Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti

Pagina creata da Cristian Porcu
 
CONTINUA A LEGGERE
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
Coronavirus: Trump accusa
l’OMS     di    aver     dato
informazioni false e sospende
i finanziamenti
Donald Trump sospende i finanziamenti all’Organizzazione
Mondiale della Sanità. Ad annunciarlo lo stesso Presidente USA
dopo aver criticato duramente l’Organizzazione che ha “fallito
nell’ottenere tempestive informazioni sul coronavirus”.

I finanziamenti americani all’Oms saranno sospesi mentre
l’amministrazione conduce un esame su come l’Organizzazione ha
gestito il coronavirus, spiega Trump mettendo in evidenza che
i contribuenti americani versano all’Oms fra i 400 e i 500
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
milioni di dollari l’anno. La Cina contribuisce con circa 40
milioni, aggiunge Trump precisando che gli Stati Uniti
“nutrono forti dubbi sul fatto che la generosità americana sia
stata messa a buon uso”.

“L’Oms – afferma il presidente Usa – ha dato informazioni
false sul coronavirus: i suoi ritardi sono costati vite umane”
sottolineando che l’epidemia del coronavirus poteva essere
contenuta. I piani per la riapertura del Paese sono in via di
finalizzazione: “Parlerò a breve con i governatori e
autorizzerò ognuno di loro ad attuare il piano per riaprire” a
seconda delle particolarità dei singoli Stati. “Alcuni stati
potrebbero riaprire prima dell’1 maggio”.

“Nel mezzo di una pandemia globale – critica il Democratic
National Committee – Trump vuole fermare i finanziamenti
all’organizzazione incaricata di combattere le pandemie. Trump
è pronto a mettere la salute a rischio per cercare di
scaricare la colpa dei suoi fallimenti” su altri.
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
Coronavirus, Cina fuori dal
picco dell’epidemia. Trump
critica l’Europa
Il presidente Trump accusa l’Europa di essere stata lenta a
reagire all’epidemia di coronavirus e blocca per 30 giorni i
viaggi negli Stati Uniti dal Vecchio continente, tranne che
dal Regno Unito.

Il tycoon ha annunciato altre misure per alleviare la crisi
economica causata dalla pandemia: ha promesso un’azione di
emergenza per fornire aiuto finanziario ai lavoratori che sono
ammalati, in quarantena o che si stanno prendendo cura di
altri contagiati. Intanto c’è il primo caso confermato al
Congresso americano.

Il picco in Cina dell’epidemia del coronavirus è stato ormai
superato: secondo Mi Feng, portavoce della Commissione
sanitaria nazionale, i nuovi casi stanno diminuendo nel Paese
e l’intera situazione epidemica rimane “a livelli molto
bassi”. Mi, durante il briefing quotidiano, ha ricordato che i
nuovi contagi a Wuhan, focolaio del Covid-19, sono diminuiti
fino ad attestarsi a una singola cifra, con soli 8 casi
riportati ieri. Sette sono poi i casi nel resto della Cina, di
cui 6 importati dall’estero come “contagio di ritorno”.

La Corea del Sud ha rilevato ieri 114 nuovi casi di contagio,
il livello più basso da più di due settimane, portando le
infezioni da coronavirus a 7.869.
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
Usa – Cina, è tregua sui
dazi: firmato accordo storico
Donald Trump e il vice premier cinese Liu He hanno firmato il
mini accordo commerciale fra Stati Uniti, aprendo di una fatto
una tregua nella guerra commerciale in atto. La firma è
avvenuta nella East Room della Casa Bianca dove, fra gli
altri, sono presenti l’ex segretario di stato Henry Kissinger,
il consigliere economico del presidente Larry Kudlow, il
segretario al Commercio Wilbur Ross, la figlia-consigliere del
presidente Ivanka Trump e il marito Jared Kushner.
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
L’accordo commerciale fra Stati Uniti e Cina prevede che
Pechino acquisti ulteriori 200 miliardi di dollari di prodotti
e servizi americani. La Cina si impegna anche a non lanciarsi
in svalutazioni valutarie e a comunicare regolarmente e a
consultarsi sul mercato valutario. In base all’intesa a
partire dall’1 aprile la Cina consentirà il pieno controllo da
parte di società finanziarie straniere.

