Macchine Animate dall'acqua - Giovanna Petrone - I MULINI DEL PARCO NAZIONALE DELL'APPENNINO LUCANO
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PA R C O NA Z I O NA L E APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGONEGRESE Giovanna Petrone Macchine Animate dall’acqua I MULINI DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGONEGRESE
Giovanna Petrone Macchine animate dall’acqua I MULINI AD ACQUA DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGONEGRESE Realizzato con il contributo del Parco Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese Testi e foto di Giovanna Petrone Impaginazione e stampa Vega sas TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Macchine animate dall’Acqua INDICE PREMESSA 3 TERRITORIO E BENI CLTURALI 4 IL MULINO AD ACQUA NELLA STORIA 7 I MULINI AD ACQUA NEL PARCO NAZIONALE APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGONEGRESE 8 BRIENZA 11 TRAMUTOLA 15 VIGGIANO 19 GRUMENTO NOVA 23 SARCONI 25 CONCLUSIONI 27 BIBLIOGRAFIA 28 INDICE
Macchine animate dall’Acqua PREMESSA I l Parco Nazionale dell’ Appennino Lucano Val d’A- gri Lagonegrese è un territorio singolare per il ric- co patrimonio naturalistico e culturale che lo caratterizza. L’insieme delle sue ricchezze costituisce il punto di forza su cui far leva per farne un luogo in cui il turismo diventi uno dei fattori trainanti dell’economia locale. L’archeologia industriale, disciplina giovane che ne- gli ultimi anni si sta diffondendo anche nella nostra Nazio- ne, rappresenta uno dei tanti elementi che testimoniano la singolarità del territorio del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese. La presenza, infatti, di mulini, frantoi e altri opifici in molti comuni ricadenti nel perimetro del Parco testimo- nia l’esistenza, in passato, di attività industriali che pre- valentemente si basavano sulla trasformazione di prodotti dell’agricoltura e della pastorizia. I mulini ad acqua sono considerati come bene cultu- rale e in tutto il territorio nazionale sono oggetto di studio e di valorizzazione anche turistica. Si tratta inoltre di opifici strettamente legati al territorio perché di esso sfruttano la risorsa idrica, soprattutto in quelle regioni, come la Basili- cata, particolarmente ricche di corsi d’acqua. PREMESSA Ponte romano su fiume Maglie - Sarconi 3
Macchine animate dall’Acqua TERRITORIO E BENI CULTURALI1 C onoscere un territorio non significa solo conoscerne la conformazione fisica ma anche le relazioni che questo stabilisce con l’uomo. Il rapporto dinamico che si crea tra i gruppi umani e il territorio è fondamentale perché lo spazio in cui si verifica tale rapporto conferisce ai gruppi umani la propria identità; questa identità può essere definita identità geografica e racchiude in sé una serie di interrelazioni basate sulla condivisione di elementi comuni che distinguono i vari gruppi umani (linguaggio, religio- ne, costumi e usi). Il territorio, inoltre, è il risultato dei processi storici e an- tropologici che si sono susseguiti nel tempo ed è memoria visibile della conquista dello spazio da parte dell’uomo. Solitamente, l’elemento che rappresenta l’identità di una società e funge da simbolo di questa è il monumento. Monumento è ricordo, è memoria, è segno tangibile dell’e- sistenza di un gruppo umano; monumento diventa anche valore2 nel momento in cui gli viene riconosciuto il significato di bene. Considerando quindi il monumento come l’oggetto per ec- cellenza che rappresenta una comunità ed essendo la comunità radicata in un determinato contesto geografico, non si può non considerare il rapporto che lega il monumento all’ambiente. Secondo Piveteau3 “la memoria simboleggia lo spazio e lo spazio rende duratura la memoria” e il “luogo” in cui si sintetizza TERRITORIO E BENI CULTURALI questo scambio è il territorio inteso come portatore di significa- ti e valori stratificati nel tempo e, di conseguenza, come entità culturale. Lo spazio, quindi, attraverso il monumento, restituisce ai nostri occhi la memoria di una società; restituisce alla mente il ricordo di un passato che si è concretizzato in un contesto ge- 1 Tratto da Petrone G., 2007, pp.15-19. 2 Valore storico, simbolico, estetico, identitario, culturale, ambientale. 3 Piveteau, 1995, p.114 4
