CORTE COSTITUZIONALE SEGNALAZIONI SULL'ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA - SERVIZIO STUDI - dicembre ...

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CORTE COSTITUZIONALE
        SERVIZIO STUDI

     Area di diritto comparato

SEGNALAZIONI SULL’ATTUALITÀ
 COSTITUZIONALE STRANIERA

                           a cura di
                     Carmen Guerrero Picó
                     Sarah Pasetto
                     Maria Theresia Rörig
                     Céline Torrisi
                           con il coordinamento di
                     Paolo Passaglia

       n. 31 (dicembre 2019)
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SOMMARIO

Francia
  PROFESSIONISTI – SANZIONI DISCIPLINARI
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-815 QPC del 29 novembre 2019,
  Mme. Carole L., sulla revoca della sospensione delle sanzioni disciplinari ..... 7

Francia
  SETTORI PROFESSIONALI – CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-816 QPC del 29 novembre 2019,
  Fédération nationale des syndicats du spectacle, du cinéma, de l'audiovisuel
  et de l'action culturelle CGT et autre, sulla ristrutturazione dei settori
  professionali e la contrattazione collettiva ........................................................ 9

Spagna
  PARLAMENTI – INIZIATIVE INCOSTITUZIONALI
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 115/2019, del 16 ottobre, sul controllo
  da parte dell’Ufficio di Presidenza delle assemblee legislative di iniziative
  manifestamente incostituzionali ...................................................................... 13

Spagna
  LAVORATORI – ASSENTEISMO
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 118/2019, del 16 ottobre, in tema di
  licenziamento per assenteismo reiterato ......................................................... 17

Francia
  PROCESSO – REGISTRAZIONE DELLE UDIENZE
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-817 QPC del 6 dicembre 2019,
  Mme Claire L., sul divieto di registrazione delle udienze delle giurisdizioni
  amministrative e penali ................................................................................... 21
Francia
  STRANIERO – INGRESSO
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-818 QPC del 6 dicembre 2019,
  Mme Saisda C., sull’assistenza dell’avvocato nelle procedure sull’ingresso
  dello straniero nel territorio francese ............................................................... 23

Francia
  DATI PERSONALI – DIRITTO ALL’OBLIO
  Conseil d’État, decisioni nn. 391000, 393769, 395335, 397755, 399999,
  401258, 403868, 405464, 405910, 407776, 409212, 423326 e 429154
  del 6 dicembre 2019, in tema di diritto all’oblio ............................................. 25

Stati Uniti
  ABORTO – DISCIPLINA LIMITATIVA
  Corte suprema, diniego del certiorari nel caso EMW Women’s Surgical
  Center v. Meier, No. 19-417, 9 dicembre 2019, in tema di aborto .................. 29

Germania
  RAPPORTI CON DIRITTO EURO-UNITARIO – TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI
  Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 6 novembre 2019
  (1 BvR 16/13), sulla tutela dei diritti fondamentali tra diritto interno e
  diritto euro-unitario ......................................................................................... 31

Germania
  RAPPORTI CON DIRITTO EURO-UNITARIO – TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI
  Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 6 novembre 2019
  (1 BvR 276/17), sulla tutela dei diritti fondamentali tra diritto interno e
  diritto euro-unitario ......................................................................................... 35

Regno Unito
  PARLAMENTO – ELEZIONI
  Il Partito conservatore guidato dal Primo ministro Boris Johnson vince
  le elezioni legislative ....................................................................................... 39

Francia
  PROCEDIMENTO PENALE – FORMAZIONE DELLA PROVA
  Cour de cassation, Assemblée plénière, decisione n. 650 del 9 dicembre 2019,
  sull’obbligo di lealtà nella formazione della prova in materia penale ............. 41
Francia
  ESTRADIZIONE – PRESCRIZIONE DEL REATO
  Conseil d’État, decisione n. 424993 dell’11 dicembre 2019, M. Sandoval,
  in tema di estradizione e prescrizione del reato .............................................. 45

Francia
  SPORT – LIMITI SALARIALI AGLI SPORTIVI
  Conseil d’État, decisione n. 434826 dell’11 dicembre 2019, Société
  Montpellier Hérault rugby club, sulla costituzionalità del tetto massimo
  dei compensi per gli sportivi professionisti .................................................... 49

Regno Unito
  CITTADINANZA EUROPEA – FAMILIARI (DIRITTO DI SOGGIORNO)
  Corte suprema, sentenza Patel (Appellant) v Secretary of State for the Home
  Department (Respondent); Secretary of State for the Home Department
  (Respondent) v Shah (Appellant), [2019] UKSC 59, del 16 dicembre 2019,
  sul diritto di soggiorno dei cittadini extra-europei .......................................... 51

Stati Uniti
  PRESIDENTE – IMPEACHMENT
  La House of Representatives mette in stato di impeachment
  il Presidente Trump ......................................................................................... 55

Francia
  MATERNITÀ SURROGATA – TRASCRIZIONE DI ATTI DI NASCITA
  Cour de cassation, Première chambre civile, decisioni nn. 1111 e 1112
  del 18 dicembre 2019, in tema di maternità surrogata .................................... 57

Francia
  PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA – TRASCRIZIONE DI ATTI DI NASCITA
  Cour de cassation, Première chambre civile, decisione n. 1113
  del 18 dicembre 2019, Mme. X. et Mme Z., in tema di procreazione
  medicalmente assistita ..................................................................................... 59

Spagna
  IMPOSTE E TASSE – PLUSVALENZA IMMOBILIARE
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 126/2019, del 31 ottobre, in tema di
  imposta sulle plusvalenze immobiliari ............................................................ 61
Francia
  AMBIENTE – TRASPORTI
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-794 DC del 20 dicembre 2019,
  Legge di orientamento della mobilità .............................................................. 63

Francia
  PREVIDENZA SOCIALE – FINANZIAMENTO
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-795 DC del 20 dicembre 2019,
  Legge di finanziamento della previdenza sociale per il 2020 ......................... 67

Germania
  ESTRADIZIONE – GARANZIE RICHIESTE (INSUFFICIENZA)
  Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 30 ottobre 2019 (2 BvR
  828/19) e ordinanza del 22 novembre 2019 (2 BvR 517/19), in merito
  all’estradizione di cittadini russi di origine cecena ......................................... 71

Germania
  UNIONI CIVILI – TRATTAMENTO PENSIONISTICO
  Tribunale costituzionale federale, ordinanza dell’11 dicembre 2019 (1 BvR
  3087/14), sul trattamento pensionistico delle unioni civil ............................... 73
FRANCIA
                    PROFESSIONISTI – SANZIONI DISCIPLINARI

         Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-815 QPC
         del 29 novembre 2019, Mme. Carole L., sulla revoca
             della sospensione delle sanzioni disciplinari