Trump esulta, ringrazia il presidente cinese Xi Jinping
definendolo un suo “grande amico” e ribadisce che in “un
futuro non lontano andrà in Cina”. Fra sorrisi e battute parla
di un “accordo storico”, di un “importante passo in avanti”
verso una relazione più equilibrata fra i due paesi.

“La Fase 1 è un importante passo in avanti verso scambi
commerciali corretti con la Cina”, afferma aprendo al
cerimonia per la firma del mini-accordo commerciale fra Stati
Uniti e Cina. Trump, definendo la cerimonia “un’occasione
straordinaria”, ringrazia il presidente cinese Xi Jinping e
dice che andrà in Cina in un futuro non lontano.

I dazi esistenti saranno rimossi se la Fase 2 dell’accordo
commerciale con la Cina sarà chiusa, afferma il presidente
americano, sottolineando che la Fase 2 inizierà a breve.
Secondo Trump, potrebbe non esserci bisogno di una Fase 3
dell’accordo.

L’accordo è buono per la Cina, gli Stati Uniti e il mondo
intero, afferma il presidente cinese Xi Jinping in una lettera
indirizzata a Donald Trump e letta dal vice premier Liu He nel
corso della cerimonia per la firma dell’accordo commerciale
fra i due paesi. “E’ un’intesa vantaggiosa per tutti” aggiunge
Liu.
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
Il mini accordo commerciale fra Stati Uniti e Cina è una
“vittoria per le nostre aziende tecnologiche e per i
lavoratori americani”, sottolinea il segretario al Tesoro
americano.

Donald     Trump     sotto
impeachment:      vogliono
annullare il voto. Ecco le
accuse
Accusato di “abuso di potere” e “ostruzione del Congresso”.
Sono questi i due articoli d’accusa per l’impeachment
annunciati in conferenza stampa dai democratici. Il presidente
americano è accusato di abuso di potere per aver anteposto le
sue preoccupazioni politiche agli interessi nazionali e di
ostruzione del Congresso per aver cercato d’intralciare le
indagini.
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
Agognava di finir nei libri di scuola come un presidente
migliore di Abramo Lincoln. Invece Donald Trump e’ entrato
nella storia indossando gli umilianti panni del terzo
presidente Usa messo in stato d’accusa con la procedura di
impeachment.

Prima di lui sono finiti a giudizio solo Andrew Johnson nel
lontano 1868 e Bill Clinton nel 1998. Entrambi sono stati
assolti in Senato, come succederà con ogni probabilità in
gennaio anche al tycoon, che conta sulla granitica maggioranza
repubblicana nella camera alta del parlamento. Richard Nixon
invece si dimise nel 1974 prima di essere imputato. Due i capi
di imputazione: abuso di potere per le pressioni su Kiev per
far indagare il suo principale rivale nella corsa alla Casa
Bianca Joe Biden e ostruzione del Congresso per aver bloccato
testimoni e documenti. Il voto della Camera e’ arrivato dopo
settimane di aspre polemiche e dopo un lungo, a tratti
velenoso dibattito in un ramo del Congresso saldamente
controllato dai democratici.

