Facciamo sì che la Grecia sia l'inizio di una rivoluzione sociale mondiale

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Facciamo sì che la Grecia sia l’inizio di una rivoluzione sociale
                          mondiale

“Se oggi qualcuno volesse aprire un’attività remunerativa, dovrebbe fare ghigliottine”.
Con la suddetta frase un giornalista americano ha descritto la portata del conflitto sociale negli Stati
Uniti. È la prima volta nella storia, dove l’insieme dello sviluppato mondo capitalistico bolle nella
disperazione e nella rabbia verso i governanti, verso i colpevoli di questa crisi, che non solo sono
impuniti ma continuano a godersi i loro privilegi e aumentano i loro profitti. Esso scaturisce dalla
rabbia per la povertà che aumenta, per la marginalizzazione di larghe fasce sociali, per l’ingiustizia,
da quando i governanti esigono che la gente venga sacrificata al fine di affrontare la crisi.
Questa rabbia ha preso forma negli ultimi mesi con crescente intensità in tutta Europa. In una città
europea dopo l’altra, milioni di persone vanno per le strade con i giovani in prima fila, al fine di
esprimere la loro opposizione al forte attacco neoliberale che i governanti hanno sferrato contro gli
interessi della società e del lavoro. In Francia a causa dei cambiamenti nella sicurezza pubblica, in
Inghilterra a causa della riforma dell’educazione, in Grecia, Italia, Spagna, Irlanda, i cortei si sono
trasformati in rivolte. Una rivolta ne ha causata un’altra e progressivamente, in tutta Europa si
attende la grande esplosione sociale. La frase “noi o loro” diventa sempre di più una coscienza
collettiva e diventerà lo slogan che determinerà il risultato delle prossime grandi rivolte.
COMBATTERE I FASCISTI
Per la prima volta nella storia, in tutti i paesi europei – e soprattutto in quelli colpiti maggiormente
dalla crisi economica – ogni giorno di più si rivela il volto fascista del regime moderno. Perché oggi
i fascisti non solo i nazionalisti, quelli che si rifanno al Nazismo, al colpo di stato e alla dittatura.
Fascisti sono anche quelli che ci governano, quelli che godono del benessere sociale. Fascisti sono
quei “democratici” che hanno il potere, l’elite politica ed economica. Lo sono anche quelli che
fanno parte degli organi esecutivi del potere politico e degli enti economici, come l’FMI (Fondo
Monetario Internazionale). Lo sono anche quelli che hanno il potere del denaro e li troviamo nelle
banche centrali, come la BCE (Banca Centrale Europea) e la FED (Federal Reserve). Fascisti sono
anche quelli che fanno parte dei principali media e che consapevolmente gestiscono il consenso
nella più grande rapina sociale della storia e nella più grande operazione di terrorismo verso la gente.
In Grecia il governo social-fascista del PASOK controlla i sindacati, come il GSEE (sindacato dei
lavoratori), e i media principali, che si impegnano nel modo più sfacciato a coprire la politica e a
giustificarne gli sforzi per “salvare l’economia greca”, e si rendono complici della realizzazione del
grande crimine compiuto contro la maggioranza nel paese. Il GSEE, spaventato dalle imprevedibili
reazioni sociali, ha dichiarato a Settembre che “le direttive politiche che vengono proposte dal
memorandum sono state applicate e non ci sono altre soluzioni alternative”, nel tentativo di arginare
il sentimento della base sociale e diffondere la sconfitta, mentre i media in Grecia hanno creato un
formidabile muro di consenso attorno alle politiche di governo, ripetendo il ricatto “bancarotta o
austerità”, con il quale il governo per circa un anno ha terrorizzato i greci.
Il fascismo in Grecia, a causa della terribile situazione nel quale è precipitato il paese per via della
crisi economica, ha mostrato la faccia più brutale, mentre l’oligarchia internazionale politica ed
economica ha messo il fiato sul collo alla società greca con l’aiuto dei propri fantocci nel governo.
