CORTE COSTITUZIONALE SEGNALAZIONI SULL'ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA - SERVIZIO STUDI - dicembre ...
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CORTE COSTITUZIONALE SERVIZIO STUDI Area di diritto comparato SEGNALAZIONI SULL’ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA a cura di Carmen Guerrero Picó Sarah Pasetto Maria Theresia Rörig Céline Torrisi con il coordinamento di Paolo Passaglia n. 31 (dicembre 2019)
Avvertenza La Corte costituzionale ha la titolarità, in via esclusiva, dei contenuti del presente documento. La Corte costituzionale fa divieto, in assenza di espressa autorizzazione, di riprodurre, estrarre copia ovvero distribuire il documento o parti di esso per finalità commerciali. Il riutilizzo per finalità diverse è soggetto alle condizioni ed alle restrizioni previste nel contratto di licenza Creative Commons (CC by SA 3.0). Per informazioni e richieste, si invita a contattare il Servizio Studi, scrivendo al seguente indirizzo email: servstudi@cortecostituzionale.it.
SOMMARIO Francia PROFESSIONISTI – SANZIONI DISCIPLINARI Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-815 QPC del 29 novembre 2019, Mme. Carole L., sulla revoca della sospensione delle sanzioni disciplinari ..... 7 Francia SETTORI PROFESSIONALI – CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-816 QPC del 29 novembre 2019, Fédération nationale des syndicats du spectacle, du cinéma, de l'audiovisuel et de l'action culturelle CGT et autre, sulla ristrutturazione dei settori professionali e la contrattazione collettiva ........................................................ 9 Spagna PARLAMENTI – INIZIATIVE INCOSTITUZIONALI Tribunale costituzionale, sentenza n. 115/2019, del 16 ottobre, sul controllo da parte dell’Ufficio di Presidenza delle assemblee legislative di iniziative manifestamente incostituzionali ...................................................................... 13 Spagna LAVORATORI – ASSENTEISMO Tribunale costituzionale, sentenza n. 118/2019, del 16 ottobre, in tema di licenziamento per assenteismo reiterato ......................................................... 17 Francia PROCESSO – REGISTRAZIONE DELLE UDIENZE Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-817 QPC del 6 dicembre 2019, Mme Claire L., sul divieto di registrazione delle udienze delle giurisdizioni amministrative e penali ................................................................................... 21
Francia STRANIERO – INGRESSO Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-818 QPC del 6 dicembre 2019, Mme Saisda C., sull’assistenza dell’avvocato nelle procedure sull’ingresso dello straniero nel territorio francese ............................................................... 23 Francia DATI PERSONALI – DIRITTO ALL’OBLIO Conseil d’État, decisioni nn. 391000, 393769, 395335, 397755, 399999, 401258, 403868, 405464, 405910, 407776, 409212, 423326 e 429154 del 6 dicembre 2019, in tema di diritto all’oblio ............................................. 25 Stati Uniti ABORTO – DISCIPLINA LIMITATIVA Corte suprema, diniego del certiorari nel caso EMW Women’s Surgical Center v. Meier, No. 19-417, 9 dicembre 2019, in tema di aborto .................. 29 Germania RAPPORTI CON DIRITTO EURO-UNITARIO – TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 6 novembre 2019 (1 BvR 16/13), sulla tutela dei diritti fondamentali tra diritto interno e diritto euro-unitario ......................................................................................... 31 Germania RAPPORTI CON DIRITTO EURO-UNITARIO – TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 6 novembre 2019 (1 BvR 276/17), sulla tutela dei diritti fondamentali tra diritto interno e diritto euro-unitario ......................................................................................... 35 Regno Unito PARLAMENTO – ELEZIONI Il Partito conservatore guidato dal Primo ministro Boris Johnson vince le elezioni legislative ....................................................................................... 39 Francia PROCEDIMENTO PENALE – FORMAZIONE DELLA PROVA Cour de cassation, Assemblée plénière, decisione n. 650 del 9 dicembre 2019, sull’obbligo di lealtà nella formazione della prova in materia penale ............. 41
Francia ESTRADIZIONE – PRESCRIZIONE DEL REATO Conseil d’État, decisione n. 424993 dell’11 dicembre 2019, M. Sandoval, in tema di estradizione e prescrizione del reato .............................................. 45 Francia SPORT – LIMITI SALARIALI AGLI SPORTIVI Conseil d’État, decisione n. 434826 dell’11 dicembre 2019, Société Montpellier Hérault rugby club, sulla costituzionalità del tetto massimo dei compensi per gli sportivi professionisti .................................................... 49 Regno Unito CITTADINANZA EUROPEA – FAMILIARI (DIRITTO DI SOGGIORNO) Corte suprema, sentenza Patel (Appellant) v Secretary of State for the Home Department (Respondent); Secretary of State for the Home Department (Respondent) v Shah (Appellant), [2019] UKSC 59, del 16 dicembre 2019, sul diritto di soggiorno dei cittadini extra-europei .......................................... 51 Stati Uniti PRESIDENTE – IMPEACHMENT La House of Representatives mette in stato di impeachment il Presidente Trump ......................................................................................... 55 Francia MATERNITÀ SURROGATA – TRASCRIZIONE DI ATTI DI NASCITA Cour de cassation, Première chambre civile, decisioni nn. 1111 e 1112 del 18 dicembre 2019, in tema di maternità surrogata .................................... 57 Francia PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA – TRASCRIZIONE DI ATTI DI NASCITA Cour de cassation, Première chambre civile, decisione n. 1113 del 18 dicembre 2019, Mme. X. et Mme Z., in tema di procreazione medicalmente assistita ..................................................................................... 59 Spagna IMPOSTE E TASSE – PLUSVALENZA IMMOBILIARE Tribunale costituzionale, sentenza n. 126/2019, del 31 ottobre, in tema di imposta sulle plusvalenze immobiliari ............................................................ 61
