Donne e uomini nelle professioni. Uguali o diversi?
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Donne e uomini nelle professioni. Uguali o diversi? Bologna, 15 febbraio 2013 LA PROFESSIONE AL FEMMINILE – PROPOSTE DI AZIONI POSITIVE L’ingresso delle donne nelle attività libero professionali regolamentate risale ai primi del 1900, ma è avvenuto con molte difficoltà ed ha richiesto il superamento di ostacoli, anche di carattere giuridico. Devono passare però parecchi decenni perché il fenomeno diventi rilevante. Con l’aumento della scolarizzazione femminile, i migliori risultati raggiunti negli studi rispetto agli uomini, una maggiore apertura delle famiglie e della società ad accettare il lavoro della donna fuori dalla famiglia, il numero delle donne che si iscrivono agli Ordini e Collegi professionali è infatti aumentato. Tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso le donne entrano anche nelle professioni che fino ad allora erano state di quasi esclusivo appannaggio maschile e negli ultimi 20/30 anni in alcune di esse le nuove iscrizioni le vedono addirittura prevalere numericamente sugli uomini. In alcune professioni la presenza femminile ha quasi raggiunto o superato il 50% (consulenti del lavoro, psicologi…), nelle professioni tecniche la presenza non è ancora così importante, ma è comunque tendenzialmente in aumento.
Le ricerche effettuate sulle differenze reddituali tra uomini e donne che esercitano le professioni regolamentate, e la scarsa presenza delle donne negli organismi di vertice, dimostrano che le “pari opportunità” nelle libere professioni non sono ancora state raggiunte. Dalle analisi, e dalla conoscenza diretta, del mondo delle libere professioni emergono alcune diffuse peculiarità che contraddistinguono la professione “al femminile”: - Dimensioni ridotte degli Studi - Attività prevalentemente esercitata in forma individuale - Scarsa attitudine all’aggregazione - Possibile discontinuità dovuta agli eventi che richiedono la cura delle donne - Attività non esercitata a tempo pieno ed alcuni punti di debolezza: - Le gravidanze - I primi anni di vita dei figli - La cura degli anziani - I problemi di conciliazione vita – famiglia – lavoro Poiché anche in Italia ci si è resi conto ormai di quanto le evidenze internazionali mostrano da tempo, e cioè di tutti i possibili benefici che possono derivare da una maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro, in particolare nei ruoli di vertice e decisionali, è indispensabile identificare azioni che possano facilitare tale partecipazione. 2
LE PROPOSTE Confprofessioni Emilia Romagna ha presentato tre proposte alla propria Regione che vanno nel senso indicato. Confprofessioni ritiene che sia giunto il momento di riconoscere alle libere professioni la funzione sociale e l’importante ruolo nello sviluppo socio-economico regionale che è legato sempre più alla conoscenza, alla crescita delle competenze nel capitale umano e nell’apprendimento. Ritiene pertanto che sia giunto il momento nel quale i liberi professionisti con le loro competenze, esperienze e conoscenze possono aiutare il Paese e la loro Regione. Supportare inoltre il lavoro delle donne nell’economia in generale, e nelle libere professioni in particolare, può rappresentare una vera risorsa per la ricrescita. A tal fine propone l’istituzione di una Consulta delle professioni, di un tavolo quindi di consultazione, confronto e coordinamento tra gli organi della Regione e le attività professionali. In primo luogo occorre fare chiarezza tra libere professioni e servizi organizzati in forma d’impresa. La nostra legislazione distingue le due diverse forme di attività, ma la crescita dimensionale di alcuni studi professionali e l’esistenza di microimprese di servizi, o di imprese che svolgono attività complementari a quelle tipiche della libera professione, confonde forse la percezione. 3
Il mondo delle professioni è ampio e diversificato e spesso non è chiara la sua composizione. Questo forse è uno dei punti di debolezza dei professionisti. La P.A. ha difficoltà a riconoscere gli interlocutori, ma esistono precisi criteri di rappresentanza che consentono di poter avere tutte le realtà professionali a confronto. Con il termine “libere professioni intellettuali” intendiamo tante professioni che operano in diversi ambiti (sono 27 le professioni regolamentate) ma che possono essere raggruppati in 4 macroaree di competenza: area sanità e salute, area economia e lavoro, area diritto e giustizia, area ambiente e territorio. Nel mondo delle libere professioni abbiamo: gli ORDINI PROFESSIONALI, cioè gli Enti pubblici di autogoverno delle professioni, che hanno il compito di tutelare la fede pubblica, garantire la qualità e la formazione degli iscritti, il rispetto della deontologia professionale ed hanno potere disciplinare sugli iscritti. Essi sono articolati in Ordini e Collegi a competenza territoriale (prevalentemente provinciale, a volte coordinati in aggregazioni regionali) e Consigli o Federazioni Nazionali; le ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI, recentemente regolamentate dalla legge, che sono enti di natura privatistica, senza vincolo di rappresentanza esclusiva, che associano chi esercita professioni non regolamentate e sono costituiti su base volontaria, alcune avranno 4
