Esperienze di coltivazione di SRF in Veneto - Biella, 23 settembre 2011 - dott. Loris Agostinetto
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Biella, 23 settembre 2011 Esperienze di coltivazione di SRF in Veneto dott. Loris Agostinetto Veneto Agricoltura – Settore Bioenergie e Cambiamento Climatico
1. La coltivazione di srf in Veneto e la produzione di cippato 2. Le esperienze di Veneto Agricoltura nella coltivazione delle srf (la collaborazione con il cra plf): a. I primi impianti srf e mrf presso il Centro Sperimentale Ortofloricolo “Po di Tramontana” b. Gli impianti presso la sede centrale di Veneto Agricoltura a Legnaro (PD) c. La comparazione tra filari di specie diverse presso il Centro Vivaistico e per le Attività Fuori Foresta a Montecchio Precalcino (VI) d. Gli impianti presso l’Azienda Pilota e Dimostrativa “Sasse-Rami” a Ceregnano (RO) e. Gli impianti mrf di Piacenza d’Adige (PD) f. L’utilizzo delle srf e mrf nelle Aree Forestali di Infiltrazione (AFI) g. Le srf e mrf nell’ambito del progetto “Carbostop”
1. La coltivazione di srf in Veneto e la produzione di cippato
Per definire la potenzialità di questo comparto, essendo le fonti diversificate e frammentarie, è stato possibile elaborare esclusivamente i dati derivanti dai finanziamenti erogati con la legge regionale n. 14/2003 “Interventi agro-forestali per la produzione di biomasse”. Questa legge ha avuto una duplice finalità: ¾finanziare la messa a dimora di impianti legnosi da destinare alla produzione di biomassa a scopo energetico ¾finanziare gli interventi di recupero e ripristino di boschi degradati
Le srf biennali Dal 2003 al 2008 sono stati finanziati 1.364 ha di cedui a corta rotazione SRC (Short Rotation Coppice), cioè soprassuoli coltivati su terreni agricoli composti da specie arboree a rapido accrescimento (quasi esclusivamente cloni di pioppo), caratterizzati da un’elevata densità di impianto, ripetute ceduazioni e tecniche di coltivazioni intensive. La biomassa ricavabile da tali soprassuoli, che per le tecniche di raccolta è ottenuta sotto forma di cippato fresco con contenuto idrico (W) del 55%, è venduta prevalentemente alle centrali dendroelettriche e in misura minore all’industria dei pannelli.
Al fine di ottenere un dato attendibile sulla disponibilità di biomassa legnosa da destinare alla produzione di cippato si sono considerati i livelli produttivi indicati nella seguente tabella: Come si vede dalla tabella, la produttività di questi impianti è minore alla prima ceduazione, cioè all’età di 2 anni, in quanto gli apparati radicali non sono ancora del tutto sviluppati. Alla seconda ceduazione invece abbiamo polloni di 2 anni, ma ceppaie di 4 anni, pienamente sviluppate e nel pieno del proprio vigore vegetativo e quindi della propria produttività. Alla 2° e 3° ceduazione si hanno quindi le maggiori produzioni dell’impianto. Dato che la ceduazione avviene ogni 2 anni, cioè avviene con notevole frequenza, le ceppaie tendono a “spossarsi”, a perdere cioè la propria vitalità e quindi la produttività di questi impianti decresce rimanendo comunque buona fino alla 6° ceduazione.
Sulla base delle produttività riportate in tabella si ottengono le produzioni di cippato sotto indicate: Il 20° anno è l’ultimo anno di produzione, poi questi impianti finanziati sono destinati all’espianto.
Come illustrato nelle tabelle precedenti, con i 1.364 ettari a SRC, piantati grazie alla L.R. n. 14/2003, sarà possibile ottenere, in 15 anni, 330.700 tonnellate di cippato fresco da destinare all’utilizzo energetico, sempre che si realizzino le rese produttive attese. Con circa 1.300 ha a SRC assestati stabilmente sui terreni della regione è possibile ottenere, negli anni di maggiore produttività, 40.000 tsf di materiale fresco.