Macchine animate dall’Acqua ografico e in esso si è stratificato; riporta con sé, e su di sé, i segni di gruppi di uomini che hanno contribuito a modificarlo a seconda delle proprie esigenze e lo hanno riempito di significati, materiali e non, degni di essere valorizzati. I segni materiali di un territorio sono le testimonianze tangibili, concrete presenti su di esso; quelli immateriali, invece, sono le sedimentazioni di saperi, di competenze, di capacità organizzative (che spesso vengono trascurate perché meno evidenti degli altri). L’insieme degli elementi materiali e immateriali dell’am- biente costituisce dunque una eredità, un patrimonio cultura- le (cultural heritage), per una società, e va considerato come espressione della sedimentazione storica del legame tra il gruppo umano e la natura. Il patrimonio risulta composto dai beni culturali e ambien- tali, ma anche dalle diverse relazioni che collegano i singoli beni al contesto in cui essi si trovano, creando dunque una sincronia di fondo su cui si basa il rapporto natura-uomo. L’importanza del patrimonio culturale si costituisce sia per accumulazione di signi- ficati all’interno di uno spazio, sia in relazione allo spazio stesso che diventa lo scenario dei processi di stratificazione di valori attribuiti nel tempo ai singoli oggetti. Il patrimonio del passato, come eredità storica e memoria collettiva, assume significato nel presente in relazione al quale viene considerato valore indiscutibile della società; tale processo di attribuzione di valore presente ad oggetti che si costruiscono nel passato, è comunemente chiamato processo di patrimonia- lizzazione. Attraverso la valorizzazione nel presente, il patrimonio cul- TERRITORIO E BENI CULTURALI turale diventa un mezzo fondamentale per lo sviluppo economico e sociale, si inserisce nelle dinamiche territoriali e assume un ruolo specifico e determinante al loro interno. Il patrimonio assume poi una sua connotazione specifi- ca in rapporto al territorio di cui diventa segno da decifrare per comprendere i significati sociali passati e presenti; testimonia, inoltre, i processi di antropizzazione che si sono manifestati nel corso degli anni e che hanno comportato un’organizzazione dello spazio specifica a seconda delle esigenze e della richiesta. 5
Macchine animate dall’Acqua Il presente lavoro intende recuperare la memoria dell’in- dustria molitoria in Val d’Agri. Lo scopo è quello di rivolgere l’at- tenzione ad una parte del patrimonio culturale poco valorizzata. La Valle dell’Agri è ricca di testimonianze relative alla mo- litura del grano e degli altri cereali, soprattutto si tratta di opifici che ancora esistono e possono essere inseriti in percorsi che ri- guardano l’archeologia industriale, disciplina che mira a ricercare, studiare, catalogare, salvaguardare e conservare le testimonian- ze sul territorio e i resti materiali collegati ai processi di industria- lizzazione. In tale contesto i mulini ad acqua si inseriscono come primo prototipo di fabbrica e possono essere considerati testi- monianza dell’attività produttiva umana anche quando si tratta di opifici di costruzione precedente alla Rivoluzione Industriale. TERRITORIO E BENI CULTURALI Torrente Sciaura - Grumento Nova 6
Macchine animate dall’Acqua IL MULINO AD ACQUA NELLA STORIA Il mulino ad acqua comincia a diffondersi nel mondo Greco intorno al I sec. a.C.. La pratica della molitura del grano era tuttavia già prati- cata utilizzando la forza umana. Lo stesso Omero nel XX libro dell’Odissea parla di “macine a mano” intorno alle quali lavorava- no dodici donne per produrre farina4. Successivamente come spiega Antipatro di Tessalonica (I sec. a. C.), il lavoro manuale venne sostituito da quello meccani- co e il mulino idraulico da lui descritto in un epigramma dell’An- tologia Greca, è quello a ruota orizzontale. La stessa descrizione dell’impianto idraulico viene fatta