Gli anziani a Milano - CGIL Milano
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1 Gli anziani a Milano Perché una ricerca sugli anziani a Milano? Per capire i bisogni degli anziani e negoziarli meglio ! E' necessaria una ricerca per capire i bisogni degli anziani? Sì perché, anche se vi è una diffusa opinione di sapere chi sono e cosa vogliono gli anziani, ci siamo accorti che non sappiamo molto. Le ragioni per le quali oggi sappiamo molto pochi sugli anziani di Milano sono le seguenti: a) La realtà ed i bisogni degli anziani del comune di Milano sono stati poco “studiati”. E' difficile trovare anche i dati statistici più semplici sulla realtà anziani. Riteniamo che la migliore conferma al fatto che si conosce troppo poco, c’è fornita dallo stesso Comune (Settore Servizi Sociali) che in data 13/1/2000 ha avviato la distribuzione di un questionario chnella presentazione evidenzia che le condizioni di vita, le esigenze, i desideri degli anziani siano in parte sconosciuta. Non più tardi del mese di febbraio 2000, l'Assessore Sirchia affermava che “non esiste una mappatura degli anziani a Milano e dei loro bisogni". b) Gli anziani di Milano, intesa anche come grande metropoli, sono _diversi" perché sono una popolazione proveniente da tutte le regioni d'Italia e dall'estero. Le diverse esperienze sociali, culturali e lavorative li rendono una realtà difficile da definire e per molti aspetti unica. c) Vogliamo evidenziare il fatto che dalle varie ricerche condotte a livello nazionale, emerge con una certa chiarezza la dimostrazione che gli anziani sono una realtà molto composita ed in rapida e profonda evoluzione. E di conseguenza, ad esempio, non è più valida la semplice classificazione per fasce d'età e sesso degli anziani, perché è stato dimostrato che l'età non incide sulla vita delle persone, infatti, ogni individuo possiede un'età personale, un'età sociale ed un'età soggettiva. Inoltre, i cambiamenti in atto, segnano una crescita del numero degli anziani e mettono in crisi il concetto di “vecchio" perché non è più in grado di rappresentare la varietà delle condizioni che si determinano per un numero crescente di persone, all'aumento dell'età. d) Infine diciamo che il fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione ha messo i servizi per anziani di fronte ad una domanda esponenziale in crescita e sempre più differenziata ed articolata nelle sue esigenze, che richiede una conoscenza più approfondita rispetto al passato, da parte di chi si fa portavoce dei bisogni dei cittadini. Ecco perché abbiamo deciso di fare una ricerca che vuole cogliere quali siano quell'insieme d'esigenze, di modalità di vita, di difficoltà e di privilegio che rende simili gli anziani e quali sono gli elementi che li rende diversi, come ad esempio la capacità d'impegno e partecipazione alla vita economica e sociale, lo stato di salute, le esigenze di sussistenza, le relazioni che li circondano ecc. 1
2 La Ricerca Anche il nostro punto di partenza per capire la “realtà anziani” è costituito dai dati che evidenziano il rapido cambiamento della demografia ed il processo di invecchiamento della popolazione. La realtà demografica Una breve premessa sulla realtà italiana. Il crescente “peso” che gli anziani tendono ad avere nella nostra società è un dato noto. Studi del CNR, rilevazioni dell'ISTAT e molte ricerche ci dicono che dobbiamo aspettarci una costante crescita della popolazione anziana. Le previsioni contenute nell’ Atlante dell'invecchiamento della popolazione, realizzato dal CNR, evidenziano che “ il numero delle persone con meno di 20 anni, che durante i primi ottanta anni del secolo si era mantenuto ad un livello abbastanza costante di 15-17 milioni, dovrebbe nel corso dei prossimi quaranta anni registrare un forte decremento che lo porterebbe ad attestarsi, intorno al 2020, su poco meno di 9 milioni. Al contrario, gli ultrasessantenni che al 1950 ammontavano a poco meno di 6 milioni hanno nel corso di quaranta anni (1950-90) hanno quasi raddoppiato la loro consistenza numerica”. Gli ultra65enni che oggi sono il 16% della popolazione italiana, calcolata in 57 milioni, nel 2030 aumenteranno sino al 27%. Si stima che nei prossimi trenta anni le persone con più di 80 anni potrebbero ammontare a 3,2 milioni di unità, pari al 6,1% della popolazione totale. Sempre di più, ci diventeranno famigliari termini come:Quoziente di natalità: indicatore demografico generico che esprime il numero di nascite che si verificano in un determinato periodo (generalmente l'anno) ogni 1.000 abitanti mediamente presenti nella popolazione. Quoziente di mortalità : indicatore demografico generico che esprime il numero delle morti che si verificano in un determinato periodo (generalmente l'anno) ogni 1.000 abitanti mediamente presenti nella popolazione. Indice di vecchiaia: indicatore sintetico del grado di invecchiamento della popolazione e perciò della struttura per età della popolazione. Si ottiene rapportando l'ammontare della popolazione anziana di 65 anni e oltre alla popolazione di età inferiore a 15 anni. L'indice di vecchiaia, che in Italia era pari a 41,9 nel 1961, nel 1991 era già salito a 105,2 Indice di dipendenza economica: indicatore di rilevanza economica e sociale che rapporta le persone economicamente non produttive, ossia anziani e giovanissimi (popolazione di età inferiore a 15 anni e superiore ai 64 anni), alle persone in grado di sostenerle con la loro attività (popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni). L'indice di dipendenza degli anziani è passato da 14,4 a 22,3, nel 1997 è stimato in quasi 39 e salirà ad oltre 88 nel 2041. Vale a dire che tra circa quarant'anni, intervallo di tempo che corrisponde al periodo lavorativo del giovane che si occupa oggi, ci saranno circa novanta anziani ogni cento persone in età di lavoro, mentre ora ve n'è appena un terzo. Nonostante la chiara percezione della portata di questi dati, il dibattito su come affrontare i problemi che i nostri padri e le nostre madri ci pongono o porranno con il loro invecchiamento, è ancora molto articolato. I ricercatori che seguono questa fenomeno dell’invecchiamento della popolazione, ritengono che alcune difficoltà ad affrontare questa problematica, risiedono nel fatto che l'invecchiamento della popolazione costituisce una assoluta novità nella storia delle popolazioni e non ci sono quindi precedenti cui riferirsi o ancorarsi. 2
