Giorno della Memoria 2020 - PRIMO LEVI ED ELIE WIESEL Un contrappunto a due voci: musica dall'abisso Sabato 25 gennaio | ore 21 - Conservatorio Torino
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Giorno della Memoria 2020 PRIMO LEVI ED ELIE WIESEL Un contrappunto a due voci: musica dall’abisso Serate musicali | prima parte Sabato 25 gennaio | ore 21 Olivia Manescalchi, voce recitante Un progetto a cura di Erik Battaglia e Claudio Voghera
Giorno della Memoria 2020 PRIMO LEVI ED ELIE WIESEL Un contrappunto a due voci: musica dall’abisso Due testimoni diretti della Shoah, due voci diverse, le voci di due grandi scrittori. La musica ci aiuterà a entrare ancor più in profondità nelle loro parole di narrazione e denuncia dell’abisso concentrazionario, più emozionali quelle di Wiesel e più razionali quelle di Levi. La lettura alternata, da parte di una voce recitante, di estratti da Se questo è un uomo di Primo Levi e da La notte di Elie Wiesel verrà affiancata all'esecuzione di brani musicali collegati direttamente o per suggestione ai brani letterari. 1
A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo. Primo Levi - Dalla Prefazione di Se questo è un uomo Primo Levi è stato un chimico, partigiano e scrittore, noto in tutto il mondo per la sua opera d’esordio, Se questo è un uomo, il racconto memorialistico dell’esperienza nel Lager Buna-Monowitz, uno dei campi satellitti di Auschwitz. Nato a Torino il 31 luglio 1919, figlio di Ester Luzzati e Cesare Levi, Primo Levi frequentò il liceo classico Massimo D’Azeglio e nel 1937 si iscrisse all’Università degli Studi di Torino, alla facoltà di Chimica. L’anno successivo in Italia entrarono in vigore le leggi razziali, che impedivano agli ebrei di accedere agli studi, ma concedevano a chi era già iscritto di proseguire il percorso universitario, il che permise all’autore di portare a termine gli studi. Laureato con lode nel 1941, sul suo diploma di laurea compariva l’indicazione: “Di razza ebraica”. 2
Nel 1942 si recò a Milano, dove era riuscito a trovare un lavoro presso una fabbrica di medicinali svizzera, nonostante le leggi razziali; qui entrò in contatto con la militanza antifascista e si unì al Partito d’Azione clandestino. Nel dicembre 1943, essendosi unito a un gruppo partigiano in Valle d’Aosta, fu arrestato dalla milizia fascista e, all’interrogatorio, scelse di dichiararsi ebreo, invece che partigiano; fu quindi portato al campo di Fossoli, in provincia di Modena. Da qui fu trasferito ad Auschwitz, a bordo di un treno merci che trasportava 650 ebrei. Primo Levi arrivò ad Auschwitz il 22 febbraio 1944. Al suo arrivo fu marchiato con il numero 174517, secondo la pratica che spogliava i detenuti della loro identità per sostituirla con il numero tatuato sul braccio. Fu poi spostato al campo Buna-Monowitz, anche noto come Auschwitz III. Buna-Monowitz era collocato presso Buna Werke, che allora era uno degli stabilimenti chimici più grandi d’Europa, e il campo era stato costruito nelle vicinanze proprio per utilizzare i detenuti come forza lavoro all’interno dello stabilimento. A posteriori, lo scrittore attribuì la propria salvezza a diversi fattori, tra i quali l’assegnazione al laboratorio ottenuta all’inizio dell’inverno e i compiti meno aggravanti che vi svolgeva; determinante per la sua sopravvivenza fu anche l’incontro con Lorenzo Perrone, muratore impiegato al campo ma non detenuto che riusciva a procurargli del cibo, con grande rischio per se stesso; inoltre, si rivelò molto utile la rudimentale conoscenza del tedesco, ottenuta leggendo saggi scientifici all’Università. La prigionia durò poco meno di un anno, sino al gennaio 1945, quando l’Armata Rossa raggiunse il lager; quando l’arrivo dei Russi si fece imminente, i tedeschi decisero di evacuare il campo, costringendo i detenuti a intraprendere una marcia della morte, in cui persero la vita la quasi totalità dei prigionieri. In quel periodo Levi era stato ricoverato in infermeria perché ammalato di scarlattina, e fu quindi escluso dalla marcia di evacuazione, salvandosi così dalla tragica fine toccata a tanti altri. Dei 650 ebrei, uomini e donne, arrivati ad Auschwitz assieme a Primo Levi, soltanto in venti sopravvissero al lager. Primo Levi morì a Torino l’11 aprile 1987. 3
