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Diario quotidiano del 27 aprile 2015: l’IVA non si riscuote due volte e
se l’Amministrazione nega la detrazione non può rifiutare al fornitore
la restituzione della stessa imposta pagata a seguito di accertamento

Pubblicato il 27 aprile 2015

prescrizione decennale per i rimborsi Iva; parte l’operazione Tfr in busta paga; schemi dei decreti
attuativi della legge delega per la riforma del sistema fiscale; la residenza fiscale in Italia non
comporta l’applicazione dell’IVA di tutte le cessioni; l’Iva non si riscuote due volte; presentazione
istanze per la concessione degli sgravi contributivi per i contratti di solidarietà; disponibili sul
web delle Entrate le quotazioni immobiliari del II semestre 2014; enti locali: video-corso
gratuito per revisori; DEF 2015: approvata risoluzione di maggioranza; società non quotate: il
Consiglio Nazionale dei Commercialisti risponde al MEF sulla rendicontazione finanziaria

 Indice:
 1) Prescrizione decennale per i rimborsi Iva
 2) Parte l’operazione Tfr in busta paga
 3) Schemi dei decreti attuativi della legge delega per la riforma del sistema fiscale
 4) La residenza fiscale in Italia non comporta l’applicazione dell’IVA di tutte le
cessioni
 5) L’Iva non si riscuote due volte
 6) Presentazione istanze per la concessione degli sgravi contributivi per i contratti
di solidarietà
7) Disponibili sul web dell Entrate le quotazioni immobiliari del II semestre 2014
 8) Enti locali: video-corso gratuito per revisori
 9) DEF 2015: approvata risoluzione di maggioranza
10) Società non quotate: il Consiglio Nazionale dei Commercialisti risponde al MEF
sulla rendicontazione finanziaria

1) Prescrizione decennale per i rimborsi Iva

L’Agenzia delle entrate riconosce il diritto al rimborso dell’Iva ai contribuenti che, pur non
avendo presentato l’apposito modello VR, abbiano presentato la richiesta entro il termine di
prescrizione decennale; in considerazione del consolidamento in tal senso della giurisprudenza
della Corte di cassazione, l’amministrazione abbandona dunque la tesi del termine di decadenza
biennale.

Lo ha reso noto il 23 aprile 2015 il sottosegretario all’Economia e Finanze, in risposta a
un’interrogazione parlamentare in commissione finanze della camera. Una buona notizia,
dunque, per i molti contribuenti «distratti» che, pur avendo evidenziato il credito Iva

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rimborsabile, soprattutto nell’ultima dichiarazione per cessata attività, non avevano azionato la
procedura di rimborso attraverso la presentazione del rituale modello VR, salvo poi sollecitare
all’ufficio finanziario la restituzione del credito presentando un’istanza di rimborso «anomala».
La questione, oramai superata dall’abrogazione del modello VR e dal ripristino della richiesta di
rimborso all’interno della dichiarazione annuale, ha dato origine a un consistente contenzioso
circa l’assoggettamento dell’istanza di rimborso «anomala» al termine di prescrizione decennale
ai sensi del codice civile, oppure alla decadenza biennale prevista, in via residuale, dall’art. 21
del dlgs n. 546/92.

La Corte di cassazione, come ricorda l’esponente del governo, ha tenuto un atteggiamento
altalenante, che ha fatto sfumare il credito Iva dei moltissimi sfortunati contribuenti incappati
nell’orientamento a loro sfavorevole. Per i casi ancora aperti, dunque, preso atto dell’evoluzione
giurisprudenziale della Corte suprema verso la tesi della prescrizione ordinaria, l’Agenzia fa
sapere che si adeguerà e riconoscerà il diritto al rimborso richiesto entro il termine decennale,
subordinatamente alla dimostrazione, da parte del contribuente, della sussistenza dei relativi
presupposti.

Assimilazioni all’abitazione principale

Un’altra risposta al question time è relativa al problema delle possibili assimilazioni
all’abitazione principale delle case in Italia degli italiani residenti all’estero.Chi non è pensionato
all’estero non ha diritto all’agevolazione e dovrà pagare l’Imu e l’eventuale Tasi prevista per le
seconde case.

Il sottosegretario all’Economia ha spiegato che l’autonomia dei comuni nell’estensione delle
assimilazioni non può essere reintrodotta, perché avrebbe bisogno di una modifica normativa
con relativa copertura finanziaria. Pertanto, l’assimilazione resta solo per l’unico immobile
posseduto da italiani residenti all’estero se titolari di pensione, anche d’invalidità, nel Paese di
residenza, ma non se l’assegno è erogato dallo Stato italiano.

L’agevolazione è circoscritta a un solo immobile posseduto in Italia, a titolo di proprietà o
usufrutto, dai residenti all’estero iscritti all’Aire, a condizione che non sia locata o data in
comodato d’uso.

Sui limiti ai contanti nessuna disparità di trattamento

Nessuna disparità di trattamento tra operatori di diversa nazionalità nelle misure di contrasto
all’evasione fiscale che limitano l’uso del contante, piuttosto una maggiore tracciabilità dei
movimenti finanziari. È quanto ha chiarito il sottosegretario all’Economia in Commissione
Finanze nel delineare il quadro degli strumenti da adottare per combattere evasione ed elusione
fiscale.

L’Agenzia delle entrate, come noto, svolge istituzionalmente attività di controllo sul fronte
dell’individuazione dei fenomeni evasivi ed elusivi attraverso un’attenta analisi del rischio e
selezione basata sul patrimonio informativo.