Il ripetuto colpo di stato fatto dal governo greco sotto gli ordini della triade (FMI, BCE, UE) non ha
nessun supporto dalla base sociale. Il governo, come qualsiasi dittatore, è indifferente all’assenza di
consenso sociale nei piani criminali che ha imposto nel nome della “salvezza nazionale”. È anche
indifferente al consenso politico e “aggira” d’ora in poi completamente il parlamento, quando ci
sono da ratificare il detestato memorandum, gli accordi e i contratti che sono dettati dalla triade e
che vengono discussi in parlamento solo per “discussione e presa visione” e non per essere votati.
Papakonstandinou (ministro dell’economia) è stato promosso ad autorità suprema dal dittatore
Papandreou, da quando ha concesso col potere assoluto e la sua firma quanto bastasse per ratificare
i comandi dell’élite economica, che vengono trasmessi tramite la triade in Grecia per essere
applicati.
Il parlamento è sempre stato il campo della ratificazione degli ordini e dei comandi del potere
economico e politico, l’organizzazione neoliberale lo ha essenzialmente abolito come campo
decisionale riguardante la mappatura dell’economia nazionale e della strategia politica – da quando
il vero potere è passato nei grandi centri di decisione che sono controllati dall’élite internazionale -,
oggi comunque è formalmente abolito, visto che esiste solo per legalizzare il colpo di stato
governativo, per evitare il collasso politico del regime. Ecco perché il ruolo dei partiti che siedono
oggi in parlamento è quello di aiutare e stabilizzare di un sistema debole, a causa della crisi e della
svalutazione politica, ed essi principalmente supportano il moderno fascismo.
Per quanto riguarda qual è veramente il grande potere in questo paese, c’è da ricordare Dominique
Strass-Kahn (Managing Director del FMI) con la sua recente visita in Grecia e al parlamento, dove,
come in un’intervista, ha dettato le domande per le prossime politiche che il FMI e il resto della
triade imporranno. Dal canto suo ha ammesso che la Grecia è una cavia per il FMI, da quando
queste politiche detestabili sono state applicate per la prima volta in un paese che non è nella zona
capitalista, mentre ciò ci riporta ai ricordi della giunta dei colonnelli, quando essa comparava la
Grecia ad un paziente e se stessa ad un dottore, rifacendosi al delirio fascista del dittatore
Papadopoulos (colonnello dittatore della giunta in Grecia tra 1967 e 1974). Anche la presenza di
Strass-Kahn così come quella del delegato europeo Ollie Regn nel parlamento europeo è stato un
segnale di chi sono i veri padroni oggi.
È ormai coscienza della maggior parte della Grecia che “loro sono tutti uguali” e questo viene urlato
nei cortei, viene urlato dinnanzi al parlamento, che è diventato la pezza rossa (per un toro) in questo
periodo per chi ha partecipato alle mobilitazioni. Questo è stato ripetuto anche nelle ultime elezioni
locali, dove c’è stato un grande schiaffo per il regime politico e i partiti che lo supportano, da
quando la maggioranza ha voltato le spalle a tutti loro, con un astensionismo che ha raggiunto il
54% e un 10% di voti nulli. Il sistema politica è supportato oramai da una minoranza sociale,
mentre le politiche del governo sono supportate da una percentuale molto ridotta del popolo greco,
che nelle ultime elezioni locali non ha superato il 10% del corpo elettorale. Se questa non è una
giunta, allora cos’è? Se questi non sono dittatori, chi sono? Per quanto riguarda gli esponenti di
sinistra del sistema, Synaspimos (Coalizione di sinistra) e il KKE (partito comunista greco), non
sono altro che opportunisti politici che, nonostante il lampante fascismo dei governanti, continuano
a giustificarli pur di non perdere la loro possibilità di assaggiare un po’ di potere.