Francia AMBIENTE – TRASPORTI Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-794 DC del 20 dicembre 2019, Legge di orientamento della mobilità .............................................................. 63 Francia PREVIDENZA SOCIALE – FINANZIAMENTO Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-795 DC del 20 dicembre 2019, Legge di finanziamento della previdenza sociale per il 2020 ......................... 67 Germania ESTRADIZIONE – GARANZIE RICHIESTE (INSUFFICIENZA) Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 30 ottobre 2019 (2 BvR 828/19) e ordinanza del 22 novembre 2019 (2 BvR 517/19), in merito all’estradizione di cittadini russi di origine cecena ......................................... 71 Germania UNIONI CIVILI – TRATTAMENTO PENSIONISTICO Tribunale costituzionale federale, ordinanza dell’11 dicembre 2019 (1 BvR 3087/14), sul trattamento pensionistico delle unioni civil ............................... 73
FRANCIA PROFESSIONISTI – SANZIONI DISCIPLINARI Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-815 QPC del 29 novembre 2019, Mme. Carole L., sulla revoca della sospensione delle sanzioni disciplinari 02/12/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. 53 dell’ordonnance n. 45-2138 del 19 settembre 1945 sulla creazione dell’ordine dei commercialisti e di disciplina del titolo e della professione di commercialista, come modificata dall’ordonnance n. 2016-1809 del 22 dicembre 2016 sul riconoscimento delle qualifiche professionali delle professioni regolamentate. Le disposizioni contestate disciplinano le sanzioni disciplinari che possono essere irrogate nei confronti dei commercialisti in caso di mancato adempimento degli obblighi legali, regolamentari e deontologici ai quali sono sottoposti. In particolare, prevedono che il giudice competente possa pronunciare l’interdizione dall’esercizio della professione di commercialista per un determinato periodo e che, in alcuni casi, tale sanzione possa essere sospesa per un periodo di cinque anni. Tuttavia, qualora, durante questo termine, il soggetto sanzionato commettesse un’infrazione o un errore tale da dare luogo alla pronuncia di una nuova sanzione disciplinare, la sospensione verrebbe revocata rendendo esecutivo il divieto di esercizio della professione. La ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che tali disposizioni violassero il principio di personalizzazione delle pene, nella misura in cui prevedevano l’automatismo e l’obbligatorietà della revoca della sospensione di una sanzione disciplinare nel caso in cui venisse irrogata una nuova sanzione disciplinare entro i cinque anni dalla prima. Si contestava anche l’impossibilità, per il giudice che pronunciava la nuova pena, di non irrogarla o di modificarla. Fondandosi sull’art. 8 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, il Conseil constitutionnel ha ricordato, in primis, che il principio di necessità delle pene si applica a tutte le sanzioni che abbiano una natura afflittiva e che il principio di personalizzazione delle pene, che discende da tale articolo, implica che una sanzione disciplinare possa essere applicata solo qualora il
giudice la abbia espressamente pronunciata, tenendo conto delle circostanze di ogni caso 1. Successivamente, dopo aver stabilito che la sospensione di una sanzione disciplinare costituisce una misura di sospensione di una sanzione afflittiva, il Conseil constitutionnel ha sottolineato che tale misura era subordinata all’assenza, durante un determinato periodo, di casi di commissione di nuovi errori e che, quando si pronuncia una sanzione e si decide di sospenderla, il giudice tiene conto delle circostanze del caso e della necessità di adeguarla agli errori commessi. Il Conseil constitutionnel ha poi precisato che il venir meno della sospensione della sanzione non ha come oggetto quello di colpire eventuali nuovi errori bensì quello di trarre conseguenze dalla violazione delle condizioni della sospensione dell’esecuzione della sanzione precedentemente pronunciata. Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha considerato che, prevedendo la revoca automatica della sospensione della pena nel caso in cui una nuova sanzione disciplinare fosse inflitta – misura che implicava concretamente l’attuazione della sospensione temporanea dall’esercizio della professione e che costituiva una sanzione di una certa gravità – le disposizioni contestate si ponevano in contrasto con il principio di personalizzazione delle pene. Le disposizioni contestate sono state, quindi, dichiarate contrarie alla Costituzione. Il Conseil constitutionnel ha stabilito che, nella misura in cui l’abrogazione immediata di dette disposizioni avrebbe avuto come effetto quello di sopprimere qualunque possibilità di revoca della sospensione, tale situazione avrebbe avuto conseguenze manifestamente eccessive. È stato, quindi, deciso di posticipare al 1° settembre 2020 gli effetti dell’abrogazione delle norme in questione. Céline Torrisi 1 La sentenza è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/decision/2019/2019815QPC.htm. 8
FRANCIA SETTORI PROFESSIONALI – CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-816 QPC del 29 novembre 2019, Fédération nationale des syndicats du spectacle, du cinéma, de l'audiovisuel et de l'action culturelle CGT et autre, sulla ristrutturazione dei settori professionali e la contrattazione collettiva 02/12/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto il primo ed il quinto paragrafo dell’art. L. 2261-32 del Codice del lavoro, come modificato dalla legge n. 2018-771 del 5 settembre 2018 per la libertà di scegliere il proprio avvenire professionale, nonché gli artt. L. 2261-33 e 2261-34 del medesimo codice, come modificati dalla legge n. 2016-1088 dell’8 agosto 2016 sul lavoro, sulla modernizzazione del dialogo sociale e sulla messa in sicurezza dei percorsi professionali. Il primo paragrafo dell’art. L. 2261-32 del Codice del lavoro consente al Ministro del lavoro di avviare una procedura di fusione del campo di applicazione delle convenzioni collettive di un determinato settore professionale con quello di una categoria ad esso collegato (c.d. secteur de rattachement), alla condizione che presenti condizioni economiche e sociali analoghe. Il conferimento di tale prerogativa al ministro è fondato sull’interesse generale, legato alla ristrutturazione dei settori professionali. Il ministro può decidere nel senso della fusione solo nel caso in cui ricorrano determinati criteri stabiliti dalle disposizioni contestate: il settore da accorpare deve essere composto al massimo da cinquemila lavoratori; non deve avere siglato altre convenzioni; deve avere un campo di applicazione geografico solamente regionale o locale; infine, non deve essere già stata creata o non deve essersi riunita la commissione paritaria permanente di contrattazione competente nel settore. Le disposizioni contestate stabiliscono, altresì, che tale procedura possa essere avviata per unire più categorie al fine di rafforzare la coerenza nel campo di applicazione delle convenzioni collettive. L’art. L. 2261-33 del medesimo codice prevede che, in caso di fusione o in caso di conclusione di un accordo collettivo che raggruppi diverse convenzioni collettive, le disposizioni di tali convenzioni collettive che disciplinino situazioni equivalenti debbano essere sostituite, entro un termine di cinque anni, da una
