Da "La tregua" di Mario Benedetti a "El asesino" del CILTA.

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Cristina Fiallega

Da “La tregua” di Mario Benedetti a “El
asesino” del CILTA.
       Queste pagine vogliono essere un omaggio a Luigi
Heilmann e sono il resoconto di una esperienza che risale a
tanti anni fa 1 e che si fa conoscere soltanto oggi, in questa
sede,2 perché in essa si sono sperimentate la traduzione di
un sistema semiotico in un altro e la traduzione all’interno
dello stesso sistema semiotico.
       Le finalità, nel primo caso, erano teoriche perché si
trattava di capire in quale misura la trasposizione di un
romanzo in uno sceneggiato televisivo potesse conservare i
propri contenuti semantici e pragmatici e quale fosse il
ruolo del sistema linguistico nella traduzione audiovisiva.
       Nel secondo caso, di traduzione endolinguistica,3 gli
obiettivi erano didattici in quanto si voleva ottenere sia
l’arricchimento lessico-sintattico degli studenti4 - mediante
la pratica costante della parafrasi, la espansione e la
condensazione - che la loro immersione nella pragmatica
dello spagnolo.

1
 A.A. 1986/87 presso il CILTA (Centro Interfacoltà di Linguistica
Teorica e Applicata) di Bologna diretto, allora, dal suo fondatore Luigi
Heilmann alla cui memoria dedico queste mie riflessioni.
2
 Il DRIST può rapppresentare la sede ideale per ricordare uno dei più
grandi linguisti italiani.
3
 Cfr.BETTETINI,G., 1982: 163-186.
4
 Appartenevano al livello “A” del CILTA e costituivano un gruppo
disomogeneo e con gran diversità di interessi culturali.

                      © Fiallega – DRIST 2003
2

       Dall’illustrazione degli scopi si passa ora alla
descrizione del materiale utilizzato, delle fasi
dell’esperimento e dei risultati ottenuti.
       Il materiale utilizzato, oltre all’infrastruttura del
CILTA,5 è stato la riduzione televisiva del romanzo La
tregua6 dello scrittore uruguaiano Mario Benedetti.7
       La storia del testo di Benedetti è quella di un
burocrate già prossimo alla pensione la cui esistenza è stata
caratterizzata dal grigiore. Vedovo e padre di tre figli
trascorre le sue giornate senza che nulla accada finché nel
suo ufficio viene assunta una giovane impiegata, Laura
Avellaneda, della quale Martín Santomé s’innamora ed è
corrisposto. Questo amore rappresenta per il protagonista
una breve tregua nel grigiore quotidiano. Parentesi che si
conclude con l’improvvisa morte di lei.
       Formalmente La tregua si presenta sotto la veste
intimista del diario ed è diviso dalle date dei giorni che
passano dal lunedì 20 febbraio al venerdì 28 febbraio
dell’anno successivo. La prima persona narrante si esprime
nei tempi del passato per l’evocazione dei fatti, mentre
utilizza il presente per il loro commento e la loro
interiorizzazione. Lo stile di Benedetti si distingue per la
ricerca di aderenza alla realtà narrata ed, in questo senso,
La tregua è perfettamente riuscita. Gli stilemi del
ragioniere Martín Santomé non potrebbero essere altri che
5
 Si può contare su una sala di registrazione, uno studio televisivo e
sulla collaborazione dei tecnici.
6
 In questo romanzo, del 1960, Benedetti privilegia la ricerca interiore
che caratterizza la sua intera produzione.
7
 Nato nel 1920 Mario Benedetti, poeta e commediografo oltre che
romanziere, è autore di oltre quaranta volumi tradotti in diciotto lingue.
Inoltre, dalla quasi totalità della sua produzione narrativa sono state
tratte versioni radiofoniche, televisive e cinematografiche. Dal 1973
vive in esilio, negli ultimi anni in Spagna.