                                                                         02/12/2019

   Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una
questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. 53 dell’ordonnance
n. 45-2138 del 19 settembre 1945 sulla creazione dell’ordine dei commercialisti e
di disciplina del titolo e della professione di commercialista, come modificata
dall’ordonnance n. 2016-1809 del 22 dicembre 2016 sul riconoscimento delle
qualifiche professionali delle professioni regolamentate.
    Le disposizioni contestate disciplinano le sanzioni disciplinari che possono
essere irrogate nei confronti dei commercialisti in caso di mancato adempimento
degli obblighi legali, regolamentari e deontologici ai quali sono sottoposti. In
particolare, prevedono che il giudice competente possa pronunciare l’interdizione
dall’esercizio della professione di commercialista per un determinato periodo e
che, in alcuni casi, tale sanzione possa essere sospesa per un periodo di cinque
anni. Tuttavia, qualora, durante questo termine, il soggetto sanzionato
commettesse un’infrazione o un errore tale da dare luogo alla pronuncia di una
nuova sanzione disciplinare, la sospensione verrebbe revocata rendendo esecutivo
il divieto di esercizio della professione.
    La ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che tali disposizioni violassero il
principio di personalizzazione delle pene, nella misura in cui prevedevano
l’automatismo e l’obbligatorietà della revoca della sospensione di una sanzione
disciplinare nel caso in cui venisse irrogata una nuova sanzione disciplinare entro
i cinque anni dalla prima. Si contestava anche l’impossibilità, per il giudice che
pronunciava la nuova pena, di non irrogarla o di modificarla.
    Fondandosi sull’art. 8 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
del 1789, il Conseil constitutionnel ha ricordato, in primis, che il principio di
necessità delle pene si applica a tutte le sanzioni che abbiano una natura afflittiva
e che il principio di personalizzazione delle pene, che discende da tale articolo,
implica che una sanzione disciplinare possa essere applicata solo qualora il
giudice la abbia espressamente pronunciata, tenendo conto delle circostanze di
ogni caso 1.
   Successivamente, dopo aver stabilito che la sospensione di una sanzione
disciplinare costituisce una misura di sospensione di una sanzione afflittiva, il
Conseil constitutionnel ha sottolineato che tale misura era subordinata all’assenza,
durante un determinato periodo, di casi di commissione di nuovi errori e che,
quando si pronuncia una sanzione e si decide di sospenderla, il giudice tiene conto
delle circostanze del caso e della necessità di adeguarla agli errori commessi. Il
Conseil constitutionnel ha poi precisato che il venir meno della sospensione della
sanzione non ha come oggetto quello di colpire eventuali nuovi errori bensì quello
di trarre conseguenze dalla violazione delle condizioni della sospensione
dell’esecuzione della sanzione precedentemente pronunciata.
   Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha considerato
che, prevedendo la revoca automatica della sospensione della pena nel caso in cui
una nuova sanzione disciplinare fosse inflitta – misura che implicava
concretamente l’attuazione della sospensione temporanea dall’esercizio della
professione e che costituiva una sanzione di una certa gravità – le disposizioni
contestate si ponevano in contrasto con il principio di personalizzazione delle
pene.
   Le disposizioni contestate sono state, quindi, dichiarate contrarie alla
Costituzione.
   Il Conseil constitutionnel ha stabilito che, nella misura in cui l’abrogazione
immediata di dette disposizioni avrebbe avuto come effetto quello di sopprimere
qualunque possibilità di revoca della sospensione, tale situazione avrebbe avuto
conseguenze manifestamente eccessive. È stato, quindi, deciso di posticipare al 1°
settembre 2020 gli effetti dell’abrogazione delle norme in questione.

                                                                           Céline Torrisi

    1
         La    sentenza      è   reperibile on   line   alla   pagina   https://www.conseil-
constitutionnel.fr/decision/2019/2019815QPC.htm.
8
FRANCIA
          SETTORI PROFESSIONALI – CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

        Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-816 QPC
     del 29 novembre 2019, Fédération nationale des syndicats
  du spectacle, du cinéma, de l'audiovisuel et de l'action culturelle
   CGT et autre, sulla ristrutturazione dei settori professionali
                    e la contrattazione collettiva

                                                                           02/12/2019

  Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una
questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto il primo ed il quinto
paragrafo dell’art. L. 2261-32 del Codice del lavoro, come modificato dalla legge
n. 2018-771 del 5 settembre 2018 per la libertà di scegliere il proprio avvenire
professionale, nonché gli artt. L. 2261-33 e 2261-34 del medesimo codice, come
modificati dalla legge n. 2016-1088 dell’8 agosto 2016 sul lavoro, sulla
modernizzazione del dialogo sociale e sulla messa in sicurezza dei percorsi
professionali.
    Il primo paragrafo dell’art. L. 2261-32 del Codice del lavoro consente al
Ministro del lavoro di avviare una procedura di fusione del campo di applicazione
delle convenzioni collettive di un determinato settore professionale con quello di
una categoria ad esso collegato (c.d. secteur de rattachement), alla condizione che
presenti condizioni economiche e sociali analoghe. Il conferimento di tale
prerogativa al ministro è fondato sull’interesse generale, legato alla
ristrutturazione dei settori professionali. Il ministro può decidere nel senso della
fusione solo nel caso in cui ricorrano determinati criteri stabiliti dalle disposizioni
contestate: il settore da accorpare deve essere composto al massimo da cinquemila
lavoratori; non deve avere siglato altre convenzioni; deve avere un campo di
applicazione geografico solamente regionale o locale; infine, non deve essere già
stata creata o non deve essersi riunita la commissione paritaria permanente di
contrattazione competente nel settore. Le disposizioni contestate stabiliscono,
altresì, che tale procedura possa essere avviata per unire più categorie al fine di
rafforzare la coerenza nel campo di applicazione delle convenzioni collettive.
    L’art. L. 2261-33 del medesimo codice prevede che, in caso di fusione o in
caso di conclusione di un accordo collettivo che raggruppi diverse convenzioni
collettive, le disposizioni di tali convenzioni collettive che disciplinino situazioni
equivalenti debbano essere sostituite, entro un termine di cinque anni, da una
convenzione comune valida per tutti i settori soggetti alla fusione. Qualora tale
contrattazione non vada a buon fine, al settore creato dalla fusione si applicano
solo le disposizioni della convenzione collettiva del secteur de rattachement.
   L’art. L. 2261-33 stabilisce che le organizzazioni di lavoratori e di datori di
lavoro rappresentative nel campo di almeno un settore preesistente alla fusione
mantengono la possibilità di negoziare tale accordo di sostituzione fino alla
successiva misura di rappresentatività delle organizzazioni prevista dopo la
fusione.