convenzione comune valida per tutti i settori soggetti alla fusione. Qualora tale contrattazione non vada a buon fine, al settore creato dalla fusione si applicano solo le disposizioni della convenzione collettiva del secteur de rattachement. L’art. L. 2261-33 stabilisce che le organizzazioni di lavoratori e di datori di lavoro rappresentative nel campo di almeno un settore preesistente alla fusione mantengono la possibilità di negoziare tale accordo di sostituzione fino alla successiva misura di rappresentatività delle organizzazioni prevista dopo la fusione. I ricorrenti nel giudizio a quo criticavano tali disposizioni nella misura in cui, a loro avviso, consentivano al Ministro del lavoro di imporre la fusione di alcune categorie professionali. Criticavano, inoltre, i criteri stabiliti dalle disposizioni contestate per determinare le situazioni nelle quali tale fusione potesse essere avviata, nonché il fatto di imporre alle organizzazioni sindacali di lavoratori e di datori di lavoro il perimetro di contrattazione dell’accordo di sostituzione, perimetro al quale i partners sociali non avrebbero potuto derogare nel futuro. A parere dei ricorrenti, sarebbe derivata da tutti questi elementi una violazione del “principio di libertà della contrattazione collettiva” 1, principio che si richiedeva di riconoscere sulla base dell’ottavo comma del Preambolo della Costituzione del 1946, relativo al principio di partecipazione dei lavoratori, nonché sulla base dell’art. 4 della Dichiarazione del 1789, che tutela la libertà contrattuale. Si asseriva, infine, la violazione della libertà della contrattazione collettiva, della libertà sindacale e della tutela dei diritti protetti dall’art. 16 della Dichiarazione del 1789, nonché del diritto al mantenimento delle convenzioni legalmente concluse. Nella decisione passata in rassegna 2, il Conseil constitutionnel ha stabilito, per la prima volta, che, in materia di contrattazione collettiva, la libertà contrattuale discende dal settimo e dall’ottavo comma del Preambolo della Costituzione del 1946 e dall’art. 4 della Dichiarazione del 1789 ed ha sancito la possibilità, per il legislatore, di limitare tale libertà in virtù di esigenze costituzionali, giustificate dall’interesse generale, alla condizione che, rispetto all’obiettivo da perseguire, non si producano violazioni sproporzionate di tale libertà (par. 10). 1 In corsivo e tra virgolette nel testo della sentenza. 2 La sentenza è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019816qpc/2019816qpc.pdf. 10
– Sull’art. L. 2261-32 e sul primo comma dell’art. L. 2261-33 del Codice del lavoro Innanzitutto, il Conseil constitutionnel ha considerato che le disposizioni contestate violano la libertà contrattuale nella misura in cui i partners sociali che vogliano negoziare un accordo di sostituzione sono costretti a farlo nel campo professionale e geografico determinato dall’arrêté di fusione adottato dal ministro e sono tenuti ad adottare disposizioni comuni per disciplinare situazioni equivalenti in seno al nuovo settore. Successivamente, il Conseil constitutionnel ha però stabilito che, adottando tali disposizioni, il legislatore ha perseguito un obiettivo di interesse generale, in quanto ha inteso rimediare alla parcellizzazione dei settori professionali, al fine di rafforzare il dialogo sociale in seno a tali settori ed al fine di consentire loro di disporre di mezzi di azione che siano all’altezza delle attribuzioni loro conferite dalla legge, come, ad esempio, la definizione delle condizioni di impiego e di lavoro e delle garanzie loro applicabili oppure la disciplina della concorrenza tra le imprese. Inoltre, per allontanare le critiche rivolte alle condizioni prescelte nelle quali sia possibile procedere alla fusione, il Conseil constitutionnel ha evidenziato le garanzie e le condizioni stabilite dalla legge per poter avviare la fusione, e, in particolare, la necessità che le operazioni avvengano sotto il controllo del giudice amministrativo e solo in considerazione dell’interesse generale legato alla ristrutturazione dei settori. Tali fusioni, inoltre, non possono essere pronunciate senza che le organizzazioni e le persone interessate siano state invitate a comunicare le loro osservazioni. Alla luce di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha dichiarato le disposizioni contestate conformi alla Costituzione. I giudici hanno invece censurato la disposizione che consente al Ministro del lavoro di fondere più settori al fine di rafforzare la coerenza del campo di applicazione delle convenzioni collettive. A parere dei giudici, il legislatore non ha determinato i criteri che consentano di valutare la coerenza, lasciando in tal modo all’autorità ministeriale un potere eccessivo nell’apprezzamento dei motivi idonei a giustificare la fusione. Il legislatore non ha, quindi, fatto applicazione delle proprie competenze, violando, di conseguenza, la libertà contrattuale. – Sul terzo comma dell’art. L. 2261-33 del Codice del lavoro Per quanto riguarda gli effetti della ristrutturazione delle stipulazioni della convenzione collettiva del settore c.d. rattaché, il Conseil constitutionnel ha considerato che il legislatore non può incidere sui contratti legalmente conclusi senza violare gli artt. 4 e 16 della Dichiarazione del 1789, in particolare se ciò non sia giustificato da un motivo di interesse generale. Nel caso di specie, tale 11