da Vitruvio nel De Architectura (I sec. a.C.): si tratta dell’impianto che maggiormente si diffuse durante l’Impero di Ottaviano Augu- sto (63 a.C. -14 d.C.), costituito da un asse di legno verticale alla cui base c’era una serie di palette sulle quali cadeva l’acqua con un getto a forte pressione. Queste azionavano un asse di legno che a sua volta gene- rava il moto di una macina mobile su una fissa. Questo tipo di impianto viene utilizzato a lungo, fino agli inizi del Novecento. Si tratta di un impianto molto semplice e poco costoso, questo spiega la sua larga diffusione soprattutto nei piccoli centri agricoli. IL MULINO AD ACQUA NELLA STORIA 4 Omero, Libro XX, vv 105-110 7
Macchine animate dall’Acqua I MULINI AD ACQUA DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGO- NEGRESE La presenza di mulini ad acqua nel territorio del Parco Na- I MULINI AD ACQUA DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGONEGRESE zionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese è attestata già in epoca romana (II sec D.C.), periodo a cui risale la stele funeraria di una bambina di nome Pactumeia, rinvenuta lungo le sponde del torrente Alli, a Viggiano, recante un’iscrizione in cui si parla di un “primus magister pistor” (primo maestro mugnaio), padre della bambina, che viveva molto probabilmente nei pressi del torrente e possedeva un mulino ad acqua. Cippo di Pactumeia Stele funeraria di Pactumeia L’attività molitoria ha avuto seguito sicuramente anche nei secoli successivi. In particolare, come era consuetudine nel tardo medioevo, la molitura era gestita dalle comunità monastiche. In Val d’Agri abbiamo testimonianze relative alla comunità monasti- ca di San Pietro che possedeva mulini a Tramutola e a Marsico- vetere nell’anno 11515. Tra la fine del ‘700 agli inizi dell’800 la costruzione dei muli- ni ad acqua è molto più diffusa nei paesi della Val d’Agri. L’opificio era solitamente a gestione familiare: in tutti i paesi esiste almeno 5 N. Masini in Macaione – Sichenze, p.157. 8
Macchine animate dall’Acqua una famiglia che ha come soprannome mul’nar – mugnaio. Era però utilizzato anche dagli altri contadini del paese, o dei paesi vicini, i quali si recavano sul posto con gli asini che trasportavano il grano e gli altri cereali da macinare. Le operazioni di molitura iniziavano all’alba e duravano per tutta la giornata. I comuni della Val d’Agri basavano la loro economia essen- I MULINI AD ACQUA DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGONEGRESE zialmente sull’agricoltura. Non è un caso, quindi, che la richiesta di molitura del grano e degli altri cereali fosse così elevata da permettere alla maggior parte dei proprietari terrieri di “costru- irsi un molino nel proprio fondo” che avrebbe apportato soltanto vantaggio ai paesi e ai loro abitanti. In tutto il territorio oggetto di studio gli esempi di mulini idraulici sono numerosi e nella maggior parte dei casi sono mulini “a torretta” con ruota orizzontale, impianto che permetteva di raccogliere una grande quantità di acqua in una grossa cisterna ad imbuto. L’acqua veniva fatta convogliare dal fiume, sbarrato artificialmente, verso la cisterna attraverso un canale di addu- zione ; nella parte bassa della cisterna c’era un’imboccatura che dirigeva il getto d’acqua direttamente sulle pale della ruota oriz- zontale collocata nel piano seminterrato degli edifici. Sotto la spinta dell’acqua la ruota motrice azionava per mezzo di un asse l’impianto per la molitura, situato nel locale superiore, costituito da una macina fissa e una mobile. L’acqua deviata veniva restituita “ nel suo letto dopo essersene serviti”, dopo aver “animato” le macine ritornava quindi al suo corso o, spesso, veniva utilizzata per irrigare i campi o per azionare altre Ruota idraulica Impianto di molitura 9