SI ALLA BANCAROTTA DEL SISTEMA
Sette mesi dopo l’assoggettamento della Grecia al potere della triade, i social-fascisti del PASOK
hanno accettato di imporre una lunga serie di memorandum, e misure di “trattamento shock” dettate
dall’élite economica internazionale. Stipendi e pensioni sono in costante diminuzione, la
tredicesima e la quattordicesima (bonus di natale e pasqua) sono state tagliate nel settore pubblico,
la spesa pubblica è stata ridotta, l’età pensionabile è stata aumentata. In solo tre ore, il dittatore
Papandreou e i suoi ministri hanno ribaltato le conquiste lavorative di lunga data frutto spesso di
sanguinose lotte, abolendo i contratti collettivi e stabilendo un regime di contratti di lavoro
individuali. In questo modo i padroni sono esentati da ogni riduzione degli stipendi e dai
licenziamenti e le condizioni lavorative diventeranno presto competitive con quelle asiatiche. In
ogni caso la fortuna pubblica non è stata venduta del tutto, è stata venduta solo in questo periodo,
ogni attività sociale o economica che non è era privatizzata, adesso lo è. Questo attacco alla società
greca è inserito nel prestito di 110 miliardi di euro che il governo ha ricevuto dalla triade per
“salvare la Grecia dalla bancarotta”. Comunque, queste ricette neoliberali non solo non hanno
impedito la bancarotta ma l’hanno avvicinata sempre di più. Forse con una continua diminuzione
delle spese il governo cerca di ridurre il deficit, comunque lo strangolamento economico che
conduce alla chiusura delle aziende, i tagli, gli stipendi da fame e la recessione rendono impossibile
l’aumento degli investimenti nei fondi governativi, un fatto di cui tutti si possono accorgere. La
disoccupazione si prevede supererà il 20% a fine anno, i tagli e i licenziamenti nelle imprese
aumenteranno, il popolo greco che cadrà sotto la soglia di povertà e chi è emarginato lo diventerà
ancora di più. I senza casa e i poveri che sfruttano i centri statali per un piatto caldo sono così tanti
che è tornata attuale l’immagine di una Grecia sotto occupazione.
La “cura del paziente” stabilita dal grande criminale Strauss-Kahn arriverà tramite lo sterminio
economico e sociale della maggioranza del popolo greco.
Quello che stanno facendo i detentori del potere è ancora una volta l’applicazione della stessa
ricetta che fu usata durante la grande crisi del 1930, descritta dal ministro dell’economia americana
con le seguenti parole: “ Liquidiamo il lavoro in eccesso, liquidiamo le scorte, liquidiamo gli
agricoltori, liquidiamo il mercato automobilistico…, togliamo il marcio dal sistema”.
Una politica di forte austerità “per l’eliminazione del marcio dal sistema” o per la “cura del
paziente” accettate dal nostro moderno Strauss-Kahn è l’applicazione pratica della stessa direttiva
economica. È ciò che viene eufemisticamente “economia dell’offerta” e rientra nell’austerità, la
riduzione degli stipendi, l’aumento della disoccupazione causa la riduzione dei prezzi e l’aumento
della domanda. Nonostante il fatto che questa particolare ricetta non solo non evita la recessione ma
la accelera (lo stesso accadde nel 1930, lo stesso sta succedendo oggi), gli “specialisti” del settore
economico, come il consigliere di Papandreou, l’iper neoliberale Tommaso Padoa-Schioppa
(banchiere ed economista che è stato ministro italiano dell’economia e della finanza) ha dichiarato
che “l’austerità non conduce alla recessione” e ha affermato che queste politiche devastanti
“conducono al benessere e alla prosperità”, come abbiamo detto prima non pensiamo che siano
stupidi, ma solo che stanno semplicemente seguendo una politica sbagliata.
La riduzione del deficit è principalmente raggiunta dal governo solo con i continui tagli alla spesa
pubblica, mentre dall’altro lato il reddito a causa della recessione non può aumentare, a causa dello
strangolamento delle tasse a danno dei cittadini, dell’aumento di licenziamento e il taglio dei fondi
al servizio pubblico, alla saluta e all’educazione.