3 Nell’ Atlante dell'invecchiamento della popolazione elaborato dal CNR, vengono indicate con molta chiarezza le ragioni del ritardo di discussione, elaborazione ed azione per una “politica” a favore degli anziani. “Il primo problema, certamente uno di quelli cruciali, sta nel fatto che la collettività non è sufficientemente preparata dal punto di vista psicologico e culturale ad affrontare la grande mutazione demografica dell'invecchiamento. Preparazione che è possibile acquisire solo richiamando costantemente le persone a riflettere sul fatto che dal punto di vista collettivo l'invecchiamento della popolazione è il risultato soprattutto della vittoria contro la morte precoce; che dal punto di vista individuale la vecchiaia non sarà più il privilegio di pochi, ma la condizione di moltissimi. L'invecchiamento della popolazione si svilupperà pienamente nel giro di sole due o tre generazioni, cioè in tempi brevissimi tanto dal punto di vista demografico quanto da quello sociale e culturale. La velocità dell'invecchiamento costituisce quindi la prima grande difficoltà che si trovano a fronteggiare le società. Un secondo problema è da ricercarsi nella intensità del fenomeno, poiché in alcune popolazioni la percentuale di ultrasessantenni potrebbe superare il 40-45 per cento del totale e quella degli ultraottantenni il 10-11 per cento. Un terzo problema è la durata del processo di invecchiamento della popolazione con il quale le società occidentali dovranno convivere ancora molto a lungo. Per di più, anche nell'ipotesi del raggiungimento della stazionarietà, l'invecchiamento avrebbe fine soltanto dal punto di vista quantitativo, ma non da quello qualitativo nel senso che le ulteriori attese conquiste nella lotta contro le malattie e gli ulteriori attesi guadagni di durata media della vita dovrebbero contribuire a cambiare notevolmente le condizioni di salute della popolazione e più in generale il quadro nosologico di morbosità, disabilità e mortalità”. La realtà demografica DI MILANO Vediamo ora come si colloca Milano rispetto i dati demografici della sua popolazione. Diciamo subito che Milano si colloca fra le città italiane ed europee con la più alta concentrazione di persone anziane e molto anziane. Infatti, i cittadini con più di 60 anni sono il 28% della popolazione, contro il 21% della media nazionale ed il 18% del 1971. La popolazione con più di 65 anni ha avuto un incremento negli ultimi venti anni del 47.5%, raggiungendo il 20.8% della popolazione milanese. Gli anziani con più di 80 anni sono il 4.8% della popolazione totale, rispetto al 3.5% della media nazionale. Una considerazione sulla popolazione anziana. Dalla Tavola.1, si può osservare, come a fronte di un rapido innalzamento sino al 1996 della percentuale dei cittadini con più di 65 anni, dopo tale data la percentuale cresce molto lentamente, anche a fronte di un calo dell'intera popolazione. 3
4 Tavola.1. anni 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 popolazione 1,432,486 1416,446 1,406,818 1,383,381 1,369,029 1,349,308 1,340,080 1,340,451 1.342.629 1.337.333 totale popolaz. > 65 243,058 263,487 267,795 270,224 274,94 280,066 280,554 282,235 288.237 290,336 anni % dei > 65 16,97 18,6 19,04 19,53 20,09 20,76 20,93 21,05 21,47 21,7 anni Incremento popolazione 1999/1990 -89797 Incremento popolaz.>65 1999/1990 +35649 Un calo che non si riduce neppure grazie alla lenta ma costante crescita del saldo migratorio. Come si può osservare dalla Tavola 1A, il saldo naturale risulta costantemente negativo, superando le cinquemila unità annue, mentre il saldo migratorio totale (da altri comuni e dall’estero), solo negli ultimi anni segna valori positivi di crescita. Diverso l’andamento del saldo migratoria dall’estero e verso l’estero che cresce costantemente. Tavola 1A Popolazione residente per sesso Comune di Milano saldo saldo saldo migratorio migratorio anni residenti naturale totale esteri - esteri 1992 1358627 -4874 -4323 1993 1334171 -5182 -19274 4541 1994 1321555 -4888 -7728 2911 1995 1306494 -4823 -10238 2333 1996 1303925 -5808 3239 4303 1997 1302808 -4079 2962 13028 1998 1307785 -5534 10511 16751 Ma questa relativa “stabilizzazione” degli ultra 65 anni è accompagnata da un dato di maggiore invecchiamento, infatti, si registra al loro interno un aumento degli ultra settantacinquenni. La Tavola .2. evidenzia come negli ultimi sette anni gli ultra settantacinquenni continuano a crescere di percentuale rispetto alla popolazione anziana. 4
5 Tavola.2. Totale Popolazione Milano Anni Maschi Femmine Totale ultra 75 ultra 65 % 75+/65 + 1990 674254 758232 1432486 116689 257762 45,3% 1993 652922 730459 1383381 114280 270224 42,3% 1997 1340451 121451 282235 43,0% 1998 634864 707825 1342689 128192 288237 44,5% 1999 632219 705114 1337333 129977 290336 44,8% Sarebbe un errore considerare il comune di Milano come una realtà omogenea rispetto la distribuzione della popolazione, la sua storia industriale ha determinato una distribuzione della popolazione e stratificazioni sociali molto diversificate. Trattando di anziani e politiche sociali è importante cogliere questo elemento territoriale. La ripartizione in nove zone è un atto recente dell’amministrazione comunale, e ciò rende problematica la trasposizione delle vecchie 20 zone nelle attuali. Utilizzando i dati anagrafici del 1998 ripartiti per vecchie zone (Tavola 2 A), si può notare che gli anziani sono maggiormente concentrati nelle zone 11 (Città studi – Argonne), 12 (Lambrate) e 13 Forlanini). Si tratta del “triangolo” comunale che si proietta verso Est e che rappresentava uno dei poli industriali più grossi della Lombardia. L'indice di vecchiaia (rapporto tra cittadini con più di 65 anni ed i ragazzi con meno di 15) era nel 1961 di 47.2 (ogni 100 ragazzi vi erano 47,2 ultra sessantacinquenni), oggi quest'indice è di 210. Tavola 2A Comune Milano 1998 Indice vecchiaia - per zone decentramento Sesso Totale Zone M F 1 141,9 232,2 186,1 2 160,9 273,3 216 3 149,3 257,2 202 4 160,5 312,5 233,4 5 143,7 266,2 202,5 6 156,9 272,8 213,3 7 130,1 221,4 174,4 8 130,6 198,1 164,3 9 172,2 305,9 237,1 10 137,9 244,9 188,9 11 172,9 327,7 248,3 12 197,5 311,1 253,6 13 201,1 310,6 253,7 14 148,7 279 210,9 15 157,7 254,2 205 16 130,7 200,5 164,6 17 182,5 324,2 251,2 18 131,5 217,4 172,6 19 175,4 294,4 232,3 20 156,9 280,7 216,7 totale 155 269 210,2 5
6 Nelle Tavole 2.B e 2.C sono riportati i dati della popolazione di Milano alla fine del 1999, suddivisi per sesso, fasce di età e zona del decentramento comunale. Tavola 2B POPOLAZIONE PER ZONA DI DECENTRAMENTO - COMUNE MILANO Classi di età e sesso - 1999 Scaglioni da 0 61 66 71 76 81 Totale età a 60 65 70 75 80 oltre Zona Zona 1 M 38657 3078 2486 2101 1529 1682 49533 F 40256 3391 3087 2870 2634 4006 56244 Totale 1 78913 6469 5573 4971 4163 5688 105777 Zona 2 M 51754 4234 3639 2882 2100 1789 66398 F 50112 4912 4674 4168 3603 4234 71703 Totale 2 101866 9146 8313 7050 5703 6023 138101 Zona 3 M 51307 4339 3742 3083 2347 2313 67131 F 51228 5174 5122 4680 4400 5815 76419 Totale 3 102535 9513 8864 7763 6747 8128 143550 Zona 4 M 53746 4820 4616 3688 2581 2313 71764 F 53596 6157 6113 5586 4843 6064 82359 Totale 4 107342 10977 10729 9274 7424 8377 154123 Zona 5 M 45462 4211 3482 2378 1656 1401 58590 F 43929 4787 4272 3389 2913 3738 63028 Totale 5 89391 8998 7754 5767 4569 5139 121618 Zona 6 M 55112 5186 4636 3493 2389 2096 72912 F 55740 6369 5896 4908 4185 5382 82480 Totale 6 110852 11555 10532 8401 6574 7478 155392 Zona 7 M 62240 5748 4777 3634 2543 2176 81118 F 62740 6696 6092 5333 4492 5664 91017 Totale 7 124980 12444 10869 8967 7035 7840 172135 Zona 8 M 63469 5930 5614 4371 3044 2432 84860 F 63435 7522 7009 6134 5014 6241 95355 Totale 8 126904 13452 12623 10505 8058 8673 180215 Zona 9 M 62196 5148 4564 3611 2454 1940 79913 F 59828 6117 5951 5424 4279 4910 86509 Totale 9 122024 11265 10515 9035 6733 6850 166422 Totale M 483943 42694 37556 29241 20643 18142 632219 Generale F 480864 51125 48216 42492 36363 46054 705114 tot. 964807 93819 85772 71733 57006 64196 1337333 6
