The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
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The Matrix – Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film “The Matrix”, realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski (prima di diventare le sorelle Lana e Lilly), film epocale sia per gli
argomenti trattati sia per le tecnologie cinematografiche impegnate. Siamo alla fine di un secolo e di un millennio, il mondo è profondamente diverso da come lo
conosciamo oggi. In esso vi erano poco meno di 400 milioni di utenti collegati ad internet e non esistevano Facebook, You Tube, Iphone ed app. La preoccupazione principale legata alla rete internet, ancora appannaggio di pochi utenti, era rappresentata dal “Y2K bug”, meglio noto come Millennium bug, un difetto informatico che si sarebbe manifestato al cambio di data della mezzanotte tra venerdì 31 dicembre 1999 e sabato 1º gennaio 2000 nei sistemi di elaborazione dati di tutto il mondo. Il film dei fratelli Wachowski ci presenta un futuro prossimo venturo dispotico, claustrofobico e terrorizzante. Tutto prende avvio dalla vita di Thomas A. Anderson, programmatore di software presso la Metacortex, cittadino modello di giorno e attivo hacker, sotto lo pseudonimo di “Neo”, di notte. Ad un certo punto il nostro inconsapevole eroe viene contattato da Trinity, esperta e conturbante hacker braccio destro del misterioso Morpheus, vero e proprio criminale informatico. L’incontro con Morpheus è illuminante: Neo viene a conoscenza del fatto che il mondo reale a cui è abituato altro non è che una gigantesca simulazione al computer a cui tutti gli esseri umani sono collegati a loro insaputa, simulazione che prende il nome di “Matrix”, che serve a nascondere una amara e allucinata realtà creata dalla macchine e dall’intelligenza artificiale per assoggettare gli esseri umani. Risvegliato alla vera realtà, Neo entrerà nella resistenza guidata da Morpheus, che cerca di scollegare quanti più umani possibili da questa simulazione globale. Il film presenta profondi riferimenti filosofici, religiosi e sociologici e, in un certo senso, profetizza il mondo in cui oggi ci troviamo a vivere, perennemente collegati ai nostri dispositivi elettronici, che misurano e profilano ogni aspetto della nostra vita, “suggerendoci” che cibo mangiare, come vestire, cosa leggere, quale opinione avere, chi frequentare, chi votare e così via. Gli smartphone e le innumerevoli app su di essi scaricate sono quanto di più simile all’incubatrice in cui si risveglia Neo dopo aver ingerito la famosa pillola rossa datagli da Morpheus.
Il film è passato alla storia principalmente per gli effetti speciali, ma tutta la lavorazione fu difficile e complessa: pensate che la sceneggiatura richiese più di 5 anni di lavorazione, per un totale di 14 bozze e che gli storyboard furono più di 600. Gli spunti letterari per la storia furono innumerevoli: in primis il film saccheggia il “mito della caverna” di Platone”, poi “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll, l’“Odissea” di Omero e soprattutto “Simulacri e Simulazione” di Jean Baudrillard, ritenuto così essenziale ai fini della storia che i fratelli Wachowski comprarono molte copie del testo, che fecero leggere a gran parte del cast e della troupe. Questo libro era così importante che a Keanu Reeves (Neo) venne imposto di leggerlo ancor prima di iniziare a sfogliare la sceneggiatura. Reeves ha sempre sostenuto che fu proprio grazie a questo libro che fu capace di cogliere e capire tutte le sfumature filosofiche del film. A proposito di Keanu Reeves, che regalò al personaggio di Neo un’interpretazione magistrale, l’attore non fu la prima scelta dei registi: il ruolo del protagonista fu offerto prima a Johnny Deep, Brad Pitt, Val Kilmer, Leonardo Di Caprio ed anche all’allora giovanissimo Will Smith, ma alla fine la scelta si restrinse tra Johnny Deep e Keanu Reeves, con quest’ultimo preferito dalla Warner Bros perché, fin da subito, sembrò aver capito l’essenza del film. Anche per il ruolo di Morpheus si pensò a diversi nomi, tra questi Gary Oldman e Samuel L. Jackson, ma alla fine a spuntarla fu Laurence Fishburne, che definì il suo personaggio di Morpheus come un mix tra Obi-Wan Kenobi e Darth Vader. Le scene e le ambientazioni dark del film furono calibrate su un scelta cromatica molto forte e precisa. Tre furono i colori principali usati per colorare e caricare di significato i fotogrammi. Innanzitutto il verde, che fu utilizzato per tutte le scene ambientate nel mondo fittizio di Matrix; si voleva ricreare l’effetto di una realtà filtrata attraverso il monitor di uno schermo di computer (nel 1999 molti schermi del computer erano ancora monocromatici, appunto verdi, perché si era scoperto che questo colore aumentava la definizione e non stancava la vista), poi perché questo colore è da sempre associato al mistero ed all’oscurità. Poi il blu, che divenne il colore per rappresentare le scene della realtà e della vita vera fuori dalla simulazione di Matrix; il colore blu fu usato per le sensazioni di freddezza e melanconia che trasmette, le stesse che i registi volevano traspirassero dal film. Infine fu scelto il giallo per rappresentare il limbo fra vita reale e Matrix, come ad esempio le simulazioni dell’addestramento di Neo: il giallo è da sempre associato all’insicurezza e sembrò ideale