La disciplina che limita l’impiego del contante, in particolare, impedisce ai cittadini italiani di
effettuare pagamenti superiori a 1.000,00 euro senza però determinare un vantaggio

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competitivo a favore degli stranieri.

La deroga dei pagamenti oltre i 999,99 euro e fino ai 15mila euro è fruibile solo a condizione che
ci sia stata una comunicazione preventiva all’Agenzia delle entrate dove occorrerà indicare il
conto che il cedente del bene o il prestatore del servizio intende utilizzare. A questo punto il
commerciante o l’agenzia dovranno richiedere fotocopia del passaporto del turista unitamente
ad un’autocertificazione di non possedere «la cittadinanza italiana né di uno dei paesi Ue o dello
Spazio economico europeo e che non è residente in Italia».

In definitiva, nessuna disparità di trattamento tra i soggetti di diversa nazionalità, piuttosto il
raggiungimento di un doppio fine:

– maggiore tracciabilità dei movimenti finanziari di capitai illeciti;

– contrasto ad evasione ed elusione fiscale.

Indeducibilità costi black list, la convenzione non basta

Gli accordi contro le doppie imposizioni al centro dei chiarimenti dell’amministrazione. L’attuale
indeducibilità dei costi black list opera anche se il paese del fornitore ha stipulato con l’Italia una
convenzione contro le doppie imposizioni. Gli stati contraenti possono infatti prevedere
limitazioni del principio di non discriminazione sancito dall’articolo 24 del modello Ocse, quando
ciò è volto a evitare comportamenti elusivi e frodi fiscali. È quanto ha precisato il sottosegretario
all’Economia rispondendo il 23 aprile 2015 presso la commissione finanze della camera a
un’interrogazione parlamentare.

2) Parte l’operazione Tfr in busta paga

Parte l’operazione Tfr in busta paga. Chi fa domanda entro il 30 aprile, prima scadenza utile,
avrà diritto a ricevere la Quir (quota integrativa della retribuzione, cioè la quota maturanda
mensile di Tfr) da maggio 2015 a giugno 2018 con erogazione sui cedolini paga degli stessi
mesi. Dovranno aspettare la busta paga di agosto, invece, i dipendenti di datori di lavoro che
occupano fino a 49 addetti e accedono al finanziamento garantito Inps, perché in tal caso
l’erogazione (solo l’erogazione) è posticipata di tre mesi: a chi fa domanda entro fine mese, la
Quir sarà erogata sui cedolini relativi ai mesi da agosto 2015 (Quir maggio 2015) a settembre
2018 (Quir giugno 2018). La domanda va presentata al datore di lavoro che ha il compito di
verificare la sussistenza di requisiti e condizioni per ricevere il Tfr in busta paga. Lo precisa, tra
l’altro, l’Inps nella circolare n. 82 del 23 aprile 2015.

Tfr in busta paga. L’operazione, introdotta dalla legge Stabilità 2015, doveva operare per 40
mesi, cioè da marzo 2015 a giugno 2018. Il ritardo della pubblicazione del dpcm attuati, però,
ha fatto slittare il tutto di due mesi. Insomma, i mesi di Quir che si possono avere sono massimo
38: da maggio 2015 (non prima) a giugno 2018.

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Requisiti e condizioni: L’operazione interessa solo i lavoratori dipendenti del settore privato
(esclusi domestici e agricoli), in possesso d’anzianità aziendale di almeno sei mesi e che non
abbiano disposto il Tfr a garanzia di un finanziamento. Invece, non è ostativa l’eventuale
iscrizione alla previdenza integrativa, in forma esplicita o implicita.

3) Schemi dei decreti attuativi della legge delega per la riforma del sistema fiscale

Come è noto, il Consiglio dei Ministri del 21 aprile 2015, ha approvato in via preliminare i primi
schemi dei decreti legislativi di attuazione delle legge delega per la riforma del sistema fiscale
(;egge n. 23 del 2014).

Gli schemi varati, in base alle notizie che, in tale ambito, Assonime (come avverte nella nota del
23 aprile 2015) ha raccolto, sono tre e riguardano, rispettivamente, la crescita e
l’internazionalizzazione delle imprese, le disposizioni sulle certezza del diritto nei rapporti tra
fisco e contribuente e la trasmissione telematica dei corrispettivi e la tracciabilità dei
pagamenti.

In termini generali, lo schema di decreto delegato sulla crescita e l’internazionalizzazione delle
imprese contiene previsioni di significativo impatto che meritano, nel complesso, una
valutazione positiva. Alcune misure sono finalizzate a favorire una condivisione con
l’Amministrazione finanziaria nell’applicazione della disciplina vigente, in modo da fornire un
quadro di riferimento certo agli operatori che vogliano investire in Italia. In questo senso si
muovono la nuova disciplina degli accordi preventivi con l’Agenzia delle entrate per le imprese
con attività internazionale e il nuovo interpello sul trattamento fiscale degli investimenti da
realizzare in Italia di ammontare non inferiore a trenta milioni di euro (artt. 1 e 2 dello schema).