7 Tavola 2C POPOLAZIONE PER ZONA DI DECENTRAMENTO - MILANO Percentuali - Classi di età e sesso Scaglioni da 0 61 66 71 76 81 Totale età a 60 65 70 75 80 oltre Zona Zona 1 M 78,0% 6,2% 5,0% 4,2% 3,1% 3,4% 100 F 71,6% 6,0% 5,5% 5,1% 4,7% 7,1% 100 Totale 1 8,2% 6,9% 6,5% 6,9% 7,3% 8,9% Zona 2 M 77,9% 6,4% 5,5% 4,3% 3,2% 2,7% 100 F 69,9% 6,9% 6,5% 5,8% 5,0% 5,9% 100 Totale 2 10,6% 9,7% 9,7% 9,8% 10,0% 9,4% Zona 3 M 76,4% 6,5% 5,6% 4,6% 3,5% 3,4% 100 F 67,0% 6,8% 6,7% 6,1% 5,8% 7,6% 100 Totale 3 10,6% 10,1% 10,3% 10,8% 11,8% 12,7% Zona 4 M 74,9% 6,7% 6,4% 5,1% 3,6% 3,2% 100 F 65,1% 7,5% 7,4% 6,8% 5,9% 7,4% 100 Totale 4 11,1% 11,7% 12,5% 12,9% 13,0% 13,0% Zona 5 M 77,6% 7,2% 5,9% 4,1% 2,8% 2,4% 100 F 69,7% 7,6% 6,8% 5,4% 4,6% 5,9% 100 Totale 5 9,3% 9,6% 9,0% 8,0% 8,0% 8,0% Zona 6 M 75,6% 7,1% 6,4% 4,8% 3,3% 2,9% 100 F 67,6% 7,7% 7,1% 6,0% 5,1% 6,5% 100 Totale 6 11,5% 12,3% 12,3% 11,7% 11,5% 11,6% Zona 7 M 76,7% 7,1% 5,9% 4,5% 3,1% 2,7% 100 F 68,9% 7,4% 6,7% 5,9% 4,9% 6,2% 100 Totale 7 13,0% 13,3% 12,7% 12,5% 12,3% 12,2% Zona 8 M 74,8% 7,0% 6,6% 5,2% 3,6% 2,9% 100 F 66,5% 7,9% 7,4% 6,4% 5,3% 6,5% 100 Totale 8 13,2% 14,3% 14,7% 14,6% 14,1% 13,5% Zona 9 M 77,8% 6,4% 5,7% 4,5% 3,1% 2,4% 100 F 69,2% 7,1% 6,9% 6,3% 4,9% 5,7% 100 Totale 9 12,6% 12,0% 12,3% 12,6% 11,8% 10,7% Totale M 76,5% 6,8% 5,9% 4,6% 3,3% 2,9% 100 Generale F 68,2% 7,3% 6,8% 6,0% 5,2% 6,5% 100 tot. 100 100 100 100 100 100 7
8 Nella Tavola 2.D (dati 1999) si può notare come con il crescere dell’età la percentuale delle donne aumenta in modo consistente. Nell’ultima fascia di età (oltre gli 81 anni) superano il 71% del totale. Tavola 2.D scaglioni Da 61 66 71 76 81 età A 65 % 70 % 75 % 80 % oltre % Totale % M 42694 45,5% 37556 43,8% 29241 40,8% 20643 36,2% 18142 28,3% 632219 47,3% Totale F 51125 54,5% 48216 56,2% 42492 59,2% 36363 63,8% 46054 71,7% 705114 52,7% Generale tot. 93819 85772 71733 57006 64196 1337333 Milano è una città “vecchia”, tra le più vecchie d' Europa. Per cogliere meglio il significato di questa affermazione, si osservi la Tavola 2D. Si può notare che l'Italia risulta al primo posto in Europa come indice di vecchiaia (abbiamo 116 vecchi ogni 100 giovani inferiori ai 14 anni), e che Milano segna un 3% in più di anziani rispetto alla stessa Italia. Questi dati ci evidenziano la dimensione del problema che una politica per gli anziani deve affrontare nel comune di Milano. Tavola 2 D Popolazione per classi di età nei paese europei 1997 - valori percentuali sul totale popolazione anni anni indice di 0-14 65 e + Vecchiaia * Irlanda 23,2 11,4 49,1 Paese Bassi 18,4 13,4 72,8 Lussemburgo 18,6 14,2 76,3 Finlandia 18,9 14,4 76,2 Portogallo 17,3 14,8 85,5 Danimarca 17,8 15 84,3 Austria 17,3 15,3 88,4 Francia 19,2 15,4 80,2 Germania 16,1 15,7 97,5 Spagna 16 15,7 98,1 Regno Unito 19,3 15,7 81,3 Europa 17,3 15,7 90,8 Belgio 17,8 16,23 91 Grecia 16,1 16,2 100,6 Italia 14,7 17,1 116,3 Svezia 18,8 17,5 93,1 Milano 10,1 20,9 210,5 Censis-Eurostat * popolazione di 65 e + anni su popolazione da 0 a 14 anni Dati Censis - Eurostat Da ultimo, per dare maggiormente il senso del “peso” degli anziani nella popolazione milanese, riportiamo nella Tavola E, tre indici molto significativi. L’ età media nel 1998 era di 42.6 anni per i maschi e di 47.2 anni per le femmine, ed è cresciuta in 18 anni, di 5,3 anni per i maschi e di 5.8 anni per le femmine . 8
9 Il “carico sociale” dei giovani, rapporto tra popolazione sino a 14 anni e la restante popolazione, segna dal 1981 al 1998 la perdita di 9.1 punti. Mentre il “carico sociale” degli anziani, rapporto tra popolazione anziana e la popolazione dai 15 ai 64 anni , segna un incremento di circa 10 punti. Da ultimo l’indicatore di vecchiaia, in questo arco di tempo è salito da 90 anziani ogni cento giovani a 210 anziani ogni 10 giovani. Tavola E Indicatori di struttura demografica - Milano 1998 Milano Italia 1981 1991 1996 1997 1998 1997 Età media Maschi 37,3 40,7 42,8 42,8 42,6 38,2 Femmine 41,4 45,1 47,3 47,4 47,2 41,1 Totale 39,4 43,1 45,4 45,4 45 39,7 Carico Sociale Giovani (1) 24 14,4 14,6 14,6 14,9 21,5 Anziani (2) 21 25,5 30,5 30,3 31,4 25,1 Indice di Vecchiaia (3) Mschi 64,1 126,4 154,6 152,3 155,0 93,4 Femmine 117,7 229,0 271,3 266,2 269,0 140,8 Totale 90,2 176,3 211,2 207,5 210,2 116,5 (1) Pop. in età 0 -14 / Pop. in età 15-64*100 (2) Pop. in età 65 e + / Pop. in età 15 – 64 *100 (3) Pop. in età 65 e + / Pop. in età 0 –14 *100 Dopo aver visti i “numeri”, diciamo subito che useremo l’età solo come delimitatore della popolazione che sarà oggetto della nostra ricerca. Siamo infatti fortemente convinti che oltre all’età, vi siano elementi come la condizione famigliare, la collocazione sociale, il sesso, la scolarità ecc, che contribuiscono a creare forti differenziazioni tra le persone anziane. La famiglia Siamo convinti che la famiglia, rappresenti un punto nodale, sia nel determinare le “condizioni degli anziani” che la possibile soluzione di molte problematiche che riguardano strettamente l’anziano. Qui ci limitiamo ad evidenziare come la famiglia sia un “soggetto” molto importante anche nel dibattito in corso sulla riforma del welfare che la indica come uno dei soggetti cardine su cui puntare per affrontare alcuni nodi difficili delle politiche sociali a favore degli anziani. Per brevità, rimandiamo alla relazione di Carla Facchini al convegno “Famiglia e Stato Sociale”- Milano 2/1999- per quanto riguarda i grandi mutamenti che sono avvenuti e stanno avvenendo nelle famiglie milanesi. Ci limitiamo ad evidenziare che questi cambiamenti non garantiscono più quella forte tenuta del tessuto familiare che ha caratterizzato sino a pochi anni fa tutta la società italiana. La riduzione delle nascite, la riduzione dei giovani, la rarefazione e frammentazione delle famiglie, l’aumento del costo della vita, l’aumento del numero di donne in attività lavorative, sono fattori che hanno ridotto sensibilmente la capacità delle “reti” familiari di assorbire un possibile peso 2assistenziale”. Ma su questi concetti torneremo più avanti. 9