Criticità di questi impianti a turno biennale srf Questi impianti hanno rilevato delle importanti criticità: -Le produttività previste molto spesso si sono rivelate molto al di sotto delle aspettative; si è visto che esse dipendono moltissimo dal terreno, dalla disponibilità idrica, ma moltissimo anche dalle cure colturali effettuate; soprattutto i diserbi sono fondamentali, o comunque tutte quelle pratiche atte ad impedire la crescita delle infestanti - alla scadenza di ogni turno (2 anni) bisogna raccogliere la biomassa con le falciatrinciacaricatrici; se si ritarda di un anno non è più possibile effettuare la raccolta con queste macchine e si deve ricorrere a macchine forestali con lievitazione dei costi che rendono antieconomica la coltura -La cippatura è effettuata al momento del taglio, quindi sul fresco, con i problemi conseguenti di fermentazione (perdite di s.s. 15%) ed impossibilità di immediato utilizzo negli impianti termici a griglia fissa -L’elevata percentuale di corteccia sulla massa legnosa provoca elevato contenuto di ceneri e possibili problemi in caldaia
2. Le esperienze di Veneto Agricoltura nella coltivazione delle srf Le attività di Veneto Agricoltura relative alle sperimentazione sulle srf e mrf sono orientate verso un’ottica di polifunzionalità: Si tratta infatti di una coltura molto povera che, per dare redditività deve dare contemporaneamente alla produzione di biomassa legnosa da energia, anche dei servizi di elevato valore ambientale e/o economico.
Le attività di Veneto Agricoltura relative alle sperimentazione sulle srf e mrf sono effettuate in collaborazione con il CRA-PLF di Casale Monferrato mediante convenzioni stipulate nell’ambito di progetti a finanziamento Ministeriale, Regionale od Europeo
a. I primi impianti srf e mrf presso il Centro Sperimentale Ortofloricolo “Po di Tramontana”: ¾ Su circa 4 ha di terreno: arboreto misto di latifoglie autoctone con turno 5 anniù ¾ Su 1 ha arboreto puro di Robinia con turno 2 anni, poi convertito a turno 5 anni con riduzione della densità d’impianto L’elevata salinità dei terreni ha dato produttività basse e disomogenee; non sono state quindi rilevate tali produttività, ma sono stati testati dei cantieri meccanizzati di raccolta della biomassa. La biomassa ricavata alimenta una caldaia da 80 Kw pr il riscaldamento di una serra. Da segnalare l’arrivo di avifauna e lepri in un’area pianeggiante e priva di alberi.
Capezzagna C Frassino ossifillo mrf Robinia mrf 8 6 5 7 3 ramaglia Capezzagna B 2 Qui si può optare per la cippatura sul secco 4 Strada 1 Capezzagna A Banda boscata bifilare
b. Gli impianti presso la sede centrale di Veneto Agricoltura a Legnaro (PD) L’arboreto è stato messo a dimora nella primavera del 2006. Nel Novembre 2008 si è già realizzato il primo cantiere di raccolta. Estensione Originariamente l’arboreto era costituito da n. 3 principali blocchi, separati tra loro da scoline, per una superficie complessiva di circa 4 ettari. Dopo l’effettuazione del primo cantiere di utilizzazione (autunno 2008) si è proceduto all’espianto di n. 2 blocchi, per cui attualmente l’arboreto consta solo di n. 1 blocchi di parcelle per un’estensione complessiva di circa 0,9 ettari. Cloni/varietà Sono presenti: - n. 2 cloni di pioppo ibrido euro-americano (“Orion” e “AF2”); - n. 2 varietà di salice (S/78-003 e SI 64-017); - n. 1 varietà di robinia (di provenienza ungherese).
