I PROMESSI SPOSI: APPUNTI - Vittorio Folco

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I PROMESSI SPOSI: APPUNTI - Vittorio Folco
I PROMESSI SPOSI:
APPUNTI

      Liceo San Giuseppe
                            Vittorio Folco
Via S. Francesco da Paola
                       23   Lezione di Pré Saint Didier

             011.8123250

              15/06/2010
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Romanzo storico e romantico, alla Scott: l’idea iniziale trae spunto dalle
grida sui Bravi e dalla Storia del Ripamonti, per “esporre le condizioni
civili e politiche di un popolo in un dato momento”.
Notevole il fatto che in Italia allora il romanzo avesse cattiva fama, di
genere letterario “minore” e popolare, per giunta dissoluto (i romanzi
libertini francesi del ‘700), tanto che il Manzoni si sente in dovere di
giustificare questa scelta.
Il romanzo incarna la poetica del vero, dell’interessante e dell’utile
(Lettre à M. Chauvet, Sul romanzo storico, ma anche l’oraziana Epistula
ad Pisones e la lezione tassiana del Discorso sul poema epico), rivisitata
con sensibilità romantica e applicata a questo genere letterario.
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Il vero per soggetto   Vero storico e documentario
                       Vero psicologico
                       Lingua parlata colta, ma non letteraria
L’utile per iscopo     Indagine psicologica
                       Insegnamenti etico-religiosi
                       Analisi storiografica
                       Ideali sociali e politici liberali
L’interessante per     Fatti storici
      mezzo            Afflato poetico
                       Invenzione romanzesca
                       Ironia bonaria (umorismo manzoniano, non
                       comicità)
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Si rivolge a un pubblico più vasto e di cultura meno raffinata, grazie alla semplicità
della lingua e dello stile.
Essendo un genere quasi nuovo, non deve sottostare a regole preconcette e
consente all’autore maggiore libertà.

Il romanzo è un’OPERA MISTA DI STORIA E D’INVENZIONE: il VERO
documentario e il VERO storico (VERO-UTILE-INTERESSANTE) sono al
servizio del vero psicologico (POETICO-INTERESSANTE), suscitano
partecipazione e commozione anche epica. Non c’è confusione tra i due momenti,
perché l’autore è molto preciso nel distinguere in capitoli diversi i due aspetti, oppure
nell’avvertire il lettore del trapasso dalla Storia al romanzo.
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CRONOLOGIA

1821: inizio dei primi due capitoli, dopo il fallimento dei moti.

1822-23: prima stesura col titolo Fermo e Lucia, subito ripresa e
modificata (pubblicato solo un secolo dopo): mutate le sequenze
narrative delle peripezie di Renzo e Lucia, mutati vari personaggi,
diminuita la mole di alcuni passi (la colonna infame, la storia di Gertrude
e dell’Innominato, collegati dati cronachistici con la storia del secolo,
eliminate pedanterie erudite, stemperato il moralismo e l’entusiasmo
religioso), modificati i nomi, creato l’equilibrio interno delle parti e la
naturalezza della narrazione. Viene pubblicato nel ’27 già con il titolo I
promessi sposi.

Fino al 1840, con i soggiorni fiorentini (il primo è del ’27), M. procede poi
alla revisione linguistica e stilistica. Elimina l’IMPOSTAZIONE
RETORICA E PURISTA propria del tempo e propone una lingua d’uso,
basata sul fiorentino parlato dalla classe dotta non quello letterario.
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CARATTERISTICHE E IDEE GUIDA

Un aspetto molto criticato è il MORALISMO “opprimente” del romanzo.
E’ vero che la struttura principale del romanzo è di tipo etico-religioso
(l’UTILE): la concezione della vita, del male e del dolore, della
Provvidenza, la marginalità delle strutture politiche e statali che impone la
protezione ecclesiastica contro il sopruso del potere. Venne molto
criticato, tra gli altri da Croce: “il sentimento etico assoggetta gli affetti
umani”.

Altri hanno parlato di stile oratorio e non poetico, perché gl’insegnamenti
morali sono affidati ai discorsi (spesso monologanti) dei personaggi:
questa tendenza culmina nel Cardinal Federigo, che incarna l’ideale umano
e religioso dell’autore e per questo ha toni effettivamente molto oratori.
Ma quando la poesia e l’arte del M. prendono il sopravvento, il moralismo
non è un ostacolo e viene corretto dall’ironia (v. Donna Prassede, il cui
difetto è “prender per Cielo il suo cervello”) (INTERESSANTE). Inoltre
spesso bisogna distinguere tra moralismo dei personaggi e moralismo
dell’autore (v. fra Cristoforo, il Card., oppure Lucia, Agnese).