Nato nel 1928, Elie Wiesel crebbe nella comunità ebraica di Sighet, in Transilvania (Romania). A quindici anni fu deportato con la famiglia ad Auschwitz. Là furono immediatamente uccise nella camera a gas la madre e la sorella più piccola. Due sorelle maggiori riuscirono a sopravvivere. Sul suo braccio fu tatuato il numero A-7713. Con il padre Schlomo, fu spedito nel campo di lavoro di Buna, dove entrambi lavorarono in condizioni spaventose prima del trasferimento a Buchenwald negli ultimi mesi della guerra. Picchiato dalle SS e dagli altri prigionieri, il padre morì poche settimane prima della liberazione del campo. L’esperienza del Lager e della marcia della morte fu narrata da Wiesel solo dopo un decennio, durante il quale Wiesel, trasferitosi in Israele e poi in Francia, lavorò da direttore di coro e soprattutto da giornalista. Il suo libro più celebre, La notte (1958), sunto del più lungo E il mondo rimase in silenzio, rimane una delle testimonianze più struggenti della Shoah. Fu tradotto in venticinque lingue e vendette milioni di copie in tutto il mondo. Wiesel ha in seguito scritto oltre cinquanta libri e ha vinto numerosi premi per i suoi scritti e per il suo impegno. È stato presidente della Commissione Statunitense sull’Olocausto ed è stato presidente e fondatore dell’Holocaust Memorial Council, istituito dal Governo degli Stati Uniti. Ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 1986. Insegnava alla Boston University e girava il mondo sostenendo i diritti umani e promuovendo il dibattito sulla questione etica. Cittadino statunitense sin dal 1955, Elie Wiesel è morto a New York nel luglio 2016. 4
TRADUZIONI DEI TESTI CANTATI Hugo Wolf Resignation (Eichendorff) Rassegnazione Vieni, notte silenziosa, a consolare il mondo! Lieve scendi dai monti, i venti dormono; solo un marinaio, stanco di viaggiare, innalza sul mare il suo canto della sera, lodando Dio nel porto. Gli anni passano come nuvole, e mi lasciano qui da solo: il mondo mi ha dimenticato. E poi venisti tu, meravigliosamente, mentre io sedevo immerso nei pensieri e nell’ombra del bosco. Oh, notte silenziosa, consolatrice del mondo! Il giorno mi ha reso così stanco, l’immenso mare già s’oscura, lascia ch’io riposi da piaceri e cure, fino a che l’alba dell’eternità giunga dal quieto bosco. Pierluigi da Palestrina Super flumina Babylonis (Salmo 136) Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Gustav Mahler Nun seh’ ich wohl (Rückert) Ora capisco bene perché fiamme sì oscure ardevano talvolta nei vostri sguardi. O voi occhi, era come se in uno sguardo voleste concentrare tutte le vostre forze. Eppure non potevo immaginare, ché la nebbia aleggiava intorno a me guidata dalla mano accecante del fato, che quel raggio di luce fosse già pronto a tornare là donde proviene ogni raggio. Con il vostro splendore volevate dirmi: oh quanto vorremmo starti vicino, ma il destino ce lo impedisce. Guardaci, perché presto saremo lontani! Quelli che in questi giorni ti sembrano ancora occhi, nelle notti future saranno per te solo stelle. 5