   I ricorrenti nel giudizio a quo criticavano tali disposizioni nella misura in cui, a
loro avviso, consentivano al Ministro del lavoro di imporre la fusione di alcune
categorie professionali. Criticavano, inoltre, i criteri stabiliti dalle disposizioni
contestate per determinare le situazioni nelle quali tale fusione potesse essere
avviata, nonché il fatto di imporre alle organizzazioni sindacali di lavoratori e di
datori di lavoro il perimetro di contrattazione dell’accordo di sostituzione,
perimetro al quale i partners sociali non avrebbero potuto derogare nel futuro. A
parere dei ricorrenti, sarebbe derivata da tutti questi elementi una violazione del
“principio di libertà della contrattazione collettiva” 1, principio che si richiedeva
di riconoscere sulla base dell’ottavo comma del Preambolo della Costituzione del
1946, relativo al principio di partecipazione dei lavoratori, nonché sulla base
dell’art. 4 della Dichiarazione del 1789, che tutela la libertà contrattuale. Si
asseriva, infine, la violazione della libertà della contrattazione collettiva, della
libertà sindacale e della tutela dei diritti protetti dall’art. 16 della Dichiarazione
del 1789, nonché del diritto al mantenimento delle convenzioni legalmente
concluse.

   Nella decisione passata in rassegna 2, il Conseil constitutionnel ha stabilito, per
la prima volta, che, in materia di contrattazione collettiva, la libertà contrattuale
discende dal settimo e dall’ottavo comma del Preambolo della Costituzione del
1946 e dall’art. 4 della Dichiarazione del 1789 ed ha sancito la possibilità, per il
legislatore, di limitare tale libertà in virtù di esigenze costituzionali, giustificate
dall’interesse generale, alla condizione che, rispetto all’obiettivo da perseguire,
non si producano violazioni sproporzionate di tale libertà (par. 10).

     1
         In corsivo e tra virgolette nel testo della sentenza.
     2
         La    sentenza      è      reperibile   on   line    alla  pagina    https://www.conseil-
constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019816qpc/2019816qpc.pdf.
10
– Sull’art. L. 2261-32 e sul primo comma dell’art. L. 2261-33 del Codice del
lavoro
   Innanzitutto, il Conseil constitutionnel ha considerato che le disposizioni
contestate violano la libertà contrattuale nella misura in cui i partners sociali che
vogliano negoziare un accordo di sostituzione sono costretti a farlo nel campo
professionale e geografico determinato dall’arrêté di fusione adottato dal ministro
e sono tenuti ad adottare disposizioni comuni per disciplinare situazioni
equivalenti in seno al nuovo settore. Successivamente, il Conseil constitutionnel
ha però stabilito che, adottando tali disposizioni, il legislatore ha perseguito un
obiettivo di interesse generale, in quanto ha inteso rimediare alla parcellizzazione
dei settori professionali, al fine di rafforzare il dialogo sociale in seno a tali settori
ed al fine di consentire loro di disporre di mezzi di azione che siano all’altezza
delle attribuzioni loro conferite dalla legge, come, ad esempio, la definizione delle
condizioni di impiego e di lavoro e delle garanzie loro applicabili oppure la
disciplina della concorrenza tra le imprese. Inoltre, per allontanare le critiche
rivolte alle condizioni prescelte nelle quali sia possibile procedere alla fusione, il
Conseil constitutionnel ha evidenziato le garanzie e le condizioni stabilite dalla
legge per poter avviare la fusione, e, in particolare, la necessità che le operazioni
avvengano sotto il controllo del giudice amministrativo e solo in considerazione
dell’interesse generale legato alla ristrutturazione dei settori. Tali fusioni, inoltre,
non possono essere pronunciate senza che le organizzazioni e le persone
interessate siano state invitate a comunicare le loro osservazioni. Alla luce di
queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha dichiarato le disposizioni
contestate conformi alla Costituzione.
   I giudici hanno invece censurato la disposizione che consente al Ministro del
lavoro di fondere più settori al fine di rafforzare la coerenza del campo di
applicazione delle convenzioni collettive. A parere dei giudici, il legislatore non
ha determinato i criteri che consentano di valutare la coerenza, lasciando in tal
modo all’autorità ministeriale un potere eccessivo nell’apprezzamento dei motivi
idonei a giustificare la fusione. Il legislatore non ha, quindi, fatto applicazione
delle proprie competenze, violando, di conseguenza, la libertà contrattuale.

   – Sul terzo comma dell’art. L. 2261-33 del Codice del lavoro
   Per quanto riguarda gli effetti della ristrutturazione delle stipulazioni della
convenzione collettiva del settore c.d. rattaché, il Conseil constitutionnel ha
considerato che il legislatore non può incidere sui contratti legalmente conclusi
senza violare gli artt. 4 e 16 della Dichiarazione del 1789, in particolare se ciò non
sia giustificato da un motivo di interesse generale. Nel caso di specie, tale

                                                                                       11
violazione sussiste in relazione alle disposizioni che consentono di porre fine
all’applicazione della convenzione collettiva del settore rattaché in assenza della
conclusione di un accordo sostitutivo entro i termini definiti dalla legge.
    A parere del Conseil constitutionnel, tuttavia, adottando tali disposizioni, il
legislatore ha inteso garantire la fusione, sottoponendo i lavoratori e le imprese
del nuovo settore ad un nuovo statuto convenzionale. Di conseguenza, e tenuto
conto dell’obiettivo di interesse generale, la privazione di effetti delle stipulazioni
della convenzione collettiva del settore rattaché che non disciplinano situazioni
specifiche di tale settore, bensì situazioni equivalenti a quelle disciplinate dalla
convenzione collettiva del settore di rattachement, non viola il diritto al
mantenimento di convenzioni legalmente concluse.
    Il Conseil constitutionnel ha però emesso una riserva di interpretazione,
considerando che, qualora tali disposizioni mettessero fine all’applicazione di
stipulazioni della convenzione collettiva del settore rattaché disciplinanti
situazioni specifiche di tale settore, violerebbero in maniera eccessiva il diritto al
mantenimento delle convenzioni legalmente concluse.