Altre misure hanno lo scopo di colmare lacune e/o di razionalizzare discipline o istituti
caratteristici delle imprese che operano sui mercati internazionali. Questa è l’ottica che
caratterizza gli interventi in materia:

a) di costi relativi ad operazioni con fornitori residenti in Paesi di black list, chiarendo che è
sempre possibile dedurre il valore normale dei beni/servizi effettivamente acquisiti (art. 5);

b) di determinazione dei valori di ingresso dei beni di impresa in caso di trasferimento della
residenza dall’estero in Italia, con la precisazione delle ipotesi in cui è possibile fare riferimento
al valore normale (art. 12);

c) della nuova disciplina in tema di determinazione dell’imponibile della stabile organizzazione
in Italia di soggetti esteri che fissa le regole da seguire, anche nei rapporti con la casa madre, in
coerenza con la prassi dell’OCSE e che si propone di risolvere in modo chiaro il problema della
corretta quantificazione del fondo di dotazione (art. 7).

Sempre in questo ambito un cenno a parte, per la loro importanza va fatto alle modifiche
relative alla cd. disciplina CFC – società controllate estere – (art. 8) e al nuovo regime della cd.

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branch exemption (art. 14).

Quanto alla disciplina CFC, viene finalmente eliminato il regime di tassazione per trasparenza
delle società collegate in quanto di dubbia compatibilità con l’ordinamento comunitario (art. 168
del TUR). Per quanto riguarda le società controllate (art. 167 del TUIR), si stabilisce che
l’interpello è facoltativo e che in mancanza è possibile dimostrare la sussistenza delle esimenti
anche in sede di accertamento. In luogo dell’interpello, viene istituito un obbligo di segnalazione
delle partecipazioni in società o enti non residenti a carico del contribuente. Particolarmente
innovativa è poi la disposizione dell’art. 14, che consente di optare per l’esenzione degli utili e
delle perdite (cd. branch exemption) della stabile organizzazione estera di una società italiana;
utili e perdite che normalmente concorrerebbero a formare l’imponibile della casa madre.
L’opzione, in pratica, consente alla casa madre di non subire ulteriori prelievi in Italia sull’utile
realizzato all’estero tramite una stabile organizzazione, anche se, come è ovvio sono previsti
limiti e condizioni anche a fini antielusivi.

Da ultimo, sono da apprezzare le norme di coordinamento che consentono un più ampio ricorso
alla disciplina interna del consolidato fiscale da parte delle società residenti in Italia che non
sono legate tra di loro da rapporti di controllo, e che sono invece tutte controllate dalla stessa
società non residente (art. 6). Non mancano infine anche misure che riguardano la generalità
delle imprese e non solo quelle a vocazione internazionale. Segnaliamo, in questo senso, le
innovazioni in tema di disciplina di deduzione degli interessi passivi (art. 4) e delle perdite su
crediti (art. 13).

Venendo, invece, allo schema di decreto in tema di certezza del diritto, il tema centrale, sul
quale erano concentrate molte delle attese degli operatori, è la nuova disciplina in tema di
abuso del diritto. In proposito, lo schema riproduce sostanzialmente, salvo che per alcuni
aspetti, il testo già esaminato dal consiglio dei Ministri del 24 dicembre 2014. Il pregio della
norma è quello di delimitare e distinguere la nozione di abuso rispetto alle fattispecie tipiche
della evasione, quali la simulazione e la frode, di stabilire delle regole procedimentali di maggior
tutela per il contribuente e di graduare le conseguenze sanzionatorie dell’abuso in maniera
diversa da quelle previste per l’evasione, escludendo le conseguenze penali e mantenendo
ferma invece l’applicabilità delle sanzioni amministrative.

Il decreto attua inoltre la revisione della disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento,
stabilendo che essa opera solo laddove la denuncia della notitia criminis venga effettuata entro
il termine ordinario di decadenza dall’accertamento, ed istituisce il cd. regime di adempimento
collaborativo per i contribuenti di maggiori dimensioni che si propone di contribuire a mitigare le
incertezze connesse alla gestione del rischio fiscale attraverso un rapporto di cooperazione e
trasparenza nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria. In particolare, rispetto al precedente
testo del decreto, è da segnalare l’apertura dal regime di adempimento collaborativo, oltre che
ai soggetti con volume di affari non inferiore a 10 miliardi di euro, anche alle 84 società che
hanno aderito al progetto pilota sul regime di adempimento collaborativo di cui all’invito
pubblico del 25 giugno 2013 con un volume di affari o di ricavi non inferiore ad un miliardo di
euro, nonché ai contribuenti che – prescindere dal volume dei ricavi – diano esecuzione
all’interpello sul trattamento complessivo dei nuovi investimenti in Italia previsto dal decreto
sull’internazionalizzazione delle imprese.

E’ stato invece rinviato ad un successivo decreto l’intervento di riforma del sistema

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sanzionatorio penale.

Come già accennato, il Consiglio dei Ministri ha approvato anche uno schema di decreto
legislativo che introduce misure volte ad incentivare, anche mediante la riduzione degli
adempimenti amministrativi e contabili a carico dei soggetti IVA, l’utilizzo della fatturazione
elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, in attuazione dell’art. 9 della legge n.
23 del 2014 di delega per la Riforma tributaria.

Il provvedimento prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2016, l’Agenzia delle entrate renderà
disponibile, gratuitamente, un servizio per la predisposizione e trasmissione telematica delle
fatture elettroniche. Inoltre saranno individuate alcune categorie di soggetti IVA che potranno
usufruire, gratuitamente, del servizio di formazione, trasmissione e conservazione delle fatture
elettroniche che già attualmente l’Agenzia per l’Italia Digitale e Unioncamere mettono a
disposizione dei soggetti che emettono fatture elettroniche nei confronti della Pubblica
Amministrazione.