                       © Fiallega – DRIST 2003
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il lessico limitato, le frasi corte e la concretezza anche
quando si allude a profonde emozioni. Ecco due esempi:
       “Martes 9 de julio
       ¿Así que tengo miedo que dentro de diez años ella
       me ponga cuernos?”
       [ E davanti all’annunzio della morte di Laura]
       “Lunes 23 de septiembre
       Dios mío. Dios mío. Dios mío. Dios mío. Dios mío.
Dios mío. Dios mío.”8
        Il soggetto dell’enunciazione del romanzo si
sovrappone, molte volte nel caso di Benedetti, al narratore
protagonista. La tregua è, di fatto, una conferma di questa
sovrapposizione, dato che in questo momento della
produzione benedettiana il tema dominante è: “la vida
burocrática, la falsedad de las relaciones interpersonales, el
hastío de vivir y la falta de una salida para este tipo de
vida”.9 Dalla ossessiva tematica, così come dal modo di
porsi di fronte al proprio enunciato, si potrebbe pensare
che il progetto pragmatico del soggetto dell’enunciazione
escluda l’eventuale “lettore modello” immanente nel testo.
Infatti, durante l’approccio al romanzo il lettore ha la
sensazione di essere un ‘curioso’ che legge qualcosa che
non lo include e nemmeno lo riguarda.
       La versione televisiva 10 ha richiesto per la sua messa
in scena un nuovo soggetto dell’enunciazione il quale ha
scelto una serie di elementi performativi, deittici e

8
 Benedetti M., 1979: 112-167. “Martedì 9 luglio. E così ho paura che
fra dieci anni lei mi faccia le corna? Lunedì 23 settembre. Mio Dio,
.Mio Dio.....”
9
 Liano, 1983: 199-212.
10
   Del 1980 è questa riduzione del regista colombiano David Estivel
che nello stesso anno ha ottenuto il Premio colombiano al migliore
adattamento per la televisione

                      © Fiallega – DRIST 2003
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prossemici, che avrebbero dovuto, secondo la sua
interpretazione del testo originale, trasmettere allo
spettatore il grigiore della vita di Martín Santomé. Così lo
sceneggiato è girato in bianco e nero e la scenografia è
formata da poche e scarne cose che ‘arredano’ l’ufficio, la
sala da pranzo ed il saloncino del protagonista. Anche le
scene girate in esterni sono connotate dalla personale
lettura del soggetto dell’enunciazione per la versione
televisiva. Esse sono: la strada, un monastero e, per due
volte, un cimitero. La scritta su una lapide rimanda ad una
morte anteriore all’inizio della storia, mentre le musiche, i
costumi, e la stessa scelta degli attori proiettano sullo
schermo una visione buia del mondo. Addirittura anche la
recitazione risulta piatta, per vivacizzarsi soltanto durante i
dialoghi segreti fra Laura e Martín. Il monologo del diario
si è trasformato, per l’appunto, in scene dialogate alle quali
si accompagna la voce fuori campo dello stesso Martín che
comunica allo spettatore i suoi sentimenti e pensieri, e che
contribuisce a mantenere la dimensione diaristica del
romanzo.
       Si può dunque dire che il romanzo e il suo
adattamento per la televisione sono, di fatto, due enunciati
con due diversi soggetti dell’enunciazione ed un diverso
progetto pragmatico rispetto al destinatario. Nei due si
ritrova la stessa fabula, ma l’intreccio del romanzo, creato
anche degli elementi retorici e stilistici, è stato eliminato
dalla riduzione televisiva.
       A questo punto si poneva il problema di capire in
quale misura fosse il codice verbale11 a veicolare il
contenuto semantico della fabula ed in quale misura fosse
invece il codice iconografico a farlo.