Pioppo Baldo Pioppo AF2 Salice s/g4- Salice s/78- Pioppo Orion 017 003 ELIMINATO 7 8 9 10 m 6 Capezzagna 92 m Robinia Salice s/78- Salice s/g4- Robinia Ungherese 003 017 Ungherese Mappa dell’arboreto a SRF, località Corte Benedettina (PD) 3 4 5 6 m 6 Capezzagna 92 m Pioppo AF2 Pioppo Baldo Pioppo Orion 1 2 ELIMINATO
GLI IMPIANTI SPERIMENTALI DI VENETO AGRICOLTURA DEDICATI ALLA PRODUZIONE DI LEGNO-ENERGIA: L’ARBORETO SRF BIENNALE DI LEGNARO (PD). In data 6 aprile 2011 è stata effettuata la raccolta della biomassa; Tutti i dati relativi alle diverse specie e cloni, quali massa prodotta, diametri, fallanze, ecc. saranno contenuti in una scheda tecnica attualmente in fase di stampa e che sarà pubblicata sul sito: www.venetoagricoltura.org link: bioenergie - filiera legno energia – approfondimenti IL SECONDO CANTIERE DI RACCOLTA: RISULTATI E CONSIDERAZIONI a cura del Scaricabile in formato pdf SETTORE BIOENERGIE E CAMBIAMENTO CLIMATICO
c. La comparazione tra filari di specie diverse presso il Centro Vivaistico e per le Attività Fuori Foresta a Montecchio Precalcino (VI) L’impianto presenta una superficie complessiva di 1,5 ettari circa e prevede una gestione secondo turni di raccolta quinquennali, caratterizzata dalla presenza di n. 8 diverse specie: Ostrya carpinifolia (carpino nero); Paulownia tomentosa (paulownia); Prunus mahaleb (malebbo); Morus alba (gelso bianco); Morus nigra (gelso nero); Ulmus minor (olmo campestre); Ulmus pumila (olmo siberiano); Fraxinus oxycarpa (frassino ossifillo). Lo scopo della sperimentazione è di rilevare i dati dendro-auxometrici di differenti specie legnose per la produzione di biomassa su terreni ricchi di scheletro e con scarsa disponibilità idrica e confrontare tra loro i risultati ottenuti con le diverse specie. Attualmente i risultati migliori in termini di accrescimento sono stati ottenuti con l’olmo siberiano che manifesta una netta superiorità produttiva rispetto al campestre
Rilievi effettuati in data 1 e 2 luglio 2010: Confronto tra le diverse specie presenti nell’impianto Specie Ø medio (cm) H media (m) Fallanze (%) N° pte h < 1,30 m (%) Carpino nero 0,61 1,60 3,07 16,90 Paulownia 3,14 2,66 22,2 6,45 Malebbo 0,90 1,73 4,10 17,14 Gelso bianco 1,89 2,40 3,19 3,77 Gelso nero 0,24 1,14 15,89 29,85 Olmo 0,90 1,80 0,84 11,68 campestre Olmo siberiano 3,78 4,00 2,88 0,00 Frassino 0,99 1,77 3,25 12,95 ossifillo Media 1,55 2,13 6,92 12,34
d. Gli impianti presso l’Azienda Pilota e Dimostrativa “Sasse-Rami” a Ceregnano (RO) Questo complesso di impianti è ubicato presso il comparto “Rami” dell’Azienda Pilota e Dimostrativa “Sasse Rami” di Veneto Agricoltura nel comune di Ceregnano (RO) Le fasce boscate si estendono complessivamente per una superficie di 7 ha e sono suddivise in due principali macro-aree: 1° MACRO-AREA Tali fasce boscate si estendono per un’area complessiva di 3 ha; al loro interno si suddividono in 5 moduli: - 1° modulo: fasce boscate costituite da vari cloni di pioppo (“Orion”, “Villafranca”, “Baldo”, “83.039.018”, “J. Pourtet”); - 2° modulo: fasce boscate costituite da un’alternanza di sole specie arboree (platano, olmo campestre e ontano nero); - 3° modulo: fasce boscate costituite da frassino ossifillo in purezza; - 4° modulo: fasce boscate costituite da una consociazione di varie specie arboree alternate a diverse specie arbustive (platano, olmo campestre, ontano nero, pallon di maggio e prugnolo); - 5° modulo: fasce boscate costituite dall’alternanza di una specie arborea (frassino ossifillo) e una specie arbustiva (corniolo).