A decorrere dal 1° gennaio 2017, poi, i soggetti IVA potranno utilizzare, per trasmettere e
ricevere le fatture elettroniche, anche il Servizio di Interscambio, gestito dall’Agenzia delle
entrate, attraverso il quale già transitano le fatture elettroniche emesse nei confronti della
Pubblica Amministrazione.Usufruendo di tali sistemi e strumenti elettronici, i soggetti IVA che
adotteranno, in via facoltativa – non prevedendo il provvedimento alcun obbligo in tal senso – la
fatturazione elettronica potranno, a decorrere dal 1° gennaio 2017, optare anche per l’invio
telematico all’Agenzia delle entrate di tutte le fatture, emesse e ricevute, utilizzando, a tal fine,
il Servizio di Interscambio. L’opzione ha effetto per cinque anni e si estende di quinquennio in
quinquennio se non revocata.

Il provvedimento prevede, poi, per una limitata categoria di soggetti IVA, vale a dire per i
soggetti che effettuano le operazioni di cui all’art. 22 del d.p.r. n. 633 del 1972 (commercianti al
minuto e altri operatori al pubblico), la possibilità di adottare, in via opzionale, la
memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati dei
corrispettivi giornalmente incassati. Tali adempimenti sostituiranno i vigenti obblighi di
certificazione fiscale. L’opzione ha effetto per cinque anni e si estende di quinquennio in
quinquennio se non revocata. Per i soggetti, peraltro, che vendono prodotti attraverso
distributori automatici questo sistema di comunicazione in via telematica dei corrispettivi sarà
obbligatorio.

Le regole tecniche e i termini per la trasmissione telematica delle fatture e per la
memorizzazione elettronica e trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati dei
corrispettivi giornalieri saranno stabiliti da provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle
Entrate.

Per i soggetti IVA che adotteranno la trasmissione elettronica della fattura e dei dati dei
corrispettivi giornalieri verranno meno l’obbligo di presentare la comunicazione telematica delle
operazioni, attive e passive, effettuate (c.d. spesometro) e quello di presentare l’elenco
INTRASTAT, limitatamente però agli acquisti di beni e servizi da soggetti comunitari; i medesimi
soggetti potranno poi usufruire dei rimborsi IVA in via prioritaria.

Il provvedimento prevede, infine, che, a decorrere dal 1° gennaio 2017 alcune categorie di

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soggetti IVA, principalmente quelli di minori dimensioni, potranno essere esonerati da una serie
di adempimenti amministrativi e contabili e potranno usufruire di un programma di assistenza
fiscale predisposto dall’Agenzia delle entrate.

(Assonime, nota del 23 aprile 2015)

4) La residenza fiscale in Italia non comporta l’applicazione dell’IVA di tutte le
cessioni

Una volta accertata la fittizia localizzazione all’estero della società e affermata la sua residenza
fiscale in Italia, non si può, solo per questo, assoggettare ad IVA le cessioni di beni esportati
verso i paesi extracomunitari, senza preventivamente valutare la sussistenza del presupposto
fondamentale dell’imponibilità IVA.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8196 del 22 aprile 2015,
criticando, così, l’operato dei giudici di merito che, troppo frettolosamente, facevano discendere
l’imponibilità IVA delle esportazioni dall’effettiva sede in Italia della società che si professava
statunitense.

Dunque, dall’accertata residenza fiscale in Italia del contribuente e dal fatto che verosimilmente
in Italia si perfezionano i contratti di cessione non discende l’assoggettamento ad IVA di tutte le
cessioni.

La copiosa documentazione ritrovata in un immobile sito in Puglia di una società newyorchese,
faceva ritenere all’Amministrazione il carattere fittizio della localizzazione negli Stati Uniti e la
conseguente residenza fiscale in Italia.

I relativi avvisi di accertamento venivano confermati dalla CTR che ammetteva
l’assoggettamento ad IVA di tutte le cessioni di beni mobili (comprese le esportazioni extra-UE)
effettuate nell’esercizio d’impresa in Italia in virtù dell’accertata residenza fiscale e del fatto che
verosimilmente i contratti si erano perfezionati in Puglia. Quando, nel nostro ordinamento
tributario, per ritenere effettuate le cessioni in Italia, occorre guardare al luogo in cui si trovano i
beni all’atto della cessione (non al luogo di residenza del cedente o al luogo in cui si è
perfezionato il contratto).

Secondo la Cassazione, la tesi della CTR contrasta con la normativa tributaria (articoli 7 ed 8,
del D.P.R. n. 633/1972) in forza dei quali affinchè si realizzi un’operazione rilevante ai fini IVA
occorre che la cessione sia effettuata nel territorio dello Stato, ed il relativo criterio di
collegamento è costituito dalla presenza del bene nel territorio suddetto.

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5) L’Iva non si riscuote due volte

La Corte di giustizia Ue, con la sentenza del 23 aprile 2015, causa C-111/14, ha affermato
che lo Stato non può riscuotere due volte l’Iva. Fermo il principio per cui, in caso di indebita
applicazione del meccanismo dell’inversione, il debitore dell’imposta resta il fornitore, qualora
l’Amministrazione abbia negato al destinatario la detrazione dell’imposta che questi si è
indebitamente auto-applicata, non può rifiutare al fornitore la restituzione della stessa imposta
pagata a seguito di accertamento. Un simile effetto sarebbe in contrasto con il principio di
neutralità del tributo.