Macchine animate dall’Acqua macchine. Esistono in Val d’Agri esempi di canali con una diramazione nella parte terminale che permetteva di deviare l’acqua in due cisterne: è il caso di opifici in cui venivano azionate due macchine idrauliche contemporaneamente, sia per lo stesso scopo, sia per scopi diversi. I MULINI AD ACQUA DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO VAL D’AGRI LAGONEGRESE Questa tipologia di mulino, quindi, è quella maggiormente attestata in Val d’Agri: numerosi, infatti, erano i mulini a torret- ta costruiti sulle rive dei corsi d’acqua. Testimonianze di questa produzione sono attestate a Viggiano, Grumento, Moliterno, Sar- coni, Marsicovetere, Tramutola, Marsiconuovo, Brienza, Pignola, Castelsaraceno e Calvello, ma non sempre si tratta di strutture ancora esistenti. Le dimensioni degli edifici variano a seconda della loro fun- zione: in alcuni casi, infatti, annessa all’opificio è l’abitazione del mugnaio e della sua famiglia. In altri, invece, si tratta di strutture piccole e destinate solo alla molitura. Molto spesso, inoltre, negli opifici venivano praticate più attività: è il caso di mulini associati a frantoi per la produzione di olio o alla lavorazione del filo o del rame. Acquedotto su archi - Sarconi 10
BRIENZA Quello che contraddistingue alcune delle strutture studia- te è il canale di adduzione dell’acqua che si sviluppa su un siste- ma ad archi di particolare magnificenza architettonica. Brienza è un comune di origine longobarda noto per il suo borgo medievale e per aver dato i natali a Francesco Mario Pa- gano personaggio di spicco della Repubblica Partenopea (1799). Il centro abitato moderno si sviluppa intorno al centro storico situato nella parte alta del paese che culmina con l’imponente Castello Caracciolo. Brienza è attraversata da due torrenti, il Pergola e il Fiumi- cello che lambiscono rispettivamente il versante destro e quello sinistro della collina del borgo medievale e che poi confluiscono in un unico letto. Il paesaggio torrentizio che i due corsi d’acqua disegnano è di singolare bellezza: l’acqua crea degli scavi di natura carsica, le cosiddette marmitte dei giganti, da considerarsi monumenti naturali del luogo. La particolare abbondanza d’acqua ha permesso di uti- lizzare questa risorsa per più scopi anche in passato. Secondo quanto descritto dal Petrnoster 6, nel 1866, le acque del torren- te Pergola servivano ad alimentare un sistema di illuminazione pubblica realizzato con sistemi rudimentali tra cui le macchine 6 F. Paternoster, p.53 11
Macchine animate dall’Acqua BRIENZA Torrente Fiumicello - Brienza 12
Macchine animate dall’Acqua idrauliche dismesse. Il torrente, inoltre, ha una portata tale che qualche anno fa fu realizzata una piccola diga che attualmente non è in funzione. Sui due torrenti sono stati individuati quattro mulini: due sul torrente Fiumicello e due sul Pergola. Di tutti e quattro gli opifici soltanto uno è in buone condi- zioni: si tratta di uno dei mulini sul Fiumicello che ha subito più interventi di ricostruzione. Il mulino si trova in località Calata Prato, sotto viale Ema- nuele Gainturco che attraversa la piazza centrale; è una struttura costituita da due piani più uno seminterrato in cui è ancora visi- bile la ruota idraulica. Mulino di Località Calata Prato Marmitte dei giganti a Brienza Al primo piano si trovava l’impianto di molitura di cui si conservano le macine; il secondo piano, accessibile da una scala esterna, era probabilmente adibito a deposito o ad abitazione. Questo opificio apparteneva a Sabatella Antonio “infaticabile la- voratore pieno di iniziative di carattere industriale7” proprietario del mulino, di un frantoio e di un pastificio, alimentati ed illumi- nati da impianti autonomi ad energia idraulica. BRIENZA 7 Ibid. 13
Macchine animate dall’Acqua Poco distante da questo primo opificio, se ne incontra un altro più piccolo del quale restano soltanto i muri perimetrali e la cisterna per il convoglio dell’acqua. Sull’altro torrente, il Pergola, sono stati individuati i ruderi di due mulini. Il mulino più caratteristico è un opificio di medie dimen- sioni che si trova sulla sponda sinistra del corso d’acqua e che affaccia su una gola scavata dall’erosione. Il luogo è molto suggestivo: il mescolarsi di bellezze na- turalistiche e di testimonianze della storia ne fanno uno degli angoli più belli del paese. Un posto in cui ogni singolo elemento fa parte di in mosaico che racchiude più aspetti della memoria e dell’identità locale. BRIENZA Mulino sul torrente Pergola - Brienza 14