per rappresentare tutte quelle simulazioni non ordite dalle macchine ma create dagli uomini per sconfiggerle. Il film immaginò anche un abbigliamento ed uno stile molto dark: tutti i protagonisti del film, maschili e femminili, sono fasciati in lunghi capotti neri ed attillate tutine di PVC. Per i costumi Kym Barrett, per via del budget limitato, fece di necessità virtù, realizzando il costume di Trinity con PVC a basso costo e il cappotto di Neo con una stoffa che costava 3 dollari al metro. Altro trattamento fu riservato per gli splendidi occhiali da sole dei protagonisti, che sarebbero diventati un must della moda di quegli anni. Fu una piccola azienda artigianale, la Blinde, che vinse la gara contro colossi come Ray-ban e Arnette, che decise di realizzare gli occhiali basandosi sull’inusuale nome dei personaggi. Richard Walker, fondatore dell’azienda, disegnò e realizzò degli occhiali molto avveniristici soprattutto per il modello di Morpheus, che era privo di stanghette e che si
reggeva sul naso con una speciale clip brevettata. Ma Matrix è passato alla storia soprattutto perché ha aperto nuove frontiere nella tecnica cinematografica, a partire dal “bullet time”. Un effetto speciale che, sfruttando simultaneamente un gran numero di fotocamere, disposte intorno ad un oggetto o una persona, permette di ricostruire, frame dopo frame, la medesima scena e riprodurla al rallentatore. Questa tecnica, insieme alla computer grafica 3D e al chroma key, ha reso leggendaria e citatissima la scena di Neo intento a schivare i proiettili. Insomma un film epico, anzi un franchise multimediale, composto da altri due film, un videogioco, un fumetto ed una serie di cortometraggi di animazione “Animatrix”, media diversi che a detta degli autori e dei registi dovevano essere fruiti e visti tutti per ampliare e comprendere meglio l’universo narrativo del film. E, a proposito di fumetti e spunti narrativi, Matrix ha rischiato anche una denuncia di plagio.
I l s e t p e r l a r e a l i z z a z ione dell’effetto “bullet time”. Nel 1992 Stefano Disegni e Massimo Caviglia avevano creato “Razzi Amari”. Si trattava di un fumetto multimediale da leggere insieme a una musicassetta realizzata dalla band Gruppo Volante dello stesso Disegni. La storia era incentrata su un futuro allucinato, in cui la popolazione era sotto il giogo di una dittatura dispotica creata dalle macchine. Le macchine controllavano le persone tramite un chip, installato nella loro mente appena nati, che proiettava l’illusione di vivere in un mondo perfetto. Anche nel fumetto di Stefano Disegni c’era una resistenza che si era organizzata e combatteva le macchine. Insomma una storia molto simile a quella del film, che spinse i creatori del fumetto a contattare un avvocato che ravvisò gli estremi per una causa di plagio, ma alla fine i fumettisti desistettero perché la causa contro la Warner Bros sarebbe stata proibitiva. Per concludere, The Matrix (o Matrix nella traduzione italiana), è un film assolutamente da vedere perché come tutta la miglior fantascienza ci racconta chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando e, siccome il film ha già 20 anni, il futuro immaginato da Matrix è il nostro presente e, per dirla con Morpheus: “Benvenuti nel deserto del reale!”
Curve nella memoria: gli anniversari del 2019 da ricordare a suon di musica “La mia memoria trae fuori i ricordi da un cappello senza che io sappia perché questo e non quello”, recitava Franco Battiato nel testo di una sua celebre canzone, infatti pare che ricordare, andare indietro con la memoria fin dove la mente riesca a spingersi, sembra essere uno dei modi in cui riusciamo a mantenere la nostra identità, anche se i ricordi sono casuali, ma ci sono fatti ed avvenimenti che fanno parte dell’identità collettiva e della storia di ognuno di noi, nonostante non li abbiamo vissuti direttamente. Questa riflessione è ancor più valida, se è la musica ad ispirare un ricordo, un’emozione o un avvenimento storico; basta poco, una vecchia canzone che passa in radio, per accendere ricordi casuali, ma ancora vivi dentro di noi. Così proprio mentre il nostro giornale compie 5 anni di frenetica attività, abbiamo pensato di aprire i cassetti della memoria per ricordare insieme pezzi di storia e di vita che ci hanno condotto fin qui, momenti che magari sono stati epocali per qualcuno, ma che qualcun’altro forse non ricorda neanche. 1 9 5 9 : “ T h e D a y t h e M usic Died” (Il giorno in cui la musica morì). Ad esempio, il 1959, un anno che qualcuno avrebbe ricordato per l’interpretazione di Marilyn Monroe, protagonista del film “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder, ma anche per la prima edizione del concorso canoro, il più ambito negli U.S.A., i Grammy Awards, invece sarà ricordato per “The Day the Music Died” (Il giorno in cui la musica morì). Il 3 febbraio 1959, infatti, persero la vita in un tragico e fortuito incidente aereo nel Iowa, tre giovanissime icone del rock: Buddy Holly, The Big Bopper e Ritchie Valens.