    – Sull’art. L. 2261-34 del Codice del lavoro
    Per quanto riguarda, infine, gli effetti della ristrutturazione dei settori sulla
rappresentatività delle parti sociali, il Conseil constitutionnel ha rilevato che il
fatto di privare le organizzazioni sindacali dei lavoratori rappresentative dei
vecchi settori della possibilità di firmare l’accordo di sostituzione o una nuova
convenzione di settore, nel caso in cui avessero perso la loro rappresentatività nel
nuovo settore, non viola la libertà contrattuale né il diritto al mantenimento delle
convenzioni legalmente concluse. Lo stesso vale, in caso di perdita di
rappresentatività, per la facoltà per le organizzazioni professionali di datori di
lavoro di opporsi all’estensione dell’accordo di sostituzione.
    Invece, nel caso specifico in cui le organizzazioni rappresentative in ciascuno
dei settori riuniti avessero, entro cinque anni, iniziato la contrattazione
dell’accordo di sostituzione, le disposizioni contestate potrebbero condurre ad una
loro esclusione dalla contrattazione in corso, qualora tali organizzazioni non
soddisfacessero più i criteri di rappresentatività. Con una seconda riserva di
interpretazione, il Conseil constitutionnel ha dichiarato che, in tale evenienza, se
le disposizioni contestate pregiudicassero la possibilità per le organizzazioni di
lavoratori e di datori di lavoro di continuare a partecipare alle discussioni relative
all’accordo di sostituzione, si porrebbero in contrasto con la libertà contrattuale.

                                                                        Céline Torrisi

12
SPAGNA
                   PARLAMENTI – INIZIATIVE INCOSTITUZIONALI

   Tribunale costituzionale, sentenza n. 115/2019, del 16 ottobre,
  sul controllo da parte dell’Ufficio di Presidenza delle assemblee
       legislative di iniziative manifestamente incostituzionali

                                                                                   02/12/2019

    La STC 115/2019 1 ha accolto il ricorso di amparo presentato da diciassette
deputati del gruppo parlamentare socialista del Parlamento catalano riguardo
all’ammissibilità – asseverata dall’Ufficio di Presidenza del Parlamento catalano –
della “Mozione conseguente all’interrogazione al governo sulla normativa del
Parlamento annullata e sospesa dal Tribunale costituzionale”, diventata poi la
mozione n. 5/XII del Parlamento della Catalogna, del 5 luglio 2018.
   Nella parte prima della mozione si dichiarava che, nonostante la persecuzione
di cui era oggetto da parte dello Stato, il Parlamento catalano avrebbe continuato a
fare quanto fosse necessario per raggiungere democraticamente l’indipendenza
della Catalogna, in attuazione degli obiettivi di cui alla risoluzione n. 1/XI, del 9
novembre, sull’inizio del processo politico in Catalogna come conseguenza dei
risultati elettorali del 27 settembre 2015.
   I ricorrenti ritenevano che la ricevibilità di un’iniziativa manifestamente
incostituzionale avesse vulnerato il loro ius in ufficium (art. 23, comma 2, Cost.).
   La risoluzione n. 1/XI del Parlamento catalano era stata dichiarata illegittima
dalla STC 259/2015, del 2 dicembre, perché in contrasto con le norme
costituzionali sulla sovranità nazionale e sull’unità della nazione spagnola, nonché
per il mancato rispetto delle forme previste per i procedimenti di riforma
costituzionale; gli stessi vizi avevano portato il Tribunale costituzionale ad
epungere dall’ordinamento i paragrafi della mozione del 2018 che avevano
riproposto quei contenuti (v. la STC 136/2018, del 13 dicembre 2).
   Nonostante il fulcro della pronuncia abbia riguardato la portata del potere di
controllo delle iniziative parlamentari da parte degli uffici di presidenza, ciò non

   1
         Il   testo     della    pronuncia   è    reperibile       on     line    alla    pagina
https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2019-16724.
   2
     V. la precedente segnalazione Spagna – Il Tribunale costituzionale annulla una         parte
della mozione n. 5/XII del Parlamento della Catalogna, dell’08/02/2019, in           Segnalazioni
sull’attualità     costituzionale       straniera,      n.        22       (febbraio      2019),
https://www.cortecostituzionale.it/documenti/segnalazioni/Segnalazioni_20192.pdf, pp. 31-32.
ha impedito che il Tribunale costituzionale si soffermasse incidenter tantum sulla
rilevanza che ha il rispetto delle norme del procedimento legislativo nei rapporti
tra maggioranza e minoranze, a garanzia del pluralismo politico 3.
    Di norma, gli uffici di presidenza delle assemblee legislative devono realizzare
un’interpretazione restrittiva delle norme che limitano l’esercizio dei diritti dei
parlamentari. La giurisprudenza costituzionale ammette, ma solo in via
eccezionale, che gli uffici di presidenza possano controllare il contenuto materiale
delle iniziative parlamentari, qualora si tratti di proposte manifestamente
illegittime, cuya inconstitucionalidad sea palmaria y evidente 4. Cionondimeno, il
plenum ha dichiarato che il controllo diventa un obbligo quando il Tribunale
costituzionale imponga di dichiarare inammissibile o di bloccare iniziative che
siano state da questo organo sospese 5.
    Nel caso di specie, il plenum del Tribunale ha constatato 6 che l’Ufficio di
Presidenza del Parlamento catalano aveva interpretato in modo restrittivo il suo
potere di verifica delle iniziative parlamentarie per favorire il dibattito in aula su
una questione molto controversa e di dubbia costituzionalità. Gli stessi servizi
giuridici del Parlamento catalano avevano avvertito i promotori del fatto che
l’iniziativa potesse contravvenire alla giurisprudenza costituzionale. Sussisteva,
quindi, una volontà implicita, e facilmente deducibile dalla mozione, di ignorare
la STC 259/2015, con il pretesto di garantire il dibattito parlamentare ed il
pluralismo politico, principi, questi, che non esimono l’Ufficio di Presidenza dal
rispetto delle regole del gioco democratico e dei limiti che la giurisdizione
costituzionale può imporre a questo dibattito.
    La dichiarazione di inammissibilità di iniziative manifestamente illegittime
diventa un obbligo ogniqualvolta l’ufficio di presidenza sia destinatario di una
imposizione da parte del Tribunale costituzionale che impedisca di dare corso a
determinate iniziative. Opinare diversamente implicherebbe ammettere che il
valore di res iudicata delle decisioni del Tribunale costituzionale è relativo e che
non si applica alla dottrina che deriva dalle sue pronunce, il che è incompatibile
con l’interpretazione dell’art. 164, comma 1, Cost. e dell’art. 40, comma 2, della
LOTC, che attribuiscono alle sentenze d’incostituzionalità valore di res iudicata
ed effetti erga omnes.

