Edilizia penitenziaria in evoluzione? - Associazione Antigone

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Edilizia penitenziaria
in evoluzione?
Lo stato di manutenzione delle nostre carceri lascia
molto a desiderare e sarebbero necessari interventi
strutturali. Si discute invece della costruzione
di nuove carcere, ma le risorse stanziate sono
del tutto inadeguate.

Alice Franchina

Il carcere secondo la Costituzione | XV rapporto sulle condizioni di detenzione
Lo stato fisico delle carceri in Italia non migliora nel tempo. Dall’osservazione
di Antigone degli ultimi anni si possono notare alcune caratteristiche che
restano, nei grandi numeri, essenzialmente invariate: anche nel 2018 in 4
istituti che abbiamo visitato c’erano celle con il wc a vista, e non chiuso dietro
una porta in un ambiente separato, in più della metà delle carceri visitate
c’erano celle senza doccia e in più di un terzo c’erano celle senza acqua calda.
Il riscaldamento non c’è o non funziona ovunque nel 7% delle carceri.

Gli spazi detentivi negli istituti visitati nel 2018

Per consultare i grafici interattivi dell’articolo clicca qui

Sono dati che non variano sensibilmente da diversi anni, e questo significa
che la popolazione detenuta continua a soffrire di mancanze basilari, che si
traducono in lesione di diritti fondamentali, come abbiamo sottolineato l’anno
scorso in questa sede.

Eppure sono diversi gli istituti nei quali sono in corso interventi di
ammodernamento o ristrutturazione: ancora secondo i nostri dati, almeno
nel 37% dei casi vi sono spazi non in uso per lavori o per inagibilità. Ciò che
spesso accade, però, è che gli osservatori riferiscano da un anno all’altro che
vi sono gli stessi spazi degli stessi istituti ancora chiusi, per lavori interrotti o

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mai iniziati.

Lo stato delle carceri è certamente un ambito in cui i fondi ordinari per la manutenzione
non bastano mai, ed è questo un dato piuttosto evidente che i politici di diverso colore
riconoscono costantemente, seppur con accenti diversi, tanto che la costruzione di
nuove carceri è uno dei cavalli di battaglia di tutti i governi. Anche negli ultimi mesi,
il governo ha dichiarato in diverse occasioni la necessità di intervenire sul sistema
carcerario, e la conversione in legge del Decreto Semplificazioni è stata riportata
da molti media come “la firma del nuovo Piano per l’edilizia penitenziaria” da parte
dei ministri Toninelli e Bonafede. In effetti, il Decreto Semplificazioni contiene un
articolo specifico sull’edilizia penitenziaria; l’articolo è il 7, il quale dispone che, ferme
restando le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in termini
di infrastrutture carcerarie, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria
concorra attivamente alle attività relative alla ristrutturazione e/o alla costruzione
di nuovi istituti nei prossimi due anni (termine 31 dicembre 2020). In particolare, i
compiti assegnati al DAP dall’art. 7 (comma 1) sono:

•   “effettuazione di progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione,
    anche straordinaria, degli immobili in uso governativo all’amministrazione
    penitenziaria, nonché per la realizzazione di nuove strutture carcerarie […]
    ovvero per l’aumento della capienza delle strutture esistenti;

•   gestione delle procedure di affidamento degli interventi […], delle procedure di
    formazione dei contratti e di esecuzione degli stessi […];

•   individuazione di immobili, nella disponibilità dello Stato o di enti pubblici
    territoriali e non territoriali, dismessi e idonei alla riconversione, alla permuta,
    alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi al fine della loro
    valorizzazione per la realizzazione di strutture carcerarie”.

Seppure non ci sembra che il solo art. 7 delinei un nuovo “piano”, che è invece un
insieme ordinato e ragionato di interventi che concorrano a un obiettivo specifico,
alcuni fatti sono però interessanti.

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Diversi osservatori riportano come la relazione illustrativa del Decreto evidenzi
che la collaborazione tra DAP e MIT costituisca un’alternativa all’intervento del
Commissario Straordinario che ha rappresentato in questi anni una delle criticità
dell’attuazione del Piano Carceri del 2010: in particolare, diversi aspetti problematici
erano legati alla eccessiva lunghezza dei tempi intercorrenti tra la progettazione
e la realizzazione e alla sostanziale estraneità dell’amministrazione penitenziaria
rispetto agli interventi edili. Probabilmente un maggiore coinvolgimento del DAP
potrebbe (o dovrebbe nell’ottica del legislatore) portare a un’accelerazione dei
tempi in questo senso.

Altro aspetto degno di nota è poi il forte accento posto sulla possibilità di
ristrutturazione di fabbricati o di riconversione a carceri di edifici nella disponibilità
dello Stato, e ciò costituisce senza dubbio una novità rispetto al passato. Anche
dal punto di vista retorico, l’enfasi era sempre stata posta sulla costruzione di nuovi
edifici, lontani dai centri abitati e tecnologicamente infallibili, che rappresentassero
anche simbolicamente una nuova sicurezza per i cittadini liberi. L’ipotesi che invece
edifici dismessi possano essere riconvertiti ci sembra certamente più interessante
almeno per due ragioni: una diminuzione del consumo di suolo e una più probabile
vicinanza degli edifici ai centri urbani (cosa che generalmente consente un rapporto
più aperto con la città, una comodità per i parenti delle persone detenute, e una
semplificazione dei percorsi per gli operatori ed i detenuti che svolgono lavori
esterni).