Alcuni repubblicani sono arrivati a paragonare l’indagine di
impeachment all’attacco di Pearl Harbor o alla crocefissione
di Cristo, sostenendo che Ponzio Pilato si e’ comportato
meglio con Gesù. Alla fine i due articoli sono stati approvati
rispettivamente con 230 e 229 voti, tutti dem tranne tre
contrari. Compatto invece il no del Grand Old Party. Ma ora si
apre un nuovo fronte di guerra: dopo il voto la speaker della
Camera Nancy Pelosi ha annunciato che i due articoli non
saranno inviati al Senato finche’ non ci saranno garanzie di
un processo giusto in quel ramo del Congresso, finora negate a
suo avviso dalle mossa del leader dei senatori Mitch
McConnell, che e’ andato alla Casa Bianca per coordinare le
strategie e affermato che non sarà un giudice imparziale.
Coronavirus: Trump accusa l'OMS dato informazioni false e sospende i finanziamenti
Nel giorno più buio della sua presidenza, il tycoon ha
aspettato la votazione prima twittando nel bunker della Casa
Bianca e poi tenendo un comizio in Michigan, Stato cruciale
per la sua rielezione. E’ li che ha saputo la notizia ma ha
reagito come sempre attaccando, osannato dalla folla che
gridava “altri quattro anni”. «Non abbiamo fatto nulla di
sbagliato. Abbiamo l’appoggio del partito repubblicano”, ha
esordito. “Dopo tre anni di caccia alle streghe, bufale,
vergogne, truffe, i democratici stasera stanno cercando di
annullare il voto di decine di milioni di patrioti americani”,
ha denunciato, accusando l’opposizione di “abuso di potere”.
“Questo è il primo impeachment dove non c’è un reato”, ha
incalzato, convinto che sara’ un “suicidio politico” per i
dem. E ha vantato l’unita’ del partito: “non abbiamo perso
neanche un voto dei repubblicani e tre democratici hanno
votato con noi”. La sua bestia nera resta Nancy Pelosi, cui
alla vigilia del voto aveva inviato un’infuocata lettera di
sei pagine accusandola di aver “dichiarato guerra aperta alla
democrazia americana” con la “crociata” di un impeachment che
è “un fazioso e illegale colpo di stato”. Una lettera
“ridicola” e “triste”, ha replicato la Pelosi, ammonendo che
“se consentiamo ad un presidente, qualsiasi presidente, di
proseguire su questa strada, diremo addio alla repubblica e
buongiorno al presidente re”. La speaker democratica ha
rincarato la dose aprendo il dibattito alla Camera. “Trump non
ci ha dato altra scelta.

Il presidente ha violato la costituzione e resta una costante
minaccia per la sicurezza del nostro Paese e l’integrità delle
nostre elezioni”, ha denunciato, dopo aver letto accanto ad un
tricolore americano il Pledge of Allegiance, il giuramento di
fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti. Nel frattempo davanti
a Capitol Hill centinaia di attivisti manifestavano a sostegno
dell’impeachment, dopo gli oltre 600 tra raduni e marce in
varie città di tutti i 50 Stati Usa, a partire da New York.
“Che atroci bugie. Questo è un assalto all’America e al
partito repubblicano”, le ha risposto su Twitter il tycoon,
che mira a galvanizzare la sua base e a trasformare
l’impeachment in un boomerang politico contro i democratici. I
sondaggi mostrano un Paese spaccato a metà sulla messa in
stato d’accusa ma nel frattempo il gradimento del presidente
sembra salire, stando all’ultimo sondaggio di Gallup: dal 39%
di quando è iniziata l’indagine all’attuale 45%.

Trump vuole comprarsi la
Groenlandia ma il Governo
Danese frena: “Non è in
vendita!”
“La Groenlandia non è in vendita”: così con una dichiarazione
ufficiale riportata dai media americani il governo danese
commenta quanto scritto dal Wall Street Journal, secondo cui
il presidente americano Donald Trump sarebbe interessato a
comprare l’isola.
“Siamo comunque aperti al business”, aggiunge però il governo
danese con un tweet del ministero degli esteri di Copenaghen,
in quella che alcuni leggono come un’apertura verso eventuali
investimenti dagli Stati Uniti in Groenlandia, soprattutto sul
fronte del turismo. Sull’isola gli Usa sono stati presenti nel
tempo con alcune stazioni meteo ed alcune postazioni militari
risalenti alla seconda guerra mondiale. Attualmente c’è una
grande base militare, la Thule Air Base, che rappresenta
l’installazione militare americana più a nord, non lontano dal
Circolo Polare Artico.
Caso Huawei-Google, concessa
una proroga di tre mesi al
colosso cinese
Caso Huawei-Google, gli U.S.A. concedono una proroga di 90
giorni al colosso cinese dell’informatica dopo la rottura.