L’Iva è da incassare una volta, altrimenti decade la “neutralità”

Gli eurogiudici sono stati chiamati a pronunziarsi sulla normativa bulgara che nega il rimborso
dell’imposta corrisposta dal prestatore del servizio estero e dal destinatario nazionale

Nel 2010, una società con sede in Germania prestava servizi tecnici e di consulenza ad un’altra
società, con sede in Bulgaria. Quest’ultima compagine, ritenendo che la società tedesca non
disponesse di un centro di attività stabile sul territorio bulgaro, assolveva l’Iva dovuta su dette
prestazioni, conformemente alla procedura di autoliquidazione prevista dalla legislazione
interna.Con successivo avviso di accertamento – tuttavia – l’Amministrazione tributaria bulgara
constatava che la società tedesca disponeva di un’organizzazione stabile, e che, quindi, era
soggetto passivo Iva, per detti servizi.La contribuente tedesca corrispondeva l’importo richiesto
e, successivamente, presentava una domanda di compensazione o rimborso dell’imposta
assolta.Il Fisco bulgaro negava, però, il rimborso, atteso che non sussisteva nè una decisione
giudiziaria passata in giudicato nè un atto amministrativo definitivo.Ricorreva la società tedesca
dapprima innanzi al Direttore e, successivamente, avanti al tribunale amministrativo di Plovdiv:
entrambi respingevano le doglianze della contribuente.

La società proponeva, allora, ricorso alla Corte amministrativa suprema bulgara, che, sospeso il
procedimento, sottoponeva alla Corte di giustizia una serie di questioni pregiudiziali.

Le questioni pregiudiziali sottoposte alla attenzione degli eutogiudici sono quattro. Nel dettaglio:

se l’articolo 193 della direttiva Iva sia da interpretare nel senso che l’Iva è dovuta, dal soggetto
passivo d’imposta che effettui una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, o
dalla persona che acquisisce i beni o riceve la prestazione di servizi, ma non
contemporaneamente da entrambi i soggetti, esclusivamente nei casi in cui la cessione di beni o
la prestazione di servizi imponibile vengano effettuate da un soggetto passivo d’imposta non
stabilito nello Stato membro in cui è dovuta l’Iva, se così previsto dallo Stato membro
interessato;

dovendosi presumere che l’Iva sia dovuta da uno solo dei soggetti di cui sopra, se il disposto
dell’articolo 194 della direttiva Iva valga anche per i casi in cui il destinatario delle prestazioni
abbia applicato erroneamente la procedura dell’autoliquidazione perché convinto che il
prestatore del servizio non disponesse di un’organizzazione stabile ai fini dell’Iva nel territorio
della Repubblica di Bulgaria, quando, invece, questa sussisteva;

se il principio di neutralità dell’imposta, sia da interpretare nel senso di poter ritenere con esso

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compatibile una prassi di controllo fiscale come quella di cui al procedimento principale,
secondo cui l’Iva, nonostante l’applicazione del meccanismo dell’autoliquidazione da parte della
destinataria della prestazione, sia nuovamente calcolata anche a carico della prestatrice del
servizio, tenendo presente che la destinataria aveva già provveduto al calcolo dell’Iva, che rischi
di perdite di gettito fiscale siano esclusi e che la disciplina della rettifica dei documenti fiscali
prevista dal diritto nazionale non sia applicabile;

se il principio di neutralità dell’Iva sia da interpretare nel senso che osta a che l’Amministrazione
tributaria, sulla base di una norma giuridica nazionale, neghi al prestatore di un servizio, per il
quale il destinatario abbia calcolato l’imposta, il rimborso dell’Iva calcolata due volte, quando
l’Amministrazione finanziaria abbia negato al destinatario il diritto alla detrazione dell’Iva più
volte calcolata per difetto del corrispondente documento fiscale e la disciplina della rettifica
prevista dal diritto nazionale non sia più applicabile poiché sussiste un avviso di accertamento
fiscale definitivo.

Sulla prima questione, la Corte di giustizia premette che soltanto il prestatore di servizi è, in
linea di principio, debitore dell’Iva, salvo quando egli non sia stabilito nello Stato membro in cui
l’Iva è dovuta e tale Stato abbia previsto che il debitore dell’Iva è il destinatario della
prestazione di servizi.Nel caso di specie, atteso che la società tedesca disponeva di
un’organizzazione stabile in Bulgaria, spettava al solo prestatore di servizi provvedere al
pagamento dell’Iva dovuta sui servizi da lui ivi prestati.Gli eurogiudici – passando all’analisi della
seconda questione pregiudiziale – deducono che la possibilità per gli Stati membri di prevedere
l’applicazione del meccanismo dell’autoliquidazione è limitata alla sola ipotesi in cui il prestatore
di servizi non sia stabilito nello Stato membro in cui l’Iva è dovuta. Di conseguenza, quando i
servizi siano stati forniti da un’organizzazione stabile del prestatore situata sul territorio dello
Stato membro in cui l’Iva è dovuta, il destinatario di tali servizi non può essere considerato
debitore dell’Iva.Al riguardo, la circostanza che il destinatario di tali servizi abbia assolto l’Iva
basandosi sull’errata supposizione che il prestatore non disponesse di un’organizzazione stabile
ai sensi della direttiva Iva, non può consentire all’Amministrazione tributaria di derogare a tale
regola considerando soggetto passivo dell’Iva non già il prestatore di servizi, bensì il
destinatario.A questo punto, la Corte esamina congiuntamente la terza e la quarta questione
pregiudiziale

Ebbene – dopo aver fatto richiamo ai principi generali che disciplinano l’Iva – osserva che, nel
caso di specie, dal momento che il prestatore di servizi non può rettificare le fatture e si trova,
quindi, nell’impossibilità di richiedere al destinatario di tali servizi il pagamento dell’Iva, il
diniego di rimborso opposto dall’Amministrazione tributaria comporta che l’onere fiscale di detta
imposta venga fatto gravare su quest’ultimo, ed è quindi in contrasto con il principio di
neutralità dell’Iva.

