Cosa significa resilienza urbana? Spunti e risposte da Barcellona

Pagina creata da Giuseppe Bartolini
 
CONTINUA A LEGGERE
Cosa significa resilienza urbana? Spunti e risposte da Barcellona
STUDI URBANI, GRAN SASSO SCIENCE INSTITITE. IL BLOG
                www.studi-urbani-gssi.eu

Cosa significa resilienza urbana?
Spunti e risposte da Barcellona
di Lorenzo Chelleri

Barcellona è una città europea “vanitosa”. Fa tendenza, vuole farla. Il suo continuo
rinnovarsi a partire dalle Olimpiadi del 1992 ha generato lodi e critiche attorno a un
modello di governance meglio conosciuto come “Modelo Barcellona”. Una cittá che
esporta know how sulla gestione urbana a livello internazionale, e funge da modello, è
costantemente a caccia d’innovazione e pubblicità. Non c’è da stupirsi dunque che la
Barcellona olimpica, poi post-olimpica, poi mediterranea, ora stia costuendosi l’immagine
di “resilient city”.

Andiamo quindi a Barcellona in cerca di risposte, risposte a un acritico slogan che sembra
oggigiorno dominare il discorso politico, dalla scala locale a quella globale: la necessitá
d’essere una “resilient city”, a cavallo tra la SMART city e la sustainable city.

Le Nazioni Unite (UN-ISDR) conferiscono nel 4 Aprile 2013 a Barcellona il
riconoscimento di World Leading Resilient City Model, riconoscendo “il lavoro fatto per
proteggere e rimodernare le infrastrutture, e garantire così il continuo accesso ad esse anche
in caso di disastri naturali, rendendole un esempio di resilienza”. Inizia nella capitale
catalana un processo che vede pochi mesi dopo consolidarsi la promessa di trasferire a
Barcellona il programma dell’UN – HABITAT City Resilience Profiling Programme.

Atterriamo a Barcellona. Approfittando dei piú di 180 chilometri di piste ciclabili,
confondetevi tra le Bromtom e fixie per visitare la cittá in modo comodo e trendy: affittate
una bici e partite da Plaza de España. Mentre osservate Arenas (vedi figura 1, foto da web),
un centro commerciale che veste la pelle di una plaza de toros (arena per le corride), state
percorrendo una delle zone della cittá piú vulnerabili alle inondazioni.

                                              1
Cosa significa resilienza urbana? Spunti e risposte da Barcellona
STUDI URBANI, GRAN SASSO SCIENCE INSTITITE. IL BLOG
                www.studi-urbani-gssi.eu

Fortunatamente sotto di voi c’è un deposito de retención de agua de lluvia (ossia un
deposito sotterraneo di raccolta dell’eccesso delle acque piovane). Minacciata da crescenti
fenomeni d’inondazione, Barcellona ha messo a punto negli anni 90 un programma (di piú
di 200 milioni di euro di investimento) che prevedeva la costruzione di enormi depositi
sotterranei per la raccolta e lo stoccaggio dell‘acqua piovana in eccesso (che durante i
temporali il sistema di drenaggio non riusciva smaltire).

Quando parliamo di depositi (figura 2, foto da web, notare il retino blu indicando la
superficie sotterranea occupata dal deposito) facciamo riferimento a infrastrutture (13
vasche sotterranee parse per la città) capaci di catturare durante i picchi di pioggia quasi 1
milione di metri cubi d’acqua, che poi viene distribuito e smaltito attraverso piú di 57
chilometri di grandi tubature grazie a sistemi di pompaggio e controllo di pressioni e
volumi.