 Scontro Usa e Cina: Google rompe con Huawei dopo il bando di
 Trump. Ecco i rischi per gli utenti

Nel corso di questi tre mesi, la società asiatica potrà
beneficiare di una sorta di tregua da parte degli Stati Uniti,
così da poter trovare una strategia di uscita più morbida.
Durante questo lasso di tempo non è da escludere che Huawei
possa trovare una mediazione con Google e col governo
statunitense. La decisione è stata comunicata dal ministero
del Commercio americano, e di fatto fa slittare la stretta
legale, che ricordiamo comportava l’addio immediato ad Android
per i nuovi smartphone del brand asiatico, al prossimo 19
agosto. Per quella data, in ogni caso, non è esclusa una nuova
proroga. Anche se questa ipotesi al momento rimane abbastanza
remota. Nel frattempo, però, grazie a questa proroga, i
possessori di smartphone Huawei possono tirare un primo
respiro di sollievo. Chi temeva che a partire da ieri
qualsiasi aggiornamento venisse bloccato, oggi sa che almeno
fino al 19 agosto questo non accadrà. Quello che succederà
dopo è un enigma, anche se c’è la volontà di Google di non
abbandonare i suoi utenti. L’impressione, dunque, è che se
questa bomba tecnologica è destinata a detonare, farà
malissimo a Huawei ma a partire dai prossimi modelli in
uscita, e non da quelli già esistenti. Come ha spiegato il
Segretario al Commercio, Wilbur Ross, quella concessa a Huawei
è una Licenza Temporanea Generale che “concede agli operatori
il tempo di prendere altre misure” e autorizza alcune attività
necessarie per il funzionamento delle reti e per supportare i
servizi mobili esistenti, inclusa la ricerca sulla
cybersicurezza     “fondamentale     per   il   mantenimento
dell’integrità e dell’affidabilità delle reti e delle
apparecchiature esistenti e pienamente operative”. Questa
tregua, ovviamente, riguarda anche le aziende di microchip
come Qualcomm, Broadcom e Intel che ieri – in contemporanea
alla decisione di Google – avevano fatto sapere di
interrompere le partnership con il colosso di Shenzhen.
Relativamente alla componentistica, però, Huawei potrà fare
scorta di semiconduttori per prodotti già sviluppati. Mentre
per l’acquisizione di microprocessori da destinare a device in
fase di progettazione, servirà un’autorizzazione del ministero
Usa che appare molto difficile. Perché il documento del
governo Usa è abbastanza chiaro: la sospensione riguarda
solamente tecnologie già in commercio, mentre rimane in vigore
sui nuovi prodotti in fase di sviluppo. Intanto in molti si
aspettavano una risposta da Pechino. Invece per ora il governo
cinese ha preferito la strada del silenzio. C’è solo una
dichiarazione sibillina del portavoce del ministero degli
Esteri, Lu Kang: “Il governo sostiene le imprese cinesi che
ricorreranno agli strumenti legali per difendere i propri
interessi legittimi”. Al momento c’è chi sostiene che la
tregua fino al 19 agosto prossimo sia un segnale della Casa
Bianca. Una sorta di porta aperta, lasciata da Trump, per
trovare un accordo commerciale con la Cina. Ipotesi che
potrebbe riportare Huawei fuori dalla blacklist. Altri
analisti sono invece più scettici. In ogni caso per saperne di
più sul futuro del binomio Huawei-Google, bisognerà attendere
il mese di agosto.