Franz Schubert Frühlingstraum (Müller) Sogno di primavera Ho sognato di fiori variopinti, di quelli che sbocciano in maggio; ho sognato di verdi campi, di allegri richiami d’uccelli. Ma al canto del gallo ho riaperto gli occhi: era freddo e buio, i corvi gracchiavano sul tetto. Ma là, sul vetro di quella finestra, chi ha disegnato quelle foglie? Volete forse deridere il sognatore che in pieno inverno vide sbocciare fiori? Ho sognato di un amore ricambiato, di una bella fanciulla, di cuori e di baci, di gioia e beatitudine. E al canto del gallo il mio cuore si è destato; ora siedo qui da solo e ripenso al mio sogno. Chiudo nuovamente gli occhi, il cuore batte ancora così caldo, quando saranno verdi quelle foglie? Quando stringerò tra le braccia l’amata? Alexander Tamir שטילער, שטילער- Shtiler Shtiler (Kaczerginski) Zitti, zitti, stiamo zitti: qui crescono i morti. Li hanno piantati i nemici: stanno germogliando. Le strade portano a Ponar e nessuna porta indietro. Nostro padre pure è sparito, e con lui la buona sorte. Zitto, bambino mio, non piangere gioia mia, piangere non serve a niente, la nostra pena i nemici non la capiranno mai. Anche i mari hanno le rive, anche le prigioni hanno dei limiti, ma la nostra pena non ha neppure un barlume di luce, un barlume di luce. La primavera è arrivata sulla terra ma a noi ha portato l'autunno. Il giorno, oggi, è tutto fiorito; a noi ci scruta solo la notte. L'autunno già indora le foglie, in noi fiorisce il dolore; da qualche parte una madre perde il suo bambino che va a Ponar. Il Neris è come un prigioniero intrappolato nel dolore, i blocchi di ghiaccio attraversano la Lituania e scorrono verso il mare. Ma le tenebre si dissolveranno, il sole illuminerà il buio: cavaliere, vieni alla svelta, tuo figlio ti sta chiamando. Zitti, zitti, sgorgano sorgenti nel nostro cuore. Finché le porte non si apriranno dovremo restare muti. Bambino, non gioire: il tuo sorriso ci è proibito, il nemico vedrà la primavera come una foglia in autunno. La sorgente scorrerà tranquilla, stai zitto e abbi speranza: con la libertà tornerà il babbo, dormi dunque, bambino mio. Come il Neris liberato, come gli alberi di nuovo verdi, splenderà la luce della libertà sul tuo viso, sul tuo viso. 6
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PROLOGO A cura di Giovanni Corgiat Mecio, Ottavio Monticelli, Piero Poli, Riccardo Taccardi, Alberto Veronese, studenti della Smet-Scuola di musica elettronica. Hugo Wolf (1860-1903) Resignation dai Sechs geistliche Lieder Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594) Super flumnia Babylonis Coro da camera del Conservatorio di Torino Dario Tabbia, direttore Gustav Mahler (1860-1911) Nun seh' ich wohl dai Kindertotenlieder Laura Capretti, mezzosoprano Sandro Zanchi, pianoforte Franz Schubert (1797-1828) Frühlingstraum da Winterreise D911 Diego Maffezzoni, baritono Martina Baroni, pianoforte Mieczyslaw Weinberg (1919-1996) Toccata dal Trio con pianoforte op. 24 n. 2 Marta Cirio, pianoforte Letizia Gullino, violino Paolo Tedesco, violoncello 8
INTERMEZZO Due chimici a confronto: Borodin e Levi Colui che aveva dettato la Legge a Mosè, ed ispirato i liberatori Ezra e Neemia, non ispirava più nessuno, il cielo sopra noi era silenzioso e vuoto: lasciava sterminare i ghetti polacchi, e lentamente, confusamente, si faceva strada in noi l’idea che eravamo soli, che non avevamo alleati su cui contare, né in terra né in cielo, che la forza di resistere avremmo dovuto trovarla in noi stessi. Non era dunque del tutto assurdo l’impulso che ci spingeva allora a conoscere i nostri limiti: a percorrere centinaia di chilometri in bicicletta, ad arrampicarci con furia e pazienza su pareti di roccia che conoscevamo male, a sottoporci volontariamente alla fame, al freddo e alla fatica, ad allenarci al sopportare e al decidere. Un chiodo entra o non entra: la corda tiene o non tiene; anche queste erano fonti di certezza. La chimica, per me, aveva cessato di esserlo. Conduceva al cuore della Materia, e la Materia ci era alleata appunto perché lo Spirito, caro al fascismo, ci era nemico; ma, giunto al IV anno di Chimica Pura, non potevo più ignorare che la