Questo nefasto evento, però, non ha impedito a capolavori come “Words Of Love”, “Chantilly Lace” e “La Bamba”, di varcare la soglia del tempo e giungere fino a noi. Dieci anni più tardi, nella calda estate del 1969, Neil Armstrong è il primo uomo a toccare il suolo lunare, un evento vivo nell’immaginario collettivo di chi ha vissuto in diretta televisiva mondiale quel momento, ma anche nell’immaginario di tutti coloro i quali non erano ancora nati, così come è ancora vivido il ricordo irripetibile del Festival di Woodstock. 1 9 6 9 : F e s t i v a l d i W oodstock. “3 Days of Peace & Rock Music”, tre giorni di pace e musica rock, un messaggio talmente forte e travolgente, da rompere la quiete della tranquilla cittadina di provincia per cui era stata pensata “la Fiera della Musica e delle Arti di Woodstock”, tanto da attirare oltre 400.000 persone, in gran parte giovani. Leggi anche: ■ Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing ■ Ritorno al vinile: moda, business o riscoperta? Ne parliamo con Dj Ringo, Art Director di Virgin Radio Il 1979, invece, sarà l’anno ricordato per l’ascesa di due donne alle più alte cariche dello Stato. Margaret Thatcher diventa la prima donna a essere nominata Primo Ministro nel Regno Unito quasi contemporaneamente, in Italia, Nilde Iotti viene nominata anch’essa per la prima volta, Presidente della Camera dei Deputati, ma questo è anche l’anno in cui la musica diventa fruibile in qualsiasi posto, grazie ad un piccolo apparecchio portatile, inventato dalla Sony.
1 9 7 9 : I l W a l k m a n d e l l a S o ny. Il Walkman, lettore portatile di musicassette rivoluzionerà per sempre il modo di fruire della musica che, da questo momento in poi, scandirà ed accompagnerà la vita di tutti, così come “The Wall”, il concept album dei Pink Floyd, resterà per sempre una pietra miliare del rock. Il successo planetario della band britannica, culminò nel 1989 con un concerto a Venezia, unico nella storia e “Another brick in the wall” proprio in quell’anno, verrà associata ad un altro evento epocale, la caduta del muro di Berlino, nonostante nella canzone non se ne faccia mai riferimento esplicito. Soltanto dieci anni dopo la caduta del muro e la fine della guerra fredda, il 1° gennaio 1999, gli europei assistono alla nascita della moneta unica, l’Euro, che cambierà radicalmente la politica economica dei singoli Stati e gli scambi commerciali con il mondo, mentre l’Italia, perdeva uno dei più grandi poeti e musicisti del suo paese, Fabrizio De Andrè, stroncato da un tumore l’11 gennaio. Una perdita talmente tanto dolorosa, da non essere ancora superata; De Andrè, il cantautore degli ultimi, è vivo nei cuori degli italiani che ogni anno, il giorno dell’anniversario, si radunano spontaneamente nelle piazze per ricordarlo cantando le sue canzoni.
1 9 9 9 : N a c i t a d e l l ’ EURO. Il 2009 consacrerà il primo Presidente afroamericano della storia, Barack Obama, mentre l’Italia piangerà le vittime del terremoto dell’Aquila, un avvenimento che segnerà profondamente il nostro paese. La reazione al terremoto, sarà un collettivo di “Artisti Uniti per l’Abruzzo” che inciderà un singolo “Domani 21.04.2009”, cover di un brano di Mauro Pagani, che devolverà in beneficenza circa un milione di euro per la ricostruzione e la salvaguardia delle opere d’arte. 2 0 0 9 : A r t i s t i U n i t i per l’Abruzzo.
Intanto, ascoltando canzoni e ricordi, siamo arrivati al 2019, l’anno in cui i lavori per la ricostruzione del terremoto dell’Aquila non sono ancora stati terminati e urgono più che mai; l’anno in cui, “commemorare” deve significare anche “ricostruire”, rimettere insieme quei pezzi di storia sparpagliati, ridare un senso agli avvenimenti, nuova vita alle cose, non dimenticare le vittime. Chissà se quest’anno ci regalerà pezzi di canzoni intramontabili “angoli del presente che fortunatamente diventeranno curve nella memoria, quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente, ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria”, come questo capolavoro di Francesco De Gregori del 1992.
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