F.P.L.
Scontro Usa e Cina: Google
rompe con Huawei dopo il
bando di Trump. Ecco i rischi
per gli utenti
Google rompe con Huawei, sospendendo ogni attività portata
avanti con il colosso tecnologico cinese, all’avanguardia
nella realizzazione delle reti di nuova generazione 5G. Lo
riporta in esclusiva Reuters. Si tratta di uno schiaffo
dolorosissimo per Huawei, dopo che l’amministrazione Trump ha
inserito l’azienda nella lista nera vietandone l’uso per
motivi di sicurezza nazionale. Nel dettaglio – spiega Reuters
– gli smartphone e gli altri apparati Huawei venduti fuori
dalla Cina dovrebbe perdere l’accesso agli aggiornamenti del
sistema operativo di Google, Android. Non solo, dovrebbero
perdere l’accesso anche ad alcuni dei popolarissimi servizi di
Google come il Google Play Store, YouTube e il servizio di
posta elettronica Gmail.

Ma da Mountain View rassicurano gli utenti: “Ci stiamo
conformando all’ordine e stiamo valutando le ripercussioni.
Per gli utenti dei nostri servizi, Google Play e le protezioni
di sicurezza di Google Play Protect – afferma un portavoce di
Google – continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei
esistenti”. Parole che tranquillizzano i possessori di
smartphone e tablet Huawei, assicurando l’accesso al negozio
di app e alla protezione da minacce informatiche.

Anche le aziende Usa produttrici di chip e microchip – da
Intel a Qualcomm, da Xilinx a Broadcom – si sono adeguate alla
linea dettata dall’amministrazione Trump e hanno tagliato i
ponti con Huawei, congelando le forniture destinate al colosso
tecnologico cinese. Lo riporta l’agenzia Bloomberg, che spiega
come le varie società hanno già informato i propri dipendenti.
Si tratta di sviluppi che rischiano di portare alle stelle le
tensioni tra Washington e Pechino, già impegnate in un braccio
di ferro sui dazi.

“Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e
servizi post-vendita a tutti gli smartphone e tablet Huawei e
Honor esistenti, coprendo sia quelli già venduti sia quelli in
stock a livello globale”. Lo afferma Huawei in merito alle
indiscrezioni di stampa sulla perdita dell’accesso, per i
dispositivi Huawei, agli aggiornamenti del sistema operativo
di Google, Android.

La Cina “sostiene” le sue società nel ricorso “ad armi legali
a difesa dei loro diritti legittimi”: così il portavoce del
ministero degli Esteri, Lu Kang, in merito alla sospensione
delle fornitura a Huawei degli aggiornamenti di Android da
parte di Google. La mossa è l’effetto dell’inserimento del
colosso delle tlc di Shenzhen nella lista nera del commercio
Usa per motivi di sicurezza nazionale, ultimo capitolo dello
scontro commerciale tra Usa e Cina.

Trump vince al Senato, perde
la Camera ed esulta: “Siamo
andati oltre le aspettative”
. Obama: “Spero che si torni
ai valori dell’onestà”
Donald Trump vince il Senato, ma perde la Camera che torna ai
democratici dopo 8 anni (i dem hanno sfondato la quota 218
seggi necessaria per riconquistare il controllo di questo ramo
del Parlamento). Questo l’esito delle elezioni di midterm
negli Usa. Per i prossimi due anni, il presidente governerà
avendo contro uno dei due rami del Parlamento. ‘Repubblicani
oltre ogni aspettativa’, dice però mentre tende la mano ai
dem: ‘Ora collaboriamo‘. ‘E’ solo un punto di partenza’,
spiega Barack Obama.