Dopo la revisione del deficit, che ha raggiunto il 15,5%, il denaro richiesto al fine di ridurlo al 7,8%
è impossibile da trovare, mentre l’obiettivo è di ridurlo al 3% in tre anni è irraggiungibile. Dall’altro
lato, il debito pubblico aumenta continuamente e, poiché viene calcolato come percentuale del GDP
( prodotto interno lordo ) che è diminuito a causa della recessione, presto o tardi raggiungerà livelli
ingestibili per la Grecia. Per il 2012 il debito si prevede raggiungerà il 156% del GDP (il FMI
esamina la possibilità che alla fine del 2013 il debito raggiungerà il 176% del GDP), mentre nei
prossimi 5 anni avremo da pagare gli interessi di 240 miliardi di euro – grossomodo quanto il
corrente GDP – qualcosa di assolutamente irraggiungibile.
Quando detto è la prova che si prospetta una bancarotta del paese. L’unica cosa che rimane è di
fallire formalmente e questo accadrà quando lo decideranno i leader politici del governo greco nella
triade. Ricordiamo che Papandreou parla di “una pistola sul tavolo”, di mercati che si
“ammorbidirebbero” con la subordinazione della Grecia al meccanismo di supporto con il prestito
di 110 miliardi di euro. Quando il governo greco ha firmato il memorandum di sottomissione di
lunga durata ai mercati, gli spreads delle obbligazioni (bond) greche erano attorno alle 400 unità di
base. Oggi, sette mesi dopo e mentre la società greca sprofonda sempre di più all’inferno per far si
che il governo paghi le rate del prestito, la controversa ma reale bancarotta della grecia ha
“completamente fatto infuriare i mercati”, lanciando gli spreads intorno alle 1000 unità di base e ha
definito le obbligazioni (bond) greche “obbligazioni (bond) spazzatura” (un’obbligazione (bond)
che viene valutata di meno del suo grado di investimento al momento dell’acquisto) insieme a quelli
dei paesi dell’Africa sub-sahariana. Nonostante ciò l’élite economica e politica greca fischietta al
cielo, dichiarando che questa caduta degli spreads “non ha un risultato pratico”, visto che
accendiamo mutui con l’”agevolato” interesse del 5% dell’UE. Inoltre, la decisione di prolungare la
scadenza per saldare il prestito, in realtà è un’ammissione del fallimento di ripagare i prestiti, il
fraudolento Papandreou l’ha presentato come una “ricompensa dei nostro sforzi”, intendendo
l’attacco ultra neoliberale sferrato contro la società greca.
Come è stato ammesso recentemente da uno degli “specialisti” che paghiamo per dirigere il governo
verso direzione più neoliberali, Padoa Schioppa, siamo entrati in un lungo periodo di austerità, metà
della generazione sarà sacrificata per la salvezza del sistema e possiamo oramai parlare chiaramente
di un memorandum definitivo – le favole che queste misure saranno solo fino al 2013 non sono
state credute da nessuno – e di una permanente situazione politica, economica e sociale di guerra
dello stato e del capitale contro la maggioranza sociale greca.
Ripetiamo che né il FMI ne la UE o il governo sono stupidi da non capire questo vicolo cieco. La
Grecia è stata spazzata via molto prima delle elezioni, un fatto risaputo non solo per il governo ma
anche per il PASOK, che sono state anche la scialuppa di salvataggio del sistema, visto che con
l’inganno è stata intrapresa una strada di subordinazione della Grecia al potere della triade.
Con l’emissione dei prestiti l’economia greca ha ricevuto solo una proroga di vita, quindi la
sopravvivenza delle banche greche è assicurata e le banche europee che hanno investito nel debito
greco coprono i propri debiti. L’obiettivo dell’oligarchia politica ed economica internazionale non è
quello di “salvare la Grecia dalla bancarotta”, come è stato dai ladri al governo – qualcosa che
sarebbe comunque insensato – ma la salvezza del sistema bancario.
