Effetti ambientali indotti dai terremoti: il caso di studio di alcune località colpite dal sisma del 1980

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Effetti ambientali indotti dai terremoti: il caso di studio di alcune località colpite dal sisma del 1980
A S I TA 2017

     Effetti ambientali indotti dai terremoti: il caso di
    studio di alcune località colpite dal sisma del 1980

           Sabina Porfido(a), Giuliana Alessio(b), Germana Gaudiosi(b),
                              Rosa Nappi(b), Efisio Spiga(c)
a
( ) Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per l’Ambiente Marino e Costiero, Calata Porta
di Massa 80, Int. Porto, 80133-Napoli, sabina.porfido@iamc.cnr.it
 b
( ) Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Sezione di Napoli - Osservatorio Vesuviano,
Via Diocleziano, 328, 80124 Napoli giuliana.alessio@ingv.it; germana.gaudiosi@ingv.it;
rosa.nappi@ingv.it
(c) Ricercatore Indipendente- Avellino spiga.efisio@gmail.com

Introduzione
Il terremoto del 23 novembre 1980, più comunemente noto come il terremoto
dell’Irpinia-Basilicata, è stato il più forte evento sismico che ha colpito l’Italia,
ed in particolare l’Appenino meridionale, negli ultimi 100 anni, caratterizzato
da una Mw=6,9 ed una Io=X MCS (Postpischl et al., 1985).
Fu avvertito in quasi tutta la Penisola, dalla Sicilia a Sud, all’Emilia Romagna e
Liguria a Nord; le regioni più colpite furono la Campania e la Basilicata. Causò
gravi danni in oltre 800 località; furono distrutte complessivamente 75.000
abitazioni e 275.000 furono gravemente danneggiate. Le vittime furono circa
3000, i feriti 10.000. Quindici comuni distribuiti nelle province di Avellino,
Salerno e Potenza furono quasi totalmente distrutti con intensità I≥IX
MCS/MSK: Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Lioni, Santomenna,
Sant’Angelo dei Lombardi, Caposele, Calabritto, San Mango sul Calore, San
Michele di Serino, Pescopagano, Guardia dei Lombardi, Laviano, Sant’Andrea di
Conza, Senerchia e Teora (Fig.1). Numerosi e devastanti furono anche gli
effetti sull’ambiente naturale (Fig.2) intesi come effetti primari, quali fenomeni
di fagliazione superficiale o come effetti secondari, quali frane, fratture nel
suolo, variazioni idrologiche e fenomeni di liquefazione (Porfido et al., 2007;
Serva et al., 2007). Anche l’intensità epicentrale, sulla base della nuova scala
macrosismica denominata Environmental Seismic Intensity scale (Michetti et
al., 2007), che valuta l’intensità esclusivamente sulla base degli effetti
ambientali, risulta essere pari al X grado ESI-07.            Il grave     livello di
danneggiamento ed estesi fenomeni di dissesto idrogeologico, hanno in più casi
condizionato la ricostruzione, talvolta sconvolgendo l’assetto degli originali
insediamenti abitativi. Nell’ottica di esaminare lo stato della ricostruzione a 37
anni di distanza, sono stati eseguiti studi di dettaglio relativi alla resilienza
connessa agli sviluppi urbanistici di tre paesi gravemente colpiti dal terremoto:
Conza della Campania, San Mango sul Calore e Calitri. Il punto di partenza è
costituito dalle relazioni tecniche effettuate immediatamente dopo il sisma per
la programmazione della ricostruzione. In modo particolare sono state
esaminate le microzonazioni sismiche del Progetto Finalizzato Geodinamica -
Consiglio Nazionale delle Ricerche (AAVV, 1983), che realizzò un intervento

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urgente in 39 centri abitati dell’area epicentrale della Campania e Basilicata
colpiti dal terremoto del 23 novembre 1980.