Al Congresso entrano per la prima volta due donne musulmane e
una nativa-americana. I repubblicani ottengono 25 governatori,
21 ai democratici. Record di partecipazione: i votanti sono
stati 113 milioni, il 49% degli elettori registrati. Il
ministro della Giustizia Jeff Sessions si e’ dimesso con
effetto immediato su richiesta di Donald Trump. Matthew
Whitaker, capo dello staff di Sessions, sarà ministro della
giustizia ad interim.

A   scrutinio   non   ancora   completato,   nelle   elezioni   di
Midterm i democratici sono proiettati a vincere il voto
popolare con uno scarto di circa il 9%. Una percentuale,
sottolinea il Washington Post, piu’ grande di quella delle
‘onde’ repubblicane nel 1994, 2010 e 2014 e di quella ‘blu’
nel 2006. Anche Hillary Clinton aveva vinto il voto popolare
contro Donald Trump perdendo pero’ la gara negli Stati
decisivi.

Mentre continua in molti stati Usa il conteggio dei voti delle
elezioni di metà mandato, sono ancora tre i seggi da assegnare
al Senato americano, dove i repubblicani hanno già conquistato
una maggioranza di 51 seggi (+2) contro i 46 dei
democratici. Il democratico Jon Tester ha vinto un seggio al
Senato in Montana, portando a 46 i senatori eletti dai dem
contro i 51 dei repubblicani. Si attendono ancora i risultati
di Florida, Arizona e del ballottaggio in Mississippi.

Il Mississippi ha poi eletto un suo primo senatore ma manca
all’appello un secondo, con i candidati che sono andati al
ballottaggio previsto per il 27 novembre. Alla Camera dei
Rappresentanti, quando sono ancora in corso le ultime
operazioni di spoglio delle schede, su 415 seggi a
disposizione i democratici ne hanno già guadagnati 222,
strappandone 29 ai repubblicani e superando di quattro punti
la soglia di 218 deputati necessaria per la maggioranza. I
repubblicani sono fermi a quota 199.

Da parte sua, la leader dei progressisti alla Camera Nancy
Pelosi – che l’anno scorso aveva evocato l’impeachment per il
ministro della Giustizia – ha affermato che i dem hanno
intenzione di ripristinare i controlli e gli equilibri
costituzionali sull’amministrazione Trump.

“La storia si ripete. Un partito al potere deve sempre
affrontare sfide difficili nelle sue prime elezioni di medio
termine”, ha detto lo speaker repubblicano della Camera Paul
Ryan. E poi: “Mi congratulo con i democratici per la nuova
maggioranza alla Camera e con i repubblicani per avere
mantenuto il Senato. Non serve un’elezione per sapere che
siamo una nazione divisa, e ora abbiamo una Washington divisa.
Come Paese e come governo dobbiamo cercare un terreno comune”.

L’appello ai dem, ora collaboriamo
in Congresso
Queste elezioni hanno visto un numero record di donne elette
alla Camera: almeno 99 diventeranno deputate (su 237
candidate), un numero che supera il record precedente di 84.
Tra loro c’e’ la 29enne democratica Alexandria Ocasio-Cortez,
la donna più giovane mai eletta al Congresso americano; la
democratica Rashida Tlaib, figlia di immigrati dalla
Palestina, la prima donna musulmana ad essere eletta al
Congresso; e la democratica Sharice Davids, la prima donna
nativo-americana in Congresso.

Per i dem sembrava una ‘mission impossible’ conquistare il
collegio per la Camera numero sette di Richmond, Virginia,
appannaggio dei repubblicani dal 1970, ma l’ex agente
Cia Abigail Spanberger è riuscita ad infiammare l’ala più
liberal del partito e ha battuto il deputato uscente David
Brat (50,01% contro 48,7%).

Arrivano le parole di Barack Obama: “Il nostro lavoro ora va
avanti. Il cambiamento non può arrivare da una sola elezione,
ma questo è un punto di partenza”. “Spero che si torni ai
valori dell’onestà, della decenza, del compromesso e che si
torni a un Paese non diviso dalle sue differenze ma legato da
un comune credo”, aggiunge l’ex presidente.

