Doha: un Mondiale di atletica "caldissimo"! Italvolley, così non va - IVG

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Doha: un Mondiale di atletica "caldissimo"! Italvolley, così non va - IVG
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      Doha: un Mondiale di atletica “caldissimo”! Italvolley, così
      non va
      di A. Ivaldi e G. Dorati
      01 Ottobre 2019 – 15:13

      Venerdì sono iniziati i Mondiali di atletica leggera. La città dove ha luogo la
      manifestazione è Doha, capitale del Qatar. Non ci vogliamo concentrare però sul probabile
      dominio africano nelle prove di fondo o del primo Mondiale senza Usain Bolt. E nemmeno
      delle scarse possibilità di medaglia per gli atleti azzurri, nonostante Filippo Tortu abbia
      riportato l’Italia in finale mondiale dei 100 metri dopo 32 anni (ha chiuso settimo in
      10”07). Bensì del caldo e dell’umidità, le vere protagoniste della manifestazione.

      Doha si trova nel Qatar, un piccolo stato della penisola arabica che si affaccia sul golfo
      persico di fronte all’Iran. Trovandosi al di sopra dell’equatore la stagione attuale è
      l’estate. E vista la predominanza di terreno roccioso e deserto, il clima è caldissimo,
      amplificato dal riscaldamento globale. Infatti le temperature possono arrivare fino a 46°C,
      con un’umidità altissima causata dall’evaporazione dell’acqua del golfo persico.

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      Ecco, forse, non proprio le condizioni migliori per disputare un mondiale sportivo. E in
      particolare l’atletica leggera, uno sport estremamente faticoso in alcune sue discipline.
      Proprio per cercare di aggirare il problema climatico del caldo, il più grande evento
      dell’atletica è stato ritardato di un mese rispetto al solito periodo in cui si svolge la
      manifestazione, cioè fine agosto. Un po’ come accadrà per i Mondiali di calcio del 2022, in
      programma in Qatar tra novembre e dicembre.

      Le temperature alte sono fronteggiate nel lussuoso stadio di Doha addirittura con l’utilizzo
      dell’area condizionata, generata da un sistema di climatizzazione composto da 3.000
      bocchettoni che sparano area gelata, mantenendo la temperatura nella pista e sulle
      tribune intorno ai 25°C.

      Il problema non si è però risolto nelle prove di maratona e marcia, svoltesi per la strade
      di Doha. Per arginare il caldo asfissiante le gare sono state messe in programma a orari
      inconsueti. Infatti la loro partenza è stata fissata intorno alle undici/mezzanotte, con
      l’arrivo per le tre-quattro di mattina a seconda della lunghezza delle prove.

      Incredibile è stata la maratona femminile di 42 km di venerdì notte. La corsa è stata
      una e vera propria lotta di sopravvivenza contro i 32°C (più di 40 i percepiti) e quasi
      l’80% di umidità. Nonostante litri e litri d’acqua, spugnette e impacchi di ghiaccio,
      tantissime atlete si sono ritirate (come le tre etiope favorite) stremate dalla fatica e dai
      problemi derivanti dalle condizioni proibitive. Una maratona a eliminazione, dove barelle
      e svenimenti la hanno fatta da padroni: 68 le atlete partite, 28 quelle che non sono
      riuscite a concludere la gara, tra cui le azzurre Epis e Dossena, uscite in sedia a rotelle. La
      seconda ha dichiarato: “Non respiravo, il mio fisico è esploso e sono svenuta. Volevo
      continuare ma riesco a malapena a camminare”. Le ragazze che hanno terminato la prova
      (vinta dalla keniana Chepngetich) hanno impiegato 15 minuti in più rispetto alla media:
      maratona più lenta della storia. Invece sono 30 le atlete finite al pronto soccorso.
      Polemiche a non finire. Questo si può definire sport?

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      Discorso analogo per le prove maschili, con collassi e svenimenti continui, e la marcia 50
      km femminile, dove la nostra Eleonora Giorgi ha centrato il bronzo: ha resistito alle
      fatiche e ai momenti di crisi arrivati in più occasioni, dove in preda a problemi di stomaco
      ha sofferto anche di conati di vomito, riuscendo però a battere caldo e umidità, portando a
      casa il terzo posto finale e la prima medaglia della spedizione azzurra.

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      Condizioni climatiche quasi impossibili che hanno messo a rischio la salute delle atlete e
      degli atleti. E sapete di chi è la colpa? Del dio denaro e del business qual è diventato
      lo sport. Come tutto il sistema attuale mondiale, anche lo sport è finito per vivere in
      funzione del denaro. Perché svolgere i Mondiali di atletica in un posto così caldo?
      Semplice, perché gli sceicchi locali grazie alla manifestazione fanno i propri enormi
      interessi, producendo introiti e ricavi ultra milionari/miliardari. Non a caso il presidente
      del Paris Saint Germain, lo sceicco di Qatar Nasser Al-Khelaifi, è attualmente indagato per
      corruzione a causa di una tangente versata nel 2011 nelle tasche dell’allora presidente
      della IAAF (la Federazione internazionale dell’atletica), Lamine Diack, al fine di indurlo
      ad assegnare la competizione del 2019 a Doha. Che tristezza. Questo non è lo sport
      che ci piace.