             Figura 1 – Isosiste relative al terremoto del 23 novembre 1980
                          (modificata da Postpischil et al., 1985)

         Figura 2 – Distribuzione degli effetti geologici indotti dal sisma del 1980
                                (Porfido et al., 2002; 2007)

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Il caso di studio di Conza della Campania
Il piccolo paese di Conza della Campania (AV), posto ad una distanza di soli 9
chilometri dall’epicentro del terremoto del 1980, localizzato in Laviano, subì
danni ingentissimi (Fig.3) valutabili con il X grado MCS/MSK (Postpischl et al.
1985) e VIII ESI-07 (Serva et al., 2007). Circa il 90% delle abitazioni crollò ed
il resto risultò seriamente danneggiato, con la perdita di 189 vite umane. Il
danneggiamento fu condizionato dalla cattiva qualità abitativa, per lo più case
prive di fondazioni, addossate le une alle altre, e dalle peculiari condizioni
morfologiche su cui era edificato il paese: due colline costituite da alternanze di
terreni estremamente eterogenei e scadenti (Guelfi et al. (1983).

Figura 3 – Resti attuali (37 anni dopo il sisma del 1980) del paese di Conza vecchia (in alto) e
                           Conza nuova (in basso); foto E.Spiga,2017

Il terremoto indusse inoltre, numerosi effetti ambientali quali fenomeni
gravitativi, fenomeni di costipamento e fratturazione del suolo (Guelfi et al.
1983; Porfido et al., 2002; 2007; Serva et al. 2007). La storia sismica di Conza
della Campania è stata comunque sempre caratterizzata da intensità rilevanti
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fino al IX grado MCS, a seguito degli eventi del 1466, 1517, 1694 e 1732, tutti
con epicentro tra l’Irpinia e la Basilicata (Locati et al., 2016). Attualmente è
classificato nella prima categoria sismica (Delibera Giunta Regionale delle
Campania n.5447 del 2002). Dopo il sisma del 1980 gli abitanti di Conza,
memori della tragedia appena vissuta, scelsero di abbandonare il vecchio
paese, localizzando il nuovo più a valle, a Piano delle Briglie, situato a 4 km
dal nucleo originale, località considerata più sicura dal punto di vista geologico
(Fig.3).

Il caso di studio di San Mango sul Calore
San Mango sul Calore (AV) fu quasi completamente distrutto dal terremoto del
1980, raggiungendo intensità I= IX grado della scala MCS/MSK (Postpischl et
al., 1985) e l’VIII grado della scala ESI-07 (Serva et al., 2007) con la morte di
84 persone (Fig.4). Anche nel passato S. Mango sul Calore ha subito notevoli
danneggiamenti pari al X grado MCS, a seguito del terremoto dell’Irpinia del
1732 (Rovida et al., 2016). Attualmente il paese è classificato nella prima
categoria sismica (Delibera Giunta Regionale delle Campania n. 5447 del
2002). I risultati delle microzonazioni sismiche effettuate dai team del PFG-
CNR (AAVV, 1983), immediatamente dopo l’evento del 1980, evidenziarono
che le cause della distruzione erano da ricondurre da un lato, alla cattiva
qualità abitativa,     alla sfavorevole posizione di cresta, e dall’altro alle
problematiche      geologiche ed idrogeologiche che interessavano tutto il
territorio del paese come le scadenti qualità geotecniche dei terreni di
fondazione e i diffusi fenomeni franosi più o meno accentuati lungo i versanti
(Samuelli-Ferretti e Siro, 1983).

  Figura 4 – San Mango sul Calore immediatamente dopo il sisma del 1980; foto realizzate
                           dal Comune di San Mango sul Calore

Il paese, prima della ricostruzione vera e propria fu dotato di 310 prefabbricati
in legno, di cui 200 in località S. Stefano a 4 km dal centro abitato. Nonostante
le condizioni scadenti del sottosuolo, che successivamente è stato sottoposto a
bonifica e consolidamento, il nuovo paese è stato comunque ricostruito nello
stesso luogo (Fig.5). Le case sono state realizzate in modo moderno e
antisismico, non solo attraverso i finanziamenti nazionali ma anche con il
contributo della comunità internazionale in modo particolare quella canadese.