10 Un attento esame delle condizioni famigliari degli anziani ci permette di ricercare in modo più preciso il tema della solitudine e tutto ciò che ne deriva. Iniziamo ad esaminare la principale caratteristica socio-anagrafica, lo stato civile dei milanesi con più di 64 anni. La Tavola 3, che riporta la distribuzione delle persone di Milano con 65 anni e più per stato civile, dimostra che la condizione prevalente è sicuramente quella di coniugato/a, seguita dalla vedovanza, dal celibato/nubilato e dalla condizione di divorziato. Si può notare come con l'aumento dell'età, per la più elevata mortalità, diminuisce il numero di persone che vivono con il coniuge mentre aumenta il numero dei vedovi/e. Tra i 65-69 anni i coniugati sono il 21.1% e i vedovi il 5.5%; dopo la soglia degli 80 anni (15 anni dopo), le percentuali si invertono ed abbiamo il 14.4% di vedovi ed il 6.2% di coniugati. Tavola 3 Persone di 65 anni e più per stato civile - Milano Età Nubili/Celibi Coniugate/i Divorziate/i Vedove/i Nubili/Celibi Coniugate/i Divorziate/i Vedove/i 64 - 69 8603 59004 2519 15404 3,1% 21,1% 0,9% 5,5% 70 - 74 7407 42512 1847 19831 2,7% 15,2% 0,7% 7,1% 75 - 79 5710 26878 1246 23101 2,0% 9,6% 0,4% 8,3% 80 e + 6776 17296 886 40179 2,4% 6,2% 0,3% 14,4% Totale 28496 145690 6498 98515 10,2% 52,2% 2,3% 35,3% Le donne hanno una probabilità maggiore, rispetto agli uomini, di trovarsi nubili o vedove. Nella Tavola 3.A. si nota che le vedove, in ogni fascia di età, hanno percentuali che sono quattro volte superiori a quelle degli uomini. Diverse le percentuali nelle condizioni di coniugato: a 65-69 anni il 56.9% delle donne risulta coniugato contro l'84.6% degli uomini; dopo 15 anni, nella fascia dagli 80 anni in su, invece la percentuale delle donne scende all'11.9%, mentre quella dei maschi scende solo al 64.5%. “ La più elevata mortalità maschile e le minori propensioni a risposarsi delle donne spiegano in parte questa differenza. Le donne che hanno perso il coniuge, soprattutto se ciò avviene in età avanzata, difficilmente scelgono un nuovo partner; più spesso, invece, ciò accade per gli uomini, invogliati a compiere questo passo anche da una cultura più favorevole a giustificare tale scelta. Non ci sono differenze significative, invece, per quanto riguarda la condizione di divorziato". 10
11 Tavola 3.A. Persone di 65 anni e più per stato civile - Milano FEMMINE Età Nubili Coniugate Divorziate Vedove Totale Nubili Coniugate Divorziate Vedove Totale 64 - 69 5769 27420 1637 13349 48175 12,0% 56,9% 3,4% 27,7% 100 70 - 74 5418 18591 1318 17155 42482 12,8% 43,8% 3,1% 40,4% 100 75 - 79 4434 10877 935 20218 36464 12,2% 29,8% 2,6% 55,4% 100 80 e + 5699 5605 675 35040 47019 12,1% 11,9% 1,4% 74,5% 100 Totale 21320 62493 4565 85762 174140 12,2% 35,9% 2,6% 49,2% 100 Persone di 65 anni e più per stato civile - Milano MASCHI Età Celibi Coniugati Divorziati Vedovi Totale Celibi Coniugati Divorziati Vedovi Totale 65 - 69 2834 31584 882 2055 37355 7,6% 84,6% 2,4% 5,5% 100 70 - 74 1989 23921 529 2676 29115 6,8% 82,2% 1,8% 9,2% 100 75 - 79 1276 16001 311 2883 20471 6,2% 78,2% 1,5% 14,1% 100 80 e + 1077 11691 211 5139 18118 5,9% 64,5% 1,2% 28,4% 100 Totale 7176 83197 1933 12753 105059 6,8% 79,2% 1,8% 12,1% 100 In sintesi, si può intravedere, in questa distribuzione degli anziani in base allo stato civile, uno dei rischi insiti nell'esperienza della terza età e soprattutto della quarta età: la solitudine. La famiglia media in Milano città risulta composta di 2 persone, mentre la famiglia media italiana è composta di 2,8 persone e quella lombarda da 2.6. Nel 1991 il censimento ha contato a Milano 165.119 anziani soli, pari al 63% della popolazione con più di 65 anni a quella data. Una percentuale più alta della media nazionale. Nella Tavola 3.B. sono evidenziati i dati nazionali e milanese delle percentuali di famiglie unipersonali, si può notare come la percentuale di Milano, già nel 1991 era di dieci punti percentuali superiore a quella nazionale. Tavola 3.B. Percentuale famiglie unipersonali Anni 1951 1961 1971 1981 1991 Milano 13,1 15,3 19,4 26,6 31,3 Italia 9,5 10,6 12,9 17,9 21,1 Al mese di Aprile 2000, l’ufficio anagrafico comunale registrava 287.000 famiglie unipersonali su un totale di 649.921 famiglie (44.2%). Mentre le famiglie unipersonali composte da anziani con più di 65 anni sono 109.000 (17%). E’ un dato, secondo gli operatori dell’anagrafe, sicuramente “errato” per eccesso in quanto alcune copie di anziani preferiscono registrarsi singolarmente come famiglia unipersonale, inoltre gli stessi anziani ricoverati presso le case di riposo vengono considerate famiglie unipersonali. Riteniamo che il possibile “errore” contenuto nei dati dell’anagrafe, sia di dimensioni contenute perche se analizziamo dati di un rilevamento effettuato dall'ISTAT alla fine del 1996 sulla popolazione, si stimava un numero di 130.000 anziani soli. La Tavola.4. riporta i dati dell'indagine condotta dall'Istat nel 1996. Se questi dati sono validi, si nota come la condizione di solitudine si accentua nella fascia oltre i 75 anni toccando la percentuale complessiva del 60% di persone che vivono sole od in una coppia d'anziani. 11
12 Tavola.4. Persone anziane per tipo di famiglia in cui vivono media anni 94-95 per 100 persone MASCHI FEMMINE età Anziani % Anziani % In copia con figli come In coppia senza figli 36,5 genitori 50,1 In copia con figli 30,9 60-64 In coppia senza figli 36,2 Una sola persona 15 Una sola persona 5,7 totale (000) 1497 totale (000) 1632 In coppia senza figli 54,3 In coppia senza figli 39,1 In copia con figli 27,9 Una sola persona 29,3 65-74 Una sola persona 8,8 In copia con figli 11,3 totale (000) 2530 totale (000) 3288 In coppia senza figli 55,7 Una sola persona 46,8 In copia con figli 1,6 In coppia senza figli 17,5 75 e + Una sola persona 18,5 Genitore solo 9,8 Genitore solo 4,5 In coppia senza figli come membro aggregato 9,8 totale (000) 1281 totale (000) 2110 Fonte Istat/elaborazione Caritas Ambrosiana Con queste percentuali si può stimare che a Milano tra gli ultra settantacinquenni, le persone che vivono sole o in coppia, superano le 74.000 unità. Nella Tavola 5, sulla base dei dati dei censimenti sono stati calcolati i tassi di solitudine per sesso. Tra gli uomini di altre 65 anni in venti anni la percentuale è cresciuta di 10 punti percentuale, mentre tra le donne la crescita è stata di venticinque punti. Tavola 5. Tasso di solitudine anagrafico per sesso Uomini 1971 1981 1991 61-65 6,8 8,2 12,9 66 e + 10,3 13,4 20,6 Donne 61-65 21,8 27,4 25,2 66 e + 29,6 40,5 54,6 Gli anziani attivi Non siamo in possesso di dati relativi agli anziani di Milano per poter affrontare questo tema del “lavoro” degli anziani. Possiamo rovesciare il ragionamento e sulla base dei dati Istat del 1997 stimare quanti sono i non attivi o inabili. In Italia nella fascia d'età compresa fra: - i 60 e 64 anni sono inabili il 6% - i 65 e 69 anni sono inabili il 9.1% - i 70 e 74 anni sono inabili il 14.2% - i 75 e 79 anni sono inabili il 23.4% - gli 80 e più anni sono inabili il 47.1% Come si può notare oltre la metà degli stessi ultra-ottantenni risulta ancora potenzialmente attiva. 12