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      Grande delusione. Dopo aver conquistato il pass per le Olimpiadi che si disputeranno a
      Tokyo nel 2020, tutti gli appassionati italiani di volley erano in estasi. Quel grande
      traguardo aveva permesso infatti alla Nazionale di Gianlorenzo Chicco Blengini di
      guadagnarsi l’etichetta di outsider per l’Europeo conclusosi questa domenica,
      competizione nella quale purtroppo però non abbiamo recitato un ruolo da protagonisti.

      L’obiettivo minimo per il sestetto azzurro era raggiungere i quarti di finale, sperando poi
      di proseguire il proprio cammino per giocarsi una possibile medaglia. Esso effettivamente
      è stato raggiunto, ma non riuscire a essere nemmeno tra le quattro migliori d’Europa ha
      gettato alcune ombre sulla nostra Nazionale.

      Gli ostacoli del nostro girone erano rappresentati da Bulgaria e Francia, selezione forte,
      aiutata anche dal fattore campo (il girone degli azzurri si è infatti disputato a Montpellier).
      Dopo la prima agevole vittoria all’esordio (giovedì 12 settembre) contro il Portogallo,
      Zaytsev e compagni sono scesi in campo il giorno successivo contro la Grecia, considerata
      anch’essa come vittima sacrificale del girone.

      Gli ellenici però si sono dimostrati ostici soprattutto al servizio, obbligando l’Italia a
      incrementare la propria prestazione per riuscire a vincere. È stato poi il turno della
      Romania, sconfitta 3-1 dagli uomini di Blengini. I set persi contro queste due nazionali di
      non primissimo rango, avevano dato vita a diversi interrogativi sugli azzurri che, contro la
      Bulgaria, erano già chiamati a dare delle risposte. Prestazione sublime, vittoria
      conquistata e punteggio pieno così come la Francia, ultima avversaria del girone per i
      nostri.

      I transalpini, al match di mercoledì 18 settembre, si sono presentati con una squadra molto
      rimaneggiata, che però non gli ha impedito di imporre il proprio gioco e il proprio dominio.
      Troppa Francia per l’Italia quindi, che si è rassegnata al secondo posto arrendendosi per 3
      set a 1.

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      Domenica 22 è stata poi la volta degli ottavi di finale, turno nel quale gli azzurri erano
      chiamati ad affrontare la non irresistibile Turchia. 3-0 per i nostri il risultato finale, che
      ha permesso a Juantorena e compagni di presentarsi ai quarti di finale per cercare la
      rivincita contro i francesi.

      Mercoledì 24, milioni di appassionati italiani e non, credevano nell’impresa della nostra
      Nazionale che, però, è stata letteralmente travolta. Boyer e compagni hanno infatti
      annichilito l’Italia, capace di giocarsi soltanto il secondo set (dove oltretutto ha sprecato
      tre set point, con due errori consecutivi di Zaytsev).

      Imbarazzante a tratti la superiorità dei transalpini nel primo e nel terzo parziale, dove un
      dolorante Juantorena (colpito da un terribile mal di schiena) e un impreciso Zaytsev
      (solo 7% in attacco) non sono riusciti a trascinare la nostra Nazionale come si pensava.

      Questo con buona pace della Francia che, però, è poi arrivata solamente quarta,
      arrendendosi prima in semifinale al tie-break contro la Serbia e poi contro la Polonia nella
      finale per il terzo/quarto posto.

      Per certi versi clamoroso l’epilogo dell’Europeo, che ha visto proprio la formazione serba
      trionfare per 3-1 ai danni di quella slovena. Cuore, grinta e concretezza hanno permesso
      ad Atanasijevic e compagni di salire sul tetto d’Europa (esatto, proprio il sestetto da
      noi annichilito nel preolimpico), permettendoci di porre una riflessione.

      La nostra Nazionale, per giocare bene, ha spesso bisogno di appellarsi a Zaytsev e
      Juantorena, fuoriclasse assoluti che però, iniziano ad avere una certa età. L’italo-cubano
      ha infatti 34 anni e, il romano (nostro capitano), sta per compierne 31 (li farà il 2 ottobre).
      Sicuramente potranno difendere i nostri colori ad alti livelli per altre tre o quattro stagioni,
      ma probabilmente sarebbe il caso di iniziare a cercare delle valide alternative.

      Le Universiadi di volley sono state vinte proprio dalla nostra Nazionale e, in altri

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      tornei giovanili, l’Italia è comunque riuscita a ottenere ottimi risultati. La proposta è
      quindi quella di iniziare a inserire gradualmente i giovani nel sestetto. La nostra
      nazione ne possiede infatti diversi bravi e talentuosi, come abbiamo potuto vedere durante
      la Volleyball Nations League.

      Russo, Cavuto, Lavia e tanti altri, loro rappresentano il futuro e l’augurio è che possano
      trovare sempre più spazio.

      L’appuntamento con la nostra amata Italia è adesso alla prossima estate, quando i
      ragazzi di Blengini si presenteranno a Tokyo in cerca di riscatto. L’Italia non smette
      mai di stupire e chissà che non possa regalare a tutti i suoi tifosi una splendida gioia a
      cinque cerchi.

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