11
  Cfr. Arcaini, 1986.

                        © Fiallega – DRIST 2003
5

       La prima fase dell’esperimento inizia proprio da
questa incognita alla quale si è cercato di dare una risposta
invitando gli studenti ad assistere, per tre volte, alla visione
muta delle immagini dello sceneggiato, e ad inventare la
storia raccontata dalle immagini stesse.
       La storia del CILTA narra le vicende di una coppia
di colleghi amanti che decidono di ottenere la libertà
ammazzando la moglie di lui. Dopo l’assassinio gli amanti
si separano per non destare sospetti ma, prima che scada il
tempo stabilito da entrambi per rivedersi, assalita dai
rimorsi Laura ritorna in ufficio per cercare di convincere
Martín a confessare. Questi, apparentemente, accetta la
proposta di Laura, fra i due si ristabilisce il rapporto
amoroso e Martín ne approfitta per avvelenare lentamente
Laura con la cui morte termina la storia.
       Questo primo risultato consente di desumere che
nella trasposizione dal sistema semiotico narrativo a quello
televisivo, la concretizzazione, in quest’ultimo, dei
contenuti semantici astratti del testo scritto ha dato luogo,
da parte dei recettori, ad una materializzazione della stessa
storia che da un conflitto esistenziale è diventata un banale
crimine.
       Allo stesso tempo si deve osservare come nella
trasposizione iconografica - ma non ancora televisiva in
quanto carente delle componenti linguistica e auditiva - il
margine interpretativo lasciato dal testo letterario si
amplifica senza misura. Infatti, la originale storia creata
dagli studenti suggerisce che nella traduzione fra questi
due sistemi, i contenuti semantici della fabula sono
veicolati dal codice verbale senza la cui esplicitazione il
testo primo diventa totalmente un altro.
       A dare, dunque, una connotazione univoca ad
ambedue gli enunciati, letterario e televisivo, è il codice

                    © Fiallega – DRIST 2003
6

verbale. Infatti il messaggio televisivo, nella sua
completezza audiovisiva, stabilisce col destinatario un
rapporto pragmatico in cui si annulla la potenziale capacità
interpretativa di quest’ultimo. Ciò sembra confermare le
tesi di Mc Luhan12 per il quale non solo “the medium is the
message” ma in particolare la televisione, a differenza del
libro, è un mezzo ‘freddo’ con una grande forza
subliminale che coinvolge lo spettatore, privandolo della
propria capacità di discernimento.
       La seconda fase dell’esperienza, che si è rivolta
prevalentemente alla didattica, includeva a sua volta due
momenti: il primo dedicato alla traduzione endolinguistica,
il secondo all’utilizzo del doppiaggio nell’insegnamento
dello spagnolo come lingua straniera.
       La traduzione endolinguistica in questo lavoro è
intesa come la capacità metalinguistica che ogni lingua
possiede di parlare di se stessa e di riprodurre in vari modi
lo stesso senso. Ci si riferisce, come già accennato, alle
parafrasi, condensazioni ed espansioni.
       A questo punto si è passati dalla creazione della
storia all’invenzione dei dialoghi. In un primo momento,
mediante la visione frammentata dello sceneggiato, gli
studenti hanno elaborato i dialoghi scrivendo il nuovo
copione della storia. Non sembra ozioso far notare che già
da questa prima fase si sono dovuti ripensare varie volte le
parti per non alterare il senso della storia. Con il nuovo
copione in mano si è misurata la durata degli interventi dei
diversi protagonisti ed, in base a questi tempi, i dialoghi
hanno subito il primo adattamento.
       Il doppiaggio vero e proprio è iniziato quando, oltre
ai dialoghi, nel copione sono apparse anche le indicazioni

12
  Cfr. Mc Luhan, 1969 Understanding media: the extensions of man.

                     © Fiallega – DRIST 2003
7

relative alle musiche ed agli effetti speciali.13 Come si sa,
questi due elementi si registrano prima su una ‘pista‘
vergine e poi, su questi nastri così preparati, si registrano i
nuovi dialoghi. Anche in questo caso gli studenti hanno
accuratamente scelto, e assegnato alle diverse scene, quegli
effetti e quelle musiche che avrebbero contribuito a
rafforzare i contenuti semantici della nuova storia. Gli
effetti più usati sono stati suggeriti dalle immagini stesse:
rumore di traffico, di macchine da scrivere e telefoni, di
vasellame, ecc..
       Musicalmente è stato privilegiato il genere classico.
Brahms ha accompagnato le scene d’amore, Gershwin
quelle di suspense, Tschaikowsky quelle relative al
progetto criminoso, Bach e Albinoni quelle della morte,
mentre Vivaldi è stato scelto come sfondo per le scene
girate in esterni.
       Il copione di El asesino è formato da diciotto scene
fra le quali la prima, la quarta, l’ottava, l’undicesima, la
quindicesima e la diciassettesima sono semanticamente
indispensabili nell’economia della fabula: Per ciò, vale la
pena ricordare la loro struttura:
             Scena 1.- “Martín habla con un desconocido en
el autobus.” 14
Sequenza A.                             DIALOGO15
Suono: rumore di traffico
Immagine: Martín e lo
sconosciuto nell’autobus

