I bambini adottati nei contesti sociali ed educativi - Provincia Piacenza Piacenza, 9 settembre 2013 - Provincia di Piacenza
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
I bambini adottati nei contesti sociali ed educativi Provincia Piacenza Piacenza, 9 settembre 2013 Sara Lombardi
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Capire per intervenire • La spiegazione che ciascuno di noi si dà del comportamento altrui definisce gli interventi da attivare. • E’ per questa ragione che appare necessario avere ben chiaro chi sono i bambini con difficoltà dell’attaccamento e come leggere correttamente i loro comportamenti • Il rischio, altrimenti, è di andare fuori strada e di utilizzare strategie di intervento “errate”.
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Cosa tenere sempre a mente • Nelle adozioni più complesse i bambini hanno una cosa in comune: hanno fatto esperienza ripetuta di trascuratezza, maltrattamento e abuso. Hanno vissuto esperienze traumatiche. Hanno vissuto la perdita e l’abbandono. • Ciò è accaduto perché le persone che si dovevano occupare di loro o non lo hanno fatto, oppure sono state esse stesse una fonte di pericolo. • In ogni caso, non hanno avuto a disposizione una figura di attaccamento in grado di dare loro protezione.
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it I bambini con difficoltà dell’attaccamento • Il comportamento che vediamo oggi in questi bambini è molto probabilmente il risultato delle strategie adattive che hanno dovuto mettere in atto per sopravvivere in contesti pericolosi per la loro sopravvivenza psichica e fisica. • Questi bambini portano con sè nei nuovi contesti (la famiglia adottiva, la scuola, …) un’immagine di sé povera e svalutata, un’idea degli altri come inaffidabili e pericolosi ed è con queste aspettative che arrivano nei nuovi contesti e si relazionano con gli adulti (educatori, insegnanti, medici). • Possono avere un’età emotiva molto diversa da quella cronologica ed essere costantemente sotto stress, più preoccupati dall’idea di doversi nascondere, far vedere o nei casi peggiori proteggere, prima ancora che dall’apprendimento e/o dalla socializzazione, …
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it I riattivatori traumatici Sono odori, suoni, gesti, situazioni, luoghi, parole, immagini che, se pur apparentemente neutri o talvolta addirittura positivi/piacevoli per la maggior parte delle persone, possono ricordare momenti dolorosi e/o traumatici e quindi scatenare comportamenti a prima vista incomprensibili o esagerati o “strani”. • Un movimento brusco o l’alterazione del tono di voce • Un’eccessiva vicinanza fisica ad un’altra persona • Un luogo e/o una situazione • L’esclusione da un gioco • Un cambiamento improvviso (e quindi imprevedibile) della routine giornaliera • Affrontare/discutere di alcuni temi • La disponibilità di un adulto che vuole aiutare…
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Attaccamento, esplorazione e apprendimento • Apprendere significa esplorare. • E il sistema esplorativo si attiva solo quando ci sentiamo sufficientemente sicuri. • Per apprendere abbiamo bisogno di permettere che l’altro si avvicini a noi e ci guidi e questo può essere molto difficile per quei bambini che sono stati profondamente danneggiati dagli adulti che avrebbero dovuto prendersi cura di loro. • Questi bambini mettono molte energie per fronteggiare situazioni che altri superano senza difficoltà: passaggi (da casa a scuola/altro contesto), cambiamenti, condivisione dell’adulto con altri bambini, giocare con altri bambini…
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it “Quando mi trovo accanto ad un bambino che ha sperimentato traumi e perdite, mi rendo rapidamente conto di essere entrata in un mondo totalmente estraneo rispetto a quello in cui abitano gli adulti ben intenzionati che si occupano di lui dei suoi coetanei. In questo “altro mondo” c’è una cultura molto diversa. Movimenti, parole, gesti, tono di voce, suoni ed espressioni del volto per questi bambini hanno significati molto diversi. Ho compreso che la mia priorità deve essere quella di imparare il loro linguaggio relazionale. Se non lo faccio, so che nonostante le mie buone intenzioni potrei fraintenderli e, nell’ipotesi peggiore, escluderli da tutto ciò che può essere disponibile per loro all’interno dell’ambiente reale nel quale noi li incontriamo, che è quello della scuola”. L.M. Bombèr, “Feriti dentro”, 2007, p.13
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Quando il linguaggio non è lo stesso… • Se voi pensaste che qualcuno, da un momento all’altro, può farvi del male, riuscireste a ricopiare con cura una frase da una lavagna o a lasciarvi avvicinare da un estraneo? • Se nessuno vi avesse mai insegnato ad autoregolare le vostre emozioni, sapreste cosa significa la frase “adesso calmati” oppure “stai tranquillo”? • Se foste stati abituati a dovere fare tutto da soli, sapreste “andare a giocare con gli altri” o “collaborare”? • Se foste terrorizzati all’idea di non essere visti e/o aiutati in caso di pericolo non fareste anche voi di tutto per farvi notare, ignorando chi vi dice “adesso stai ferma e in silenzio e fai i tuoi compiti/la tua attività”?
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Il rischio di una errata comprensione • I danni che questi bambini hanno subito possono essere così basilari e pervasivi da richiedere che tutti i contesti significativi collaborino per aiutarli • Per un bambino la scuola è un contesto altamente significativo, che può offrire un’occasione preziosa per cambiare le proprie aspettative • Se questi bambini non vengono aiutati efficacemente a cambiare le rappresentazioni che hanno di se stessi, degli altri e del mondo, sono facili candidati all’esclusione sociale e allo sviluppo di problemi di salute mentale durante l’adolescenza e l’età adulta • Gli insegnanti e gli educatori perciò hanno bisogno di possedere le “chiavi” corrette per poter aiutare questi bambini
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Cosa si può fare come insegnanti, educatori, ...?