violazione sussiste in relazione alle disposizioni che consentono di porre fine all’applicazione della convenzione collettiva del settore rattaché in assenza della conclusione di un accordo sostitutivo entro i termini definiti dalla legge. A parere del Conseil constitutionnel, tuttavia, adottando tali disposizioni, il legislatore ha inteso garantire la fusione, sottoponendo i lavoratori e le imprese del nuovo settore ad un nuovo statuto convenzionale. Di conseguenza, e tenuto conto dell’obiettivo di interesse generale, la privazione di effetti delle stipulazioni della convenzione collettiva del settore rattaché che non disciplinano situazioni specifiche di tale settore, bensì situazioni equivalenti a quelle disciplinate dalla convenzione collettiva del settore di rattachement, non viola il diritto al mantenimento di convenzioni legalmente concluse. Il Conseil constitutionnel ha però emesso una riserva di interpretazione, considerando che, qualora tali disposizioni mettessero fine all’applicazione di stipulazioni della convenzione collettiva del settore rattaché disciplinanti situazioni specifiche di tale settore, violerebbero in maniera eccessiva il diritto al mantenimento delle convenzioni legalmente concluse. – Sull’art. L. 2261-34 del Codice del lavoro Per quanto riguarda, infine, gli effetti della ristrutturazione dei settori sulla rappresentatività delle parti sociali, il Conseil constitutionnel ha rilevato che il fatto di privare le organizzazioni sindacali dei lavoratori rappresentative dei vecchi settori della possibilità di firmare l’accordo di sostituzione o una nuova convenzione di settore, nel caso in cui avessero perso la loro rappresentatività nel nuovo settore, non viola la libertà contrattuale né il diritto al mantenimento delle convenzioni legalmente concluse. Lo stesso vale, in caso di perdita di rappresentatività, per la facoltà per le organizzazioni professionali di datori di lavoro di opporsi all’estensione dell’accordo di sostituzione. Invece, nel caso specifico in cui le organizzazioni rappresentative in ciascuno dei settori riuniti avessero, entro cinque anni, iniziato la contrattazione dell’accordo di sostituzione, le disposizioni contestate potrebbero condurre ad una loro esclusione dalla contrattazione in corso, qualora tali organizzazioni non soddisfacessero più i criteri di rappresentatività. Con una seconda riserva di interpretazione, il Conseil constitutionnel ha dichiarato che, in tale evenienza, se le disposizioni contestate pregiudicassero la possibilità per le organizzazioni di lavoratori e di datori di lavoro di continuare a partecipare alle discussioni relative all’accordo di sostituzione, si porrebbero in contrasto con la libertà contrattuale. Céline Torrisi 12
SPAGNA PARLAMENTI – INIZIATIVE INCOSTITUZIONALI Tribunale costituzionale, sentenza n. 115/2019, del 16 ottobre, sul controllo da parte dell’Ufficio di Presidenza delle assemblee legislative di iniziative manifestamente incostituzionali 02/12/2019 La STC 115/2019 1 ha accolto il ricorso di amparo presentato da diciassette deputati del gruppo parlamentare socialista del Parlamento catalano riguardo all’ammissibilità – asseverata dall’Ufficio di Presidenza del Parlamento catalano – della “Mozione conseguente all’interrogazione al governo sulla normativa del Parlamento annullata e sospesa dal Tribunale costituzionale”, diventata poi la mozione n. 5/XII del Parlamento della Catalogna, del 5 luglio 2018. Nella parte prima della mozione si dichiarava che, nonostante la persecuzione di cui era oggetto da parte dello Stato, il Parlamento catalano avrebbe continuato a fare quanto fosse necessario per raggiungere democraticamente l’indipendenza della Catalogna, in attuazione degli obiettivi di cui alla risoluzione n. 1/XI, del 9 novembre, sull’inizio del processo politico in Catalogna come conseguenza dei risultati elettorali del 27 settembre 2015. I ricorrenti ritenevano che la ricevibilità di un’iniziativa manifestamente incostituzionale avesse vulnerato il loro ius in ufficium (art. 23, comma 2, Cost.). La risoluzione n. 1/XI del Parlamento catalano era stata dichiarata illegittima dalla STC 259/2015, del 2 dicembre, perché in contrasto con le norme costituzionali sulla sovranità nazionale e sull’unità della nazione spagnola, nonché per il mancato rispetto delle forme previste per i procedimenti di riforma costituzionale; gli stessi vizi avevano portato il Tribunale costituzionale ad epungere dall’ordinamento i paragrafi della mozione del 2018 che avevano riproposto quei contenuti (v. la STC 136/2018, del 13 dicembre 2). Nonostante il fulcro della pronuncia abbia riguardato la portata del potere di controllo delle iniziative parlamentari da parte degli uffici di presidenza, ciò non 1 Il testo della pronuncia è reperibile on line alla pagina https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2019-16724. 2 V. la precedente segnalazione Spagna – Il Tribunale costituzionale annulla una parte della mozione n. 5/XII del Parlamento della Catalogna, dell’08/02/2019, in Segnalazioni sull’attualità costituzionale straniera, n. 22 (febbraio 2019), https://www.cortecostituzionale.it/documenti/segnalazioni/Segnalazioni_20192.pdf, pp. 31-32.
ha impedito che il Tribunale costituzionale si soffermasse incidenter tantum sulla rilevanza che ha il rispetto delle norme del procedimento legislativo nei rapporti tra maggioranza e minoranze, a garanzia del pluralismo politico 3. Di norma, gli uffici di presidenza delle assemblee legislative devono realizzare un’interpretazione restrittiva delle norme che limitano l’esercizio dei diritti dei parlamentari. La giurisprudenza costituzionale ammette, ma solo in via eccezionale, che gli uffici di presidenza possano controllare il contenuto materiale delle iniziative parlamentari, qualora si tratti di proposte manifestamente illegittime, cuya inconstitucionalidad sea palmaria y evidente 4. Cionondimeno, il plenum ha dichiarato che il controllo diventa un obbligo quando il Tribunale costituzionale imponga di dichiarare inammissibile o di bloccare iniziative che siano state da questo organo sospese 5. Nel caso di specie, il plenum del Tribunale ha constatato 6 che l’Ufficio di Presidenza del Parlamento catalano aveva interpretato in modo restrittivo il suo potere di verifica delle iniziative parlamentarie per favorire il dibattito in aula su una questione molto controversa e di dubbia costituzionalità. Gli stessi servizi giuridici del Parlamento catalano avevano avvertito i promotori del fatto che l’iniziativa potesse contravvenire alla giurisprudenza costituzionale. Sussisteva, quindi, una volontà implicita, e facilmente deducibile dalla mozione, di ignorare la STC 259/2015, con il pretesto di garantire il dibattito parlamentare ed il pluralismo politico, principi, questi, che non esimono l’Ufficio di Presidenza dal rispetto delle regole del gioco democratico e dei limiti che la giurisdizione costituzionale può imporre a questo dibattito. La dichiarazione di inammissibilità di iniziative manifestamente illegittime diventa un obbligo ogniqualvolta l’ufficio di presidenza sia destinatario di una imposizione da parte del Tribunale costituzionale che impedisca di dare corso a determinate iniziative. Opinare diversamente implicherebbe ammettere che il valore di res iudicata delle decisioni del Tribunale costituzionale è relativo e che non si applica alla dottrina che deriva dalle sue pronunce, il che è incompatibile con l’interpretazione dell’art. 164, comma 1, Cost. e dell’art. 40, comma 2, della LOTC, che attribuiscono alle sentenze d’incostituzionalità valore di res iudicata ed effetti erga omnes. 3 V. i FFJJ 3-4. 4 V. i FFJJ 5-6. 5 V. il FJ 6. 6 V. il FJ 7. 14