13
  Cfr: Fiallega, 1985.
14
  Titoli delle scene: 1.- Martin parla sull’autobus con uno sconosciuto,
4.- Ritorno in ufficio di Laura Avellaneda, 8.- Martin e Laura parlano
di nascosto nell’archivio, 11.- Martin nell’ufficio, 15.- Martin e Laura
nella casa di lei, 17.- Funerali di Laura.

                      © Fiallega – DRIST 2003
8

Sequenza: B
Suono: musica di Brahms                   MONOLOGO
Immagine: Close up primo                (voce fuori campo)
piano del viso di Martín

             Scena 4.-”Regreso de Laura Avellaneda a la
 oficina”
Suono: rumore di macchine
da scrivere e telefoni                       DIALOGO
Immagine: Martín e Laura
si salutano

            Scena 8.-”Martín y Laura hablan a escondidas
en el archivo”.
Suono: ---                          DIALOGO
Immagine: Laura e Martín             (sottovoce)
parlano concitatamente

            Scena 11.- “Martín en la oficina”
Suono: musica di
Tchaikowsky (Lago dei
cigni)
Immagine Close up: primo             MONOLOGO
piano delle mani di Martín        (voce fuori campo)

          Scena 15.-”Martín y Laura en la casa de ella”.
Suono: musica di
Tchaikowsky (Lago dei
cigni)
Immagine: Laura e Martín

15
  Per ragioni di spazio sono stati omessi i daloghi che saranno citati
solo parzialmente a modo d’illustrazione.

                      © Fiallega – DRIST 2003
9

in salotto, lei sembra                        DIALOGO
malata.

           Scena 17. “Funeral de Laura”
Suono: musica di Albinoni
(Adagio)                          PREGHIERA DI
Immagine: Dissolvenza,               GRUPPO
gruppo, prete, bara

       Dalla struttura delle scene si può notare che
l’accoppiamento fra primo piano e ‘voce fuori campo’ si
presenta come un pratico strumento di semantizzazione.
Infatti è stato usato dagli studenti ma, prima di loro, dallo
stesso regista Estivel.
       Non meno rilevante, sempre nella scelta dei discenti,
è stato l’uso anaforico della musica. Si osservi che Il lago
dei cigni, sfondo dell’intero monologo dell’undicesima
scena dove Martín allude alle sue mani, si riascolta nella
quindicesima quando Martín misura le pulsazioni a Laura.
Ciò a conferma dell’importanza degli elementi sonori nel
sistema semiotico televisivo.
       La riproduzione degli interventi verbali delle due
scene appena accennate serve ad introdurre il lavoro
linguistico degli studenti:
       “Si los ojos son el espejo del alma /16 las manos son
sin duda el espejo de la vida / manos obreras / manos
burguesas / manos de artistas / ilusionistas / manos // la
mano es el boletín que nos informa / que nos revela una
identidad // las de Isabel eran duras, firmes, sin temblores,

16
  ” / “ è un segno convenzionale che nei copioni significa pausa, essa
sarà più lunga se il segno si ripete più di una volta.