     3
         V. i FFJJ 3-4.
     4
         V. i FFJJ 5-6.
     5
         V. il FJ 6.
     6
         V. il FJ 7.
14
Naturalmente, questo non significa che la riproduzione del contenuto di un atto
o di una norma dichiarata incostituzionale debba essere sistematicamente ritenuta
una violazione dell’obbligo di rispettare quanto deciso dal Tribunale
costituzionale. Nuove circostanze potrebbero giustificare una modifica degli
elementi enucleati dal Tribunale; il mero passare del tempo potrebbe essere
sufficiente per ritenere che la ricevibilità di una certa iniziativa non abbia avuto lo
scopo di eludere le pronunce del Tribunale costituzionale. La natura dinamica
della giurisdizione costituzionale giustifica che in tali circostanze la ripetizione di
un atto o di una norma dichiarati incostituzionali sia costituzionalmente
ammissibile. Tali eccezioni teoriche non si sono però verificate nel caso di specie,
determinando cosi l’illegittimità degli atti denunciati.
   La pronuncia reca l’opinione concorrente della Vice Presidente Encarnación
Roca Trías, che ha fatto notare che la sentenza potrebbe giustificare un’estensione
indebita del dovere di controllo che, oltre a snaturare il ruolo degli uffici di
presidenza, gioverebbe poco alla tutela delle minoranze e del pluralismo.

                                                              Carmen Guerrero Picó

                                                                                    15
SPAGNA
                             LAVORATORI – ASSENTEISMO

   Tribunale costituzionale, sentenza n. 118/2019, del 16 ottobre,
        in tema di licenziamento per assenteismo reiterato

                                                                                    03/12/2019

   Con la STC 118/2019 1 il Tribunale costituzionale ha respinto il ricorso in via
incidentale sollevato da un giudice del lavoro di Barcellona nei confronti dell’art.
52, paragrafo d), del regio decreto legislativo n. 2/2015, del 23 ottobre, recante il
testo refundido della legge sullo statuto dei lavoratori (d’ora in avanti, SL).

   La norma oggetto del giudizio riguardava uno dei casi di licenziamento per
cause oggettive e prevedeva che il contratto di lavoro potesse estinguersi per
assenze, anche giustificate ma intermittenti, equivalenti al 20% di giorni feriali in
due mesi consecutivi (se nei dodici mesi antecedenti le assenze erano state del 5%
dei giorni feriali), o al 25% in quattro mesi discontinui in un periodo di dodici
mesi. Non si computavano come assenze a questi effetti: lo sciopero legale per il
tempo di durata dello stesso, lo svolgimento di attività di rappresentanza legale
dei lavoratori, l’incidente sul lavoro, la maternità, il rischio durante la gravidanza
e l’allattamento, le malattie causate dalla gravidanza, il parto o l’allattamento, la
paternità, i permessi e le ferie, la malattia o l’incidente non sul lavoro quando
l’assenza fosse decisa dai servizi sanitari ufficiali ed avesse una durata di oltre
venti giorni consecutivi, l’assenza motivata da una situazione fisica o psicologica
causata da violenza di genere ed accreditata dai servizi sociali o dai servizi
sanitari, le assenze dovute a trattamenti medici contro il cancro o malattia grave.

    Ad avviso del giudice a quo, questa disciplina era in contrasto con il diritto
all’integrità fisica e morale (art. 15 Cost.), con il diritto al lavoro (art. 35, comma

   1
         Il   testo     della    pronuncia   è    reperibile       on     line     alla    pagina
https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2019-16727.
    Per alcuni commenti critici, v. E. ROJO, Despido por absentismo. La productividad de la
empresa es un valor constitucional superior a la salud de la persona trabajadora según el TC. A
propósito de la sentencia de 16 de octubre de 2019 (con tres votos particulares discrepantes) y el
impacto real de la reforma laboral de 2012 (I) e (II), del 03/11/2019,
http://www.eduardorojotorrecilla.es/2019/11/despido-por-absentismo-la-productividad.html         e
http://www.eduardorojotorrecilla.es/2019/11/despido-por-absentismo-la-productividad_3.html; e
A. BAYLOS, Despedir por estar enfermo: una aberración más de la reforma laboral, del 26/11/2019,
https://baylos.blogspot.com/2019/11/despedir-por-estar-enfermo-una.html.
1, Cost.), nonché con la tutela della salute (art. 43, comma 1, Cost.). Un lavoratore
malato avrebbe potuto recarsi al lavoro per il timore di essere licenziato,
nonostante la sua assenza fosse giustificata, assumendo così un sacrificio che non
avrebbe potuto essere esigibile e che avrebbe potuto persino creare complicanze
nel decorso stesso della malattia.

   Secondo il Tribunale costituzionale, l’art. 52, paragrafo d), SL perseguiva un
interesse legittimo non sprovvisto di fondamento costituzionale 2. La norma era
volta a tutelare la produttività dell’impresa e l’efficienza nel lavoro per la
particolare onerosità che hanno per il datore di lavoro le assenze, anche
giustificate, intermittenti e di breve durata. Tutto ciò trovava fondamento nella
libertà di impresa di cui all’art. 38 Cost., che affida ai pubblici poteri la garanzia
del suo esercizio e la difesa della produttività.

    Per rafforzare la sua argomentazione, il plenum si è riferito ad alcuni passaggi
della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 18 gennaio 2018 3
(causa C-270/16, Ruiz Conejero), dove si asserisce che l’assenteismo sul lavoro è
considerato da lungo tempo dal legislatore spagnolo causa di estinzione del
rapporto di lavoro per evitare un indebito aumento del costo del lavoro per le
imprese. Il taso eccessivo di malattia intermittente implica che le imprese debbano
sostenere i costi diretti dell’assenza dal lavoro, mediante il pagamento della
prestazione previdenziale per invalidità temporanea per i primi quindici giorni di
inattività senza possibilità di chiederne il rimborso alla tesoreria generale della
previdenza sociale, cui si aggiungono i costi di sostituzione, ma anche il costo
indiretto, costituito dalla particolare difficoltà di supplire ad assenze di breve
durata. La Corte di giustizia ha dichiarato che gli Stati membri dispongono di un
ampio margine di discrezionalità, non solo nella scelta di perseguire uno scopo
determinato in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella
definizione delle misure atte a realizzarlo, e che la lotta all’assenteismo può essere
riconosciuta come finalità legittima dal momento che costituisce una misura di
politica occupazionale. Spetta agli organi giurisdizionali verificare se i mezzi
utilizzati dalla normativa nazionale per il perseguimento di tale obiettivo siano
adeguati e non vadano al di là di quanto è necessario per raggiungerlo, valutando
altresì i costi diretti e indiretti dell’assenteismo per le imprese.

     2
         V. il FJ 3.
     3
        La decisione della Corte di giustizia è reperibile on line alla pagina
http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=40A5EDB1614D32CCCC604433D
A3F7D4A?text=&docid=198527&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part
=1&cid=5302035. V. in particolare i §§ 41-47.
18
A partire dalle anzidette premesse, il plenum ha escluso qualsiasi vizio di
legittimità della disciplina:

   - In questo ambito, il diritto all’integrità fisica e morale 4 può risultare
interessato solo quando il datore di lavoro generi un pericolo grave e certo per la
salute dell’interessato. La decisione di licenziare i lavoratori per il superamento di
una certa soglia di assenze intermittenti, giustificate o meno, in un determinato
periodo di tempo non può essere ritenuta un’azione che incida sulla salute o sul
recupero del lavoratore, ed il fatto stesso che il licenziamento non possa essere
adottato in caso di malattie gravi o di lunga durata, né in altri casi esclusi dal
legislatore, esclude la violazione dell’art. 15 Cost.