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Far sentire questi bambini/ragazzi al SICURO e metterli nelle condizioni migliori per imparare, socializzare, lasciarsi curare.
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it Come si fa? (M.L.Bòmber, 2012) 1. Capire il funzionamento del bambino/ragazzo sulla base della sua storia (vulnerabilità, riattivatori post- traumatici…) 2. Identificare un adulto di riferimento che funzioni come figura di attaccamento aggiuntiva 3. Dare prevedibilità 4. Essere espliciti nelle comunicazioni 5. Aiutare il bambino/ragazzo a regolare le sue emozioni 6. Promuovere la costruzione di un’identità positiva 7. Stabilire una solida collaborazione tra scuola, famiglia e gli altri servizi coinvolti
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it 1. Capire il funzionamento del bambino/ragazzo sulla base della sua storia • Raccogliere le informazioni necessarie per comprendere e tradurre correttamente il comportamento del bambino/ragazzo. • Comprendere cosa c’è dietro a ciò che è agito: il comportamento è comunicazione e gli insegnanti si devono prendere del tempo per riflettere sulle motivazioni che potrebbero aver indotto un alunno a fare ciò che ha fatto • Identificare le vulnerabilità e i riattivatori traumatici (non necessariamente per eliminarli, ma per poter preparare l’alunno e/o per intervenire adeguatamente)
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it 2. Identificare un adulto di riferimento • E’ necessario dare priorità al sistema di attaccamento degli alunni piuttosto che al sistema esplorativo, nella consapevolezza che l’apprendimento manifesterà il suo pieno potenziale solo qualora l’alunno si sentirà protetto, sicuro e stabile. • Bisogna immaginare un periodo di dipendenza prima di raggiungere l’indipendenza. • Deve perciò essere identificato un adulto di riferimento che funzioni come figura di attaccamento aggiuntiva e che permetta all’alunno di sentirsi sicuro.
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it 3. Dare prevedibilità all’alunno • Per un bambino/ragazzo che ha difficoltà nell’attaccamento, la mancanza di controllo e il pericolo sono stati elementi costanti nella vita • Anche per questa ragione i cambiamenti e gli imprevisti sono fonte di stress e angoscia e producono comportamenti inadeguati • Sperimentare un contesto fatto di prevedibilità e coerenza permette di sentirsi al sicuro e aiuta a gestire il bisogno di controllo • Ciò deve riguardare luoghi, attività, orari, ma anche i gesti, i comportamenti e le comunicazioni degli adulti
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it 4. Essere espliciti nelle comunicazioni • Coloro che hanno difficoltà nell’attaccamento percepiscono rifiuto, pericolo e ostilità anche dove non ci sono. • Parlano un linguaggio diverso dal nostro e il nostro linguaggio è per loro talvolta incomprensibile • E’ necessario perciò ingaggiarsi in un paziente lavoro di traduzione, affinchè la comunicazione possa realmente avvenire • “Sii gentile, sii paziente, calmati, concentrati” per molti di questi alunni sono parole sconosciute
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it 5. Aiutare il bambino a regolare le sue emozioni • Chi ha gravi difficoltà di attaccamento spesso non è in grado di regolare le proprie emozioni poiché nessuno lo ha insegnato • E’ necessario perciò innanzitutto una sorta di alfabetizzazione emotiva: è l’adulto che deve leggere e rispecchiare le emozioni dell’alunno; da solo non ne è capace • Parallelamente è però possibile anche la messa a punto di strategie di regolazione delle emozioni (in particolar modo, dell’ansia)
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it 6. Promuovere la costruzione di un’identità positiva • La scuola e l’apprendimento dovrebbero essere accessibile a tutti i bambini e a tutti i ragazzi • L’unico modo perché ciò avvenga realmente è quello di differenziare i bisogni degli alunni, così da poterli coinvolgere nelle attività • E’ un compito durissimo. • Significa adattare un compito e un obiettivo alle possibilità di sviluppo del bambino • Questo vale per tutti, ma ancora di più per i bambini che hanno difficoltà di attaccamento
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it 7. Stabilire una solida collaborazione tra scuola, famiglia e gli altri servizi specialistici coinvolti • I genitori possiedono le informazioni chiave e giocano un ruolo di fondamentale importanza nell’educazione dei loro figli: più indizi possediamo, maggiori saranno le probabilità di comprendere realmente il bambino/ragazzo • Senza una partnership tra famiglia e scuola è difficile raggiungere qualunque obiettivo formativo • Ma in questi casi è molto facile polarizzarsi in “buoni” e “cattivi”: bisogna perciò fare molta attenzione!
Sara Lombardi – Psicologa-psicoterapeuta familiare – formazione@centrocta.it In conclusione L’essere umano è un verbo più che un sostantivo. Ognuno di noi è un work in progress. Forse sarebbe più giusto aggiungere la parola “finora” a tutte le valutazioni che facciamo e che riguardano noi stessi e gli altri. John non ha imparato la compassione.... finora. Non ho sviluppato il coraggio... finora. Questo cambia tutto. Remen, R.N (1996): Kitchen Table Wisdom. Stories That Heal
Puoi anche leggere