Riepilogando, voi in bici non potete vederla, ma la resilienza urbana in plaza de España è
quest’ammirabile opera sotterranea d’ingegneria e gestione idraulica capace di
immagazzinare fino a 70.000 metri cubi d’acqua, che entrano ad una velocitá che puó
raggiungere la portata dei 50m3/sec, e che rende la cittá resiliente (capacitá di risposta

                                              2
Cosa significa resilienza urbana? Spunti e risposte da Barcellona
STUDI URBANI, GRAN SASSO SCIENCE INSTITITE. IL BLOG
                www.studi-urbani-gssi.eu

immediata dinnanzi un malfunzionamento e ripristino del funzionamento) alle innondazioni
(flooding resilient).

Coscienti di pedalare in una flooding resilient city, proseguiamo lungo il modernismo della
Gran Via per raggiungere il nuovo Knowledge District chiamato 22@. Siamo davanti a un
edificio (TIC-Media Building, figura 3, da web) che vuole stupire: le pareti sono in ETFE
(Ethilene Tetrafluor Ethilene), ossia bolle di plastica capaci di regolare il clima – emissioni
e luminositá interna dell’edificio. Siamo nel cuore dellla SMART city di Barcellona.

Architetture decontestualizzate e spettacolari. Sensori e infrastrutture delle piú avanzate per
offrire un servizio adeguato alle piú esigenti firme globali. La SMART city è il controllo in
tempo reale dei flussi metabolici urbani, il cervello digitale che permette di raccogliere ed
elaborare il BIG DATA (centinaia di migliaia di dati provenienti da fonti diverse), per
intervenire in tempo reale grazie alle sale di controllo (City Dashboard). Questa capacitá di
controllo e d’intervento garantisce continuitá e massimizzazione dell’efficacia dei servizi
urbani, e quindi per definizione contribuisce alla sostenibilitá (incremento nell’efficenza
dell’uso delle risorse) e alla resilienza urbana.

Questo nuovo quartiere, il 22@, è un impressionante sforzo di Barcellona per continuare ad
esser attrattiva nei mercati internazionali relazionati con la knowledge economy, scalando i
ranking delle cittá globali. È un investimento impressionante per dimostrare la resilienza
dell’economia urbana, sopprattutto se si considera che la Spagna, Barcellona non esclusa,
deve dimostrare la propria resilienza a una crisi economica (quindi politica e sociale) che
dopo 5 anni (2009-2014) vede ancora quasi il 26% della popolazione, 5.933.300 persone,
disoccupato, nonchè scioccanti e drammatici episodi di crisi sociale come i 17 suicidi
registrati nel 2013 a causa degli sfratti per morosità, (mentre paradossalmente allo stesso
tempo, la bolla immobiliare lascia uno stock di residenze di cui 3,4 milioni sono vuote (dati

                                              3
STUDI URBANI, GRAN SASSO SCIENCE INSTITITE. IL BLOG
                www.studi-urbani-gssi.eu

Istituto di Statistica, censimento 2011). La sola Barcellona dispone infatti di uno stock di
1.079.252 alloggi, dei quali 109.679 vuoti (al 2011). Non è un caso che l’investimento
multimilionario di Barcellona per riprendersi dalla crisi rilanciandosi nel mercato
internazionale delle smart cities e knowledge districts sia una politica contestata da una
sostanziale parte della societá civile, o da associazioni come per esempio la famosa
Plataforma de Afectados por la Hipoteca (piattaforma per i danneggiati dal mutuo),
associazione che combatte per il diritto alla casa. Intevistando i membri di questa
piattaforma e di altre iniziative sociali (come ad esempio la conosciuta transition towns), la
resilienza urbana viene da loro definita come capacitá di riorganizzarsi al fine di mantenere
o massimizzare i benefici sociali ed ambientali davanti ad una crisi. Uno dei casi applicati
di questa visione di resilienza consiste per esempio nel rioccupare le abitazioni non
occupate per ridurre così l’impatto sociale della crisi. In concreto, gli esempi spaziano dai
fenomeni di occupazione illegale degli immobili vuoti alle prime esperienze apparse a
Terrazza (provincia di Barcellona), Girona, Madrid ed altre cittá in cui le amministrazioni
stanno mettendo in marcia sistemi di sanzioni e tasse alle entitá finanziarie che non
rimettano nel mercato e diano uso allo stock di residenze confiscate con sfratto o invendute
in zone urbane in cui c’è una necessità di offerta.