Naturalmente, questo non significa che la riproduzione del contenuto di un atto o di una norma dichiarata incostituzionale debba essere sistematicamente ritenuta una violazione dell’obbligo di rispettare quanto deciso dal Tribunale costituzionale. Nuove circostanze potrebbero giustificare una modifica degli elementi enucleati dal Tribunale; il mero passare del tempo potrebbe essere sufficiente per ritenere che la ricevibilità di una certa iniziativa non abbia avuto lo scopo di eludere le pronunce del Tribunale costituzionale. La natura dinamica della giurisdizione costituzionale giustifica che in tali circostanze la ripetizione di un atto o di una norma dichiarati incostituzionali sia costituzionalmente ammissibile. Tali eccezioni teoriche non si sono però verificate nel caso di specie, determinando cosi l’illegittimità degli atti denunciati. La pronuncia reca l’opinione concorrente della Vice Presidente Encarnación Roca Trías, che ha fatto notare che la sentenza potrebbe giustificare un’estensione indebita del dovere di controllo che, oltre a snaturare il ruolo degli uffici di presidenza, gioverebbe poco alla tutela delle minoranze e del pluralismo. Carmen Guerrero Picó 15
SPAGNA LAVORATORI – ASSENTEISMO Tribunale costituzionale, sentenza n. 118/2019, del 16 ottobre, in tema di licenziamento per assenteismo reiterato 03/12/2019 Con la STC 118/2019 1 il Tribunale costituzionale ha respinto il ricorso in via incidentale sollevato da un giudice del lavoro di Barcellona nei confronti dell’art. 52, paragrafo d), del regio decreto legislativo n. 2/2015, del 23 ottobre, recante il testo refundido della legge sullo statuto dei lavoratori (d’ora in avanti, SL). La norma oggetto del giudizio riguardava uno dei casi di licenziamento per cause oggettive e prevedeva che il contratto di lavoro potesse estinguersi per assenze, anche giustificate ma intermittenti, equivalenti al 20% di giorni feriali in due mesi consecutivi (se nei dodici mesi antecedenti le assenze erano state del 5% dei giorni feriali), o al 25% in quattro mesi discontinui in un periodo di dodici mesi. Non si computavano come assenze a questi effetti: lo sciopero legale per il tempo di durata dello stesso, lo svolgimento di attività di rappresentanza legale dei lavoratori, l’incidente sul lavoro, la maternità, il rischio durante la gravidanza e l’allattamento, le malattie causate dalla gravidanza, il parto o l’allattamento, la paternità, i permessi e le ferie, la malattia o l’incidente non sul lavoro quando l’assenza fosse decisa dai servizi sanitari ufficiali ed avesse una durata di oltre venti giorni consecutivi, l’assenza motivata da una situazione fisica o psicologica causata da violenza di genere ed accreditata dai servizi sociali o dai servizi sanitari, le assenze dovute a trattamenti medici contro il cancro o malattia grave. Ad avviso del giudice a quo, questa disciplina era in contrasto con il diritto all’integrità fisica e morale (art. 15 Cost.), con il diritto al lavoro (art. 35, comma 1 Il testo della pronuncia è reperibile on line alla pagina https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2019-16727. Per alcuni commenti critici, v. E. ROJO, Despido por absentismo. La productividad de la empresa es un valor constitucional superior a la salud de la persona trabajadora según el TC. A propósito de la sentencia de 16 de octubre de 2019 (con tres votos particulares discrepantes) y el impacto real de la reforma laboral de 2012 (I) e (II), del 03/11/2019, http://www.eduardorojotorrecilla.es/2019/11/despido-por-absentismo-la-productividad.html e http://www.eduardorojotorrecilla.es/2019/11/despido-por-absentismo-la-productividad_3.html; e A. BAYLOS, Despedir por estar enfermo: una aberración más de la reforma laboral, del 26/11/2019, https://baylos.blogspot.com/2019/11/despedir-por-estar-enfermo-una.html.
1, Cost.), nonché con la tutela della salute (art. 43, comma 1, Cost.). Un lavoratore malato avrebbe potuto recarsi al lavoro per il timore di essere licenziato, nonostante la sua assenza fosse giustificata, assumendo così un sacrificio che non avrebbe potuto essere esigibile e che avrebbe potuto persino creare complicanze nel decorso stesso della malattia. Secondo il Tribunale costituzionale, l’art. 52, paragrafo d), SL perseguiva un interesse legittimo non sprovvisto di fondamento costituzionale 2. La norma era volta a tutelare la produttività dell’impresa e l’efficienza nel lavoro per la particolare onerosità che hanno per il datore di lavoro le assenze, anche giustificate, intermittenti e di breve durata. Tutto ciò trovava fondamento nella libertà di impresa di cui all’art. 38 Cost., che affida ai pubblici poteri la garanzia del suo esercizio e la difesa della produttività. Per rafforzare la sua argomentazione, il plenum si è riferito ad alcuni passaggi della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 18 gennaio 2018 3 (causa C-270/16, Ruiz Conejero), dove si asserisce che l’assenteismo sul lavoro è considerato da lungo tempo dal legislatore spagnolo causa di estinzione del rapporto di lavoro per evitare un indebito aumento del costo del lavoro per le imprese. Il taso eccessivo di malattia intermittente implica che le imprese debbano sostenere i costi diretti dell’assenza dal lavoro, mediante il pagamento della prestazione previdenziale per invalidità temporanea per i primi quindici giorni di inattività senza possibilità di chiederne il rimborso alla tesoreria generale della previdenza sociale, cui si aggiungono i costi di sostituzione, ma anche il costo indiretto, costituito dalla particolare difficoltà di supplire ad assenze di breve durata. La Corte di giustizia ha dichiarato che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità, non solo nella scelta di perseguire uno scopo determinato in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzarlo, e che la lotta all’assenteismo può essere riconosciuta come finalità legittima dal momento che costituisce una misura di politica occupazionale. Spetta agli organi giurisdizionali verificare se i mezzi utilizzati dalla normativa nazionale per il perseguimento di tale obiettivo siano adeguati e non vadano al di là di quanto è necessario per raggiungerlo, valutando altresì i costi diretti e indiretti dell’assenteismo per le imprese. 2 V. il FJ 3. 3 La decisione della Corte di giustizia è reperibile on line alla pagina http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=40A5EDB1614D32CCCC604433D A3F7D4A?text=&docid=198527&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part =1&cid=5302035. V. in particolare i §§ 41-47. 18