L’autore è convinto che l’unica vera forza rinnovatrice e rivoluzionaria
(ma nei cuori) sia il CRISTIANESIMO (insegnamento negativo della
rivoluzione francese e della violenza giacobina). Il suo profondo senso
della moralità è strettamente legato ai fatti della sua conversione e della
sua fede; se non piace a tutti, non è tuttavia possibile confrontarsi con esso.
Il contrasto drammatico nelle vicende del romanzo non si basa sul
dualismo felicità-dolore o diritto-crimine, ma su peccato-redenzione e su
carità-indifferenza. Si parla per questo del PESSIMISMO STORICO del
Manzoni, scaturito dalla presenza ineliminabile del peccato nel mondo e
dall’insensibilità dell’uomo, per cui se il Cielo mira a “far del bene alla
gente, è in tutto dall’accorger nostro scisso”. Ciò non ostante, non è
fatalista, perché permeato di fede nella Provvidenza e attento al tema della
responsabilità personale dell’uomo nella scelta tra bene e male.
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INTENTO STORIOGRAFICO. Con l’esempio negativo della
dominazione spagnola in Italia, Manzoni propone un suo IDEALE
POLITICO UTOPISTICO E CONSERVATORE: egli vagheggia un
saldo potere statale centrale (invece del particolarismo secentesco, il
Ferrer e i signorotti feudali, ma anche ottocentesco dell’Italia divisa),
potere che freni gli abusi dei potenti; una legislazione razionale ed equa
(ideale illuminista contro le grida e gli Azzeccagarbugli); una giustizia
efficiente (invece dei birri o del conte zio, oppure dei gendarmi austriaci);
una politica economica oculata (la polemica sulle norme contro la
carestia o la peste), che sappia stimolare i ceti medi all’iniziativa privata
(Renzo acquista un filatoio); un’aristocrazia pronta a ridistribuire le sue
ricchezze per carità cristiana, classi umili pie e laboriose, rassegnate a
sopportare la miseria senza ribellarsi.
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IL SISTEMA DEI PERSONAGGI ripropone chiaramente i tre livelli
sociali e i diversi atteggiamenti: nell’aristocrazia Don Rodrigo e Gertrude
sono i modelli negativi, versus il Cardinal Federigo, mentre l’Innominato
che si converte indica la giusta via da seguire; nei ceti medi esempi
negativi sono don Abbondio e Azzeccagarbugli, positivo è fra’ Cristoforo,
anch’egli convertito al bene; nel popolo il modello negativo è la
popolazione di Milano in rivolta, quello positivo è Lucia o la moglie del
sarto, rassegnate e fiduciose in Dio, Renzo è invece l’esempio dinamico di
passaggio dall’uno all’altro.

Renato Giovannoli (come Franco Fido) ci propone un sistema di
personaggi basato sui ruoli attanziali:
                                             Renzo
                                             eroe

       traditore                             eroina                         aiutante
Gertrude, don Abbondio                       Lucia                   Card. Borromeo, Innominato2, fra
                                                             Cristoforo, Agnese, cugino Bortolo, Menico
                                              avversario
                      don Rodrigo, conte Attilio, Innominato1, Azzeccagarbugli, i bravi

Interessante è vedere il passaggio dalla funzione negativa ad una positiva,
sia tra i potenti che tra gli umili:
POTENTI Innominato: da tiranno            a santo (modello è card. Federigo)

CETI MEDI Fra Cristoforo: da assassino a frate (modello è il servo Cristoforo)              SISTEMI
                                                                                          SIMMETRICI
UMILI Renzo: da ribelle                  a fiducioso in Dio (modello è Lucia)

EMERGE L’IMPORTANZA DI DARE IL BUON ESEMPIO

Altro aspetto da sottolineare è che non ci sono traditori nel ceto più
umile, mentre avversari e aiutanti si trovano in tutti i ceti.
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L’INTRECCIO è apparentemente banale (romanzo greco, o di amore e
d’avventura)

1. equilibrio iniziale (vita laboriosa, pacifica, pia e onesta).

2. L’equilibrio è rotto dal sopruso per il puntiglio e per l’immoralità di
   don Rodrigo (avversario) che separa i due fidanzati,

3. malgrado l’intervento dell’aiutante (fra Cristoforo).