Usa, Trump pronto a inviare
15mila soldati al confine col
Messico                per          fermare                i
migranti
“Un’invasione”: così Donald Trump in un’intervista alla Abc
dipinge la carovana di immigrati partita dall’Honduras e in
marcia verso il confine tra Messico e Stati Uniti. “Per questo
dobbiamo avere un muro di persone che li fermi, ha spiegato il
presidente americano motivando la sua intenzione di inviare
alla frontiera sud degli Usa fino a 15mila soldati, più di
quanti ce ne sono in Afghanistan”.

Trump critica quindi i numeri                        sulla
carovana fatti dai media
“Ci sono carovane in arrivo molto più grandi di quanto viene
detto. Io sono molto bravo a stimare l’entità di una folla –
ha aggiunto il presidente americano – e vi posso dire che la
carovana in arrivo sembra molto più grande di quanto la gente
pensi”. Il tycoon spiega quindi che è composta in gran parte
da giovani e che “le donne e i bambini inquadrati in tv sono
messi lì apposta per le telecamere. Mettono davanti le donne e
i bambini, e non va bene”.
Usa al voto per rinnovare il
congresso:       l’economia
americana vola. Si punta su
Trump?
L’America dell’era Trump va al voto per rinnovare il Congresso
e per decidere se la strada del tycoon verso le presidenziali
del 2020 sarà in discesa verso la rielezione, oppure irta di
ostacoli come solo un biennio da ‘anatra zoppa’ può esserlo
per un presidente americano. Ma proprio per il loro impatto
sull’agenda della Casa Bianca, le elezioni di metà mandato di
martedì 6 novembre sono attese con grande interesse ovunque
nel mondo, per capire se la dottrina dell’America First
troverà piena attuazione nei prossimi due anni oppure se il
progetto anti-globalista e protezionista subirà un’inevitabile
frenata.
Lo scenario resta incerto, con i democratici che hanno buone
ragioni per sperare in quella ‘blue wave‘ che farebbe loro
riconquistare almeno la Camera dei Rappresentanti, rinnovata
in tutti i suoi 435 seggi.

A due settimane dal voto i sondaggi li danno ancora in
vantaggio, ma solo per pochi punti. I giochi dunque restano
aperti. Mentre al Senato le chance di vittoria per i dem sono
quasi vicine allo zero. Due i punti di forza che potrebbero
rivelarsi fondamentali per lo sgambetto dei democratici a
Trump: l’affluenza record, secondo le previsioni mai così alta
per le midterm da almeno 40 anni, e nell’era del #metoo il
voto delle donne, con il primato assoluto di candidate al
Congresso, ben 257 su entrambe i fronti.

Sul fronte dei repubblicani invece si punta soprattutto
sull’effetto Trump, la cui popolarità continua a volare, forte
soprattutto di un’economia americana che continua a correre
come non mai. Senza parlare di come il tycoon, che sta
battendo a tappeto il Paese, si senta a suo agio nel fare
della questione immigrazione il punto di forza del rush finale
verso il voto. Tra l’altro con una carta ancora da poter
giocare: quella di un ulteriore taglio delle tasse per la
classe media.

Ma più di uno spettro aleggia sulla Casa Bianca. Il primo è la
marcia della carovana dei 7.000 migranti verso gli Usa, che
rischia di trasformarsi in una vera e propria crisi nazionale
e umanitaria proprio alla vigilia delle elezioni. C’è poi la
preoccupazione più grande per il tycoon: negli Usa la chiamano
‘October surprise’, la temutissima mossa prima di ogni
elezione che in questo caso potrebbe arrivare all’improvviso
dal Russiagate. E se il Congresso dovesse tornare, almeno in
parte, in mano ai democratici, è chiaro che la campagna per
un’impeachment o per una destituzione del presidente
assumerebbe un vigore finora mai visto.

