Europa 2020: riflessioni di medio termine

Pagina creata da Francesca Gabrielli
 
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Europa 2020: riflessioni
                               di medio termine
                          di Enikö Györi
Segretario di Stato
per gli affari europei
dell’Ungheria, presidente
di turno dell’UE
(1 gennaio - 30 giugno 2011)
                               L’Ungheria ha assunto la Presidenza di turno dell’Unione europea in un momento in         67
                               cui analisi e previsioni sulla crisi economica apparivano contraddittorie. Vi erano
                               chiari segnali di ripresa e le cifre mostravano un aumento della produzione indu-
                               striale. Ma le cifre non dicono tutto, neppure in economia, e l’esultanza è del tutto
                               fuori luogo. Durante il periodo che ha preceduto la Presidenza ungherese, mi è
                               spesso capitato di fare una battuta cattiva: ogni presidenza recente si è ritrovata
                               uno Stato membro da salvare. A chi toccherà nel nostro mandato? Mentre scrivo,
                               non è ancora chiaro se la mia sia stata solo una battuta o una specie di profezia.

                               Occorre affrontare la crisi dalle radici: difficile non essere d’accordo con questa af-
                               fermazione. Ma quali sono queste radici?

                               Compito di una Presidenza dell’Unione europea non è certo fornire una risposta ac-
                               cademica, ma proporre un programma che, nel caso della Presidenza ungherese, ri-
                               serva un posto centrale ai temi socio-economici.

                               Quando il 19 gennaio il primo ministro Viktor Orbán ha presentato il programma
                               della nostra Presidenza al Parlamento, in seduta plenaria, ha indicato come causa
                               principale del problema l’attuale elevato livello di indebitamento che affligge le
                               economie di numerosi stati membri, compresa l’Ungheria. L’attuazione di una go-
                               vernance corretta risulta, quindi, essenziale per rendere fiscalmente sostenibile la
                               crescita economica. Una delle massime priorità della Presidenza ungherese è l’ado-
                               zione delle sei proposte legislative su questa materia avanzate della Commissione,
                               il cosiddetto “six-pack”, già approvate dall’Ecofin e dal Consiglio d’Europa. Si tratta
                               di un importante successo della nostra Presidenza, che tuttavia non è ancora stato
                               confermato dal Parlamento europeo.

                               Mi capita spesso, frequentando il Parlamento, di sentire affermazioni del seguente
                               tenore: tutto molto bello, ma, se approviamo il six-pack, rischiamo di frenare o ad-
                               dirittura azzerare la crescita economica prima ancora che inizi. In genere mi limito
                               a rispondere che la governance economica è solo una condizione preliminare, non
                               l’origine della ripresa, che va ricercata altrove.

                               Una ripresa senza nuova occupazione è inutile
                               Orbán ha inoltre affermato che l’economia dovrebbe basarsi sul lavoro e che do-
                               vremmo misurare il successo della risposta alla crisi dal numero e dalla qualità dei
                               posti di lavoro creati. Una ripresa che non produca nuovi posti di lavoro è inutile,
mentre una maggiore occupazione non rappresenta solo un risultato, ma genera
                                ulteriore crescita, in quanto innesca un circolo virtuoso.

                                La garanzia di uno sviluppo durevole e sostenibile è quindi rappresentata dalla
     Europa 2020: riflessioni

                                creazione delle condizioni per il tasso occupazionale più elevato possibile. Ciò non
                                significa solo il mantenimento dei traguardi raggiunti dall’Europa sociale, ma una
     di medio termine

                                loro ottimizzazione, nell’interesse della crescita economica.