   - Nonostante non si possa escludere che la disciplina impugnata possa in alcuni
casi condizionare il comportamento del lavoratore nel senso prospettato dal
giudice a quo, non vi è alcuna violazione della tutela della salute di cui all’art. 43,
comma 1, Cost., perché l’art. 52 SL non riguarda il regime di accesso né il
contenuto dell’assistenza sanitaria ai lavoratori; inoltre, alcune assenze per
malattia sono escluse dal computo che permette il licenziamento 5.
    - Per quanto riguarda il diritto al lavoro 6, il Tribunale costituzionale ha escluso
l’illegittimità della disciplina perché l’art. 52 SL non prescinde dell’elemento
causale del licenziamento, anzi definisce l’estinzione del contratto di lavoro per
assenteismo in condizioni di obiettività e certezza. La compressione parziale del
diritto al lavoro come diritto alla continuità o alla stabilità nel lavoro si giustifica
per la tutela costituzionale della libertà di impresa. Il legislatore ha trovato una
soluzione equilibrata al conflitto tra i beni i diritti interessati.

   Infine, si è esclusa la violazione delle disposizioni contenute nell’art. 6, comma
1, della Convenzione n. 158 della OIT sul licenziamento, che, ad ogni modo, non
costituisce un canone di legittimità.

   La sentenza reca tre opinioni dissenzienti.

   Nella sua opinion, il giudice costituzionale Fernando Valdés Dal-Ré (cui
aderisce il giudice Cándido Conde-Pumpido Tourón) ha sostenuto che nel caso di
specie doveva dichiararsi l’incostituzionalità per omissione dell’art. 52 SL perché
contrario al diritto al lavoro. Quando l’assenza è giustificata o lo stato di salute è
in pericolo, le sue disposizioni dissuadono il lavoratore dal ricorrere all’assistenza

   4
       V. il FJ 4.
   5
       V. il FJ 5.
   6
       V. il FJ 6.
                                                                                     19
sanitaria e permettono licenziamenti che si basano unicamente sul dato della
malattia. Non può esserci giusta causa in uno scenario in cui viene meno la tutela
della salute sotto minaccia di licenziamento.

   Anche la giudice María Luisa Balaguer Callejón ritiene che si tratti di un caso
di licenziamento senza giusta causa. Il controllo dell’assenteismo è una questione
di organizzazione interna; la libertà di impresa o la difesa della produttività non
possono essere ritenuti prevalenti sui diritti essenziali quali l’integrità e la salute.
Inoltre, si tratta di una misura di discriminazione indiretta sul lavoro, perché dalle
statistiche ufficiali si desume chiaramente che la maggioranza dei lavoratori che
possono essere licenziati per assenze giustificate e intermittenti è di sesso
femminile.

  Il giudice Juan Antonio Xiol Ríos ha condiviso quanto dichiarato dai giudici
Valdés Dal-Ré e Balaguer Callejón.

                                                               Carmen Guerrero Picó

20
FRANCIA
                        PROCESSO – REGISTRAZIONE DELLE UDIENZE

         Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-817 QPC
  del 6 dicembre 2019, Mme Claire L., sul divieto di registrazione
      delle udienze delle giurisdizioni amministrative e penali

                                                                                    09/12/2019

   Il Conseil constitutionnel è stato adito dalla Cour de cassation, che ha sollevato
una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. 38 ter della
legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa, come modificata dall’ordonnance
n. 2000-916 del 19 settembre 2000 sulla conversione in euro di alcuni importi
espressi in franchi nei testi legislativi.
   Le disposizioni contestate vietano a chiunque di utilizzare, a partire dall’inizio
dell’udienza, qualunque apparecchiatura fotografica o di registrazione sonora o
audiovisiva, e di cederne o pubblicarne la registrazione o il contenuto. La
violazione di tale divieto viene punita con una ammenda.
   La ricorrente nel giudizio a quo contestava tale divieto e sosteneva che
l’evoluzione delle tecniche di captazione e di registrazione, così come il potere di
polizia dell’udienza del Presidente del collegio giudicante, fossero sufficienti per
garantire la serenità dei dibattiti, la protezione dei diritti delle persone e
l’imparzialità dei magistrati. Si denunciava, inoltre, il fatto che il legislatore non
avesse previsto eccezioni a tale divieto al fine di tenere conto della libertà di
espressione dei giornalisti e del “diritto del pubblico a ricevere informazioni di
interesse generale” 1. Da tale situazione discendeva una violazione della libertà di
espressione e di comunicazione nonché del principio di necessità dei reati e delle
pene, giacché la violazione delle disposizioni contestate era sanzionata con una
ammenda.
   Il Conseil constitutionnel ha stabilito che, instaurando tale divieto, il legislatore
ha inteso garantire la serenità dei dibattiti 2. In tal modo, ha perseguito l’obiettivo
di valore costituzionale di buona amministrazione della giustizia. Ha anche inteso
prevenire le violazioni al diritto al rispetto della vita privata delle parti al processo
e delle persone che partecipano ai dibattiti, violazioni che potrebbero derivare

   1
       In corsivo e tra virgolette nel testo della decisione.
   2
        La     decisione      è     reperibile    on  line    alla   pagina   https://www.conseil-
constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019817qpc/2019817qpc.pdf.
dalla diffusione delle immagini o delle registrazioni fatte durante tali udienze,
nonché le violazioni della sicurezza degli attori giudiziari e, in materia penale,
della presunzione di innocenza dell’imputato.
   Il Conseil constitutionnel ha poi sottolineato che, se sussiste, in determinati
casi, la possibilità di utilizzare dispositivi di captazione e di registrazione che non
rechino danno allo svolgimento dei dibattimenti, il divieto di utilizzarli durante le
udienze consente di prevenire la diffusione delle immagini o delle registrazioni
che possano turbare tali dibattimenti. Inoltre, il Conseil ha rilevato che
l’evoluzione dei mezzi di comunicazione può conferire a tale diffusione un rilievo
tale da aumentare il rischio di violazioni della sicurezza degli attori giudiziari e
della presunzione di innocenza dell’imputato.
   Infine, i giudici hanno considerato che tale divieto non impedisce al pubblico
che assiste alle udienze, e in particolare ai giornalisti, di rendere conto dei dibattiti
mediante qualunque altro mezzo, anche durante il loro svolgimento, sempre in
considerazione delle limitazioni che può imporre il Presidente in applicazione del
suo potere di polizia.
   Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha stabilito che
la violazione della libertà di espressione e di comunicazione operata dalle
disposizioni contestate deve ritenersi necessaria, adatta e proporzionata agli
obiettivi perseguiti dalla legge.
   Le doglianze dei ricorrenti sono state, quindi, respinte e le disposizioni
contestate dichiarate conformi alla Costituzione.