                       © Fiallega – DRIST 2003
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manos como las mías / nunca las vi con un anillo o
pintadas / mientras que las de Laura son sinceras y dulces,
suaves y sensuales / las manos muertas de Avellaneda.”
(Scena 11, Monologo di Martín)

LAURA: 17          «No me siento bien hoy / ¿ves? las
medicinas                 parece que me hacen empeorar / ya
no las             tomaré.»
MARTÍN:            «Nooo.»
LAURA:             «¿Cómo que no? / la enferma soy yo.»
MARTÍN:             «De acuerdo / no quiero insistir / no te
                   tomes el Mejoral pero no te olvides de
tomar
                   la que te traje yo que es la más eficaz.»
LAURA:             «¿Y cómo sabes que es la más eficaz ?»
MARTÍN:            «Escuchemos el pulso.»            (Scena 15,
frammento)

       Questi dialoghi sono un esempio di quelli che sono
stati fissati nella registrazione e che compaiono anche nel
copione ma, non tutti i dialoghi di quest’ultimo sono stati
registrati nella loro forma originale. Infatti, durante la fase
di registrazione quando gli attori, in questo caso i ragazzi,
si mettono di fronte allo schermo e recitano le loro parti,
seguendo il movimento delle labbra dei vari protagonisti,
17
     Laura: «Oggi non mi sento bene. Vedi sembra che le medicine mi
             facciano peggiorare. Non le prenderò più.»
     Martín: «Nooo.»
     Laura: «Come no, la malata sono io.»
     Martín: «D’accordo, non voglio insistere, non prendere il Mejoral
             ma non dimenticare di prendere quella che ti ho portato io
             che è la più efficace.»
     Laura: «E come fai a sapere che è la più efficace?»
     Martín:« Misuriamo le pulsazioni.»

                        © Fiallega – DRIST 2003
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al primo adattamento se ne aggiungono altri, quasi
improvvisati, dove i dialoghi creati si allungano,
accorciano o addirittura si cambiano, per non rendere falsa,
e persino ridicola, la gestualità di una bocca che, secondo
la fonetica della versione originale, magari si apre in un
suono vocalico e che nella versione doppiata si chiude in
una consonante bilabiale. Ecco un esempio tratto dalla
nona scena di El asesino:
LAURA: 18 «Eres listo al decir las cosas» (Prima
versione)
               «Quieres convencerme»               (Seconda
versione)

      Si osservi che la seconda versione, creata durante la
registrazione, non soltanto è più corta ma include due
chiusure, una labiodentale e una bilabiale, che nel primo
caso non erano contemplate.
      I risultati di questa seconda parte dell’esperimento,
così come le conclusioni teoriche già accennate, sono
ancora da perfezionare19. In questo caso l’aspetto ludico
creativo dell’esperienza non ha lasciato indifferenti i
discenti che si sono sforzati per la buona riuscita del
lavoro, con un conseguente incremento dell’apprendimento
linguistico. Si può dunque affermare che il doppiaggio, sia
che faccia riferimento alla traduzione di una lingua in
un’altra, sia che si riferisca ad una traduzione
endolinguistica, è per le sue componenti ludiche e per i
passaggi che presuppone un ottimo strumento nella
didattica delle lingue.
18
   Laura: Sei furbo nel parlare (Prima versione)
           Vuoi convincermi (Seconda versione)
19
   Nell’archivio del CILTA si trova copia delle due versioni, quella di
La tregua e quella di El asesino.

                       © Fiallega – DRIST 2003
12

           BIBLIOGRAFIA

ARCAINI, ENRICO, 1986, Analisi linguistica e
traduzione, Bologna, Patron.
BENEDETTI. MARIO, 1979, La tregua, México, Nueva
Imagen.
BETTETINI, GIOVANNI, 1982, “Pragmatica della
traduzione: dalla lettura all’immagine” in Processi
Traduttivi:teorie ed applicazioni, Brescia, La Scuola.
FIALLEGA, RAMÓN, 1985, A propósito de doblaje
México, Cinematográfica Interamericana S:A.,
LIANO, DANTE, 1983, “Album de familia”: la pequeña
burguesía en la narrativa de Mario Benedetti” in “Studi di
Letteratura Ispanoamericana”, Milano.
MC LUHAN, MARSHALL, 1969, Understanding media:
the extensions of man, N.Y., Mc Graw Hill.
MOIRAND, SOPHIE, 1982, Enseigner à communiquer en
langue étrangère, Paris, Hachette.
MOUNIN, GEORGES., 1986, Les problèmes théoriques
de la traduction, Paris, Gallimard.

                  © Fiallega – DRIST 2003
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