A partire dalle anzidette premesse, il plenum ha escluso qualsiasi vizio di legittimità della disciplina: - In questo ambito, il diritto all’integrità fisica e morale 4 può risultare interessato solo quando il datore di lavoro generi un pericolo grave e certo per la salute dell’interessato. La decisione di licenziare i lavoratori per il superamento di una certa soglia di assenze intermittenti, giustificate o meno, in un determinato periodo di tempo non può essere ritenuta un’azione che incida sulla salute o sul recupero del lavoratore, ed il fatto stesso che il licenziamento non possa essere adottato in caso di malattie gravi o di lunga durata, né in altri casi esclusi dal legislatore, esclude la violazione dell’art. 15 Cost. - Nonostante non si possa escludere che la disciplina impugnata possa in alcuni casi condizionare il comportamento del lavoratore nel senso prospettato dal giudice a quo, non vi è alcuna violazione della tutela della salute di cui all’art. 43, comma 1, Cost., perché l’art. 52 SL non riguarda il regime di accesso né il contenuto dell’assistenza sanitaria ai lavoratori; inoltre, alcune assenze per malattia sono escluse dal computo che permette il licenziamento 5. - Per quanto riguarda il diritto al lavoro 6, il Tribunale costituzionale ha escluso l’illegittimità della disciplina perché l’art. 52 SL non prescinde dell’elemento causale del licenziamento, anzi definisce l’estinzione del contratto di lavoro per assenteismo in condizioni di obiettività e certezza. La compressione parziale del diritto al lavoro come diritto alla continuità o alla stabilità nel lavoro si giustifica per la tutela costituzionale della libertà di impresa. Il legislatore ha trovato una soluzione equilibrata al conflitto tra i beni i diritti interessati. Infine, si è esclusa la violazione delle disposizioni contenute nell’art. 6, comma 1, della Convenzione n. 158 della OIT sul licenziamento, che, ad ogni modo, non costituisce un canone di legittimità. La sentenza reca tre opinioni dissenzienti. Nella sua opinion, il giudice costituzionale Fernando Valdés Dal-Ré (cui aderisce il giudice Cándido Conde-Pumpido Tourón) ha sostenuto che nel caso di specie doveva dichiararsi l’incostituzionalità per omissione dell’art. 52 SL perché contrario al diritto al lavoro. Quando l’assenza è giustificata o lo stato di salute è in pericolo, le sue disposizioni dissuadono il lavoratore dal ricorrere all’assistenza 4 V. il FJ 4. 5 V. il FJ 5. 6 V. il FJ 6. 19
sanitaria e permettono licenziamenti che si basano unicamente sul dato della malattia. Non può esserci giusta causa in uno scenario in cui viene meno la tutela della salute sotto minaccia di licenziamento. Anche la giudice María Luisa Balaguer Callejón ritiene che si tratti di un caso di licenziamento senza giusta causa. Il controllo dell’assenteismo è una questione di organizzazione interna; la libertà di impresa o la difesa della produttività non possono essere ritenuti prevalenti sui diritti essenziali quali l’integrità e la salute. Inoltre, si tratta di una misura di discriminazione indiretta sul lavoro, perché dalle statistiche ufficiali si desume chiaramente che la maggioranza dei lavoratori che possono essere licenziati per assenze giustificate e intermittenti è di sesso femminile. Il giudice Juan Antonio Xiol Ríos ha condiviso quanto dichiarato dai giudici Valdés Dal-Ré e Balaguer Callejón. Carmen Guerrero Picó 20
FRANCIA PROCESSO – REGISTRAZIONE DELLE UDIENZE Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-817 QPC del 6 dicembre 2019, Mme Claire L., sul divieto di registrazione delle udienze delle giurisdizioni amministrative e penali 09/12/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dalla Cour de cassation, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. 38 ter della legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa, come modificata dall’ordonnance n. 2000-916 del 19 settembre 2000 sulla conversione in euro di alcuni importi espressi in franchi nei testi legislativi. Le disposizioni contestate vietano a chiunque di utilizzare, a partire dall’inizio dell’udienza, qualunque apparecchiatura fotografica o di registrazione sonora o audiovisiva, e di cederne o pubblicarne la registrazione o il contenuto. La violazione di tale divieto viene punita con una ammenda. La ricorrente nel giudizio a quo contestava tale divieto e sosteneva che l’evoluzione delle tecniche di captazione e di registrazione, così come il potere di polizia dell’udienza del Presidente del collegio giudicante, fossero sufficienti per garantire la serenità dei dibattiti, la protezione dei diritti delle persone e l’imparzialità dei magistrati. Si denunciava, inoltre, il fatto che il legislatore non avesse previsto eccezioni a tale divieto al fine di tenere conto della libertà di espressione dei giornalisti e del “diritto del pubblico a ricevere informazioni di interesse generale” 1. Da tale situazione discendeva una violazione della libertà di espressione e di comunicazione nonché del principio di necessità dei reati e delle pene, giacché la violazione delle disposizioni contestate era sanzionata con una ammenda. Il Conseil constitutionnel ha stabilito che, instaurando tale divieto, il legislatore ha inteso garantire la serenità dei dibattiti 2. In tal modo, ha perseguito l’obiettivo di valore costituzionale di buona amministrazione della giustizia. Ha anche inteso prevenire le violazioni al diritto al rispetto della vita privata delle parti al processo e delle persone che partecipano ai dibattiti, violazioni che potrebbero derivare 1 In corsivo e tra virgolette nel testo della decisione. 2 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019817qpc/2019817qpc.pdf.