TRAMUTOLA Passeggiando nel centro storico di Tramutola, è d’obbligo una sosta “N’cap l’acqua”. Si tratta di un luogo in cui si uniscono più elementi dell’identità culturale del paese. E’ infatti il luogo in cui da sempre le donne si ritrovano al lavatoio per lavare ma anche per condividere un momento di socializzazione; è il luogo in cui ci si ferma per abbeverarsi alle fontane; è il luogo in cui un tempo ci si recava a macinare il grano per produrre farina. All’interno dell’edificio, oggi ristrutturato e di proprietà comunale, è stato ricostruito l’impianto di molitura che veniva alimentato da una cisterna in cui veniva fatta confluire l’acqua della sorgente Casamasone. Dopo aver alimentato la macchina idraulica, l’acqua di scarico veniva utilizzata per altri usi (per l’ir- rigazione o per azionare altre macchine). Esterno - Mulino Capo l’Acqua Interno - Mulino Capo l’Acqua 15
Macchine animate dall’Acqua All’ingresso del paese, il località S. Carlo, si trova un altro mulino acquisito tra i beni del Comune e ristrutturato per fini culturali ed attività didattiche. La caratteristica di questo opificio è l’acquedotto su archi che alimentava l’impianto di molitura che rappresenta, oggi, uno dei monumenti del pese. Acquedotto del Mulino San Carlo Tra le attività economiche di questo paese nel XIX sec., quindi, quella della molitura del grano e degli altri cereali era molto diffusa. L’abbondanza dell’acqua in questo territorio, ele- mento fondamentale per il funzionamento delle macchine idrau- liche, ha consentito il diffondersi di opifici con diverse funzioni. Numerosi documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Potenza riportano testimonianza delle questioni relative alle richieste di costruzione di macchine idrauliche, la deviazione dei corsi d’acqua e l’approvvigionamento idrico. E’ il caso di un verbale contenente una pianta topografi- ca realizzata con inchiostro di china acquerellato nell’ottobre del 1834 dall’architetto Vincenzo Germino, che riguarda la questio- ne dei signori Falvella e Marotta contro i signori Maragliani, tutti di Tramutola8. La pianta riporta le macchine idrauliche funzionanti in TRAMUTOLA quell’anno costruite sul corso del fiume Caolo. 8 ASPZ, Tribunale Civile di Basilicata, Perizie ed atti istruttori, b. 20. 16
Macchine animate dall’Acqua Si tratta di quattro mulini ed una ramiera per alimentare i quali furono costruiti tre acquedotti a poca distanza l’uno dall’al- tro. Nel caso del mulino e della ramiera, entrambi di proprietà della famiglia Falvella, un unico acquedotto alimentava le due macchine. L’acqua, dopo aver animato le macchine, veniva utiliz- zata per irrigare i campi. Era infatti molto diffuso l’uso integrato della risorsa idrica per diversi scopi. Di questi opifici, restano pochi ruderi mentre l’ultimo dei mulini costruito sul Caolo è ancora visibile. Si tratta di un opificio molto grande costruito alla fine dell’ ottocento e di proprietà della famiglia Troccoli. La struttu- ra, ben conservata, si sviluppa su due piani e rappresenta uno degli esemplari più interessanti data la presenza di una grande cisterna circolare, tipica dei mulini ad acqua dell’area, affiancata anche da un’altra grande vasca di raccolta. Al primo piano è ancora visibile l’impianto di molitura, mentre al secondo piano c’ era sicuramente l’abitazione del proprietario. Esterno - Mulino Troccoli La presenza di molti impianti idraulici a Tramutola e la TRAMUTOLA costruzione della centrale idroelettrica nel secondo decennio del secolo scorso, confermano che l’ acqua rappresenta una ricchez- za per questo territorio. Nella stessa area in cui è stata realizzata la centrale, sono state effettuate le prime indagini per l’estrazio- 17