                                È stato lusinghiero incassare la conferma di queste idee da parte dell’Unione euro-
                                pea. Nonostante vari scambi di vedute fra i capi di Stato e di Governo sulla strate-
                                gia Europa 2020 (il cui sottotitolo recita «per una crescita intelligente, sostenibile e
                                solidale»), gli obiettivi quantitativi della strategia e le relative linee guida integrate,
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                                sommati alle iniziative prioritarie che ne favoriscono l’implementazione, assicurano
                                una struttura adeguata a dare una spinta all’economia e alla società. A differenza
                                della strategia di Lisbona, la strategia Europa 2020 non interessa solo l’economia
                                ma introduce un certo numero di obiettivi e finalità decisamente più ambiziosi,
                                come nel caso della Piattaforma europea contro la povertà e l’emarginazione1.

                                Durante la nostra Presidenza, presteremo particolare attenzione a un’implementa-
                                zione graduale della strategia nei primi sei mesi. Grazie al dibattito approfondito
                                sulle iniziative prioritarie, come nel caso di Youth on the Move (Gioventù in movi-
                                mento) o Nuove competenze per nuovi lavori, ogni formazione del Consiglio eser-
                                cita la priorità nel supportare gli Stati membri per l’affronto delle sfide nazionali in
                                conformità con quanto stabilito per l’intera UE. Dal maggio del 2009, le somme
                                prelevate dalle casse del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione2 sono
                                aumentate in maniera considerevole3, soprattutto a causa dei massicci licenzia-
                                menti nei settori automobilistico, tessile ed edile.

                                Solo la partecipazione attiva dello stato e dell’UE può aiutare a incrementare i li-
                                velli occupazionali del dopo crisi e solo a un ritmo molto più lento. Esiste il rischio
                                reale che chi ha perso il lavoro sperimenti difficoltà sempre maggiori nel rientrare
                                nel mercato del lavoro. Ogni Stato membro dovrà quindi introdurre con la massima
                                lungimiranza incentivi alla creazione di posti di lavoro, sfruttandone l’effetto vo-
                                lano ai fini del rafforzamento della coesione sociale e migliorando nel contempo la
                                produttività delle singole aziende. Mentre a cavallo tra gli anni Novanta e il nuovo
                                secolo la competitività rappresentava la priorità per economisti e responsabili delle
                                decisioni, nell’Europa post-crisi dovrebbe risultare ovvio che la coesione sociale non
                                solo non è antitetica alla concorrenza, ma addirittura la favorisce. Il dilemma ri-
                                mane tuttavia di difficile soluzione e probabilmente ci accompagnerà ben oltre la
                                durata della presidenza ungherese.

                                Gli effetti negativi della crisi economica raggiungono il mercato del lavoro con un
                                ritardo di fase, ma provocano danni più duraturi e gravi di quelli causati nel settore
                                finanziario. La nostra disponibilità a intervenire non deve tuttavia limitarsi ai pro-
                                blemi direttamente innescati dalla crisi, in quanto questi hanno rivelato alcuni pro-
                                cessi insostenibili intrinseci alla situazione demografica europea e alla frequente
                                carenza di coordinamento delle misure di politica economica.

                                A questo riguardo, il maggior obiettivo quantitativo della strategia Europa 2020 è
                                l’innalzamento al 75% del tasso di occupazione a livello europeo. Nell’UE, al mo-
mento, il tasso di disoccupazione si attesta al 9% mentre quello occupazionale
                         raggiunge una media del 64,6%. Ciò significa che si contano 23,1 milioni di citta-
                         dini in età lavorativa disoccupati nei 27 stati membri. Sconfiggere la disoccupa-
                         zione strutturale è uno dei compiti più difficili e impegnativi che ci spettano, uno
                         sforzo che gli orientamenti per le politiche occupazionali contenuti nella Strategia
                         ci impongono di compiere.