13 Da una nostra ricerca sulla banca dati CERVED della Camera del Commercio, abbiamo rilevato che i milanesi con più di 60 anni che risultano attivi nelle aziende con incarichi di titolari, amministratori, soci ecc. , sono oltre 5000. Giumelli, nella pubblicazione “Una nuova vecchiaia”, stima che il 3.8% delle persone anziane di Milano, continuano ad essere impegnate in occupazioni lavorative. Un’attività non sempre svolta per ragioni di reddito, visto che solitamente si tratta di persone ai livelli alti della scala occupazionale con un possibile mercato del lavoro ancora aperto. Si ritiene che in questa scelta vi sia l’esigenza di essere comunque “protagonisti”. Per quanto riguarda l'attività svolta al nero da pensionati, non possiamo andare oltre la convinzione che siano molti anche perché ognuno di noi ha delle conoscenze dirette. A Bergamo lo Spi-CGIL ha fatto una ricerca nel mese di maggio su “pensionati e lavoro nero” ed ha stimato che il 30% lo pratica. Anziani e povertà a Milano. E' un tema molto difficile da indagare per l'assenza di dati accessibili e per la grande difficoltà a recuperare dati attendibili anche attraverso semplici ricerche basate su campioni. Dobbiamo quindi lavorare sui dati delle poche ricerche esistenti. Per avere una base di riferimento, iniziamo dai dati Istat che, il 14 luglio 1999, ha presentato il rapporto annuale sulla povertà nel nostro Paese. Schematicamente, il rapporto quantifica: Quante sono e dove vivono le famiglie povere . In Italia, nel 1998, vivono in condizione di povertà relativa 2.558.000 famiglie (11.8% del totale) per complessivi 7.423.000 individui (13% della popolazione). L’incidenza della povertà, pari appunto al rapporto tra numero di famiglie povere e totale delle famiglie residenti, è risultata quindi di poco inferiore rispetto al 1997 (12% delle famiglie e 13% degli individui). (Tavola 6) Tavola 6 NORD ITALIA 13
14 1997 1998 1997 1998 Migliaia di unità Famiglie 610 588 2.575 2.558 povere Famiglie 10.204 10.300 21.459 21.644 residenti Persone 1.458 1.441 7.427 7.423 povere Persone 25.274 25.327 57.031 57.111 residenti Percentuali Famiglie 23,7 23 100 100 povere Famiglie 47,5 47,6 100 100 residenti Persone 19,6 19,4 100 100 povere Persone 44,3 44,3 100 100 residenti Incidenza della povertà (%) Incidenza della povertà (%) Famiglie 6 5,7 12 11,8 Persone 5,8 5,7 13 13 Intensità della povertà (%) Intensità della povertà (%) Famiglie 18,6 18,9 21,5 22,4 Caratteristiche delle famiglie povere . Per le famiglie costituite da un unico componente o da una coppia, l’incidenza di povertà si differenzia in base all’età della “persona di riferimento” e risulta tre volte più elevata se questa ha 65 anni e più rispetto alla situazione i cui ha meno di 65 anni. (Tavola 7) La maggior parte delle famiglie in cui la cosiddetta “persona di riferimento” è un anziano vive con un reddito da pensione. 14
15 Tavola 7 NORD ITALIA 1997 1998 1997 1998 Ampiezza della famiglia 1 componente 7 5,8 11,2 1 2 componenti 5,9 6,4 11 11,1 3 componenti 5,3 4,4 9,9 9,7 4 componenti 5,7 5,4 12,9 13,6 5 più componenti 5,9 8,3 22,3 22,7 famiglie con figli minori Con almeno un figlio minore 5,1 4,4 11 10,3 Con 2 figli minori 6,2 5,6 15,9 16,9 Con 3 o più figli minori * * 25,8 27,2 Con almeno un figlio minore 5,6 5,2 14 13,9 Tipologia familiare persona sola con meno di 65 anni 1,8 2,7 4,1 3,9 persona sola con 65 anni e più 10,3 7,8 15,2 13,4 coppia con p.r. con meno di 65 anni 1,3 2,4 4,6 4,3 Coppi con p.r. 65 anni e più 8,3 8,1 14,6 14,4 coppia con 1 figlio 4,6 4,3 9,1 9,5 Coppi con 2 figli 5,7 5,1 12,8 13,3 coppia con 3 o più figli 5,7 7,4 21,1 22,4 Monogenitore 7,1 6,5 12 11,7 Altro 8,2 9,8 17,9 17,5 * il dato non risulta significativo a motivo della scarsa numerosità Delle 2.558.000 famiglie che vivono in povertà, quelle a più alto rischio appaiono proprio quelle con capofamiglia anziano. In totale il 34% di tutti i poveri sono degli anziani. Persone povere . Fra gli individui, l’incidenza di povertà a livello nazionale risulta stabile nei due anni considerati, pari al 13%. La percentuale di individui poveri è quindi superiore a quella delle famiglie (11.8%), a motivo della maggiore incidenza della povertà tra i nuclei familiari più numerosi. I giovani e gli anziani rappresentano i gruppi di età più sfavoriti. (vedi Tavola 7A) Tavola 7A INDIVIDUI POVERI Incidenza di povertà fra le persone per classe di età e ripartizione geografica. Anni 1997 e 1998, Val. % NORD ITALIA 1997 1998 1997 1998 Fino a 18 anni 6,5 7,5 16,1 16,7 da 19 a 34 anni 5,4 5,7 13,2 13,5 da 35 a 64 anni 5,1 5 11,8 11,4 65 anni e oltre 6,6 6,4 12,5 12,4 Il tema della povertà tra le persone anziane a Milano è stato studiato nel 1995 (Anziani e povertà a Milano) e nel 1996 (Libro bianco: la povertà a Milano), in queste ricerche si distinguono quattro diverse povertà: quella economica, quella da non autosufficienza, quella da welfare e quella relazionale. 15
16 pensioni in provincia di Milano nel 1999 Partiamo dal dato delle pensioni per giungere al più complesso tema della povertà delle persone anziane a Milano, un tema che è stato ben trattato nella pubblicazione “Anziani e povertà a Milano”. Si è stimato, sulla base dei dati provinciali, che circa il 31% degli anziani milanesi usufruiscono di una pensione inferiore al minimo e che solo il 29% raggiunge la soglia del minimo pensionistico. Nella Tavola 8, dove viene riportato il numero di pensioni erogate per “categorie” dall’INPS provinciale e la media del valore mensile di dette pensioni, si può osservare come il valore della media della “categoria” più ampia (lavoratori dipendenti), non raggiunge il milione e mezzo di lire. Questa media bassa è causata dall’alta percentuale di pensionati che percepiscono meno di un milione al mese. Tavola 8 PENSIONI INPS EROGATE NELLA PROVINCIA DI MILANO NEL 1999 categoria numero Media mese LAVORAT. DIPENDENTI 883513 1489049 COLT.DIRETTI 15633 1067339 ARTIGIANI 55760 1049224 COMMERCIO 50542 936332 MINATORI 36 1368390 TRASPORTI 12435 2482190 TELEFONICI 3750 2878764 ESATTORIA 395 3287333 DAZIERI 248 1827835 GASISTI 579 1763005 ELETTRICI 5259 2929666 CLERO 572 888935 VOLO 71 4093117 ASS.FACOLTATI. 1504 8630 ASSISTE.+ASSEGN 28158 502978 TOTALE 1058455 1429418 Nella Tavola 8A, si nota, che il 45.4% dei pensionati si trova ad avere una pensione inferiore al milione al mese. In particolare sono le donne ha segnare la percentuale più alta (81.2%) di pensioni inferiori al minimo o che lo raggiungono. Dunque la popolazione più a rischio è sicuramente quella femminile, non avendo potuto nel passato accumulare un reddito pensionistico da lavoro d'adeguata lunghezza che gli permettesse di beneficare di una pensione adeguata. 16