Macchine animate dall’Acqua ne del petrolio e le prime trivellazioni di pozzi. Allo scopo di far affermare di Tramutola come “Paese dell’energia” è nato un progetto, curato dalla Pro Loco, che in- tende realizzare un Percorso turistico-didattico con l’obiettivo di mettere in relazione un sentiero tra i pozzi, la centrale idroelet- trica, i mulini e una struttura in cui si intende rappresentare con pannelli e materiale multimediale l’evoluzione dello sfruttamento degli idrocarburi e della risorsa idrica. Interno - Mulino Troccoli TRAMUTOLA 18
VIGGIANO Viggiano è un paese molto caratteristico: passeggiando tra i vicoli del centro storico, sui portali in pietra di alcune abi- tazioni, si vedono ancora le incisioni che richiamano alla mente la tradizione musicale ottocentesca. Viggiano, infatti, era molto conosciuta per i sui “musicanti di strada” che giravano con “l’arpa al collo”, come ha scritto il poeta Pier Paolo Parzanese, portando le dolci melodie dell’arpa in tutto il mondo. E’ inoltre uno dei centri più visitati dai pellegrini cristiani per il culto della Madonna Nera Patrona della Basilicata. Anche a Viggiano l’economia nel XIX secolo si basava sul- la produzione e la trasformazione dei prodotti dell’agricoltura e della pastorizia. Sono infatti molte le testimonianze di attività di molitura del grano, ma anche di produzione di olio e di vino, nonché di prodotti caseari e di altre produzioni quali laterizi, calce e corde. Sono state individuate lungo le sponde del Torrente Alli, affluente dell’Agri, circa dieci macchine idrauliche. Si tratta di nove mulini ed una gualchiera, opificio in cui si lavorava la lana per ricavarne filo. Il percorso dei mulini del torrente Alli si snoda su un sen- tiero sterrato e parte dal mulino più recente, quello Spolidoro, fino ad arrivare a quello più antico, il mulino di Costa dell’Inferno, completamente crollato e ubicato in un luogo di difficile accesso. Il torrente ricorda già nel suo nome la pratica della molitu- 19
Macchine animate dall’Acqua ra dei cereali: Alli deriva quasi sicuramente dal verbo greco ἀλέω (aleo) che significa macinare. Non è un caso che questo torrente sia stato denominato così: spesso i toponimi nascono da una caratteristica del luogo che vanno ad identificare. Probabilmente, quindi, anche antica- mente in questa zona era praticata la molitura, ipotesi conferma- ta dalla presenza del cippo romano di Pactumeia (II sec. D.C.). E’ inoltre ipotizzabile un reimpiego del materiale edilizio del mulino romano nella costruzione del mulino denominato del Marchese9. I mulini del torrente Alli rappresentano un prototipo di si- stema industriale. L’acqua veniva deviata per alimentare le mac- chine e spesso un unico sbarramento alimentava più opifici. E’ il caso di un piccolo complesso costituito da quattro mulini e due gualchiere di cui resta memoria in una pianta topografica del 183110. ASPZ, Tribunale Civile di Basilicata, Perizie ed atti istruttori, b. 15. Su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali. Archivio di Stato di Potenza, Aut. N. 651 E’ vie- tata l’ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo. Nella pianta, realizzata dall’ingegnere Luigi Brancucci, ven- gono indicati quattro mulini e due gualchiere, una non funzio- VIGGIANO 9 Gugg - Petrone pag.29 10 ASPZ, Tribunale Civile di Basilicata, Perizie ed atti istruttori, b. 15. 20
Macchine animate dall’Acqua nante, tutti di proprietà al Principe di Migliano appartenente alla famiglia Loffredo. Il canale che convoglia l’acqua del torrente si trova sulla sponda sinistra dell’Alli e nella cartografia è indicato anche il mulino Spolidoro, l’ultimo degli opifici alimentati dallo stesso canale. E’ interessante notare che l’esistenza di questa pianta topografica attesta che nel 1831 il mulino Spolidoro esiste- va già e che quindi l’anno 1860, inciso sul canale ancora esisten- te, potrebbe essere l’anno in cui quest’ultimo è stato costruito in sostituzione al canale precedente che animava anche le macchi- ne del Principe. Nel documento viene riportata la questione sollevata dai signori Amerena e Bellizia i quali intendono costruirsi un mulino sulla sponda opposta a quella su cui si trovano i mulini del Prin- cipe. La questione doveva essere stata avviata già negli anni precedenti poiché esiste un altro documento del 1826 in cui si parla dell’intenzione del signor Amerena di costruirsi un mulino in questa zona11. Di questi mulini restano oggi soltanto il mulino Spolidoro e due dei mulini del Principe, uno dei quali conserva la cisterna di raccolta dell’acqua ancora intatta e parte della struttura, elementi che testimoniano l’imponenza di questo opificio rispetto a tutti gli altri del sistema di Alli. Mulino Spolidoro Mulino del Principe VIGGIANO 11 Gugg - Petrone pag. 27 21
