualunque ora del giorno e della notte e in qualunque stagione dell’anno. Il
sistema di generazione di energia a radioisotopi, oltre a fornire la corrente
necessaria alle operazioni, provvede anche a mantenere stabilmente la
temperatura a livelli di sicurezza, grazie a un sistema di circolazione del calore
prodotto dall’RTG.

Le scoperte ritenute più importanti sono quelle relative alla dimostrazione
dell’esistenza di un ambiente favorevole allo sviluppo di attività biologica in
passato. Curiosity ha trovato innanzitutto prove dell’esistenza di acqua in forma
liquida per un periodo di tempo relativamente lungo (almeno un milione di anni)
e continuativamente. Ha trovato in abbondanza elementi base fondamentali
per lo sviluppo della vita, come zolfo, carbonio, azoto, ossigeno e fosforo, e
anche molecole organiche più complesse, molte delle quali costituiscono dei
veri misteri, come la scoperta di un ciclo del metano variabile con le stagioni di
Marte tutt’ora in corso o la presenza dei tiofeni.
Un recente selfie di Curiosity che porta i segni del tempo con la polvere rossa
accumulata sul dorso. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS.
Questo veicolo dispone anche di sensori di radiazioni (RAD, Radiation
Assessment Detector) per capire meglio quali potranno essere i rischi per la
salute umana se un giorno si affronterà il problema dell’esplorazione con
equipaggio. I valori sono elevati a causa della mancanza di protezioni simili a
quelle che ha la Terra, un’atmosfera densa e un campo magnetico forte e
stabile.
                          I rover in preparazione
Curiosity da quest’estate si sentirà meno solo. Si apre infatti una nuova finestra
di lancio verso Marte, cioè il pianeta rosso e il nostro saranno in una
configurazione tale da permettere un lancio che non richieda una quantità di
propellente maggiore della capacità dei razzi attuali. È un evento che si verifica
più o meno ogni 26 mesi. Molte agenzie spaziali si sono adoperate
intensamente per essere pronte al lancio entro luglio 2020; l’agenzia europea
(ESA) in collaborazione con quella russa (Roskosmos) non ce l’hanno fatta per
poco e dovranno aspettare la finestra del 2022, ma l’agenzia statunitense
(NASA), quella cinese (CNSA) e quella emiratina (UAESA) sono pronte a
mandare un collo su Marte. La sonda dell’UAESA è solo un orbiter e non
scenderà sulla superficie marziana.
                                Perseverance
La missione NASA Mars 2020 consiste nel portare un nuovo rover nel cratere
Jezero a febbraio del 2021. Il rover Perseverance partirà quest’estate, tra fine
luglio e inizio agosto, dalla Florida a bordo di un Atlas. Perseverance è stato
costruito facendo tesoro dell’esperienza di Curiosity. A prima vista i due rover
potrebbero addirittura sembrare uguali e solo un occhio attento ai dettagli
riuscirebbe a distinguerli. Nonostante la loro somiglianza, l’obiettivo scientifico
è molto diverso, come potrebbe essere diverso il lavoro di un geologo da quello
di un archeologo: entrambi scrutano il terreno in cerca di tracce del passato,
ma uno per sapere come si è formato il terreno, l’altro per scoprire se là c’è
stato qualcuno e cosa ha fatto. Perché Perseverance è stato creato proprio per
cercare tracce di vita passata, non fossili o semplici composti organici, ma
qualcosa di complessità intermedia: segni di strutture stratificate come la
stomatolite terrestre, accumulate da microorganismi preistorici milioni di anni
fa.

I due rover a confronto, l’unica differenza evidente risiede nelle ruote. Credit
NASA/JPL-Caltech.
                     Ingegneria e struttura portante
Senza inventare un rover completamente nuovo, il team di Pasadena ha
riciclato la maggior parte dei progetti utilizzati per il lavoro precedente per
costruire un nuovo laboratorio su ruote capace di adempiere obiettivi diversi.
Lo scudo termico, il sistema di generazione di energia, elettrica e termica, il
sistema di comunicazione, il telaio, l’apparato motorio e molto altro sono stati
rispolverati e riutilizzati, magari con qualche miglioria. È evidente il cambio di
battistrada nelle ruote, dai lineamenti più morbidi, per il resto all’apparenza
sono davvero molto simili.
Le funzionalità invece cambiano. Alcune leggermente, come il sistema di
navigazione; quello di Perseverance è stato infatti migliorato per permettere
una marcia più autonoma e indipendente dai comandi da Terra per ogni minimo
dettaglio, i quali giungono con notevole rallentamento a causa dei ritardi di
comunicazione. Altre invece radicalmente, come il sistema di campionamento
e stoccaggio dei reperti marziani, che verranno poi depositati in alcuni punti di
raccolta per essere recuperati con una missione successiva e riportati a Terra.