                                                                         Céline Torrisi

22
FRANCIA
                                 STRANIERO – INGRESSO

           Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-818 QPC
           del 6 dicembre 2019, Mme Saisda C., sull’assistenza
                dell’avvocato nelle procedure sull’ingresso
                   dello straniero nel territorio francese

                                                                                    09/12/2019

   Il Conseil constitutionnel è stato adito dalla Cour de cassation, che ha sollevato
una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto gli articoli L. 213-2
e L. 221-4 del Codice dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri e del diritto di
asilo (d’ora in avanti, CESEDA), come modificati dalla legge n. 2018-778 del 10
settembre 2018 per una immigrazione controllata, un diritto di asilo effettivo ed
una integrazione riuscita.
   L’art. L. 213-2 del CESEDA stabilisce che la notifica ad uno straniero del
diniego dell’autorizzazione all’ingresso sul territorio francese deve comportare la
menzione del diritto di avvertire un difensore di propria fiducia. In applicazione
dell’art. L. 221-4 del medesimo codice, lo straniero è altresì informato, qualora sia
mantenuto nella zona di attesa, che può comunicare con l’avvocato di sua scelta.
   La ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che tali disposizioni violassero i
diritti della difesa nonché gli articoli 7, 9 e 16 della Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino del 1789 nella misura in cui non prevedevano che lo
straniero potesse essere assistito da un avvocato qualora fosse sentito
dall’amministrazione prima che una decisione di diniego gli fosse notificata o
durante il suo mantenimento nella zona di attesa.
   Il Conseil constitutionnel ha stabilito che le disposizioni contestate non
consacrano un diritto dello straniero ad esigere l’assistenza di un avvocato durante
le audizioni organizzate dall’amministrazione nell’ambito dell’istruzione della sua
richiesta di ingresso in Francia o durante il suo mantenimento nella zona di
attesa 1.
   Si è inoltre considerato che tali audizioni hanno come unico oggetto quello di
verificare che lo straniero integri le condizioni di ingresso sul territorio francese e

   1
        La     decisione      è     reperibile    on  line    alla   pagina   https://www.conseil-
constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019818qpc/2019818qpc.pdf.
quello di organizzare la sua partenza qualora non le integri. Di conseguenza, non
possono essere considerate come un mezzo di ricerca di una prova di reato.
   Il Conseil constitutionnel ha poi stabilito che la decisione di diniego
dell’autorizzazione all’ingresso, quella di mantenimento nella zona di attesa e
quelle relative all’organizzazione della partenza dello straniero non costituiscono
sanzioni che abbiano la natura afflittiva bensì misure di polizia amministrativa. Il
fatto che le audizioni possano svolgersi senza l’assistenza di un avvocato non può,
quindi, essere contestato sul fondamento degli artt. 7, 9 e 16 della Dichiarazione
del 1789.
   Si è infine precisato che lo straniero può comunque beneficiare dell’assistenza
di un avvocato nell’ambito delle istanze giurisdizionali relative a tali misure.
   Sulla scorta di queste considerazioni, le disposizioni contestate sono state
dichiarate conformi alla Costituzione.

                                                                     Céline Torrisi

24
FRANCIA
                          DATI PERSONALI – DIRITTO ALL’OBLIO

  Conseil d’État, decisioni nn. 391000, 393769, 395335, 397755,
399999, 401258, 403868, 405464, 405910, 407776, 409212, 423326 e
     429154 del 6 dicembre 2019, in tema di diritto all’oblio

                                                                                      09/12/2019

   In data 6 dicembre 2019, il Conseil d’État ha reso tredici arrêts 1 mediante i
quali ha stabilito le condizioni di attuazione del diritto alla cancellazione dei dati
personali presenti su internet (c.d. diritto all’oblio), sancito dal regolamento
generale sulla protezione dei dati (d’ora in avanti, RGPD) n. 2016/679 del
Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 2. Il Conseil d’État è la
prima giurisdizione francese che abbia fornito istruzioni in materia di diritto
all’oblio 3, rivolgendosi in particolar modo a Google ed alla Commission nationale
de l’informatique et des libertés (d’ora in avanti, CNIL) e specificando quali siano
i principi che debbano essere rispettati da quest’ultima qualora debba pronunciarsi
in materia di cancellazione di dati personali presenti on line.
    Tali sentenze sono state adottate alla luce della decisione resa dalla Corte di
giustizia dell’Unione europea il 24 settembre 2019 4 in risposta al rinvio

   1
         Le decisioni sono reperibili on line alla pagina https://www.conseil-
etat.fr/ressources/decisions-contentieuses/dernieres-decisions-importantes/conseil-d-etat-6-
decembre-2019-13-decisions-relatives-au-droit-a-l-oubli. Per una sintesi, si rimanda al
comunicato stampa, reperibile alla pagina https://www.conseil-etat.fr/actualites/actualites/droit-a-
l-oubli-le-conseil-d-etat-donne-le-mode-d-emploi o alla scheda predisposta dal Conseil d’État,
reperibile     alla    pagina      https://www.conseil-etat.fr/Media/actualites/documents/2019/12-
decembre/decisions-06-12/fiche-juridique-droit-a-l-oubli.
   2
      V. art. 17 del RGPD. Il testo del regolamento è reperibile on line alla pagina https://eur-
lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32016R0679.
   3
      In Francia, qualora un soggetto desideri ottenere la cancellazione, tra i risultati ottenuti
nell’ambito di una ricerca recante suo nome, dei links verso pagine web pubblicate da terzi e che
contengano dati personali che lo riguardino, deve adire il gestore del motore di ricerca. In caso di
rifiuto, può rivolgersi al giudice ordinario o alla CNIL al fine di fare ordinare al gestore la
cancellazione dei links in questione. Se anche la CNIL respinge tale richiesta, l’interessato può
adire il Conseil d’État.
   4
     Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, sentenza del 24 settembre 2019, GC,
AF, BH e ED contro CNIL, causa C-136/17. La sentenza è reperibile on line alla pagina
http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=218106&pageIndex=0&doclan
g=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=6656745.
pregiudiziale 5 che era stato sollevato dal medesimo Conseil d’État il 19 luglio
2017 6. Fondandosi sul RGPD, le decisioni passate in rassegna definiscono il
quadro nell’ambito del quale il gestore di un motore di ricerca debba, sotto il
controllo della CNIL, rispettare il diritto all’oblio. Nello specifico, si è stabilito
che il ragionamento da applicare dipende dalla categoria cui rilevano i dati in
causa.
    Sono state identificate tre situazioni. La prima riguarda il caso in cui i dati
personali non siano sensibili 7. Il Conseil d’État ha considerato che, anche se
spetta, in principio, alla CNIL, ordinare al gestore del motore di ricerca di
procedere alla cancellazione richiesta, il diritto all’oblio non è da considerare
come un diritto assoluto. La CNIL può, in effetti, rifiutare di dare seguito a tali
domande qualora esista un interesse preponderante del pubblico ad accedere
all’informazione. In tal caso, il diritto alla libertà dell’informazione prevale sul
diritto al rispetto della vita privata dell’interessato. Per stabilire quali siano i casi
in cui si possa negare il diritto all’oblio, il Conseil d’État ha stabilito che la CNIL
deve prendere in considerazione tre parametri: le caratteristiche dei dati personali
in causa, la posizione sociale del richiedente e le condizioni di accesso
all’informazione.
    La seconda situazione riguarda i casi in cui i dati personali siano dei dati
sensibili. Dopo aver sottolineato che l’ingerenza nella vita privata dell’interessato
è in tal caso particolarmente grave, il Conseil d’État ha ristretto le condizioni alle
quali la CNIL può legalmente rifiutarsi di obbligare il titolare del motore di