dalla diffusione delle immagini o delle registrazioni fatte durante tali udienze, nonché le violazioni della sicurezza degli attori giudiziari e, in materia penale, della presunzione di innocenza dell’imputato. Il Conseil constitutionnel ha poi sottolineato che, se sussiste, in determinati casi, la possibilità di utilizzare dispositivi di captazione e di registrazione che non rechino danno allo svolgimento dei dibattimenti, il divieto di utilizzarli durante le udienze consente di prevenire la diffusione delle immagini o delle registrazioni che possano turbare tali dibattimenti. Inoltre, il Conseil ha rilevato che l’evoluzione dei mezzi di comunicazione può conferire a tale diffusione un rilievo tale da aumentare il rischio di violazioni della sicurezza degli attori giudiziari e della presunzione di innocenza dell’imputato. Infine, i giudici hanno considerato che tale divieto non impedisce al pubblico che assiste alle udienze, e in particolare ai giornalisti, di rendere conto dei dibattiti mediante qualunque altro mezzo, anche durante il loro svolgimento, sempre in considerazione delle limitazioni che può imporre il Presidente in applicazione del suo potere di polizia. Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha stabilito che la violazione della libertà di espressione e di comunicazione operata dalle disposizioni contestate deve ritenersi necessaria, adatta e proporzionata agli obiettivi perseguiti dalla legge. Le doglianze dei ricorrenti sono state, quindi, respinte e le disposizioni contestate dichiarate conformi alla Costituzione. Céline Torrisi 22
FRANCIA STRANIERO – INGRESSO Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-818 QPC del 6 dicembre 2019, Mme Saisda C., sull’assistenza dell’avvocato nelle procedure sull’ingresso dello straniero nel territorio francese 09/12/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dalla Cour de cassation, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto gli articoli L. 213-2 e L. 221-4 del Codice dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri e del diritto di asilo (d’ora in avanti, CESEDA), come modificati dalla legge n. 2018-778 del 10 settembre 2018 per una immigrazione controllata, un diritto di asilo effettivo ed una integrazione riuscita. L’art. L. 213-2 del CESEDA stabilisce che la notifica ad uno straniero del diniego dell’autorizzazione all’ingresso sul territorio francese deve comportare la menzione del diritto di avvertire un difensore di propria fiducia. In applicazione dell’art. L. 221-4 del medesimo codice, lo straniero è altresì informato, qualora sia mantenuto nella zona di attesa, che può comunicare con l’avvocato di sua scelta. La ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che tali disposizioni violassero i diritti della difesa nonché gli articoli 7, 9 e 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 nella misura in cui non prevedevano che lo straniero potesse essere assistito da un avvocato qualora fosse sentito dall’amministrazione prima che una decisione di diniego gli fosse notificata o durante il suo mantenimento nella zona di attesa. Il Conseil constitutionnel ha stabilito che le disposizioni contestate non consacrano un diritto dello straniero ad esigere l’assistenza di un avvocato durante le audizioni organizzate dall’amministrazione nell’ambito dell’istruzione della sua richiesta di ingresso in Francia o durante il suo mantenimento nella zona di attesa 1. Si è inoltre considerato che tali audizioni hanno come unico oggetto quello di verificare che lo straniero integri le condizioni di ingresso sul territorio francese e 1 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019818qpc/2019818qpc.pdf.
quello di organizzare la sua partenza qualora non le integri. Di conseguenza, non possono essere considerate come un mezzo di ricerca di una prova di reato. Il Conseil constitutionnel ha poi stabilito che la decisione di diniego dell’autorizzazione all’ingresso, quella di mantenimento nella zona di attesa e quelle relative all’organizzazione della partenza dello straniero non costituiscono sanzioni che abbiano la natura afflittiva bensì misure di polizia amministrativa. Il fatto che le audizioni possano svolgersi senza l’assistenza di un avvocato non può, quindi, essere contestato sul fondamento degli artt. 7, 9 e 16 della Dichiarazione del 1789. Si è infine precisato che lo straniero può comunque beneficiare dell’assistenza di un avvocato nell’ambito delle istanze giurisdizionali relative a tali misure. Sulla scorta di queste considerazioni, le disposizioni contestate sono state dichiarate conformi alla Costituzione. Céline Torrisi 24
FRANCIA DATI PERSONALI – DIRITTO ALL’OBLIO Conseil d’État, decisioni nn. 391000, 393769, 395335, 397755, 399999, 401258, 403868, 405464, 405910, 407776, 409212, 423326 e 429154 del 6 dicembre 2019, in tema di diritto all’oblio 09/12/2019 In data 6 dicembre 2019, il Conseil d’État ha reso tredici arrêts 1 mediante i quali ha stabilito le condizioni di attuazione del diritto alla cancellazione dei dati personali presenti su internet (c.d. diritto all’oblio), sancito dal regolamento generale sulla protezione dei dati (d’ora in avanti, RGPD) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 2. Il Conseil d’État è la prima giurisdizione francese che abbia fornito istruzioni in materia di diritto all’oblio 3, rivolgendosi in particolar modo a Google ed alla Commission nationale de l’informatique et des libertés (d’ora in avanti, CNIL) e specificando quali siano i principi che debbano essere rispettati da quest’ultima qualora debba pronunciarsi in materia di cancellazione di dati personali presenti on line. Tali sentenze sono state adottate alla luce della decisione resa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea il 24 settembre 2019 4 in risposta al rinvio 1 Le decisioni sono reperibili on line alla pagina https://www.conseil- etat.fr/ressources/decisions-contentieuses/dernieres-decisions-importantes/conseil-d-etat-6- decembre-2019-13-decisions-relatives-au-droit-a-l-oubli. Per una sintesi, si rimanda al comunicato stampa, reperibile alla pagina https://www.conseil-etat.fr/actualites/actualites/droit-a- l-oubli-le-conseil-d-etat-donne-le-mode-d-emploi o alla scheda predisposta dal Conseil d’État, reperibile alla pagina https://www.conseil-etat.fr/Media/actualites/documents/2019/12- decembre/decisions-06-12/fiche-juridique-droit-a-l-oubli. 2 V. art. 17 del RGPD. Il testo del regolamento è reperibile on line alla pagina https://eur- lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32016R0679. 3 In Francia, qualora un soggetto desideri ottenere la cancellazione, tra i risultati ottenuti nell’ambito di una ricerca recante suo nome, dei links verso pagine web pubblicate da terzi e che contengano dati personali che lo riguardino, deve adire il gestore del motore di ricerca. In caso di rifiuto, può rivolgersi al giudice ordinario o alla CNIL al fine di fare ordinare al gestore la cancellazione dei links in questione. Se anche la CNIL respinge tale richiesta, l’interessato può adire il Conseil d’État. 4 Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, sentenza del 24 settembre 2019, GC, AF, BH e ED contro CNIL, causa C-136/17. La sentenza è reperibile on line alla pagina http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=218106&pageIndex=0&doclan g=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=6656745.