Tuttavia, alcune note di criticità sono invece legate alla questione finanziaria. Il
comma 4 dell’art. 7 dispone che “All’attuazione delle disposizioni di cui al presente
articolo si provvede nel limite delle risorse finanziarie disponibili a legislazione
vigente destinate all’edilizia penitenziaria” e questo apre a diverse considerazioni.
Da una parte vi sono gli stanziamenti ordinari della Legge di Bilancio 2019 che
riportano due voci relative all’edilizia penitenziaria: una, afferente al MIT, è
“Infrastrutture carcerarie” con uno stanziamento pari a circa 95 milioni di euro per
il 2019 e 30 milioni per il 2020; l’altra, afferente al Ministero della Giustizia (DAP), è
“Realizzazione di nuove infrastrutture, potenziamento e ristrutturazione nell’ambito
dell’edilizia carceraria” con uno stanziamento di circa 43 milioni per il 2019, 52
milioni per il 2020 e 58 per il 2021. Per il 2019 quindi sarebbero complessivamente
a disposizione circa 138 milioni di euro. Queste somme risultano in effetti maggiori

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rispetto alle stesse stanziate nella Legge di Bilancio 2018 (rispettivamente per il MIT,
80 milioni (2018), 85 (2019), 30 (2020); per il Ministero della Giustizia 32 milioni (2018),
33 (2019), 33 (2020)), con una maggiorazione di circa 20 milioni complessivi per il
2019. Tuttavia, va considerato che questi sono i fondi ordinari stanziati per l’edilizia
penitenziaria, e che dunque sono da intendere ai fini delle disposizioni dell’art. 7 del
Decreto Semplificazione solo i 20 milioni “in più”, rispetto allo stanziamento previsto
nella Legge di Bilancio 2018.

Un’altra fonte dalla quale potrebbero provenire dei fondi deriva da un altro
provvedimento contenuto nella Legge di Bilancio 2019: in particolare l’art. 1 comma
591 dispone che le risorse non utilizzate del Fondo per l’attuazione della riforma
dell’ordinamento penitenziario, possano essere destinate ad “interventi urgenti
di edilizia penitenziaria e manutenzione ordinaria e straordinaria sugli immobili
dell’amministrazione penitenziaria e minorile”. Il provvedimento fa riferimento
al “Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento
penitenziario”, istituito dalla legge di Bilancio 2018, il quale disponeva lo stanziamento
di 10 milioni di euro per l’anno 2018, 20 milioni per il 2019, 30 milioni annui a decorrere
dall’anno 2020. Il comma 591 della nuova legge di Bilancio 2019 ne autorizza l’impiego,
se non utilizzati per i fini specifici della riforma, anche per edilizia carceraria. Tuttavia
un intervento nella Sezione II della stessa legge ha contestualmente ridotto della
metà questo stanziamento per il 2019 (10 milioni).

Essenzialmente dunque, una parte dei fondi stanziati per l’attuazione della riforma,
già esigui, già decurtati, vengono messi a disposizione anche per l’edilizia.
Ciò che emerge da questo complesso quadro economico sarebbe dunque che, a
copertura delle disposizioni dell’art. 7 del Decreto Semplificazione, ci sarebbero
circa 20 milioni derivanti dalla legge di Bilancio del 2019 e una quota non specificata
di 10 milioni derivanti dal Fondo per l’attuazione della riforma dell’ordinamento
penitenziario. Ciò che chiediamo a questo punto è se queste cifre siano commisurate
allo scopo. Infatti, se si considera che il Piano Carceri del 2010 aveva uno stanziamento
di circa 460 milioni di euro e che alla fine del 2014 ne sono stati spesi circa 52, con il
risultato, sotto gli occhi di tutti e documentato dall’osservazione di Antigone, che lo
stato delle carceri italiane non risulta strutturalmente migliorato, basteranno meno
di 30 milioni di euro in due anni per dar corso alle ipotesi delineate dall’art. 7?

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Queste considerazioni sull’edilizia penitenziaria viaggiano in parallelo rispetto alla
battaglia che Antigone ha sempre portato avanti rispetto alla necessità o meno
degli interventi di costruzione di nuove carceri, specialmente in un panorama di
risorse economiche sempre più esigue, e di rinnovato aumento delle presenze in
carcere. Ci sembra infatti che la risposta all’aumento della popolazione detenuta
non sia univocamente determinato nella costruzione di nuovi istituiti: una maggiore
apertura delle maglie del carcere verso l’utilizzo delle pene alternative contribuirebbe
non solo a “svuotare” le prigioni, e quindi favorire il miglioramento dell’atmosfera
detentiva, ma anche e soprattutto a realizzare in maniera più coerente il dettato
costituzionale che impone che la pena non sia afflittiva e sia tesa al reinserimento
sociale della persona condannata.

Ci auguriamo dunque che il discorso e il confronto politico siano più incentrati sulla
garanzia della dignità delle persone condannate e detenute, e che nei prossimi
anni i nostri rapporti registrino nuovi numeri, nuove percentuali e nuovi spazi.

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associazione antigone
via Monti di Pietralata, 16
00157 Roma
www.antigone.it

maggio 2019

isbn 978-88-98688-27-2

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