chimica stessa, o almeno quella che ci veniva somministrata, non rispondeva alle mie domande. Preparare il bromobenzene o il violetto metile secondo il Gattermann era divertente, anche esilarante, ma non molto diverso dal seguire le ricette dell’Artusi. Perché in quel modo, e non in un altro? Dopo di essere stato ingozzato in liceo delle verità rivelate dalla Dottrina del Fascismo, tutte le verità rivelate, non dimostrate, mi erano venute a noia o in sospetto. Esistevano teoremi di chimica? No: perciò bisognava andare oltre, non accontentarsi del “quia”, risalire alle origini, alla matematica ed alla fisica. Le origini della chimica erano ignobili, o almeno equivoche: gli antri degli alchimisti, la loro abominevole confusione di idee e di linguaggio, il loro confessato interesse all’oro, i loro imbrogli levantini da ciarlatani o da maghi; alle origini della fisica stava invece la strenua chiarezza dell’occidente, Archimede ed Euclide. Sarei diventato un fisico, “ruat coelum”: magari senza laurea, poiché Hitler e Mussolini me lo proibivano. (da “Il sistema periodico” di Primo Levi) 9
Aleksandr Porfir’evič Borodin (1833-1897) Notturno dal Quartetto per archi n. 2 Davide Grisori e Gaia Forlani, violini Paola Tessa Rippo Mattei, viola Gabriele Pellegrini, violoncello Un incontro con Wiesel Dana Mazurkevich è stata una delle protagoniste della nostra serata per la Musica dei Giusti, due anni fa. Con le sue stesse parole avevamo raccontato la sua storia: portata via e salvata dal ghetto di Kaunas in un sacco di patate, a due anni, grazie all'eroismo di una coppia di artisti lituani, del tenore Petrauskas e di sua moglie, Giusti tra le Nazioni, e cresciuta da loro per tutti gli anni della guerra. Grazie a loro, e ai genitori biologici miracolosamente sopravvissuti ai terribili massacri in Lituania, Dana è diventata una violinista, allieva di Oistrakh e poi insegnante lei stessa, all'Università di Boston, dove insegna tuttora. È là che, in occasione di certe conferenze, Elie Wiesel chiede di incontrarla. Ed è così che Dana, dopo una giornata di lezioni, portando con sé il suo violino, va ad assistere a una conferenza di Wiesel. Finita la conferenza si incontrano, i due sopravvissuti, maestri di vita con le note e con le parole. Lei è sopraffatta dall'emozione quando si trova faccia a faccia con lui, il Premio Nobel, l'autore de La notte. Non trova letteralmente le parole. Allora prende il violino dalla custodia, e senza dir nulla suona per lui un piccolo pezzo, semplice, magari retaggio di qualche antica salvezza (suo padre, il vero padre, si era salvato suonando il violino per un ufficiale tedesco a Dachau). Suona l'Elegia di Massenet. Per Elie Wiesel. Jules Massenet (1842-1912) Élégie Letizia Gullino, violino Luca Guido Troncarelli, pianoforte 10
Alexander Tamir (1931-2019) Shtiler, Shtiler Ahava Katzin, soprano Massimo Pitzianti, fisarmonica Dimitri Shostakovich (1906-1975) Allegro con brio dal Trio con pianoforte op. 67 Trio Chagall Lorenzo Nguyen, pianoforte Edoardo Grieco, violino Francesco Massimino, violoncello Ludwig van Beethoven (1770-1827) Larghetto dal Concerto per violino e orchestra op. 61 Fabrizio Berto, violino Marco Tempesti, pianoforte Ludwig van Beethoven Introduzione-Recitativo-Arioso-Fuga dalla Sonata op. 110 Francesca Lo Verso, pianoforte 11
Scuole di: musica elettronica di Andrea Agostini, Stefano Bassanese e Domenico Sciajno esercitazioni corali di Dario Tabbia musica vocale da camera di Erik Battaglia musica da camera di Carlo Bertola e Antonio Valentino musica d’insieme per strumenti ad arco di Claudia Ravetto e Manuel Zigante violino di Sergio Lamberto pianoforte di Claudio Voghera e Valeria Debernardi Si ringrazia per la partecipazione straordinaria Massimo Pitzianti Con il patrocinio di: 12
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