2° MACRO-AREA Tali fasce boscate si estendono su un appezzamento di superficie pari a 4 ha; al loro interno si suddividono in 5 moduli costituiti da 9 file ciascuno (Figure 4.4 e 4.5): Modulo A - 1° fila: fascia boscata costituita da carpino bianco in purezza; - 2° fila, 3° fila, 4° fila: fasce boscate costituite da frassino ossifillo in purezza; - 5° fila: fascia boscata costituita da un‘alternanza di specie arboree (tripla farnia, frassino ossifillo, noce nero) intervallate da varie specie arbustive; - 6° fila: fascia boscata costituita da un’alternanza di sole specie arboree (ontano nero, olmo campestre e platano); - 7° fila: fascia boscata costituita da un‘alternanza di specie arboree (platano, noce nero e tripla farnia) intervallate da varie specie arbustive; - 8° fila, 9° fila: fasce boscate costituite da un’alternanza di sole specie arboree (ontano nero, olmo campestre e platano). Modulo B Il Modulo B replica lo schema del Modulo A con la sola differenza della presenza dell’olmo siberiano al posto dell’olmo campestre. Modulo C Il Modulo C è costituito da: - n. 7 file costituite da un’alternanza di sole specie arboree (ontano nero, olmo siberiano e platano); - n. 2 file costituite da un‘alternanza di specie arboree (tripla farnia, noce nero e platano), intervallate da un’unica specie arbustiva (pallon di maggio). Modulo D Il Modulo D è costituito da: - n. 7 file costituite da un’alternanza di sole specie arboree (ontano nero, frassino ossifillo e platano); - n. 2 file costituite da un‘alternanza di specie arboree (tripla farnia, noce nero e platano), intervallate da un’unica specie arbustiva (pallon di maggio). Modulo E - n. 7 file costituite da un’alternanza di sole specie arboree (a ontano nero, frassino ossifillo e olmo siberiano); - n. 2 file costituite da un‘alternanza di specie arboree (tripla farnia, noce nero e frassino ossifillo), intervallate da un’unica specie arbustiva (pallon di maggio).
Lo scopo di questi impianti, che sono delle mrf a tutti gli effetti (turno 5 anni), è quello di testare lo sviluppo e le produttività di arboreti specializzati per la produzione di buomassa legnosa da energia, però: -costituiti da specie autoctone -Polifunzionale (fauna, paesaggio, produzione legname di pregio, fascia fonoassorbente/schermante, ecc) -Quindi una coltivazione meno intensiva e con un maggior grado di biodiversità
e. Gli impianti mrf di Piacenza d’Adige (PD) Sono impianti realizzati da una società privata su terreni privati. I cloni di pioppo sono stati scelti dal CRA-PLF di Casale Monferrato Veneto Agricoltura attualmente ne sta monitorando lo sviluppo
Il pioppeto pluriclonale si estende per una superficie di circa 8 ettari ed è costituito da poco meno di una decina di cloni di pioppo ibrido euro-americano e di pioppo bianco. Tra di essi si ricordano il “Lux”, il “Ballottino”, il “Bl”, l’”I-214”, l’”Adige”, il “Villafranca”. Le parcelle che si succedono sono generalmente pure, monoclonali, ad eccezione di un unico caso in cui si sono mescolati assieme due cloni (“Lux” e “Ballottino”). Dopo la messa a dimora l’attecchimento ha raggiunto percentuali elevate: le fallanze sono ridotte e si stimano in una percentuale tra il 5-10%. Lo sviluppo delle piante di pioppo è variabile nelle varie parcelle clonali. Da rilievi effettuati in data 20 luglio 2010, quindi su piante di 2,5 anni di età (siamo a metà del 3° anno vegetativo) si è riscontrato come mediamente il diametro a 1,30 m di altezza si attesta sugli 8- 9 cm, con punte anche oltre i 10 cm presso alcuni ibridi euro-americani, mentre l’altezza si attesta sui 7-8 m, con punte anche sui 9-10 m presso gli individui più sviluppati.