Diversamente accadrebbe nell’ipotesi in cui il prestatore di servizi, dopo aver debitamente
pagato l’Iva da lui dovuta a seguito dell’avviso di accertamento definitivo, avesse potuto, ai
sensi della normativa nazionale, rettificare le fatture emesse e recuperare l’Iva presso il
destinatario dei servizi, che ne avrebbe chiesto la detrazione presso l’Amministrazione
tributaria.

In definitiva – concludono i togati comunitari – negare al prestatore di servizi il rimborso dell’Iva,
equivale a far gravare l’onere fiscale di tale imposta sia sul prestatore di servizi sia sul

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destinatario di tali servizi e comporta che l’Amministrazione tributaria riscuota un importo d’Iva
superiore a quello che il prestatore avrebbe dovuto normalmente percepire da parte del
destinatario, se avesse potuto rettificare le fatture emesse.

La Corte di giustizia, nel dettaglio, perviene alle seguenti conclusioni:

l’articolo 193 della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che è debitore dell’Iva solo il
soggetto passivo che fornisce una prestazione di servizi, quando quest’ultima è fornita da
un’organizzazione stabile situata nello Stato membro in cui tale imposta è dovuta;

l’articolo 194 della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che esso non consente
all’Amministrazione tributaria di uno Stato membro di considerare debitore dell’Iva il
destinatario di una prestazione di servizi, fornita da un’organizzazione stabile del prestatore,
quando sia quest’ultimo sia il destinatario di tali servizi siano stabiliti sul territorio dello stesso
Stato membro, anche se tale destinatario abbia già assolto l’imposta basandosi sull’errata
supposizione che detto prestatore non disponesse di un’organizzazione stabile in tale Stato;

il principio di neutralità dell’Iva deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione
nazionale che consente all’Amministrazione tributaria di negare al prestatore di servizi il
rimborso di tale imposta, da questi assolta, quando non è stato riconosciuto al destinatario di
tali servizi, che pure ha pagato detta imposta per gli stessi servizi, il diritto di detrarla, per il
motivo che non disponeva del corrispondente documento fiscale, allorché la normativa
nazionale non consente la rettifica dei documenti fiscali in presenza di un avviso di
accertamento definitivo.

6) Presentazione istanze per la concessione degli sgravi contributivi per i contratti di
solidarietà

Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 15 del 22 aprile 2015, ha fornito delle istruzioni
procedurali riguardo la presentazione delle istanze preordinate alla concessione degli sgravi
contributivi, previsti dal D.M. n. 83312 del 7 luglio 2014, per i contratti di solidarietà stipulati ai
sensi degli artt. 1 e 2 del D.L. n. 726/1984, convertito, con modificazioni, dalla Legge 863/1984,
dalle aziende che, esaurito il beneficio della decontribuzione nel 1° anno, ritengano di avviare
un contratto di solidarietà in continuità con il precedente, ad esaurimento dei 24 mesi previsti
dalla normativa vigente.

In particolare, le aziende destinatarie di tale riduzione contributiva sono le imprese che, alla
data del 21 marzo 2014, stipulano o hanno in corso contratti di solidarietà difensiva e che
abbiano individuato “strumenti volti a realizzare un miglioramento della produttività di entità
analoga allo sgravio contributivo spettante sulla base dell’accordo ovvero di un piano di
investimenti finalizzato a superare le inefficienze gestionali o del processo produttivo “. Tali
condizioni costituisco i presupposti (alternativi) necessari per accedere allo sgravio contributivo.
Il Ministero precisa, inoltre, che la domanda di decontribuzione presentata per il primo anno del
contratto di solidarietà produce l’effetto di sottrarre al principio dell’ordine cronologico – stabilito

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dalla circolare n. 23/2014 – la domanda di decontribuzione presentata dalla medesima azienda
per il 2° anno del contratto di solidarietà nei seguenti casi:

– quando venga stipulato dalle parti un unico contratto di solidarietà che abbia fin dall’inizio la
durata di 24 mesi;

– quando venga stipulato un contratto di solidarietà di durata inferiore che, tuttavia, rechi una
clausola in base alla quale le parti si riservano la facoltà di prorogare il contratto stesso fino a
raggiungere la durata di 24 mesi o una durata maggiore ovvero quando tale volontà sia
desumibile, allo stato degli atti, a fronte dell’esplicitazione, da parte dell’azienda istante, della
volontà di portare a compimento tutti gli investimenti o di attuare gli strumenti volti a realizzare
un miglioramento della produttività inizialmente programmati.

Ne consegue che, come avviene per i contratti di solidarietà che fin dall’inizio prevedono una
durata di 24 mesi e per i quali l’autorizzazione alla riduzione contributiva viene frazionata entro i
limiti delle disponibilità dello stanziamento finanziario per anno solare, anche per i contratti di
durata inferiore è possibile produrre ulteriore domanda di decontribuzione relativa ad un nuovo
contratto che proroghi quello precedente, non superando, tuttavia, il limite dei 24 mesi. In
questo ultimo caso sarà cura delle aziende, all’atto della produzione della documentazione
prevista secondo le indicazioni pubblicate sul sito ministeriale, segnalare all’interno della
domanda che il nuovo contratto costituisce una proroga di quello precedente.