     5
      La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sull’interpretazione della direttiva 95/46/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone
fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.
Era stata presentata nell’ambito di una controversia che vedeva opposti GC, AF, BH e ED alla
CNIL relativamente a quattro decisioni di quest’ultima recanti rifiuto di ingiungere a Google Inc.,
divenuta Google LLC, di procedere alla deindicizzazione di vari links, contenuti nell’elenco dei
risultati che comparivano sullo schermo in esito ad una ricerca effettuata a partire dal loro nome,
che dirigevano verso pagine web pubblicate da terzi.
     6
     Conseil d’État, decisione n. 399922 del 19 luglio 2017, Google Inc.. La decisione è reperibile
on line alla pagina https://www.conseil-etat.fr/ressources/decisions-contentieuses/dernieres-
decisions-importantes/ce-19-juillet-2017-google-inc. Per maggiori informazioni, v. N. MAXIMIN,
CJUE: importantes précisions sur la portée du «droit à l’oubli» numérique, in Dalloz actualité, 27
settembre 2019, reperibile on line alla pagina https://www.dalloz-actualite.fr/flash/cjue-
importantes-precisions-sur-portee-du-droit-l-oubli-numerique#.Xe0fu617Sis.
     7
     I dati sensibili sono definiti dall’art. 6 della legge n. 78-17 del 6 gennaio 1978 come l’insieme
dei dati personali che riguardino la presunta origine raziale o l’origine etnica, le opinioni politiche,
le convinzioni religiose o filosofiche o l’appartenenza sindacale di una persona fisica (…); i dati
genetici e biometrici (…); quei dati che riguardino la salute, la vita sessuale o l’orientamento
sessuale di una persona fisica.
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ricerca a procedere alla soppressione dei dati richiesta, specificando che l’accesso
a tali dati deve essere strettamente necessario all’informazione del pubblico. I
giudici hanno precisato che se, in materia di dati sensibili, la CNIL deve valutare
in maniera più esigente l’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni cui
si richiedono la cancellazione, tale valutazione deve comunque tenere conto dei
criteri elencati qualora si tratti di dati non sensibili. Inoltre, il Conseil d’État ha
evidenziato che, nell’ipotesi in cui i dati sensibili siano stati manifestamente resi
pubblici dalla persona stessa che ne richiede la cancellazione, la CNIL deve
decidere fondandosi sui criteri applicabili alle richieste che vertono su dati
considerati non sensibili.
   La terza ipotesi riguarda i dati relativi alla procedura penale, per i quali il
Conseil d’État ha ritenuto che si debbano applicare i criteri relativi ai dati
sensibili. Tuttavia, nella misura in cui tali dati, che possono essere esatti in un
determinato momento, non riflettono necessariamente la situazione penale
dell’interessato al momento in cui vengono consultati, il Conseil d’État ha
stabilito che il gestore di un motore di ricerca è tenuto ad aggiornare la lista dei
risultati in modo tale da far apparire in primis il o i link(s) verso pagine web che
forniscano informazioni aggiornate, affinché l’immagine dell’interessato che
viene veicolata rispecchi la sua situazione giudiziaria.

                                                                        Céline Torrisi

                                                                                    27
STATI UNITI
                         ABORTO – DISCIPLINA LIMITATIVA

   Corte suprema, diniego del certiorari nel caso EMW Women’s
      Surgical Center v. Meier, No. 19-417, 9 dicembre 2019,
                         in tema di aborto

                                                                             10/12/2019

   La Corte suprema ha negato il certiorari nel caso relativo ad una legge statale
del Kentucky del 2017 in tema di aborto. La decisione della Corte implica che la
legge entrerà in vigore.
   Secondo la legge, l’Ultrasound Informed Consent Act (House Bill 2), i medici
che praticano l’aborto sono obbligati a dare alla donna una descrizione dettagliata
dello sviluppo del feto, accennando anche alla presenza di arti e di organi interni e
facendole sentire il battito cardiaco, mentre le viene mostrata un’immagine ad
ultrasuoni.
   Il ricorso era stato promosso dai medici dell’unica clinica autorizzata a
praticare l’aborto del Kentucky, che asserivano che le previsioni violassero i loro
diritti sanciti dal I Emendamento. Le loro ragioni erano state accolte dal giudice di
primo grado, secondo cui la legge era stata strutturata allo scopo di veicolare il
messaggio ideologico ed antiabortista dello stato. Di contro, la Court of Appeal
del Sixth Circuit ha stabilito che si trattava di una mera regolamentazione medica
volta ad assicurare che l’eventuale consenso all’aborto delle pazienti fosse
informato.
   La decisione della Corte consiste semplicemente nell’inclusione del caso in un
elenco di ricorsi di cui è stata negata l’ammissibilità, senza commenti od opinioni
concorrenti o dissenzienti 1.
   La Corte suprema si pronuncerà comunque sul tema dell’aborto nel corso di
questo Term: il mese prossimo, si terranno le udienze del caso June Medical
Services v. Gee, No. 18-1323, che tratta di una legge della Louisiana che richiede
ai medici praticanti l’aborto di poter operare presso strutture ospedaliere adiacenti.
Nel 2016, la Corte aveva annullato previsioni simili dello stato del Texas, ma la

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            In       ogni         caso,         per       il        testo,    si     v.
https://www.supremecourt.gov/orders/courtorders/120919zor_ihdj.pdf.
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