rilevanza nazionale o regionale, ma occorrerà identificare i criteri di vera significatività; Le ASSOCIAZIONI SINDACALI, che hanno la rappresentanza dei liberi professionisti, la tutela dei loro interessi e che, riunite in Confprofessioni o comunque aggregate, sono riconosciute parte sociale ed hanno la rappresentanza datoriale dei professionisti sottoscrivendone il CCNL di categoria. Sarà questo quindi il criterio di rilevanza. La Consulta dovrà essere costituita nel rispetto di equi criteri di rappresentanza di genere, come indicato dalle raccomandazioni europee e nazionali, ma soprattutto per poter avere una rappresentazione di tutti gli aspetti delle professioni, che abbiamo visto essere significativamente diversi quando vi è differenza di genere. E’ inoltre importante approfittare della completa visione che nasce proprio dalla gender diversity. La costituzione della Consulta consentirà ai rappresentanti delle libere professioni di formulare proposte ed esprimere pareri su atti di programmazione e proposte di legge inerenti le libere professioni, ma anche di avere un ruolo consultivo negli ambiti di competenza delle diverse professioni. Una maggiore interazione tra le professioni - con le proprie rappresentanze di genere - e la Regione, consentirà di identificare idonee politiche per sostenere e potenziare lo sviluppo delle attività 5
professionali, agevolare il superamento delle criticità che limitano l’attività femminile, ma anche di approfittare delle competenze e della conoscenza dei professionisti per migliorare i processi amministrativi e le azioni di governo. La seconda proposta “PROMUOVERE E SOSTENERE IL COWORKING” come nuova forma di sinergia per le giovani (e meno giovani) professioniste, parte da un’ idea di condivisione di spazi che in realtà si propone di ottenere risultati che possono rappresentare una vera e propria azione di sistema. Il Coworking consiste nella condivisione di un ambiente di lavoro con mantenimento di una attività indipendente, ma consente anche di condividere servizi, attrezzature e di sviluppare tutte le potenzialità che si possono attivare attraverso il contatto con altre professioniste, con talenti e competenze. Nel coworking per le libere professioni si possono sviluppare, in un ambiente di lavoro aperto a più persone che operano comunque individualmente, spazi condivisi che comprendono sale riunioni, spazi riservati ai bimbi, cucina per pasti veloci, zona relax, uffici, scrivanie, strumenti, reti… Possono essere attivati anche servizi collettivi come il cobaby, il doposcuola, servizi di segreteria e amministrativi, convenzioni con attività artigianali di aiuto per la casa e la persona. 6
Infine potrebbero nascere opportunità di lavoro per effetto della multidisciplinarietà dei professionisti, nonchè possibilità di integrare le offerte professionali per i clienti. Oltre a potenziare la crescita dimensionale degli Studi, il coworking costituirebbe un aiuto alla conciliazione. Mamme (ma anche papà che aderissero all’iniziativa) avrebbero l’opportunità di avere accanto i figli accuditi con professionalità e senza i tempi rigidi dettati dagli orari dell’offerta pubblica di servizi. Si potrebbero ottenere aiuti nello svolgimento di attività quotidiane che si concretizzerebbero in richieste di servizi che a loro volta stimolerebbero l’espansione di un mercato in Italia poco sviluppato, proprio perché riguarderebbero quelle attività che vengono svolte normalmente dalla donna e che ne trattengono normalmente il lavoro all’interno della famiglia. In realtà così concepite potrebbero trovare spazio e possibilità di lavoro anche le donne, in possesso di titoli ed esperienze, che a causa della crisi hanno perso il posto di lavoro occupato per anni nell’ambito di imprese che la crisi ha costretto al licenziamento. Il ricollocamento, nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, di professionalità elevate raggiunte da persone ormai a metà della vita professionale non è certo facile. In questo modo potrebbero invece essere d’aiuto alle giovani professioniste e trovare comunque la possibilità di esercitare la loro professione. 7
Non è da sottovalutare infine che tramite accordi con gli Enti locali si possano identificare proprietari di immobili situati in aree poco utilizzate o poco frequentate, come alcuni centri storici, o aree che la chiusura di molte attività commerciali o imprenditoriali ha impoverito, che siano disponibili alla locazione a canoni convenzionati. In cambio potrebbero essere concesse agevolazioni fiscali o amministrative. Allo stesso modo potrebbero essere coordinati gli accordi con le attività di servizi. Tutto ciò potrebbe quindi giovare al recupero di edilizia non utilizzata ma anche il recupero alla vitalità di aree che correrebbero il rischio di impoverirsi di servizi e persone. La terza proposta formulata riguarda la formazione trasversale delle libere professioniste. Poichè ai fini della destinazione dei fondi europei si riconosce l’equiparazione dei liberi professionisti alle pmi (equiparazione non rilevante ai fini giuridici, ma solo per la destinazione dei fondi), si ritiene che vi possano essere finalmente risorse anche per le donne che svolgono le libere professioni. La proposta è di offrire alle libere professioniste una formazione trasversale. Gli obiettivi che questa formazione dovrebbe porsi riguardano: - Il rafforzamento della capacità organizzativa - L’approccio a strumenti che facilitino l’aggregazione e la crescita dimensionale degli studi 8
- I nuovi strumenti di comunicazione - La pianificazione e la gestione del tempo - Il potenziamento della capacità di leadership L’aiuto che può derivare da questa formazione, normalmente non compresa nell’ampia offerta formativa di carattere tecnico e specifico messa già a disposizione dagli Ordini professionali e dagli Enti di formazione già presenti sul mercato, è funzionale al miglioramento strutturale delle attività libero professionali delle donne e alla loro crescita di consapevolezza. Le differenze di genere derivano anche da fattori culturali. Persistono pregiudizi non favorevoli alla presenza delle donne nell’economia e nella società, che si accentuano in determinate aree geografiche ed in determinati settori di attività. Un grande lavoro dovrà essere portato avanti anche in questo senso, ma la nostra Regione è forse tra le più favorevoli a riconoscere il giusto ruolo della donna. 9
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