Macchine animate dall’Acqua A conferma del fatto che nel XIX secolo a Viggiano esiste- vano molte attività produttive che sfruttavano l’energia idraulica per azionare impianti meccanici, bisogna ricordare che anche sul torrente Casale, anch’esso nel Comune di Viggiano e anch’esso affluente dell’Agri, esistevano altri opifici. Si tratta di un mulin, di una fornace per laterizi e di un opificio in cui, secondo le testimo- nianze tramandate oralmente, venivano prodotte corde per arpa. Entrambi i torrenti sono stati oggetto di ricerca di studi di carattere storico, antropologico e geologico. Sulla valorizzazione del torrente Alli esiste un progetto di ricerca che intende recu- perare le “memorie dell’acqua” e di tutta l’identità culturale e naturalistica che intorno al torrente si è sedimentata12. Lo stesso vale per la parte alta del torrente che rappresenta un sito di par- ticolare interesse geologico. Sul torrente Casale sono state fatte più proposte di recu- pero e valorizzazione, trattandosi di un luogo di grande impor- tanza per la storia di Viggiano grazie alla presenza della Chiesa di Santa Maria la Preta (fondata dai monaci Basiliani nell’VIII secolo D.C. su uno sperone di roccia a strapiombo sul torrente) e di altre testimonianze della storia locale. VIGGIANO 12 Gugg – Petrone “Memorie d’Acqua. I Mulini del Torrente Alli”, Akiris, 2007. 22
GRUMENTO NOVA Il Comune di Grumento Nova è attraversato dal torrente Sciaura che scorre nei pressi dell’area archeologica di Grumen- tum. Il territorio vanta un ricco patrimonio culturale e naturalisti- co. Le rovine dell’antica città sono una delle attrattive principali del Parco Nazionale dell’Appenino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, testimonianza della colonizzazione Romana in Basilicata e luogo di grande interesse culturale. All’interno dell’area archeologica sono presenti anche nu- merosi palmenti in pietra, costruiti tra ‘800 e inizi del ‘900, sim- bolo della attiva produzione di vino. L’area era infatti conosciuta per la produzione dei vini Lagarini noti per la loro funzione tera- peutica13. Accanto alla ricca produzione di vino, nel XIX secolo si sviluppò anche una discreta produzione di farina. I mulini ancora esistenti sullo Sciaura sono due e di questi soltanto uno è in parte visibile. Si tratta del mulino appartenente alla famiglia Di Trani, ubicato sulla sponda sinistra del torrente. Dell’opificio, costituito da due piani, si vedono ancora le macchi- ne idrauliche, le macine e la torre di raccolta dell’acqua. Il canale di adduzione è realizzato su sistema ad arco sotto il quale passa il sentiero che dalla strada principale conduce sulle rive del tor- rente. 13 Plinio (23 – 79 d.C), Naturalis Historia, XIV, 69. 23
Macchine animate dall’Acqua La vicinanza di questo mulino all’area archeologica fa ipo- tizzare di creare un itinerario turistico culturale integrato che po- trebbe mettere in relazione i diversi periodi della storia di questo territorio. Poco distante è, infatti, anche la chiesetta di San La- verio, in un luogo molto suggestivo alla confluenza dello Sciaura con il fiume Agri, edificata per la prima volta dopo il martirio del Santo intorno al IV sec. D.C. e successivamente ricostruita più volte e ridimensionata dopo il terremoto del 1857. Mulino sul torrente Sciaura - Grumento Nova GRUMENTO 24