7) Disponibili sul web delle Entrate le quotazioni immobiliari del II semestre 2014

Sono consultabili dal 24 aprile 2015, sul sito dell’Agenzia delle entrate e tramite l’applicazione
per smartphone Omi Mobile, i dati relativi alle quotazioni immobiliari del secondo semestre
2014, che forniscono un’indicazione dei prezzi al metro quadro per diverse tipologie di immobili.
E’ possibile conoscere le informazioni relative agli immobili in base a semestre, Provincia,
Comune, zona Omi e destinazione d’uso, utilizzando sia la tradizionale ricerca testuale sia
Geopoi, lo strumento di navigazione e ricerca su mappa.

Novità

La novità del 2014 è la revisione degli ambiti territoriali (zone Omi) entro cui sono definite le
quotazioni degli immobili. Questa operazione si è resa necessaria per tener conto delle
modifiche al tessuto urbanistico ed economico degli abitati intervenute dopo circa un decennio
dal primo impianto. L’Agenzia ha apportato miglioramenti in termini di uniformità di approccio
metodologico, controlli interni e fine-tuning nelle delimitazioni dei confini che, da questo
semestre, seguono quelle delle particelle terreni e non più quelle generate in base ai grafi
stradali.

Quotazioni immobiliari

L’Agenzia offre la possibilità di accedere al database delle quotazioni anche tramite il servizio di

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navigazione territoriale Geopoi, il framework cartografico realizzato da Sogei. Grazie a questa
mappa interattiva, cittadini, istituzioni e, in particolare, operatori del settore possono navigare
sul territorio nazionale per conoscere le quotazioni Omi relative al comparto residenziale,
commerciale, terziario e produttivo. Per chi naviga con smartphone o tablet c’è, infine, Omi
Mobile: l’applicazione raggiungibile digitando sul proprio browser l’indirizzo
http://m.geopoi.it/php/mobileOMI/index.php.

Collegandosi al sito internet www.agenziaentrate.it, sezione Documentazione >

Osservatorio del Mercato Immobiliare > Banche dati > Quotazioni immobiliari, è possibile
consultare anche le quotazioni dei semestri precedenti, a partire dal secondo semestre 2012.

(Agenzia delle entrate, comunicato n. 73 del 24 aprile 2015)

8) Enti locali: video-corso gratuito per revisori

L’evento, fruibile on line, è organizzato da Ministero degli Interni e Ragioneria Generale dello
Stato con Consiglio Nazionale dei Commercialisti e Fondazione Commercialisti.

Ministero degli Interni, Ragioneria Generale dello Stato, Consiglio Nazionale dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili e Fondazione Nazionale dei Commercialisti insieme per
la formazione in materia di revisione degli Enti locali. Il Presidente dei Commercialisti, Gerardo
Longobardi, sta per definire, di concerto con i tre interlocutori istituzionali, un protocollo d’intesa
per dare il via ad un video-corso al termine del quale i partecipanti, superato l’esame finale,
riceveranno i crediti formativi necessari per l’iscrizione agli elenchi per revisori degli Enti locali.
La piattaforma e-learnig, fruibile dal sito del Consiglio Nazionale dei Commercialisti
(www.commercialisti.it), garantirà la partecipazione gratuita al corso a tutti gli oltre 115mila
iscritti all’Albo dei Commercialisti. L’intero corso sarà inoltre distribuito, su supporto Cd-rom, a
circa 8000 Enti locali.

L’entrata a regime dal 1° gennaio 2015 del nuovo ordinamento contabile, comporterà numerose
innovazioni nell’ambito della finanza locale, nell’ottica dell’armonizzazione dei bilanci pubblici.
L’introduzione di nuovi istituti quali il Fondo pluriennale vincolato, il Fondo crediti di dubbia
esigibilità, il nuovo principio della competenza “potenziata”, richiedono per gli Enti locali la
necessità di studio ed approfondimento non solo teorico, ma anche operativo. Novità che,
partendo dall’esperienza degli Enti sperimentatori, attraverso l’analisi dei principi contabili
applicati, saranno approfondite nell’ambito del corso.

“La formazione dei revisori degli Enti locali – afferma Giancarlo Verde, direttore centrale Finanza
locale del Ministero dell’Interno – è argomento che sta molto a cuore al Ministero. Il corretto
andamento di un Ente locale è dovuto anche all’apporto dei revisori dei conti ed in questo
momento di riforme così significative, la formazione è un supporto importantissimo ed il
Ministero dell’Interno ritiene che con l’apporto della Ragioneria Generale dello Stato e del
Consiglio Nazionale dei Commercialisti sia possibile offrire ai revisori un avanzato strumento di

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aggiornamento professionale, peraltro dispensato con metodologie moderne e funzionali per
una categoria per la quale il fattore tempo ha un valore prezioso. Altrettanto importante sarà la
possibilità concordata con i partners dell’iniziativa, di rendere il corso disponibile,
successivamente sul sito internet del Ministero dell’Interno, anche per i tecnici dell’area
finanziaria degli Enti locali”.

“Vorrei sottolineare – dichiara Salvatore Bilardo, Ispettore Generale Capo per la finanza delle
pubbliche amministrazioni della ragioneria generale dello Stato – l’importanza per la finanza
pubblica e per l’economia del Paese della corretta attuazione del nuovo ordinamento contabile.
Tante sono le aspettative e tanta è la fiducia nel ruolo dei revisori degli Enti locali, cui il corso è
rivolto. Ringrazio, quindi, per la possibilità offerta di potermi rivolgere ad una platea così vasta
sul cui lavoro confidiamo davvero.”