Potremmo continuare ad approfondire ed allungare l’elenco delle paradossalmente
differenti declinazioni della resilienza urbana secondo paradigmi che a volte addirittura si
contraddicono. Alla luce delle prime risposte su cosa s’intende per resilienza urbana,
ottenute dal caso di Barcellona, ci chiediamo:

  i) Come è possibile che la resilienza urbana sia considerata allo stesso tempo sia la
  capacitá tecnica di gestione di un rischio (il caso flooding), sia la capacitá di
  rigenerazione delle economie urbane grazie ad opportunità offerte da mercati
  internazionali (Smart city Barcellona) sia la capacità e volontà sociale di
  riorganizzarsi dal basso per superare le crisi? Non è un ossimoro la definizione di
  un’insieme di capacitá che possono contraddirsi tra loro e dar luogo e strategie e
  politiche divergenti?

  ii) Quali sono dunque i principi cardine che caratterizzano la resilienza urbana?
  Aldilà del significato metaforico di “chi è resiliente si adatta e supera le crisi”, quali
  sono gli indicatori tali per cui una città possa essere definita piú o meno resiliente?

In un sistema ecologico è stato dimostrato che una serie di indicatori (quali connettivitá,
biodiversitá, ridondanza etc) sono dei chiari parametri misurabili che conferiscono
resilienza, capacitá di risposta ed adattamento a stimoli e cambi di stato, a un’ecosistema. In
un sistema socio-ecologico pure è abbastanza chiaro (vi sono indicatori derivati dalla
resilienza ecologica e dalle scienze politiche che suggeriscono come definire e misurare la
resilienza, come illustrato in una recente pubblicazione del Stockholm Resilience Centre).
Ma in ambito urbano: siamo sicuri che l’etichetta della resilienza non sia usata, in assenza
d’indicatori e criteri misurabili, come mera metafora da ogni settore per difendere le proprie
strategie di sviluppo ed adattamento alle proprie crisi e sfide? Il pericolo è quello della
strumentalizzazione di un concetto che suona normativamente positivo, e indiscutibile (la
necessitá indiscussa di adattarsi), in grado di giustificare interventi ed interessi settoriali
non sempre rappresentativi. E pure nel caso in cui ogni settore sviluppasse degli indicatori
di resilienza urbana (che di fatto iniziano ad esser elaborati), in che contesto e con quali

                                              4
STUDI URBANI, GRAN SASSO SCIENCE INSTITITE. IL BLOG
                www.studi-urbani-gssi.eu

strumenti di presa di decisione si dovrebbe gestire la priorizzazione re delle diverse
strategie urbane di resilienza? .

Nonostante queste irrisolte questioni, una cosa è certa: la resilienza urbana sarà sempre più
presente, e influente, come paradigma di gestione urbana futura. A dimostrazione di ciò, la
Rockfeller Foundation lancia un forte messaggio al World Urban Forum a Medellin (Aprile
2014) per coronare la nuova alleanza globale sulla resilienza urbana: il City Resilience
Framework. Per celebrare il centenario della sua fondazione, la fondazione ha stanziato 100
milioni di euro per le 100 cittá del mondo che manifestino interesse, e propongano delle
strategie di resilienza urbana. Il framework presentato a Medellin ha quindi la funzione di
baseline, nel proporre un terreno comune di definizione e possibili applicazioni della
resilienza. Con queste premesse, si aprono linee di ricerca urbana multidisciplinari che
approfondiremo e discuteremo con ulteriori post.

(Pubblicato online il 2 ottobre 2014; indirizzo: http://www.studi-urbani-gssi.eu/?p=172)

                                             5
Puoi anche leggere