                           Preparazione al lancio
Il rover Perseverance è già in Florida pronto a partire. La finestra di lancio dura
circa un mese, tra metà luglio e metà agosto, e verrà lanciato da un
vettore Atlas V 541. È un razzo della ULA, United Launch Alliance; la sigla 541
indica che l’ogiva che ospita il carico è alta 5 metri, che ha 4 booster laterali
(che stranamente sono disposti in modo asimmetrico attorno allo stadio
principale) e che il secondo stadio possiede un solo motore. È lo stesso
modello e versione di razzo che ha portato Curiosity nello spazio. Il lanciatore
spingerà il carico fino all’orbita eliocentrica di trasferimento su Marte prima di
separarsi dal modulo di crociera. Potranno essere necessarie delle piccole
correzioni di rotta durante il viaggio.
Insieme al rover verrà lanciato anche un piccolo elicottero sperimentale
semindipendente: Ingenuity. Questo velivolo sarà non solo nella stessa capsula
di Perseverance, ma verrà posizionato proprio nella parte inferiore del rover
stesso. I due mezzi si separeranno solo dopo l’atterraggio, esploreranno zone
diverse ma rimarranno in contatto radio tra di loro.
Tianwen-1

L’agenzia spaziale cinese è ancora in attesa del primo successo di una
missione su Marte. Ci aveva già provato nel 2011 con la missione Fobos-Grunt,
in collaborazione con Roskosmos, ma il razzo che doveva spedire la sonda
verso Marte fallì e non riuscì ad andare oltre l’orbita terrestre. Questa volta ci
riprova con una missione tutta sviluppata in Cina e completa, con un orbiter un
rover e un lander. La missione Tianwen-1 partirà in questa finestra di lancio
estiva, probabilmente verso fino luglio, a bordo di un razzo vettore Lunga
Marcia 5 dal centro spaziale di Wenchang dell’isola di Hainan, all’estremo sud
della nazione.

Un modello in scala 1:4 del rover Tianwen-1 esposto al 69º Congresso
Internazionale di Astronautica. Credit: Wikipedia.
                              Arrivo su Marte
Vista la complessità della missione, il rover della missione Tianwen-1 sarà il
primo rover marziano a non atterrare direttamente sulla superficie di Marte una
volta che la sonda arriverà in prossimità del pianeta rosso (metà febbraio
2021). Piuttosto passerà circa due mesi in orbita prima di intraprendere il
viaggio finale, il che rende flessibile la data esatta di arrivo. La manovra di EDL
prevede dei retrorazzi e i paracadute per rallentare durante la discesa in
atmosfera, e una volta arrivati in prossimità della superficie un sistema di airbag
si gonfierà per attutire l’impatto. Questo è possibile grazie alla massa ridotta
del carico, che con lander e rover raggiunge solo i 240 kg.

La missione del rover è pianificata per soli 90 sol, lo stesso periodo per il quale
era stato progettato Opportunity, ma potrebbe venir estesa se il veicolo riesce
a reagire bene alle dure condizioni marziane. Esplorerà un piccolo fazzoletto
di terra nella regione Utopia Planitia, la stessa dove atterrò il lander Viking 2 nel
1976, e sarà dotato di vari strumenti scientifici tra cui anche un georadar
(GDR), uno strumento per l’esplorazione del sottosuolo fino a 100 metri di
profondità con una tecnica radar, che viene usata comunemente sul nostro
pianeta per trovare tubature interrate o reperti archeologici.

La posizione degli oggetti artificiali inviati e pianificati su Marte. Credit: The
Planetary Society/E. Lakdawalla (2020).
                              Rosalind Franklin
Il grande assente di questa estate è il rover russo-europeo Rosalind Franklin,
parte della missione ExoMars. Alcuni ritardi dovuti a test non soddisfacenti
hanno costretto i dirigenti delle rispettive agenzie spaziali a posticipare il lancio
di due anni, con grande delusione per molti collaboratori e fan. Il rover cercherà
tracce (morfologiche e chimiche) di vita passata sotto la superficie. È dotato di
un perforatore capace di penetrare nel terreno fino alla profondità record di 2
metri, nonostante le note difficoltà che esistono nello scavare in un pianeta
remoto.
Il rover di per sé non è molto pesante con 310 kg di massa totale, ma atterrerà
nell’Oxia Planum assieme al lander Kazačok e insieme formeranno il carico più
pesante mai consegnato sulla superficie di Marte. Il sistema di atterraggio
consiste in un sistema di paracadute più retrorazzi, e per questo il paracadute
principale sarà il più grande mai utilizzato fuori dalla Terra, con un diametro di
35 metri; il sistema ha evidenziato qualche problema durante i test del 2019 e
ancora la situazione non è stata completamente risolta.
Mars Sample Return
Per ultimo occorre citare anche un rover che attualmente non è in costruzione,
ma è pianificato come completamento della missione Mars 2020. I campioni
raccolti da Perseverance, infatti, verranno depositati sulla superficie e
recuperati da un altro rover, al momento in fase di progettazione, che verrà
lanciato per Marte nel 2026 e arriverà nel 2028 all’interno della missione Mars
Sample Return. Il suo compito principale sarà di riportare i campioni verso una
piccola base di lancio, opportunamente raggiunta dal rover, da dove un piccolo
razzo MAV, Mars Ascent Vehicle, li abbandonerà in orbita marziana. Un orbiter
dell’ESA, lanciato separatamente, li recupererà e li riporterà a Terra nel 2031,
e potranno essere analizzati meglio in laboratori specializzati.
Quest’ultima missione è molto complessa e rappresenterà il culmine di un
lavoro iniziato non solo con Perseverance, ma con l’intera esplorazione
marziana. Ogni metro percorso da un rover, ogni sasso esaminato, ogni studio
elaborato, si basano su anni di esperienze e successi delle missioni
precedenti. Non sarà possibile portare campioni a Terra se la missione Mars
2020 fallirà, non sarebbe stato possibile partire nel 2020 se Curiosity non fosse
stata una missione di successo. Non si conoscerebbe molto dei luoghi di
atterraggio senza le preziosissime foto fornite dagli orbiter. Quello che verrà
dopo su Marte non si sa ancora, le ambizioni sono enormi ma la base
scientifica per poter realizzare qualunque passo in sicurezza deve essere forte
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