“Questo corso – spiega Davide Di Russo, vicepresidente nazionale dei commercialisti – è
l’importante frutto della preziosa collaborazione con Ministero degli Interni e Ragioneria
Generale dello Stato. I commercialisti attribuiscono una rilevanza assoluta al tema dei controlli
negli Enti locali. Poter fornire gratuitamente a tutti i nostri iscritti la partecipazione ad un corso
di così alto livello è per il Consiglio nazionale fonte di particolare soddisfazione”.

(Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili, nota del 24
aprile 2015)

9) DEF 2015: approvata risoluzione di maggioranza

Nella seduta del 23 aprile 2015, al termine della discussione del Documento di economia e
finanza (Doc. LVII, n. 3), l’Assemblea di Palazzo Madama ha approvato con 165 voti favorevoli,
82 contrari e 3 astenuti, la risoluzione di maggioranza n. 5; è stato inoltre approvato,
all’unanimità, l’emendamento 5.1, a prima firma della senatrice De Biasi.

A conclusione dell’esame del Documento di economia e finanza 2015, l’Assemblea ha approvato
la risoluzione di maggioranza n. 5 che impegna il Governo a utilizzare lo spazio di manovra sul
raggiungimento del pareggio di bilancio per rafforzare l’implementazione delle riforme
strutturali; a utilizzare la flessibilità, legata alle riforme, per neutralizzare le clausole di garanzia
(aumenti IVA e accise) e ad assicurare riduzioni di spesa selettive; a rilanciare le aree
sottoutilizzate; a sostenere gli investimenti degli enti locali, superando il patto di stabilità
interno; a rivedere il sistema di tassazione locale sugli immobili; a valutare l’opportunità di
mantenere gli sgravi per i nuovi contratti a tempo indeterminato e di introdurre, nella prossima
legge di stabilità, elementi di flessibilità in materia previdenziale; a dare attuazione all’assegno
e all’indennità di disoccupazione; a rivedere la normativa sugli appalti pubblici; a destinare
ulteriori risorse all’edilizia scolastica, alla messa in sicurezza del territorio e all’efficientamento
energetico. E’ stato approvato anche l’emendamento 5.1, a prima firma della sen. De Biasi (PD),
che impegna il Governo, nell’ambito della revisione della spesa pubblica, a salvaguardare la
qualità dei servizi e dell’assistenza sanitaria.

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(Senato della Repubblica, nota del 23 aprile 2015)

10) Società non quotate: Il Consiglio Nazionale dei Commercialisti risponde al MEF
sulla rendicontazione finanziaria

E’ giunto il momento di introdurre la previsione esplicita del principio della continuità dei bilanci.
Non è il caso, invece, di collocare nel codice civile il criterio del costo ammortizzato.

Sono queste alcune delle osservazioni dei commercialisti alla “Consultazione pubblica per
l’attuazione della direttiva 2013/34/EU del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno
2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune
tipologie di imprese”, come riporta una nota del CNDCEC del 24 aprile 2015.

Il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ha, dunque, inviato le proprie osservazioni alla
“Consultazione pubblica per l’attuazione della direttiva 2013/34/EU del Parlamento europeo e
del Consiglio del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle
relative relazioni di talune tipologie di imprese”.

In particolare, la consultazione, aperta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il 13 aprile, si
è chiuso il 24 aprile 2015. L’evoluzione della normativa in materia di rendicontazione finanziaria
delle società non quotate viene seguita con estrema attenzione dal Consiglio Nazionale dei
Commercialisti.

Il documento dei commercialisti è organizzato in una prima parte che analizza gli elementi di
carattere generale e una seconda che esamina in modo più specifico gli elementi di dettaglio. Le
osservazioni prendono in esame sia i principi generali per la redazione del bilancio sia le
disposizioni tecniche. Per quanto rileva i postulati di bilancio sono fornite considerazioni in
merito al principio di prevalenza della sostanza sulla forma e sul principio di rilevanza. Secondo i
commercialisti, la revisione potrebbe essere l’occasione per la previsione esplicita del principio
della continuità dei bilanci.

In tema di criteri di valutazione i commercialisti sottolineano come la proposta di introdurre nel
codice civile il criterio del costo ammortizzato per la misurazione di titoli immobilizzati, crediti e
debiti rappresenti una complessità superflua, la cui introduzione comporterebbe maggiori oneri
amministrativi rispetto ai benefici informativi ad essa collegati. Il documento fornisce poi
indicazioni anche sulla contabilizzazione delle azioni proprie, degli strumenti finanziari derivati,
misurati al fair value, dell’avviamento e degli oneri pluriennali.

“La riforma in atto – afferma Raffaele Marcello, consigliere dei commercialisti delegato ai
principi contabili – rappresenta l’ultimo atto di un lungo percorso normativo che ha portato alla
revisione della IV e VII direttiva contabile. Molte delle nuove previsioni normative hanno luogo,
infatti, nella norma di riferimento dell’Unione Europea. La sfida del nostro legislatore deve
consistere, quindi, nel cercare, laddove possibile, di recepire le disposizioni dell’Unione Europea
in modo da renderle adatte alla nostra realtà economica e giuridica. In questo contesto, è chiaro

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che massima attenzione deve essere prestata alle realtà di piccole e medie dimensioni che
rappresentano il principale, in Italia quasi l’unico, destinatario delle future norme del codice
civile”.

(Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili, nota del 24
aprile 2015)

Vincenzo D’Andò

                                       Copyright © 2022 - Riproduzione riservata Commercialista Telematico s.r.l

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