                         La sfida più impellente consiste nell’individuare, sull’onda della crisi, un nuovo tipo
                         di struttura dell’occupazione, la cui trasformazione rappresenta l’unica possibilità
                         di riuscita a lungo termine. Vale la pena sottolineare che il costo unitario del lavoro
                         è sceso del 2% nell’UE dalla metà del 2009: ma non c’è nulla da festeggiare. Fa-
                         remo meglio a resistere alla cronica tentazione di competere con la forza lavoro di
La sfida più             altre parti del mondo attraverso una progressiva riduzione dei costi, a meno di non        69
impellente consiste      voler imboccare una spirale discendente.
nell’individuare,
sull’onda della crisi,
                         Sviluppare competenze e conoscenze competitive
un nuovo tipo di
struttura                Dobbiamo cercare di creare impiego per le persone non qualificate o con capacità
dell’occupazione, la     fuori mercato. Ciò significa salvaguardare lavori non competitivi? La soluzione ap-
cui trasformazione       pare invece quella di dotare i disoccupati di competenze concorrenziali. Si tratta di
rappresenta l’unica      un compito estremamente complesso poiché competenze e conoscenze possono ri-
possibilità di           velarsi obsolete o non competitive per un’infinita serie di ragioni.
riuscita a lungo
termine.                 Dobbiamo gestire separatamente coloro che non hanno mai avuto l’opportunità di
                         acquisire conoscenze competitive. In tal senso, è importante sottolineare l’obiettivo
                         quantitativo e le linee guida correlate, che puntano alla riduzione della povertà e
                         dell’abbandono scolastico al 10%. L’unica possibilità per ridurre progressivamente la
                         disoccupazione per i giovani al di sotto dei 25 anni, attualmente al 20,4%4, consiste
                         nell’attuazione di misure per l’occupazione e l’istruzione ben definite e armonizzate.

                         Durante un riunione ministeriale, organizzata in modo informale per discutere le
                         potenzialità dell’occupazione giovanile, i Ministri del Lavoro hanno potuto scam-
                         biarsi le best practices. I nostri Ministri dell’Istruzione concordano nell’affermare la
                         necessità dell’istruzione della prima infanzia, nonché dello sviluppo di competenze
                         minime, in modo che la loro applicazione assicuri la mobilità occupazionale.

                         Oltre a garantire l’inserimento professionale, è necessario assicurarsi che il numero
                         e le conoscenze degli studenti universitari, particolarmente di ingegneria, il settore
                         attualmente più competitivo, rispondano alle esigenze delle aziende europee. Rite-
                         niamo essenziale che la percentuale di giovani che ottengono una laurea salga al
                         40% entro il 2020.

                         Insieme ai giovani, anche gli ultracinquantenni rappresentano un importante obiet-
                         tivo per la creazione di posti di lavoro. La formazione permanente può assicurare la
                         principale via d’uscita dall’inattività.

                         Incoraggiare l’imprenditorialità rappresenta anche un investimento redditizio, ma
                         l’assistenza richiede un approccio su più fronti: educazione delle capacità impren-
                         ditoriali, assistenza finanziaria per lo start-up, con l’ausilio di prestiti agevolati o
                         capitali a rischio, e know-how.
Infine, ma non meno importante, permettetemi di sottolineare un’altra priorità
                                della Presidenza ungherese: un Quadro europeo di riferimento per le strategie na-
                                zionali di inclusione dei Rom che la Commissione presenterà in aprile. La Presi-
     Europa 2020: riflessioni

                                denza ungherese punta a discuterlo in Consiglio e approvarlo durante il Consiglio
                                europeo di giugno. Gestire la situazione, sovente drammatica, della minoranza eu-
                                ropea per eccellenza è una sfida formidabile, ma anche una grande opportunità che
     di medio termine

                                la Presidenza ungherese è decisa a cogliere.

                                Dal nostro punto di vista, si tratta di un problema più sociale che etnico. Quindi la
                                chiave per risolverlo è duplice: lavoro e istruzione. Si tratta di una correzione di
                                rotta rispetto alla lotta contro la discriminazione, che rimane tuttavia necessaria.