17 Tavola 8A PENSIONI INPS EROGATE NELLA PROVINCIA DI MILANO NEL 1999 Pensioni inferiori ad Femmine categoria Numero 1 milione al mese -di 1 milione al mese % Numero %su -1 milione. numero LAV.DIPEND 883513 41,7 371075 84,9% 315166 COLT.DIRETTI 15633 70,2 10943 75,6% 8277 ARTIGIANI 55760 58,4 32581 64,5% 21015 COMMERCIO 50542 71 35910 71,1% 25548 MINATORI 36 TRASPORTI 12435 TELEFONICI 3750 ESATTORIA 395 DAZIERI 248 GASISTI 579 ELETTRICI 5259 CLERO 572 100% 572 VOLO 71 ASS.FACOLTATI. 1504 100% 1504 53,2% 800 ASSISTE.+ASSEGN 28158 100% 28158 69,0% 19431 TOTALE 1058455 45,4% 480743 81,2% 390237 Basti pensare che le pensioni femminili di vecchiaia arrivano ad un milione, contro i 2.200.000 dei maschi. Sempre le donne per i superstiti percepiscono pensioni inferiori al milione. Per la storia industriale di questa Provincia, la presenza di 23.108 pensioni sociali e 5.050 assegni sociali, sono sicuramente un dato molto alto. Anche in questo caso si può notare dalla Tavola 9 e dalla Tavola 9.A, che sono in prevalenza le donne i maggiori “beneficiari" di queste pensione. Tavola 9 Le pensioni sociali -Provincia di Milano - 1999 età maschi femmine maschi Femmine % su tot. % su tot. 65-69 505 1855 2,2% 8,0% 70-79 2315 11177 10,0% 48,4% 80 e + 857 6399 3,7% 27,7% Totale 3677 19431 15,9% 84,1% età media 75,9 77,6 importo medio £. 539,463 491,987 17
18 Tavola 9A Assegno sociale -Provincia di Milano - 1999 età maschi femmine maschi femmine % su tot. % su tot. 65-69 1243 3352 24,6% 66,4% 70-79 156 201 3,1% 4,0% 80 e + 26 67 0,5% 1,3% Totale 1430 3620 28,3% 71,7% età media 67.5 importo medio £. 518,75 Rimanendo nell'ambito delle condizioni economiche degli anziani milanesi, possiamo, in assenza di dati aggiornati, riprendere i risultati della citata ricerca svolta da Datamedia nei distretti sanitari di Desio, Seregno e Monza sui cittadini con più di 64 anni. I dati affermano che il 69.1% dichiara di non avere problemi economici, il 25,9% di avere qualche problema e solo il 4.1% d'avere problemi gravi. Anche in questo caso sono le donne a dichiarare di trovarsi in condizioni economiche non buone o di avere gravi problemi e questi sembrano crescere di più anche per chi vive solo o con parenti ed ha superato e 74 anni. Se consideriamo valido per Milano il dato del 4.1% di anziani, oltre i 64 anni, che potrebbero avere problemi economici gravi, sarebbero più di 11.800. Un ulteriore dato, riguardante la realtà milanese, lo abbiamo dall'ALER (ex IACP), dove risulta una specifica concentrazione di gruppi sociali poveri o a rischio di povertà. Il 40.3% dei residenti ha più di 65 anni, il 44% delle famiglie monocellulari non supera un reddito annuo di 11 milioni e mezzo di lire ed il 71% degli anziani soli ha un reddito compreso fra 11 e 15 milioni di lire. Gli anziani non autosufficienti Iniziamo questo punto della ricerca che affronta il delicato tema della salute, con il dato delle speranze di vita, secondo le diverse condizioni di salute. Nella Tavola 10, sono riportate le speranze di vita in base alle condizioni di salute degli anziani di 65 anni e 75 anni. Un uomo di 65 anni può aspettarsi di vivere mediamente ancora 14.9 anni, di questi, meno della metà (40.9) in buona salute e l'81.1% in assenza di disabilità. Con l'aumento dell'età la situazione peggiora: a 75 anni, degli 8.8 anni che restano da vivere, un individuo può sperare di vivere in buona salute un terzo e oltre i due terzi senza disabilità. 18
19 Tavola 10 Speranze di vita in anni secondo diverse condizioni di salute e proporzione % rispetto alla speranza di vita totale MASCHI FEMMINE Speranza proporz. Speranza proporz. di vita % di vita % 65 anni Totale 14,9 100 18,8 100 In buona salute 6,1 40,9 6,5 34,8 Libera da disabilità 12,2 81,1 14,2 75,3 75 anni Totale 8,8 100 11,1 100 In buona salute 2,8 31,7 3 27,3 Libera da disabilità 6,3 70,6 7 62,9 (1) individui che alla domanda sulla autovalutazionne del proprio stato di salute hanno dichiarato di sentirsi bene o molto bene.. (2) sono disabili gli individui che hanno dichiarato di non essere autonomi nello svolgimento di almeno una delle dimensioni fondamentali della vita (le funzioni della vita quotidiana, le funzioni della mobilità, le funzioni della comunicazione) Fonte: Buratta V.- Crialesi R. Come si può notare dalla tavola, la condizione delle donne è migliore se si considera la speranza di vita in generale. Ma al maggior guadagno di quantità delle donne corrisponde in altri termini una peggiore qualità degli anni vissuti. Il calcolo degli anni vissuti in buona o cattiva salute è particolarmente significativo per le età estreme, dato che il peso relativo degli anni vissuti in cattive condizioni di salute aumenta con l'avanzare degli anni. In particolare, un indicatore frequentemente utilizzato per descrivere le condizioni di vita e lo stato di salute di un anziano è l'aspettativa di vita senza disabilità, ovvero gli anni che mediamente un individuo di una certa età (per esempio 65enne o 75enne) può attendersi di vivere senza soffrire di disabilità. Un indicatore del genere consente evidentemente di apprezzare non solo la qualità degli anni vissuti, ma anche le disuguaglianze in termini di salute, in base al genere, al territorio, ai gruppi sociali di appartenenza. E’ del tutto ovvio che con l’aumentare dell’età aumenta la percentuale di persone che dichiarano di stare male . Lo spartiacque sembra rappresentato dall'ingresso nell'ottavo decennio di vita, quando la quota di coloro che stanno "male" o "molto male" supera il 40%, mentre nei cinque anni di vita precedenti era del 35% e tra i 65 ed i 69 anni addirittura del 22,7%. Anche in termini di salute percepita, dunque, la suddivisione tra terza e quarta età appare tutt’altro che un artifizio teorico. Tuttavia, anche tra gli ottuagenari non è irrilevante la quota di quanti dicono di stare "bene" (13,2%) o "molto bene" (1,2%), anzi sono addirittura più numerosi dei 75- 79enni che manifestano la stessa percezione positiva. Affrontiamo ora il tema della non autosufficienza degli anziani. Continuando a lavorare sui dati ISTAT troviamo che da una ricerca del 1994 risultava nel Nord Italia la situazione riportata nella Tavola 11, dove vengono riportati i numeri degli anziani con più di 65 anni disabili per classe di età e tipo di disabilità (per 100 persone della stessa classe di età), ed i valori assoluti in migliaia. Tavola 11 Classi di età 19