Nel dettaglio ai dem servirebbero 23 seggi per vincere alla
Camera, a partire da quelli oggi occupati da repubblicani ma
espressi nei distretti in cui nel 2016 vinse Hillary Clinton.

n tutto sono 75 i match più incerti per un posto alla Camera
bassa, e riguardano 30 Stati Usa: dal nordest (vedi New York)
al Midwest (vedi l’Iowa), dalla Florida alla traballante
roccaforte repubblicana del Texas. Al Senato, dove ai
repubblicani basta confermare i 51 seggi di oggi, i confronti
più avvincenti sono in Nevada, Arizona, Missouri. Ma
soprattutto c’è la supersfida in Texas tra Ted Cruz e il
giovane astro nascente dei democratici Beto O’Rourke, che in
molti vedono candidato alla Casa Bianca contro Trump nel 2020.
Trump si complimenta con
Conte: “Sui migranti l’Europa
dovrebbe seguire l’esempio
dell’Italia”
Il primo ministro Giuseppe Conte è stato ricevuto alla Casa
Bianca con una calorosa stretta di mano dal presidente
americano Donald Trump. “Grazie Giuseppe per essere qui”, ha
detto il presidente Usa. “E’ un grande onore essere qui”, ha
risposto il premier.
Conte ha ricevuto il via libera dal presidente americano su
tre questioni cruciali: la Libia, una cabina di regia
permanente per il Mediterraneo e la questione degli scambi
commerciali e dei dazi. Lo affermano fonti di Palazzo Chigi al
termine dell’incontro alla Casa Bianca.
Il Presidente americano – informano fonti di Palazzo Chigi –
ha dato il suo via libera su tre questioni cruciali poste da
Giuseppe Conte. In particolare, il primo è che l’Italia conta
sull’appoggio degli USA per la Conferenza sulla Libia che si
terrà nel nostro Paese, come annunciato dallo stesso Conte un
mese fa al vertice NATO, e che può rappresentare un passaggio
cruciale nel processo di messa a punto delle condizioni
politiche, legali e di sicurezza indispensabili per lo
svolgimento delle prossime elezioni politiche e presidenziali
libiche. Ricevuto l’ ok di Trump. Quindi è stato ottenuto –
prosegue la stessa fonte – il sostegno di Trump ad una “cabina
di regia permanente” tra USA e Italia per il Mediterraneo
allargato in chiave di lotta al terrorismo, maggiore
sicurezza, immigrazione e soprattutto Libia. Con questa cabina
di regia – da attuarsi attraverso i reciproci ministeri degli
Esteri e della Difesa – l’Italia assumerebbe un ruolo di punto
di riferimento, in Europa, per la Libia e di interlocutore
privilegiato con gli Usa. L’idea è che Italia e USA possano
insieme farsi promotori e fautori della stabilizzazione del
paese nord africano. Ricevuto ok di Trump. Infine, via libera
sul tema degli scambi commerciali e dazi: l’obiettivo di Conte
è anche avere da Trump garanzie che gli interessi delle
aziende italiane non vengano toccati, con particolare
riferimento ai prodotti dell’agroalimentare. Per questo
l’Italia si dichiara soddisfatta dell’accordo raggiunto tra
Trump e Junker e ne auspica una rapida attuazione. Anche su
questo tema via libera di Trump.

“Conte sta facendo un lavoro fantastico”, ha detto Donald
Trump ricevendo alla Casa Bianca il premier Giuseppe Conte.
“Sono molto d’accordo con quello che state facendo
sull’immigrazione legale e illegale”, ha affermato il
presidente Usa sottolineando: “Sono d’accordo con la vostra
gestione dei confini”. “Molti altri Paesi in Europa dovrebbero
seguire l’esempio dell’Italia” sull’immigrazione e su una
posizione dura ai confini, ha spiegato il presidente Usa.
Puoi anche leggere