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                                Aiutare i Rom richiede un impegno multiforme, del quale, ai fini di questo articolo,
                                vorrei sottolineare un solo aspetto: i potenziali lavoratori, o magari anche datori di
                                lavoro Rom, rivestono un ruolo speciale nell’ambito della politica sull’occupazione.
                                Riforme mirate e armoniche delle politiche di istruzione e occupazione possono
                                produrre risultati impressionanti.
                                Secondo un sondaggio della Banca Mondiale, l’ingresso nel mondo del lavoro dei
                                Rom potrebbe far lievitare il tasso dell’occupazione dell’UE del 5-10% e il suo PIL
                                anche del 4-5%. Ma non si tratta solo di una questione economica quanto piutto-
                                sto di un test case in grado di mostrare che l’Europa ha un cuore, per dirla ancora
                                con le parole del Primo Ministro ungherese.

                                Un enorme potenziale, uno strumento per la ripresa
                                Al termine di questa breve riflessione, permettetemi di ritornare al Parlamento Eu-
                                ropeo di cui sono stata membro per un solo anno prima di assumere il mio attuale
                                incarico. Tuttora vi trascorro molto tempo, dedicandomi a trattative formali e in-
                                formali per conto della Presidenza ungherese e, in definitiva, del Consiglio. Mi ca-
                                pita spesso di udire membri del Parlamento, e non solo di sinistra, lamentarsi
                                dell’atteggiamento del Consiglio rispetto a squilibri nelle risposte che gli Stati
                                membri forniscono alla crisi: l’unica preoccupazione sembrano le spese mentre
                                viene trascurata la crescita, l’unica fonte possibile di guadagno per lo Stato.

                                Ne consegue che tutte le politiche e le misure rigorose come il six-pack e il mecca-
                                nismo europeo di stabilità sono dedicate ai temi monetari e mirate a contenere la
                                spesa pubblica. Al contrario, l’economia reale deve fare i conti con la strategia Eu-
                                ropa 2020 che è sufficientemente ambiziosa, ma, dopo tutto, rappresenta solo un
                                pugno di provvedimenti indicativi, la cui attuazione non è quindi vincolante.

                                È come se la politica economica dell’UE si fondasse su due pilastri, il primo di
                                marmo e il secondo di semplice cera. Devo ammettere che queste critiche possono
                                avere un senso ed è importante tenerne conto quando inizieremo a trattare con il
                                Parlamento europeo le sei proposte legislative sulla governance economica. Tutta-
                                via non posso essere completamente d’accordo con tali critiche: la strategia Europa
                                2020, insieme con l’Atto per il mercato unico, più ortodosso sotto il profilo meto-
                                dologico e legislativo, può fornire un enorme potenziale e un solido strumento per
                                la ripresa. Sta a noi essere all’altezza delle nostre ambizioni. E non dovremmo di-
                                sprezzare la cera perché prodotta delle api, eterno simbolo di operosità e zelo.
1
    L’inclusione di obiettivi sociali nella strategia Europa 2020 è inizialmente stata contrastata. Alcuni degli Stati membri più

forti e influenti l’hanno respinta ritenendo che la competenza in materia di politica sociale, appartenente agli Stati membri,

non dovesse cambiare.
2
    Il Fondo supporta provvedimenti per il mercato del lavoro che sostengono i disoccupati che hanno perso il posto a causa

della globalizzazione, ad esempio in conseguenza delle delocalizzazioni. Tali provvedimenti prevedono assistenza per la

ricerca di un nuovo lavoro, orientamento professionale, corsi di formazione su misura, servizi di ricollocamento, promozione

dell’imprenditorialità e assistenza ai lavoratori autonomi.
3
    Nel giugno del 2010 il Fondo ha ricevuto quattro richieste di intervento per attenuare gli effetti di circa 9.000 posti di la-

voro tagliati a fronte di una sola richiesta nel maggio 2008. Nel 2007 le richieste pervenute al Fondo sono state 8, per un to-

tale di 10.679 posti perduti mentre la Commissione ne aveva ricevute 29 con un taglio di 28.909 posti di lavoro. Fonte dei

dati: http://ec.europa.eu/egf.
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    Dati ricavati dal Rapporto congiunto sull’occupazione.
                                                                                                                                     71
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