20 Tipo di disabilità 65-69 70-74 75-79 80 e più Totale (v.a.) Maschi e femmine Disabili 9.1 14.3 23.4 47.0 1.874.000 Confinamento individuale 3.0 4.54 8.2 21.0 730.000 Disabilità nelle funzioni 4.8 8.9 16.9 37.6 1.333.000 Difficoltà nel movimento 4.2 6.5 10.4 22.0 866.000 Difficoltà vista udito e 1.3 2.6 4 9.4 844.000 parola Quale dipendenza? Il concetto di dipendenza, strettamente connesso a quello di disabilità, rappresenta un elemento essenziale nell’analisi delle condizioni di vita degli anziani, oltre che una variabile di cui tenere conto nell’impostare una politica sociale rivolta a questa fascia di popolazione. In assenza di dati specifici di Milano, sulla consistenza numerica degli anziani non autosufficienti, dobbiamo limitarci a stimare il dato, utilizziamo come base, i dati dell’ISTAT, ILSA, DATAMEDIA e del CENSIS. Vediamo in breve cosa dicono i dati di questi “Enti” di ricerca: - il 10% degli anziani è parzialmente non autosufficiente, - il 10% degli anziani è completamente no autosufficiente, - il 5% degli anziani richiederebbero assistenza domiciliare continuativa o ricovero in RSA. Per quanto riguarda l’età, l’Istat stima che: - il 5.9% dei disabili ha tra i 60 e 64 anni - il 9,1% dei disabili ha tra i 65 e 69 anni - il 14,2% dei disabili ha tra i 70 e 74 anni - il 23,4% dei disabili ha tra i 75 e 79 anni - il 47,1% dei disabili ha 80 anni e più. L’ILSA, in una ricerca limitata alla sola popolazione non residente in RSA, stima che nella fascia di età tra i 65 e 69 anni, i maschi presentano una percentuale del 23% e le femmine del 12% di disabilità nelle attività della vita quotidiana (una o più). Mentre nella fascia di età tra gli 80 e 84 anni la percentuale di disabilità tra i maschi è stimata nel 43%, mentre nelle femmine si stima del 46%. La Tavola.12 evidenzia bene la percentuale degli anziani italiani che presentano problemi di inabilità. Se si assume come riferimento della disabilità, la incapacità di compiere almeno due funzioni della vita quotidiana, si ottengono percentuali molto elevate di anziani disabili per classe di età, superiori a quelle di altri studi condotti sull'argomento (valori tra il 4% e 5%). Tavola 12 Percentuale di disabili Confinati Confinati Confinati Disabili Disabili Età Disabili A letto Su sedia In casa ADL * movimento 60-64 5,9 0,3 0,4 0,7 3,9 2,3 65-69 9 0,6 0,5 1,8 4,7 4,2 70-74 14,2 1 0,6 2,8 8,9 6,5 75-79 23,4 2,6 1,7 3,8 16,9 10,4 80 e + 47 4,9 4,4 11,6 37,6 22 * incapaci di compiere una o più funzioni della vita quotidiana 20
21 I dati Istat dicono che in Lombardia, nel 1994, le persone ultrasessantenni disabili erano il 13.78% del totale (47% per gli ultraottantenni), le donne disabili erano il 19.55%, mentre la percentuale dei maschi era del 13.78%. In questi dati non sono state conteggiate le persone disabili che sono ricoverate presso gli istituti. Una recente ricerca (giugno 2000) svolta da Datamedia nei distretti sanitari di Desio, Seregno e Monza sui cittadini con più di 64 anni, ci fornisce elementi sicuramente interessanti e trasferibili su Milano con le dovute tarature. Il 60% degli anziani intervistati ha definito le proprie condizioni di salute buone, il 29% non buone ed il 6.4% le dichiara pessime. Sono gli anziani tra i 65 e gli 80 anni ha considerare in prevalenza buone le condizioni di salute, mentre oltre gli 80 anni la percentuale scende sotto il 60%. Per quanto riguarda le donne le percentuali cambiano, infatti, sono il 40% le anziane che definiscono non buona o pessima la propria salute. E' stata indagata anche l'autosufficienza nello svolgere alcune attività di routine. Dall'indagine è emerso un grado d'autosufficienza superiore all'80% per le attività quotidiane come lavarsi (90.7%), vestirsi (91.6%), telefonare (92.3%). Ma il grado d'autonomia nello svolgere un'attività fondamentale come il camminare registra percentuali più basse, è in grado di camminare senza aiuto l'87.7% degli uomini e l'81,2% delle donne. Per le donne decresce con l'età, passando da una autosufficienza del 90% per coloro che hanno meno di 75 anni e scende al 70% per la fascia di età tra i 75 e gli 84 anni e scende ancora di più per gli ultra 85. Del resto queste stesse percentuali appaiono già in una indagine nazionale dell'ISTAT (IMF, 1990-91) si rileva che nei soggetti con 75 anni ed oltre l'incidenza di alcune patologie di natura cronico-degenerativa risulta più elevata di 3-4 volte rispetto a quella riscontrata nel complesso della popolazione. Le patologie più ricorrenti sono nell'ordine: artrosi-artrite (45,6 persone per ogni 100 ultra75enni), ipertensione (24,3), bronchite cronica (14,2) e diabete (12,2). Particolare rilevanza assumono alcune forme di invalidità permanenti: negli ultra75enni una persona su dieci risulta affetta da invalidità motoria, una su dodici da sordità e una su ventitre da cecità. Tra le patologie a "rischio" per la popolazione anziana particolare attenzione meritano alcune malattie neurologiche quali il parkinsonismo, l'ictus cerebrale e la demenza senile, sia per l'elevato numero di casi prevalenti che per i ragguardevoli costi che queste malattie comportano per la collettività. Per il complesso delle tre patologie stime recenti (ISIS, 1990) prevedono nell'arco di un ventennio (1988-2008) un incremento tra gli ultrasessantenni del 47% dei casi (da 1,3 milioni del 1988 a poco meno di 2 milioni nel 2008). I dati che andiamo a stimare devono essere verificati anche in riferimento ai criteri adottati nella definizione di disabile. Ci sembra evidente che è auspicabile che si giunga presto ad una definizione operativa di grado di disabilità che consenta di associare a ogni livello la corrispondente attività socio assistenziale necessaria. Oggi in Italia, le rilevazioni ufficiali misurano la disabilità attraverso una batteria di domande (quindici) che mirano ad individuare la funzionalità, ovvero la capacità di svolgere autonomamente un insieme selezionato di funzioni e attività essenziali per la vita quotidiana . La disabilità è dunque un concetto complesso al cui interno si possono individuare tre dimensioni: le funzioni della vita quotidiana, la dimensione fisica relativa alla mobilità, la dimensione comunicativa. La dimensione della vita quotidiana fa riferimento a tutte le attività di cura della persona (lavarsi, vestirsi, farsi il bagno o la doccia, mangiare, etc.). Quella "fisica" riguarda le funzioni della mobilità e della locomozione come camminare, salire e scendere le scale, raccogliere oggetti da terra: nei casi limite, la mancanza di autonomia in questa sfera porta alle situazioni di "confinamento", ovvero di costrizione permanente dell’individuo su una sedia, in un letto o in un’abitazione. La terza dimensione, infine, comprende le funzioni della parola, della vista e dell’udito. 21