pregiudiziale 5 che era stato sollevato dal medesimo Conseil d’État il 19 luglio 2017 6. Fondandosi sul RGPD, le decisioni passate in rassegna definiscono il quadro nell’ambito del quale il gestore di un motore di ricerca debba, sotto il controllo della CNIL, rispettare il diritto all’oblio. Nello specifico, si è stabilito che il ragionamento da applicare dipende dalla categoria cui rilevano i dati in causa. Sono state identificate tre situazioni. La prima riguarda il caso in cui i dati personali non siano sensibili 7. Il Conseil d’État ha considerato che, anche se spetta, in principio, alla CNIL, ordinare al gestore del motore di ricerca di procedere alla cancellazione richiesta, il diritto all’oblio non è da considerare come un diritto assoluto. La CNIL può, in effetti, rifiutare di dare seguito a tali domande qualora esista un interesse preponderante del pubblico ad accedere all’informazione. In tal caso, il diritto alla libertà dell’informazione prevale sul diritto al rispetto della vita privata dell’interessato. Per stabilire quali siano i casi in cui si possa negare il diritto all’oblio, il Conseil d’État ha stabilito che la CNIL deve prendere in considerazione tre parametri: le caratteristiche dei dati personali in causa, la posizione sociale del richiedente e le condizioni di accesso all’informazione. La seconda situazione riguarda i casi in cui i dati personali siano dei dati sensibili. Dopo aver sottolineato che l’ingerenza nella vita privata dell’interessato è in tal caso particolarmente grave, il Conseil d’État ha ristretto le condizioni alle quali la CNIL può legalmente rifiutarsi di obbligare il titolare del motore di 5 La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sull’interpretazione della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. Era stata presentata nell’ambito di una controversia che vedeva opposti GC, AF, BH e ED alla CNIL relativamente a quattro decisioni di quest’ultima recanti rifiuto di ingiungere a Google Inc., divenuta Google LLC, di procedere alla deindicizzazione di vari links, contenuti nell’elenco dei risultati che comparivano sullo schermo in esito ad una ricerca effettuata a partire dal loro nome, che dirigevano verso pagine web pubblicate da terzi. 6 Conseil d’État, decisione n. 399922 del 19 luglio 2017, Google Inc.. La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil-etat.fr/ressources/decisions-contentieuses/dernieres- decisions-importantes/ce-19-juillet-2017-google-inc. Per maggiori informazioni, v. N. MAXIMIN, CJUE: importantes précisions sur la portée du «droit à l’oubli» numérique, in Dalloz actualité, 27 settembre 2019, reperibile on line alla pagina https://www.dalloz-actualite.fr/flash/cjue- importantes-precisions-sur-portee-du-droit-l-oubli-numerique#.Xe0fu617Sis. 7 I dati sensibili sono definiti dall’art. 6 della legge n. 78-17 del 6 gennaio 1978 come l’insieme dei dati personali che riguardino la presunta origine raziale o l’origine etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche o l’appartenenza sindacale di una persona fisica (…); i dati genetici e biometrici (…); quei dati che riguardino la salute, la vita sessuale o l’orientamento sessuale di una persona fisica. 26
ricerca a procedere alla soppressione dei dati richiesta, specificando che l’accesso a tali dati deve essere strettamente necessario all’informazione del pubblico. I giudici hanno precisato che se, in materia di dati sensibili, la CNIL deve valutare in maniera più esigente l’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni cui si richiedono la cancellazione, tale valutazione deve comunque tenere conto dei criteri elencati qualora si tratti di dati non sensibili. Inoltre, il Conseil d’État ha evidenziato che, nell’ipotesi in cui i dati sensibili siano stati manifestamente resi pubblici dalla persona stessa che ne richiede la cancellazione, la CNIL deve decidere fondandosi sui criteri applicabili alle richieste che vertono su dati considerati non sensibili. La terza ipotesi riguarda i dati relativi alla procedura penale, per i quali il Conseil d’État ha ritenuto che si debbano applicare i criteri relativi ai dati sensibili. Tuttavia, nella misura in cui tali dati, che possono essere esatti in un determinato momento, non riflettono necessariamente la situazione penale dell’interessato al momento in cui vengono consultati, il Conseil d’État ha stabilito che il gestore di un motore di ricerca è tenuto ad aggiornare la lista dei risultati in modo tale da far apparire in primis il o i link(s) verso pagine web che forniscano informazioni aggiornate, affinché l’immagine dell’interessato che viene veicolata rispecchi la sua situazione giudiziaria. Céline Torrisi 27
STATI UNITI ABORTO – DISCIPLINA LIMITATIVA Corte suprema, diniego del certiorari nel caso EMW Women’s Surgical Center v. Meier, No. 19-417, 9 dicembre 2019, in tema di aborto 10/12/2019 La Corte suprema ha negato il certiorari nel caso relativo ad una legge statale del Kentucky del 2017 in tema di aborto. La decisione della Corte implica che la legge entrerà in vigore. Secondo la legge, l’Ultrasound Informed Consent Act (House Bill 2), i medici che praticano l’aborto sono obbligati a dare alla donna una descrizione dettagliata dello sviluppo del feto, accennando anche alla presenza di arti e di organi interni e facendole sentire il battito cardiaco, mentre le viene mostrata un’immagine ad ultrasuoni. Il ricorso era stato promosso dai medici dell’unica clinica autorizzata a praticare l’aborto del Kentucky, che asserivano che le previsioni violassero i loro diritti sanciti dal I Emendamento. Le loro ragioni erano state accolte dal giudice di primo grado, secondo cui la legge era stata strutturata allo scopo di veicolare il messaggio ideologico ed antiabortista dello stato. Di contro, la Court of Appeal del Sixth Circuit ha stabilito che si trattava di una mera regolamentazione medica volta ad assicurare che l’eventuale consenso all’aborto delle pazienti fosse informato. La decisione della Corte consiste semplicemente nell’inclusione del caso in un elenco di ricorsi di cui è stata negata l’ammissibilità, senza commenti od opinioni concorrenti o dissenzienti 1. La Corte suprema si pronuncerà comunque sul tema dell’aborto nel corso di questo Term: il mese prossimo, si terranno le udienze del caso June Medical Services v. Gee, No. 18-1323, che tratta di una legge della Louisiana che richiede ai medici praticanti l’aborto di poter operare presso strutture ospedaliere adiacenti. Nel 2016, la Corte aveva annullato previsioni simili dello stato del Texas, ma la 1 In ogni caso, per il testo, si v. https://www.supremecourt.gov/orders/courtorders/120919zor_ihdj.pdf.
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