4. Dopo un successo illusorio (la fuga dai bravi), i due giovani sono
   immersi nel flusso turbolento della storia,

5. una col rapimento dell’Innominato (Spannung di Lucia, cap. 20 a metà
   del romanzo), grazie al tradimento di Gertrude (Lucia sperimenta il
   male morale),

6. l’altro perché, coinvolto nei tumulti per il pane, è costretto alla fuga (1°
   Spannung di Renzo notte presso l’Adda)

7. e poi conosce la peste (2° Spannung di Renzo davanti a don Rodrigo
   morente, con il perdono): è costretto a vedere e ad evitare il male
   morale politico e sociale.

          Dal cap. 20 si inizia a risalire la china dell’abiezione:

5 bis. l’Innominato cessa di essere aiutante di don Rodrigo (pentimento);

8. gl’impedimenti transitori (il voto di Lucia, la peste, la lontananza)
   sono superati e,

9. dopo la morte eroica dell’aiutante e quella dell’avversario nel
   Lazzaretto,

10. la vicenda giunge a scioglimento e alla ricomposizione di un
   equilibrio.
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Alla fine la peste consente un ritorno alla normalità, anche se nel
bergamasco. Non è però la conquista di una felicità idilliaca, perché
Renzo e Lucia restano consapevoli che il male può abbattersi su di loro in
ogni momento, anche se giusti “senza colpa”. La loro vita sarà volta più a
fare il bene che a stare bene.
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Il romanzo di Manzoni tuttavia è superiore a tutti o quasi i romanzi
dell’epoca:
        1. accoglie tanti spunti grandiosi (guerra dei Trent’anni, peste, il
           dramma storico collettivo dell’Italia sotto gli Spagnoli) accanto
           alle vicende degli umili protagonisti
        2. affronta il tema della responsabilità umana nel compiere il male
           (o il bene)
        3. presenta tutti gli strati sociali
        4. alterna toni elegiaci, epici, tragici, ironici
        5. crea “quadri” indimenticabili (sia comici che drammatici) anche
           per l’impostazione teatrale di dialoghi e movimenti scenici (don
           Abbondio e i bravi; il matrimonio di sorpresa, la madre di
           Cecilia…)
        6. tocca altissimi temi morali e religiosi
        7. indaga i rapporti tra individuo e società
        8. propone ideali politici e sociali attuali

PERSONAGGI
Queste esperienze conducono a maturazione i due caratteri dei protagonisti
(personaggi dinamici: Bildungsroman, cioè romanzo di formazione):

Renzo imparerà a rinunciare alla violenza e a farsi giustizia da sé; egli si
rassegna alla volontà divina, si rende conto dell’impossibilità di giungere
alla giustizia perfetta sulla terra. Necessita di due crisi per modificare il
suo modo di pensare: forse anche per questo è presentato costantemente in
cammino (fisicamente e moralmente).

Lucia sembra già giunta a un alto grado di maturazione, ma deve perdere
l’ingenua fiducia idilliaca nella realtà; dovrà divenire consapevole del
male del mondo anche a scapito dei “giusti”: è il concetto della
PROVIDA SVENTURA che riemerge accanto                    a quello della
PROVVIDENZA. A Bergamo la loro vita sarà volta più a fare il bene che
a stare bene.
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NARRATORE
Il narratore è eterodiegetico ed onnisciente; di più, esso interviene
costantemente a commentare e a rettificare aspetti della vicenda, parole e
pensieri dei personaggi, fatti storici, per inserirli meglio nel sistema morale
e ideologico dell’autore. Lo sforzo dell’autore è quello di definire senza
ambiguità la VERITA’ (storica, morale, psicologica)

L’IRONIA diventa un fatto strutturale fondamentale:
      1. estrania il personaggio dall’autore, rendendolo più vitale e
         realistico, autonomo
      2. storicizza i pensieri e i ragionamenti (l’etichetta, gli untori, don
         Ferrante!) e ne mostra il margine d’errore
      3. umanizza gli errori dei personaggi, sia condannandoli
         bonariamente, sia giustificandone la trattazione (i pregiudizi)
      4. sliricizza certe situazioni troppo commoventi, poetiche
      5. crea uno stile “medio”, vario, duttile, che trascolora dalla
         severità alla misericordia, dal lirismo al realismo, dal pianto al
         sorriso, ma che eleva anche gli eventi più umili in una sfera
         intellettualmente e moralmente superiore
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