Densità: circa 1.500 piante/ettaro. Sesto d’impianto: 3,5 x 2 m
f. L’utilizzo delle srf e mrf nelle Aree Forestali di Infiltrazione (AFI) Triplice funzionalità: -Fitodepurazione -Ricarica della falda -Produzione biomassa legnosa da energia
L’infiltrazione viene garantita da un sistema di scoline di ampiezza 1 m, interasse di 7 m e profondità variabile fra 0,7 e 0,9 m (a seconda di dove si trova l’orizzonte ghiaioso che per favorire la capacità di infiltrazione deve essere in contatto con il fondo scolina); la loro disposizione è “a pettine” e la densità di c.a. 1500 metri all’ettaro. Vengono alimentate da un canale di carico (perpendicolare alle scoline) a sua volta collegato ad uno scolo adduttore
Interfila di 3-3,5 m Distanza del filare dal bordo scolina 50-70 cm Le macchine che oparano nel cantiere di raccolta dovranno: - avere carreggiata < 3m - non avere peso eccessivo - fare il minor numero di passaggi possibile - essere possibilmente cingolate - mantenere traiettoria rettilinea
Si prevede una densità del sistema delle scoline di 1500 m/ha, con 200 (periodo settembre-aprile) giorni di funzionamento del sistema. Un ettaro di AFI, realizzato nelle aree più vocate dell’alta pianura, è in grado di infiltrare 5.000 m3 di acqua al giorno. In un anno, nei 200 giorni utili di funzionamento, un ettaro di AFI può dunque infiltrare fino ad 1.000.000 m3 di acqua.
Produttività Terreni fertili di pianura, unitamente alla buona disponibilità idrica garantita dalle scoline, permettono una produttività di tutto rilievo 20-30 tonn/ha/anno e più
La scelta della biomassa da ottenere Specie a legno duro (platano, olmo, frassino, ecc.) Turno 5-6 anni Legna in pezzi Specie a legno tenero (pioppo, salice, pulownia, ecc.) srf o mrf Cippato
g. Le srf e mrf nell’ambito del progetto “Carbostop” Nel territorio di competenza del Consorzio di Bonifica (CdB) Adige Euganeo sono presenti suoli torbosi, cioè caratterizzati da un elevato contenuto organico (>50%). La frazione organica della torba, a contatto con l’aria, è soggetta a biossidazione chimica con conseguente rilascio di anidride carbonica (CO2) in atmosfera e diminuzione di massa solida. Il fenomeno della subsidenza, è quindi la riduzione in altimetria della superficie del terreno. Tale fenomeno è favorito dalle lavorazioni effettuate per la coltvazione dei seminatvi che portano in superficie materiale organico non mineralizzato. Attualmente la velocità di abbassamento di ques7 terreni è s7mata di 1,5 – 3 cm/anno. Data la ridotta elevazione dei terreni interessati dal progetto, la continua subsidenza comporta un elevato rischio idraulico, mentre per le aziende agricole site in tali luoghi le spese di lavorazione dei terreni rappresentano un grave onere, con produttvità sempre più a rischio per la riduzione del franco di coltivazione e l’innalzamento di una falda frea7ca in fase di salinizzazione.
Obiettivi del progetto Generali: ¾ridurre il fenomeno della subsidenza; ¾ridurre l’emissione di CO2 Specifici: ¾integrare il reddito delle aziende agricole; ¾evitare l’ulteriore innalzamento della falda freatica con rischio di salinizzazione; ¾riduzione del rischio idraulico; ¾creazione di una filiera legnoenergia chiusa come modello pilota
Come raggiungere tali obiettivi? Sostituzione delle colture agrarie (mais) con colture forestali (srf) Realizzazione di un modello di filiera chiusa legno energia con la realizzazione di 10 ettari di arboreti srf per produzione di cippato su terreni torbosi Raccolta della biomassa e sua trasformazione Re a l i z za z ione di un impianto termico alimentato a cippato per il riscaldamento della sede del CdB Adige Euganeo di Conselve (PD)
Grazie per l’attenzione
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