22 La stima dei non autosufficienti a Milano. Considerando i dati delle ricerche sopra descritte, ci sembrano valide le stime elaborate dalla Caritas Ambrosiana, che nel 1999 ha stimato, basandosi sulle medie nazionali, che nella popolazione milanese con più di 60 anni, sono 69.768 unità il numero di coloro che non sono autosufficienti, in forma parziale e totale (Tavola.13). Tavola 13 Classe età Stime Popolaz. Stima non Istat Milanese autosuffic. 60-64 5.9 93.397 5.511 65-69 9.1 87.151 7.931 70-74 14.2 73.634 10.456 75-79 23.4 47.817 11.189 80 e più 47.1 73.634 34.682 Totale Milano 375.632 69.768 Sempre sulla base di stime si può affermare che gli anziani milanesi affetti da demenza senile dovrebbero essere non meno di 22.350 (6% della popolazione con più di 60 anni). Questa stima, di circa 70.000 anziani non autosufficienti, deve fare riflettere, anche in considerazione del fatto che nel comune di Milano gli assistiti dall'ADI sono 5800 ed i ricoverati in RSA sono poco più di 4600. Se sommiamo gli anziani assistiti, abbiamo ancora 58.000 persone che sono totalmente assistiti dalle loro famiglie ed in particolare dalle donne al loro interno. Anticipiamo qui un dato sul quale torneremo più avanti. Dati del Censis indicano che gli anziani non autosufficienti, assistiti in famiglia, sono circa il 75%. L'indagine del CENSIS 1998 rileva che nel 67% dei casi in cui sia presente una persona non autosufficiente, la cura è sostenuta in maniera esclusiva dalla famiglia di appartenenza. La percentuale raggiunge il 93% sommando a queste le famiglie che ricevono l'aiuto formale dei servizi o fanno ricorso a collaboratori non professionali. Fino ad oggi sono state in genere le famiglie, e le donne al loro interno, a prendersi cura degli anziani. Ma le famiglie erano più stabili, le donne lavoravano per lo più a casa, i figli erano in maggior numero, gli anziani meno numerosi e meno longevi. Il modello di assistenza familiare era molto funzionale, anche perché affiancato da interventi di welfare state. Oggi il modello di assistenza familiare integrata va cedendo perché la struttura e la vita delle famiglie stanno cambiando rapidamente. E' anche particolarmente importante valutare le esigenze della famiglia: se si vuole privilegiare la permanenza degli anziani nel proprio domicilio, allora andranno tutelati contemporaneamente i diritti e la dignità dei familiari degli anziani (Hirshon, 1991). Molte famiglie vivono la cura di persone non autosufficienti come un vero e proprio problema: economico, fisico, sociale ed emotivo; molte persone vivono in modo conflittuale le richieste che vengono loro dal lavoro e dalla cura di un genitore anziano. E' necessario quindi una pianificazione per provvedere a servizi tanto per gli anziani quanto per le famiglie. Tali supporti dovrebbero consentire ai familiari - soprattutto alle donne che sono assai più coinvolte per tradizione, cultura e disponibilità - di scegliere più liberamente se e fino a che punto prendersi cura dell'anziano. Per queste ragioni è importante approfondire la ricerca sulle trasformazioni che il tessuto familiare di Milano ha subito e continua a subire. In particolare è importante indagare l'aspetto della maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, la contrazione del numero dei componenti le famiglie (oggi Milano ha un indice tra i più bassi in Italia), ed infine l'allungamento della vita lavorativa. 22
23 L'assistenza Domiciliare Integrata (ADI) E' questo un dato che potrebbe aiutare molto nella comprensione dei _bisogni" degli anziani e delle loro famiglie. Oggi disponiamo di pochi dati comparabili anche per le modifiche territoriali che le ASL hanno avuto negli ultimi anni. Da calcoli un po' approssimativi, si ricava che nel 1997 le USSL che operavano nel territorio comunale hanno ammesso 4780 pazienti al servizio ADI, di cui 558 con meno di 65 anni. Oggi sul territorio comunale opera una sola ASL e di conseguenza possiamo lavorare su dati più sicuri. Ecco i dati dell'ASL Città di Milano, per quanto riguarda i Servizi ADI e Anziani erogati nel 1999: Età n. utenti < di 65 anni 657 da 65 a 75 anni 1182 più di 75 anni 4042 Totale 5881 Gli accessi domiciliari erogati a favore degli assistiti in ADI, suddivisi per figure professionali: Medici Riabilitatori Infermieri Personale Coordinamento Specialisti 6.490 23.527 161.434 10.467 La distribuzione degli assistiti per distretto ASL è stata: Distretti 1 Distretto 2 Distretto 3 Distretto 4 Distretto 5 Distretto 6 664 427 1026 1582 855 1327 Se facciamo il calcolo solo sulle persone con più di 65 anni, il servizio ADI ha raggiunto 1.9% di questa popolazione nel 1999. Ricordiamo che il Progetto Obiettivo Anziani della regione Lombardia si proponeva nel triennio di validità di raggiungere il 3% degli anziani. Questa percentuale non la raggiungiamo neppure se sommiamo il servizio ADI ai servizi d'aiuto erogati dai CMA del comune. La debolezza dell'intervento ADI è documentata anche dal Censis, che a proposito degli ammalati di Alzheimer, segnala che solo il 6% è sostenuto da un servizio dell'ADI (vedi Tavola 14) Tavola 14. Malati di Alzheimer; stadio della malattia ed utilizzo dei servizi ADI Servizio ADI Lieve Moderata Grave Severa Totale Si 1,3 3,9 12,1 16,1 6,1 No 98,7 96,1 87,9 83,9 93,9 Totale 100 100 100 100 100 In una ricerca del 1999 Giunco F. (Curare a Casa - Milano), ha “misurato” il rapporto fra gestione autonoma da parte delle famiglie ed il sostegno degli anziani, ed anche questa ricerca ha dimostrato, 23
24 oltre all'onerosità fisica ed emotiva del compito assistenziale affrontato dalla famiglia, l'elevato grado di autonomia dei care giver e lo scostamento fra domanda espressa e domanda accolta. Un servizio pubblico domiciliare interviene in meno di un terzo dei casi ed un servizio ADI formalizzato in un caso su sette. (Tavola 15 – Tavola 16) Tavola 15 Prestazioni di base: capacità dei servizi reperibili di fare fronte alle esigenze espresse dalle famiglie di anziani problematici servizi difficile reperire risolvono operatori o servizi Igiene domestica 21 11 Gestione pannoloni 21 12 Bagno 20 13 Igiene personale 20 13 Preparazione pasti 19 13 Vestizione 16 16 Trasporti esterni 15 18 Prestazioni burocratiche 14 19 Mobilizzazione a letto 12 21 Mobilizzazione fuori letto 11 22 Sorveglianza diurna 9 25 Adattamento ambienti di vita 8 23 Aiuto nell'alimentazione 7 25 Sostegno psicologico paziente 5 27 Sostegno psicologico famiglia 4 28 Sorveglianza notturna 3 31 N. risposte 35 Fonte: Giunco, 1999 Tavola 16 Prestazioni Tecniche: capacità dei servizi reperibili di fare fronte alle esigenze espresse dalle famiglie di anziani problematici servizi difficile reperire risolvono operatori o servizi Prelievi endovenosi 32 3 Messa a dimora catetere 31 4 Clistere evacuativo 29 6 Medicazioni complesse 26 9 Esplorazione rettale e rimozione 25 12 Iniezione intramuscolo 25 6 Gestione catetere vescicole 21 13 Ossigenoterapia lungo termine 21 11 Terapia endovenosa e fleboclisi 14 20 Ossigenoterapia intermittente 14 17 Dialisi peritoneale 13 19 Nutrizione enterale con sondino 13 21 Nutrizione parenterale 12 22 Sorveglianza fleboclisi 9 22 Nutrizione enterale con pompa 6 26 Tora-e para- centesi 5 28 N. risposte 40 Fonte: Giunco, 1999 24
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