HIV E PREVENZIONE CARDIO-METABOLICA

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HIV E PREVENZIONE CARDIO-METABOLICA
                 RISCHIO CARDIOVASCOLARE & HIV
                Grazie all’uso delle terapie antiretrovirali che si sono dimostrate sempre più efficaci, l’aspettativa di vita nel-
                le persone con HIV è nettamente migliorata negli ultimi 20 anni. Oggi le persone possono convivere e
                continuare a vivere con l’HIV e hanno una buona qualità di vita tuttavia, oltre ai tradizionali fattori
di rischio cardiovascolari, vedono sommare delle complicanze metaboliche legate alla lunga esposizione alla
terapia antiretrovirale, l’infiammazione cronica residua e l’attivazione immunitari a associata all’infezione da HIV.
È per questo la prevalenza della sindrome cardio-metabolica nelle persone che vivono, e invecchiano, con l’HIV
può arrivare al 52%.12 I tassi di infarto miocardico, insufficienza cardiaca, ictus e altre manifestazioni cardiovascolari, tra cui
ipertensione polmonare13 e morte cardiaca improvvisa, sono significativamente più alti per le persone che vivono con l’HIV,
anche quando si è ottenuta la soppressione virale dell’HIV con un’efficace terapia antiretrovirale.
Aumento di peso, diabete, ipercolesterolemia: sono importanti fattori di rischio cardiovascolare nelle persone con HIV.

                 DIABETE & HIV
               L’HIV è una malattia cronica spesso associata a dislipidemia e resistenza all’insulina.7 Infatti, una persona
               con HIV su 3 soffre di prediabete o diabete di tipo 2.14 Perché se da un lato le terapie antiretrovirali
               consentono una maggiore aspettativa di vita e quindi le persone con HIV vanno incontro all’insorgenza di
complicanze metaboliche legate all’età, dall’altro è la stessa lunga esposizione alla terapia antiretrovirale, insieme
all’infiammazione cronica residua e all’attivazione immunitaria associata all’infezione HIV a comportare disturbi
metabolici.12
Nelle persone con HIV il diabete è un fattore di rischio cardiovascolare particolarmente preoccupante. Perché è noto che nei
soggetti HIV + si ha una risposta inferiore alle terapie per il diabete rispetto alle persone HIV negative con le stesse caratteristi-
che. Per questo è importate prestare particolare attenzione ai pazienti con età avanzata e a quelli che da più tempo seguono una
terapia antiretrovirale. Efficaci strategie di prevenzione e gestione del diabete sono necessarie con urgenza per ridurre questo
rischio. In particolare questi interventi dovrebbero riguardare sia i fattori di rischio convenzionali, come l’obesità addominale,
sia i fattori di rischio specifici dell’HIV come l’aumento di peso dopo l’inizio degli antiretrovirali.14
L’aumento di peso comporta un aumento anche del rischio di insorgenza di diabete (12% in più per unità di aumen-
to del BMI) in chi prima dell’inizio della terapia aveva un peso nella norma.10 È importante prendere in considerazione
terapie antiretrovirali con minor effetto sulla resistenza all’insulina in coloro che hanno disglicemia o fattori di rischio signifi-
cativi e adottare uno stile di vita proattivo per contenere il rischio di diabete che si verifica a causa dell’aumento di peso dopo
l’inizio della terapia antiretrovirale.14

                 DISLIPIDEMIA & HIV
                   L’aumento della dislipidemia (alterazione dei lipidi nel sangue) è un problema comune nelle persone con HIV
                   ed è associato ad un aumento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari. La gestione della dislipidemia
                   nelle persone con HIV è diversa da quella nella popolazione HIV negativa perché le terapie antiretrovi-
rali possono avere diversi effetti sui livelli lipidici e perchè possono interagire con i farmaci che abbassano i lipidi.15
L’aumento di peso dopo l’inizio della terapia antiretrovirale comporta obesità addominale che, soprattutto nelle persone con
età più avanzata, si associa a fattori metabolici che favoriscono l’insorgenza di elevati livelli di C-LDL (il cosiddetto “colesterolo
cattivo”), ipertrigliceridemia e ipertensione.7 È noto che più aumenta il “colesterolo cattivo” e più aumenta il rischio di malattia
cardiovascolare. Per questo le linee guida Europee raccomandano di modificare la terapia antiretrovirale se il rischio di malattia
cardiovascolare a 10 anni è uguale o maggiore al 10%.8
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• Le persone che vivono con l’HIV hanno un rischio cardiovascolare più alto

• La prevalenza della sindrome cardiometabolica nelle persone con HIV può ar-
  rivare al 52%

• La terapia antiretrovirale può comportare un aumento di peso che fa aumenta-
   re del 12% il rischio di diabete

• Una persona con HIV su 3 è affetto da prediabete o diabete di tipo 2

• Il diabete è un grave fattore di rischio cardiovascolare e nelle persone con HIV
  non solo ha una maggiore prevalenza ma anche un minor risultato nei trattamenti.

• L’aumento di peso comporta obesità addominale che favorisce un aumento del
   “colesterolo cattivo”, serio fattore di rischio cardiovascolare.

• Le terapie antiretrovirali possono interagire con i farmaci che abbassano i
   lipidi rendendo complesso il controllo della dislipidemia.

• Non basta adottare uno stile di vita corretto, può essere necessario un cam-
   biamento della terapia antiretrovirale a favore di farmaci più neutri dal punto
   di vista metabolico, a beneficio della qualità di vita delle persone che vivono
   con HIV e altre comorbidità
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REFERENCE
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11. Boonthos K, Puttilerpong C, Pengsuparp T, Manosuthi W. Short-Term Efficacy and Safety of Adding Ezetimibe to Current Regimen
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12. Hypertension Is a Key Feature of the Metabolic Syndrome in Subjects Aging with HIV. Raquel Martin-Iguacel, Eugènia Negredo,
    Robert Peck, Nina Friis-Møller - Curr Hypertens Rep. 2016 Jun;18(6):46. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27131801/
13. https://www.ahajournals.org/doi/full/10.1161/CIR.0000000000000695
14. Duncan AD et al. PLoS One. 2018;13(3):e0194199 https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0194199
15. Husain NE, Ahmed MH. Managing dyslipidemia in HIV/AIDS patients: challenges and solutions. HIV/AIDS– Research and Pallia-
     tive Care. 2015;7:1-10. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25565897/
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