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      Figura 5 – Panoramica attuale di San Mango sul Calore ricostruito dopo il sisma
                              del 1980 (foto E.Spiga, 2017)

Il caso di studio di Calitri
Calitri, fu colpito dal terremoto del 1980 con una intensità pari all’VIII grado
sia MCS/MSK (Postpischl et al. 1985) sia ESI-07 (Serva et al. 2007), con la
morte di 6 persone. Il paese fu interessato anche da differenti effetti
ambientali quali fenomeni di liquefazione, fratture del suolo e fenomeni
gravitativi. Tra questi, risultò particolarmente devastante l’esteso movimento
franoso (Fig.6) classificato come “slump-earth flow”, che mobilizzò 23 milioni
di m3 di terreno con conseguenze devastanti sull’assetto urbano del centro
storico (Del Prete e Trisorio Liuzzi, 1981; Samuelli-Ferretti e Siro, 1983). Il
paese, analogamente a quanto avvenuto con il sisma del 1980, era già stato
colpito nel passato da fenomeni gravitativi innescati dai terremoti avvenuti nel
1694, 1805, 1910 e 1930, nell’appennino meridionale (Porfido et al., 1991).

                Figura 6 – Danni provocati a Calitri dal movimento franoso
                      a seguito del terremoto del 23 Novembre 1980

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Inoltre, la storia sismica di Calitri è caratterizzata da due terremoti che hanno
indotto un danneggiamento pari al X grado MCS nel 1694 e del IX grado MCS
nel 1910, entrambi con epicentro in Irpinia (Rovida et al., 2016). Anche Calitri
è stato inserito nella prima categoria sismica (Delibera Giunta Regionale delle
Campania n.5447 del 2002).
La comunità di Calitri, estremamente radicata al proprio territorio e alle proprie
tradizioni, nonostante i gravi danneggiamenti provocati dall’ormai storico
movimento franoso, ha comunque deciso di non abbandonare il centro storico
e ricostruire in loco risanando quanto possibile (Fig.7).

                Figura 7 –Panoramica attuale di Calitri (foto E.Spiga,2017)

Conclusioni
In questo studio abbiamo esaminato, a 37 anni dal terremoto dell’Irpinia
Basilicata del 23 Novembre 1980, come le conseguenze degli effetti ambientali
abbiano condizionato le scelte della ricostruzione, sia in situ, sia lontano dal
centro storico originale. Pertanto sono stati studiati i casi dei paesi di Conza
della Campania (X grado MCS/MSK e VIII ESI-07), San Mango sul Calore (I=
IX grado della scala MCS/MSK e VIII grado della scala ESI-07) e Calitri (VIII
grado sia MCS/MSK sia ESI-07), colpiti da gravi fenomeni primari e secondari
sismoindotti. San Mango sul Calore e Calitri, seppure gravemente colpiti da
estesi fenomeni gravitativi hanno ricostruito in sito, restando ancorati alle
proprie radici. A San Mango i prefabbricati in legno, in località S. Stefano sono
stati utilizzati come villaggio turistico, contribuendo allo sviluppo dell’economia
del paese (Fig. 8). A Conza della Campania è stata scelta la delocalizzazione;
tuttavia la comunità ha valorizzato turisticamente il vecchio nucleo urbano
anche grazie alla riscoperta del sito archeologico della Conza di origine romana
e dell’oasi naturalistica del lago artificiale.

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Figura 8 – Villaggio dei prefabbricati in legno post terremoto del 1980 a San Mango sul Calore
    in località S. Stefano attualmente convertito in villaggio turistico (foto E.Spiga, 2017)

Questo studio vuole essere un contributo, in un’epoca denominata
antropocene, alla conoscenza della resilienza della popolazione nell’ambito
della ricostruzione post-sismica (Porfido et al.,2017).

Bibliografia
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