Mentre in ogni caso i non privilegiati cadono in un detestabile regime di povertà ed emarginazione
mai vista prima, il governo greco non si risparmia quando si tratta di mantenere la liquidità delle
banche. Quindi, dopo il pacchetto di 28 miliardi che è stato garantito dal governo di “Nuova
Democrazia” (precedente governo di destra), il PASOK ha aiutato ulteriormente il sistema bancario
con delle garanzie di 15 miliardi dopo che il memorandum era già stato votato.
E mentre i maggiori investitori procedono a un ritiro di massa del capitale di 23 miliardi dalle
banche greche, mettendo il sistema bancario in una situazione sempre più pericolosa, i social-
fascisti del PASOK firmano un emendamento in Agosto col quale aumentano il pacchetto di
garanzie alle banche con un bonus di 25 miliardi, comandato dalla triade che lo ha stabilito come
condizione per il pagamento della seconda rata del prestito. Se aggiungiamo i 10 miliardi del
prestito ai 110 miliardi dati dalla triade, il pacchetto totale del supporto alle banche greche
raggiunge circa i 78 miliardi.
Un secondo ma importante obiettivo, che l’élite economica e politica internazionale ha stabilito con
la possibilità di sopravvivenza per l’economia greca, è la totale trasformazione della vita in questo
paese. Con il dilemma “austerità o bancarotta e fallimento” i fascisti al governo hanno creato
costantemente uno stato di terrore, negando una dopo l’altra le conquiste lavorative, politiche e
sociali e tentando di rompere ogni resistenza sociale, per trasformare il proletariato in un insieme di
schiavi senza cervello complici e la Grecia in un’utopia per i padroni.
Quando finalmente le banche che hanno approfittato del debito greco, che fino a poco tempo fa
offriva un grande guadagno a causa degli alti tassi di interesse, riusciranno a venirne fuori, la
bancarotta verrà dichiarata ufficialmente dal governo greco, qualcosa che accadrà presto. La nostra
uscita dal EMU (fondo economico e monetario dell’unione europea) è considerata come ovvia, al
fine di garantire la viabilità dell’euro. Comunque, con la crisi di un debito in aumento e con un
paese europeo dopo l’altro che crollerà sotto i colpi della crisi, è difficile sopravvivere non solo per
l’EMU ma anche per l’UE. Lo scenario più ottimistico per il future dell’unione è la creazione di un
super stato, dove il potere dei paesi più benestanti economicamente condurrà alla bancarotta i paesi
della regione europea che verranno trasformati in protettorati, cosicché essi cederanno
completamente la loro autorità politica ed economica alla dittatura politica ed economia europea.
Questo accordo è promosso nella UE con la creazione di un meccanismo di bancarotta controllata.
Questo non fermerà il grande trasferimento del benessere sociale dalla base alla vetta della
gerarchia sociale, che è rappresentata dai governi in questo periodo storico a causa della crisi
economica mondiale. Quindi al falso dilemma “bancarotta o austerità” rispondiamo “si alla
bancarotta del sistema”.
L’UNICA VIA È LA RIVOLUZIONE SOCIALE
Visto che non ci sono analisi neutrali della crisi economica e visto che l’economia non è solo
numeri, diagrammi e statistiche ma è soprattutto relazioni di potere, è ovvio che ogni posizione
presa riguardo alla crisi, la sua origine, il perché è nata e le vie per uscirne sono un prodotto della
classe politica della quale ne è espressione. In altre parole, ogni analisi sulla crisi include una
risposta ad essa e ogni proposta di superarla include l’aspettativa politica e l’aiuto di chi lo ha
espresso. Le posizioni prese dai neoliberali e dai socialdemocratici non sono altro che due differenti
visioni di un metodo da usare per far ripartire la bloccata macchina capitalista. Anche se esistesse la
possibilità di ripristinare l’”economia della domanda” noi la rifiuteremmo, perché è solo un’altra
breve pausa o una piccola deviazione di comportamento nel normale funzionamento del capitalismo,
che trova la sua vera sostanza con la sua completa liberazione da ogni tipo di controllo sociale.