SARCONI Sarconi nasce come Comune nel 1946 anno in cui ottenne l’autonomia da Moliterno. Seppure giovane, il comune di Sarconi ha origini molto antiche. Era infatti strettamente legato alla colonia romana di Grumentum, con cui era collegato da un acquedotto. Lo sfrutta- mento della risorsa idrica è da sempre stato concepito in questo luogo come una grande ricchezza. Il territorio, infatti, attraversa- to dal fiume Maglie e dal torrente Sciaura, è molto ricco d’acqua e favorevole alle coltivazioni (basti ricordare la fiorente produzione di fagioli). Le opere di ingegneria idraulica che caratterizzano questo paese culminano con la costruzione nel 1865 dell’ ac- quedotto Cavour, realizzato proprio per favorire l’approvvigiona- mento idrico alle colture locali nonché per azionare le macchine idrauliche. Nell’area sottostante il centro abitato, infatti, sorge un mu- lino recentemente ristrutturato e acquisito tra i beni del Comune. Luogo di storia e di tradizioni, scenario di eventi culturali e di set cinematografici, è il fulcro del neonato Parco Fluviale di Sarconi area in cui la natura e l’identità culturale del paese si fondono. L’opificio è di grandi dimensioni: il canale di convoglio dell’acqua presenta una diramazione che permette di deviare l’acqua in due cisterne collegate ad altrettante macchine idrauli- che situate nel piano seminterrato. 25
Macchine animate dall’Acqua Mulino del parco fluviale Nel comune di Sarconi esiste anche un altro mulino ben conservato e di proprietà privata. Si tratta di un mulino appar- tenente alla Famiglia Lauria, ubicato all’ingresso del paese e ali- mentato dalle acque del torrente Sciaura. Il mulino attivo dalla metà dell’Ottocento, fu acquistato dalla famiglia Lauria e da essa gestito fino ad un cinquantennio fa. All’interno sono presenti due impianti utilizzati uno principalmente per il grano e l’altro per gli altri cereali. L’opificio è stato ristrutturato in parte e l’intenzione è quella di riazionare gli impianti a fini didattici. SARCONI Mulino Lauria 26
Macchine animate dall’Acqua CONCLUSIONI L’insediamento delle industrie sul territorio ha determinato una svolta decisiva per la storia dell’uomo. Le sedimentazioni di questo evento sociale, economico, storico e culturale sono da considerarsi componenti di un patrimonio considerevole che vale la pena di salvaguardare e di riconvertire, per poter garantire una nuova fonte di sviluppo economico. I progetti di recupero dei ma- nufatti dell’era industriale s’inseriscono, infatti, in una strategia che mira alla valorizzazione del territorio non solo dal punto di vista naturalistico ma anche dal punto di vista culturale e archi- tettonico e, soprattutto, ne evidenziano il valore di contenitore di saperi, competenze e professionalità che costituiscono le compo- nenti immateriali del patrimonio. Il territorio, infatti, non è solo espressione di cambiamenti fisici, ma è soprattutto espressione di rapporti sociali, di elaborazione di valori civili e culturali e di ricerche di conoscenze e di abilità professionali. Gli esempi riportati relativi ad alcuni dei comuni del Parco dell’ Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, rappresentano soltanto una parte del ricco patrimonio locale relativo alla diffu- sione dell’industria molitoria e dell’uso dell’acqua come fonte di energia per alimentare gli impianti. Si ha testimonianza, infatti, di numerose altre strutture. E’ il caso dei mulini del fosso Faliero e di Rimintiello a Moliterno, di un mulino sul torrente Verzarulo e di un altro opificio in contrada Pergola a Marsico Nuovo, di un muli- no sul torrente Molinara a Marsicovetere e del mulino Mancuso a Castelsaraceno, solo per citarne alcuni. Con il presente lavoro si è inteso sottolineare l’importanza di questo patrimonio che merita di essere oggetto di ulteriori stu- di e approfondimenti. Il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese è un contenitore di luoghi, monumenti e saperi che spesso sono sconosciuti anche a coloro che ci vivono e, tali elementi, rappresentano il punto di partenza per un’azione di salvaguardia e valorizzazione del territorio soprattutto perché “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre CONCLUSIONI ma nell’avere nuovi occhi” (M. Proust). 27
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