Riguardo alla posizione dei partiti “comunisti”, come il KKE (partito comunista greco), che vede
una risposta alla crisi nel controllo centrale dell’economia, è risaputo storicamente che questo
modello conduce ad una organizzazione politica ed economica totalitaria, dove il partito-stato
diventa l’assoluto dittatore.
Questo modello di stato di proprietà capitalista ha storicamente fallito non solo come sistema
economica ma anche per la sua plateale oppressione sociale e politica sulla quale poggiava la sua
stessa sopravvivenza.
Per noi la crisi economica, come abbiamo scritto nel precedente testo, è il risultato della natura di
classe del sistema stesso che esiste e viene perpetuato tramite la disuguaglianza e la segregazione di
classe. L’intensità della disuguaglianza e l’aumento della povertà nel pianeta è ciò che il benessere
capitalista comporta.
Con la globalizzazione neoliberale la segregazione è stata accentuata, lo sfruttamento è diventato
più radicale che mai, la povertà, la fame e la morte prevalgono. La segregazione sociale e di classe
sono la sostanza del sistema, esso è comunque il motivo che rende questo sistema permanentemente
malato e la crisi una patologia con continue sofferenze. L’uscita definitiva dalla crisi non è una
proposta progressista, come quelli che propagandano la ridistribuzione del benessere a favore dei
meno privilegiati e l’affermazione della giustizia sociali, visto che queste proposte non aiutano a
venir                           fuori                           dal                         sistema.
Per questo secondo noi l’unica via per assicurarci non solo un’uscita temporanea dall’attuale crisi
economica ma la possibilità di non vivere più una crisi è l’abolizione del sistema capitalista, del
mercato economico, della democrazia parlamentare, la dissuasione dalla facciata di qualsiasi
giovane sistema “progressista e più umano” al posto di quello esistente e la garanzia che quello che
nascerà non incoraggerà mai l’emergenza della segregazione sociale e di classe, l’abbondanza di
disuguaglianze, ma sarà basato su un equilibrio economico e la libertà politica per tutti.
Questo spiega perché la nostra risposta alla crisi è la rivoluzione sociale, che consideriamo inoltre
come l’unica proposta realistica per uscire dalla crisi del sistema. Una rivoluzione sociale dove le
persone esproprieranno i beni dei ricchi, delle multinazionali e delle grandi compagnie greche.
Dove esproprieranno le chiese e la ricchezza delle proprietà statali. Una rivoluzione sociale che
abolirà una volta per tutte lo stato e ogni organizzazione gerarchica e burocratica e creerà strutture
sociali che eviteranno il ripresentarsi di qualsiasi forma di potere politico ed economico organizzato.
Essa socializzerà tutto: il modo di produrre, le terre, i commerci, la salute, l’educazione, i trasporti.
Una rivoluzione sociale che avrà come modello dell’organizzazione sociale la comunità o la
comune. Che metterà ogni attività sociale ed economica sotto la direzione di una rete di assemblee e
comitati popolari, dove ognuno di noi a lavoro, in città, nel paese, nel quartiere tramite questi organi
di gestione e decisione collettiva metterà la sua vita nelle proprie mani.
Questo si lascerà indietro definitivamente la società industriale e l’attuale stile di vita, che è
caratterizzato dall’avidità e dal dominio dell’uomo sulla natura.
Una rivoluzione sociale che abolirà ogni discriminazione nazionale, razziale e religiosa, che unirà le
popolazioni rispettandone la diversità, che finalmente abolirà le classi sociali e la segregazione.
UNA RIVOLUZIONE SOCIALE PER LA LIBERTÁ

                                                     Pola Roupa, Nikos Maziotis, Kostas Gournas
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